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Un mondo diverso: quello che non ci avete lasciato
Stavo guardando su Facebook una lunga serie di fotografie risalenti agli anni ‘60 e ‘70. Le lotte, le manifestazioni, scontri con la polizia, gli striscioni, i colori visibili anche in bianco e nero, gli slogan, rabbia, molta rabbia, anche molta voglia di stare insieme, di condividere gli spazi, i sogni, il destino. Sì, bello, affascinante e tutto quanto. Poi però i nostalgici di anni mai vissuti – accusati di essere rimasti ad allora solo perché di quegli anni invidiano la partecipazione, la radicalità, il realismo dell’utopia – pensano subito all’oggi, al deserto di oggi. Ogni volta mi viene da pensare che quelle piazze stracolme e così rebeldi erano fatte di gente in carne e ossa; altro non sono che i nostri genitori, o nonni. E mi domando, sempre, cosa ci avete lasciato? Perché ci avete tirato su così ferocemente calcolatori, disinteressati, pavidi?Noi, che siamo i figli di quella generazione, siamo probabilmente – anzi no: ne sono sicuro – la gioventù o post gioventù più conformista e innocua che l’Italia da inizio ‘900 in poi abbia conosciuto. Ed è vero che il crollo delle ideologie, il consumismo, la televisione, il web eccetera, ok. È vero però che qualcuno dovrà pur averci educato, e forse non lo ha fatto bene, o forse quella ribellione di allora non era così sincera, o forse nel frattempo chi combattevate vi ha blandito e infine comprato. Fosse solo una questione economica, poi. I soldi dopotutto non ci sono mai mancati, anche adesso che il lavoro scarseggia, perché c’eravate e ci siete voi.Quel che non ci avete insegnato è invece il poter credere che esista un’altra possibilità oltre all’adesione ad un sistema che ci è stato raccontato così, come se fosse dio, come se fosse legge di natura. Perché dovevamo essere performanti, noi. Pragmatici come lo siete diventati voi. Meno coraggio, meglio un sei politico esistenziale. Meno utopia, più piccola bottega. E comunque tranquilli, perché la cosa più bella che ci avete regalato è una: l’incoscienza. Il progresso è finito da un pezzo, le cose vanno oggettivamente peggio e noi non ce ne stiamo nemmeno accorgendo.(Matteo Pucciarelli, “Quel che non ci avete lasciato”, da “Micromega” del 13 aprile 2014).Stavo guardando su Facebook una lunga serie di fotografie risalenti agli anni ‘60 e ‘70. Le lotte, le manifestazioni, scontri con la polizia, gli striscioni, i colori visibili anche in bianco e nero, gli slogan, rabbia, molta rabbia, anche molta voglia di stare insieme, di condividere gli spazi, i sogni, il destino. Sì, bello, affascinante e tutto quanto. Poi però i nostalgici di anni mai vissuti – accusati di essere rimasti ad allora solo perché di quegli anni invidiano la partecipazione, la radicalità, il realismo dell’utopia – pensano subito all’oggi, al deserto di oggi. Ogni volta mi viene da pensare che quelle piazze stracolme e così rebeldi erano fatte di gente in carne e ossa; altro non sono che i nostri genitori, o nonni. E mi domando, sempre, cosa ci avete lasciato? Perché ci avete tirato su così ferocemente calcolatori, disinteressati, pavidi?
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Chiesa: siamo seri, Putin non voleva nemmeno la Crimea
L’Occidente è compatto con un monolite nelle smisurate menzogne che racconta. Non solo oggi. Sempre. La Russia, invece, non ha voce in Occidente. Nessuna. Storicamente l’ha avuta solo fino a che esistettero i partiti comunisti. Ma questi non esistono più da ormai 35 anni circa. E, infatti, la voce, le opinioni, le posizioni della Russia (non dico dei russi, per il momento) letteralmente non esistono in tutto l’Occidente. E, data l’assoluta ormai uniformità propagandistica del mainstream occidentale, le opinioni del Cremlino sono affidate esclusivamente alle capacità propagandistiche di Vladimir Putin. Che non bastano per bucare il muro di silenzio, e di russofobia, che circonda la Russia. Un bel guaio per noi europei che dissentiamo dalle linee guida del “consenso washingtoniano” e che non abbiamo strumenti per cambiare il corso delle cose, essendo stati espropriati delle regole della democrazia liberale.Vero, per carità, che Putin non ha “controparti interne”. Ma occorre aggiungere che il consenso che oggi circonda Putin è altissimo e tale che nemmeno in Occidente lo si mette in discussione (se non per dire che i russi sono un popolo bue, incompatibile con la nostra, superiore democrazia). Resta il fatto che il grande pubblico della società dello spettacolo, al 99%, non sa nulla né delle reali intenzioni della Russia di Putin, né dei suoi gesti politici. Si afferma, come un dato scontato (e scontato non è affatto) che Putin voglia conquistare l’Ucraina e che lo stia facendo in modo subdolo, “allestendo la protesta sul suolo ucraino”. Ho numerosi argomenti forti a sostegno della tesi che Putin desidera, in ogni modo, evitare l’annessione delle due regioni del sud est ucraino, cioè il Donbass e il Lugansk. Aggiungo che ho abbondanza di prove che Putin avrebbe volentieri evitato anche il referendum della Crimea.Ma capisco che questo lo si può capire solo se ci si libera di una parte del veleno russofobico che tutti siamo costretti a ingoiare. Basti un solo dato di fatto, incontrovertibile. I dodici milioni di russi dell’Ucraina sud-orientale (inclusi i due milioni di crimeani) non hanno mosso nemmeno il mignolo del piede sinistro durante i cinque mesi che hanno preceduto il colpo di Stato che ha abbattuto Yanukovic. Come mai? Il fatto è che non Putin ha assunto l’iniziativa dell’offensiva, ma gli Stati Uniti. I russi di Ucraina sono stati tranquilli e sottomessi fino a che non è emersa a Kiev la giunta con le pustole naziste che adesso conosciamo. Solo allora hanno cominciato, all’improvviso, a preoccuparsi, prima, e poi a reagire. Se si pensa che sia Putin a allestire la protesta nel Donbass, temo che si sbagli. Un conto è sostenere il peso dell’ingresso della Crimea. Un altro conto sarebbe assumersi il peso di un paese di oltre dieci milioni di persone, due volte la Svizzera.E, probabilmente, non si sa nulla della lettera che, nel pieno della crisi, Putin ha inviato a diciotto capi di governo dell’Europa, invitandoli a sedersi attorno a un tavolo per risolvere, insieme, il problema economico e sociale dell’Ucraina. Il mainstream italiano ha negato le notizie essenziali. L’altro errore, sesquipedale, è nel considerare Yanukovic come un uomo di Putin. Se avessimo seguito da vicino le vicende ucraine degli ultimi 23 anni, sapremmo che nessuno dei quattro presidenti che si sono succeduti a Kiev dopo la sua prima e unica indipendenza nazionale è stato “uomo di Mosca”. Sono stati tutti e quattro degli agenti dell’Occidente. Lo fu Kravchuk; lo fu Kuchma; lo fu, ovviamente, l’arancione Yushenko. Lo era anche l’oligarca Yanukovic. Il quale promosse e condusse, con totale miopia e stupidità, la trattativa con l’Europa che avrebbe dovuto sfociare nel trattato di Vilnius.Ovvio che Putin abbia cercato di fermarlo, nell’interesse della Russia. Ma non risulta che abbia organizzato un colpo di Stato per abbatterlo. Gli promise un prestito a tasso agevolato di 15 miliardi di dollari, più due miliardi all’anno di sconto sulla bolletta del gas. Se questa è un’aggressione, allora io devo aver dimenticato il vocabolario italiano. E poi, una domanda: tutti fanno i propri interessi, o sbaglio? E perché mai l’unico cui non è permesso di fare i propri interessi, per giunta senza spargimento di sangue, per giunta nelle immediate vicinanze delle sue frontiere, dovrebbe essere Putin? Strane pretese. E quale “civile difesa” dei propri diritti resterebbe ai russi di Ucraina alla luce del mostruoso pogrom di Odessa?Mi fermo qui. Io non sono né un “volontario forzato”, né un “partigiano senza domande”. A me pare di ragionare da europeo con la testa sul collo. Questa crisi è stata creata artificialmente da Washington (ricordate il “fuck Eu” della signora Victoria Nuland?). È destinata a colpire la Russia, senza dubbio, ma anche l’Europa, sottoponendola a un controllo strettissimo da parte Usa e tagliandole legami economici vitali, a cominciare da quelli energetici, con la Russia. Resta la domanda: ma non potevano aspettare le prossime elezioni, tra un anno, per fare fuori Yanukovic? Invece hanno avuto fretta. Proviamo a chiederci da dove è venuta tanta fretta americana e di parte dell’Europa. Io penso che l’Europa dovrebbe avere con la Russia un partenariato strategico amplissimo. Non vorrei più essere suddito dell’Impero, proprio mentre l’Impero non è più tale, vacilla, diventa sempre più aggressivo e irresponsabile. Dunque pericoloso. Non voglio andare in guerra. Contro nessuno. Dunque penso. Dunque cerco di difendermi.(Giulietto Chiesa, sintesi dell’intervento “Russia-Ucraina, chi fa propaganda e chi la subisce”, pubblicato da “Il Fatto Quotidiano” il 7 maggio 2014, in risposta alle domande di un lettore).L’Occidente è compatto con un monolite nelle smisurate menzogne che racconta. Non solo oggi. Sempre. La Russia, invece, non ha voce in Occidente. Nessuna. Storicamente l’ha avuta solo fino a che esistettero i partiti comunisti. Ma questi non esistono più da ormai 35 anni circa. E, infatti, la voce, le opinioni, le posizioni della Russia (non dico dei russi, per il momento) letteralmente non esistono in tutto l’Occidente. E, data l’assoluta ormai uniformità propagandistica del mainstream occidentale, le opinioni del Cremlino sono affidate esclusivamente alle capacità propagandistiche di Vladimir Putin. Che non bastano per bucare il muro di silenzio, e di russofobia, che circonda la Russia. Un bel guaio per noi europei che dissentiamo dalle linee guida del “consenso washingtoniano” e che non abbiamo strumenti per cambiare il corso delle cose, essendo stati espropriati delle regole della democrazia liberale.
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Barnard: neo-feudalesimo, chi e perché ci ha rovinato
Il complotto. Una parola trasformatasi in un’arma micidiale ai danni di chi studia, denuncia e lotta contro il Vero Potere. E’ usata da giornalisti, soprattutto, quelli che dalle pagine dei grandi quotidiani e dagli schermi Tv ammiccano sorrisetti spregiativi quando quelli come me parlano di Unione Europea criminale, di progetto Neoclassico e infine di Neofeudalesimo. Ci tacciano di essere dei fantasisti o pazzoidi che parlano di complotti, sciocchezze… suvvia, siamo seri. Io (e pochissimi altri) denuncio cose che volano in effetti chilometri sopra la comprensione comune della gente. Esse sono così distanti dal ‘ragionevole’, dal ‘plausibile’, che è gioco facile, per coloro che sanno invece benissimo che quello che io denuncio è vero, squalificarmi come complottista. E allora l’Olocausto?Il massimo storico dell’Olocausto mai esistito si chiamava Prof. Raul Hilberg. Il suo monumentale volume “La Distruzione degli Ebrei d’Europa” racconta fra la tante cose un fatto proprio ‘irragionevole’ e ‘non-plausibile’, una cosa che si direbbe pazzesca. Ed è che, nella civilissima Germania degli anni ’40 del XX secolo, la macchina mostruosa dell’Olocausto si compose precisamente di due componenti: a) di un’ideologia divenuta fede – cioè che l’ebreo andava eliminato per la salvezza del continente Europa; b) e di una, si faccia attenzione!, macchina burocratica di sterminio AUTOPROPAGATASI autopropagatosi, cioè non comandata dall’alto né pianificata dai vertici nazisti. Ovvero di un moto perpetuo e autonomo che creava pezzi della macchina di sterminio man mano che questo moto passava da una testa all’altra, da una burocrazia all’altra, da una regione all’altra, da un’autorità locale all’altra, in Germania come in Polonia.Nessun decreto di Hitler con le parole “gassateli”, nessun comando berlinese di ingegneri pianificatori dei campi di concentramento, nessuna riunione del Terzo Reich dove ogni sei mesi si faceva il punto dello sterminio. Ma, ripeto, un moto AUTOPROPAGATOSI autopropagatosi da un’ideologia/fede e che ha finito col ricomporsi SPONTANEAMENTE spontaneamente in un Olocausto gestito da migliaia di pezzetti burocratici autonomi senza alcuna gestione centrale. Non so se vi è chiaro, ma tutto questo ha dell’incredibile, eppure fu così, lo decreta il massimo storico del Nazismo mai esistito. Ora… immaginate se un’autorità della statura immensa come quella del Prof. Raul Hilberg avesse scritto di tutto ciò, previsto tutto ciò, negli anni dell’ascesa al potere di Hitler. Ma è straovvio: lo avrebbero squalificato come un mentecatto delirante e un complottista, probabilmente anche dagli stessi ebrei tedeschi. Facile, come bere un bicchier d’acqua.E qui arrivo al nostro NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo. Il mio lavoro di oggi, dopo il saggio “Il Più Grande Crimine 2011”, sta svelando una pianificazione di quasi un secolo da parte delle élite Tradizionaliste Neofeudali europee, cioè il Vero Potere, per riprendersi il dominio perduto dall’Illuminismo in poi; per, soprattutto, re-imporre alle “masse ignoranti” d’Europa un GIUSTO ORDINE giusto ordine che ne avrebbe evitato, a loro parere, la degenerazione in un modello di ‘depravata democrazia all’americana’. Il GIUSTO ORDINE giusto ordine significava e significa oggi per loro l’assoluto controllo di una élite non-eletta su centinaia di milioni di cittadini europei sempre più impoveriti, e quindi resi servi impotenti. E lo strumento che queste élite Neofeudali hanno usato per portare al successo quella pianificazione è l’UNIONE MONETARIA EUROPEA Unione Monetaria Europea, oggi chiamata Eurozona, che infatti sta ottenendo la devastazione della democrazia e degli standard di vita in tutta Europa, con crolli di quegli standard e dell’economia della piccola-media borghesia di proporzioni indicibili. Ebbene, ricordate Hilberg: facile per i tromboni servi del Vero Potere ridicolizzare me e le mie autorevoli fonti accademiche come complottisti. Ma non lo siamo. Noi vi stiamo raccontando il prossimo Olocausto, dove nei campi di sterminio è già oggi finita la DEMOCRAZIA democrazia.Elite Tradizionaliste Neofeudali: da dove nascono? E cosa hanno fatto?Per semplificare un racconto immenso, parto dal New Deal di Franklyn D. Roosevelt. Quando la notizia di quella rivoluzione sociale ed economica americana giunse in Europa, essa fu accolta dai discendenti delle famiglie dominanti e dai maggiori capitani d’industria, i Tradizionalisti Neofeudali, con orrore. Niente meno che orrore. Ma che stava facendo quel pazzo degenerato di Roosevelt?, pensarono. Dio! Stava usando i soldi dello Stato per creare dei “falsi diritti” per le “masse ignoranti”, per i disoccupati, e gli stava migliorando lo standard di vita! Questo era anatema per Tradizionalisti Neofeudali, per due motivi: lo Stato Usa, poiché possessore di una moneta sovrana, aveva in mano uno strumento di potere di fuoco infinito per far avanzare proprio le spregevoli “masse ignoranti”, e questo poteva contagiare anche gli Stati d’Europa. Andava evitato a tutti i costi; e una volta che le “masse ignoranti” avessero ottenuto abbastanza diritti e benessere, sarebbero divenute troppo potenti e avrebbero definitivamente distrutto i VALORI DEL GIUSTO ORDINE SOCIALE valori del giusto ordine sociale perduto dopo il crollo dei feudalesimi a favore della democrazia.Questi valori sono: a) sottomissione delle “masse ignoranti” alla superiore saggezza delle élite non-elette, che le governa attraverso istituzioni SOVRANAZIONALI sovranazionali rette da tecnocrati fedeli ai Tradizionalisti Neofeudali (vi dice già qualcosa….?); b) una vita di permanente povertà o scarsità delle “masse ignoranti” per non alzare troppo la testa sopra il regno della Chiesa vaticana, fedele alleata della restaurazione del GIUSTO ORDINE giusto ordine; c) da quella scarsità doveva venire paura e insicurezza continua delle “masse ignoranti” per cementare tutto ciò. Un esempio concreto: essi pensarono che con “masse ignoranti” rese benestanti ‘all’americana’ non sarebbe più stato possibile spedire milioni di poveracci a crepare come maiali al macello nelle trincee di una guerra Neofeudale (I Guerra Mondiale), o in avventure coloniali dello stesso stampo; non sarebbe più stato possibile estrarre manodopera della gleba per i loro conglomerati industriali.Ora ecco chi erano i Tradizionalisti Neofeudali. Il primo gruppo si riunì fra le due Grandi Guerre attorno al Comité des Forges in Francia, finanziato dalla famiglia Wendel e dai tedeschi Krupp, con interventi finanziari di non poco conto della Banca di Francia. Erano politici, principalmente, ma raccoglievano le idee di pensatori noti, da Junger a Keyserling, Heidegger, Jouvenel, Perroux, Mounier, Céline, naturalmente selezionandone le analisi più convenienti per il loro sogno di restaurazione del GIUSTO ORDINE giusto ordine, e scartandone molte altre (ad eccezione di Perroux che fu preso e copia-incollato da cima a fondo). Gli economisti di riferimento erano i Neoclassici più noti allora: Walras, Jevons, Menger. Questo primo drappello fu immediatamente ingrossato nelle sue fila dai maggiori industriali nordeuropei (franco-tedeschi soprattutto, il cosiddetto cartello dell’acciaio-carbone), dalle famiglie nobili, prima fra tutte la famiglia tedesca dei Thurn Und Taxis e i belgi Davignon e Boel, i Reali allora esistenti in Europa (esclusa la Gran Bretagna) e la miriade di discendenti della casa Hohenstaufen (non posso qui elencare tutti questi ‘rentiers’ europei, ma sono migliaia di famiglie).Se ne deduce che era principalmente un ‘asse’ franco-tedesco, ed aveva un progetto ben preciso: sottomettere a quasi servitù intere nazioni europee a cominciare da Italia, Portogallo, Spagna, il Benelux e anche gli scandinavi. L’Europa dell’est neppure era presa in considerazione, la consideravano territorio coloniale come l’Africa. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i Tradizionalisti Neofeudali avevano due visioni nette: la prima era che la ‘democrazia dei consumi’ d’oltreoceano avrebbe finito per corrompere quella società con i valori ‘depravati’ del benessere minimo della gente, fino alla sua distruzione. Infatti il capitalismo americano, per quanto infestato di imperfezioni, doveva (e deve) mantenere in vita un minimo di spesa pubblica per evitare il collasso totale dei consumi, che è contrario agli interessi delle corporations, e quindi doveva (e deve) mantenere le strutture democratiche di: governo sovrano, Parlamento che decide la spesa (Congresso) e Banca Centrale che la finanza (Fed). Tutti elementi, questi, che per i Tradizionalisti Neofeudali erano bestemmie politiche allo stato puro che avrebbero affondato gli Usa celebrando la vittoria della loro Europa neofeudale.La seconda visione era che appunto l’Europa non avrebbe mai dovuto diventare un modello americano di Stati Uniti d’Europa con un governo centrale democraticamente eletto, un Tesoro comune e Banca Centrale a garanzia dei debiti pubblici (vi dice già qualcosa…..?). Il fatto è che in America nessun singolo Potere era, ed è mai riuscito badate bene, come invece in Europa oggi proprio al culmine del sogno Neofeudale, a impossessarsi di tutti e tre i poteri fondamentali delle élite: il potere economico, quello politico e quello di manipolazione delle masse. I Tradizionalisti Neofeudali invece lavorarono proprio per impossessarsi di tutti e tre questi poteri, con un successo tragico oggi chiamato Unione Europea / Eurozona.Ora torniamo al loro valore numero uno, sopradescritto come: a) sottomissione delle “masse ignoranti” alla superiore saggezza delle élite non-elette, che le governa attraverso istituzioni SOVRANAZIONALI sovranazionali rette da tecnocrati fedeli ai Tradizionalisti Neofeudali. La domanda che si posero fu come ottenere una struttura simile. La risposta che gli arrivò fu lampante: creare una UNIONE MONETARIA Unione Monetaria che, privando gli Stati della loro moneta, li distruggeva di fatto totalmente e li assoggettava ai gestori esterni, sovranazionali, di quella UNIONE Unione. Uno Stato senza portafoglio è un eunuco, anche meno di questo, è come un padre di famiglia senza reddito, il cui Parlamento diventa una facciata di cartapesta: democrazia MORTA morta. Di conseguenza le “masse ignoranti” sarebbero andate allo sbando e crollate nella deflazione permanente del loro standard di vita (vi dice già qualcosa….?), esattamente lo scopo dei Tradizionalisti Neofeudali.La sopraccitata risposta gli fu servita da quattro uomini: Robert Schuman, lobbista dell’industria pesante francese di acciaio e carbone, e un prediletto del Vaticano, uomo di collegamento coi trust dell’acciao-carbone tedeschi; Jean Monnet, banchiere, esperto di finanza, e uomo strategico perché in buoni rapporti con gli Usa; Walter Funk, presidente della Reichsbank (1943); e Francois Perroux, economista, il vero cervello dietro la moneta unica e il modello di Banca Centrale Europea che poi sarebbe venuto, un filonazista puro (almeno fino a che non giudicò Hitler troppo ‘soffice’), con cui lavorava un altro economista di pura tradizione neofeudale, Jaques Rueff.I Neofeudali di Francia e Germania, a quel tempo – e qui stiamo già parlando dei primi anni dopo il 1945 – capirono però che non potevano portare avanti un progetto di rottura così violento coi valori americani, perché l’Europa ridotta a macerie era appesa alla tetta di Washington disperatamente. Qui fu la furbizia di Monnet a fare il trucco. Monnet semplicemente descrisse il micidiale progetto neofeudale della UNIONE MONETARIA Unione Monetaria ai presidenti Usa Truman e Eisenhower come un’unione europea di nazioni retta da un governo di saggi in funzione anti-sovietica! Un muro contro il ‘pericolo rosso’. Non solo, Monnet disse agli americani che la Banca di Francia avrebbe continuato a finanziare la Germania dell’ovest, visto che i Wendel erano di fatto i padroni della banca. Washington ci cascò, e rimase totalmente inconsapevole della vera natura del progetto descritta sopra, e del suo odio feroce per qualsiasi modello americano.Prima di proseguire, va spiegata una cosa di una importanza cruciale, ma veramente assoluta. Quando parliamo di uomini del Vero Potere, tendiamo automaticamente a pensare a questi vampiri che siedono su castelli stracolmi di oro, ricchezze, fortune immani, e che fanno ciò che fanno a milioni di innocenti per pura arrogante avidità. No. Fermi. Personaggi di questa matrice esistono certamente, ma sono più gli americani a essere di quella pasta, come alcuni europei certo, ma NON non i Tradizionalisti Neofeudali. No, no e no. Essi, dovete capirlo, lavorarono, e oggi lavorano, solo per due motivi: a) Un senso di investitura divina al DIRITTO diritto di governare le “masse ignoranti”, esattamente come i loro antenati in epoca feudale. Ma soprattutto… b) Un senso del DOVERE dovere, cioè di dover fare quello che fanno, se no, essi sono convinti, il mondo del GIUSTO ORDINE SOCIALE giusto ordine sociale verrà travolto dalla depravazione di quel mostro purulento chiamato democrazia, che per loro è la fonte della fine di ogni valore, di ogni buon senso, la fonte della fine di tutto. Loro DEVONO devono salvarsi e salvarci, a costo di ammassare montagne di cadaveri.Ricordate bene: un uomo come l’attuale presidente del Consiglio Europeo, il super-Neofeudale Herman Von Rompuy, o un uomo come Mario Monti, ne sono convinti fin nel midollo. Così Juncker, Draghi, Issing, Barnier, Rehn, così erano Padoa Schioppa e soci. Ecco perché non mostrano un milligrammo di pietà umana per le sofferenze di milioni di europei oggi (vedi Grecia). Pensano che essa è la giusta via del SACRIFICIO sacrificio per impedire a tutto il continente di sprofondare nella sparizione finale dei loro ‘GIUSTI VALORI’ ‘giusti valori’. Lo Stato non dovrà MAI PIU’ mai più garantire alle masse i “falsi diritti” del welfare, della democrazia, del benessere in crescita (non vi dice già qualcosa….?).In questo i Tradizionalisti Neofeudali odierni derivano la loro ideologia non solo dai personaggi sopraccitati, ma anche da Heidegger, Hitler, Goebbels, Funk e Schacht, tutti autori di scritti e noti discorsi contro la ‘perversione’ del New Deal di Roosevelt, cioè del modello di Stato interventista nel sociale, e a favore invece della supremazia delle elite su Stati imbelli. Ma la derivano soprattutto (Monti fra i primi) da colui che si contende il titolo di ‘Il più sociopatico economista mai vissuto’ con Robert Malthus, cioè Friedrich Von Hayek, della cosiddetta scuola austriaca, un vero razzista di proporzioni epiche, l’uomo che scrisse di poter tollerare un minimo di Stato Sociale ma solo «per impedire ai poveri di esasperarsi al punto da divenire un pericolo fisico per le classi dominanti» (sic). E’ l’uomo che dopo il francese Perroux si batté per impedire l’accesso delle “masse ignoranti” all’istruzione pubblica, considerata pericolosa perché avrebbe fatto comprendere alle masse l’economia.Il salto del Neofeudalesimo dei Tradizionalisti al Vero Potere Neofeudale del giorno d’oggi.Non vi faccio perdere tempo. La nascita dell’Unione Europea è roba stranota come tappe formali: Piano Schuman 1949, la Ceca nel 1951, il Trattato di Roma 1957, nel 1967 la Comunità Europea (Ce), nel 1979 eleggemmo il primo Parlamento Europeo, poi arriva il 1993 quando nasce l’Unione Europea col Trattato di Maastricht, che sancì una serie di riforme eclatanti, fra cui dal 1° gennaio 2002 quella dell’euro come moneta unica per i suoi membri. La nostra Banca Centrale Europea di oggi è stata modellata precisamente sulle indicazioni del tradizionalista neofeudale François Perroux, che già allora scrisse quelli che oggi sono i comandamenti della Bce: impedire agli Stati di spendere a deficit per il terrore dell’inflazione; le crisi si curano con Austerità feroci, cioè tagli sociali e super-tasse; il Mercato Unico deve esser il Signore assoluto senza nessuna interferenza degli Stati; la flessibilità del lavoro è un comandamento imprescindibile. Questo scrisse il neofeudale Perroux nel 1943 (!), e questo è oggi!E sempre stando col francese, ma anche con l’ultra-neofeudale austriaco sopraccitato, Hayek, si viene a sapere che l’idea di sottomettere le banche al potere delle élite neofeudali – oggi in pieno svolgimento con l’Unione Bancaria Ue (………………………..) – fu loro già 60 anni fa. Oggi, le idee tradizionaliste/neofeudali degli anni ’30 di UNIONE MONETARIA Unione Monetariia, Banca Centrale e distruzione della spesa pubblica degli Stati, hanno preso la forma della perversa struttura dell’Eurozona, con l’UNIONE MONETARIA Unione Monetaria, la Bce e le AUSTERITA’ austerità. Queste perfette riproduzioni del vecchio progetto tradizionalista neofeudale hanno di fatto spogliato totalmente gli Stati ex sovrani di ogni reale potere consegnandolo a élite non-elette (Commissione Ue), e ne hanno esautorato i Parlamenti con i Trattati Ue sovranazionali che sono superiori in autorità alle nostre leggi, cioè il sogno neofeudale come detto più sopra.Ora notate però una cosa: il progetto tradizionalista neofeudale ha tolto tutto allo Stato nazionale meno una cosa: il potere di polizia fiscale, proprio per imporre a milioni di esasperati cittadini gli orrori del ‘giusto sacrificio’ del GIUSTO ORDINE giusto ordine neofeudale, che io ho battezzato coi nomi di Economicidio e Chemiotassazione. Bene, anche questa idea risale al club di Perroux, Funk, Rueff e soci, altra mostruosità neofeudale presente sulla soglia di casa di milioni di noi oggi. Ma chi sono oggi i portatori dell’oscena torcia Neofeudale nella Ue? Cioè: CHI SONO GLI UOMINI CHE HANNO RACCOLTO L’EREDITA’ DEL PIANO TRADIZIONALISTA NEOFEUDALE DEGLI ANNI ’30, E CHE LA STANNO PORTANDO ALLA VITTORIA CON LA DEVASTAZIONE DI TUTTE LE NOSTRE EX DEMOCRAZIE, CON DISOCCUPAZIONE RECORD, PAURA SOCIALE, E DEFLAZIONE ECONOMICA PERMANENTE AI MASSIMI LIVELLI DA 70 ANNI CREATE A TAVOLINO DALL’EUROZONA E DAI SUOI TRATTATI?Chi sono gli uomini che hanno raccolto l’eredità del piano tradizionalista neofeudale degli anni ‘30, e che la stanno portando alla vittoria con la devastazione di tutte nostre ex democrazie, con disoccupazione record, paura sociale e deflazione economica permanente ai massimi livelli da 70 anni, create a tavolino dall’Eurozona e dai suoi trattati?Ne ho già nominati alcuni, cioè Herman Von Rompuy, Mario Monti, Juncker, Draghi, Issing, Barnier, Rehn, Barroso, così era Padoa Schioppa. Aggiungo alcuni altri colossi neofeudali: Jaques Attali, Jaques Santer, lo fu François Mitterrand, Jean-Claude Trichet, poi Giuliano Amato, Romano Prodi, Theo Weigel, col codazzo di centinaia di vassalli tecnocrati come gli italiani Marco Buti e Massimo Tononi. Vi si aggiunge la corte di latifondisti, nobili e massoni ammorbati di Opus Dei che si riuniscono attorno a Etienne Davignon e al famigerato club Bilderberg, sempre potentissimi. Poi il micidiale Jaques Delors, l’uomo di devota ‘scuola Perroux’ che ha tenuto le massime redini d’Europa (presidente della Commissione Europea, il vero potere Ue) per tutti i 10 anni cruciali del passaggio dalle democrazie degli anni ’70 agli Stati fantoccio del dopo-Maastricht, Eurozona. Poi non si dimentichino le correnti tedesche di economia della Scuola di Berlino e di Bremen, con il cosiddetto ‘Ordo-Liberismo’ di Walter Eucken che ha spacciato a generazioni di gonzi tedeschi il Neofeudalesimo come corrente sociale!Ma qui c’è un altro passaggio da capire, che è cruciale. L’avanzata del NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo, cioè della VERA ANIMA vera anima di tutto quello che a voi raccontano come Eurozona e Unione Europea e che ci sta distruggendo come democrazie, si è servita di una specie di ‘ascensore’ per arrivare invisibile nella stanze del potere. Hanno usato l’economia cosiddetta Neoclassica e quella Neoliberista. Come detto, i Neofeudali hanno usato un’arma principale per ottenere l’abbattimento del potere degli Stati di spendere per la crescita del popolo e della democrazia: l’UNIONE MONETARIA Unione Monetaria che, ripeto, significa 1) bloccare la spesa pubblica 2) creare il terrore dei deficit 3) imprigionare i governi entro spese pubbliche microscopiche 4) quindi paralizzare il flusso di denaro nelle società, portando deflazione economica, fallimenti a catena, disoccupazione alle stelle, paura e insicurezza di tutti 5) e consegnare noi cittadini/aziende nelle mani dei produttori ‘privati’ di denaro, cioè le banche, visto che il produttore di denaro pubblico, lo Stato, è stato castrato.Bene, queste folli regole erano per coincidenza anche il vangelo degli economisti prezzolati dal Vero Potere che si organizzarono per distruggere, per letteralmente polverizzare, tutta l’Economia Sociale nata dal pensiero di Marx, di Keynes, della Robinson, di Kalecki, di Godley, quella cioè che predicava l’esatto opposto: uno Stato DEVE SPENDERE PIU’ DI QUELLO CHE TASSA PER FAR CRESCERE IL 99%, A SCAPITO DELL’1%. Deve spendere più di quello che tassa per far crescere il 99% a scapito dell’1%. Questi economisti prezzolati dal Vero Potere erano e sono appunto i Neoclassici e i Neoliberisti, quelli che (parlando dell’Italia) oggi campeggiano alla Bocconi e sul “Corriere della Sera”, cioè i Giavazzi, gli Alesina, i Boeri, i Mingardi, Stagnaro, Boldrin, ecc. Ma soprattutto i loro ‘superiori’ internazionali come Von Mises, Friedman, Brunner, Tsiang, Meltzer, Lucas, Reinhart e Rogoff, Mankiw.La cosa pietosa di ’sto drappello di venduti con crimini sociali sulla coscienza è che non si sono mai resi conto di essere stati usati come ‘ascensori’ da un potere ben più devastante, quello Neofeudale, che li disprezza persino, considerandoli troppo morbidi nell’opera di annientamento delle “masse ignoranti”, così come Perroux considerava Hitler troppo morbido. Ma i Neofeudali li hanno e li stanno ancora usando. Il problema è che tantissimi antagonisti del Vero Potere credono in buona fede che il nemico da combattere in Ue siano ’ste ‘puttane’ dell’economia Neoclassica e Neoliberista, mentre no! NO!, No!, il nemico ha un altro nome: NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo. Ma naturalmente…. Barnard è un complottista… eh? Cari miei economisti ‘di sinistra’ eteroignari alla Brancaccio, Zezza o Bellofiore? Non avete ancora capito NIENTE niente del Vero gioco, sciocchi.Il grande paradosso capitalistico.Una domanda, sono certo, vi ha già percorso la mente da un bel po’. Questa: ma le classi capitaliste europee non la vedono la contraddizione fra la dottrina ormai dilagante del Neofeudalesimo e i loro interessi? Non lo vedono che distruggere la ricchezza immessa dallo Stato in cittadini/aziende (la spesa pubblica), creare così deflazione permanente e ridurre alla semi-povertà milioni di europei li danneggia nei commerci di beni e servizi e quindi nei profitti? La risposta a questa domanda è sempre – come tutto è quando si parla di Vero Potere, e così come nell’esempio iniziale dell’Olocausto – scioccante e incredibile. La semplifico. Uno dei colossi dell’economia sociale, quella dell’INTERESSE PUBBLICO Interesse Pubblico, e naturalmente sepolto e dimenticato, era Michal Kalecki, polacco. Già lui negli anni ’40 del XX secolo ci avvisava della miopia, MIOPIA, miopia, permanente e irrimediabile della classe capitalista imprenditrice. Disse Kalecki che, contrariamente a tutte le evidenze della scienza economica, gli imprenditori nascono, crescono e muoiono con stampato nel loro cervello il Dogma secondo cui un’azienda profitta se paga i lavoratori il meno possibile. E questo, già ai tempi del geniale polacco, valeva per il gigante Krupp come per il salumaio di quartiere.Oggi questa demenziale distorsione mentale esiste identica in tutta la classe imprenditrice europea, dalla Fiat o Siemens, alle piccole medie imprese, al bar. Non è valso nulla che un altro genio dell’economia sociale come John Maynard Keynes abbia dimostrato all’infinito che il “Paradosso del Risparmio” è una rovina di tutto il ciclo economico mondiale: se si pagano poco i lavoratori, se si risparmia e non si spende, crolla il flusso di liquidità che è proprio quello che fa crescere aziende ed economia, che permette gli investimenti e infine i profitti stessi. E’ lampante no? Ma no. Non è valso a nulla che Marx nell’800 o che Godley pochi decenni fa abbiano spiegato ai capitalisti i precisi meccanismi della creazione del profitto, che richiede SEMPRE sempre l’esistenza di categorie di salariati capaci di spendere bene a favore di altre categorie (e se possibile senza ricorrere al debito con le banche) con, come fornitore di liquidità di ultima istanza, lo Stato. No. Niente. I capitalisti non lo capivano, e non lo capiscono ancora oggi.Gli imprenditori colossi, ma anche quelli medi e piccoli, non la vogliono capire. E allora ecco che si spiega perché il fanatismo dei Neoclassici di ridurre tutti i salari a livelli di semi-povertà gli va a genio perfettamente. E’ il trionfo del loro istinto idiota di dominare i dipendenti credendo di trarne profitto. E’ il trionfo della cocciuta stupidità dell’imprenditore che NON CAPISCE MAI, non capisce mai, MAI NULLA DEI FONDAMENTALI DELLA MACROECONOMIA KEYNESIANA, mai nulla dei fondamentali della macroeconomia keynesiana, che invece farebbe la fortuna sua e dei suoi dipendenti allo stesso tempo. Pensate, in questo contesto, al fenomeno delle mega-fusioni e acquisizioni industriali e bancarie. Spiego: da diversi anni assistiamo a una corsa maniacale di corporations e banche ad acquistare rivali, o aziende minori, per creare questi colossi sempre più immensi. Cito solo la tedesca Audi o la Deutsche Bank, perché la Germania è oggi lo Stato che più al mondo corre per gonfiare in modo mostruoso le dimensioni delle proprie maggiori aziende; ma anche la nostra Unicredit, Eni o Enel tentano espansioni simili, e altri esempi sono infiniti. Il punto che hanno in comune tutti questi operatori del mega-capitale è sempre il medesimo: tagliare i costi e i salari.Cosa stanno facendo questi sciagurati? Semplice: obbediscono all’ordine Neofeudale secondo cui, appunto, l’immane concentrazione del potere dei Signori deve ritornare agli splendori dei secoli IX o XII, con servitù della gleba come manodopera sia di colletti bianchi che blu. E di nuovo non comprendono che questo deprimerà proprio l’economia su cui vivono. No! Comandare è più importante per loro, del resto sono ciechi. E poi si faccia attenzione: i Neofeudali sanno benissimo che una volta che una Corporation o una banca divengono ipertroficamente colossali, è impossibile per qualsiasi Stato lasciarle fallire quando l’economia che esse stesse hanno depresso, come detto sopra, collassa, perché finirebbero per trascinarsi dietro mezzo mondo. E allora gli Stati devono usare il denaro pubblico per salvarle, chinando la testa come sguatteri. E perché la chinano? PERCHE’ NON POSSONO PIU’ USARE LA LEGGE DEI PARLAMENTI PER COMANDARE NELL’INTERESSE PUBBLICO, VISTO CHE I NEOFEUDALI SONO OGGI I SOLI POSSESSORI DELLA LEGGE SOVANAZIONALE. Perché non possono più usare la legge dei Parlamenti per comandare nell’Interesse Pubblico, visto che i Neofeudali sono oggi i soli possessori della legge sovranazionale. Attenti a questo passaggio, lo ripeto. Solo i Tecnocrati Neofeudali possono oggi controllare questi colossi industriali e bancari, visto che sono loro, i Neofeudali della Commissione Europea, della Bce o del Consiglio Ue che gestiscono l’arma finale di tutte le armi: LA LEGGE la legge, oggi da loro esclusivamente creata in Ue.La disperazione di un pubblico che non capisce. Cosa va fatto.Una precisazione importantissima per i lettori, che, mi perdonino, non riescono mai bene a capire le ombre del Vero Potere e virano sempre verso un quadro di buoni contro cattivi, chi vince chi perde. No, le cose nel mondo del Vero Potere, specialmente nella sua versione Neofeudale, non stanno così. La guerra è in corso, non è vinta; i Neofeudali hanno indiscutibilmente ottenuto vittorie agghiaccianti, le ho già descritte alla noia, ma ribadisco: basti pensare al fatto che Camera e Senato oggi sono stati resi teatrino di campagna assieme alla nostra Costituzione; basti pensare che l’Italia non ha mai visto un crollo dei consumi come quello odierno dalla fine della II Guerra Mondiale (Istat), con i giovani disoccupati italiani in numeri di livello africano. Io qui vi ho raccontato dell’esistenza di questo mostro e di ciò a cui mira in futuro. Ma ci sono forze antagoniste alla restaurazione finale del NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo in Europa: non sono certo gli attivisti, che non ci capiscono nulla e si rifiutano di capire; non sono certo (perdonate, conato…) i sindacati. Sono alcune forze di capitalismo europeo filo-Usa; è una parte del mondo finanziario, quella più vicina al sistema bancario ‘retail’, cioè piccole-medie banche; ma soprattutto sono le colossali incognite del capitalismo russo e cinese, dell’asse che stanno creando con l’idea di uno Yuan moneta di riserva internazionale sostenuta dal gas/petrolio russo, cioè una rivoluzione economica sempre modellata sugli Stati Uniti che potrebbe spazzare via da sola tutto il progetto neofeudale in pochi anni.Ma per ora i Neofeudali sono qui, a Bruxelles e a Francoforte, e sono micidiali, hanno in mano tutto il potere, TUTTO tutto. E qui arriva la mia disperazione: un pubblico che non capisce. Lo avete capito che tutto ciò che hanno creato i NEOFEUDALI Neofeudali in oltre 70 anni è all’origine della più devastante crisi delle democrazie, dell’economia, dei posti di lavoro, del futuro dei giovani, della tutela sociale dalla fine della II Guerra Mondiale? Lo capite che l’urlo dell’operaio del Veneto, che la depressione della famiglia laziale una volta benestante e oggi in crisi, che il collasso dei diritti alla vita dignitosa alla salute alla prosperità di milioni di noi provengono tutti dal progetto Neofeudale, OGGI VINCITORE oggi vincitore? Lo avete capito che quel progetto ha distrutto la spesa pubblica, la sovranità dei Parlamenti e l’economia dell’Interesse Pubblico, per restaurare il GIUSTO ORDINE giusto ordine del regno delle élite sulle “masse ignoranti”? E si chiama Eurozona, Ue dei tecnocrati.Lo avete capito che un fantoccio patetico come Renzi, immediatamente chiamato a obbedienza dalla neofeudale Angela Merkel, conta come una cacca di piccione sul davanzale d’Europa? Lo capite che i politici di Roma sono ridicoli figuranti impotenti e grottescamente ignari di tutto il Vero Potere? Vi è chiaro che gli sbraiti di un cretino di Genova neppure arrivano alla soglia di casa dell’autista di uno come Herman Von Rompuy? Che neppure arrivano all’orecchio della camiciaia di Barnier? Lo avete capito che il Vero Potere va studiato e che dobbiamo contrapporgli una guerra totale combattuta da uomini e donne con pedigree d’acciaio, con una preparazione che spacca un capello con uno sguardo? Che va combattuto da chi ha la seguente idea chiara, limpida e scolpita nell’acciaio della propria determinazione a liberarsi:I NEOFEUDALI CI HANNO SOTTOMESSI, DEPREDATI DI DEMOCRAZIA E DIRITTI, CI HANNO SCHIAVIZZATI USANDO CODICI DI LEGALITA’ DA LORO RESI ‘PLAUSIBILI’, QUANDO INVECE ERANO ‘INIMMAGINABILI’, E CI RISERVANO UN FUTURO DA SERVITU’ DELLA GLEBA NEL TERZO MILLENNIO.ORA NOI DOBBIAMO RIPRENDERCI 250 ANNI DI CODICI DI VERA LEGALITA’, QUELLA CHE HA PRODOTTO LE PIU’ AVANZATE COSTITUZIONI DEL MONDO PER L’INTERESSE PUBBLICO, E SBATTERGLIELA IN FACCIA, CON IL POTERE RESTITUITO AGLI STATI SOVRANI E AI PARLAMENTI DI FERMARLI E DI ARRESTARLI, DI PROCESSARLI PER I LORO IMMANI CRIMINI, E DI FARLI SPARIRE.I Neofeudali ci hanno sottomessi, depredati di democrazia e diritti, ci hanno schiavizzati usando codici di legalità da loro resi ‘plausibili’, quando invece erano ‘inimmaginabili’, e ci riservano un futuro da servitù della gleba nel terzo millennio.Ora noi dobbiamo riprenderci 250 anni di vera legalità, quella che ha prodotto le più avanzate Costituzioni del mondo per l’Interesse Pubblico, e sbattergliele in faccia, con il potere restituito agli Stati sovrani e ai Parlamenti di fermarli e di arrestarli, di processarli per i loro immani crimini, e di farli sparire.Questo dobbiamo fare. Significa: l’uscita dell’Italia dall’Eurozona neofeudale, il ripristino della nostra SOVRANITA’ MONETARIA E PARLAMENTARE sovranità monetaria e parlamentare, e l’applicazione in Italia della migliore economia dell’Interesse Pubblico mai esistita: la Mosler Economics Mmt (leggete il Programma di Salvezza Economica per il Paese). Ma significa soprattutto un’altra cosa, caro lettore, cara lettrice: che tu, come me, ritrovi il CORAGGIO coraggio, il coraggio di ribellarti, ora che sai cosa ti stanno facendo. Caro lettore, cara lettrice, senza coraggio siete morti, e saranno morti i vostri figli, e se non avrete coraggio ve lo meritate. Ps: buone elezioni europee… come andare a investire in un pollaio di Vicenza credendo di influenzare la Borsa di New York.(Paolo Barnard, “Il feudalesimo si chiama Eurozona. E’ un mostro. Storia, nomi, fatti”, dal blog di Barnard del 27aprile 2014).Il complotto. Una parola trasformatasi in un’arma micidiale ai danni di chi studia, denuncia e lotta contro il Vero Potere. E’ usata da giornalisti, soprattutto, quelli che dalle pagine dei grandi quotidiani e dagli schermi Tv ammiccano sorrisetti spregiativi quando quelli come me parlano di Unione Europea criminale, di progetto Neoclassico e infine di Neofeudalesimo. Ci tacciano di essere dei fantasisti o pazzoidi che parlano di complotti, sciocchezze… suvvia, siamo seri. Io (e pochissimi altri) denuncio cose che volano in effetti chilometri sopra la comprensione comune della gente. Esse sono così distanti dal ‘ragionevole’, dal ‘plausibile’, che è gioco facile, per coloro che sanno invece benissimo che quello che io denuncio è vero, squalificarmi come complottista. E allora l’Olocausto?
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Rischio fame: il clima impazzito farà scoppiare i prezzi
Rivolte, città a secco, impennata dei prezzi, fame devastante. «Se questo vi sembra allarmismo degli scienziati, parlate con gli agricoltori», scrive sul “Guardian” Richard Shiffman. La “madre di tutti i report sul clima” è così spaventosa che uno dei suoi autori si è dimesso in segno di protesta dall’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici. «Gli agricoltori non sono stupidi», ha detto l’economista della Sussex University Richard Tol, mentre centinaia di ricercatori si sono ritirati a Yokohama, in Giappone, per elaborare il testo finale di un documento che lui ha definito “allarmistico” quando tratta delle tante minacce del riscaldamento globale. Le più inquietanti proiezioni del report Ipcc chiariscono ciò che avevano ipotizzato tanti altri studi: il futuro dell’agricoltura – della fame nel mondo – è praticamente segnato. Per dirla in modo più soft con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, «il caldo si fa sentire. Dobbiamo agire».I ghiacciai continueranno a ridursi in Himalaya, secondo l’Ipcc, impattando seriamente la disponibilità di acqua per l’agricoltura in vaste aree dell’Asia meridionale e della Cina. E il cambiamento climatico, rileva il “Guardian” in un servizio ripreso da “Come Don Chisciotte”, potrebbe danneggiare le colture sensibili al calore come il grano e il mais, prima ancora che incidere sulla produzione di riso e soia. Sul mercato globale, i prezzi per i raccolti essenziali saliranno. E la fame aumenterà in gran parte dell’Asia e dell’Africa. «Nessuno su questo pianeta sarà immune dagli effetti del cambiamento climatico», ha previsto il capo dell’Ipcc, Rajendra Pachauri. Il nuovo rapporto dice che tutte queste cose accadranno nei prossimi decenni, mentre il cambiamento climatico si rafforza. Ma questo futuro è già il presente per tanti agricoltori di tutto il mondo, dice Shiffman, reduce da una ricognizione in Africa Orientale: «In Tanzania le piogge stagionali biannuali da cui dipendono tanti produttori non arrivano mai al tempo giusto», sporadici acquazzoni torrenziali si alternano a prolungati periodi di siccità.«I picchi di calore stanno facendo appassire le colture di mais, mentre i pozzi e i corsi d’acqua si stanno sempre più prosciugando», continua il “Guardian”. Nel Kenya meridionale le fattorie sembrano lussureggianti, «ma l’apparenza inganna». Venticinque anni fa, nella regione il tempo era prevedibile: le lunghe piogge iniziavano a metà marzo fino a maggio, poi le brevi piogge iniziavano a fine agosto, o ai primi di settembre. «Negli ultimi dieci anni queste precipitazioni non sono mai arrivate in tempo. Abbiamo avuto inondazioni, e poi settimane e settimane senza pioggia. Gli agricoltori sono confusi su quando e cosa piantare. È una cosa davvero preoccupante». Sconvolgimenti simili, continua Shiffman, sono già una sfida per gli agricoltori di tutto il mondo. «Nel delta del Mekong in Vietnam, le popolazioni rurali stanno perdendo i terreni perché le acque salate del mare stanno salinizzando troppo i fiumi per poter crescere il riso». E in Nicaragua «l’aumento delle temperature sta diffondendo “il fungo della ruggine del caffè”, una malattia che sta uccidendo migliaia di alberi e che potrebbe rendere inutilizzabile l’80% delle aree per la coltivazione del caffè da qui al 2050».Dall’America all’Asia: nelle Filippine centrali gli agricoltori di cocco stanno lottando per riprendersi dal tifone novembrino Haiyan, che ha gravemente danneggiato o divelto circa 33 milioni di alberi. «Così come non ci sono atei in trincea, ci sono pochi scettici del cambiamento climatico tra coloro che coltivano il cibo del mondo, se non nessuno. Gli agricoltori – continua il “Guardian” – non devono leggersi i resoconti delle Nazioni Unite per sapere quanto radicalmente sta cambiando il loro clima. E i consumatori non hanno bisogno di studi accademici o di prove provate per sapere che i prezzi degli alimenti sono in costante aumento». L’ultimo report dell’Institute of Development Studies nel Regno Unito «prevede uno spaventoso aumento dal 20 al 60% dei prezzi degli alimenti per il 2050, a seconda del tipo di cibo, principalmente per la diminuzione della resa dovuta al cambiamento climatico». E il mondo intero potrebbe dover affrontare uno shock ancora più grave: «L’Ipcc prevede che un aumento di a 2,5°C nelle temperature globali costerà all’economia mondiale fino al 2% della sua produzione, con una stima di 1,4 trilioni di dollari all’anno».Secondo il gruppo Oxfam, «il riscaldamento globale potrebbe far posticipare la lotta contro la fame nel mondo per decenni, mettendo a rischio la vita di altri 50 milioni di persone». Il mondo è «assolutamente impreparato» all’impatto sul cibo, sostiene Oxfam: più del 75% delle varietà di semi in tutto il modo sono scomparse nell’ultimo secolo, e la spesa di ricerca e sviluppo per l’agricoltura è ai minimi storici. Lester Brown, fondatore dell’Earth Policy Institute, afferma che ci troviamo di fronte una incombente «crisi alimentare», non solo a causa del cambiamento climatico, ma anche per le sempre maggiori scarsità d’acqua e per la conversione di terreni agricoli verso usi non alimentari. Le grandi quantità di terreno utilizzate per la produzione di biocarburanti e di grano per nutrire il bestiame stanno riducendo i raccolti dei cereali di base, di cui le persone hanno bisogno per sopravvivere.Ma le tensioni più forti per il nostro approvvigionamento alimentare, dice Shiffman, verranno proprio dal cambiamento climatico. «Il sistema agricolo odierno è stato progettato per massimizzare la produzione all’interno del sistema climatico che è esistito negli ultimi mille anni. Ora, improvvisamente, non sappiamo cosa succederà esattamente nel futuro». Sappiamo solo che «abbiamo bisogno di frenare il prima possibile». Richard Tol, il ricercatore che denuncia “l’allarmismo” dell’Ipcc, dice che i contadini «si adatteranno». Ma è come aspettarsi che gli scoiattoli si adattino a un incendio boschivo, protesta Shiffman. «Come potrà Amani Peter, un giovane agricoltore che ho incontrato in Tanzania, adattarsi se il suo pozzo si prosciuga? Come farà ad adattarsi al mais che appassisce, quando le piogge si fermano un mese in anticipo, come hanno fatto lo scorso anno? E cosa faranno i nove agricoltori su dieci della Cina occidentale che non hanno un’assicurazione sui raccolti quando i raccolti di grano cominceranno a mancare? Anche l’agricoltore più brillante potrebbe non farcela».L’unica buona notizia – il bicchiere mezzo pieno – è che «ci saranno anche i vincitori nella roulette globale del cambiamento climatico: i rendimenti per alcune colture che amano il caldo sono in aumento negli Stati Uniti e in Canada, anche se l’agricoltura sta già soffrendo per i raccolti rinsecchiti nel sud-ovest degli Stati Uniti e per una siccità estrema in California». In ogni caso, l’Ipcc invita i politici a prepararsi, da subito: «Gli adattamenti del cambiamento climatico non sono un bizzarro ordine del giorno che non è mai stato provato», dichiara Chris Field, co-presidente di uno dei gruppi di lavoro. «Ricordate il costo annuale di 1,4 trilioni di dollari del cambiamento climatico? Se una piccola frazione di questa somma venisse spesa per la ricerca sull’agricoltura locale, sarebbe di grande aiuto», charisce il “Guardian”. «Gli agricoltori hanno bisogno di nuove varietà di semi, resistenti al calore, che tollerino le frequenti siccità. Hanno bisogno di programmi di sensibilizzazione per la loro formazione nelle tecniche di coltivazione più all’avanguardia. E, naturalmente, dobbiamo smettere di vomitare sempre più CO2 nell’aria. Proprio mentre suona l’allarme».Rivolte, città a secco, impennata dei prezzi, fame devastante. «Se questo vi sembra allarmismo degli scienziati, parlate con gli agricoltori», scrive sul “Guardian” Richard Shiffman. La “madre di tutti i report sul clima” è così spaventosa che uno dei suoi autori si è dimesso in segno di protesta dall’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici. «Gli agricoltori non sono stupidi», ha detto l’economista della Sussex University Richard Tol, mentre centinaia di ricercatori si sono ritirati a Yokohama, in Giappone, per elaborare il testo finale di un documento che lui ha definito “allarmistico” quando tratta delle tante minacce del riscaldamento globale. Le più inquietanti proiezioni del report Ipcc chiariscono ciò che avevano ipotizzato tanti altri studi: il futuro dell’agricoltura – della fame nel mondo – è praticamente segnato. Per dirla in modo più soft con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, «il caldo si fa sentire. Dobbiamo agire».
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Nella tela di Atropo, coi malati abbandonati nelle strade
Sappi, amica, che la citta è sotto assedio e che presto dovrà soccombere. I nuovi egemoni hanno fatto circondare l’acropoli con una coltre invisibile. Ti è stato risparmiato, di provare questa vergogna, e questo è giusto, poiché tu scegliesti di rifiutare anche l’abbraccio del sudario. Ora gli umani sono prossimi all’inèdia, ed è stato detto loro che debbono essere grati, perché non morranno subito. Prima dovranno amare il loro destino, e desiderarne ogni più recondita fibra. Quando il colpo finale verrà vibrato, ad essere spazzate via saranno statue, con orbite vuote per il troppo piangere, non più creature animate da un soffio vitale.Chiederai chi siano questi padroni, venuti a dettare legge dal nulla. Tre è il loro numero, come tre furono le tessitrici. Ricordi Klotho la filatrice, Lachesis colei che assegna in sorte, e poi l’inesorabile, Atropo, la vecchia che tagliava la vita degli uomini.Le tre Moire regnarono senza nemici, senza doversi curare d’alcuna resistenza. Le genti d’allora sapevano, o credevano di sapere, che al destino non v’è rimedio, che anche pensare agli dei è solo un gioco, il canto sussurrato del bimbo che si avventura nell’oscurità, e racconta a sé stesso una favola. Così chi viaggiava sotto il sole trascorreva i suoi giorni, col capo piegato e le spalle appesantite dal giogo della paura. Poi la scintilla della sfida iniziò a brillare, e non seppe più fermare il suo brillìo. Dapprima, prese la forma del mito, e come tale si nascose nel conforto dell’ambiguità. Icaro, Prometeo, sceglievano di opporsi a quel che era scritto, ma venivano puniti. A questi esseri finiti e fragili non pareva vero di poter scegliere, e sapevano sempre trovar conforto nell’immaginar torture per chi fuggiva dalla gabbia. Quando il pensiero emerse da quest’informe boscaglia di pulsioni, fu un nuovo inizio.A quell’epoca, se ne accorsero in pochi, ché la lotta per sopravvivere non permetteva di guardare oltre l’orizzonte della propria fatica. Alcune frasi dei filosofi, tuttavia, presero a viaggiare, e viaggiando crearono scandalo. Non potrò essere felice al banchetto se qualcuno è troppo povero per prendervi parte. Queste parole segnarono la fine d’un età dove il privilegio veniva lodato come un merito. Certo, la superstizione non cessò d’ammorbare l’aria, ma un’inquietudine s’era diffusa, una nostalgia dei giorni a venire. Infine, quando ormai gli idoli giacevano a terra infranti, la lotta assunse il volto più vero e più acre, la posta in palio divenne il dominio d’ogni cosa. Da un lato, gli avvoltoi, bramosi di cibarsi dei dolori altrui, dall’altro le moltitudini, non più afflitte dal ricorso all’oppio dell’autorità.Fu uno scontro immenso, lungo un secolo, non privo di compromessi, astuzie e inganni. I vincitori non tralasciarono nulla, anche i ricordi e le speranze degli schiavi. Ora le Moire sono tornate, e di nuovo impongono la misura della vita di ciascuno. Esse vengono per dividere. Immaginale, se puoi giungere a tanto, mentre preparano una mistura di silicio per estrarne delle monete fatte di fumo e di ombra. Gli uomini credono che questo rito sia verità incarnata, e fremono perché si credono inadeguati al cospetto dei giochi di prestigio. E’ giunta voce che non si debbano più prestare cure agli abitanti della città, non ne sono degni, non hanno seguito le esortazioni che giungevano dall’alto.I malati verranno abbandonati ai bordi delle strade, e questo creerà nuove e più gravi pestilenze. I fanciulli, abbandonati da chi li ha messi al mondo, già cadono svenuti ai piedi dei loro insegnanti. Forse dovrei dire che fosti fortunata, amica, a vederti risparmiare tutto ciò. Non lo credo. In ogni tuo singolo giorno, hai tenuta alta la lanterna per illuminare la via. Così facendo, donasti fiducia ad ognuno di noi.(Alberto Melotto, “La tela di Atropo”, 8 maggio 2014. Pubblicista e collaboratore di “Megachip”, Melotto è il presidente torinese di “Alternativa”, laboratorio politico fondato da Giulietto Chiesa).Sappi, amica, che la citta è sotto assedio e che presto dovrà soccombere. I nuovi egemoni hanno fatto circondare l’acropoli con una coltre invisibile. Ti è stato risparmiato, di provare questa vergogna, e questo è giusto, poiché tu scegliesti di rifiutare anche l’abbraccio del sudario. Ora gli umani sono prossimi all’inèdia, ed è stato detto loro che debbono essere grati, perché non morranno subito. Prima dovranno amare il loro destino, e desiderarne ogni più recondita fibra. Quando il colpo finale verrà vibrato, ad essere spazzate via saranno statue, con orbite vuote per il troppo piangere, non più creature animate da un soffio vitale. Chiederai chi siano questi padroni, venuti a dettare legge dal nulla. Tre è il loro numero, come tre furono le tessitrici. Ricordi Klotho la filatrice, Lachesis colei che assegna in sorte, e poi l’inesorabile, Atropo, la vecchia che tagliava la vita degli uomini.
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In bikini per Tsipras, che ignora le cause dell’euro-lager
«Qualche giorno fa Paola Bacchiddu, responsabile per la comunicazione della lista “L’altra Europa con Tsipras” ha postato una propria foto in bikini, con il culo seminudo ben in evidenza in primo piano, accompagnata dal seguente commento: “Ciao è iniziata la campagna elettorale e io uso qualunque mezzo. Votate l’Altra Europa con Tsipras”». Un voto in cambio di un desiderio, scrive Rosanna Spadini: un voto in cambio di una proposta indecente? Vince «l’etica della modernità liquida», il monoteismo del marketing: non avrai altro mercato al di fuori di me, ricordati di santificare lo shopping, onora ogni mio desiderio, non uccidere la libidine dentro di te, ama il piacere tuo come te stesso. «Non si capisce a questo punto quale relazione ci possa essere tra il rigore moralistico laico degli tsiprioti, che per certi versi è dogmatico e reverenziale quanto quello cristiano, e la nuova morale postmoderna della società globalizzata, dominata dal neoliberismo sovranazionale planetario». Quale etica, nel tempo dell’assoluta mancanza di etica?Come può convivere l’etica del marketing con la lotta al mercato e al capitalismo? «Marxisti in crisi di identità? Marxisti dell’Illinois? (da una famosa scena del film “The Blues Brothers”, anche se là erano nazisti)», scrive la Spadini su “Come Don Chisciotte”. «Gli tsiprioti infatti sono quegli esseri che viaggiano sollevati a un palmo da terra (come Remedios la Bella di “Cent’anni di solitudine”), sono entità moralmente sovrannaturali, si spendono e si spandono per i diritti umani di tutta l’umanità, sono gli oracoli viventi dell’“unico dogma” che può salvare la pace, la libertà, la democrazia, sono i profeti dell’“unica verità socialista, marxista, comunista”. Quale complicità ci può essere tra i novelli Templari del marxismo, i monaci militanti della fratellanza universale e la subdola seduzione del mercato? Quale connivenza tra le loro esistenze votate all’ideale universalistico della distribuzione globale dei diritti e la sporcizia morale di chi seduce con una sveltina (per di più anale) in cambio di un voto?».Senza considerare, aggiunge Spadini, che spesso gli “tsiprioti” provengono dalle vaste e profonde gole di “Micromega”, frequentate da intellettuali che hanno attraversato gli anni tormentati del berlusconismo «ragionando sapientemente dei massimi sistemi dell’esistenza, senza che il loro nobile pensiero si traducesse mai in risoluzione pratica dei problemi sociali, confondendo spesso l’astrattezza della loro speculazione filosofica con l’astuta strategia politica di chi intercetta e decifra le esigenze del reale». Ecco perché gli “tsiprioti” sono andati in Grecia a cercarsi un loro degno rappresentante: «Perché in Italia non c’era nessun Zarathustra degno di fede, non c’era nessuno che potesse corrispondere ai loro criteri di selezione darwiniana della specie eletta degli ubermensch». Ma Tsipras e i suoi followers, a partire da Barbara Spinelli, «non sembrano capire che un’Europa federale e democratica dei popoli fratelli non è possibile se non uscendo da quel lager eurocratico che la sta devastando».Secondo Rosanna Spadini, «non ci può essere democrazia se non all’interno dello Stato-nazione, non ci può essere sovranità economica se non restaurando la collaborazione tra Tesoro e Bankitalia che è stata interrotta dal “divorzio” del 1981 (legge Ciampi-Andreatta), e non ci può essere benessere sociale se non recuperando la nostra indipendenza politica e democratica». Per di più, «questi monaci militanti della fratellanza globalizzata, che ha anche impedito in Italia la nascita di una coscienza nazionale, concezione da loro soavemente disprezzata, confusa con quella di nazionalismo (che è decisamente un’altra cosa), questi sacerdoti laici che celebrano quotidianamente il loro anacronistico rito liturgico, sono stati sempre la ruota di scorta dei poteri forti, “utili idioti” al servizio del sistema neoliberista, ottusi strumenti nelle mani del potere eurocratico, tribuni di strategie politiche del nulla, sempre e comunque perdenti, proprio perché connaturate amabilmente al potere costituito (vedi Laura Boldrini)».Non si rendono conto, aggiunge Spadini nella sua requisitoria, che l’Europa odierna sta vivendo uno dei momenti più tragici della propria storia: non potrà cambiare il proprio destino se non facendo una diagnosi precisa della cause che hanno provocato il disastro. E’ «un “golpe bianco” che viene da lontano, dal crollo del muro di Berlino del 1989, quando il sistema capitalistico-imperialistico-neoliberista rimasto unico ordine mondiale, si apprestò a dissolvere gli Stati-nazione, privandoli della loro sovranità politico-economica, per ricomporli in quell’orrido organismo sovranazionale, privo di identità e di cultura, che è appunto l’Unione Europea». Un “golpe bianco” che «si serve dell’euro come arma di distruzione di massa per imporre politiche di austerity che devastano l’economia e i diritti, una dittatura finanziaria che ha imposto i trattati-capestro, dal Trattato di Maastricht (1993) a quello di Lisbona (2007), quando al contrario i popoli di Francia e Olanda avevano ampiamente bocciato la Costituzione Europea».Il “nemico” da riconoscere «una dittatura finanziaria che ha poi aperto la strada all’inarrestabile corso dei tagli alla spesa pubblica (che invece statisticamente non oltrepassa la media dei paesi europei), al ciclo delle privatizzazioni, alla precarizzazione a vita del lavoro e alla devastazione del welfare, straordinaria conquista sociale delle lotte del Novecento, ma anche strategia funzionale all’antagonismo tra il benessere capitalistico dell’ovest europeo, opposto al malessere comunista del suo nemico storico, rappresentato dall’Urss, durante il periodo della guerra fredda». Pertanto, Tsipras e «i suoi gattopardeschi followers» vorrebbero rimuovere gli effetti disastrosi della dittatura eurocratica «senza toccarne le cause, rappresentate dall’euro e dai trattati». E questo, purtroppo o per fortuna, è ben più importante dell’ostentata esposizione delle terga della giovane portavoce in bikini.«Qualche giorno fa Paola Bacchiddu, responsabile per la comunicazione della lista “L’altra Europa con Tsipras” ha postato una propria foto in bikini, con il culo seminudo ben in evidenza in primo piano, accompagnata dal seguente commento: “Ciao è iniziata la campagna elettorale e io uso qualunque mezzo. Votate l’Altra Europa con Tsipras”». Un voto in cambio di un desiderio, scrive Rosanna Spadini: un voto in cambio di una proposta indecente? Vince «l’etica della modernità liquida», il monoteismo del marketing: non avrai altro mercato al di fuori di me, ricordati di santificare lo shopping, onora ogni mio desiderio, non uccidere la libidine dentro di te, ama il piacere tuo come te stesso. «Non si capisce a questo punto quale relazione ci possa essere tra il rigore moralistico laico degli tsiprioti, che per certi versi è dogmatico e reverenziale quanto quello cristiano, e la nuova morale postmoderna della società globalizzata, dominata dal neoliberismo sovranazionale planetario». Quale etica, nel tempo dell’assoluta mancanza di etica?
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Renzi piace ai mercati? Ovvio: sta per svendere l’Italia
Improvvisamente sembra tutto chiaro. E’ più che un sospetto, e la mente corre al passato: i grandi gestori internazionali non hanno mai dimenticato, con riconoscenza, Romano Prodi, il leader della sinistra moderata che permise lo smantellamento dell’Iri e portò a buon fine le ambitissime privatizzazioni. «Si sa, in Italia certe cose può farle solo la sinistra». Privatizzazioni, ricorda Marcello Foa, che però «si risolsero in un eccellente affare per chi compra e in una fregatura per chi vende o nella sostituzione di monopoli pubblici con monopoli privati». Cose che capitano, ma fanno riflettere. E sorgere qualche dubbio: «Renzi è di sinistra, come Prodi. Come lui è graditissimo a Wall Street, ai grandi fondi come Blackrock, nella City. Ed è più deciso di Enrico Letta che a sua volta godeva di buone credenziali in quegli ambienti ma era troppo lento e prudente: nessuno, nel momento del bisogno, lo ha difeso. Vuoi vedere che la vera missione del mirabolante Matteo Renzi è quella di portare a termine le privatizzazioni, ovvero di svendere quel che resta di buono in Italia?».L’allarme, per Foa, è scattato poco dopo la nomina di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Fonte dell’avvertimento, un amico che lavora nella finanza: «E’ già la terza volta che una grande banca d’affari parla bene della Borsa di Milano e invita a investire nei titoli italiani. Stesso approccio, stesse argomentazioni: non so cosa stia succedendo». Foa controlla sui grandi giornali e sui principali siti web, ma non trova nulla, a parte qualche trafiletto sul “Sole 24 Ore”. «Poi, tra fine marzo e i primi di aprile, l’informazione riservata a pochi privilegiati del mondo bancario, diventa pubblica». I quotidiani iniziano a battere sullo stesso tasto. Inizia “Repubblica” il 26 marzo, con Federico Fubini che avverte: «I fondi pronti a comprare, ma è una fiducia a tempo: riformare spesa e burocrazia». E spiega: «Erano anni che l’Italia non raccoglieva un interesse simile sui mercati».Così, si scopre che pochi giorni prima si è svolto un summit alla Royal Bank of Scotland, nel cuore della City di Londra, tra investitori di primissimo piano: qualcosa come 300 fondi finanziari, che – in aggregato – rappresentano «istituzioni che controllano ogni giorno molte migliaia di miliardi di dollari sui mercati globali». Tra questi, colossi americani come Blackrock, Fidelity, Blackstone, hedge fund di punta come quello di George Soros o Glg, fondi pensione, banche, più l’antica aristrocrazia europea del risparmio gestito con Schroders. «Il 70% degli investitori raccolti ha sì detto che nei prossimi tre mesi “comprerà attivi italiani”». A ruota, il “Corriere della Sera” titola in prima pagina: “Capitali esteri a caccia d’Italia”. Fabrizio Massaro spiega che fondi Usa, arabi e cinesi puntano su Borsa e made in Italy. Nel mirino banche, industria manifatturiera, moda e turismo. E ancora: «Così Goldman Sachs vende il nuovo corso politico. Garzarelli, capoeconomista del colosso Usa: prezzi bassi e nuova stabilità. Rispetto alla Spagna avete fondamentali più solidi. Renzi? Per i mercati è un leader fuori dagli schemi». Anche il “Sole 24 Ore” abbandona il riserbo e titola: “Piazza affari fa il pieno di capitali esteri”.Nell’ultimo mese il tono non è cambiato, aggiunge Foa nel suo blog sul “Giornale”. «La grande finanza internazionale continua a credere all’Italia. E si scoprono altri dettagli interessanti». Ad esempio, che Matteo Renzi ha incontrato il Ceo di Blackrock, Larry Fink, il più grande fondo di investimento al mondo: «Un colosso da 4.300 miliardi di dollari che, se fosse uno Stato, sarebbe la quarta potenza al mondo dopo Usa, Cina e Giappone». Evento salutato da tutti. «Commenti positivi», informa “Radiocor”, mentre la “Repubblica” si entusiasma: «Il più grande fondo del mondo da Renzi, Blackrock crede nella ripresa italiana». Pian piano, continua Foa, il puzzle si compone. «In Italia, lo sappiamo benissimo, la situazione non è certo migliorata rispetto a qualche mese fa. Anzi, a giudicare dai disastrosi dati sulla disoccupazione e dalle cifre record del debito pubblico è persino peggiorata». Ma quei “mercati” – gli stessi che nel 2011 avevano gettato discredito sull’Italia usando arbitrariamente lo strumento dello spread, nonostante il nostro paese fosse uscito meglio di altri dalla crisi dei subprime – ora ignorano le cattive notizie. «L’Italia è diventata, brava, buona, promettente. Da premiare con la “fiducia”».«Non sono un economista – premette Foa – ma ho seguito da vicino tante crisi finanziarie: e questa, proprio, non me la bevo». Infatti, ad attrarre l’interesse dei grandi fondi, delle banche d’affari e delle multinazionali «non sono solo i valori relativamente bassi (ma neanche troppo) di Piazza Affari, c’è dell’altro». E questo “altro” sembra «strettamente connesso all’inaspettata e rapidissima ascesa a Palazzo Chigi di Matteo Renzi». Forse, una chiave la fornisce il “Corriere della Sera”, nell’articolo di Massaro sulla “caccia ai capitali esteri”. «L’acquisto di azioni a Piazza Affari – scrive – potrebbe essere solo un assaggio in vista di quella che si annuncia come la più grande operazione di privatizzazione degli ultimi anni». Parola del neoministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, super-falco neoliberista proveniente dall’Ocse e dalla casta tecnocratica al servizio dell’élite mondiale. E’ proprio Padoan, a Cernobbio, a svelare le carte: avanti tutta con le privatizzazioni, quelle che piacciono tanto ai “mercati”, così pieni di “fiducia” per l’Italia di Renzi.«L’attenzione del mercato è crescente e va sfruttata nel migliore dei modi», dichiara Padoan al “Corriere”. L’obiettivo della nuova ondata di privatizzazioni che si profila? E’ duplice: «Accrescere l’efficienza delle imprese privatizzate e ovviamente ridurre in modo consistente il debito pubblico». Il primo banco di prova potrebbero essere le Poste: «È stato avviato il processo di privatizzazione, è una sfida importante per il paese e verrà sottoposta al vaglio del mercato». Gran parte della fortuna politica del governo, scrive il “Corriere”, si gioca sul successo delle vendite di Stato: l’incasso per il Tesoro potrebbe arrivare a oltre 15 miliardi da Poste (il cui 40% da solo vale 4-5 miliardi), Fincantieri, Enac, Cdp Reti, Sace, Grandi Stazioni, St Microelectronics. «Per i fondi si tratta di comprare a prezzi favorevoli, per le banche d’affari di guadagnare sugli incarichi di vendita». Tutto questo, grazie a Matteo il rottamatore, il nuovo eroe dei “mercati” ammazza-paesi.Improvvisamente sembra tutto chiaro. E’ più che un sospetto, e la mente corre al passato: i grandi gestori internazionali non hanno mai dimenticato, con riconoscenza, Romano Prodi, il leader della sinistra moderata che permise lo smantellamento dell’Iri e portò a buon fine le ambitissime privatizzazioni. «Si sa, in Italia certe cose può farle solo la sinistra». Privatizzazioni, ricorda Marcello Foa, che però «si risolsero in un eccellente affare per chi compra e in una fregatura per chi vende o nella sostituzione di monopoli pubblici con monopoli privati». Cose che capitano, ma fanno riflettere. E sorgere qualche dubbio: «Renzi è di sinistra, come Prodi. Come lui è graditissimo a Wall Street, ai grandi fondi come Blackrock, nella City. Ed è più deciso di Enrico Letta che a sua volta godeva di buone credenziali in quegli ambienti ma era troppo lento e prudente: nessuno, nel momento del bisogno, lo ha difeso. Vuoi vedere che la vera missione del mirabolante Matteo Renzi è quella di portare a termine le privatizzazioni, ovvero di svendere quel che resta di buono in Italia?».
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Brancaccio: il Jobs Act è peggio della riforma Fornero
Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a un progressivo smantellamento delle tutele del lavoro. Il provvedimento del governo Renzi è il sequel di un film già mandato in onda tante volte. Non intravedo svolte di politica economica. La sinistra del Pd è riuscita ad apportare alcuni miglioramenti al testo. Nonostante queste modifiche, però, il segno complessivo del Jobs Act non cambia: assisteremo a una ulteriore precarizzazione dei contratti di lavoro. Ci sono novità peggiorative anche rispetto alla riforma Fornero, come l’eliminazione della causale sui contratti a tempo determinato, la possibilità di prorogare questi contratti e l’annacquamento dell’obbligo di stabilizzazione degli apprendisti. Il ministro Padoan sostiene che questi provvedimenti faranno aumentare l’occupazione? Padoan è tra coloro che hanno insistito a lungo con la fantasiosa dottrina della “austerità espansiva”, quella secondo cui l’austerity avrebbe dovuto risanare i bilanci, ripristinare la fiducia dei mercati e rilanciare la crescita e l’occupazione.In realtà l’austerity ha depresso l’economia e non ha risanato i conti. Su indicazione della Bce e della Commissione, allora, il ministro oggi propone una nuova ricetta: la ulteriore flessibilità dei contratti di lavoro aiuterà a creare nuovi posti di lavoro e a ridurre la disoccupazione. Ma le evidenze empiriche ci fanno ritenere che si sbaglino di nuovo. In una rassegna pubblicata qualche anno fa, gli economisti Tito Boeri e Jan van Ours hanno rilevato che su 13 studi empirici esaminati ben nove di essi davano risultati indeterminati e tre di essi indicavano che una maggiore precarietà dei contratti può addirittura determinare più disoccupazione. Alla luce di queste evidenze persino Olivier Blanchard, capo economista del Fondo Monetario Internazionale, è arrivato a riconoscere che non vi è una precisa correlazione tra le due variabili. Una spiegazione sta nel fatto che i contratti precari da un lato possono indurre le imprese a creare posti di lavoro in una fase di espansione economica, ma dall’altro consentono alle aziende di distruggere facilmente quegli stessi posti di lavoro nelle fasi di crisi.Alla fine, tra creazione e distruzione dei posti di lavoro l’effetto complessivo risulta essere nullo, con buona pace di Padoan e di Draghi. Il M5S si è scagliato contro il Jobs Act parlando di “ritorno alla schiavitù”. Credo vi sia un’espressione più adatta al nostro tempo: intensificazione dello sfruttamento capitalistico del lavoro. E’ un fenomeno che si è verificato in misura particolarmente accentuata negli ultimi vent’anni, durante i quali abbiamo assistito a uno smantellamento progressivo del diritto del lavoro. Il fenomeno si è verificato il larga parte dei paesi industrializzati, anche se in Italia vantiamo un record: dal 1998 l’indice generale di protezione dei lavoratori calcolato dall’Ocse è crollato più che in ogni altro paese europeo. I primissimi provvedimenti risalgono persino a Ciampi. E’ vero tuttavia che il pacchetto Treu determinò una caduta molto accentuata dell’indice di protezione dei lavoratori, alla quale seguì un calo ulteriore con la legge Biagi del governo Berlusconi.Il Jobs Act di Renzi non è altro che il sequel del medesimo film, che i governi che si sono succeduti in questi anni hanno quasi ininterrottamente mandato in onda. Con risultati irrilevanti sul terreno dell’occupazione. Del resto, la creazione di lavoro dipende soprattutto da altri fattori, tra cui l’orientamento espansivo o restrittivo elle politiche economiche. Renzi ha scelto di porsi in sostanziale continuità con le politiche di austerity che fino ad oggi sono state adottate in Europa. Proprio per questo, tuttavia, rischia di non raggiungere gli obiettivi di contenimento del deficit che si è dato. Nel 2014 la crescita del Pil potrebbe rivelarsi inferiore al già risicato 0,8% annunciato dal governo. La conseguenza è che il rapporto tra deficit e Pil potrebbe rivelarsi maggiore del previsto. Sarebbe l’ennesima smentita per la dottrina della “austerità espansiva”.Renzi rivendica gli 80 euro al mese per i dipendenti che ne guadagnano meno di 25.000 lordi? Prima di definirla una mossa “di sinistra” vorrei capire più in dettaglio dove nei prossimi anni la spending review andrà a tagliare. Se ad esempio colpisse i servizi pubblici, i lavoratori subordinati potrebbero trarre più svantaggi che benefici. Riguardo agli effetti sulla crescita, vorrei ricordare che in Italia negli ultimi 5 anni abbiamo perso un milione di posti di lavoro e abbiamo registrato un incremento del 90% delle insolvenze delle imprese. Sono perdite colossali, di proporzioni storiche, che dovremmo affrontare con una concezione completamente nuova della politica economica pubblica. Chi pensa che invertiremo la rotta con 80 euro in più al mese in busta paga non sa quel che dice.(Emiliano Brancaccio, dichiarazioni rilasciate a Giacomo Russo Spena per l’intervista “Il Jobs Act? Peggio della riforma Fornero”, pubblicata da “Micromega” il 23 aprile 2014).Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a un progressivo smantellamento delle tutele del lavoro. Il provvedimento del governo Renzi è il sequel di un film già mandato in onda tante volte. Non intravedo svolte di politica economica. La sinistra del Pd è riuscita ad apportare alcuni miglioramenti al testo. Nonostante queste modifiche, però, il segno complessivo del Jobs Act non cambia: assisteremo a una ulteriore precarizzazione dei contratti di lavoro. Ci sono novità peggiorative anche rispetto alla riforma Fornero, come l’eliminazione della causale sui contratti a tempo determinato, la possibilità di prorogare questi contratti e l’annacquamento dell’obbligo di stabilizzazione degli apprendisti. Il ministro Padoan sostiene che questi provvedimenti faranno aumentare l’occupazione? Padoan è tra coloro che hanno insistito a lungo con la fantasiosa dottrina della “austerità espansiva”, quella secondo cui l’austerity avrebbe dovuto risanare i bilanci, ripristinare la fiducia dei mercati e rilanciare la crescita e l’occupazione.
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I miliardari del futuro digitale e le nostre vite virtuali
Nel film “Her”, che ha appena vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale e che si svolge in un futuro prossimo, il personaggio principale, Theodore Twombly (Joaquin Phoenix) acquista un sistema operativo che funziona come un assistente totale, che si piega intuitivamente a qualsiasi esigenza o richiesta dell’utente. Theodore sceglie la voce femminile e con il suo smartphone passa le ore a chiacchierare con lei, finché non se ne innamora. La metafora è evidente e sottolinea la nostra sempre maggiore dipendenza dal mondo digitale, e la nostra immersione sempre più profonda in un universo smaterializzato. Ma se citiamo questo film non è solo per la sua moralità, ma perché i suoi personaggi vivono, come faremo domani, in un ambiente comunicativo ancora più iperconnesso. Con un’alta densità di tablet, smartphone, videogiochi di ultima generazione, schermi televisivi giganti e computer dialoganti attivati con la voce…La richiesta di dati e video ha raggiunto davvero livelli astronomici. Questo perché gli utenti sono sempre più agganciati nelle reti sociali. Facebook, ad esempio, ha già più di 1.300 milioni di utenti attivi in tutto il mondo, YouTube circa un miliardo, Twitter 750 milioni, WhatsApp 450 milioni. In tutto il mondo, gli utenti non sono più soddisfatti da un unico mezzo di comunicazione e reclamano il “quadruple play”, ossia l’accesso a Internet, Tv digitale, telefono fisso e mobile. E per soddisfare questa domanda insaziabile ci vogliono connessioni (di banda ultralarga) capaci di fornire l’enorme flusso di informazioni, espresse in centinaia di megabit al secondo. E qui sorge il problema. Dal punto di vista tecnico, le reti Adsl attuali – quelle che ci permettono di ricevere Internet in banda larga sui nostri smartphone – sono quasi già sature. Cosa fare? L’unica soluzione è passare attraverso il cavo, coassiale o in fibra ottica. Questa tecnologia assicura una qualità ottimale nella trasmissione dati e video a banda ultralarga, quasi senza limiti di portata.Era popolare nel 1980, ma fu accantonata perché richiede grandi opere costose (bisogna scavare e mettere sottoterra i cavi e portarli alla base degli edifici). Solo pochi operatori via cavo hanno continuato a investire sulla sua affidabilità e hanno pazientemente costruito una fitta rete cablata. La maggior parte degli altri preferivano la tecnologia Adsl, più economica (è sufficiente installare una rete di antenne) ma, come abbiamo detto, è quasi saturata. Pertanto, in questo momento, il movimento generale delle grandi società di telecomunicazioni (e degli speculatori dei fondi di capitale) è quello di cercare a tutti i costi la fusione con gli operatori via cavo le cui “vecchie” reti in fibra rappresentano, paradossalmente, il futuro delle autostrade della comunicazione.Questo contesto tecnologico e commerciale spiega la recente acquisizione, in Spagna, di Ono, il più grande operatore via cavo locale da parte della britannica Vodafone in cambio di 7,2 miliardi di euro. Quarto operatore spagnolo, Ono ha 1,1 milioni di linee mobili e 1,5 milioni di linee fisse, ma ciò che gli dà valore è la sua vasta rete cablata che raggiunge 7,2 milioni di famiglie. La quota del 60% in Ono era nelle mani dei fondi azionari internazionali che già sapevano, per le ragioni appena illustrate, che i giganti della telecomunicazione vogliono acquistare, a qualsiasi prezzo, agli operatori via cavo. Ovunque, i fondi-avvoltoio stanno comprando gli operatori via cavo indipendenti per poter ottenere guadagni significativi da rivendere a un qualche compratore dell’industria. Per esempio, in Spagna, i tre operatori via cavo regionali, Euskaltel, Telecable e R – sono stati oggetto di acquisti speculativi. Nel 2011 il fondo di private equity statunitense Carlyle Group ha acquistato l’85% dell’operatore asturiano via cavo Telecable.Nel 2012 il fondo italiano Investindustrial e quello americano Trilantic Capital Parners hanno rilevato il 48% dell’operatore basco Euskaltel. E il mese scorso il fondo britannico Cvc Capital Partners ha acquisito il 30% che gli mancava dell’operatore galiziano R, che controlla nella sua totalità. A volte le fusioni sono realizzate in senso inverso: è l’operatore via cavo che acquista una società di telecomunicazioni. È appena accaduto in Francia, dove l’azienda di cavi Numericable (cinque milioni di famiglie o aziende collegate) sta cercando di acquistare, per quasi 12 miliardi di euro, il terzo operatore di telefonia mobile francese, Sfr, proprietario di una rete di 57.000 chilometri di fibra ottica. Altre volte sono due cablo-operatori che decidono di fondersi. Sta succedendo in America, dove i due maggiori operatori via cavo, Comcast e Time Warner Cable (Twc), hanno deciso di unirsi. Insieme, questi due titani hanno oltre 30 milioni di abbonati, a cui procurano servizi di Internet a banda larga e di telefonia fissa e mobile.Le due aziende, ora socie, controllano anche un terzo della pay-tv. La loro mega-fusione verrebbe praticata sotto forma di un acquisto di Twc da parte di Comcast per la somma colossale di 45 miliardi di dollari (36 miliardi di euro). Il risultato sarà un mastodonte mediatico con un fatturato stimato in circa 87 miliardi di dollari (67 miliardi di euro). Una somma astronomica, come quella degli altri giganti di Internet, in particolare se confrontata con quella di alcuni gruppi mediatici di stampa scritta. Ad esempio, il fatturato del gruppo Prisa, il primo gruppo di comunicazione spagnolo, editore del quotidiano “El País” con una forte presenza in America Latina, è inferiore ai 3 miliardi di euro. Il “New York Times” fattura meno di 2 miliardi di euro. Il gruppo “Le Monde” non supera i 380 milioni di euro, e il “Guardian” neppure 250.In termini di solidità finanziaria, rispetto ai colossi delle telecomunicazioni, la stampa (anche con i siti web) pesa poco. E ogni volta meno. Ma rimane un fattore indispensabile di informazione e di denuncia. Particolarmente sugli abusi dei nuovi giganti delle telecomunicazioni quando spiano le nostre comunicazioni. Grazie alle rivelazioni di Edward Snowden e Glenn Greenwald, pubblicate dal quotidiano britannico “The Guardian”, abbiamo appreso che la maggior parte dei giganti di Internet erano – e sono tuttora – complici della National Security Agency (Nsa) per la realizzazione del suo programma illegale di spionaggio massivo delle comunicazioni e dell’utilizzo dei social network. Non siamo innocenti. Schiavi volontari, e pur sapendo di essere osservati, continuiamo ad alterarci con la droga digitale. Senza preoccuparci di quanto cresce la nostra dipendenza, consegnamo sempre più la sorveglianza delle nostre vite ai nuovi padroni della comunicazione. Continueremo così? Possiamo consentire di essere tutti sotto controllo?(Ignacio Ramonet, “Tutti sotto controllo”, intervento pubblicato da “Le Monde Diplomatique”, tradotto e ripreso da “Come Don Chisciotte” il 4 aprile 2014).Nel film “Her”, che ha appena vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale e che si svolge in un futuro prossimo, il personaggio principale, Theodore Twombly (Joaquin Phoenix) acquista un sistema operativo che funziona come un assistente totale, che si piega intuitivamente a qualsiasi esigenza o richiesta dell’utente. Theodore sceglie la voce femminile e con il suo smartphone passa le ore a chiacchierare con lei, finché non se ne innamora. La metafora è evidente e sottolinea la nostra sempre maggiore dipendenza dal mondo digitale, e la nostra immersione sempre più profonda in un universo smaterializzato. Ma se citiamo questo film non è solo per la sua moralità, ma perché i suoi personaggi vivono, come faremo domani, in un ambiente comunicativo ancora più iperconnesso. Con un’alta densità di tablet, smartphone, videogiochi di ultima generazione, schermi televisivi giganti e computer dialoganti attivati con la voce…
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Lo Stato Carogna: via i giudici più temuti da Totò Riina
Chi pensava che i peggiori pericoli per i magistrati antimafia venissero dalla mafia, soprattutto dopo le condanne a morte pronunciate da Riina, si sbagliava. Le minacce più insidiose arrivano sempre dal Palazzo. Il Csm – l’organo di autogoverno della magistratura che dovrebbe garantirne l’autonomia e l’indipendenza – ha inviato una circolare a tutte le Dda, cioè ai pool antimafia delle varie procure, per raccomandare che ai pm che si sono occupati per 10 anni di mafia, camorra e ‘ndrangheta non vengano assegnate nuove inchieste in materia. Il diktat calza a pennello sulla Dda di Palermo, dove i principali pm titolari delle nuove indagini sulla trattativa Stato-mafia (rivolte al ruolo dei servizi segreti e della Falange Armata) hanno potuto finora occuparsene perché “applicati” dal procuratore Messineo. Nino Di Matteo è “scaduto” dopo i 10 anni canonici nel 2010, trasferito dalla Dda al pool “abusi edilizi” e da allora “applicato” per proseguire il lavoro sulla trattativa; Roberto Tartaglia l’ha seguito qualche tempo dopo; fra un mese scadrà anche Francesco Del Bene.La norma demenziale è contenuta nell’ordinamento giudiziario Castelli-Mastella del 2007, che appiccica ai pool specializzati delle procure (mafia, reati fiscali e finanziari, ambientali, contro la pubblica amministrazione, contro le donne e i minori, ecc.) un bollino di scadenza come agli yogurt: appena raggiungono 10 anni di esperienza, cioè diventano davvero capaci ed esperti su una materia, devono smettere e occuparsi d’altro. Una mossa geniale: come se un’azienda, dopo aver impiegato tempo e risorse per formare un dirigente, lo spedisse a fare altre cose perché è diventato troppo bravo. Vale sempre il detto di Amurri e Verde: «La criminalità è organizzata e noi no». Se la legge fosse stata già in vigore nel 1992, Cosa Nostra avrebbe potuto risparmiare sul tritolo evitando le stragi di Capaci e via D’Amelio, visto che quando furono uccisi Falcone e Borsellino indagavano sulla mafia da ben più di due lustri.Negli anni scorsi il bollino di scadenza ha falcidiato i pool antimafia di Palermo, Bari e Napoli, quello torinese creato da Raffaele Guariniello sulla sicurezza, la salute e l’ambiente (processi Thyssen, Eternit, doping…), quello milanese coordinato da Francesco Greco sui crimini economici (Parmalat, scalate bancarie, Enel, Eni, San Raffaele, grandi evasori). Per non disperdere enormi bagagli di esperienza e memoria storica, i procuratori capi tentavano di limitare i danni “applicando” i pm scaduti a singole indagini. Ora, con la circolare del Csm, cala la mannaia anche su quella possibilità. Col risultato che una materia delicata e intricata come la trattativa, che richiede conoscenze ed esperienze approfondite, sarà affidata a pm che mai se ne sono occupati, privi dunque di qualunque nozione sul tema e magari ammaestrati da tutti gli attacchi (mafiosi e istituzionali) subìti dai colleghi che hanno osato scoperchiarla.Il fatto che Di Matteo sia il nemico pubblico numero uno tanto di Riina quanto del Quirinale non lascerà insensibile chi dovrà raccoglierne l’eredità. Magari toccherà a qualcuno dei neomagistrati che Napolitano ha arringato l’altroieri col solito fervorino alla «pacatezza», al «rispetto», addirittura all’«equidistanza» (testuale), contro il «protagonismo» e gli «arroccamenti», per «chiudere i due decenni di scontro permanente» e «tensione» (fra guardie e ladri, fra onesti e mafiosi). Non contento, il presidente più incensato e leccato del mondo (dopo Mugabe) ha poi evocato fantomatiche «aggressioni faziose» ai suoi danni, che il “Corriere” – sempre ispirato – attribuisce proprio a Di Matteo&C. per «intercettazioni illegali nell’inchiesta sulla trattativa». Naturalmente le intercettazioni erano perfettamente legali, disposte da un giudice sui telefoni dell’indagato Mancino che parlava con il Quirinale. Ma anche questa ignobile calunnia sortirà prima o poi l’effetto sperato. Nessuno s’azzarderà mai più a intercettare un indagato per la trattativa: potrebbe parlare con il capo dello Stato.(Marco Travaglio, “Lo Stato Carogna”, da “Il Fatto Quotidiano” del 7 maggio 2014, ripreso da “Micromega”).Chi pensava che i peggiori pericoli per i magistrati antimafia venissero dalla mafia, soprattutto dopo le condanne a morte pronunciate da Riina, si sbagliava. Le minacce più insidiose arrivano sempre dal Palazzo. Il Csm – l’organo di autogoverno della magistratura che dovrebbe garantirne l’autonomia e l’indipendenza – ha inviato una circolare a tutte le Dda, cioè ai pool antimafia delle varie procure, per raccomandare che ai pm che si sono occupati per 10 anni di mafia, camorra e ‘ndrangheta non vengano assegnate nuove inchieste in materia. Il diktat calza a pennello sulla Dda di Palermo, dove i principali pm titolari delle nuove indagini sulla trattativa Stato-mafia (rivolte al ruolo dei servizi segreti e della Falange Armata) hanno potuto finora occuparsene perché “applicati” dal procuratore Messineo. Nino Di Matteo è “scaduto” dopo i 10 anni canonici nel 2010, trasferito dalla Dda al pool “abusi edilizi” e da allora “applicato” per proseguire il lavoro sulla trattativa; Roberto Tartaglia l’ha seguito qualche tempo dopo; fra un mese scadrà anche Francesco Del Bene.
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Dopo il voto, Renzi taglierà 250.000 stipendi pubblici
Sei un dipendente pubblico e stai per votare Renzi, che ti ha promesso quegli 80 euro? Fa’ pure, ma sappi che – superato lo scoglio delle europee – il governo taglierebbe qualcosa come 200.000 posti di lavoro nel pubblico impiego, se non 250.000. Tanti i dipendenti a rischio, secondo voci riservate colte da Eugenio Orso tra i “dissidenti” del Pd («non rivelo la fonte, non posso, ma tutto questo rende l’idea del piano contro l’Italia, per eseguire il quale si è scelto proprio il Pd»). A Renzi è stato dunque “ordinato” di tagliare centinaia di migliaia di posti nel pubblico impiego? Sì, «con buona pace degli 85.000 pensionamenti anticipati 2014 e dei pre-pensionamenti annunciati a suo tempo dal ministro Marianna Madia». Inoltre, l’espulsione dei “vecchi” dal pubblico impiego «non libererà posti di lavoro in egual misura per i giovani disoccupati». E se ancora non bastasse, «ci sia avvierà a un blocco praticamente perpetuo delle retribuzioni nel pubblico impiego». Domanda: «Se i dipendenti pubblici sapessero tutto questo, voterebbero alle europee per il Pd e per le veline-capolista di Renzi?».Secondo Orso, autore di un post su “Pauperclass” ripreso da “Come Don Chisciotte”, nel programma del governo c’è un colossale taglio orizzontale del pubblico impiego, complice anche la risalita dello spread, che riprenderebbe – a comando – dopo le elezioni, giusto per premere sull’esecutivo. In cabina di regia, i soliti poteri forti euro-atlantici che utilizzano la tecnocrazia di Bruxelles (fino ai suoi esecutori locali, in Italia il Pd) per piegare gli Stati alla legge del profitto dell’élite. Il giovane Renzi? «E’ solo l’ultima espressione mediatico-propagandistica del Pd», dice Orso, che dichiara di aver raccolto informazioni riservate che «provengono “ventre della balena”, o meglio di quella disgustosa balenottera chiamata Pd: nonostante la sostanziale compattezza del partito euroservo, neoliberale e americanista, è evidente che non tutto può filar liscio», e che quindi a volte «si producono le “fughe di notizie”».Nessuna illusione, però: «Non c’è alcun dubbio che il Pd operi costantemente, sotto vari mascheramenti di corrente e sotto vari nomi (renziani, bersaniani, lettiani, cuperliani, civatiani), contro il popolo e il paese». Quindi, la legislatura “deve” restare in piedi fino a scadenza naturale, cioè fino al 2018, «per consentire di “fare le riforme”», ovvero «avviare e applicare fino alle estreme conseguenze l’arcinoto Fiscal Compact (per noi, legge del 24 dicembre 2012, n. 243), il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità, a tutto favore delle banche dei paesi europei più forti) e il cosiddetto Erp (European Redemption Fund, sulle garanzie per le “eccedenze del debito pubblico”) che è minacciosamente in arrivo». La verità, aggiunge Orso, è che i vari D’Alema, Bindi, Finocchiaro e poi Bersani, Fassino e Veltroni «non sono mai stati “rottamati”, non sono scomparsi, ma sono sempre presenti, sia pur in posizione defilata: sono loro, di nascosto, di comune accordo, talora fingendo aperta ostilità nei confronti del sindaco di Firenze, che hanno deciso di lasciare che il “ciclone Renzi” si sfogasse».E Napolitano, in apparenza perplesso su Renzi? Fa parte del piano, anche lui: «Sapeva del gioco fin dall’inizio, un po’ ha resistito, ma poi improvvisamente ha “mollato” Letta», il premier pallido, fedele esecutore dei diktat della Troika nonché esponente del Gruppo Bilderberg. Ma attenzione: «Letta è stato esautorato non tanto dall’esuberante ciarlatano di Firenze, che ha eseguito la sentenza davanti ai media, ma dal suo stesso partito, i cui “dinosauri” restano prudentemente nell’ombra», magari fingendo che ci sia un po’ di maretta nel partito. Lo fanno «unicamente per catturare e trattenere il consenso di coloro che, altrimenti, gli volterebbero la schiena disgustati», il che vale per Civati, Fassina e «tutti i finti oppositori di Renzi». La nomenklatura del Pd sa perfettamente che «tutto è rimandato a dopo le europee: una piccola sosta, nella strage sociale, può essere accettata dal padrone o addirittura da lui consigliata». Non a caso, lo spread è in discesa “politicamente”, «in attesa di ripartire dopo il 25 di maggio, se non si rispetteranno i parametri e i trattati europei». Tutto già deciso? Sì, con un’unica variabile: il voto. Il Pd deve “tenere”, a tutti i costi, evitando una débacle elettorale, per restare in sella e completare il piano di devastazione neoliberista e neo-feudale dell’Italia.Sei un dipendente pubblico e stai per votare Renzi, che ti ha promesso quegli 80 euro? Fa’ pure, ma sappi che – superato lo scoglio delle europee – il governo taglierebbe qualcosa come 200.000 posti di lavoro nel pubblico impiego, se non 250.000. Tanti i dipendenti a rischio, secondo voci riservate colte da Eugenio Orso tra i “dissidenti” del Pd («non rivelo la fonte, non posso, ma tutto questo rende l’idea del piano contro l’Italia, per eseguire il quale si è scelto proprio il Pd»). A Renzi è stato dunque “ordinato” di tagliare centinaia di migliaia di posti nel pubblico impiego? Sì, «con buona pace degli 85.000 pensionamenti anticipati 2014 e dei pre-pensionamenti annunciati a suo tempo dal ministro Marianna Madia». Inoltre, l’espulsione dei “vecchi” dal pubblico impiego «non libererà posti di lavoro in egual misura per i giovani disoccupati». E se ancora non bastasse, «ci sia avvierà a un blocco praticamente perpetuo delle retribuzioni nel pubblico impiego». Domanda: «Se i dipendenti pubblici sapessero tutto questo, voterebbero alle europee per il Pd e per le veline-capolista di Renzi?».
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Borghi: voto per recidere il cancro mortale chiamato euro
Da quando si tengono le elezioni europee, tutti i partiti che si presentano agli elettori dicono di voler cambiare l’Europa. Peccato che dagli inizi degli anni ‘80 l’Europa sia sempre cambiata in peggio, perché nessuno ha mai affrontato il cuore del problema, vale a dire la gestione accentrata dell’economia attraverso l’imposizione dei cambi fissi prima e l’euro poi: uno strumento che si è rivelato mortale, in quanto metodo di governo per riuscire a mettere in difficoltà alcuni Stati in favore di altri. L’euro è uno zaino dello stesso peso che, però, viene fatto indossare a corridori di corporatura diversa. Non è uguale per tutti. Per chi è più leggero e agile, è uno strumento che lo svantaggia incredibilmente; per chi è più grande e massiccio, è un forte vantaggio relativo. Gli europeisti che, pur di scongiurare l’addio all’euro, dipingono scenari apocalittici? Sono persone che lavorano troppo di fantasia. E per questo, purtroppo, sono in vantaggio.Mi rendo conto che le mie valutazioni rischiano di essere meno affascinanti rispetto al panorama di morte, distruzione e terrore che viene messo in scena da questi signori. Però la teoria economia e il buon senso dicono che si può e si deve uscire dall’euro. Per ottenere un vero cambiamento, bisogna avere i numeri. Qualora riuscisse il miracolo e si realizzasse un Europarlamento a maggioranza euroscettica, probabilmente la Germania se ne andrebbe risolvendo il problema nella maniera più semplice. Se a un giocatore che sta vincendo al poker barando viene puntata la pistola alla tempia, può anche essere che pensi di andarsene pur di portare a casa quanto è riuscito a vincere. Viceversa, se nessuno obietta e tutti lasciano fare, allora quel giocatore andrà avanti a vincere barando. Cercare alleanze in Europa fa dunque parte di un punto cruciale della nostra strategia. Strategia che avrebbe potuto rivelarsi vincente pure in Italia.Nel suo ultimo libro, George Soros ha calcolato che nonostante la crisi economica la Germania sia riuscita a guadagnare oltre 100 miliardi di euro, mentre altri paesi dell’Eurozona andavano gambe all’aria. Effettivamente, dinnanzi al disastro creato dall’euro numerosi economisti italiani non sanno far altro che proporre più Europa, come accorgersi di essere sul punto di morire per avvelenamento e scegliere di prendere altro veleno. Succede proprio in Italia, dove il dibattito è ammorbato da queste bugie. Probabilmente chi gestisce un partito preferisce conservare uno 0,5% piuttosto che perdere qualche elettore per strada dicendo la verità. L’Europa, però, si sta svegliando. In Francia, per esempio, il Front National punta a essere il primo partito con un programma assolutamente aderente a quello portato avanti dalla Lega Nord. Chi vota la Le Pen non è assolutamente di destra, ma ci troviamo di fronte a un elettorato trasversale stufo di questa Europa.In Inghilterra si annuncia l’exploit dello Uk Independence Party: in caso di vittoria, Farage punterà a portare gli inglesi fuori dall’Unione Europea. Troppo spesso viene montata ad arte una certa confusione tra euro e Europa. Chi vuole contrastare l’euroscettismo tende a far credere che essere contro l’euro significhi anche essere contro l’Europa. In realtà, così non è. Tuttavia, bisogna capire quale Europa, perché un’Europa che va contro gli interessi dell’Italia, come probabilmente Farage pensa che sia nei confronti dell’Inghilterra, a noi non piace. Fino ad oggi i tedeschi hanno seguito proprio questo modello facendo solo ed esclusivamente i propri interessi. Se Bruxelles continua a sfornare leggi che indeboliscono la piccola e media impresa e avvantaggiano l’industria tedesca, allora non ci interessa nemmeno l’Europa. Isolazionismo? Stupidaggini! Non si pensi che in Svizzera sia impossibile andare a studiare all’estero o avere le pesche o che non ci sia il roaming dei telefonini! L’associazione e il coordinamento degli Stati europei possono essere serenamente portati avanti senza l’euro, che è uno strumento di divisione, e senza quelle prevaricazioni che vanno a vantaggio esclusivamente di un paese.Negli ultimi anni è sicuramente venuto a mancare un coordinamento volto a contrastare l’emergenza immigrazione. Ma tra un po’ dovremo affrontare un problema ancora più dannoso, cioè l’emigrazione. Se la disoccupazione salirà ancora, tanti giovani italiani saranno costretti ad andarsene. Il governo dovrebbe occuparsi di questo disagio, perché ognuno di noi dovrebbe avere il diritto di lavorare qui e non vedersi costretto a cercare fortuna in giro per il mondo. Il problema delle frontiere è molto più complesso e passa inevitabilmente dal rendere il paese sempre più attraente. La gestione dell’immigrazione è il classico esempio di legiferazione a danno dell’Italia: in quanto paese di frontiera, dobbiamo sottostare a regole assurde di accoglienza ma non siamo in grado di gestire autonomamente questo flusso. L’Italia fa da filtro. L’immigrazione migliore, fatta di persone che vogliono lavorare, persegue verso i paesi del Nord. Qui da noi rimane solo quella peggiore, fatta di delinquenti. Insomma, il lavoro sporco è come sempre nostro, mentre i vantaggi vanno ad altri.Alla Bce è stato dato un solo mandato: mantenere basso il livello di inflazione. Un problema molto relativo, che è stato assurto a concetto base. Ma se si guarda a quello che potrebbe essere un successo (un tasso del 2% per tutta l’Eurozona), in realtà a livello locale la situazione è ben diversa. Il fatto che ci sia una scarpa che sia uguale per tutti quando i numeri dei piedi sono differenti, fa capire quanto non funzioni questa Europa. Ancora oggi c’è tantissimo che non viene detto e, per questo, quando giro per l’Italia trovo sale strapiene di gente che viene a sentir parlare di economia. Questo deficit di conoscenza non può essere colmato con le battute nei talk show. Si tratta, infatti, di argomenti spinosi che devono essere spiegati a parole e visti con immagini. Pochissimi fanno vedere cosa succede in Grecia, pochissimi fanno vedere come sta aumentando la disoccupazione in Francia. Questo perché c’è una informazione di regime che tramuta qualsiasi tipo di notizia, anche male interpretata ma che può essere vista come positiva, come un trionfo dell’Europa.Chi tira i fili in questa operazione? In primo luogo c’è chi ha un interesse diretto. Se il nostro vicino ha qualcosa che ci piace, di sicuro non gli auguriamo il successo ma speriamo in un rovescio economico per potergliela comprare per un tozzo di pane. I paesi europei più ricchi hanno industrie interessate alle ricchezze italiane. E, guarda caso, sono gli stessi che pagano l’informazione. In secondo luogo ci sono quelli che inizialmente in buona fede hanno spinto per entrare in Europa e che ora, davanti allo sfacelo, sono prigionieri dei propri errori. Non ammetteranno mai di aver sbagliato. E tantomeno chiederanno mai scusa.(Claudio Borghi Aquilini, dichiarazioni rilasciate ad Andrea Indini per l’intervista “Così l’Italia uscirà dall’euro”, pubblicata da “Il Giornale” il 28 aprile 2014. Il professor Borghi Aquilini, economista dell’Università Cattolica di Milano, è candidato come indipendente per la Lega Nord alle elezioni europee: «Una volta tanto andiamo al cuore del problema», dice. «Non si tratta di un programma vago in cui ci si propone di battere i pugni sul tavolo per far sentire la propria voce o per chiedere riforme. Noi puntiamo a recidere la catena che ci tiene bloccati».Da quando si tengono le elezioni europee, tutti i partiti che si presentano agli elettori dicono di voler cambiare l’Europa. Peccato che dagli inizi degli anni ‘80 l’Europa sia sempre cambiata in peggio, perché nessuno ha mai affrontato il cuore del problema, vale a dire la gestione accentrata dell’economia attraverso l’imposizione dei cambi fissi prima e l’euro poi: uno strumento che si è rivelato mortale, in quanto metodo di governo per riuscire a mettere in difficoltà alcuni Stati in favore di altri. L’euro è uno zaino dello stesso peso che, però, viene fatto indossare a corridori di corporatura diversa. Non è uguale per tutti. Per chi è più leggero e agile, è uno strumento che lo svantaggia incredibilmente; per chi è più grande e massiccio, è un forte vantaggio relativo. Gli europeisti che, pur di scongiurare l’addio all’euro, dipingono scenari apocalittici? Sono persone che lavorano troppo di fantasia. E per questo, purtroppo, sono in vantaggio.