Archivi degli autori 
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Petrini: fermiano le ruspe, stop al massacro dell’Italia
Fermare le ruspe, o l’Italia sarà perduta. Parola d’ordine: stop al consumo del territorio. A lanciare l’allarme è Carlo Petrini, fondatore di “Slow Food”: se il cemento divorerà altra terra, avremo un paese devastato e senza più cibo. «Se la terra agricola sparisce, il disastro è alimentare, idrogeologico, ambientale, paesaggistico. E’ come indebitarsi a vita e indebitare i propri figli e nipoti per comprarsi un televisore più grosso: niente di più stupido». Petrini lancia una proposta di riforma: una moratoria nazionale contro il consumo di suolo libero. Un appello che parta dai cittadini, con una raccolta di firme, e sia poi raccolto dal governo. Ora o mai più: perché l’Italia sta già soffocando nel cemento e domani sarà troppo tardi.
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La mitologia di Silvio e il virus della prostituzione universale
La mia tesi è quella che quest’uomo non è una canaglia, almeno non in primis, non è demoniaco. Lui ha un altro problema: non è normale, in tutti i sensi, ossia è a modo suo straordinario, extra-ordinario, eccedente in tutto e onnivoro nel suo desiderio, ma completamente dominato da questa debordanza ipocondriaca. È un quasi-psicopatico che vuole, oppure è costretto a prendere alla lettera le sue ossessioni metaforiche. Ricordate il serial killer che squarta le sue vittime una dopo l’altra, perché deve prendere il loro cuore, letteralmente, deve dare carne alla sua fantasia desiderante?
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Gogna-sexgate: Berlusconi ridotto a zimbello del mondo
A Berlusconi dice di aver chiesto 5 milioni per tacere, la giovanissima “Ruby” – minorenne all’epoca degli incontri nella villa di Arcore – ora al centro dell’ultimo devastante sexgate che sta facendo traballare il premier. Secondo le carte dell’inchiesta milanese, che ipotizza un giro di prostituzione all’ombra del Cavaliere, Lele Mora avrebbe ricevuto un milione e mezzo, versando migliaia di euro alla minorenne. Ed Emilio Fede, direttore del Tg4 e storico sodale di Berlusconi, al telefono con Nicole Minetti racconta invece di averne dati 10.000 a un’altra ragazza perché non divulgasse le foto scattate col cellulare. La bufera politica raggiunge la massima intensità: può un uomo simile guidare un paese come l’Italia?
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Futuro e dignità: Torino merita un sindaco targato Fiom
La ribellione della dignità. Così viene letta, da ampi strati dell’opinione pubblica, l’orgogliosa e temeraria reazione degli operai di Mirafiori che nonostante l’aperto ricatto di Marchionne (o si lavora alle mie condizioni, o si chiude) hanno osato dire no al nuovo modello imposto dall’azienda: meno diritti per chi è alla catena di montaggio, vietato protestare. Come minimo, vista l’inattesa risposta degli operai – la Fiat e i fautori del “sì” si aspettavano un plebiscito, almeno l’80% dei consensi – ora sarebbe interessante valutare il peso elettorale, per il Comune di Torino, di un leader della Fiom. Cosa accadrebbe se alle primarie scendesse in campo un sindacalista del peso di Giorgio Airaudo?
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La legge del più forte: il vuoto di Mirafiori fa paura
Impiegati da una parte, operai dall’altra. Il referendum della Fiat è passato per pochi voti e ha spaccato in due i lavoratori. Ha creato un vuoto pericoloso che sarà in qualche modo riempito. I lavoratori che si sono opposti al piano (misterioso) di Marchionne sono senza rappresentanza politica, senza riferimenti. In questo sabato mattina Torino, con il suo cielo grigio e nuovi spartacus per le strade, persone che hanno messo in gioco la loro dignità e hanno perso, è un inizio di qualcosa che ci è ignoto.
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Crisi e paura: aborti in aumento nel Sud senza lavoro
La crisi nemica dei bambini. Ne nascono pochi e, in proporzione, gli aborti (tra volontari e spontanei) sfiorano il 40 per cento. Com’è difficile pensare a una famiglia quando le fabbriche chiudono, l’incubo della cassa integrazione e della mobilità non dà un attimo di tregua e il futuro appare sempre più grigio. Senza prospettive. E chi una famiglia già ce l’ha non pensa certo ad allargarla. Nel Sulcis Iglesiente dilaniato dall’emergenza lavoro, un territorio con spiagge e vegetazione mozzafiato nella zona sud-occidentale della Sardegna, dove gli abitanti sono circa 150 mila e l’esercito di disoccupati sfiora i 30 mila, le interruzioni di gravidanza volontarie avvengono prevalentemente per colpa della crisi.
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Mirafiori, no a Marchionne: il futuro non sarà neo-feudale
L’immensa saggezza dei lavoratori della Fiat ha consegnato al dibattito pubblico un risultato del referendum praticamente perfetto. La risicata vittoria del “sì”, ottenuta grazie al plebiscito pro-Marchionne degli impiegati, impedisce la fuga dall’Italia della produzione dell’auto e al tempo stesso impone all’azienda la necessità di riaprire il confronto con la Fiom. Il risultato parla con chiarezza. Il voto di una impressionante minoranza ha sbarrato la strada alla pretesa di Marchionne di avere una piena disponibilità della forza lavoro attraverso la cancellazione dal panorama della fabbrica di uno dei sindacati più rappresentativi: impossibile escludere la Fiom, ma neppure ignorare la straordinaria partecipazione al voto.
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Mirafiori, operai con la Fiom: vince il Sì degli impiegati
«La maggioranza degli operai ha detto “no”: è un atto di coraggio eccezionale e una colossale sconfitta politica e morale per Marchionne e i suoi sostenitori». Così Giorgio Cremaschi della Fiom commenta l’esito del voto a Mirafiori, maturato solo all’alba del 15 gennaio dopo una intera notte di scrutinio: ha vinto il “sì” con un margine sottolissimo (54,05%) e solo grazie al quinto seggio, quello degli impiegati, che ha ribaltato il verdetto degli operai, in maggioranza contrari all’accordo firmato il 23 dicembre da Film e Uilm insieme a Fismic, Ugl e associazione quadri. A votare “sì” sono stati 2.735 dipendenti, mentre il “no” si è fermato a 2.325 schede, pari al 45,95%.
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Ben Alì: fuga del dittatore affarista inventato dall’Italia
E’ finita come una storia d’altri tempi, di quando i dittatori se ne scappavano furtivamente in aereo portando in valigetta i numeri dei conti correnti svizzeri. «E’ un’assenza temporanea», dicono, naturalmente, i suoi sodali, ma lui, il genenale Zine El-Abidine Ben Ali, difficilmente lo rivedremo a Tunisi. Molto difficilmente, perché la sua storia di 23 anni di potere assoluto finisce qui. Non amava la divisa, il generale, benché militare lo fosse fin dentro l’anima, con la costruzione d’una carriera passata attraverso le accademie d’armi di Francia e Usa. Ma i suoi interessi si erano concentrati da subito sui servizi di sicurezza, e tra spie e dossier è raro vedere uniformi militari.
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Cultura civile per l’Italia, dalla valle che resiste alla Tav
Riattivare la cittadinanza, narcotizzata dalla televisione e dai media “disattenti”: è l’obiettivo della maratona culturale “Il Grande Cortile”, che in realtà si rivolge a una fetta di cittadini già da tempo iper-attivi: i valsusini che si battono contro il progetto Torino-Lione per l’alta velocità ferroviaria. Non solo con sfilate e convegni, cortei e presìdi territoriali, ma anche con l’arma civile della cultura: da Paolo Rumiz a Maurizio Pallante, da Marco Revelli a Guido Viale, da Salvatore Settis a don Nandino Capovilla, fondatore di Pax Christi. Dal 14 gennaio, “Il Grande Cortile” apre i battenti per ragionare sui temi-chiave di un presente, di una realtà che sembrava scomparsa dalle cronache: lavoro, ambiente, futuro.
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Il Pd si decida: senza Marchionne non ci sarebbe più la Fiat
Se malauguratamente a Mirafiori vincesse il no, il governo dovrebbe convocare un tavolo per trovare un rimedio. Anche se sarebbe molto difficile farlo. Come ha ben spiegato Marchionne, le auto che vanno vendute sulla “piazza” internazionale hanno bisogno di essere prodotte con modalità e tempi coerenti con la domanda dei mercati. A Torino la gente è infastidita dal tentativo di politicizzare una questione sindacale, economica e sociale. E soprattutto la città sa che Marchionne è stato l’uomo che ha salvato il Gruppo Fiat e che, insieme agli enti locali, ha impedito la chiusura di Mirafiori. Nel 2003-2004 Mirafiori era praticamente chiusa. Al punto che c’erano già alcune proposte per riconvertire quell’area persino in un mastodontico parco divertimenti. Una specie di Gardaland di Torino, non so se mi spiego. Quanto a Marchionne, rimane l’uomo che ha preso quella macchina ingrippata che era diventata la Fiat e l’ha salvata.
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Tunisi, il regime si arrende alla rivolta popolare
Dopo quasi un mese di rivolta per il pane e 66 morti nelle piazze, il regime tunisino si è arreso: il “presidente benevolo”, ribattezzato “il Pinochet arabo” dai blogger indipendenti del Medio Oriente, il 13 gennaio ha annunciato in televisione la propria capitolazione, scatenando l’entusiasmo popolare nelle strade nonostante il coprifuoco. Dopo voci che davano per imminente il ricorso all’esercito, Ben Alì – forse dissuaso proprio dai militari, non disponibili a schierare i carri armati – ha annunciato che nel 2014 metterà fine al proprio regno che dura da 23 anni. E intanto ha esaudito le pressanti richieste della folla, inferocita dalla fame e dalla brutale repressione: saranno calmierati i prezzi del pane, del latte e dello zucchero.