Archivi degli autori 
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Mafia, 7 anni a Dell’Utri: la Cupola e l’ascesa di Fininvest
Concorso esterno in associazione mafiosa: condannato anche in appello (7 anni di reclusione) il senatore Marcello Dell’Utri, “architetto” politico di Forza Italia. Secondo l’accusa, Dell’Utri avrebbe avuto rapporti con personaggi di spicco di Cosa Nostra come Stefano Bontate, Mimmo Teresi e Vittorio Mangano, poi finito come “stalliere” nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi. Rapporti che sarebbero serviti a Dell’Utri per assicurarsi la “protezione” mafiosa per operazioni finanziarie e imprenditoriali da lui gestite per sé e nell’interesse delle società di Berlusconi. In cambio, i boss avrebbero trovato la strada spianata verso i salotti buoni della finanza milanese e nazionale.
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Gaza e Turchia, le mosse di Israele per colpire l’Iran
Israele è ormai pronto ad attaccare l’Iran: a breve, sotto la presidenza Obama e con il tacito consenso di Russia e Cina. Lo dicono tutte le recenti mosse compiute sullo scenario mediorienale e mondiale: l’attacco al convoglio navale Freedom Flotilla per “avvertire” la Turchia, contraria insieme al Brazile alle sanzioni contro Teheran, lo stop delle forniture russe per la difesa iraniana, l’annuncio esplicito di Tel Aviv a Pechino: Israele si prepara a colpire militarmente il regime degli ayatollah. Una crisi più che annunciata, anche se nessuno la vuol vedere. E niente, pare, la potrà fermare.
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Karzai restituisce l’Afghanistan ai killer di Massoud?
Pur di uscire dal pantano afgano, gli Stati Uniti sarebbero pronti a lasciare l’Afghanistan in mano ai talebani e al Pakistan. Dopo aver rinunciato a lanciare l’offensiva di Kandahar, l’amministrazione Obama – nonostante lo scetticismo di facciata – starebbe di fatto avallando i negoziati tra Karzai e talebani, apertamente mediati dai vertici militari pachistani. Lo stato maggiore dell’esercito e dell’Isi, i servizi segreti del Pakistan, stanno facendo la spola tra Islamabad e Kabul per promuovere un accordo politico tra Karzai e i talebani della famigerata rete di Haqqani, cui fa capo la resistenza afghana nel sud-est del paese.
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Libertà web, allarme Usa: una legge per oscurare Internet
Al presidente Obama sarà attribuito il potere di spegnere Internet per almeno quattro mesi senza alcun controllo del Congresso se il Senato approverà l’infame disegno di legge sull’«interruttore killer» di Internet, che è stato approvato ieri da una commissione chiave del Senato e ora va in plenaria. La legge di protezione del ciberspazio quale risorsa strategica nazionale, che viene spinta con forza dal senatore Joe Lieberman, conferirebbe un potere assoluto in capo al governo federale Usa nel chiudere le reti e bloccare il traffico in entrata a Internet da alcuni paesi nel quadro di una dichiarata emergenza nazionale.
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Russia, tutti spiati: torna l’impero del Kgb
La risposta del Cremlino ai recenti attacchi del fondamentalismo islamico nel Caucaso passa attraverso due provvedimenti legislativi che estenderanno i poteri dei servizi segreti, consentendo all’Fsb di usare la mano pesante non solo contro gli accusati di terrorismo, ma anche contro attivisti e parlamentari di partiti dell’opposizione. La nuova legislazione mette anche in discussione l’operato di Medvedev, che dal momento della sue elezione, nel 2008, ha lavorato per attuare una politica liberale e più tollerante nei confronti soprattutto dei membri dell’opposizione.
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Unità d’Italia e pulizia etnica: Fenestrelle, lager Savoia
Cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia. La prima pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1863 “per la repressione del brigantaggio nel Meridione”. Questa legge istituiva, sotto l’egida savoiarda, tribunali di guerra per il Sud ed i soldati ebbero carta bianca: le fucilazioni, anche di vecchi, donne e bambini, divennero cosa ordinaria e non straordinaria. Un genocidio la cui portata è mitigata solo dalla fuga e dall’emigrazione forzata, nell’inesorabile comandamento di destino: “O briganti, o emigranti”.
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Mentana a La7, la Nazionale dell’informazione Tv
«Ora che gli azzurri senza Balotelli, Totti, Cassano e Materazzi sono stati eliminati (forse anche a causa degli auguri ricevuti in extremis da Umberto Bossi), possiamo occuparci di un’altra squadra cresciuta in questi anni, senza troppo dare nell’occhio, con modestia e appartatezza, mentre gli altri gufavano scommettendo sul fallimento del terzo polo televisivo italiano». Così Gad Lerner saluta l’arrivo di Enrico Mentana alla guida del Tg de La7, massima espressione di un team che, «sul campo delle news e dell’approfondimento giornalistico», schiera «personalità diverse tra loro, diverse collocazioni politiche e culturali, varie tonalità di linguaggio ma una caratteristica in comune: a La7 le notizie si danno. Tutte. Comprese quelle che altrove non si danno».
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Afghanistan, svolta di Obama: arriva lo stratega di Baghdad
Il generale David Petraeus, stratega della stagione post-bellica in Iraq, al posto del “ribelle” Stanley McChrystal, insofferente verso i limiti imposti dalla Casa Bianca al punto da rivolgere insulti a Barack Obama attraverso l’ormai celebre intervista pubblicata da “Rolling Stone”, nella quale il comandante delle forze Nato in Afghanistan ha accusato Washington di incompetenza. Con qualche giorno di anticipo sull’evoluzione della crisi – e l’inevitabile liquidazione di McChrystal da parte di Obama – il generale Fabio Mini, già a capo della missione internazionale in Kosovo, ha indicato a “PeaceReporter” la soluzione in arrivo: via il rozzo McChrystal, per fare posto a Petraeus, generale più adatto al tipo di gestione, tattica ed elastica, che l’Afghanistan impone e che Washington auspica.
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«Hanno ammazzato Saviano», la copertina di Max
Un po’ Cristo morto del Mantegna un po’ Aldo Moro nel bagagliaio della Renault, ma tra i corpi martoriati evocati dalla foto choc pubblicata dal mensile “Max” in edicola venerdì 24 giugno non c’è solo quello di Pier Paolo Pasolini sul litorale di Ostia, ma anche quello di Roberto Saviano, disteso su un lettino da obitorio, il sudario verde, i ferri che gli sostengono la testa, al piede il funereo cartellino identificativo. Trattasi ovviamente di fotomontaggio, elaborazione in Photoshop firmata dallo specialista Gian Paolo Tomasi. Un pugno allo stomaco, che sta già innescando molte inevitabili polemiche.
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Maggiani: rimpiangeremo il Dio di Saramago
E se ne è andato, avendolo dichiarato per tempo in questo modo così definitivo da pensare che lo abbia fatto senza lasciarsi alle spalle alcun rimpianto, nella pienezza dell’uomo che è stato. Ad avvisarmi che è morto è stata la mia compagna, che è una sua fan scatenata e non ha mai in cuor suo desistito dall’idea di andare un giorno a cercarlo a Lanzarote e convincerlo a sposarla, Pilar o non Pilar. Credo che glielo avrei lasciato fare senza rancore, avendo il senso delle proporzioni e sapendo con certezza che è il più grande tra i viventi. Lo era fino a un attimo fa. Mi ha parlato tirando sul col naso le lacrime che stava piangendo, ma alla fine la sua voce si è fatta sorridente e ha concluso la telefonata così: beh, certo non si può dire che sia morto in grazia di Dio.
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Ora basta, aprite gli archivi: chi ha assassinato Sankara?
A quando la verità sul brutale omicidio politico di Thomas Sankara, rivoluzionario presidente del Burkina Faso e apostolo del riscatto dell’Africa? «Se il Burkina Faso sarà solo nel chiedere l’annullamento del debito – disse nell’estate 1987 al vertice africano di Addis Abeba – io l’anno prossimo non sarò più qui a questa conferenza». Meno di tre mesi dopo, fu trucidato mentre era al lavoro nel suo ufficio. Un nuovo appello internazionale ora chiede l’apertura di un’inchiesta indipendente su quello che fu un assassinio annunciato: fu lo stesso Sankara a paventare l’eliminazione fisica dei leader africani decisi a rompere le catene neo-coloniali della schiavitù finanziaria.
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Bp, azioni cedute prima del disastro: qualcuno sapeva
La falla petrolifera da cui si spilla la marea nera nel Golfo del Messico risale davvero al 20 aprile 2010? È veramente da allora, dal giorno in cui una grande esplosione ha danneggiato la piattaforma semisommergibile Deepwater Horizon, che tutto è cominciato? Di certo, l’enormità del disastro ecologico si traduce – ogni giorno da quel giorno – in tanti nuovi dollari da far sborsare alla Bp (British Petroleum). Chi possiede quelle azioni perciò le vende, perché nel firmamento del rating oggi hanno meno stelle di ieri, e domani ne avranno ancora meno di oggi.