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Magaldi: la mafia dei media tace sulla massoneria che conta
Comodo, sparare a man salva sulle piccole massonerie regionali: funziona a meraviglia, come escamotage per non parlare mai dell’unica massoneria che conti davvero, quella sovranazionale, a cui Gioele Magaldi ha dedicato il bestseller “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere. Nomi e cognomi, indicazioni mai smentite: «E’ anche grazie a quel libro, citato in Parlamento dai 5 Stelle, se poi Napolitano s’è dovuto dimettere, dopo aver insediato Monti alla guida del governo su mandato delle aristocrazie massoniche più reazionarie». Magaldi presenta Napolitano come un esponente di spicco della superloggia “Three Eyes”, «di cui la P2 di Gelli era stata la succursale italiana». Precisa l’autore: «Posso documentare ogni mia affermazione: dispongo di 6.000 pagine di dossier». Nessuno, però, ha mai preteso di visionare quei documenti. E’ più facile, semmai, riesumare il fantasma di Gelli per parlare della massoneria in termini generici e persino criminologici, sulla scorta di inchieste molto mediatiche come quella sull’ipotetica connessione tra logge e ‘ndrangheta, in Calabria, attorno alla figura di Giancarlo Pittelli. In attesa che le indagini proseguano, Magaldi resta prudente: «Troppe volte, dopo l’iniziale polverone suscitato dai media, non è emerso nulla di sostanziale, per il paese: neppure l’indagine “Minotauro” condotta da Agostino Cordova pervenne ad alcunché di clamoroso».«Intendiamoci: la mafia è profondamente radicata nelle regioni del Sud», premette Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Ma attenzione: «Del contrasto a Cosa Nostra negli anni ‘90 beneficiò la ‘ndragheta calabrese, e tuttora vive indisturbata la potentissima mafia cinese, di cui nessuno parla mai». Singoli massoni implicati in trame malavitose in Calabria? Magaldi denuncia la ricorrente inclinazione dei media ad associare la massoneria alla mafia, nel Meridione, ogni volta che qualche massone risulta coinvolto in indagini. Un discriminazione che gli pare inaccettabile: «Se a essere indagato fosse un esponente cattolico, chi sarebbe così stupido da criminalizzare, solo per questo, tutti i cattolici?». Aggiunge Magaldi: «Se diciamo che ogni siciliano puzza di mafia e ogni calabrese puzza di ‘ndrangheta, allora demonizziamo tutti». Inutile aggiungere che «ci sono fior di siciliani e di calabresi che, oltre a essere ottimi cittadini, sono anche massoni». Non solo: «Erano massoni anche fior di giudici morti ammazzati, eroici combattenti antimafia». Insiste Magaldi: il connubio mafia-massoneria, presentato come qualcosa di fisiologico, «esiste solo nei sogni di qualche giornalista ignorante e di qualche magistrato che spesso prende lucciole per lanterne».Un ruolo decisivo, in questa deformazione ottica, sarebbe rivestito proprio da certa stampa: «Troppi articoli di giornale – afferma Magaldi – sono scritti da gente che di massoneria non sa e non capisce nulla. E forse (e questo è ancora più grave) di massoneria capisce poco o nulla anche la magistratura. O fa finta di non capire? Non lo so». Già “venerabile” della loggia Monte Sion del Grande Oriente d’Italia e ora “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, snodo italiano del network supermassonico sovranazionale di segno progressista, Magaldi si rivolge direttamente ai giudici: «Sono a disposizione per spiegare alla magistratura che, se vuole indagare su gravi danni arrecati alla collettività, allora bisogna che scavi tra le privatizzazioni fatte negli anni ‘90, in Italia: perché lì ci sono danni molto più grandi di quelli che possa procurare qualunque intreccio tra massonerie di “peones” e malavite scalcinate». Messa tra parentesi l’indagine in corso nel Vibonese, Magaldi attacca: «Provate a chiedere ai giornali che si parli dei livelli massonici che hanno consentito a Romano Prodi e a Mario Draghi di privatizzare in modo osceno importanti asset italiani, e di stabilire un rapporto svantaggiosissimo per l’Italia rispetto all’Eurozona e all’Unione Europea».Curioso: oggi, Prodi e Draghi stanno per contendersi la poltronissima del Quirinale, puntando a prendere il posto di Mattarella. Due opzioni decisamente opposte: con ostantato candore, il veterano Prodi (sabotatore dell’Iri e già presidente della Commissione Europea) fa allegramente il tifo per le Sardine, riducendo il problema-Italia alla “fenomenologia di Salvini”, mentre Draghi – al contrario – ammette di aver fatto, per trent’anni, il contrario dell’interesse nazionale. L’ex presidente della Bce si mostra “pentito” delle maxi-privatizzazioni imposte al paese quando era direttore generale del Tesoro. Da governatore di Bankitalia – aggiunge Magaldi – Draghi non vigilò sul Montepaschi quando la banca senese si stava avventurando in operazioni spericolate. Non solo: Anna Maria Tarantola, la titolare della vigilanza in Banca d’Italia, fu promossa alla guida della Rai «dal massone Monti, insediato a Palazzo Chigi con l’aiuto dei “fratelli” Napolitano e Draghi». Questa, ribadisce Magaldi, è la massoneria che conta: «Provate a dire una cosa del genere, e vedrete se i media oseranno parlare di certe reti massoniche neoaristocratiche, sovranazionali e potentissime (altro che i quattro boss di Vibo Valentia)».Vero: il sistema-media continua a ignorare gli avvertimenti di Magaldi. E persino quelli di Draghi: apprestandosi a lasciare la Bce, il super-banchiere europeo ha infatti rilasciato dichiarazioni clamorose, prefigurando la necessità di un cambio di rotta rivoluzionario. Fine del rigore, e della scarsità artificiosa di moneta. Draghi ha parlato di eurobond per azzerare lo spread e addirittura dell’eventualità di ricorrere alla Modern Money Theory, che – mediante emissione monetaria virtualmente illimitata – autorizzerebbe gli Stati a ricorrere a robusti deficit per rilanciare l’economia. «Inoltre, in privato – aggiunge Magaldi – lo stesso Draghi ha bussato ai circuiti massonici progressisti: chiede di essere appoggiato, per poter usare la sua autorevolezza (nazionale e internazionale) per rimediare al disastro che ha contribuito a creare, obbedendo ai diktat neoliberisti degli ultimi decenni che hanno provocato la grande crisi europea e il declino economico dell’Italia». E i giornali? Buio pesto: «Silenzio: omertà mafiosa, da parte dei media, su questi temi». Altro che titoloni sul binomio “mafia e massoneria” in Calabria. «Questa è la vera mafia», accusa Magaldi: «E’ l’omertà mafiosa dei media sui temi che riguardano davvero le dinamiche più importanti del potere».Comodo, sparare a man salva sulle piccole massonerie regionali: funziona a meraviglia, come escamotage per non parlare mai dell’unica massoneria che conti davvero, quella sovranazionale, a cui Gioele Magaldi ha dedicato il bestseller “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere. Nomi e cognomi, indicazioni mai smentite: «E’ anche grazie a quel libro, citato in Parlamento dai 5 Stelle, se poi Napolitano s’è dovuto dimettere, dopo aver insediato Monti alla guida del governo su mandato delle aristocrazie massoniche più reazionarie». Magaldi presenta Napolitano come un esponente di spicco della superloggia “Three Eyes”, «di cui la P2 di Gelli era stata la succursale italiana». Precisa l’autore: «Posso documentare ogni mia affermazione: dispongo di 6.000 pagine di dossier». Nessuno, però, ha mai preteso di visionare quei documenti. E’ più facile, semmai, riesumare il fantasma di Gelli per parlare della massoneria in termini generici e persino criminologici, sulla scorta di inchieste molto mediatiche come quella sull’ipotetica connessione tra logge e ‘ndrangheta, in Calabria, attorno alla figura di Giancarlo Pittelli. In attesa che le indagini proseguano, Magaldi resta prudente: «Troppe volte, dopo l’iniziale polverone suscitato dai media, non è emerso nulla di sostanziale, per il paese: neppure l’indagine “Minotauro” condotta da Agostino Cordova pervenne ad alcunché di clamoroso».