Archivio del Tag ‘Amatrice’
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Apocalisse Abruzzo, il Giappone sovrano invece è già risorto
Centinaia di vittime, migliaia di persone isolate dalla neve, rimaste al freddo e al buio. E il governo costretto a implorare Bruxelles per poter ampliare di qualche decimale la spesa, in modo da metter qualche toppa nell’immane catastrofe del terremoto, che fa da sfondo alle mille sciagure che stanno martoriando l’Italia centrale. Ma c’è un paese che ha patito l’apocalisse, un disastro cento volte maggiore, e ne è uscito a tempo di record: il Giappone. Come ha fatto? Semplice: disponendo di moneta sovrana. E’ tutta lì la differenza, scrive Paolo Barnard, ricordando che venerdì 11 marzo 2011, a colpire il paese del Sol Levante fu forse il più devastante terremoto della storia moderna: 15.000 morti accertati, più 5.000 feriti e altrettanti “dispersi”, sepolti dalle macerie o inghiottiti dallo tsunami. Altrettanto spaventosi i danni all’economia nazionale, pari ad almeno 250 miliardi di dollari, tanto da farne la catastrofe naturale più costosa di sempre, come scrisse il “New York Times”. La reazione del governo di Tokyo? Fulminea: grazie a quasi 200 miliardi immediatamente m messi a disposizione del paese, emessi dalla banca centrale.Appena 60 ore dopo quell’olocausto, scrive Barnard nel suo blog, i servizi idrici ed elettrici furono ristabiliti per il 98% della zona colpita. E 72 ore dopo la tragedia la Banca del Giappone iniettò 181 miliardi di dollari di denaro di Stato nella casse delle banche giapponesi come stop immediato a un tracollo finanziario. «Con una ricostruzione stimata sui 128 miliardi di dollari, il governo giapponese si accordò con l’opposizione per un esborso totale di 230 miliardi di dollari», ricorda Barnard. «Per compensare le vittime del disastro nucleare causato dal sisma nella centrale di Fukushima, il governo di Tokyo sborsò 20,6 miliardi di dollari alla Tokyo Electric Power Company, l’azienda responsabile della centrale». Tutto questo fu possibile perché il governo nipponico «non doveva chiedere il permesso a Bruxelles per spendere».In altre parole, «non doveva belare a Bruxelles che c’erano degli umani che crepavano». Non c’era bisogno di invocare la pietà di nessuno, perché «il Giappone è sovrano nella spesa per l’Interesse Pubblico, non prende ordini da Juncker». Ma gli italiani, che – annota Barnard – ha «scongiurato per anni di capire che la loro vita non è appesa ai 104 indagati del Pd, a Mafia Capitale, a Grillo», non hanno capito che la loro sopravvivenza reale «è appesa alla sovranità di Stato per l’interesse pubblico», basata sulla possibilità teoricamente illimitata di emettere denaro all’occorrenza, quanto basta per tenere in piedi la nazione, evitando di aggiungere dolore alla tragedia. «Ci hanno mai premiati», gli italiani? «No», commenta Barnard, con amarezza, dopo aver lottato per anni contro la “dittatura” dell’Eurozona. «Ci hanno uccisi regalandoci ascolti del 1,2% in Tv, e anche meno», scrive, alludendo alle sue (sofferte) partecipazioni al programma “La Gabbia”, condotto su La7 da Gianluigi Paragone. «E allora “buon Abruzzo”, Italians», conclude Barnard, con una citazione storica presa in prestito dalla Rivoluzione Francese: «“Hai i diritti per cui sei stato capace di lottare”, disse quell’uomo in Francia nel 1789».Centinaia di vittime, migliaia di persone isolate dalla neve, rimaste al freddo e al buio. E il governo costretto a implorare Bruxelles per poter ampliare di qualche decimale la spesa, in modo da metter qualche toppa nell’immane catastrofe del terremoto, che fa da sfondo alle mille sciagure che stanno martoriando l’Italia centrale. Ma c’è un paese che ha patito l’apocalisse, un disastro cento volte maggiore, e ne è uscito a tempo di record: il Giappone. Come ha fatto? Semplice: disponendo di moneta sovrana. E’ tutta lì la differenza, scrive Paolo Barnard, ricordando che venerdì 11 marzo 2011, a colpire il paese del Sol Levante fu forse il più devastante terremoto della storia moderna: 15.000 morti accertati, più 5.000 feriti e altrettanti “dispersi”, sepolti dalle macerie o inghiottiti dallo tsunami. Altrettanto spaventosi i danni all’economia nazionale, pari ad almeno 250 miliardi di dollari, tanto da farne la catastrofe naturale più costosa di sempre, come scrisse il “New York Times”. La reazione del governo di Tokyo? Fulminea: grazie a quasi 200 miliardi immediatamente m messi a disposizione del paese, emessi dalla banca centrale.
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Maggiani: la rovina del mondo e il cuore dei nostri giovani
Cinquant’anni fa come oggi mio padre mi ha chiuso in casa a chiave, lo ha fatto in via precauzionale, volevo andare a Firenze, avevo quindici anni. Volevo andare all’alluvione, volevo salvare Firenze assieme a quelli più grandi di me, volevo andare alla grande avventura dei ragazzi che salvano il mondo. Questo vedevo mentre chiuso in casa piangevo come un bambino, che Firenze sarebbe stata rimessa a nuovo senza di me, che mi era negata una meravigliosa avventura, e siccome quell’avventura non avrebbe mai avuto fine, anche la soddisfazione di salvare subito dopo il mondo intero. Pareva a quel tempo che niente avesse peso per un ragazzo, di certo non il fango, e ogni cosa, anche la più tremenda, accadesse solo per poter mettere alla prova una generazione di energiche, forzute speranze. Oggi so che ero stato cresciuto per pensare a quel modo dall’uomo che per intanto mi aveva chiuso a chiave.Oggi ho tre nipoti, di venti, diciotto e sedici anni, tutti e tre ad agosto e poi in questi giorni volevano andare giù al terremoto, a dare una mano; nessuno li ha chiusi in casa, non ce ne sarebbe stata neppure l’evenienza, non ce li avrebbero voluti attorno, per come sono organizzati adesso i sistemi di soccorso, avrebbero dato solo intralcio e fastidio. Ma il pensiero conta pur sempre qualcosa, e il loro pensiero, ciascuno nella tonalità della sua età, non assomiglia nemmeno un po’ al mio di cinquant’anni or sono. Sarebbero partiti con tutto il cuore, ma il loro non è un cuore leggero, non è colmo di avventurose aspettative, non è un giovane cuore romantico. Il loro è un cuore gravido, pensoso, disincantato.A sedici anni, a diciotto, a venti, il loro cuore conosce il disincanto, la sofferenza del reale. Sarebbero partiti con il cuore carico del peso di una realtà rovinosa, volevano andare perché forse, almeno lì, almeno nelle rovine di sassi e cementi avrebbero potuto metterci una pezza. Almeno lì fare qualcosa che servisse a qualcosa. Mettere delle pezze alla rovina del mondo, almeno loro. Parlano e mi sembra di ascoltare degli adulti, già reduci, già invecchiati da molte sconfitte; li ascolto e non c’è giovinezza. No, la giovinezza gliel’hanno fregata, gliel’ha portata via chi li ha chiusi a chiave, ma con altre chiavi, con altre, perverse, ragioni.(Maurizio Maggiani, “Giovani chiusi a chiave”, dal “Secolo XIX” del 6 novembre 2016, articolo ripreso dal sito ufficiale di Maggiani).Cinquant’anni fa come oggi mio padre mi ha chiuso in casa a chiave, lo ha fatto in via precauzionale, volevo andare a Firenze, avevo quindici anni. Volevo andare all’alluvione, volevo salvare Firenze assieme a quelli più grandi di me, volevo andare alla grande avventura dei ragazzi che salvano il mondo. Questo vedevo mentre chiuso in casa piangevo come un bambino, che Firenze sarebbe stata rimessa a nuovo senza di me, che mi era negata una meravigliosa avventura, e siccome quell’avventura non avrebbe mai avuto fine, anche la soddisfazione di salvare subito dopo il mondo intero. Pareva a quel tempo che niente avesse peso per un ragazzo, di certo non il fango, e ogni cosa, anche la più tremenda, accadesse solo per poter mettere alla prova una generazione di energiche, forzute speranze. Oggi so che ero stato cresciuto per pensare a quel modo dall’uomo che per intanto mi aveva chiuso a chiave.
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Bastardi senza gloria, Tarantino e i valorosi cavalieri del Tav
“Bastardi senza gloria”, un film truculento. Niente a che vedere col cinema di Tarantino lo spettacolo del Parlamento italiano che – inclusi Lega Nord e Fratelli d’Italia – dà il via libera all’ennesimo, “storico” accordo sul Tav Torino-Lione, la grande opera più inutile della storia del pianeta Terra, eccetto che per un dettaglio: è l’unica che riesce a mettere d’accordo Mario Monti e Matteo Salvini, Matteo Renzi e Pierluigi Bersani, Giorgia Meloni e Maria Elena Boschi, Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano. E’ vano chiedersi il perché, così come è perfettamente illusorio sperare che, un giorno, venga finalmente svelato il Mistero del Tav, il super-treno transalpino che tutti (loro) vogliono, senza però saperne mai dimostrare l’utilità. Qualsiasi argomentazione pro-Tav, crolla, da decenni, di fronte alla conta elementare costi-benefici. Servono opere, per rilanciare l’economia? Appunto: cantieri utili, però. Quello invece è notoriamente un binario morto, per merci estinte. Sul quale tuttavia insistono tenacemente la banca, la mafia, la politica.Non sarà mai un set di Tarantino, il Parlamento. Lo conferma il tenore dei commenti dei lettori del “Fatto Quotidiano” all’indomani del voto, a cui si sono inutilmente opposti i 5 Stelle, agitando in aula i fazzoletti NoTav. Il clima è quello che è logico attendersi dopo il referendum del 4 dicembre e il bluff di Pinocchio-Renzi sul suo addio alla politica. Scrive “Così è se vi pare”: «Scusate, ma dopo le dimissioni di Renzi, l’unica priorità della nazione non era la legge elettorale e poi tutti al voto?». E Mara: «Fra 20 anni saranno tutti lì a condannare la schifosa mangianza politica su un’opera già inutile in partenza. Tanto paghiamo noi. E il Pd, al solito, fa la parte del pescecane». La cosa più divertente, scrive Francesco, «è che la Francia non ritiene prioritaria l’opera, non ha nemmeno fissato una data di avvio lavori (ad oggi sono partiti solo i lavori esplorativi) e a quanto pare li avvieranno solo in vista della saturazione della linea attuale…. Cioè, probabilmente, mai». Scherza Mario Poillucci: «Non siate così drastici e intransigenti nei vs commenti!! Bisogna capirli! Le mafie hanno fame! Senza il banchetto luculliano delle olimpiadi cosa resta?».«Vergognosi», sentenzia “Viva Sankara”. «Poi fomentano casi come quello di Roma cercando di mettere in cattiva luce la Raggi e il M5S. Quelli di “sinistra” sono ormai il trastullo delle mafie più patetiche. Ma la colpa di tutto ciò è della base Pd che non si ribella». E, intanto, come andiamo dalle parti di Amatrice? «Ai terremotati quanti soldi?», domanda “Luca Z”. E Andrea Magnaghi, sul traforo in valle di Susa: «Solo 8 miliardi? Se ne spendiamo 15 siamo fortunati». Dunque, fa eco “Zio68”, «tipo il Mose che doveva costare 1 e siamo a 6?». Risponde “Bquadro”: «Costi stimati: 8,3 miliardi. A fine lavori saranno 25!». Ribadisce “Giftzwerg”: «La Tav non serve, l’Italia non lavora, non c´è piú niente da esportare. Hanno esportatto le aziende». E Luca: «Vediamo il lato positivo. I piddins potrebbero prendere questo treno per andarsene a fare danni in un altro paese una volta perse le prossime elezioni». Chiosa Riccardo Revilant: «Questa è l’Italia, un paese con le pezze al culo che non disdegna di spendere miliardi in opere “assolutamente irrinunciabili” ma casualmente con sistematiche infiltrazioni mafiose, costi esorbitanti mai pianificati a dovere e sempre lievitati, studi “contro” che dimostrano l’assurdità dell’opera che verrà comunque fatta».“Bastardi senza gloria”, un film truculento. Niente a che vedere col cinema di Tarantino lo spettacolo del Parlamento italiano che – inclusi Lega Nord e Fratelli d’Italia – dà il via libera all’ennesimo, “storico” accordo sul Tav Torino-Lione, la grande opera più inutile del pianeta Terra, eccetto che per un dettaglio: è l’unica che riesce a mettere d’accordo Mario Monti e Matteo Salvini, Matteo Renzi e Pierluigi Bersani, Giorgia Meloni e Maria Elena Boschi, Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano. E’ vano chiedersi il perché, così come è perfettamente illusorio sperare che, un giorno, venga finalmente svelato il Mistero del Tav, il super-treno transalpino che tutti (loro) vogliono, senza però saperne mai dimostrare l’utilità. Qualsiasi argomentazione pro-Tav, crolla, da decenni, di fronte alla conta elementare costi-benefici. Servono opere, per rilanciare l’economia? Appunto: cantieri utili, però. Quello invece è notoriamente un binario morto, per merci estinte. Sul quale tuttavia insistono tenacemente la banca, la mafia, la politica.
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Astri e radon, prevenire il sisma? Al business non conviene
Prevenire i terremoti? E’ possibile, probabilmente. Ma è inutile contarci: al business, semplicemente, non conviene. Molto meglio l’affare della ricostruzione: frutta tre volte tanto. Idem, in piccolo, la fornitura dei sismografi, appaltata «a precise “famiglie”, vicine alla protezione civile». La denuncia porta la firma dell’avvocato Gianfranco Carpeoro, giornalista e scrittore, ospite della trasmissione web-radio “Border Nights” del 1° novembre, insieme a Stefano Gagliardi e Stefano Calandra, due ricercatori “fai da te”, ormai popolarissimi dopo le previsioni – azzeccate – del sisma di Norcia, basate sulla lettura del cielo. Prevedere i terremoti è possibile, sostengono: il rischio si innalza se aumenta l’allineamento dei pianeti. Non è possibile capire dove il terremoto avverrà? Su questo è forse più preciso il fisico Giampaolo Giuliani, celebre per l’allerta (ignorata) sul terremoto dell’Aquila. Giuliani rileva una stretta relazione fra il terremoto in arrivo e l’aumento della presenza di gas radon nel sottosuolo. Emarginato in Italia, Giuliani oggi lavora in California, dove sta monitorando la Faglia di Sant’Andrea, nonché in Giappone e a Taiwan. L’Italia? Niente da fare: da noi si resta all’antico, usando il solo sismografo.«E’ come se, decenni fa, avessimo preteso di debellare la malaria impiegando ottimi termometri», commentano amaramente Gagliardi e Calandra: il sismografo si limita infatti a valutare l’entità del sisma, così come il termometro misura solo la febbre del paziente. «La speranza in un mondo nuovo dove si possono prevedere i terremoti questa volta è da decifrare nelle cifre minime delle congiunzioni più silenziose, in una scienza più affine al popolo Maya che agli umani del terzo millennio», scrive Emanuela Fontana sul “Giornale”, presentando la ricerca di Gagliardi e Calandra. Allineamenti planetari e terremoti: la teoria è allo studio anche in Grecia, e impazza sui social network in Italia dalla sera del 26 ottobre. Nel suo blog, Calandra segnala gli allineamenti dei pianeti e i possibili movimenti delle faglie terrestri. Il post più sconcertante lo ha scritto il 25 ottobre, preceduto da una segnalazione del 18: «26/10 sera-notte. L’affollamento di coincidenze di pianeti in linea a 0 gradi di scarto, ben 10 come numero di eventi, essendo una situazione mai vista, fa pensare ad un potenziale rischio sismico molto alto, quasi massimo, da quel 24/8 del terremoto di Amatrice in poi».Veniva indicata un’area generica, quella «Mediterranea», e una fascia oraria più delicata per il 26, dalle 17.30 alla mezzanotte. Le scosse sono avvenute come scritto il 26 ottobre, a distanza di due ore, con potenza in incremento e nella fascia oraria segnalata. Siamo ancora nel campo delle supposizioni, ammette lo stesso Calandra: «Queste previsioni – scrive – costituiscono solo delle ipotesi pseudoscientifiche, derivanti da un modello teorico troppo giovane per essere comprovato al 100%». Un modello matematico ancora “acerbo”, che va integrato con le mappe sismiche e con gli studi sull’aumento di gas radon nel sottosuolo per circoscrivere le aree di rischio. Importanti conferme stanno comunque giungendo dalla Grecia, aggiunge il “Giornale”: «Su 109 grandi terremoti analizzati dal 2004, 102 sarebbero avvenuti in occasione di un allineamento di almeno tre pianeti». Il problema maggiore, a monte? «In Italia, nessuno prenderà seriamente in considerazioni queste indicazioni», sostiene Carpeoro, che nel 2009 – come direttore editoriale del magazine “Area di Confine”, diretto da Ennio Piccaluga – spedì inviati speciali all’Aquila per seguire il caso-Giuliani.Carpeoro denuncia la presenza di interessi così forti da mettere in pericolo chi cerca di lavorare sulla prevenzione dei terremoti: «E’ stato deciso, da chi “conta”, che l’intera ricerca sui terremoti deve essere fondata sui sismografi – e questo per interessi precisi, aziendali, familiari: ci sono parenti stretti di pezzi grossi della protezione civile che forniscono allo Stato i sismografi e, business ancora più redditizio, ne curano la manutenzione». In Italia gli unici apparecchi di rilevazione sono i sismografi, «perché queste aziende devo prosperare». A questi si aggiungono gli interessi edilizi: i costruttori «hanno bloccato l’investimento di messa in sicurezza delle case, perché la ricostruzione frutta quasi il triplo della ricostruzione». Un «magma, tipicamente italico», a cui si aggiunge «una sorta di arretratezza culturale», anche da parte di chi è in buona fede: «Abbiamo una diffidenza naturale nei confronti di chi si pone in maniera alternativa rispetto alla ricerca: non c’è niente da fare, questo paese è fatto così, non riusciamo a uscire da questo modo di ragionare. Appena uno apre la bocca gli si chiede “ma tu che titoli hai?”, e non si entra nel merito di quello che dice».La ricerca di Gagliardi e Calandra sul rapporto tra astrofisica e terremoto? «Mi può fare solo piacere», conclude Carpeoro, «perché siamo talmente ottusi, nella ricerca ufficiale, che – se non si inserisce una ricerca non-ufficiale – non verrà fatto un passo». Ovvero: «Serve una ricerca non-ufficiale, che faccia fare un po’ di figure di palta a questi paludati tromboni». I giovani ricercatori? Sono «persone di buoma volontà». Devono «tenersi in contatto tra loro e non contare molto su aiuti provenienti dall’esterno, perché – per motivi economici e culturali – non ne avranno». Carpeoro ricorda che, quando Giuliani andò da Giuseppe Zamberletti, il capo della protezione civile, questi lo mise in contatto col geologo Enzo Boschi, il quale «lo prese a pernacchie, deridendolo e offendendolo», nonostante proponesse – attraverso il monitoraggio del radon per mezzo di sonde – la possibilità di prevedere i terremoti. «Questo è il loro modo di comportarsi, e io penso che questi non siano scienziati», aggiunge Carpeoro. «La prima qualità che deve avere uno scienziato è la capacità di dubitare anche di se stesso, se no non è uno scienziato: è il contrario di uno scienziato. Lo scienziato che consideri i suoi risultati quasi definitivi, anziché provvisori, non è uno scienziato».Prevenire i terremoti? E’ possibile, probabilmente. Ma è inutile contarci: al business, semplicemente, non conviene. Molto meglio l’affare della ricostruzione: frutta tre volte tanto. Idem, in piccolo, la fornitura dei sismografi, appaltata «a precise “famiglie”, vicine alla protezione civile». La denuncia porta la firma dell’avvocato Gianfranco Carpeoro, giornalista e scrittore, ospite della trasmissione web-radio “Border Nights” del 1° novembre, insieme a Stefano Gagliardi e Stefano Calandra, due ricercatori “fai da te”, ormai popolarissimi dopo le previsioni – azzeccate – del sisma di Norcia, basate sulla lettura del cielo. Prevedere i terremoti è possibile, sostengono: il rischio si innalza se aumenta l’allineamento dei pianeti. Non è possibile capire dove il terremoto avverrà? Su questo è forse più preciso il fisico Giampaolo Giuliani, celebre per l’allerta (ignorata) sul terremoto dell’Aquila. Giuliani rileva una stretta relazione fra il terremoto in arrivo e l’aumento della presenza di gas radon nel sottosuolo. Emarginato in Italia, Giuliani oggi lavora in California, dove sta monitorando la Faglia di Sant’Andrea, nonché in Giappone e a Taiwan. L’Italia? Niente da fare: da noi si resta all’antico, usando il solo sismografo.
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La meglio gioventù è questa, che scava tra le macerie
Ero a L’Aquila, come volontario. Pareva il fronte. Un veneto di ventotto anni mi passava le brande da campo, mentre un toscano ed io, le posizionavamo dentro la tenda, qualificati da anni di corsi ed esercitazioni. Eravamo stanchi insieme; nei giorni passati tra le macerie, fusi nel nostro essere italiani. Contrariamente al pensiero comune, fratello è chi parla la mia lingua, riconosce il mio confine e condivide la mia tragedia. Amico è tutto il resto. Sardi, veneti, laziali, toscani. Liceali, universitari, disoccupati, già sposati. Giovanotti già dati per dispersi nelle pagine della storia. L’Aquila, Emilia Romagna, Genova. Amatrice. Centro Italia. La meglio gioventù, spala e scava. La meglio gioventù sta tra fango e macerie, la trovi là, a donare il proprio sangue, non la cercate nelle rivolte di piazza, i tempi cambiano. Non la cercate in un bonifico, è squattrinata, né a chiedere un mutuo o nei parchi, nei villaggi vacanze, tra le tette della donna o negli aeroporti verso l’estate arrembante; neanche nelle sezioni di partito. Non esistono più.Che la terra abbia tremato o si sia sciolta come il pianto dei disperati, la gioventù d’Italia ha risposto all’appello. Una corsa, vera, che fotografa i tempi. Non c’è colore, né distinzione. Un minimo comune multiplo, una linea di continuità, non esclusivamente tappe di un unico dolore. Tra drammi incredibili che piegano i rami carichi di una quercia stanca in mezzo al Mediterraneo. Tra drammi che sono, però, un segnale che incarna una speranza da non sottovalutare, rappresentano un esempio. Se il divenire storico vuole etichettare i propri eventi per ricordare dove li aveva messi, allora forse, ci siamo. Forse sarà questo che identificherà la “Generazione Duemila”, quella dei millenials – ufficialmente buona a nulla, lobotomizzata su un divano, costretta a pensarla alla stessa maniera, a frequentare vernissage o a fraternizzare con le Ong, a dimenticare davanti alla Playstation, annichilita e vecchia tuffarsi in un tormentone per avere un’overdose di vitalità, costretta a morire intirizzita ancora prima dei vent’anni – che come un milite ignoto, esiste senza un nome, un cognome, un volto. Allora sarà questo agire spontaneo e ripetuto che potrebbe offrirle un appellativo, fornendole una carta d’identità agli occhi della storia, come prima d’essa, ogni blocco generazionale.Tragedie in cui i giovani italiani c’erano, al pieno della loro gioventù, delle loro braccia forti e di un cuore pulsante. Come nel lontano 1966, con l’Inghilterra, per la prima ed unica volta, campione del mondo e Firenze sotto strati d’acqua e miseria, si rivedono i fanti della dignità. Volontari. Ragazzi e ragazze, figli della normalità, con i jeans sporchi ed i calli alle mani, come i loro padri. Con la divisa gialla e blu, con quella rossa. Una cordata che va oltre il senso bigotto e populista di solidarietà, un esercito armato di pala e piccone che supera le mode ed accorre, si scrolla da dosso la muffa da annichilimento ed accorre, lascia a casa fidanzata e genitori, curriculum, portfolio, disoccupazione ed accorre. Nessuna santificazione in un estasi di Gloria, piuttosto un segnale di vita: i giovani d’Italia ci sono. Spicca un ritorno all’origine che ossigena le anime e rinvigorisce la coscienza nazionale. Si torna a vedere esempi puliti tra i pezzi di case venuti giù come un apocalisse di stelle cadenti. Come per L’Aquila, l’Emilia Romagna, Genova, Amatrice e per tante altre ferite, c’erano i volontari della Protezione Civile, della Croce Rossa Italiana, con le proprie divise, le chiamate a casa per rassicurare ed i panini a pranzo e cena tra una tenda da montare e brandelli di muro da buttar via.Dunque occorre necessariamente riflettere. Proprio come i coetanei classe ’66, divisi tra rivoluzioni culturali, pantaloni a zampa e capigliature alla Paul McCartney, anche i nostri, noti alle cronache per essere figli mai liberi della crisi di un’epoca, dei valori, dell’etica e del buon senso, lavoratori a prestazione gratuita, senza speranza, senz’arte né parte, tormentoni o stereotipi, bendati verso il futuro, stanno raggiungendo la redenzione agli occhi della storia? Forse l’emblema della Generazione Duemila potrà essere proprio il cuore grande, che va oltre ogni cosa, oltre il nichilismo, la velocità siderale, la plastica, il denaro, l’ingozzamento dei nostri tempi? Forse l’appellativo di questa generazione sarà “volontaria”. Potremmo pensare di ricordare, prima di sprofondare nell’oblio da Tablet sul divano, la generazione degli anni ’10 come i ragazzi del soccorso, la “Generazione Duemila”, quella dei volontari. E per pietà, non copriate ciò che vuole andare oltre con nessuna passerella elettorale, con nessuna passeggiata mediatica.(Emanuele Ricucci, “La meglio gioventù sta tra le macerie – la Generazione Duemila, quella dei volontari”, dal blog “Contraerea” su “Il Giornale” del 26 agosto 2016).Ero a L’Aquila, come volontario. Pareva il fronte. Un veneto di ventotto anni mi passava le brande da campo, mentre un toscano ed io, le posizionavamo dentro la tenda, qualificati da anni di corsi ed esercitazioni. Eravamo stanchi insieme; nei giorni passati tra le macerie, fusi nel nostro essere italiani. Contrariamente al pensiero comune, fratello è chi parla la mia lingua, riconosce il mio confine e condivide la mia tragedia. Amico è tutto il resto. Sardi, veneti, laziali, toscani. Liceali, universitari, disoccupati, già sposati. Giovanotti già dati per dispersi nelle pagine della storia. L’Aquila, Emilia Romagna, Genova. Amatrice. Centro Italia. La meglio gioventù, spala e scava. La meglio gioventù sta tra fango e macerie, la trovi là, a donare il proprio sangue, non la cercate nelle rivolte di piazza, i tempi cambiano. Non la cercate in un bonifico, è squattrinata, né a chiedere un mutuo o nei parchi, nei villaggi vacanze, tra le tette della donna o negli aeroporti verso l’estate arrembante; neanche nelle sezioni di partito. Non esistono più.