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Archivio del Tag ‘autorevolezza’

  • Hechich: resistenza, io violerò il coprifuoco della vergogna

    Scritto il 05/11/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Non mi esprimerò sugli altri provvedimenti del nuovo Dpcm che dovrebbe andare in vigore da venerdì. Mi soffermerò solo su uno, che ritengo particolarmente odioso, specialmente se spalmato in tutte le zone d’Italia. Il coprifuoco alle 22. Che senso ha? Il virus, visto che sembrerebbe essere derivato da quello dei pipistrelli, esce solo di notte? E’ un virus vampiro? Ma è per limitare gli assembramenti, dicono. Ma quali assembramenti se bar, ristoranti, locali, tavole calde, discoteche, paninoteche, birrerie e quant’altro sono chiusi da ore? I giovani si ritrovano? Perché, fino alle 22 non riescono a ritrovarsi tra di loro e dopo le 22 sì? Siamo il contrario del virus vampiro? Abbiamo il raptus dell’assembramento dopo le 22 ma alle 20 no? E perché no? Dna o perché tutti, da bravi, dobbiamo prima cenare a casa con le pappardelle fatte dalla mamma? Non basta controllare che non ci siano ’sti assembramenti di giovani con una bottiglia in mano? (ma comprata dove? Torniamo al punto di prima). E la stampa, che sembra regga il gioco del poliziotto buono e quello cattivo, a scrivere che gli “esperti” consigliavano alle 21 ma che Conte, magnanimo, ha concesso le 22. Patetici, stampa a reggere il gioco, e governo. Provvedimento idiota, assurdo, incongruente, e non sarebbe il primo. Certamente.
    Provvedimento anticostituzionale? Forse. Sicuramente dovrebbe essere votato dal Parlamento o almeno avere la autorevolezza di un decreto legge. Un Dpcm, come è stato già ribadito da giuristi autorevoli, non dovrebbe avere queste prerogative. Ma soprattutto il coprifuoco, perché tale è, ricorda molto i tempi più bui dell’Italia, la guerra, l’occupazione tedesca, i repubblichini – ma non solo: i golpe sudamericani, la caduta di Allende… Beh, giustamente qualcuno potrà obiettare che non siamo a quel punto, non ci sono le odiose repressioni, le torture, le sparizioni; siamo in uno Stato di diritto, in Italia, e nell’Italia odierna non potrebbe mai accadere. Vero, ma purtroppo è già accaduto, pochi anni fa, ma la memoria dell’italiano medio è corta. Ricordatevi di Bolzaneto e della Diaz. In quella tragica notte tutti i diritti democratici, lo stesso habeas corpus sono stati eclissati da una violenza che poi i giornali definirono macelleria messicana. E i responsabili, i dirigenti che lo hanno permesso, hanno fatto carriera poi, non dimentichiamo neanche questo. Ma allora perché questo coprifuoco insensato?
    L’unica ragione che riesco a vedere (e se qualcuno ne ha di altre valide lo scriva, ma lasciate per cortesia perdere la scemenza dei giovani untori nottambuli) è quella classica per cui dagli albori della storia viene fatto un coprifuoco: la paura della rivolta sociale, la paura della gente stufa di venir presa per i fondelli e di dover subire provvedimenti spesso idioti, stanca di promesse di sostegni economici che si stanno rivelando una farsa, proclami a vuoto non seguiti da fatti, come abitudine di questo governo (ricordate i tutor? Ma niente, rimosso anche questo). Perde la prudenza della classe media adagiata e si riversa nelle strade, questa folla di delusi alla canna del gas. Provvedimento ipocrita, in tal caso, non idiota (o anche ipocrita e nel contempo idiota, ma per altre ragioni). Ne abbiamo già avuto esempio nelle grandi città. Si è vista la reazione di Napoli, dopo che De Luca ci aveva provato. Ma no, la lezione non è servita: e, caparbio, il governo ripeterà quell’errore. Se di errore si tratta, e spero sinceramente sia solo uno dei tanti errori idioti, perché viene il sospetto che il provvedimento sia fatto apposta proprio per provocare una reazione e quindi zittire con una repressione esemplare i manifestanti. Prove generali per assetti futuri? Per vedere fino a quanto la gente è apatica? Tanto, se la gente scenderà in piazza e sarà caricata, la colpa sarà di camorristi, mafiosi, delinquenti comuni, spacciatori, taglieggiatori, ma che pensate? La gente ben vestita, la signora con i capelli bianchi la giovane bionda ben pettinata con la borsa firmata, mica è quella che sembra: sono camorristi, hanno il coraggio di dire.
    Io vivo in campagna, in un paesino di poche anime. Non ho l’occasione di partecipare a manifestazioni di protesta civile, ma il mio piccolo contributo posso darlo, facendo né più né meno quello che ho sempre fatto: portare fuori il mio cane tra le 11 e mezzanotte. Continuerò a farlo, per le strade di campagna totalmente vuote anche nei giorni normali. Porterò con me la mascherina per educazione, per mettermela se mi fermeranno, per rispetto verso idee diverse. Ma sulla mia passeggiata notturna con il cane non indietreggerò di un millimetro. Se mi fermano, continuerò a farlo, a rifarlo e a rifarlo ancora. Con questo post in pratica mi autodenuncio. Ma se tenteranno di fermarmi, di arrestarmi e di portarmi via, beh, non starò inerte, opporrò resistenza: sì, resistenza RESISTENZA, parola che evoca quegli altri coprifuochi di cui prima abbiamo parlato. Perché quando si passa il limite, bisogna reagire: per non doversi un giorno pentire di non averlo fatto, per non vergognarsi di non aver fatto niente di fronte all’inaridimento della Democrazia. Si inizia anche così la resistenza civile, con un piccolo gesto, come quello di portare fuori il cane per strade di campagna deserte tra le 11 e la mezzanotte.
    (Roberto Hechich, “Il coprifuoco della vergogna”, 5 novembre 2020. Laureato in geologia ed esperto in comunicazione e pubbliche relazioni, Hechich – direttore del Dipartimento per la Geopolitica e la Difesa del Movimento Roosevelt, di cui coordina il gruppo regionale Friuli–Venezia Giulia – è autore di romanzi e racconti, nonché appassionato studioso di materie geostrategiche).

    Non mi esprimerò sugli altri provvedimenti del nuovo Dpcm che dovrebbe andare in vigore da venerdì. Mi soffermerò solo su uno, che ritengo particolarmente odioso, specialmente se spalmato in tutte le zone d’Italia. Il coprifuoco alle 22. Che senso ha? Il virus, visto che sembrerebbe essere derivato da quello dei pipistrelli, esce solo di notte? E’ un virus vampiro? Ma è per limitare gli assembramenti, dicono. Ma quali assembramenti se bar, ristoranti, locali, tavole calde, discoteche, paninoteche, birrerie e quant’altro sono chiusi da ore? I giovani si ritrovano? Perché, fino alle 22 non riescono a ritrovarsi tra di loro e dopo le 22 sì? Siamo il contrario del virus vampiro? Abbiamo il raptus dell’assembramento dopo le 22 ma alle 20 no? E perché no? Dna o perché tutti, da bravi, dobbiamo prima cenare a casa con le pappardelle fatte dalla mamma? Non basta controllare che non ci siano ’sti assembramenti di giovani con una bottiglia in mano? (ma comprata dove? Torniamo al punto di prima). E la stampa, che sembra regga il gioco del poliziotto buono e quello cattivo, a scrivere che gli “esperti” consigliavano alle 21 ma che Conte, magnanimo, ha concesso le 22. Patetici, stampa a reggere il gioco, e governo. Provvedimento idiota, assurdo, incongruente, e non sarebbe il primo. Certamente.

  • Urgono uomini seri, siamo sull’orlo di una guerra civile

    Scritto il 17/5/20 • nella Categoria: idee • (1)

    C’è aria di guerra civile in Italia. Una brutta aria di odio e d’insofferenza. Si sta scavando un fossato incolmabile tra italiani. Riassumo gli ingredienti o le stazioni che portano all’odio radicale. In primis le restrizioni e i divieti anche assurdi hanno lasciato un segno e una scia sul corpo e la mente degli italiani; poi le carenze sanitarie più elementari unite alle clamorose cialtronerie di commissari, ministri e task force; aggiungi la mancanza assoluta di strategia, prevenzione e test per governare il futuro, ma tutto è affidato ai cittadini e alle loro limitazioni. Poi la drammatica situazione economica e sociale per famiglie e imprese, le tante aziende che non apriranno, i tanti che non riavranno il lavoro, l’impossibilità di far rinascere esercizi con quelle restrizioni, quei costi e quelle cadute. Intanto una legge libera fior di delinquenti dalle carceri e persino criminali in cella d’isolamento, che non erano a rischio di contagio; proprio mentre venivano inseguiti sulle spiagge come criminali innocui bagnanti, sporadici avventori o isolati corridori. Unisci questo quadro alla vanesia, fanfarona, irritante esibizione del governo, gli show inconcludenti su aiuti che non arrivano mai.
    Se a tutto questo unisci vicende dell’assurdo come la liberazione di Silvia Romano, con pagamento ai terroristi per finanziare le loro imprese e le loro armi, il ritorno dell’ostaggio da moglie di uno di loro e credente nella religione dei suoi stessi carcerieri nella versione più feroce e antioccidentale, insieme all’autoincensarsi del governo che sfrutta l’occasione per farsi uno spot e una passerella, col premier e il ministro degli esteri che sgomitano per prendersi la vetrina, il codazzo di media allineati e vescovi inclusi, ti accorgi che la polveriera sta per esplodere. Non c’è più dissenso ma disprezzo, livore. Su quest’ultimo caso ho letto giudizi sprezzanti che trasudano odio tra due Italie che non si parlano più ma si sputano, si schifano, si disprezzano. Agli uni pare civile, umano e misericordioso gioire per il ritorno a quelle condizioni dell’ostaggio e pare invece bestiale, infame e incivile chi ne mostra il conto, il rischio, la beffa. Agli altri, e ci sono anch’io tra questi, magari con toni e argomenti un po’ diversi, pare assurdo che una prigioniera torni con la divisa dei suoi carcerieri, che vanti il trattamento ricevuto, che ostenti anche nelle vesti il disprezzo per il mondo in cui è tornata e che ha pagato il riscatto e rischiato vite umane per riportarla a casa.
    Ma poi leggi i commenti dell’altro versante, anche di persone fino a ieri abbastanza equilibrate che provano schifo per chi fa queste elementari considerazioni, per chi ricorda le vittime del terrorismo e le volte che non abbiamo voluto pagare riscatti per non cedere ai terroristi, lasciando morire anche leader nazionali. A vergognarsi, per costoro, dovrebbe essere chi lo denuncia… Allora ti accorgi che qualcosa si è rotto, il malessere sta facendo saltare i nervi a tutti e ci sono due vulcani pronti a eruttare, l’un contro l’altro armati. C’è un’aria terribile. Lo vedo anche nel mio caso personale, lo riconosco: non riesco più neanche ad ascoltare programmi come quello della “vipera tirolese” o simili, a vedere i Tg filogovernativi o ad ascoltare, solo ad ascoltare, la voce del gagà di governo, di gigino, di fofò, della sinistreria assortita. Sono stato spesso all’opposizione, in aperto dissenso, non mi sono mai risparmiato nelle polemiche. Ma non mi era mai capitato di scendere a questi livelli d’insofferenza radicale e vedo che sta capitando anche dall’altro versante. Ed entrambi riteniamo di avere piena ragione.
    Ma che ci sta succedendo? Dove ci porterà questo clima se si aggraveranno, come temono in tanti, le condizioni sociali ed economiche del paese e la depressione diffusa muterà in rabbia? Il dissenso verso questo governo ormai va ben oltre la critica e la richiesta di farlo cadere. La gente vorrebbe vederli sparire, mandarli a casa a calci nel sedere, se non in galera, perlomeno nello stesso carcere in cui è stato confinato il popolo italiano oltremisura. Penso alla sventura di un paese che sta attraversando il peggior momento della sua storia repubblicana col peggior governo che potesse capitare. Con più incapaci, cialtroni, quaquaraquà, ignoranti e presuntuosi mai avuti nella sua pur assortita storia. Come pensate che si possa ricucire questo paese e riportare nella normale vita di una democrazia i dissensi e le divergenze?
    So che molti di voi sognano una svolta radicale, una sterzata elettorale, un’inversione di marcia. Lo capisco, d’istinto lo dico anch’io. Ma lasciate che vi dica una cosa: siamo arrivati a un punto che non si tratta più di destra e sinistra, di sovranisti e globalisti, di populisti e no. Urge affidare il paese nelle mani di persone serie. Abbiamo un elementare assoluto bisogno di gente seria. Seria, non dico altro. Una parola semplice e complicata. Serietà. Persone consapevoli della loro responsabilità, che non vendono fumo, che spengono gli odii, che mantengono gli impegni assunti, non vogliono raggirare nessuno. Voi direte sì, ma devono essere capaci, competenti, adeguati. Basta che siano seri. Perché una persona seria se capisce di non essere all’altezza non si assume il compito di guidare un paese, e in questo momento poi; e una persona seria nei campi in cui non ha competenza, si affida a persone serie, li investe di serie responsabilità. I buffoni, i mestatori e i dilettanti al potere sono gente priva di serietà. Noi abbiamo bisogno di gente seria, il coraggio della serietà. Altrimenti quelli “seri” arriveranno da fuori. Poi ragioniamo sul resto, ma è necessario che al più presto si concordi un cambio di guardia per un governo autorevole composto da gente seria. Perché la situazione, come si usa dire, è grave ma non è seria.
    (Marcello Veneziani, “Urgono uomini seri”, da “La Verità” del 13 maggio 2020; articolo ripreso dal blog di Veneziani).

    C’è aria di guerra civile in Italia. Una brutta aria di odio e d’insofferenza. Si sta scavando un fossato incolmabile tra italiani. Riassumo gli ingredienti o le stazioni che portano all’odio radicale. In primis le restrizioni e i divieti anche assurdi hanno lasciato un segno e una scia sul corpo e la mente degli italiani; poi le carenze sanitarie più elementari unite alle clamorose cialtronerie di commissari, ministri e task force; aggiungi la mancanza assoluta di strategia, prevenzione e test per governare il futuro, ma tutto è affidato ai cittadini e alle loro limitazioni. Poi la drammatica situazione economica e sociale per famiglie e imprese, le tante aziende che non apriranno, i tanti che non riavranno il lavoro, l’impossibilità di far rinascere esercizi con quelle restrizioni, quei costi e quelle cadute. Intanto una legge libera fior di delinquenti dalle carceri e persino criminali in cella d’isolamento, che non erano a rischio di contagio; proprio mentre venivano inseguiti sulle spiagge come criminali innocui bagnanti, sporadici avventori o isolati corridori. Unisci questo quadro alla vanesia, fanfarona, irritante esibizione del governo, gli show inconcludenti su aiuti che non arrivano mai.

  • 5G, vaccini e “fake”: la post-verità, nell’Era del Coronavirus

    Scritto il 16/4/20 • nella Categoria: idee • (5)

    Vaccini e 5G sono di gran voga, in tempi di coronavirus, nella cosiddetta narrativa complottista. Ne parla anche Massimo Mazzucco, denunciando il “ministero della verità” allestito a Palazzo Chigi e la spettacolare, duplice manovra in atto da parte dell’establishment: da un lato si raccomanda la fruizione dei soli media ufficiali (spesso i primi a spacciare “fake news”) e dall’altro si criminalizzano le fonti alternative di informazione. Esemplare il caso del Patto per Scienza di Burioni, che chiede addirittura ai magistrati di spegnere “ByoBlu”, reo di avere ospitato uno scienziato “eretico” come Stefano Montanari. L’allarme di Mazzucco è esplicito: c’è da temere che si approfitti del coprifuoco imposto dal coronavirus per poi magari limitare la nostra libertà di informazione anche domani, quando l’emergenza sarà finita. Motivo: social, video e blog vantano ormai milioni di visualizzazioni, dunque rappresentano una potenziale minaccia per chi volesse mentire agli italiani attraverso i canali ufficiali della comunicazione tradizionale.
    Nella sua ricostruzione giornalistica, Mazzucco – autore di importanti documentari sull’11 Settembre, trasmessi anche da Canale 5 in prima serata – cita alcune clamorose “fake news” veicolate dai grandi network televisivi: dagli inesistenti “200 bambini morti a Londra per il morbillo” (evocati da Beatrice Lorenzin negli studi di Vespa e Formigli) alle affermazioni di Rex Tillerson su Putin “criminale di guerra” (distorte da Giovanna Botteri). Il record – nella classifica di Mazzucco – spetta ad Andrea Purgatori, che su La7 ha spacciato le sequenze di un videogame per “le immagini dell’uccisione del generale Soleimani”. In studio ha assicurato: sembra un videogioco, ma non lo è. Smascherato, su Twitter ha ammesso: sì, è vero, quelle immagini erano di un videogame. E questi, si domanda Mazzucco, sarebbero i campioni dell’informazione seria, gli unici di cui dovremmo fidarci, come ripete lo spot che Mediaset sta trasmettendo a ciclo continuo?
    Mazzucco, naturalmente, passa per complottista. La sua colpa? E’ stato il primo a realizzare un film che demolisce, prove alla mano, la versione ufficiale sull’11 Settembre. L’Oscar del Complottismo gli è stato tributato per il documentario “American Moon”. I suoi detrattori lo accusano di negare l’avvenuto sbarco sulla Luna del 1969. Se invece uno si prende la briga di visionare il filmato, scopre che Mazzucco – suffragato dal parere dei alcuni tra i più importanti fotografi, da Peter Lindbergh a Oliviero Toscani – si limita, per così dire, a dimostrare che quelle storiche immagini sarebbero state realizzare in studio, sulla Terra (per quale motivo, non è dato saperlo). Comunque la si pensi, socraticamente, il contributo di Mazzucco invita a coltivare il dubbio: cosa che lo stesso giornalismo per primo dovrebbe sempre fare, come ricorda lo statunitense Seymour Hersh, secondo cui negli ultimi anni il mondo ha vissuto troppe guerre, con troppe vittime civili, anche a causa della reticenza della stampa, che secondo Hersh ha permesso ai decisori di avventurarsi nelle peggiori imprese manipolando l’opinione pubblica grazie alle “fake news” veicolate dai grandi media.
    Sono proprio le “fake news ufficiali” a scatenare la degenerazione complottistica, che inonda il web di vere e proprie bufale: un regalo favoloso, per chi volesse spegnere (insieme a quelle dei “terrapiattisti”) anche le voci autorevoli, onestamente impegnate a cercare verità irrintracciabili nel mainstream. Il cospirazionismo appare perfettamente funzionale al peggior potere: incrementa la credulità dei più ingenui e, al tempo stesso, squalifica i ricercatori seri. Nella sua ottusità dogmatica, il complottismo è speculare al negazionismo: i complottisti pensano che qualsiasi evento sia sempre e solo il frutto di una bieca cospirazione, mentre i loro apparenti avversari negano, semplicemente, che i complotti esistano. E’ la stessa storia a insegnarci che i complotti si susseguono, da sempre, ma non è detto che poi vadano in porto. In una infinita scala di grigi, come si può pensare che tutto sia soltanto bianco o nero? Questo non-pensiero semplificato, automatico, fa sicuramente comodo a chi maneggia il consenso in modo spregiudicato, fabbricando nemici su misura per ogni stagione, con il relativo corollario di odio, paura e tifo calcistico.
    Il problema, avverte Mazzucco, è che ora la situazione starebbe cambiando a vista d’occhio: sotto la fortissima pressione psicologica e sociale dell’emergenza da coronavirus, si annuncia un progressivo soffocamento, anche governativo, delle voci indipendenti. Il che – statistiche alla mano – potrebbe preludere a qualcosa di francamente inquietante: un futuro in cui, come già avviene in Cina, sia espressamente vietato far circolare idee eterodosse? Ovvero: siamo alla vigilia del peggior incubo distopico di matrice orwelliana, coi cittadini sorvegliati passo passo, elettronicamente? Domande che pesano, e che Mazzucco propone agli ascoltatori. Dato il coprifuoco imposto per via del Covid-19, non c’è bisogno di ricordare che, in guerra, la prima vittima è sempre la verità. Sul misteriosissimo coronavirus, finora, si è detto tutto e il contrario di tutto: medici e ricercatori stanno lottando, ogni giorno, per venirne a capo e trovare una cura risolutiva e rassicurante. Nel frattempo, il complottismo si scatena: il Covid-19 sarebbe il frutto di una cospirazione mondiale, e la virulenza del morbo sarebbe accentuata dalle microonde della rete 5G. In parallelo, specularmente: silenzio assoluto, dai grandi media, sia sulle problematiche da vaccino che sui potenziali rischi del wireless di quinta generazione.
    In Italia, negli ultimi anni, la grande stampa ha regolarmente silenziato le notizie allarmanti via via emerse, da fonti autorevoli, riguardo alla somministrazione improvvisamente obbligatoria di vaccini polivalenti di ultima generazione. Sulla scorta di consulenze mediche, la commissione parlamentare guidata da Gian Piero Scanu additò alcuni vaccini come concausa di gravi patologie a danno dei nostri militari. La Regione Puglia – unica, ad aver istituito un monitoraggio speciale (farmacovigilanza attiva) dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale in Italia, ha fornito le percentuali – altissime – delle reazioni avverse registrate dai bambini vaccinati. E il presidente dell’ordine dei biologi italiani, Vincenzo D’Anna, ha rilevato la presenza di vaccini “sporchi”, tra le dosi distribuite in Italia. Voci autorevoli e argomentazioni serie: non per negare l’utilità dei vaccini, ma verificare le condizioni particolari della loro attuale somministrazione obbligatoria. Se ne avessero parlato diffusamente, giornali e televisioni, magari avrebbero scoperto – come ricorda lo stesso Mazzucco – che negli Usa gli eventuali errori delle aziende produttrici di vaccini sono “depenalizzati” per legge: a indennizzare le eventuali vittime provvede lo Stato. E dagli anni ‘80, l’amministrazione Usa ha già dovuto sborsare 4 miliardi di dollari per risarcire persone che la giustizia ha riconosciuto vittime di “danni da vaccino”.
    La parola magica – fake news – incombe anche su chi si azzardasse a menzionare il fantasma del 5G, cioè “l’Internet delle cose” appena bloccato da paesi come Svizzera e Slovenia, preoccupati per l’assenza di prove certe – per ora, almeno – sull’innocuità di questa nuovissima tecnologia, connessa con i satelliti appena messi in orbita, a migliaia, da Elon Musk. Fa male alla salute, il 5G? I complottisti ne sono certissimi. Gli scienziati invece sono divisi: alcuni escludono pericoli, altri temono che le frequenze del 5G possano nuocere alle nostre cellule. In molti esprimono dubbi: sostengono che siano necessari test più approfonditi, per giungere a conclusioni incontrovertibili, in un senso o nell’altro. Intanto, a mettere in relazione il 5G addirittura con il coronavirus è anche Gunter Pauli, consigliere economico di Giuseppe Conte. Ma la vera notizia, probabilmente, è un’altra: per i grandi media, il 5G è come se non esistesse. Semplicemente non ne parlano, anche se l’avvenimento pubblico di cui parlare ci sarebbe: sono ormai quasi 200 i Comuni italiani che si sono opposti all’installazione delle antenne.
    Daccapo: se un tema è dibattuto presso l’opinione pubblica, perché non parlarne con precisione e serenità? Se i timori legati all’eventuale abuso di alcuni vaccini fossero infondati, perché non smontarli – una volta per tutte – sulla base di prove inoppugnabili? Idem: se quelle sul fantomatico 5G sono soltanto bufale, perché non demolirle – in modo serio, scientifico – a reti unificate? Il silenzio, viceversa, alimenta inevitabilmente ogni tipo di illazioni. Ragiona Mazzucco: alle domande scomode si evita di rispondere, preferendo tacciare comodamente di complottismo chi osa rilanciarle, quelle domande. Attenzione: domande, non tesi dogmatiche. L’obiettivo non è propagandare verità prefabbricate, magari apocalittiche, ma raggiungere una verità ragionevolmente accertabile. E non è nemmeno questione di vaccinazioni e antenne: la vera posta in gioco è la trasparenza, su tutto. Dove finisce, la democrazia, se l’opinione pubblica non è innanzitutto informata dei fatti che la riguardano? Il lavoro dei tanti ricercatori che in questi anni hanno offerto analisi disponibili solo sul web, purtroppo, mina una volta di più il prestigio dell’informazione mainstream. E questa non è affatto una buona notizia.
    Messi finalmente da parte complottismi e negazionismi, simmetriche deformazioni della conoscenza, una quota accettabile di verità dovrebbe emergere dal terreno intermedio della vera informazione, laica, onesta, in buona fede. Avvertiva Indro Montanelli: guardatevi da chi dichiara di diffondere notizie “oggettive”; fidatevi invece di chi si limita a fornire narrazioni sincere (magari anche erronee, ma sbagliando in proprio). Sbagliare fa parte del mestiere: la stessa scienza deve il suo progresso proprio all’ammissione dei suoi errori. Torna in mente l’immagine usata dal filosofo Bertrand Russell: più cresce il fascio di luce che rischiara il buio, più cresce la consapevolezza della vastità delle tenebre, cioè dell’ignoto. Di fronte all’ignoto che oggi minaccia di colpo miliardi di individui – la strana comparsa del Covid-19 – forse è bene concludere che non esistono risposte semplici, e che le testi preconcette (complottiste e negazioniste) non aiutano a risolvere il problema. Se poi i decisori mostrano apertamente di temere la proliferazione di voci incontrollate, forse c’è di che preoccuparsi. Quanta strada avrebbero fatto, i peggiori complotti, se l’opinione pubblica non fosse stata ipnotizzata dai suoi incantatori? Il pifferaio più celebre, Hitler, riuscì a far credere ai tedeschi che le loro disgrazie fossero imputabili agli ebrei. Il film “Il tamburo di latta”, di Volker Schlöndorff, tratto dall’omonimo romanzo di Fassbinder, si conclude con queste parole: credevamo di aver aperto la porta a Babbo Natale, e invece era l’uomo del gas.
    (Giorgio Cattaneo, “5G, vaccini e Ministero della Verità: complottismo e negazionismo nell’Era del Coronavirus”, dal blog del Movimento Roosevelt del 14 aprile 2020).

    Vaccini e 5G sono di gran voga, in tempi di coronavirus, nella cosiddetta narrativa complottista. Ne parla anche Massimo Mazzucco, denunciando il “ministero della verità” allestito a Palazzo Chigi e la spettacolare, duplice manovra in atto da parte dell’establishment: da un lato si raccomanda la fruizione dei soli media ufficiali (spesso i primi a spacciare “fake news”) e dall’altro si criminalizzano le fonti alternative di informazione. Esemplare il caso del Patto per la Scienza di Burioni, che chiede addirittura ai magistrati di spegnere “ByoBlu”, reo di avere ospitato uno scienziato “eretico” come Stefano Montanari. L’allarme di Mazzucco è esplicito: c’è da temere che si approfitti del coprifuoco imposto dal coronavirus per poi magari limitare la nostra libertà di informazione anche domani, quando l’emergenza sarà finita. Motivo: social, video e blog vantano ormai milioni di visualizzazioni, dunque rappresentano una potenziale minaccia per chi volesse mentire agli italiani attraverso i canali ufficiali della comunicazione tradizionale.

  • Burioni chiede di spegnere “ByoBlu”, cioè l’Italia più libera

    Scritto il 27/3/20 • nella Categoria: segnalazioni • (12)

    Possibile lutto per quel che resta della libertà e della democrazia in Italia: il Patto per la Scienza creato da Roberto Burioni, virologo milanese, chiede alla magistratura di spegnere “ByoBlu”, il video-blog più seguito nel paese, con 400.000 iscritti e 130 milioni di visualizzazioni complessive. L’accusa: aver dato spazio alle tesi, sul coronavirus, esposte dal nanopatologo Stefano Montanari, scienziato di livello internazionale e con fama di “eretico”, notoriamente contrario ai vaccini. Secondo Montanari, attorno al Covid-19 sarebbe stata allestita una colossale montatura allarmistica. Obiettivi: incentivare il business di Big Pharma, ingigantire il potere tecno-sanitario e rovinare intere economie, a scopo speculativo. Quanto alla scarsissima letalità del virus, in tal senso si sono pronunciati epidemiologi di fama mondiale come Ilaria Capua, che si richiama alle cifre fornite dallo stesso Istituto Superiore della Sanità: sono pochissime le persone finora morte solo per il contagio; le vittime (anche giovani) erano minacciate da gravi malattie. Il virus avrebbe quindi agito come “detonatore” letale, aggravandone le condizioni. Punti di vista, quindi. Ma il Patto per la Scienza non li accetta. Non solo: pretende che non vengano espressi. E non chiede solo che venga rimosso Montanari dal web, ma esige che sia addirittura spento “ByoBlu”.
    Il canale è stato fondato oltre dieci anni fa da Claudio Messora, già comunicatore parlamentare dei 5 Stelle. Il video-blog vanta numeri che i giornali, oggi, possono solo sognarsi di avere. Milioni di italiani, ogni giorno, sono abituati a ricevere informazioni vitali proprio da “ByoBlu”, che – attraverso una redazione giornalistica – sforna 4-5 lunghi servizi quotidiani, dando vita a un rigoroso esperimento di pluralismo nell’informazione: una tribuna aperta alle voci più diverse, validate giornalisticamente e spesso autorevolissime. Non si contano i grandi nomi – del pensiero, della scienza, della cultura – che gli italiani hanno potuto incontrare regolarmente su “ByoBu”, spesso in contraddittorio fra loro. Informazioni di prima mano, analisi, squarci e approfondimenti su possibili verità che i grandi media trascurano. La linea editoriale è chiaramente riconoscibile: massima libertà di espressione, senza preclusioni per nessuno, nel rispetto delle regole giornalistiche (ovvero: affermazioni sempre documentate e verificabili). Uno stile “anglosassone”, asciutto, senza timori reverenziali né tesi preconcette. E’ un fatto: l’audience di “ByoBlu”, che si sostiene solo con le donazioni degli utenti, dimostra quanto sia importante, per milioni di italiani, questa preziosa fonte di informazioni.
    A chiedere di privare gli italiani della voce di “ByoBlu” è Burioni, vaccinista convinto, massimo propagandista nazionale della campagna per l’obbligo vaccinale imposto dal governo Gentiloni e poi confermato dai governi Conte, nonostante la presenza dei 5 Stelle (un tempo fieramente favorevoli alla libertà vaccinale). Oltre ai libri e all’onnipresenza televisiva nei principali talkshow, lo scorso anno Burioni ha lanciato un suo manifesto politico-programmatico – il Patto per la Scienza, appunto – ottenendo il consenso di firmatari illustri: Beppe Grillo, Matteo Renzi e il giornalista Enrico Mentana. Il documento chiedeva, in sostanza, di orientare in modo rigido la stessa ricerca scientifica, privilegiando l’impostazione dei vaccinisti come Burioni. Anche qui: libere opinioni. A patto che poi – come invece avviene oggi – non si pretenda addirittura di spegnere, censurare e imbavagliare le altre voci. La denuncia contro “ByoBlu” contesta la violazione dell’articolo 656 del codice penale, cioè la “pubblicazione e diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”. Com’è evidente a tutti, oggi l’ordine pubblico in Italia è abbondantemente “sigillato” dal coprifuoco imposto dal governo per contenre il coronavirus. Messora confida nei magistrati milanesi. Con lui, milioni di italiani.

    Possibile lutto per quel che resta della libertà e della democrazia in Italia: il Patto per la Scienza creato da Roberto Burioni, virologo milanese, chiede alla magistratura di spegnere “ByoBlu”, il video-blog più seguito nel paese, con 400.000 iscritti e 130 milioni di visualizzazioni complessive. L’accusa: aver dato spazio alle tesi, sul coronavirus, esposte dal nanopatologo Stefano Montanari, scienziato di livello internazionale e con fama di “eretico”, notoriamente contrario ai vaccini. Secondo Montanari, attorno al Covid-19 sarebbe stata allestita una colossale montatura allarmistica. Obiettivi: incentivare il business di Big Pharma, ingigantire il potere tecno-sanitario e rovinare intere economie, a scopo speculativo. Quanto alla scarsissima letalità del virus, in tal senso si sono pronunciati epidemiologi di fama mondiale come Ilaria Capua, che si richiama alle cifre fornite dallo stesso Istituto Superiore della Sanità: sono pochissime le persone finora morte solo per il contagio; le vittime (anche giovani) erano minacciate da gravi malattie. Il virus avrebbe quindi agito come “detonatore” letale, aggravandone le condizioni. Punti di vista, quindi. Ma il Patto per la Scienza non li accetta. Non solo: pretende che non vengano espressi. E non chiede solo che venga rimosso Montanari dal web, ma esige che sia addirittura spento “ByoBlu”.

  • La via italiana all’epidemia: chi andrebbe isolato è Conte

    Scritto il 25/3/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Già il 31 gennaio il governo Conte-bis sapeva benissimo che stava arrivando un’epidemia, come prova il fatto che in quel giorno Conte firmò il decreto di stato di emergenza sanitaria, in cui si dice che occorrono misure eccezionali di prevenzione; poi però, per oltre un mese, non ha preso le misure per contenere il contagio. Perché? Fu un errore? Una coincidenza? Anzi, assieme a Zingaretti e altri, diffondeva dichiarazioni rassicuranti e minimizzanti: tutto è sotto controllo: un errore? Una coincidenza? Ha bloccato i voli in arrivo direttamente dalla Cina, non però gli arrivi indiretti, via qualche scalo, quindi il blocco era inutile: un errore? Una coincidenza? Il 30 gennaio Salvini aveva chiesto il blocco degli arrivi dalla Cina e la quarantena per i già arrivati, nonché altre misure urgenti. Reazione di Conte: «Qualcuno dovrebbe pagare per le sciocchezze». Fu un errore? Una coincidenza? Intanto Zingaretti, capo del principale partito di governo, incitava alla fiducia e ad abbracciare i cinesi, mentre la sinistra imprecava contro il razzismo dei fascio-leghisti. E Speranza, ministro della salute, appena qualche settimana fa dichiarava: «L’Italia è un grande paese, con il più alto livello di salvaguardia e sorveglianza sul coronavirus». Era un errore? Una coincidenza?
    Questo per oltre un mese. Quando il governo Conte ha deciso di istituire le zone chiuse di Lombardia, mezzo Veneto e altre province, lo ha fatto sapere pubblicamente con un giorno e mezzo di anticipo, e così ha indotto migliaia di persone a fuggire dalle zone rosse verso il Sud, a propagare il contagio. Un altro errore, un’altra coincidenza? Due giorni dopo, ha dichiarato zona rossa o zona protetta non più solo la Lombardia e le altre 11 province, ma tutta l’Italia. Perché ha aspettato due giorni? Per permettere che quelli che scappavano dalle zone rosse diffondessero il contagio nel resto d’Italia, oppure per un errore o per una coincidenza? Tutto questo va a costare migliaia di morti. Se quel salernitano che si è filmato e messo in rete mentre sputa sulla frutta in un supermercato, con la scritta “Infettiamo!”, dovrebbe essere in galera, dove dovrebbe essere questo governo? Chi ha fatto più danni, più morti? I provvedimenti di restrizione della libertà di movimento, costituzionalmente sancita in modo rafforzato dall’articolo 16, e del diritto di riunione, possono essere opportuni per contenere il contagio. Ma con che faccia, con che legittimazione li emette un governo Conte, dopo aver commesso tutti quegli errori e quelle coincidenze?
    Con che faccia minaccia ulteriori restrizioni e vanta decine di migliaia di controlli e migliaia di denunce contro supposti trasgressori del suo decreto sospensivo delle libertà costituzionali? E minaccia il carcere contro persone che non fanno nulla, rispetto al danno che ha causato il governo stesso? E continuamente chiede all’opposizione di non fare polemiche? Chi ha commesso il reato di epidemia (articolo 438 Cp), se qualcuno lo ha commesso? E se i morti di questo virus non sono solo tre, come dicono fonti ufficiali. E come potranno i nostri bravi giudici giudicare legittimamente i trasgressori al decreto del presidente del Consiglio dei ministri contro la libertà di spostamento, se nessun procedimento e nessuna condanna saranno disposti per i colpevoli di tutti quegli errori e coincidenze? Ora mi immagino i complottisti abbandonarsi alle loro esorbitanti speculazioni. Mi aspetto che bercino qualcosa come: “Ecco, non possono essere tutti errori e coincidenze, in politica niente avviene per caso, un governo con tutti i suoi consiglieri tecnici e il dialogo col Quirinale non può commettere errori e coincidenze così numerosi e grossolani”.
    “Evidentemente la diffusione dell’epidemia era voluta e pianificata, e pianificata allo scopo di creare una situazione di emergenza che consentisse una sospensione della Costituzione e la sua sostituzione con un regime di controllo zootecnico della popolazione, per evitare elezioni che avrebbero messi in crisi il governo, creare le condizioni per poter rinchiudere, isolare e tracciare elettronicamente la gente, una grande prova del domani tecnologico. E in più un disastro economico, per la gioia degli speculatori internazionali a danno dell’Italia”.
    Ebbene, dichiaro che queste sono tutte fantasie morbose, e che si è trattato solo di errori scusabili e di coincidenze sfortunate, di governanti un po’ improvvisati, un po’ brocchi, che la Natura, senza loro colpa, non ha dotato delle facoltà necessarie a governare. Ma li abbiamo scelti noi; quindi queste cose, questo danno, rientrano nei costi della democrazia.
    I complottisti mi permettano di insegnare loro una cosa. Bisogna guardarsi dall’ incorrere in un errore molto comune in coloro che non hanno esperienza di ricostruzione forense dei fatti: l’errore che ci porta, esaminando e collegando i fatti a posteriori, a interpretarli in un modo o nell’altro, ravvisando questa o quella intenzione nei loro autori, a seconda dei nostri pregiudizi o dei nostri scopi. Però, nel caso in esame, con tutto il rispetto per il professor Conte e per il suo governo, allo scopo di ridare autorevolezza alle istituzioni in questa fase molto critica e di decisioni impegnative, soprattutto quelle di sospendere i diritti costituzionali e il funzionamento costituzionale del Parlamento e le votazioni, sarebbe bene che andassero subito a casa (anzi, in quarantena sotto chiave) e venissero sostituiti con coloro che, sin dall’inizio, tempestivamente, hanno invocato quei provvedimenti che ora, tardivamente, alla spicciolata, il governo prende, ma che, se assunti a quel tempo, avrebbero risparmiato molti morti e molta rovina economica, soprattutto nelle regioni portanti del paese. Dopo questa sostituzione, potremmo anche dirci, senza ridicolo, orgogliosi che il modello Italia di gestione dell’epidemia venga adottato in tutto il mondo.
    (Marco Della Luna, “Conte e la via italiana all’epidemia”, dal blog di Della Luna del 20 marzo 2020).

    Già il 31 gennaio il governo Conte-bis sapeva benissimo che stava arrivando un’epidemia, come prova il fatto che in quel giorno Conte firmò il decreto di stato di emergenza sanitaria, in cui si dice che occorrono misure eccezionali di prevenzione; poi però, per oltre un mese, non ha preso le misure per contenere il contagio. Perché? Fu un errore? Una coincidenza? Anzi, assieme a Zingaretti e altri, diffondeva dichiarazioni rassicuranti e minimizzanti: tutto è sotto controllo: un errore? Una coincidenza? Ha bloccato i voli in arrivo direttamente dalla Cina, non però gli arrivi indiretti, via qualche scalo, quindi il blocco era inutile: un errore? Una coincidenza? Il 30 gennaio Salvini aveva chiesto il blocco degli arrivi dalla Cina e la quarantena per i già arrivati, nonché altre misure urgenti. Reazione di Conte: «Qualcuno dovrebbe pagare per le sciocchezze». Fu un errore? Una coincidenza? Intanto Zingaretti, capo del principale partito di governo, incitava alla fiducia e ad abbracciare i cinesi, mentre la sinistra imprecava contro il razzismo dei fascio-leghisti. E Speranza, ministro della salute, appena qualche settimana fa dichiarava: «L’Italia è un grande paese, con il più alto livello di salvaguardia e sorveglianza sul coronavirus». Era un errore? Una coincidenza?

  • Magaldi: se gli Usa concedessero la grazia a Julian Assange

    Scritto il 11/2/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Gli Stati Uniti concedano la grazia a Julian Assange, vittima di una vera e propria persecuzione». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, interviene sul caso del giornalista australiano, creatore di WikiLeaks tuttora in carcere nel Regno Unito, in attesa di essere estradato negli Usa. «Se le rivelazioni di WikiLeaks sulle nefandezze commesse dal potere militare non hanno causato vittime – precisa Magaldi, in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – sarebbe bene che le autorità statunitensi mettessero fine a questa tormentata vicenda, graziando Assange». Secondo Magaldi, va comunque tenuto conto che i “leaks” diffusi da Assange potrebbero aver messo in pericolo operatori dell’intelligence, svelandone l’identità. «Inoltre – aggiunge Magaldi – la denuncia di Assange si è concentrata esclusivamente sugli Usa, ignorando le analoghe scorrettezze commesse da paesi come la Russia e la Cina: di questo, dovrebbe essere lo stesso Assange a scusarsi pubblicamente». Oltretutto, «solo un’assoluta imparzialità rende più autorevole la fonte, che viceversa potrebbe essere accusata di aver fatto il gioco di qualcuno».
    Tutto questo, ribadisce Magaldi, «nulla toglie alla grandezza dell’opera di Assange, che ha disvelato, all’opinione pubblica occidentale, l’incorenza di chi si ammanta della retorica democratica». Meglio ancora sarebbe stato se Assange avesse prodotto analoghe rivelazioni «su chi non tenta neppure di apparire rispettoso dei diritti e dei valori della democrazia». Tra i più accesi difensori di Assange, un reporter di razza come Paolo Barnard, un anno fa sistematosi sotto le finestre dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per reclamarne la liberazione. Al momento del primo arresto, anche Barnard aveva manifestato riserve: mettere in piazza nomi e cognomi, inclusi quelli di tanti 007, può mettere in serio pericolo operatori “coperti”, impegnati sul terreno e non per forza coinvolti in operazioni inaccettabili. Poi però, di fronte alla clamorosa persecuzione riservata ad Assange – con casi giudiziari costruiti a tavolino – Barnard ha cambiato posizione: picchiare duro su Assange, ormai è chiaro, serve a minacciare indirettamente tutti i giornalisti che fossero intenzionati a fare il loro mestiere onestamente.
    «Colpirne uno per educarne cento», sintetizza Massimo Mazzucco, in web-streaming con Giulietto Chiesa su “Contro Tv”. «Il messaggio è chiaro: guai a chi prova a mettersi di traverso». Mazzucco e Chiesa prendono nota: gli Usa non esitano ad assassinare il numero due dell’Iran, Qasem Soleimani, poi tacciono sui raid arei di Israele in Siria (che hanno costretto un volo civile a un atterraggio d’emergenza) e applaudono – a Camere riunite – il presidente Trump che presenta come «unico e vero presidente legittimo del Venezuela» l’oscuro Juan Guaidò. «E’ stato il loro “uomo di paglia” scelto per rovesciare Maduro. Non ha funzionato, ma insistono ugualmente: tutti devono sapere che Washington ci riproverà, non tollerando che il suo potere venga sfidato». Quanto ad Assange, la sua sorte sembra segnata. «Un giornalista del “Guardian” – scrisse Barnard, un anno fa – mi ha confidato che l’ordine, in redazione, era di dimenticare Assange e abbandonarlo al suo destino». Oggi, Magaldi (che pure contesta al fondatore di WikiLeaks di non esser stato impeccabile) insiste: meglio sarebbe se si intavolasse un dialogo chiarificatore onesto. E sarebbe un gran gesto, da parte di Trump, concedere la grazia a Julian Assange.

    «Gli Stati Uniti concedano la grazia a Julian Assange, vittima di una vera e propria persecuzione». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, interviene sul caso del giornalista australiano, creatore di WikiLeaks tuttora in carcere nel Regno Unito, in attesa di essere estradato negli Usa. «Se le rivelazioni di WikiLeaks sulle nefandezze commesse dal potere militare non hanno causato vittime – precisa Magaldi, in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – sarebbe bene che le autorità statunitensi mettessero fine a questa tormentata vicenda, graziando Assange». Secondo Magaldi, va comunque tenuto conto che i “leaks” diffusi da Assange potrebbero aver messo in pericolo operatori dell’intelligence, svelandone l’identità. «Inoltre – aggiunge Magaldi – la denuncia di Assange si è concentrata esclusivamente sugli Usa, ignorando le analoghe scorrettezze commesse da paesi come la Russia e la Cina: di questo, dovrebbe essere lo stesso Assange a scusarsi pubblicamente». Oltretutto, «solo un’assoluta imparzialità rende più autorevole la fonte, che viceversa potrebbe essere accusata di aver fatto il gioco di qualcuno».

  • Soleimani come Massud: ucciso l’eroe, seppellirai la pace

    Scritto il 07/1/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Qassem Soleimani era certamente un militare, un duro, ma era anche uomo di Stato, un consigliere politico insostituibile per la “guida suprema” dell’Iran, l’ayatollah Alì Khamenei: in quella veste «ha dimostrato di essere un uomo di stabilizzazione, un tessitore, al pari della sua risolutezza come guerriero». Attenzione: nel 2001, un paio di giorni prima dell’11 Settembre, il leggendario guerrigliero afghano Ahmad Shah Massud venne ucciso in un attentato. Chi lo fece (il signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar, agente dell’Isi – l’intelligence pakistana, braccio operativo della Cia) sapeva benissimo che da lì a poco l’Afghanistan sarebbe stato invaso. I killer di Massud non volevano tra i piedi un eroe nazionale che rappresentasse un punto di stabilità per quel paese. «Chi ha ucciso Soleimani sa bene cosa sta per succedere e ha inteso togliere di mezzo preventivamente un perno di stabilità per tutta la regione». E’ l’analisi che Simone Santini offre, dal blog “Megachip”, per leggere tra le righe del caos scatenato dall’infame agguato terroristico statunitense, in territorio iracheno, costato la vita al leader dei Pasdaran, eroe nazionale iraniano e liberatore della Siria grazie alla storica sconfitta impartita al’Isis, la sanguinosa formazione terrorista sunnita finanziata e protetta dall’Occidente.
    Da Santini, uno sguardo disincantato e prospettico sul nuovo pericoloso incendio mediorientale, scatenato – colpendo l’Iran – per minare il possibile rafforzamento dell’asse tra Teheran e Pechino (e magari Mosca) nel quadro della “nuova guerra fredda” in corso (o, se si preferisce, Terza Guerra Mondiale a puntate). Già tre anni fa, all’indomani della elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, Santini elencava i compiti che sarebbero stati affidatio all’amministrazione Trump. Primo: ripristinare e proteggere l’economia interna, ricostruendo le sue basi fondamentali. Ovvero: Stati Uniti rimessi in pista come motore produttivo, manifatturiero, verso la piena occupazione, mettendo fine alle delocalizzazioni selvagge. Poi: distensione con la Russia, ma senza cedere nulla di quanto conquistato nel frattempo. Tradotto: «Congelamento dello status quo, fine delle aggressioni, reciproco rispetto formale e collaborazione laddove gli interessi fossero convergenti». Cruciale il capitolo Cina, come si è visto: massima competizione commerciale ed economica con Pechino, «ma senza spingere al momento sull’acceleratore del confronto militare». Sul medio periodo, prevedeva Santini, «si dovrà alzare sempre più l’asticella della competizione globale e porre Pechino davanti ad una scelta strategica: accettare la supremazia americana in cambio di una parziale condivisione dei dividendi dell’Impero oppure il confronto militare, sempre più aggressivo».
    E intanto: «Concentrarsi nell’immediato sullo scacchiere mediorientale, lo scenario più urgente». Dunque: «Fine della sponsorizzazione del jihadismo sunnita, che ha esaurito in quell’area la sua funzione, e spinta verso la democratizzazione delle petromonarchie del Golfo, a partire dall’Arabia Saudita. Il nemico principale, tuttavia – sottolineava Santini tre anni fa – torna ad essere lo sciismo politico e i suoi alleati, il cosiddetto asse della resistenza, e il suo centro nevralgico, l’Iran». Le linee di faglia su cui si sarebbe mossa l’amministrazione americana erano dunque ben visibili da subito, conferma oggi l’analista di “Megachip”. «Questi tre anni di presidenza, turbolenti, ci hanno poi confermato quelle direttrici e consentito di approfondire taluni approcci». In particolare, per quanto riguarda il confronto con l’Iran, «Trump è apparso bilanciarsi tra le due fazioni principali dello Stato Profondo statunitense che, semplificando e banalizzando, si potrebbero così riassumere: la fazione realista, “il partito dell’assedio”, per cui il nemico va accerchiato, logorato, ma non colpito a fondo perché poi diventa molto difficile ricomporre i cocci di quel che si è rotto; la fazione idealista, messianica, “il partito della guerra”, per cui vale il motto “colpisci per primo, colpisci due volte, e sui cocci pisciaci sopra”».
    Tra queste due posizioni “imperiali”, ne esistono tante altre, variegate e composite, e Trump è a cavallo di una di queste. «Nel gruppo di potere che lo ha portato alla Casa Bianca, ad esempio – scrive oggi Santini – ci sono quelli che vorrebbero concentrarsi esclusivamente sugli affari interni lasciando sullo sfondo il resto del pianeta, e le lobbies ultrasioniste il cui unico interesse è togliere di mezzo la Repubblica islamica iraniana». L’assassinio di Qasem Soleimani, secondo Santini, dimostra che il “partito della guerra” ha preso definitivamente il controllo della strategia nei confronti dell’Iran. «Se Trump abbia preso tale decisione o sia stato messo davanti al fatto compiuto sarà materia di dibattito per gli storici, ma non cambia la situazione», aggiunge l’analista. «In ogni caso, c’è chi ritiene prevalente l’ipotesi di una decisione diretta del presidente, soprattutto per scopi elettorali: creare un nemico esterno imminente lo aiuterebbe a tirarsi fuori dai guai interni, richiesta di impeachment e collaterali (va aggiunto che anche Israele è, di nuovo, in campagna elettorale, e questa tornata è esistenziale per Netanyahu ancor più che per Trump)». La tesi opposta è quella di un Trump che non vorrebbe lo scontro diretto, ma vi è spinto dai falchi del complesso militare-industriale. «Tutto più o meno plausibile», annota Santini: «Personalmente propendo per una ipotesi intermedia, rifacendomi anche ad un precedente storico», quello di Bill Clinton.
    Durante tutto il 1998, l’allora presidente vide montare in maniera virulenta lo scandalo Lewinsky, un sexgate che portò alla sua incriminazione per spergiuro ed ostacolo alla giustizia. «Clinton non aveva a cuore la crisi internazionale che si stava profilando all’orizzonte, il Kosovo: sapeva a malapena dove si trovasse». Poi, improvvisamente – continua Santini – nell’autunno inoltrato di quell’anno, «quando lo scandalo interno era al culmine, decise di mettere la crisi balcanica al centro della sua azione politica». Miracolo: «Altrettanto improvvisamente la crisi interna si sgonfiò». E la crisi del Kosovo, «da affare regionale, divenne affare globale». Si domanda Santini: «Furono molto bravi gli strateghi di Clinton a sviare l’attenzione o, piuttosto, il sexgate rivelò la sua vera natura?». Si trattò quindi di «uno strumento di pressione montato ad arte da alcuni centri di potere, per fare sì che il presidente, e alcuni altri centri di potere che egli rappresentava, portassero gli Stati Uniti in guerra». In altre parole: «Sventolando il Kosovo davanti a Clinton fu facile trovare un accordo win-win: tu ci dai la guerra e il sexgate finisce nel dimenticatoio». Mutatis mutandis, può essere accaduto lo stesso in questa fase tra Trump, i gruppi di potere del Deep State, l’impeachment e l’Iran.
    A questo punto, prosegue Santini nella sua analisi, si fa un gran discutere su quali potrebbero essere le future mosse degli iraniani: la preoccupazione di una escalation è fortissima e tangibile, visto che si temono ripercussioni drammatiche. «Alcuni analisti sostengono che gli Usa stiano scherzando col fuoco, che hanno commesso un errore fatale, che la politica estera statunitense è allo sbando, chiaro segnale del loro inarrestabile declino». Santini non è affatto d’accordo: «Ritengo invece che questa escalation, questa accelerazione di fase, sia stata lucidamente pianificata e perseguita». Infatti, le due conseguenze immediate che ha già prodotto «sono esattamente quelle che gli americani si attendevano». Tanto per cominciare, «l’Iran si è ritirato dall’accordo nucleare». Il governo di Rouhani-Zarif ha resistito fino all’ultimo: «Ha resistito alla denuncia unilaterale del trattato da parte americana, che lo rendeva di fatto vuoto, ha resistito alla imposizione di ulteriori pesantissime sanzioni che stanno avendo profondi effetti sulla società iraniana». I politici di Teheran «hanno più volte chiesto sostegno diplomatico agli immobili e tremebondi paesi europei, inutilmente».
    Ora, aggiunge Santini, «l’atto terroristico americano, una sorta di dichiarazione di guerra, ha colpito sotto la cintola la componente moderata del potere iraniano», che di fatto «non può più resistere alle pressioni della componente radicale senza esserne travolta sul piano interno». E così, «gli Stati Uniti hanno di nuovo lo strumento retorico e mediatico principe da brandire contro l’Iran e contro i riottosi alleati europei per giustificare le prossime aggressioni: la paura della bomba atomica in mano agli ayatollah (e poco importa se tale minaccia sia sempre stata inesistente, conta solo che venga percepita come tale)». La seconda conseguenza, poi, secondo Santini è molto sottile da interpretare: «Che il Parlamento iracheno abbia decretato la cacciata delle truppe straniere di occupazione dal paese potrebbe sembrare una sconfitta per gli americani, ma così non è». Il governo iracheno infatti è fragilissimo, di fatto dimissionario dopo le imponenti manifestazioni popolari contro corruzione e condizioni economiche dei mesi scorsi, represse a costo di centinaia di morti e migliaia di feriti, e che si sono interrotte solo in seguito alla promessa del premier Abdul-Mahdi di dimettersi. «Un governo in queste condizioni non ha la minima forza per imporre la decisione assunta contro gli Stati Uniti».
    L’Iraq si trova, oggettivamente, in una condizione di pre-guerra civile. «Se fossi uno stratega americano, o israeliano, farei il possibile per favorire tale drammatico esito», scrive Santini. Tutti nemici: iracheni contro curdi e sunniti contro sciiti, ma le divisioni interne travagliano le stesse componenti sciite. «Il mondo sciita non è monolitico», spiega Santini: «In particolare, la dottrina khomeinista ha prodotto al suo interno una profonda frattura di ordine religioso ma con importanti riflessi politici», dato che «religione e politica nell’Islam si intrecciano intimamente». In Iraq «esistono fazioni sciite radicali ma nazionaliste (la principale è quella che fa capo a Moqtada al Sadr) e fazioni sciite altrettanto radicali ma filo-iraniane (che si richiamano alla ideologia e organizzazione degli Hezbollah libanesi)». Gli sciiti nazionalisti iracheni – aggiunge Santini – mal sopportano (è un eufemismo) l’ascesa egemonica degli sciiti filo-iraniani in Iraq. Sicchè, lo scontro armato è all’ordine del giorno, visto che «questi partiti, gruppi e fazioni sono tutti strutturati in organizzazioni paramilitari». Dare la parola alle armi? «Sarebbe possibile se il paese sprofondasse nel caos», in una sorta di “tutti contro tutti” dagli esiti imprevedibili.
    In quel caso, conclude Santini, «l’Iran sarebbe risucchiato in questa guerra civile irachena e ne uscirebbe ulteriormente dissanguato». Dopo due guerre che hanno raso al suolo l’Iraq, emerge una verità di fondo: «Gli americani in questi lunghi anni di occupazione hanno dimostrato di non avere la forza militare sufficiente per imporre la loro egemonia, ma ce l’hanno a sufficienza per “controllare” una guerra civile, aperta o sotterranea, indefinitamente, finché fosse nel loro interesse». Ed ecco che, alla luce di questa analisi, risulta meno “folle” e incomprensibile l’efferata uccisione del grande tessitore carismatico Soleimani, che Santini – in modo davvero suggestivo – accosta alla fine, altrettanto atroce, che la longa manus terroristica degli Usa riservò al “leone del Panshir”, l’eroe nazionale afghano che (come il guerriero Soleimani) avrebbe avuto il prestigio, l’autorevolezza e la popolarità per imporre la pace, mettendo fine alle ingerenze internazionali nel suo tormentato paese. Ieri il comandante Massud, oggi il generale Soleimani: e i registi della morte provengono dalla medesima capitale, Washington.

    Qassem Soleimani era certamente un militare, un duro, ma era anche uomo di Stato, un consigliere politico insostituibile per la “guida suprema” dell’Iran, l’ayatollah Alì Khamenei: in quella veste «ha dimostrato di essere un uomo di stabilizzazione, un tessitore, al pari della sua risolutezza come guerriero». Attenzione: nel 2001, un paio di giorni prima dell’11 Settembre, il leggendario guerrigliero afghano Ahmad Shah Massud venne ucciso in un attentato. Chi lo fece (il signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar, agente dell’Isi – l’intelligence pakistana, braccio operativo della Cia) sapeva benissimo che da lì a poco l’Afghanistan sarebbe stato invaso. I killer di Massud non volevano tra i piedi un eroe nazionale che rappresentasse un punto di stabilità per quel paese. «Chi ha ucciso Soleimani sa bene cosa sta per succedere e ha inteso togliere di mezzo preventivamente un perno di stabilità per tutta la regione». E’ l’analisi che Simone Santini offre, dal blog “Megachip“, per leggere tra le righe del caos scatenato dall’infame agguato terroristico statunitense, in territorio iracheno, costato la vita al leader dei Pasdaran, eroe nazionale iraniano e liberatore della Siria grazie alla storica sconfitta impartita al’Isis, la sanguinosa formazione terrorista sunnita finanziata e protetta dall’Occidente.

  • Sapelli: salvare l’Ilva, è il nostro ultimo gioiello strategico

    Scritto il 07/11/19 • nella Categoria: idee • (1)

    Secondo una scuola di economisti neoliberali, non abbiamo più bisogno delle produzioni nazionali, perché l’acciaio si può acquistare, come qualsiasi altra commodity, sul mercato internazionale. Questa posizione sottovaluta però un fattore importante. L’acciaio è una materia prima lavorata, con differenti gradi di perfezione. Grazie al lascito della grande industria siderurgica nazionale di proprietà pubblica, gli acciai piani di Taranto sono di altissima qualità, tra i migliori al mondo. E in un paese caratterizzato dalla presenza di piccole e medie imprese, questi sono venduti per circa il 70% a copertura del fabbisogno nazionale. Di fatto le imprese metallurgiche, meccaniche e affini italiane possono acquistare questo acciaio di altissima qualità a un prezzo inferiore rispetto a quello dell’oligopolio internazionale. Quindi la chiusura dell’ultimo impianto a ciclo integrato rimasto in Italia sarebbe oltremodo grave: verrebbe meno uno dei pochi fattori che consentino alla nostra piccola e media impresa di resistere.
    Trovare una soluzione è molto difficile, anche perché il problema dell’ex Ilva risale nel tempo. Abbiamo visto avvicendarsi sentenze e provvedimenti con una lettura della responsabilità giuridica delle imprese che, se nel diritto anglosassone comporta sanzioni, nel caso di Taranto (con l’interpretazione che si è data del decreto legislativo 231 del 2001) ha comportato l’esproprio senza alcun processo degli stabilimenti che erano stati acquisiti dalla famiglia Riva e i sequestri di parte della produzione al posto delle multe. Tutto questo ha poi portato a quel provvedimento, certamente inconsueto in uno Stato di diritto, noto come “scudo penale” per Arcelor Mittal, in cambio delle bonifiche ambientali e dei necessari cambiamenti alla produzione. Il tira e molla su questo provvedimento, che ha avuto come protagonisti i 5 Stelle, ora ha indotto il gruppo franco-indiano a prendere la decisione a tutti ormai nota. Non credo che Arcelor Mittal a quel punto abbia poi voglia rimettersi in campo, perché le sono state fatte delle promesse che non sono state mantenute.
    Bisognerebbe trovare degli altri azionisti privati che subentrassero. Ho in mente per esempio Arvedi, che svolge le stesse produzioni utilizzando delle tecnologie che riducono altamente la possibilità di inquinamento. La nazionalizzazione? Non credo che sia una strada percorribile, per via delle regole europee. Cassa Depositi e Prestiti potrebbe anche entrare nel capitale, ma la cosa importante è trovare altri azionisti e dei manager capaci. Ma ci vorrebbe anche un governo che avesse dei ministri autorevoli, soprattutto allo sviluppo economico. A una cordata sembra stia pensando Renzi, dopo che Italia Viva ha votato insieme agli altri partiti di maggioranza per togliere lo “scudo penale” ad Arcelor Mittal. Quella di Renzi è la posizione che può esprimere una persona che è a capo di un conglomerato industriale, non che viene eletta dal popolo per fare gli interessi della nazione e occuparsi di problemi generali. È molto grave che un singolo parlamentare si faccia promotore addirittura di accordi industriali.
    Vuol dire che i neo-partiti personali sono agglomerati di imprenditori che di volta in volta contattano degli uomini politici, li mandano avanti per fare in modo che si preveda l’applicazione di determinate leggi e misure e attorno a questo raggiungono un consenso che abbia un peso elettorale. Intanto il Pd viene accusato di essersi appiattito sulle posizioni del Movimento 5 Stelle. Il Pd è da tempo che si allinea alle posizioni che io chiamo “esoteriche” dei 5 Stelle. Un tempo, quanti in Italia erano legati ai gruppi maoisti sostenevano che l’acciaio si potesse fare coi secchi, come secondo loro faceva Mao in Cina. Sappiamo però bene che occorre un altoforno, per questo. Adesso ci sono quanti sostengono che produrre acciaio non ha dei rischi ambientali. Li ha, ma abbiamo tutte le tecnologie idonee per evitarli. A Taranto non si è fatto molto, su questo punto, anche da parte degli enti pubblici. La Regione Puglia ha responsabilità enormi, da Vendola in poi, perché aveva tutti i mezzi legali per imporre almeno una copertura dei rifiuti metallici e impedire che il vento li portasse via.
    Poche settimane fa Whirlpool ha comunicato di voler chiudere lo stabilimento di Napoli, ora Arcelor Mittal fa un passo indietro da Taranto. Non è un caso, perché questo governo dà segni di grande debolezza, di grande fragilità, soprattutto di indeterminatezza nelle politiche industriali. Anche perché il Pd si è appiattito sulle posizioni dei 5 Stelle. Quindi gli investitori stranieri non si sentono più sicuri e naturalmente pensano già alle vie di fuga dall’Italia. Non escludo che ci siano gruppi esteri pronti all’assalto perché quello di Taranto, una volta risanato, è uno stabilimento di altissima professionalità e rappresenta il 70% del mercato italiano dell’acciaio (che vuol dire le industrie, soprattutto degli stampisti, meccaniche e metallurgiche, tra le migliori al mondo). Nel frattempo, in base ai contratti stipulati, anche senza produrre a Taranto Arcelor Mittal potrà rifornire i clienti dell’ex Ilva con l’acciaio realizzato all’estero. Questa è la cosa che mi preoccupa di più, perché vuole dire che si arriva a eradicare una parte della nostra industria.
    Penso che con questa vicenda dell’ex Ilva cominciamo ad arrivare al finale della “campagna d’Italia”, cioè alla spoliazione dell’industria italiana. Questa è una vicenda che comincia da Romano Prodi. Un modo per obbligare l’industria italiana, se vuole l’acciaio, a rifornirsi da qualcun altro. Chi se ne avvantaggia? Un po’ tutti i gruppi. Arcelor Mittal è un gruppo franco-indiano. I tedeschi, dopo la drammatica vicenda Thyssen, hanno avuto l’intelligenza di rifarsi. Quindi, come ripeto da tempo, i contendenti della campagna d’Italia sono la Francia e la Germania. Si può rimettere in piedi l’ex Ilva? Ci sarebbe il modo. Abbiamo azionisti privati, penso ad Arvedi; abbiamo anche le capacità manageriali. Ci vuole un sostegno pubblico, che però deve essere forte, autorevole e continuo nel lungo periodo. Cosa che non mi pare possibile oggi. Se c’è un ministro responsabile, mi appello a Gualtieri che mi sembra l’unico con queste caratteristiche nel governo: si dia da fare e si cerchi di separare la polemica pro o contro esecutivo dalla vicenda Ilva. La questione di fondo è salvare l’ex Ilva, qualunque governo ci sia.
    (Giulio Sapelli, dichiarazioni rilasciate a Lorenzo Torrisi per l’intervista “Caos Ilva, azionista privato e sostegno dello Stato, ecco come fare”, pubblicata dal “Sussidiario” il 6 novembre 2019).

    Secondo una scuola di economisti neoliberali, non abbiamo più bisogno delle produzioni nazionali, perché l’acciaio si può acquistare, come qualsiasi altra commodity, sul mercato internazionale. Questa posizione sottovaluta però un fattore importante. L’acciaio è una materia prima lavorata, con differenti gradi di perfezione. Grazie al lascito della grande industria siderurgica nazionale di proprietà pubblica, gli acciai piani di Taranto sono di altissima qualità, tra i migliori al mondo. E in un paese caratterizzato dalla presenza di piccole e medie imprese, questi sono venduti per circa il 70% a copertura del fabbisogno nazionale. Di fatto le imprese metallurgiche, meccaniche e affini italiane possono acquistare questo acciaio di altissima qualità a un prezzo inferiore rispetto a quello dell’oligopolio internazionale. Quindi la chiusura dell’ultimo impianto a ciclo integrato rimasto in Italia sarebbe oltremodo grave: verrebbe meno uno dei pochi fattori che consentono alla nostra piccola e media impresa di resistere.

  • Petizione: la Gruber è faziosa, va cacciata da Otto e mezzo

    Scritto il 07/10/19 • nella Categoria: segnalazioni • (14)

    «Non si permetta, io non dico sciocchezze!». L’ultima a protestare è Giorgia Meloni, che si è sentita presa a sberle in trasmissione, insolentita da Lilli Gruber. Il sulfureo Vittorio Feltri definisce la conduttrice di “Otto e mezzo” con poche parole: «Capace di dirigere con grande abilità un programma brutto, un ring dove non vince il più forte bensì il più cafone». Lilli Gruber? Sa anche prodursi in «qualcosa di disgustoso e fuori dalle elementari regole del giornalismo», sentenzia il mitico direttore di “Libero”. Perché allora non chiedere che cambi mestiere, la navigatissima giornalista di origine altoatesina che esordì al Tg2 nell’era Craxi? Facile a dirsi, ma la Lilli nazionale «ottiene buoni ascolti», aggiunge Feltri: «E Cairo, il padrone de “La7”, gongola». Tra chi non rinuncia alla speranza di vedere la televisione italiana “bonificata” dall’invadente presenza della Gruber c’è Marco Moiso, pubblicitario londinese, vicepresidente del Movimento Roosevelt. «Lilli Gruber – scrive, nel testo di una petizione su “Change.org” – non sembra essere in grado di fare il mestiere della giornalista in maniera obiettiva ed equanime». L’accusa: «Il suo stile di giornalismo, giudicato fazioso (e strumentale all’agenda politico-finanziaria neoliberista), offende troppe persone per poter continuare ad avere uno spazio importante come quello di “Otto e Mezzo”».

  • L’astronauta Worden: siamo noi gli alieni, veniamo da lassù

    Scritto il 01/10/19 • nella Categoria: segnalazioni • (5)

    «Siamo noi, gli alieni: da dove credete che veniamo?». Il colonnello Al Worden, astronauta dell’Apollo 15 e detentore di numerosi record, non ha atteso le clamorose ammissioni dell’Us Navy sugli Ufo per stupire il pubblico. Ci aveva pensato già nel settembre del 2017, rilasciando in televisione una dichiarazione pubblica «sconcertante e, come sempre, passata sotto il totale silenzio dei media internazionali», scrive l’antropologo Enrico Baccarini, documentarista della “Bbc” e direttore della rivista “Archeomisteri”. Appassionato studioso delle antiche civiltà indiane e autore di svariati saggi, Baccarini appartiene – come Graham Hancock – alla corrente di pensiero che rivaluta i testi dell’antichità: non libri “sacri”, ma cronistorie attendibili che narrano le avventure di quelli che, a tutti gli effetti, sembrano essere antichi astronauti. E ora ci si mette anche la Nasa, che ha editato il saggio “Archeology, Anthropology and Interstellar Communication”: secondo il curatore, Douglas Vakoch, è possibile che i nostri antenati abbiano scambiato per “divinità” quei misteriosi visitatori. Il primo a crederci è proprio un veterano dello spazio come Worden: secondo cui, addirittura, gli alieni saremmo noi. Tecnicamente: discendenti di antichi “profughi” cosmici.
    Alfred Merril Worden (nato Jackson, in Mississippi, il 7 febbraio 1932) è un celebre astronauta statunitense. Fu il pilota del modulo di comando per la missione lunare Apollo 15 nei mesi di luglio e agosto 1971, ricorda Baccarini sil suo sito. Proprio il colonnello Worden fu uno dei 19 astronauti scelti dalla Nasa nell’aprile 1966. Servì come membro dell’equipaggio di supporto della missione Apollo 9 e come pilota comandante del modulo di comando di riserva della missione Apollo 12. Pilotò anche il modulo di comando per l’Apollo 15, dal 26 luglio al 7 agosto 1971. I suoi compagni di volo furono David Scott, comandante del veicolo, e James Irwin, comandante del modulo lunare. Secondo la Nasa, l’Apollo 15 fu la quarta missione con equipaggio a metter piede sul suolo lunare e la prima ad esplorare il Ruscello di Hadley e i Monti Appennini, situati sul bordo sud-est del Mare Imbrium, spazio ora desertico del satellite naturale della Terrra. Per Baccarini, Warden è «una figura di tutto rispetto». Come ingegnere aeronautico e astronauta della Nasa, «ha vissuto una vita addentrandosi ad avere una mente razionale e scientifica, ma ancor più a vagliare e analizzare ogni informazione prima di “parlare”».
    Cos’ha detto, due anni fa, a proposito delle nostre origini? «Siamo noi gli alieni: pensiamo che sia qualcun altro, e invece siamo noi quelli che sono venuti da qualche altra parte». Quello che Warden evoca è una specie di esodo spaziale: partiti da chissà dove, dice, i nostri progenitori arrivarono sulla Terra perché qualcuno di loro doveva pur sopravvivere. «Sono saliti su un piccolo veicolo spaziale e sono venuti qui, sono atterrati e hanno iniziato la civiltà qui: questo è quello che credo». Insiste l’astronauta: «Se non mi credete, andate a prendere i libri sugli antichi Sumeri e vedete cosa avevano da dire al riguardo, ve lo diranno subito». L’allusione è alla sumerologia, resa popolare dai saggi divulgativi di Zecharia Sitchin: le tavolette mesopotamiche raccontano lo sbarco sulla Terra dei potenti Anunna, o Anunnaki, che poi ibridarono il loro Dna con quello degli ominidi, per dare origine all’homo sapiens. Nell’intervista, rilasciata a “Good Morning Britain” sulla rete inglese “Itv”, Worden sostiene apertamente che gli umani sono i discendenti da una razza extraterrestre legata agli antichi astronauti e che, per varie ragioni, si sono fermati nel nostro pianeta dando inizio alla nostra specie e detenendo un ruolo chiave nell’evoluzione della civiltà umana.
    In più, Worden consiglia di leggere gli antichi testi sumerici per avere una chiara idea di quanto detto. «Cosa poter aggiungere? Si tratta del delirio senile di un astronauta? Non pensiamo proprio», scrive Baccarini. «Anzi: riteniamo che queste affermazioni debbano essere prese con la giusta importanza che meritano». La teoria degli antichi astronauti, detta anche paleocontatto o paleoastronautica, è quell’insieme di teorie che ipotizzano un contatto tra civiltà extraterrestri e antiche civiltà umane, quali sumeri, egizi, popoli dell’India antica e civiltà precolombiane. Questa teoria, ricorda Baccarini, iniziò a diffondersi verso la fine degli anni ’50, quando giornalisti e studiosi di varie estrazioni iniziarono a ipotizzare che, nel remoto passato del nostro pianeta, una o più civiltà altamente progredite e provenienti dallo spazio esterno avessero interagito con noi, e forse in certi casi letteralmente “creato” la nostra specie. A distanza di quasi settant’anni – aggiunge Baccarini – questo campo di studi è riuscito a collezionare una serie di evidenze ed elementi tali da non lasciare altre possibilità interpretative, al riguardo.
    Le affermazioni di Al Worden non sono certamente le prime e non saranno le ultime: Baccarini ricorda quelle dell’astronauta Edgar Mitchell, scomparso nel 2016. Otto anni prima, in un’intervista radiofonica, aveva dichiarato: «Da ambienti militari e governativi sono venuto a conoscenza del fatto che il fenomeno Ufo è reale, che ci sono stati contatti tra esseri umani ed esseri extraterrestri, e che questi contatti sono tuttora in corso». Né Warden né Mitchell ci portano alla “pistola fumante” per confermare definitivamente questa costellazioni di tesi, ammette Baccarini. Ma, provenendo da fonti così autorevoli, queste affermazioni «non possono certamente essere prese sotto gamba». Peraltro, «risultano sintomatiche di una linea di pensiero che, di giorno in giorno, sembra acquisire sempre più fautori». Uno degli aspetti più interessanti investe anche la reinterpretazione delle testimonienze archeologiche: alcune figure umanoidi, inicise nella roccia, sembrano indossare tute e caschi. E’ possibile che antichi astronauti extraterrestri abbiano visitato il nostro pianeta in un remoto passato e ritenuti dai nostri antenati come divinità discese dal cielo? Secondo “Archeology, Anthropology and Interstellar Communication”, pubblicato dalla Nasa, l’antica arte rupestre potrebbe essere il segno delle loro visite passate.
    Alcuni dei capitoli più interessanti – segnala sempre Baccarini – trattano il tema della comunicazione extraterrestre nel passato. «In una sezione, ad esempio, il professor William Edmondson, dell’Università di Birmingham, considera la possibilità che alcune raffigurazioni di arte rupestre sulla Terra possano essere di origine extraterrestre». In realtà, aggiunge Edmondson, non abbiamo certezze: «Possiamo dire poco su ciò che significano queste raffigurazioni, sul perchè siano state incise nella roccia o su chi le abbia create». Addirittura, aggiunge il professore, «potrebbero essere state fatte degli alieni a tutti gli effetti». Come riporta il “Daily Mail”, la pubblicazione affronta una serie di argomenti con l’intervento di numerosi esperti, tra cui la prospettiva di vita su altri pianeti e gli strumenti attraverso i quali inviare o ricevere messaggi. Il curatore, Douglas Vakoch, da parte sua parla delle difficoltà che potrebbero sorgere a seguito di un primo contatto con una civiltà aliena: sa segnali radio, dice, «potremmo intuire l’esistenza di un’intelligenza, ma non potremmo capire cosa dico». E aggiunge: «Anche se rilevassimo una civiltà in uno dei sistemi stellari più vicini, i loro segnali dovrebbero attraversare migliaia di miliardi di chilometri, raggiungendo la Terra dopo molto tempo».
    Ma la speranza non è perduta: in tutto il libro, Vakoch e colleghi cercano di offrire soluzioni concrete che possano rivelarsi preziose per il futuro. «Per andare oltre la semplice individuazione di tale intelligenza, e avere qualche possibilità realistica di comprenderla, possiamo prendere esempio da ricercatori che affrontano sfide simili sulla Terra», continua Vakoch: «Come gli archeologi, che ricostruiscono la storia di civiltà del passato da informazioni frammentarie, così dovranno fare i ricercatori del Seti per comprendere civiltà lontane da noi, separate da vaste distese di spazio e tempo». Il Seti (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) è un progetto finanziato dalla Nasa dal lontano 1971. Missione: rilevare la presenza di vita intelligente nello spazio oltre la Terra. A quanto pare sono stati fatti passi da gigante, in questa direzione, se è vero che l’astronauta Edgar Mitchell parla di contatti stabili e regolari con entità aliene. Nel suo libro, Vakoch (Nasa) resta sul vago, è vero. In compenso, Al Worden sostiene che i discendenti degli alieni siamo noi. Affermazioni destabilizzanti, ovviamente, fino a ieri sostanzialmente ignorate dai grandi media. Ora invece è il Pentagono a rifarsi avanti: per suggerirci – sia pure a piccole dosi – che tra noi e gli equipaggi degli Ufo c’è probabilmente una lunga storia, che forse sta per essere raccontata.

    «Siamo noi, gli alieni: da dove credete che veniamo?». Il colonnello Al Worden, astronauta dell’Apollo 15 e detentore di numerosi record, non ha atteso le clamorose ammissioni dell’Us Navy sugli Ufo per stupire il pubblico. Ci aveva pensato già nel settembre del 2017, rilasciando in televisione una dichiarazione pubblica «sconcertante e, come sempre, passata sotto il totale silenzio dei media internazionali», scrive l’antropologo Enrico Baccarini, documentarista della “Bbc” e direttore della rivista “Archeomisteri”. Appassionato studioso delle antiche civiltà indiane e autore di svariati saggi, Baccarini appartiene – come Graham Hancock – alla corrente di pensiero che rivaluta i testi dell’antichità: non libri “sacri”, ma cronistorie attendibili che narrano le avventure di quelli che, a tutti gli effetti, sembrano essere antichi astronauti. E ora ci si mette anche la Nasa, che ha editato il saggio “Archeology, Anthropology and Interstellar Communication”: secondo il curatore, Douglas Vakoch, è possibile che i nostri antenati abbiano scambiato per “divinità” quei misteriosi visitatori. Il primo a crederci è proprio un veterano dello spazio come Worden: secondo cui, addirittura, gli alieni saremmo noi. Tecnicamente: discendenti di antichi “profughi” cosmici.

  • A chi obbediscono le docili istituzioni del Protettorato Italia

    Scritto il 21/9/19 • nella Categoria: segnalazioni • (15)

    Finalmente anche all’opinione pubblica è arrivato il problema della condizione internazionale dell’Italia come paese dominato da altri paesi – Francia e Germania – che sono in grado di imporre, anche con l’aiuto della Ue e della Bce che stringono o allargano la borsa all’Italia secondo le convenienze di Parigi e Berlino, politiche e governi contro l’interesse e la volontà nazionale. Da diversi anni vado spiegando che la funzione reale del Presidente, nell’ordinamento costituzionale e internazionale reale – ripeto: reale – è quella di assicurare alle potenze dominanti sull’Italia, paese sconfitto e sottomesso, l’obbedienza del governo e delle istituzioni elettive. Affinché possa svolgere cotale ruolo contrario al bene della nazione, il Presidente, nella struttura costituzionale, è posto al riparo della realtà e delle responsabilità politiche. Grazie a ciò può metter su governi che sa benissimo non avere il consenso del popolo, bensì quello di potentati stranieri portatori di interessi contrapposti a quelli italiani e ammantati di falso europeismo. Sia pure con differenziazioni tra loro, i sociologi della scuola italiana (Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca, Robert Michels) ravvisano una costante, ossia una legge empirica, nella strutturazione sociale: ogni società è dominata da una élite od oligarchia e non si governa da sé.

  • Grillo decisivo: dalla “rivoluzione” alla palude giallorossa

    Scritto il 11/9/19 • nella Categoria: idee • (4)

    Vuoi vedere che c’è un nesso tra il voltafaccia di Grillo, improvvisamente innamoratosi del “partito di Bibbiano e della Boschi”, e le indagini su suo figlio Ciro, indiziato per stupro, emerse solo dopo l’accordo per il Conte-bis anche se i fatti risalirebbero a luglio? L’ipotesi è maliziosamente ventilata su “Micidial” da Massimo Bordin, vicino all’elettorato dei 5 Stelle: chi votò Di Maio nel 2018 lo fece «perché contrario alla politica del governo precedente, guidato da un partito – il Pd – a torto o a ragione considerato la quintessenza del “sistema”». Come accettare che ora il M5S vada a braccetto con Renzi? Voltagabbana, d’accordo: ma non è che li hanno minacciati? Suona perlomeno sospetto, sostiene Bordin, il perfetto sicronismo tra le rotture simmetriche di Salvini e Grillo per staccare la spina al governo gialloverde. Alla richiesta di Salvini (elezioni anticipate), Grillo ha risposto a stretto giro di posta, sdoganando improvvisamente il Pd. Ma a parte le dietrologie di Bordin, dichiaratamente sopra le righe («questo pezzo è ironico e vietato ai cretini: dunque non leggetelo, se non avete senso dell’umorismo») c’è chi pensa che il M5S non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un semplice contenitore di dissenso, per dirottare la rabbia popolare verso esiti innocui. Solo gatekeeping per elettori ingenui? Non la pensa così Gioele Magaldi: senza i 5 Stelle, dice, la politica italiana sarebbe ancora congelata nel vecchio freezer.
    Eminente dietrologo, autore del saggio “Massoni” in cui smaschera i maggiori protagonisti della politica italiana rivelandone l’identità supermassonica (l’affiliazione alle superlogge internazionali), Magaldi inforca gli occhiali della politologia per rivendicare giustizia per i 5 Stelle: solo la “discesa in campo” di Grillo – sostiene, in video-chat su YouTube – ha reso fluido il panorama politico italiano, prima ingessato nel finto scontro tra centrodestra e centrosinistra. Due forze che hanno paralizzato per decenni qualsiasi riforma progressista, sottoponendo entrambe il paese alla ricetta imposta dal neoliberismo imperante, somministrato agli europei (sotto forma di austerity) attraverso la tecnocrazia di Bruxelles. Taglio dei deficit, aumento delle tasse, privatizzazioni e precarizzazione del lavoro. Vero obiettivo, fissato dall’élite neo-oligarchica della massoneria reazionaria: impedire allo Stato di continuare a produrre benessere diffuso. Il sociologo Luciano Gallino la chiamò “lotta di classe alla rovescia”, sintetizzando: è stata un’operazione storica, che ha drenato risorse dal basso verso l’alto, grazie alla finanziarizzazione globalizzata dell’economia che ha impoverito la classe media, erodendo i risparmi e costringendo i giovani alla disoccupazione o alla precarietà di lavoretti iper-flessibili e sottopagati. Risultato automatico: il boom dei grillini e ora della Lega.
    E’ stato proprio Grillo, ricorda Magaldi, a terremotare la palude italiana: senza di lui, staremmo ancora a parlare (in modo sempre più surreale) di destra e sinistra. Terminologie sepolte dalla storia e dall’attualità, oggi tornate in voga in modo abusivo: il nuovo ministro dell’economia Roberto Gualtieri, in quota alla componente teoricamente “di sinistra” del governo “giallorosso”, in realtà «viene dai bassi ranghi della cucina neoliberista e neoaristocratica europea», vale a dire «la destra economica più reazionaria». Non a caso, Gualtieri fu addirittura «applaudito da Christine Lagarde», la lady di ferro del Fmi che mise in ginocchio il popolo greco, costringenolo alla fame. Per contro, tra le fila della Lega spiccano gli unici economisti virtualmente “di sinistra” sulla scena politica, come i keynesiani Alberto Bagnai (Senato) e Antonio Maria Rinaldi (Parlamento Europeo). Meglio rottamarla, la dicotomia destra-sinistra, se serve solo a imbrogliare le carte. E il primo a farlo – ricorda sempre Magaldi – fu proprio Beppe Grillo, dieci anni fa, con il movimento creato insieme a Gianroberto Casaleggio. Lo stesso Magaldi, peraltro, non ha mai fatto sconti ai grillini, colpevoli di troppe confusionarie incongruenze e qualche imperdonabile ipocrisia. Per esempio, quella sulla massoneria: demonizzata in pubblico ma frequentata sottobanco.
    «Era massone, Gianroberto Casaleggio», dice Magaldi: «E fu lui stesso a dirmi che non intendeva rivelarlo». Il figlio, Davide, lo ha smentito a mezzo stampa: «Mio padre non è mai stato massone». Casaleggio junior, però, si è sottratto all’invito di Magaldi: «Partecipi con me a un incontro pubblico: gli spiegherò quando e come suo padre fu iniziato massone, e perché non voleva che si sapesse». Da Casaleggio a Di Maio, il passo è breve: «In modo ipocrita e anche incostituzionale, i 5 Stelle hanno vietato ufficialmente ai massoni l’accesso al Movimento e all’area gialloverde, pur sapendo che il primo governo Conte era imbottito di massoni, da Tria a Moavero, per non parlare dei sottosegretari». Primo: discriminare qualcuno per la sua appartenenza è contrario alla Costituzione. Secondo: era massone Meuccio Ruini, coordinatore della Costituente. «Niente di strano: se l’Italia fosse meno ipocrita, ammetterebbe che la stessa democrazia – libertà, diritti, suffragio universale – è una conquista storica della massoneria». Ma a parte i grembiulini, a sconcertare è stato il vuoto politico dei 5 Stelle. Ai tanti proclami non è mai seguito quasi nulla. In un solo anno, i grillini al governo hanno disatteso tutte le loro promesse: elettori traditi sull’obbligo vaccinale, sul Muos e gli F-35, sulle trivelle in Adriatico, sull’Ilva di Taranto, sul gasdotto Tap, e infine anche sul Tav Torino-Lione. Politica alternativa? Non pervenuta. Mai una parola chiara sul paradigma economico da adottare. Un caso?
    A proposito di gatekeeping: già nel 2016, Grillo tentò in modo tragicomico di traslocare il gruppo europarlamentare, lasciando l’Ukip populista di Farage per gli ultra-euristi dell’Alde. E questo, dopo aver agitato lo spettro di un referendum sull’euro. Almeno a parole, la Lega lo ha affrontato davvero, il problema-Bruxelles (i grillini, mai). Era stato Salvini, infatti, a candidare all’economia Paolo Savona: già ministro con Ciampi – e non a caso temuto da Draghi e Juncker – Savona avrebbe avuto l’autorevolezza necessaria a rinegoziare condizioni favorevoli all’Italia. Azzoppato sul nascere, il governo gialloverde si è ridotto alla misera elemosina del “reddito di cittadinanza” trasformato in un’amara beffa, mentre solo la Lega (con le pensioni facilitate da Quota 100) ha messo mano, davvero, all’economia delle famiglie. La Flat Tax? Sabotata con le dimissioni forzate del suo ideatore, Armando Siri, e poi insabbiata da Tria e da Conte insieme all’altro escamotage leghista per aggirare l’euro-rigore, cioè l’introduzione di moneta parallela (“minibiot”, crediti fiscali scambiabili). Dai grillini, nessuna vera battaglia. Ma peggio: i 5 Stelle hanno gatto harariki facendo eleggere la tedesca Ursula von der Leyen, candidata della Merkel, alla Commissione Europea: un ceffone plateale, rifilato a Salvini (e agli italiani).
    Checché ne pensi Bordin, che evoca il possibile giallo politico sul figlio di Grillo, non stupisce più di tanto il voltafaccia del Beppe nazionale, che ora ha costretto Di Maio a ingoiare Renzi e accettare Conte come nuovo “leader di fatto”, perfetto supplente per la smarrita scolaresca grillina, terrorizzata all’idea di perdere la poltrona in caso di elezioni anticipate. Nemmeno Salvini, peraltro, sarebbe sufficiente a cambiare le regole del gioco. A differenza della maggioranza degli osservatori, Magaldi sostiene comunque che il leader della Lega abbia scelto accuratamente di rompere, consapevole del fatto che, viceversa, sarebbe finito in trappola: la nuova finanziaria lo avrebbe costretto a deludere gli elettori, grazie all’azione frenante esercitata da Conte su ordine dei poteri eurocratici anche attraverso i consueti terminali italiani, dal Quirinale a Bankitalia. Ci si sono messi anche i giornali, che hanno gonfiato la barzelletta del Russiagate, polpetta avvelenata cucinata da servizi segreti (di quelli italiani la delega è rimasta a Conte, non al ministro dell’interno). Ma neppure i magistrati hanno scherzato: quelli siciliani hanno accusato Salvini di “sequestro di persona” per aver impedito lo sbarco di migranti (che in realtà erano liberi di andarsene altrove). E quelli di Genova hanno condannato la Lega a versare 49 milioni di euro allo Stato: il conto esorbitante di un ammanco presunto, solo teorico, calcolato in base ai rimborsi elettorali pluriennali, e non legato alla cifra contestata a Bossi (inferiore al milione di euro) quando Salvini era solo consigliere comunale a Milano. Messaggio chiarissimo: tagliare i fondi a un partito, impedendogli materialmente di fare politica, significa privare gli elettori di precisi diritti democratici. Evidente il fine: sbarazzarsi di Salvini, con ogni mezzo. Magari il più classico: la congiura di palazzo all’italiana, attingendo all’endemico trasformismo parlamentare, alla faccia degli elettori.
    Attenzione: Salvini non ha subito gli eventi. Secondo Magaldi, al contario, li ha calcolati con precisione e tempismo. Se ha tardato tanto a staccare la spina (Giorgetti premeva per la rottura già alle europee) è stato per lasciare pochissimo tempo all’inciucio, di fronte allo spettro dell’aumento dell’Iva nel caso saltasse la finanziaria: se avessero voluto davvero evitare le elezioni, o almeno un super-rimpasto (cacciando Conte e Tria) i “traditori” avrebbero dovuto ribaltare la loro posizione dalla sera alla mattina, di fronte agli italiani – come infatti è avvenuto. Risultato: lo sconcio è visibile dalla Luna. E questo pone Salvini (non vittima, ma regista dell’operazione) in una posizione privilegiata: potrà demolire ogni giorno gli eroi del Conte-bis, preparandosi all’incasso. Non senza prima “aver studiato”, aggiunge Magaldi: Salvini sa benissimo che la sua Lega – già profondamente migliorata, rispetto al Carroccio nordista di Bossi – non è ancora adeguata alla guida del paese. Per molti aspetti è assai meglio della concorrenza, ma non basta: occorre crescere ancora in senso keynesiano, per sfidare la Disunione Europea – non con l’arma spuntata del sovranismo, opportunistico e miope, ma chiedendo a Bruxelles una Costituzione democratica capace di restituire vera sovranità ai cittadini europei.
    Senza riscrivere i trattati non si va da nessuna parte: il Conte di turno non potrà che replicare gli inchini di Letta, Renzi e Gentiloni, sperando solo nelle briciole (come quelle che ora probabilmente saranno elargite, assolutamente insufficienti a rilanciare l’economia italiana). Primo passo: chiedere di stralciare dal bilancio le misure salva-Italia. E cioè: taglio del cuneo fiscale per le aziende, abbattimento delle tasse per tutti, investimenti produttivi e rigenerazione delle infrastrutture strategiche. Temi su cui insiste il Movimento Roosevelt presieduto da Magaldi, tra i padri del cantiere politico del “Partito che serve all’Italia”. Obiettivo: rianimare la prospettiva progressista, resuscitando la democrazia sostanziale. «Non serve creare l’ennesimo partitino autoreferenziale», chiarisce Magaldi: occorre un partito di massa, capace di cavalcare «le praterie che si sono aperte». Alle europee un elettore su tre ha votato Lega, ma quasi metà degli aventi diritto ha disertato le urne: italiani nauseati dal Pd, delusi dai 5 Stelle, non convinti da Salvini. Magaldi appare fiducioso: presto o tardi, sembra dire, la verità risulterà evidente anche ai più sprovveduti. E chi ancora dorme sarà svegliato dalle “meraviglie” del Conte-bis, condannato in partenza a obbedire ai diktat di chi ha messo l’Italia nei guai. Con buona pace dei grillini, che hanno sconcertato il loro elettorato. Oggi risalirebbero nei sondaggi manistream? Strano: alle ultime regionali sono letteralmente scomparsi. E ora il voto in Umbria e in Emilia dirà cosa resta, davvero, del grande bluff pentastellato.08:37 11/09/2019

    Vuoi vedere che c’è un nesso tra il voltafaccia di Grillo, improvvisamente innamoratosi del “partito di Bibbiano e della Boschi”, e le indagini su suo figlio Ciro, indiziato per stupro, emerse solo dopo l’accordo per il Conte-bis anche se i fatti risalirebbero a luglio? L’ipotesi è maliziosamente ventilata su “Micidial” da Massimo Bordin, vicino all’elettorato dei 5 Stelle: chi votò Di Maio nel 2018 lo fece «perché contrario alla politica del governo precedente, guidato da un partito – il Pd – a torto o a ragione considerato la quintessenza del “sistema”». Come accettare che ora il M5S vada a braccetto con Renzi? Voltagabbana, d’accordo: ma non è che li hanno minacciati? Suona perlomeno sospetto, sostiene Bordin, il perfetto sicronismo tra le rotture simmetriche di Salvini e Grillo per staccare la spina al governo gialloverde. Alla richiesta di Salvini (elezioni anticipate), Grillo ha risposto a stretto giro di posta, sdoganando improvvisamente il Pd. Ma a parte le dietrologie di Bordin, dichiaratamente sopra le righe («questo pezzo è ironico e vietato ai cretini: dunque non leggetelo, se non avete senso dell’umorismo») c’è chi pensa che il M5S non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un semplice contenitore di dissenso, per dirottare la rabbia popolare verso esiti innocui. Solo gatekeeping per elettori ingenui? Non la pensa così Gioele Magaldi: senza i 5 Stelle, dice, la politica italiana sarebbe ancora congelata nel vecchio freezer.

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