Archivio del Tag ‘banane’
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Per chi suona la campana: ricordatevi di restare sottomessi
Vi invito a rileggere il significato del battesimo, soprattutto alla luce degli ultimi studi sulle proprietà dell’acqua di assumere forme differenti. Quello è veramente uno studio bellissimo, inaugurato da Masaru Emoto. Hanno visto come cambia, l’acqua, quando la si fa cristallizzare in condizioni ambientali particolari. Ora si sono fatti passi avanti. S’è visto che la molecola dell’acqua mantiene la sua struttura (chimicamente è sempre acqua) ma le molecole, sottoposte a sollecitazioni differenti, si aggregano e formano delle strutture differenti, con proprietà differenti e con capacità di avere memoria differente. Questo è un fatto che metterà in crisi tutto il fronte medico e anche quello farmacologico, perché viviamo ancora in un sistema dove ci si curia con il protocollo sanitario ospedaliero. Io penso proprio a questo, all’epigenetica, cioè alla capacità dei nostri geni di mutare, sulla base di sollecitazioni esterne, emotive. Ci penso anche a proposito del battesimo cristiano: ritengo il battesimo un momento nel quale vengono attivate delle memorie. Questo è indiscutibile – e non ho mai visto un bambino ridere, al suo battesimo. Ma questo ragionamento l’ho applicato soprattutto sul suono delle campane, che è uno degli aspetti più intriganti che si possono incontrare, quando si studiano le strumentazioni clericali: tutto fa pensare, infatti, che il suono delle campane possa indurre precise alterazioni, in noi.Perché suonavano le campane? Per avvisare che stava inziando la messa: non c’erano ancora gli orologi. Oggi, per sapere dove si trova la chiesa e quando comincia la messa ci basta consultare lo smartphone da 50 euro che abbiamo tutti in tasca: è uno strumento di prigionia, per questo costa così poco. Una volta, le campane servivano anche per gli scongiuri: per allontanare la grandine, per invocare la pioggia e interrompere la siccità (oggi invece basta premere il tasto di un Boeing per irrorare il cielo di alluminio e provocare pioggia o neve, caldo o freddo). Eppure le antiche campane suonano ancora: perché? Sapete, il suono delle campane – la possibilità di suonarle – viene ratificato ogni anno, a livello istituzionale: il clero cattolico è appositamente autorizzato dalla legge, a usare le campane delle chiese. Provate voi a prendete un tamburo: salire sul tetto di casa vostra e mettetevi a suonarlo ogni ora, e vedrete se non vi faranno smettere. Il suono delle campane, invece, è contrastabile legalmente solo nella misura in cui arreca disturbo, con un’emissione di decibel superiore a quella consentita, al punto da essere riconosciuto come fonte di inquinamento acustico. Viceversa, quel suono è inarrestabile. Perché allora le suonano ancora, le campane? La Chiesa non fa mai niente, a caso. C’è sotto qualcosa, no?Io ho fatto un’analisi partendo dall’epigenetica, la scienza che studia come i nostri geni possono cambiare, in tempi rapidissimi, in base alle condizioni ambientali che incontriamo. Cioè: quello che viviamo fa reagire i nostri geni in maniera differente, e trasmette queste informazioni ai nostri figli (che però non hanno vissuto la nostra esperienza). Hanno fatto uno studio su delle cavie, veramente interessante. Hanno preso delle cavie e le hanno messe in un contenitore, per un determinato periodo di tempo. All’accendersi di una luce azzurra, le cavie venivano molestate. Trasferite in un altro contenitore, appena riaccesa la luce azzurra le cavie diventavano nervose: sapevano che sarebbero arrivate le molestie. “Apprendimento diretto”, si chiama in etologia. Poi però hanno fatto riprodurre queste cavie, quindi hanno preso i loro piccoli e li hanno messi in un’altra stanza, in un altro contenitore: i figli non avevano mai visto la luce blu, ma appena si accendeva diventavano inquieti: reagivano cioè come i loro genitori, che invece le molestie le avevano sperimentate e subite, associate alla luce azzurra. I ricercatori hanno quindi visto che l’esperienza negativa dei genitori è finita geneticamente nella prole.Altro capitolo: i sopravvissuti della Shoah. Immaginate come si poteva vivere in un campo di concentramento, con quei livelli di stress estremi. A un certo punto sopravvivevano solo i fortunati che non venivano selezionati per lo sterminio. Quelli che riuscivano a resistere, spesso, erano anche i soggetti che avevano abbassavato la loro soglia di reazione all’atroce stimolo ricevuto da quell’ambiente spaventoso, altrimenti sarebbero morti d’infarto. Una ricerca universitaria americana ha scoperto che i figli dei reduci della Shoah hanno una propensione molto alta ad ammalarsi: il loro sistema immunitario scatta in ritardo, esattamente come scattava in ritardo la reattività dei loro genitori, che avevano rallentato i loro campanelli d’allarme, perché altrimenti scoppiava il loro sistema vitale. I figli hanno dunque ereditato l’atteggiamento dei genitori: ma i figli non ci sono mai stati, nei campi di sterminio. Un fenomeno analogo lo si è osservato sulle scimmie: un esperimento dimostra che possono “imparare”, anche loro, da esperienze che non hanno mai vissuto direttamente, sulla loro pelle.Ci sono 4 scimmie, in una stanza. A un certo punto viene fatta calare una banana dal soffitto. La prima scimmia si avventa sulla banana e, appena la afferra, si apre il pavimento sottostante: tutte le scimmie precipitano, insieme, in una vasca d’acqua gelida. Così, la seconda volta che calano la banana, nessuna scimmia si azzarda più a prenderla. Al che, tolgono una delle 4 scimmie iniziali e ne introducono una nuova. Appena compare la banana, la nuova scimmia si protende per afferrarla, ma le altre tre – che sanno cosa vuol dire (acqua fredda) – bloccano la nuova arrivata: guai ad avvicinarsi, a quella banana. Lei quindi non la tocca, ma senza sapere perché: però capisce che non deve prenderla. L’esperimento va avanti sostituendo gli animali. Tolgono un’altra scimmia, delle prime quattro iniziali, e ne mettono un’altra nuova – quindi: ci sono due scimme “vecchie”, una terza che già sa che non deve prendere la banana, più la scimmia nuova, la quarta. Non appena la banana ricompare, proprio quest’ultima scimmia cerca di afferrarla, ma viene prontamente fermata: non solo dalle prime due scimmie, che ricordano il bagno nell’acqua gelida, ma anche dalla terza scimmia, che nell’acqua non c’è finita mai. Alla fine, sostituiscono tutte le scimmie. Omai ci sono soltanto scimmie nuove: ma nessuna di loro osa più avvicinarsi alla banana che viene calata.Nel VI secolo dopo Cristo viene introdotta dal Papa la suonata delle campane. Il suono delle campane viene introdotto agli albori di un periodo che segnerà un inasprimento generale delle condizioni di vita: di lì a poco, il potere temporale della Chiesa diverrà assoluto. Le campane suoneranno tutte le volte che qualcuno sarà processato e condannato, tutte le volte che un eretico verrà sottoposto all’Auto da Fè, alla gogna. Succederà ogni volta che la persona torturata verrà messa su un carro e trascinata per la città, coperta di sacchi e abiti penitenziali. Tutti potranno udire il suono delle campane. Hai preso la banana? Finisci nell’acqua fredda. Hai rifiutato la Chiesa? Bruci sul rogo, al suono delle campane. Le campane suonavano sempre, ogni volta che si affacciava sul pubblico un Papa, o un vescovo, presentandosi all’altare per dettare le sue condizioni. Da 1200 anni a questa parte, la campana ha suonato ininterrottamente. Trasmettendoci un messaggio ben preciso: stai attento, perché a comandare sono “loro”. Quindi obbedisci, perché chi non l’ha fatto è finito male.Il suono della campana crea uno stato psicofisico che è l’antitesi dell’eros. Nel nostro contesto culturale, quel suono va a predisporci a temere qualcosa che incombe. E questo ci fa stare più buoni: in altre parole, sottomessi. La Chiesa romana riceve ogni anno 6 miliardi di euro dallo Stato italiano? Be’, pazienza. “Sbattezzarsi”? Ma no, si pensa – lasciamo perdere. E le campane, intanto, continuano a suonare. Eppure, il suono della campana è uno strumento raffinatissimo. Hai voglia a protestare, a dire “signori, guardate che avete stancato, con queste campane”: non smetteranno mai. Oltre un millennio di efficacissima tecnologia, per un formidabile controllo sociale. Lo confesso: mi piacerebbe se, prima o poi, si facesse un vero e proprio studio clinico, di carattere epigenetico, per verificare il tipo di alterazioni ormonali che si viene a creare, su un intero popolo, mediante il suono delle campana. Sarebbe interessante comparare il risultato con quello delle regioni del mondo dove non esistono campane che suonano. Credo che avremmo risultati veramente sorprendenti.(Michele Giovagnoli, dichiarazioni rilasciate nel febbraio 2018 alla conferenza “La messa è finita”, ripresa su YouTube. Naturalista, alchimista e scrittore, autore di libri come “Alchimia selvatica” e “Impara a parlare con gli alberi”, Giovagnoli ha pubblicato anche il saggio “La messa è finita”, ovvero “Come liberarsi del più subdolo dei parassiti – gli acutissimi strumenti di dominio in dotazione al clero”, UnoEditori, 175 pagine, euro 12,90).Vi invito a rileggere il significato del battesimo, soprattutto alla luce degli ultimi studi sulle proprietà dell’acqua di assumere forme differenti. Quello è veramente uno studio bellissimo, inaugurato da Masaru Emoto. Hanno visto come cambia, l’acqua, quando la si fa cristallizzare in condizioni ambientali particolari. Ora si sono fatti passi avanti. S’è visto che la molecola dell’acqua mantiene la sua struttura (chimicamente è sempre acqua) ma le molecole, sottoposte a sollecitazioni differenti, si aggregano e formano delle strutture differenti, con proprietà differenti e con capacità di avere memoria differente. Questo è un fatto che metterà in crisi tutto il fronte medico e anche quello farmacologico, perché viviamo ancora in un sistema dove ci si curia con il protocollo sanitario ospedaliero. Io penso proprio a questo, all’epigenetica, cioè alla capacità dei nostri geni di mutare, sulla base di sollecitazioni esterne, emotive. Ci penso anche a proposito del battesimo cristiano: ritengo il battesimo un momento nel quale vengono attivate delle memorie. Questo è indiscutibile – e non ho mai visto un bambino ridere, al suo battesimo. Ma questo ragionamento l’ho applicato soprattutto sul suono delle campane, che è uno degli aspetti più intriganti che si possono incontrare, quando si studiano le strumentazioni clericali: tutto fa pensare, infatti, che il suono delle campane possa indurre precise alterazioni, in noi.
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La super-banana di Bill Gates, che finge di aiutare l’Africa
L’ultima invenzione della Fondazione Bill e Belinda Gates è stata l’investimento di 15 milioni di dollari nello sviluppo di una banana transgenica con alto contenuto di vitamina A, vitamina E e ferro, con l’obiettivo di lottare contro la denutrizione in paesi africani come Uganda, Kenia, Tanzania, Ruanda, Congo, soprattutto diretto alla popolazione infantile. Stimano che possa evitare la morte di più di 700.000 bambini e che possa evitare che altri 300.000 perdano la vista. Questa ricerca la sta sviluppando la Università Tecnologica del Queensland attraverso il lavoro diretto dal professor James Dale, ed è già in fase di prova con esseri umani. Spiegato in questo modo, chiunque potrebbe pensare che è una buona iniziativa filantropica contro la fame. Nonostante ciò, ricordo la conversazione con un amico che fece un viaggio in luna di miele girando l’Etiopia. Quando mi raccontava il viaggio al suo ritorno gli chiesi come aveva mangiato, dato che era stato in uno dei paesi con l’indice più basso di nutrizione al mondo. La sua risposta fu chiara: la carta Visa funzionava perfettamente.Non si tratta quindi di un deficit di vitamine e nutrienti che necessita urgentemente l’intervento di un angelo filantropico per aumentare la produzione di superalimenti. Si tratta di accesso al cibo. Si tratta di povertà e distribuzione della ricchezza. Però, oltre le discussioni teoriche, cosa pensano i contadini africani? Gli ugandesi, ad esempio, pensano che le loro banane autoctone sono perfette e che è secoli che le coltivano e si alimentano di esse. «Questa banana Ogm è un insulto al nostro cibo, alla nostra cultura, a noi come nazione, e la condanniamo fermamente», disse Bridget Mugambe, membro dell’Alleanza per la Sovranità Alimentare in Africa (Afsa). Questa settimana, la sua piattaforma si è unita a più di 120 organizzazioni di tutto il mondo con l’obiettivo di inviare una carta aperta condannando la Superbanana e la ricerca finanziata da Gates. Allora, se gli africani non l’hanno chiesto, qual’è l’interesse nello sviluppare questa coltivazione transgenica?Una risposta senza dubbio l’avremo nelle conlcusioni dello studio della organizzazione “Community Alliance for Global Justice”, che afferma che la Fondazione Bill e Belinda Gates è già proprietaria di 500.000 azioni della principale multinazionale di semi transgenici, la tristemente celebre Monsanto. Altri studi, oltre a ciò, indicano che l’obiettivo della coltivazione di queste banane non sarebbe l’Africa, ma sarebbe l’affidarsi a una licenza diretta ai mercati dei paesi del nord, dove la banana continua ad essere uno dei frutti tropicali più apprezzati e in aumento. Sia quale sia il consumatore finale, quello che sappiamo è che si tratta del piano che le grandi multinazionali della biotecnologia hanno stabilito per continuare l’espansione delle loro coltivazioni. Dopo il loro fallimento in Europa, ora il nuovo El Dorado si chiama Africa, e la scusa si chiama fame.(Javier Guzman, “La super-banana di Billa Gates”, da “Rebelion” del 18 dicembre 2014, tradotto da “Come Don Chisciotte”).L’ultima invenzione della Fondazione Bill e Belinda Gates è stata l’investimento di 15 milioni di dollari nello sviluppo di una banana transgenica con alto contenuto di vitamina A, vitamina E e ferro, con l’obiettivo di lottare contro la denutrizione in paesi africani come Uganda, Kenia, Tanzania, Ruanda, Congo, soprattutto diretto alla popolazione infantile. Stimano che possa evitare la morte di più di 700.000 bambini e che possa evitare che altri 300.000 perdano la vista. Questa ricerca la sta sviluppando la Università Tecnologica del Queensland attraverso il lavoro diretto dal professor James Dale, ed è già in fase di prova con esseri umani. Spiegato in questo modo, chiunque potrebbe pensare che è una buona iniziativa filantropica contro la fame. Nonostante ciò, ricordo la conversazione con un amico che fece un viaggio in luna di miele girando l’Etiopia. Quando mi raccontava il viaggio al suo ritorno gli chiesi come aveva mangiato, dato che era stato in uno dei paesi con l’indice più basso di nutrizione al mondo. La sua risposta fu chiara: la carta Visa funzionava perfettamente.