Archivio del Tag ‘Barbara Tampieri’
-
L’imam filo-Pd e la fiction del terrore, da Osama all’Isis
“La verità è così preziosa che bisogna proteggerla sempre con una cortina di bugie”. (Winston Churchill). Il livello di propaganda che emana dai media in questa grande campagna d’autunno all’insegna della strategia della tensione globale ha ormai superato ogni limite di tolleranza, per non dire di decenza. Credo che oramai questa cosa del “più la bugia è grossa e più la gente la crederà” stia loro sfuggendo di mano. La saggezza popolare, quella che, nella scritta sul muro qui sopra, sfida il nemico fantasmatico a palesarsi nel reale per un virile e decisivo fare a cazzotti, è sempre pronta a vedere la nudità dell’imperatore e ogni volta che appare un nuovo nemico già ex-amico, una nuova compagine terroristica dal nome improbabile, un nuovo babau – anche se non è ancora stato trovato un caratterista all’altezza dell’Osama Bin Laden fatto morire nell’epico finale della serie “Al Qaeda” – è sempre meno disposta a crederci. La grossezza della bugia deve diventare quindi enormità, essa si gonfia fino a che un giorno, inevitabilmente, non potrà che esplodere in faccia a coloro che l’hanno creata ed hanno continuato a gonfiarla a dismisura credendo di poterlo fare all’infinito.Si comincia a credere sempre meno alla narrazione di ogni ennesimo attentato anche se non si appartiene alla categoria dei complottisti, perché nel mondo dell’informazione mainstream 2.8, stanno esagerando, secondo me, con quella che ormai non è nemmeno più affabulazione ma pura mitopoiesi. E’ una cascata di menzogne con l’aggravante della presunzione dell’idiozia totale dell’ascoltatore. Le palle, di tutti i colori, rotolano in salotto dal televisore trasformandocelo in un’area bimbi dell’Ikea. La creazione del nemico è fatta di caratteristi ed improbabili macchiette che lo risulterebbero anche in un film di 007, dei quali ormai si lanciano al pubblico solo i pochi brandelli rimasti dopo che si sono fatti immancabilmente esplodere, tra cui sempre gli incredibili passaporti intonsi. A volte sono solo nomi senza volto, Carneadi assurti agli onori della cronaca per ancor meno del quarto d’ora sindacale. Immagini fuggenti che però rimangono bene impresse nella mente, come solo i fantasmi riescono a fare.Vogliamo parlare dei famigerati filmati dell’Isis mandati regolarmente alla Signora Katz (alla quale scommetto nessuna intelligence va a chiedere come faccia ad avere sempre il canale aperto con l’Isis)? Lì vale il trucco del “non possiamo ovviamente mostrarvene le immagini”. E’ noto che basta offrire un lieve input al nostro inconscio per farlo scatenate in immaginazioni degne del peggior incubo. All’inizio il messaggio è “Jihadi John è un terrorista islamico che ha tagliato la testa ad un prigioniero occidentale”. Poi vi fanno vedere uno vestito ed incappucciato di nero (il Babau) con un coltello in mano e il prigioniero inginocchiato. Vi descrivono cosa accade in seguito ma non vi fanno vedere ovviamente le immagini, tanto voi ve le figurate lo stesso il più crude possibile e meglio di qualsiasi Eli Roth alla regia. Una volta stabilito il collegamento islamico=tagliagole attraverso lo shock emotivo della decapitazione fantasticata, senza contare l’evocazione di un archetipo come il sacrificio umano, basterà solo nominare “Isis” o anche solo “coltello”, e tutti risponderanno correttamente con la vampata di terrore che paralizza e sconvolge e l’odio verso il boia fantasma di turno.Siamo cani infedeli, è vero, ma cani di Pavlov. Questo è nient’altro che condizionamento operante.Un arnese vecchio come il cucco ma che, a quanto pare, ancora funziona. Non so se ve ne siete accorti ma, con questi ultimi attentati interpretati dai caratteristi islamici, gli sceneggiatori globalisti dello spin-off di “Al Qaeda”, ovvero “Isis”, stanno cercando di palestinizzare l’Europa. E visto che il masterplan in Europa è il governo unico, la sbobba unica europea che governi il meticciato ingovernabile del prossimo regno delle corporation post Ttip, dopo Parigi la prossima location del tour della paura non può che essere Bruxelles. E’ ovvio che, se il terrorismo minaccia Bruxelles, ci vuole più Europa. Con la speranza forse che “sarà l’Isis a far nascere l’Europa” (“il discorso di Hollande tocca un punto cruciale: che è stata colpita l’Europa, non la Francia. E che quando si parla di confini non si parla di quelli nazionali. Forse la tragedia di Parigi può essere la svolta per il Vecchio Continente”).Un’altra cosa che non credo riusciranno a reggere in eterno, oltre le spudorate menzogne, è l’imposizione della dissonanza cognitiva tra Islam terrorista cattivo / Islam di pace e moderato. Già si fatica a capire perché, mentre si sta facendo di tutto per farci percepire gli islamici come terroristi sanguinari e tagliagole, e quindi farceli odiare, allo stesso tempo ci stiano riempiendo di islamici a strafottere, con l’obbligo di accoglierli, amarli e di non indulgere nell’islamofobia (una delle cinquanta sfumature del piagnonismo minoritario politicamente corretto). Ma come si fa? Pretenderebbero che li odiassimo (come Netanyahu, ad esempio) e allo stesso tempo li amassimo cristianamente come Papa Francesco. La percezione quantistica dell’Islam. “Ti odio e poi ti amo e poi ti amo e poi ti odio e poi ti amo”, cantava Mina, ma era una canzone. Qui siamo in guerra e in guerra non è concepibile non sapere chi è il nemico o ondeggiare nell’indeterminazione, a meno che ciò non serva a qualcuno e noi siamo solo pupazzi ammaestrati o i cani di Pavlov di cui sopra.E’ ovvio che non tutti i musulmani sono jihadisti e wahabiti e che non tutti gli imam sono come quello a Brest che insegna ai bambini che la musica è haram e che chi l’ama sarà tramutato in porco, altrimenti non esisterebbe la pregevolissima musica mediorientale.D’altra parte nelle manifestazioni di condanna degli islamici al terrorismo (dallo slogan chiaramente spin #notinmyname), nonostante il tentativo di farle passare per oceaniche dalla solita informazione che esegue solo gli ordini, si è trattato di appena 400-500 gatti tra il solito piddinume da parata ed esclusi l’omaccia della Cgil, il Landini ingolfato, il centrodestra in tracce (Casini e Cicchitto) e le istituzioni in contumacia. A Milano hanno rischiato di essere stati di più al raduno degli ex-paninari in S.Babila. Insomma il “da che parte stanno” che in guerra è di prammatica e durante la Seconda Guerra Mondiale mandò i giapponesi d’America in campi di concentramento, è ancora per noi un mistero. Perciò, quando senti l’Allahu akbar gridato dai saraceni appena sbarcati, è l’antico sangue templare che ti ribolle nelle vene o solo il timore che, una volta in Europa, l’islamico pacifico e moderato getti la maschera e vada a dar di rota alla vecchia scimitarra?Vi è un’innegabile ambiguità islamica che permette a qualcuno di manipolarla a scopo di creazione del caos. Ciò che mi sembra interessante chiedersi, a questo punto, è perché diavolo le istituzioni islamiche, più che scendere inutilmente e vergognosamente in quattro gatti in piazza in favore di telecamera, non denuncino l’evidente strumentalizzazione globalista dei suoi estremisti jihadisti a progetto per scopi che paiono servire più che altro i loro nemici storici ed il loro alleato in bisinissi l’Arabia Saudita, per non parlare dei doppiogiochisti turchi, da sempre con un piede nell’Islam e l’altro in Europa. Perché insomma queste istituzioni moderate, di pace e fratellanza, che dovrebbero rappresentare i buoni ed onesti tra i musulmani, non dicano: “Ci siamo accorti anche noi che è un grande inganno e vogliamo denunciarlo perché ci danneggia come danneggia voi”. Invece, zitti.Cari saraceni, non è che ci state credendo veramente a questa reconquista, per caso? Non crederete anche voi, spero, alla telenovela della Katz con il trailer della Tour Eiffel che crolla nel prossimo episodio? Pensate che facendo i piddini e campagna elettorale per loro, ciò possa servire alla causa del profeta? Ci costringete quindi proprio ad odiarvi, noi che volevamo solo amarvi? Perché sappiate che islamico + piddino raddoppia i punti e si completa prima la raccolta.(Barbara Tampieri aka Lameduck, “Il tempo dell’inganno universale”, da “L’Orizzonte degli Eventi” del 22 novembre 2015).“La verità è così preziosa che bisogna proteggerla sempre con una cortina di bugie”. (Winston Churchill). Il livello di propaganda che emana dai media in questa grande campagna d’autunno all’insegna della strategia della tensione globale ha ormai superato ogni limite di tolleranza, per non dire di decenza. Credo che oramai questa cosa del “più la bugia è grossa e più la gente la crederà” stia loro sfuggendo di mano. La saggezza popolare, quella che, nella scritta sul muro qui sopra, sfida il nemico fantasmatico a palesarsi nel reale per un virile e decisivo fare a cazzotti, è sempre pronta a vedere la nudità dell’imperatore e ogni volta che appare un nuovo nemico già ex-amico, una nuova compagine terroristica dal nome improbabile, un nuovo babau – anche se non è ancora stato trovato un caratterista all’altezza dell’Osama Bin Laden fatto morire nell’epico finale della serie “Al Qaeda” – è sempre meno disposta a crederci. La grossezza della bugia deve diventare quindi enormità, essa si gonfia fino a che un giorno, inevitabilmente, non potrà che esplodere in faccia a coloro che l’hanno creata ed hanno continuato a gonfiarla a dismisura credendo di poterlo fare all’infinito.
-
Grecia: strage per depressione di massa, made in Germany
La Gabanelli vi intrattiene con sapienza proponendovi un po’ di senso di colpa a buon mercato per le povere oche spiumate? «Bene, avete sofferto tanto: il distrattore ha funzionato», scrive Barbara Tampieri. Ma se volete inorridire veramente – non per la mattanza di oche, ma di esseri umani – c’è un documentario greco che racconta «l’epidemia di depressione che è calata sul paese come un castigo biblico». La terapia-choc, made in Germany, ha provocato «un disastro mentale su larga scala, un genocidio senza sparare un colpo», con la piena complicità della propaganda dei media. «L’ansia, il senso di colpa, quello di vergogna e la disperazione possono essere inoculati a milioni di persone, mentre si opera criminalmente per derubarle della propria ricchezza e gettarle nella disperazione. E’ istigazione collettiva al suicidio. E’ la prova di un crimine contro l’umanità, uno dei più efferati, che però non interessa a nessuno, tanto meno a coloro che vorrebbero esportare, dopo il grande successo in Grecia, la medesima terapia da noi e nel resto dell’Europa di seconda classe. Per liberarsi delle nuove vite indegne di essere vissute. O che hanno vissuto al di là delle proprie possibilità».“La Grecia che si dispera, la Grecia che spera”: tra le testimonianze raccolte nel video pubblicato su Vimeo, oltre a quelle degli operatori psichiatrici dei centri di aiuto che raccontano le cifre della tragedia, l’aumento del 28% dei suicidi e l’impennata della depressione tra la popolazione, «stringono il cuore quelle dei bambini e i loro disegni, con quei soli neri: piccoli già vittime del convincimento che siano stati sì i politici a ridurre le loro famiglie alla fame ma che soprattutto la colpa sia stata di quelle famiglie, di avere “speso troppi soldi”». Eppur, dice un intervistato, «non chiedevamo tutto quel benessere, siamo gente semplice». Scrive la Tampieri su “L’Orizzonte degli Eventi”: «C’è un particolare sadismo in colui che ti toglie la felicità sostenendo che se sei stato felice fino ad ora non ne avresti avuto diritto. C’è un che di pedagogia nera dall’origine inconfondibile in questo senso di colpa inoculato come un veleno in popolazioni talmente solari, per restare in tema, da inventarsi una terapia a base di risate per tentare di sopportare l’angoscia del quotidiano». Uno dei testimoni dice, a un certo punto: «Noi abbiamo il sole. Sono riusciti a farci sentire in colpa per avere il sole».Una donna, il cui stipendio si è ormai dimezzato e non riesce più a pagare il mutuo, esprime la rabbia di chi ha capito chi l’ha ridotta alla disperazione: «La banca avrebbe dovuto sapere che non sarei stata in grado di pagare le rate, avrebbe dovuto saperlo meglio di me». Un uomo racconta di essere invecchiato di vent’anni in poco tempo. Non si suicida, dice, perché non vuole lasciare solo il figlio, un bambino al quale riesce a dare da mangiare solo un piatto di fagioli. Però il padre ha già preparato la corda appesa, e la mostra. «Un popolo intero, quindi, in preda alla depressione, una depressione provocata scientificamente dall’invidia di chi è convinto di non potersi meritare il sole a meno di toglierlo agli altri con la violenza», scrive Tampieri. «Un popolo che sembra purtroppo fin troppo adagiato sul proprio destino, se è vero che pensa di affidarsi come unica speranza al toy boy delle damazze eurofile, quel Tsipras che, sì, poveri greci, ma l’euro non si tocca».«Questo documentario mi ha fatto stare male – scrive ancora Barbara Tampieri – perché la depressione la conosco, è la cosa più terribile che possa capitarti e l’ho avuta addosso per dodici anni. Conosco quel dolore atroce e quell’assoluta disperazione che ti danno le bellissime giornate di cielo terso, quando normalmente dovresti essere felice solo per il fatto di esistere e vedere tutta quella bellezza. Conosco quella vocina insistente che ti dice: “Non hai speranza, davanti a te c’è solo un muro nero oltre al quale c’è il nulla, il futuro non esiste, ammazzati”».E conclude: «Sono paranoica e complottista se penso che in fondo non si abbia alcun interesse a debellare la depressione ma anzi, si voglia non solo perpetuarla ma renderla endemica? Perché un popolo depresso è più facilmente controllabile, può essere sottomesso più alla svelta e difficilmente ti farà una rivoluzione perché, come per i lemming, basterà portarlo in cima al burrone e penserà da sé a suicidarsi. Come in Grecia».La Gabanelli vi intrattiene con sapienza proponendovi un po’ di senso di colpa a buon mercato per le povere oche spiumate? «Bene, avete sofferto tanto: il distrattore ha funzionato», scrive Barbara Tampieri. Ma se volete inorridire veramente – non per la mattanza di oche, ma di esseri umani – c’è un documentario greco che racconta «l’epidemia di depressione che è calata sul paese come un castigo biblico». La terapia-choc, made in Germany, ha provocato «un disastro mentale su larga scala, un genocidio senza sparare un colpo», con la piena complicità della propaganda dei media. «L’ansia, il senso di colpa, quello di vergogna e la disperazione possono essere inoculati a milioni di persone, mentre si opera criminalmente per derubarle della propria ricchezza e gettarle nella disperazione. E’ istigazione collettiva al suicidio. E’ la prova di un crimine contro l’umanità, uno dei più efferati, che però non interessa a nessuno, tanto meno a coloro che vorrebbero esportare, dopo il grande successo in Grecia, la medesima terapia da noi e nel resto dell’Europa di seconda classe. Per liberarsi delle nuove vite indegne di essere vissute. O che hanno vissuto al di là delle proprie possibilità».
-
Io borghese di merda e tutti noi scarafaggi da schiacciare
«Ma tu non eri di sinistra?», mi chiedeva con preoccupazione un mio follower twittarolo stamattina. Il fatto è, caro, che prima di tutto io sono una borghese di merda, e proprio per questo a vent’anni ero comunista. Non c’è da stupirsene perché sono i borghesi che scelgono la bandiera rossa senza averne la necessità. Marx, Lenin, Trockij, Che Guevara, Fidel Castro, erano tutti borghesi, perché è la borghesia che, quando l’élite esagera, che si tratti di incipriati aristocratici e pretacci o di latifondisti, capitalisti e padroni delle ferriere, fa le rivoluzioni. Sono stata di sinistra per un lungo tempo, prima che saltassero tutte le regole su chi dovesse stare dalla parte del popolo e chi invece doveva vendersi al Capitale. Perché qualcosa è successo, darling. Più o meno attorno al Sessantotto. E’ stato un processo lungo e difficile da allora, ma sta giungendo a compimento. La più grande operazione di pulizia sociale della storia. La fine della lotta di classe con la proclamazione del Capitale come vincitore. With a little help from his friends.Ti spiego il mio percorso. Sono una borghese, dicevo, e la mia è la classe media che, ad un certo punto, nel secolo scorso, è riuscita storicamente ad inglobare emancipandola anche tanta parte della classe operaia. Merito delle lotte dei borghesi dalla coscienza infelice di cui sopra, condotte assieme agli operai, certo, ma anche di un capitalismo che pensava che estendere la ricchezza a fasce più ampie della popolazione, facendo diventare i proletari classe media, significava più merci vendute, più profitti e più benessere per tutti. Il famigerato moltiplicatore. Ma già, Henry Ford era un nazifascista anche se pensava che aumentando il salario ai suoi operai questi avrebbero potuto comperare il modello T che fabbricavano. Quello della mia gioventù sembra un mondo perduto ed estinto; una meraviglia, sai, in confronto a quello di oggi. E sono sicura che te ne ricordi, perché non sei di primo pelo neppure tu.Uno stipendio in famiglia bastava a condurre una vita più che dignitosa dove non ti mancava nulla di veramente necessario. Esisteva ancora il concetto di superfluo e per quello c’era il «no, non ce lo possiamo permettere». Quel no ti aiutava a crescere e a capire che, una volta grande, te lo saresti guadagnato con il tuo lavoro, perché il lavoro ci sarebbe stato, secondo quello che avevi studiato e imparato a fare. Perfino con uno stipendio solo, con i risparmi (allora si riusciva a mettere da parte qualcosa ogni mese), la famiglia riusciva a comperarsi la casa dove viveva e, se lavoravano tutti e due i genitori, ci si comperava magari un’altra casa, al mare o in campagna o in montagna. Perché allora esistevano ancora le ferie e le vacanze non duravano meno di venti giorni. Per le malattie c’era il welfare, ad una certa età arrivavano la pensione e la liquidazione con la quale ti potevi togliere qualche sfizio in più o farti la casetta di cui sopra, perché i nonni non erano costretti a mantenere nipoti disoccupati.Erano i tempi in cui l’Italia stava diventando, pur tra corruzione, mafia e caste, e sottoposta a sovranità limitata come paese sconfitto, la quinta potenza industriale del mondo. Non erano tutte rose e fiori? Certo, c’erano come sempre i poveri e lo sfruttamento, il mondo era diviso in classi. C’erano la crisi petrolifera, il terrorismo di Stato, le bombe, le guerre imperialiste. Poi arrivò la shock economy, prima dal Sudamerica (però così lontano da noi) e poi nel mondo anglosassone, con i primi vagiti del dominio finanziario sulle nostre vite; ma la speranza di un futuro migliore non mancava, nessuno pensava che, pur lavorando da rompersi la schiena, da vecchio sarebbe stato povero e abbandonato perché gli avrebbero portato via tutto. Non avevamo nulla da perdere, casomai ci sarebbe stato ancora qualcosa da ottenere. Il muro nero della depressione, dell’assenza di un futuro o dell’angoscia data dal pensiero di che cosa sarà il nostro futuro in balia della povertà non esisteva e nessuno sarebbe stato in grado di immaginarlo, a meno che non fosse vissuto al di là di qualche Cortina di Ferro.Soprattutto, nessuno si sarebbe mai immaginato che il benessere ottenuto in base alle lotte sindacali, nato dal sangue degli operai e di quei borghesi empatici e simboleggiato in maniera sacra dalla democrazia, dato ormai per acquisito perché certificato nella Costituzione, sarebbe stato possibile toglierlo al popolo per consegnarlo ad un’élite intenzionata a redistribuire la ricchezza esistente verso l’alto, accaparrandosela tutta e creando un mondo dove l’1% ha tutto e il 99% quasi nulla, senza più democrazia. Un mondo nuovo ma tremendamente simile al Medioevo che, per essere realizzato, ormai lo sappiamo, nei trent’anni previsti per il suo compimento non potrà che finire con l’eliminazione fisica della classe media, magari sostituita da carne da macello proveniente dal terzo mondo, da impiegare per la pulitura dei cessi dove andranno a sedersi i culi imperiali.Credo che, se qualcuno allora, negli anni sessanta-settanta, avesse visto un’anteprima del futuro, ovvero dei giorni nostri, lo avrebbe considerato il peggiore incubo mai vissuto e nessuno avrebbe potuto immaginare che coloro che si sarebbero offerti spontaneamente per farlo avverare sarebbero stati i partiti di sinistra, quelli più tradizionalmente (allora) vicini al popolo. Eccoci, caro, al perché io non sono più comunista, non sono più di sinistra, anzi non sono niente, sono solo una borghese di merda ma molto, molto incazzata. Sono incazzata e mi difenderò fino all’ultimo perché vogliono farmi fuori. Vogliono portarmi via ciò che la mia famiglia mi ha lasciato, affinché, assieme a ciò che mi guadagno con il mio lavoro, potessi avere una vecchiaia serena senza dover dipendere da nessuno. Penso a me stessa, certo. Gli altri hanno smesso di pensare a me.Ti pare impossibile che l’orrendo scenario che ti ho descritto possa realizzarsi? Cosa ti stanno ripetendo giorno e notte, tutti i giorni e a tutte le ore, caro amico? Che quel mondo che ti ho descritto e che abbiamo vissuto, che ci ha permesso di crescere ed arrivare fin qui dobbiamo scordarcelo perché NON POSSIAMO PIU’ PERMETTERCELO. E, di grazia, ti stai chiedendo il PERCHE’? Perché le risorse mondiali sono limitate? Per quello basterebbe uno sviluppo più responsabile. Basterebbe quella cosa che si chiama progresso e che nasce dall’ingegno di persone molto creative in ogni epoca e che in poco più di cento anni ci hanno dato l’elettricità, la mobilità di persone e merci e la comunicazione. Progresso che serve da sempre a migliorare la vita delle persone e a renderla più facile. Basterebbe tendere a realizzare uno di quei mondi futuribili ideali che nessun romanzo di fantascienza ha più il coraggio di immaginare.Il nostro benessere non possiamo più permettercelo perché ciò che abbiamo lo vuole qualcun altro, e non sono certo coloro che non hanno nulla ma quelli che hanno già tutto. Vedi, in fondo, da borghese di merda, con queste parole sto pensando anche a te, sto cercando di avvertirti del pericolo, anche se non meriteresti affatto di essere salvato. Non sono direttamente le élite che ti annunciano la fine del tuo diritto al benessere perché un domani conterà solo il loro, perché la scusa delle risorse limitate è un’occasione ghiotta per fare un po’ di pulizia sociale e vincere la Lotta di Classe. Te lo fanno dire dai loro servi. Quelli che si sentono superiori perché non sono razzisti ma democratici, a favore delle minoranze, antifascisti, ammiratori dell’Europa e della serietà teutonica, progressisti, internazionalisti, contro tutte le diversità perché devoti all’OMOLOGAZIONE. Che si sentono importanti perché con il 99% possono masturbarsi sulle grandi cifre e non si accorgono che la loro maggioranza è destinata a diventare il Soylent Green. Sono quelli che ogni mattina ringraziano non si sa chi per non essersi svegliati trasformati in scarafaggi piccoloborghesi.Quando tutto iniziò, con i primi attacchi ai diritti sociali acquisiti e l’avvento della dittatura del mercato, avrebbero dovuto riconoscere subito il progetto reazionario e revanchista dell’élite. Certo avrebbero dovuto difendere il benessere generale, le conquiste ottenute fino a quel momento e la democrazia, distinguendo tra capitalismo accettabile e capitalismo disumano, alleandosi con quella borghesia di merda che però sa fare le rivoluzioni e che un minimo di riconoscenza se la meriterebbe. Invece, pur di non rinnegare la lotta antiborghese di principio, hanno ascoltato le sirene della globalizzazione travestita da internazionalismo ed hanno scelto l’omologazione nel concime, il “semo tutti uguali” come materia organica anfibia, per potere essere ancora più merda della borghesia e in fondo distinguersi. Perché in fondo sono dei neoaristocratici pure loro. Si sono alleati con il Capitale contro il resto del mondo e di fatto contro loro stessi. Perché credono di appartenere ad un corpo speciale e privilegiato per essersi guadagnati con il tradimento l’onore di poter dare il colpo di grazia all’odiata borghesia (rinnegando Marx, Lenin e gli altri che ho nominato) ma sono anche loro feccia destinata a soccombere. Li tengono per ultimi per compostarli meglio. Concimeranno con onore i giardini degli ingiusti di Elysium.(Barbara Tampieri, “Io sono una borghese di merda”, da “Il blog di Lameduck” del 29 maggio 2014, ripreso da “Come Don Chisciotte).«Ma tu non eri di sinistra?», mi chiedeva con preoccupazione un mio follower twittarolo stamattina. Il fatto è, caro, che prima di tutto io sono una borghese di merda, e proprio per questo a vent’anni ero comunista. Non c’è da stupirsene perché sono i borghesi che scelgono la bandiera rossa senza averne la necessità. Marx, Lenin, Trockij, Che Guevara, Fidel Castro, erano tutti borghesi, perché è la borghesia che, quando l’élite esagera, che si tratti di incipriati aristocratici e pretacci o di latifondisti, capitalisti e padroni delle ferriere, fa le rivoluzioni. Sono stata di sinistra per un lungo tempo, prima che saltassero tutte le regole su chi dovesse stare dalla parte del popolo e chi invece doveva vendersi al Capitale. Perché qualcosa è successo, darling. Più o meno attorno al Sessantotto. E’ stato un processo lungo e difficile da allora, ma sta giungendo a compimento. La più grande operazione di pulizia sociale della storia. La fine della lotta di classe con la proclamazione del Capitale come vincitore. With a little help from his friends.