Archivio del Tag ‘barzellette’
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La domenica delle salme, ma come nelle barzellette
Come nelle barzellette di una volta: c’erano un italiano, un francese, un tedesco e un americano. L’inglese aveva tagliato la corda, il russo non si era nemmeno presentato. Il cinese era ovunque, ma fingevano di non vederlo. L’americano invece stava su tutti i giornali, per via dei suoi trionfi planetari nelle gare di rutti. Imbarazzante? Non più delle modalità che lo avevano condotto alla Casa Bianca. Così, quei simpaticoni ogni tanto si incontravano, nei loro summit. Tema: salvare il mondo (come nelle barzellette). Qualcuno voleva diventare Papa, qualcun altro – più modestamente – presidente. Quello travestito da dittatore l’avevano appena fatto santo. I grandi elettori applaudivano, terrorizzati, mentre il centro delle città si riempiva di armigeri e reticolati. Non votava più nessuno, non era più di moda: i comuni mortali dovevano rassegnarsi a obbedir tacendo, col braccio tatuato dal codice a barre. Era consentito ridere, ma solo se autorizzati. La voglia di ridere, comunque, era passata a tutti.E poi che noia, quegli italiani fragorosi e senza fantasia. Pronti ad assieparsi (pericolosamente) in centro, anziché sparire nelle periferie. Perché non si smaterializzano? Perché non scompaiono per sempre, lontano dagli occhi e dal cuore? Perché non lasciano che a presidiare le strade – come nella “Domenica delle salme” – sia il gas esilarante, asperso con amore dai venerabili sacerdoti della rettitudine? Così pensava, allora, il sopravvivente medio, affetto da quieto cretinismo. Diceva, a se stesso: come non apprezzare l’onniveggente provvidenza del buon pastore? Perché ostinarsi a ignorare gli sforzi titanicamente profusi per garantire allo zoo un avvenire migliore di quello toccato in sorte dopo l’infelice epidemia di angoscia? Proprio come nelle barzellette, quelle di una volta: la sfortuna si era malauguratamente abbattuta sul reame, seminando lutti, ma poi – finalmente – la coalizione dei buoni aveva preso il sopravvento, scongiurando le peggiori conseguenze. Certo, erano stati richiesti i necessari sacrifici: toccava soffrire ancora, tutti insieme; ma solo per poter festeggiare, un giorno, lo scampato pericolo.Come nelle barzellette, fingevano che esistessero ancora le norme partorite dalle rovine dell’ultima guerra visibile, onestamente dichiarata. Poi le dichiarazioni di guerra erano venute meno: era diventato preferibile farle, le guerre, ma senza più avvertire nessuno. Così, come nelle barzellette, c’erano state sfortunate crisi, incidentali terrorismi, occasionali emergenze. Solo per comodità cosmetica, oltre che per dare l’impressione di una parvenza di normalità, partiti e sindacati non erano ancora stati formalmente smantellati: di tanto in tanto pigolavano ancora, biascicavano qualcosa di graziosamente irrilevante. Come nelle barzellette, fingevano sempre di dividersi in Orazi e Curiazi, e davano a credere che fossero loro, a prendere le decisioni. Nel solenne autunno del 2021, in un clima di letizia universale ulteriormente rallegrato dall’incombente, fatale censimento dei bambini, trovavano anche il tempo di dedicarsi al più ameno dei passatempi: la sensazionale elezione del futuro presidente della Repubblica.Come nelle barzellette di una volta: c’erano un italiano, un francese, un tedesco e un americano. L’inglese aveva tagliato la corda, il russo non si era nemmeno presentato. Il cinese era ovunque, ma fingevano di non vederlo. L’americano invece stava su tutti i giornali, per via dei suoi trionfi planetari nelle gare di rutti. Imbarazzante? Non più delle modalità che lo avevano condotto alla Casa Bianca. Così, quei simpaticoni ogni tanto si incontravano, nei loro summit. Tema: salvare il mondo (come nelle barzellette). Qualcuno voleva diventare Papa, qualcun altro – più modestamente – presidente. Quello travestito da dittatore l’avevano appena fatto santo. I grandi elettori applaudivano, terrorizzati, mentre il centro delle città si riempiva di armigeri e reticolati. Non votava più nessuno, non era più di moda: i comuni mortali dovevano rassegnarsi a obbedir tacendo, col braccio tatuato dal codice a barre. Era consentito ridere, ma solo se autorizzati. La voglia di ridere, comunque, era passata a tutti.
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Salvini nell’Anno del Maiale (in compenso, l’Asino siamo noi)
«Una notte di metà dicembre, nella fattoria il maiale si diverte a prendere in giro l’asino: “Il padrone ti bastona, ti affama, ti costringe ai lavori più faticosi e umilianti. Guarda me, invece: non devo far altro che mangiare, dormire, e rotolarmi nel fango!”. L’asino gli dà un’occhiata, e poi gli chiede: “Tu non sei quello dell’anno scorso, vero?”» (Antica barzelletta). Oggi Matteo Salvini è apparentemente il politico più popolare d’Italia. Sembra che non debba far altro che mangiare, ghignare, e rotolarsi sui social, per continuare a guadagnare consensi a spese di tutti. La cosa spaventa molto i suoi soci a cinque stelle, ormai pronti a rimangiarsi persino la loro Prima Direttiva legalitaria, pur dì garantire al pingue leghista l’impunità che pretende. Giuseppe Conte l’ha spiegato molto bene ad Angela Merkel: i grillini sono nel panico per il calo nei sondaggi del Movimento a favore della Lega, perciò si sono buttati alla disperata rincorsa di Salvini sul terreno – anzi, nelle acque – della peggiore propaganda razzista, mentre contemporaneamente fanno mostra di sfidarlo sul “no” al Tav. Un gioco delle parti sempre più spericolato.«Lo so», ha commentato la Merkel, serafica. «Salvini è contro Francia e Germania?», ha chiesto. «Salvini è contro tutti», ha risposto Conte. La Merkel ha sorriso, divertita. Questo grottesco esecutivo Grilloverde è esattamente il “Nemico” del quale lei e l’Europa carolingia del Patto di Aquisgrana hanno bisogno. Proprio come il maiale della barzelletta, oggi Matteo Salvini è all’ingrasso. Mediaticamente, politicamente (e fisicamente). L’Unione Europea lo adopera come spauracchio, allo stesso modo in cui lui strumentalizza i migranti. Salvini è l’Uomo Nero d’Europa. L’intenzione delle élite europee è lasciare che questo governo di arroganti babbei scaraventi l’Italia nel burrone, per poi usarlo come esempio e monito. Esporre l’Italia in gabbia sulle mura esterne della Fortezza Europa, e citare il Grilloverde per dare del coglione fascista a chiunque oserà in futuro mettere in discussione il liberismo.Così che tutte le feroci stronzate di Salvini e Toninelli vengano rinfacciate anche a chi a sinistra le avrà combattute. Come oggi gli si rinfaccia Pol Pot. E l’inevitabile fallimento Grilloverde trascini alla rovina tutte le forze antagoniste – sia vere, che false come il M5S – mentre la Lega di Giorgetti e Zaia torna al governo coi Moderati, dopo aver voltato per l’ennesima volta la verde gabbana. Se Salvini è il metaforico maiale della barzelletta, l’asino siamo noi. La nostra condanna è quella di Sisifo al contrario: ogni volta che riusciamo a buttare giù il maiale seduto in cima alla collina, ce ne viene issato sopra un altro. E nessuno butta giù il padrone. (Secondo l’oroscopo cinese, il 2019 è l’anno del maiale).(Alessandra Daniele, “L’anno del maiale”, da “Carmilla” del 3 febbraio 2019).«Una notte di metà dicembre, nella fattoria il maiale si diverte a prendere in giro l’asino: “Il padrone ti bastona, ti affama, ti costringe ai lavori più faticosi e umilianti. Guarda me, invece: non devo far altro che mangiare, dormire, e rotolarmi nel fango!”. L’asino gli dà un’occhiata, e poi gli chiede: “Tu non sei quello dell’anno scorso, vero?”» (antica barzelletta). Oggi Matteo Salvini è apparentemente il politico più popolare d’Italia. Sembra che non debba far altro che mangiare, ghignare, e rotolarsi sui social, per continuare a guadagnare consensi a spese di tutti. La cosa spaventa molto i suoi soci a cinque stelle, ormai pronti a rimangiarsi persino la loro Prima Direttiva legalitaria, pur dì garantire al pingue leghista l’impunità che pretende. Giuseppe Conte l’ha spiegato molto bene ad Angela Merkel: i grillini sono nel panico per il calo nei sondaggi del Movimento a favore della Lega, perciò si sono buttati alla disperata rincorsa di Salvini sul terreno – anzi, nelle acque – della peggiore propaganda razzista, mentre contemporaneamente fanno mostra di sfidarlo sul “no” al Tav. Un gioco delle parti sempre più spericolato.
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Test: manichini sulla Luna. Ma non ci eravamo già stati?
Due robot spediti in orbita verso la Luna per testare la nostra capacità di resistenza alle radiazioni cosmiche? Ma scusate, in teoria non dovremmo già sapere tutto? Non ci siamo già stati nel 1969, sulla Luna? Non fu allora che – per la prima volta – gli astronauti superarono (incolumi) le temute Fasce di Van Allen che separano la Terra dal suo satellite? «Secondo me si divertono come dei pazzi a prenderci per il culo», scrive Massimo Mazzucco. «Non ci può essere altra spiegazione, per una notizia come quella circolata in questi giorni sull’imminente viaggio spaziale di Helga e Zohar intorno alla Luna». Helga e Zohar? «Sono due manichini, il cui scopo sarà quello di misurare le radiazioni cosmiche ricevute dagli astronauti durante un viaggio circumlunare». Sul sito della Esa, l’agenzia spaziale europea, si legge: «Questi due manichini occuperanno il posto dei passeggeri durante la prima missione di Orion intorno alla Luna, andando più lontano di quanto un essere umano abbia mai viaggiato fino ad oggi». Ancora: «Dotata di 5.600 sensori, la coppia di manichini misurerà le quantità di radiazioni a cui gli astronauti potrebbero essere esposti nelle missioni future, con una precisione senza precedenti». “Potrebbero essere esposti”, dice l’Esa? «Ma allora, scusate, la misurazioni “fatte durante le missioni Apollo” sulla Luna che fine hanno fatto? Non servono più a nulla?».