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Archivio del Tag ‘bellezza’

  • Il bunga bunga siamo noi: sudditi ciechi ridotti a merce

    Scritto il 07/3/11 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    La regina cattiva della favola di Biancaneve oggi direbbe: specchio, specchio delle mie brame, chi è il più ricco del reame? Il bunga bunga è l’estrema propaggine della mercificazione cui tutti siamo stati trascinati a viva forza. La società umana è da tempo divenuta mero accessorio del sistema economico, anzi, società e mercato sono ormai la stessa cosa. E poiché questo sistema è dominato dal denaro, ecco che ogni individuo, e gli individui tutti insieme, cioè la società, è ora funzione del denaro. Uomini e donne, donne e uomini, la natura intera, l’acqua, l’aria, sono diventati merce.

  • Sodoma, le notti di Arcore e il prezzo della bellezza

    Scritto il 19/1/11 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Dovremmo rivedere l’ultimo film di Pasolini «Salò o le centoventi giornate di Sodoma». Chi, quando uscì, lo trovò troppo “forte” e spinto, oggi, alla luce del lugubre spettacolo che ha come protagonisti uomini potenti e minorenni alla Justine, con personaggi di contorno tanto ridicoli quanto violenti, sinistri ruffiani con facce da cabaret, non si scandalizzerebbe più di tanto. Il film di Pasolini, a metà degli anni Settanta, ci raccontava quel che palesemente succede oggi nel nostro Paese. Ci mostrava come il potere, dopo aver svuotato le anime e tolto l’allegria ai sudditi, violentava, deturpava i loro corpi, la loro ultima sacralità: dopo di che diventano carne da macello.

  • L’industriale: l’uomo che ha distrutto la bellezza

    Scritto il 03/11/10 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    L’industriale è stato il primo uomo nella storia a preferire il brutto al bello. Dove ha steso la sua mano ha distrutto l’arte. Il suo occhio è non soltanto ottuso, ma anche malefico. Tutto per l’industriale deve ridursi ad attività produttiva. Volete vedere l’indignazione sul volto di un industriale? Parlate delle plaghe dove esistono soltanto aziende agricole familiari, senza un mercato. Volete vedere la faccia di un industriale sorridente? suggerite che l’educazione pubblica spreca il tempo dei giovani con superflue conoscenze, che occorre rifare il sistema d’istruzione dallo zero.

  • Carlo Grande: la scrittura sincera, antidoto contro il caos

    Scritto il 17/11/09 • nella Categoria: idee • (1)

    Penso che ogni giornalista, in fondo, accarezzi anche l’idea di scrivere dei libri. Ma gli spazi di buon livello sui giornali e nell’editoria non sono molti. Si devono avere – innate – sensibilità, curiosità, attenzione per gli altri, sguardo profondo e non superficiale per le storie “vere”, che hanno qualcosa di simbolico e toccante. Sono cose indispensabili per chi vuole fare narrativa. Poi si diventa scrittori con il lavoro, l’attenzione, l’umiltà, il dialogo, il coraggio di ascoltarsi e criticarsi fino in fondo, l’esercizio costante. La vera lotta di uno scrittore, diceva Bukowski, è con se stessi.

  • La domenica degli italiani, quando eravamo un popolo

    Scritto il 30/10/09 • nella Categoria: Recensioni • (Commenti disabilitati)

    Lori Sammartino era dei tanti fotografi che pubblicavano sul “Mondo” degli anni cinquanta e sessanta, al tempo in cui era Ennio Flaiano a scegliere le immagini da affiancare ai testi, ma considerandoli in qualche modo autonomi, come una plurale documentazione, attenta alla vita del paese anche nei suoi aspetti più lontani e nascosti. Era sposata, al tempo a Maurizio Costanzo, che non era ancora «Maurizio Costanzo» e doveva avere delle qualità, ed è morta presto, nel 1971 (Flaiano morirà un anno dopo).

  • Whitman, ora la poesia serve a vendere jeans?

    Scritto il 29/10/09 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    La voce gracchiante di Walt Whitman, sommo poeta di “Foglie d’Erba”, che accompagna le immagini in bianco e nero di una famosissima marca di blue jeans. E’ lo spot che sta facendo discutere l’America. Da Slate a Entertainment Weekly il dibattito s’è acceso sull’opportunità di usare le parole e perfino la voce di quel grande per fini commerciali. Ed è da una parte comprensibile come l’arruolamento di chi non c’è più come testimonial di marchi commerciali rappresenti un terreno potenzialmente minato

  • Weil: progresso, superstizione che disonora il bene

    Scritto il 27/9/09 • nella Categoria: Recensioni • (Commenti disabilitati)

    Il titolo originale di quest’opera è “L’enracinement”, ma si tratta del titolo editoriale con cui l’opera uscì nel 1949, alcuni anni dopo la morte della pensatrice/attivista, probabilmente dovuta ad una scelta volontaria, come “sacrificatio” per la guerra che stava devastando il mondo. Franco Fortini non tradusse “sradicamento”, ma utilizzò un meraviglioso lemma dantesco, “La prima radice”, forte delle suggestioni mistiche presenti nell’opera. Il titolo dato dalla Weil al saggio era, invece, “Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano”, tutto carico della polemica antilluminista della pensatrice (ma anche antihegeliana).

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