Archivio del Tag ‘bergoglismo’
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Tasse, sicurezza, migranti: il sovranismo non è passeggero
Vi siete ripresi dall’overdose di video e di commenti, di analisi, tabelle e dichiarazioni? Proviamo a cambiare prospettiva, dopo una piccola notazione preventiva. Sono vistosi i vincitori, Salvini e Meloni, ma chi sono gli sconfitti, oltre i 5 Stelle? Direi soprattutto tre competitori extrapolitici: i magistrati in campagna elettorale, i media compatti contro Salvini e il bergoglismo da asporto. Le vittorie simboliche della Lega a Lampedusa, Riace e Capalbio lo sanciscono. Ma lasciamo stare i trionfanti, i crescenti, i caduti, i declinanti. Lasciamo stare gli eletti e i trombati, i nomi e i partiti, le analisi dei flussi e dei riflussi. Proviamo a salire di un piano, ponendoci sul piano degli orientamenti di fondo e chiedendoci non chi ha vinto ma cosa ha vinto. Come è cambiato il quadro politico e culturale? Si è delineata una grande, sostanziale divaricazione: emerge, come avevamo previsto, un bipolarismo di contenuti tra gli eredi della sinistra e gli eredi della destra. Da una parte è cresciuto un fronte che supera il 40 per cento dei consensi e che si definisce sovranista: rappresenta i temi della sicurezza, lo stop ai flussi migratori, la tutela della famiglia, la rivoluzione fiscale e le opere pubbliche, la difesa dei confini, della sovranità politica, popolare e nazionale.Dall’altro versante ritorna in campo la sinistra con posizioni esattamente opposte ai sovranisti in tema di Europa e di migranti, di bioetica e di sicurezza, di economia e di sovranità. È una forza di netta minoranza, che oscilla tra il 22 e il 28 per cento, se si considera l’intero versante sinistro, inclusa la Bonino, pur con forti insediamenti in alcune città e una vasta ramificazione nei gangli vitali della società e nelle élite: nella scuola e nella cultura, nella magistratura e nella stampa. Sul piano elettorale non è stata particolarmente significativa la rimonta elettorale del Pd. Essere all’opposizione di un governo diviso su tutto e attaccato massicciamente, agitare i mostri del passato, il nazismo e il razzismo, avere dalla propria parte i media e i poteri europei, vedere decomporsi il Movimento 5 Stelle, e vedere crescere “la destra” a un livello che non c’è mai stato, non mi pare un gran risultato per la sinistra. La polarizzazione intorno a Salvini avrebbe dovuto farla crescere molto di più. Ma al di là della contabilità elettorale, il Pd rappresenta un’area, un mondo, una posizione antagonista rispetto al fronte sovranista. Qual è il nemico ideologico del sovranismo? Sul piano negativo è l’antifascismo, sul piano “positivo” è l’ideologia dell’accoglienza. La sinistra in Italia oggi è attestata nella versione secolare del bergoglismo.Non trovano spazio e ruolo, invece, le forze che si pongono al di fuori di questa polarizzazione, dal centrifugo Movimento 5 Stelle al centrista ondivago Forza Italia. Il Movimento 5 Stelle ha funzionato come collettore del dissenso e raccoglitore dei malesseri e dei rancori popolari, ma non funziona come forza di governo e come catalizzatore di opinioni e programmi; non si inserisce con un suo orientamento sui temi decisivi del nostro presente. I grillini sono inconsistenti sul piano dei contenuti e perciò sono alleati con una forza che reputano di destra ma, per differenziarsi, si conformano al trend della sinistra. Lo schema vecchio-nuovo e sistema-antisistema funziona finché non sei al governo. Da parte sua, Berlusconi si è battuto come un leone ma ha confermato il suo declino; del resto non si può puntare su una ristampa anastatica di se stesso, in versione plastificata, e fingere di essere ancora al centro dell’universo, strizzando l’occhio ora al versante populista ora al versante opposto. Fino a ieri si poneva come garante dei sovranisti, oggi come argine contro i medesimi e si apre alla grosse koalition con la sinistra europea. E poi si chiede perché Salvini e Meloni (e tanti elettori) non si fidano di lui…I sovranisti sono cresciuti in mezza Europa, sono primo partito in Francia, in Inghilterra, in Ungheria, in Polonia e in Italia. Ma, come prevedevamo, saranno pure più influenti ma gli assetti europei di potere in sostanza non cambieranno, si estenderanno solo le alleanze. Dunque non ci sarà alcun terremoto a livello europeo. E in Italia? Anche qui non si prevedono terremoti politici ma scosse di assestamento, secondo quando annunciato dagli stessi protagonisti, a cominciare da Salvini. Il baricentro del governo passerà dai grillini ai leghisti e vedremo se questo sarà concretamente praticabile e se potrà perdurare. Non si intravede, per ora, una svolta come quella auspicata dalla Meloni. Accadrà solo se i 5 Stelle sceglieranno la via dell’opposizione, giubilando Di Maio. Insomma, il test europeo colpisce ma non stravolge gli assetti presenti né in Europa né in Italia.Cosa impedisce allora di ritenere che il grande successo della Lega sia passeggero, come è già accaduto in passato ad altri trionfatori delle elezioni europee? Una considerazione: l’onda sovranista tocca temi non passeggeri ma strutturali, destinati a durare nel tempo. E il sovranismo nostrano si collega a un quadro mondiale che va da Trump a Orban, passando per Marine Le Pen e tanti altri leader nazional-populisti vincenti nel mondo, dall’India al Brasile. Dunque saranno pure variabili gli umori dell’elettorato e saranno pure passeggeri i trionfi dei leader, come mostrano le parabole di Renzi, Di Maio, ecc.; ma quei temi, quegli orientamenti, quegli schieramenti delineati indicano tendenze marcate, destinate a durare. Il bipolarismo è rinato nella società civile prima che nella politica, e guai a chi finge di non vederlo. Si vedrà se i leader e le forze in campo saranno all’altezza di rappresentarlo oppure no.(Marcello Veneziani, “Il sovranismo non è un fenomeno passeggero”, da “La Verità” del 29 maggio 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).Vi siete ripresi dall’overdose di video e di commenti, di analisi, tabelle e dichiarazioni? Proviamo a cambiare prospettiva, dopo una piccola notazione preventiva. Sono vistosi i vincitori, Salvini e Meloni, ma chi sono gli sconfitti, oltre i 5 Stelle? Direi soprattutto tre competitori extrapolitici: i magistrati in campagna elettorale, i media compatti contro Salvini e il bergoglismo da asporto. Le vittorie simboliche della Lega a Lampedusa, Riace e Capalbio lo sanciscono. Ma lasciamo stare i trionfanti, i crescenti, i caduti, i declinanti. Lasciamo stare gli eletti e i trombati, i nomi e i partiti, le analisi dei flussi e dei riflussi. Proviamo a salire di un piano, ponendoci sul piano degli orientamenti di fondo e chiedendoci non chi ha vinto ma cosa ha vinto. Come è cambiato il quadro politico e culturale? Si è delineata una grande, sostanziale divaricazione: emerge, come avevamo previsto, un bipolarismo di contenuti tra gli eredi della sinistra e gli eredi della destra. Da una parte è cresciuto un fronte che supera il 40 per cento dei consensi e che si definisce sovranista: rappresenta i temi della sicurezza, lo stop ai flussi migratori, la tutela della famiglia, la rivoluzione fiscale e le opere pubbliche, la difesa dei confini, della sovranità politica, popolare e nazionale.
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E se nascesse il Partito del Papa, pro-migranti e pro-Islam
Prima o poi il Partito Popolare rinascerà. Lo farà Romano Prodi, o il suo erede, Enrico Letta; lo farà Berlusconi, o il suo Antonio Tajani del momento, o lo faranno insieme, i rivali di ieri, all’ombra del Ppe che già li unisce. Ma alla fine qualcosa del genere si farà, pensando all’Europa e ai sovranismi, più che a don Sturzo e al centenario del Partito Popolare. Però mentre i tirannosauri del popolarismo si muovono lentamente, indugiando e tergiversando, qualcuno sta bruciando le tappe. È la Chiesa di Bergoglio, è la Chiesa del Cardinal Bassetti, a capo della Conferenza episcopale italiana, è la Chiesa di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Se il Partito Popolare lo fondò un prete, perché non dovrebbe pensarci ora un prelato anziché un politico? La novità è che un Partito del Papa, ossia un Partito dei Cattolici sotto l’egida di Bergoglio, avrebbe solo una cosa in comune col Partito Popolare prodiano e/o berlusconiano: nascerebbe contro la presente maggioranza, per sbarrare la strada ai populismi, ai nazionalismi e ai sovranismi. Ma dopo questa concordanza, il Partito del Papa sarebbe inevitabilmente il Partito dell’Accoglienza, il Partito Pro-Migranti, la prosecuzione della Caritas e della Comunità Sant’Egidio in politica. Al limite, sarebbe il partito di Gino Strada e di Mimmo Lucano, per capirci. Una cosa assai diversa da quello che fu da noi il Partito dei cattolici, la vecchia Dc.Allora lasciamo le polemiche contingenti e vediamo le cose in una prospettiva più ampia, storica. L’Italia riuscì a sopravvivere al fascismo, alla sconfitta della guerra, alle vendette e alle minacce del comunismo, rifugiandosi sotto le mammelle della Dc. Un partito che ebbe la sua forza nella sua debolezza, nel non opporsi a niente in modo radicale e risoluto, nel rispecchiare la realtà in modo duttile e malleabile, garantendo un po’ tutti, o non minacciando nessuno. Organizzò la fuoruscita dalla storia a tariffe convenienti, fu insieme una pomata e una polizza contro i traumi passati e presenti. La Dc fu l’autobiografia della nazione in versione materna, mentre il fascismo era stato l’autobiografia della nazione in versione paterna, virile, guerresca. La forza della Dc fu quella di garantire una transizione indolore dal fascismo all’antifascismo, dalla Nazione che volle farsi impero al paese che volle accucciarsi sotto l’ombrello atlantico americano e sotto il parasole europeista, ricevendo in cambio aiuti, piani di sostegno e controllo militare. La sua forza fu la paura del comunismo, la voglia di tranquillità. E la Matria al posto della Patria.Avrebbe senso oggi un partito dei cattolici in un paese fortemente scristianizzato, radicalmente secolarizzato, con le chiese svuotate? Ma soprattutto riuscirebbe a sfondare un partito dei cattolici proiettato sulla linea pontificia di Bergoglio? Non rischierebbe di lasciar fuori troppi cattolici che si riconoscono nella tradizione, nella civiltà cristiana, nella difesa della famiglia? Che posizione assumerebbe un partito papista sui temi dell’aborto e delle adozioni omosessuali, delle nozze gay e dell’eutanasia, delle nascite e della salvaguardia della figura materna e paterna? La Dc resse su un tacito ma duraturo compromesso tra questa componente conservatrice e la componente moderata che riteneva prioritaria la salvaguardia occidentale, l’atlantismo e l’anticomunismo, la difesa del mercato e del privato. Ma l’avversario principale per un partito cattolico non dovrebbe essere il laicismo radical, lo spirito giacobino e progressista, il materialismo ateo che è oggi il principale sponsor del bergoglismo? E la paura del comunismo non si traduce oggi nella paura dell’Islam, verso cui la Chiesa di Bergoglio è assai aperta?È evidente che il Partito del Papa non riuscirebbe a rappresentare che una piccola quota di cattolici, più una fetta di elettori radicali, di sinistra, non cattolici se non atei. Oggi il loro organo ufficiale non sarebbe l’“Avvenire” ma “La Repubblica”. E sarebbe un bel paradosso. Dopo mezzo secolo di guida democristiana, i cattolici riuscirono a ritagliarsi un ruolo nel sistema bipolare con l’antica strategia dei due forni, facendosi corteggiare da ambo i poli, perché stando nel mezzo e non avendo più rappresentanza politica, pur in minoranza, potevano spostare l’equilibrio a favore del centro-destra o del centro-sinistra. Da qualche anno invece, è lampante l’irrilevanza dei cattolici nelle scelte della politica. Certo, non mancano figure di garanzia per il mondo cattolico, da Mattarella a Conte. Ma l’influenza esercitata nel passato è oggi impensabile, e non parliamo del passato remoto o della Prima Repubblica ma anche più recente.Anche perché si è ridotta la pressione dei cattolici, della Cei, della Curia sui temi bioetici e sulla famiglia, per crescere invece sul tema migranti e accoglienza. Un tema che allontana molti cattolici, non perché siano refrattari alla carità, ma perché diffidenti davanti a una Chiesa-Ong che non si cura della civiltà cristiana in declino e apre le porte anche agli islamici. Allo stato attuale nessuno è in grado di rappresentare i cattolici in politica. Tre partiti cattolici s’intravedono all’orizzonte, quello che nascerebbe dalle ceneri dell’Ulivo, quello che sorgerebbe sulle spoglie di Forza Italia e quello che spunterebbe dalla tonaca del Papa (e dalla Cei). Ma sono tre partiti difficilmente componibili tra loro, tutti fortemente minoritari. E’ difficile immaginare che possa rinascere qualcosa come un partito unitario dei cattolici. Un tempo si diceva, con rassegnazione, moriremo democristiani. Oggi invece si dovrebbe dire: non rinasceremo democristiani.(Marcello Veneziani, “E se nascesse il Partito del Papa?”, da “Panorama” n. 4 del 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani).Prima o poi il Partito Popolare rinascerà. Lo farà Romano Prodi, o il suo erede, Enrico Letta; lo farà Berlusconi, o il suo Antonio Tajani del momento, o lo faranno insieme, i rivali di ieri, all’ombra del Ppe che già li unisce. Ma alla fine qualcosa del genere si farà, pensando all’Europa e ai sovranismi, più che a don Sturzo e al centenario del Partito Popolare. Però mentre i tirannosauri del popolarismo si muovono lentamente, indugiando e tergiversando, qualcuno sta bruciando le tappe. È la Chiesa di Bergoglio, è la Chiesa del Cardinal Bassetti, a capo della Conferenza episcopale italiana, è la Chiesa di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Se il Partito Popolare lo fondò un prete, perché non dovrebbe pensarci ora un prelato anziché un politico? La novità è che un Partito del Papa, ossia un Partito dei Cattolici sotto l’egida di Bergoglio, avrebbe solo una cosa in comune col Partito Popolare prodiano e/o berlusconiano: nascerebbe contro la presente maggioranza, per sbarrare la strada ai populismi, ai nazionalismi e ai sovranismi. Ma dopo questa concordanza, il Partito del Papa sarebbe inevitabilmente il Partito dell’Accoglienza, il Partito Pro-Migranti, la prosecuzione della Caritas e della Comunità Sant’Egidio in politica. Al limite, sarebbe il partito di Gino Strada e di Mimmo Lucano, per capirci. Una cosa assai diversa da quello che fu da noi il Partito dei cattolici, la vecchia Dc.