Archivio del Tag ‘Carlo Toto’
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Toto: di lockdown si muore, dobbiamo tornare a vivere
Da circa un anno subiamo restrizioni della libertà attraverso lockdown, coprifuoco, distanziamento sociale ed obbligo di indossare mascherine in nome della tutela della salute. Ma che cos’è la salute? Come si evince dalla definizione di salute che si trova nella Costituzione dell’Oms: «La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità». Dunque la tutela della salute deve necessariamente tenere in considerazione gli aspetti mentali e sociali, quindi le relazioni tra gli esseri umani, la possibilità di accesso al mondo del lavoro, la salvaguardia dell’economia e tutte le dimensioni che incidono sul benessere della persona sul piano fisico e mentale. Al fine di rafforzare questo concetto l’Oms ha pubblicato nel 2013 il “Piano d’azione per la salute mentale” 2013-2020 dove a pagina 7 si ribadisce la definizione di salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità.Interessante notare che tale definizione fu coniata nel 1948. Questa data è molto significativa, infatti, il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. In riferimento alla pandemia, il 27 Aprile 2020 l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet ammonì i paesi a rispettare lo stato di diritto, durante la pandemia da coronavirus, limitando nel tempo le misure eccezionali, al fine di evitare una “catastrofe” per i diritti umani. Sulla base di queste considerazioni, possiamo certamente intuire che esiste una netta differenza tra “salute” e mera “sopravvivenza”. Inoltre, non possiamo ignorare le rivolte e le proteste che in varie parti del mondo queste misure restrittive hanno generato. Le restrizioni, infatti, hanno un impatto devastante sull’economia e la libertà individuale.Tra l’altro l’Italia dovrà confrontarsi con una possibile crisi economica senza precedenti proprio per il fatto di aver bloccato le attività lavorative e non dimentichiamoci che il primo articolo della Costituzione sancisce che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Comunque, il 31 marzo 2021 scadrà il blocco dei licenziamenti imposto dal governo a partire dal primo lockdown, e più volte prorogato con la prosecuzione della pandemia. Cosa accadrà ai lavoratori? Le proiezioni dell’Istat per il 2020 danno una contrattura del Pil pari a -14,3% secondo quanto riportato su open.online il 31 luglio 2020. Questi dati evidenziano i danni procurati dal lockdown sul piano economico. Di certo un incremento significativo della povertà indurrà danni alla salute a causa dallo stress psicologico, dell’incapacità di acquistare cibi di alta qualità e l’impossibilità di accesso a cure nel settore privato della sanità.Altra questione fondamentale riguarda la scuola. La qualità della formazione è nettamente in calo ed il rapporto docente/studente risulta estremamente danneggiato e ridotto ad un contatto virtuale. A titolo di cronaca mi sento in dovere di riportare che alcuni siti Internet sostengono che la definizione di salute Oms nel completo silenzio mediatico sia cambiata nel 2011 nella seguente: “capacità di adattamento e di auto gestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive”. Questa definizione si presenta come sostegno filosofico ad una società che si confronta con l’aumento della durata della vita e di conseguenza l’inevitabile insorgere di malattie spesso invalidanti sul piano fisico e psicologico. Ma in ogni caso, anche in questa definizione troviamo la parola autogestione, che in ambito medico e sanitario, rappresenta l’insieme delle tecniche di cura di pazienti con malattie o disabilità croniche, attraverso le quali possano guarire e curarsi da sé.Dunque una definizione che pone nuovamente l’enfasi sull’individuo. Resta di fatto che nel “Piano d’azione per la salute mentale” 2013-2020 si ribadisce la definizione di salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità. In conclusione, al di là delle definizioni, delle competenze, dei tecnicismi e proposte di soluzioni a problemi complessi, esiste il “senso della vita” che rappresenta il punto fondamentale della nostra esistenza umana. Tutto quello che rende la nostra vita unica e speciale, la libertà, il rapporto con gli altri, la libertà di culto, il lavoro, gli affetti, la possibilità di corteggiarsi, di viaggiare e di godere di ogni bene e servizio a nostra disposizione è stato totalmente annullato in nome della tutela della salute. Ma questa è salute? O meglio, questa è vita?(Carlo Toto, “Lockdown? Meglio assumersi una dose di rischio”, dal blog di Nicola Porro del 30 gennaio 2021).Da circa un anno subiamo restrizioni della libertà attraverso lockdown, coprifuoco, distanziamento sociale ed obbligo di indossare mascherine in nome della tutela della salute. Ma che cos’è la salute? Come si evince dalla definizione di salute che si trova nella Costituzione dell’Oms: «La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità». Dunque la tutela della salute deve necessariamente tenere in considerazione gli aspetti mentali e sociali, quindi le relazioni tra gli esseri umani, la possibilità di accesso al mondo del lavoro, la salvaguardia dell’economia e tutte le dimensioni che incidono sul benessere della persona sul piano fisico e mentale. Al fine di rafforzare questo concetto l’Oms ha pubblicato nel 2013 il “Piano d’azione per la salute mentale” 2013-2020 dove a pagina 7 si ribadisce la definizione di salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità.
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Toto e il Messia “nascosto”: Apocalisse, istruzioni per l’uso
«In quel tempo di grande angoscia sorgerà Michele, il capo dei principi dell’esercito celeste, e il popolo sarà salvato». Carlo Toto è tra quanti citano la Bibbia (il Libro di Daniele, in questo caso) per trarne insegnamenti universali, sempre validi, a partire da quelli dei tantissimi Vangeli che narrano frammenti della vita del predicatore più famoso di sempre: un personaggio forse esistito davvero, duemila anni fa. E’ esattamente l’oggetto d’indagine che Toto – autore e regista, studioso di Francesco d’Assisi e appassionato templarista – propone nel saggio “Logos”, sottotitolo “I messaggi nascosti di Gesù”, con prefazioni del filosofo Diego Fusaro e del cantante Giuseppe Povia. Atmosfere remote, come le sabbie egizie di Nag Hammadi: la scoperta dei manoscritti gnostici, che sfaccettano il ritratto del famoso personaggio in base a cui ancora contiamo gli anni (prima e dopo Cristo). Eppure, sembrano parole vicinissime ai nostri giorni tormentati, in questo 2020. «Tempi difficili vive l’umanità: crisi economiche, guerre, cambiamenti climatici, terremoti, pandemie, difficoltà nelle relazioni sociali». Uno scenario inquietante, «simile a quello descritto nel testo dell’Apocalisse».Lo si vede benissimo: «Ogni essere umano è immerso nel campo di battaglia in cerca di soluzioni a problemi complicatissimi e risposte sul senso della vita». Attenzione, avverte Toto: apocalisse significa “rivelazione”. E cita la Summa Teologica di Tommaso D’Acquino: «La fine dei tempi non è la fine del mondo, è la finalità di Dio: a finire sarà quest’epoca di grosso travaglio dell’umanità, che dovrà accettare un passaggio traumatico». Premonizioni anticipate dallo stesso Toto nel libro “La via dell’amore”, presentato anche nella trasmissione “Mistero”, su “Italia 1″. Quattro anni dopo, il pianeta sembra precipitato nella catastrofe. «Ma proprio quando la guerra sembra persa – scrive Toto – la forza di volontà dell’essere umano, nel tempo del ritorno del Messia, invertirà il nefasto corso degli eventi, utilizzando l’arma invisibile ed invincibile donata da Dio: il Logos». Carlo Toto recupera il tomismo aristotelico (la convergenza tra ragione e fede) e il platonismo agostiniano, che attinge alla dimensione spirituale (il Mondo delle Idee). «Sono le due colonne portanti del Cristianesimo, per chiunque si approcci a un Cristianesimo esoterico, fatto di trascendenza».Logos, il “motore immobile” di Aristotele: «Qualcosa che pervade l’intero universo, e che nel mistero cristiano diventa anche materia, il Verbo che si fa carne». Il libro, che indaga tra le pieghe della vasta letteratura evangelica, è «adatto a tutti coloro che amano la ricerca di un contatto con il Cristo senza intermediazioni». Esaminando il valore simbolico del protagonista dei Vangeli, Carlo Toto promette «un viaggio alla scoperta di una piccolissima parte degli insegnamenti nascosti e rivelati di Gesù», che secondo l’autore «spaziano dalla sapienza spirituale, alla scienza, all’alchimia, alle relazioni d’amore e sociali». In altre parole: «Un testo che invita alla ricerca e alla scoperta individuale del “tempio di Dio”, che è in noi: un luogo misterioso e invisibile, arduo da trovare e percorrere, simile a un labirinto». Il lavoro di Toto – sottolinea Fusaro – recupera gli strumenti della teologia e della filosofia, quindi dell’elemento culturale, simbolico e spirituale, come strumenti di lotta all’ateismo “liquido” dei nostri giorni. Un ateismo che, per Toto, «vuole emarginare il trascendente che porta alla comunione con Dio e quindi conduce l’essere umano a diventare se stesso».Insiste Toto: «E’ fondamentale conoscere se stessi, con mezzi come gli strumenti della teologia e della filosofia. Ed è possibile farlo proprio oggi, in mezzo al disastro che stiamo vivendo, proprio perché si palesa l’opportunità di entrare in comunione con in Logos». Il libro di Toto, scrive Fusaro, «non fa pace con il mondo». E in più «resiste eroicamente» al nuovo ateismo che non si preoccupa più di contestare l’idea di Dio, ma si limita ad agire come se non esistesse. «L’ateismo liquido dice formalmente di credere in Dio e, insieme, aderisce ai canoni del nichilismo relativista della civiltà dei consumi, nei cui spazi ogni valore e l’idea stessa di verità sono negoziabili». Una critica che finisce per coinvolgere le stesse istituzioni religiose: «Uno dei drammi delle religioni – dice Toto – è che, da mezzo, si sono trasformate esse stesse in fine: quindi non rappresentano più un’indagine, un mezzo che conduce a porsi delle domande e casomai a ricevere risposte ai tre questiti fondamentali: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo».Tracce che, invece, un cantautore come Povia dichiara di intravedere tra le pagine di “Logos”: «Mai come in questo momento, in un mondo di fabbriche di degrado culturale e spirituale – scrive – c’era bisogno di un libro così profondo e di avvicinamento al Dio-Speranza, con un linguaggio giovane e semplice». Esplicito il messaggio all’autore: «Grazie, Carlo: mi hai fatto sentire meno solo e ancora più sveglio». Il testo trasporta il lettore in un viaggio tra il passato, il presente e il futuro, immergendolo nel mistero della vita con i suoi aspetti naturali e “soprannaturali”, cioè sovrumani, partendo dall’analisi dei testi evangelici, riletti in chiave teologica (la dichiarata presenza del divino, nella letteratura cristica) e simbologico-esoterica (il “vero significato”, cifrato, dei suoi tanti messaggi, inclusi quelli politico-sociali). Fusaro concorda: «Il messaggio cristico è ampiamente politico: il “regno dei cieli” diventa l’ideale in nome del quale contestare il regno terreno». Qualcosa che, secondo il fondatore di Vox Italia, risuona nella stessa “Politica” di Aristotele, laddove si critica la “crematistica” (il proto-capitalismo, la ricerca del profitto illimitato) contrapposta «alla giusta economia, quella che mira a soddisfare bisogni finiti», primari.Prendendo a prestito l’interpretazione teologica dei Vangeli, lo stesso Fusaro cita la cacciata dei mercanti dal tempio, che avrebbero «dissacrato un luogo non deputato a vendere merce»: il testo sanzionerebbe «la profanazione che il mercato fa degli spazi sacri». Altro insegnamento, dal “miracolo” della moltiplicazione dei pani e dei pesci: «Con una giusta distribuzione dei beni c’è abbondanza per tutti: un comunitarismo che rovescia le logiche iper-egoistiche del profitto». Chiosa Carlo Toto: «Significa che bisogna passare dalla competizione alla condivisione, che infatti produce abbondanza. Non come il capitalismo, che fatalmente lascia sempre indietro qualcuno, essendo incapace di un’inclusione totale». E Dio dove sarebbe, in tutto questo? Sempre inforcando gli occhiali della teologia cristiana che ha reinterpretato la Bibbia ebraica, fusaro vede già nella Genesi «il limite a cui attenersi», assegnato dalla divinità: «La hybris scaturisce quando l’uomo supera quel limite sostituendosi a Dio, ascoltando il serpente che lo esorta a violare la legge del limite: e l’alta finanza è una violazione permanente, la promessa di fare ciò che vogliamo del mondo soggiogandolo al nostro desiderio di volontà di potenza».All’esplosione della crisi Covid, c’è stato anche chi ha sostenuto che la divinità opererebbe anche attraverso le pandemie, come castigo inflitto all’umanità. Forse non è esattamente una novità, dice sempre Fusaro, se persino l’Iliade si apre con Apollo che scatena proprio una pandemia per punire gli Achei, che non avevano trattato in modo conveniente il suo sacerdote. Carlo Toto ricorre all’astrazione anche simbolica, riflettendo sulla catarsi che nasce proprio dall’inabissarsi nella “nigredo” alchemica, in un mondo trasformato in gigantesco Athanor: non tutto il male viene per nuocere? «Solo da un grande male può nascere un grande bene: è la crisi, che fa crescere». L’autore evoca la croce francescana, la fatale intersezione «tra spirito e materia, Logos e Polis». E cita “La Repubblica” di Platone, «la piramide dei saggi che governano l’armonia». L’indagine tra i “messaggi nascosti di Gesù” «vuole stimolare la coscienza a guardare oltre, verso una nuova umanità». Carlo Toto ci crede: «Sarà un’umanità d’oro, che godrà il ritorno del Messia». Traduzione: i disastri di oggi sono pietre preziose, inciampi dolorosi ma decisivi per imparare finalmente a vivere seguendo “la via dell’amore”.(Il libro: “Logos. I messaggi nascosti di Gesù”, Terre Sommerse, 16 euro. Prefazioni di Diego Fusaro e Giuseppe Povia. Toto è anche animatore dell’associazione United Artists for Human Rights).«In quel tempo di grande angoscia sorgerà Michele, il capo dei principi dell’esercito celeste, e il popolo sarà salvato». Carlo Toto è tra quanti citano la Bibbia (il Libro di Daniele, in questo caso) per trarne insegnamenti universali, sempre validi, a partire da quelli dei tantissimi Vangeli che narrano frammenti della vita del predicatore più famoso di sempre: un personaggio forse esistito davvero, duemila anni fa. E’ esattamente l’oggetto d’indagine che Toto – autore e regista, studioso di Francesco d’Assisi e appassionato templarista – propone nel saggio “Logos”, sottotitolo “I messaggi nascosti di Gesù”, con prefazioni del filosofo Diego Fusaro e del cantante Giuseppe Povia. Atmosfere remote, come le sabbie egizie di Nag Hammadi: la scoperta dei manoscritti gnostici, che sfaccettano il ritratto del famoso personaggio in base a cui ancora contiamo gli anni (prima e dopo Cristo). Eppure, sembrano parole vicinissime ai nostri giorni tormentati, in questo 2020. «Tempi difficili vive l’umanità: crisi economiche, guerre, cambiamenti climatici, terremoti, pandemie, difficoltà nelle relazioni sociali». Uno scenario inquietante, «simile a quello descritto nel testo dell’Apocalisse».
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Reddito universale (e meno tasse): come salvare il paese
Negli ultimi mesi si è ricominciato a parlare con una certa insistenza di reddito universale. Riproposto nel corso del 2019 dallo scrittore Carlo Toto, ospite della trasmissione condotta da Fabio Frabetti sul canale “Border Nights”, è stato rilanciato da Beppe Grillo e, di recente, addirittura da Papa Francesco. Persino gli Stati Uniti di Donald Trump hanno adottato temporaneamente tale misura sociale per risollevare le sorti dell’economia. L’idea del reddito universale piace, inoltre, anche al governo spagnolo. Insomma, l’utilizzo del reddito universale, a causa della pesante crisi, aggravata dal periodo Covid-19, è tornato fortemente di attualità. Chiariamo subito che il reddito universale non è il “famoso” reddito di cittadinanza adottato ad opera del Movimento Cinque Stelle, il quale lo ha di fatto ridotto ad un sussidio per determinate categorie di soggetti. Il reddito universale è ben altra cosa, ovvero rappresenta un reddito di base per tutti i cittadini italiani maggiorenni che, a prescindere dal fatto che abbiano o meno un’occupazione, possono usufruire di tale introito per le spese di sussistenza: alimentari, di studio, spese mediche, ecc. Quindi verrebbe garantito il sostentamento a chi un reddito non ce l’ha e integrerebbe il reddito di quei soggetti che già svolgono un’attività lavorativa o imprenditoriale.Tale strumento sarebbe da forte stimolo per l’economia, poiché alimenterebbe la domanda interna, con conseguenti benefici per tutto il sistema economico. Si tratta di una misura socio-economica che mette al centro l’uomo e le sue esigenze, che sono certamente più importanti dell’impersonale volere del mercato o dei “mercati”. Le risorse messe in campo con il reddito universale potrebbero essere sostenute attraverso il ricorso all’emissione di una moneta parallela non a debito, non convertibile in euro, che circolerebbe solo in Italia. Si stamperebbero, in sostanza, le Statonote proposte dall’economista Nino Galloni. Non si dovrebbero temere neanche i tanto paventati innalzamenti del livello di inflazione. Considerate, infatti, le attuali condizioni dell’economia, con grandissima parte della capacità produttiva del sistema-Italia inutilizzata, l’ultimo pensiero dovrebbe essere quello di eventuali impulsi inflazionistici. Come dire, risolviamo la situazione contingente, prima che sia troppo tardi, e quando si dovesse presentare il problema “inflazione” se ne riparlerà.Se saranno reiterate le solite azioni tattiche del “tira a campare” e le ormai strutturali promesse di manovre espansive, con attenzione al contenimento del debito pubblico (la famosa austerità espansiva: contraddizione in termini), per il nostro paese sarà un disastro: le famiglie non compreranno più perché senza soldi, chiuderanno le poche aziende che sono rimaste in Italia, ci saranno nuove ondate di disoccupazione e lo Stato incasserà sempre meno soldi, fino ad arrivare al punto che anche gli stipendi dei tecnocrati, sponsor dell’austerità espansiva e della stabilità dei prezzi (a discapito della piena occupazione e del benessere sociale) non potranno più essere pagati. Il reddito universale, quindi, rappresenta una chiave di svolta, una soluzione definitiva di risanamento dell’economia accompagnato da una forte riduzione della pressione delle imposte. Avere una pressione fiscale non predatoria è un diritto costituzionale che deve essere assolutamente garantito. Infatti, così come avviene per molti altri principi contenuti nella nostra Costituzione, la capacità contributiva che dovrebbe assicurare un’equa tassazione sui redditi prodotti viene costantemente mortificata e disattesa.Da molti anni ormai, la linea di condotta di tutto l’apparato tributario italiano è quella di incassare sempre e comunque. A partire dall’accertamento, fino al processo tributario, il diritto ad una tassazione equa è stato sostanzialmente cancellato per lasciare il posto al “dovere” di passare in ogni caso alla cassa. Anche l’aspetto fiscale è di fondamentale importanza per il rilancio dell’economia, ma il livello di tassazione ha raggiunto limiti oramai insostenibili, contribuendo fortemente a lasciare la maggior parte degli italiani con pochissime disponibilità finanziarie. Il principio della capacità contributiva è stato in definitiva trasformato nel distorto principio sostanziale della “incapacità contributiva”. Un primo passo da compiere per riportare il nostro paese verso un prelievo fiscale più equo è senz’altro quello di rimodulare le fasce di reddito con le relative aliquote.Un’ipotesi di rivisitazione della tassazione sulle persone fisiche potrebbe prevedere, ad esempio, una progressione basata su tre aliquote con la fissazione di una “no tax area” (come previsto anche in altri paesi europei) ed ampie detrazioni di imposta per le spese mediche e di istruzione, come di seguito riportato: No-tax area fino ad € 14.400; da € 14.401 fino ad € 100.000: 20%; da € 100.001 ad € 200.000: 30%; da € 200.001: 40%. Detrazione pari al 100% delle spese mediche e di istruzione, personali e per i familiari a carico. Un regime di imposizione fiscale come quello sopra prospettato e, soprattutto, l’adozione di uno strumento quale il reddito universale, permetterebbero al nostro paese di superare brillantemente la oramai decennale situazione di stallo (rinvigorita e ulteriormente peggiorata a causa del Covid-19) per tornare ad essere una delle economie più forti del pianeta, con benessere diffuso e diritti sociali garantiti per tutte le fasce di reddito.(Vincenzo Curia, “Reddito universale e riduzione della pressione fiscale”, 21 giugno 2020. Curia è un dirigente del Movimento Roosevelt, che – come sottolineato più volte dallo stesso vicepresidente, Nino Galloni, si batte per salvare l’Italia dalla sprirale dell’austerity recuperando un approccio esapansivo e keynesiano dell’economia).Negli ultimi mesi si è ricominciato a parlare con una certa insistenza di reddito universale. Riproposto nel corso del 2019 dallo scrittore Carlo Toto, ospite della trasmissione condotta da Fabio Frabetti sul canale “Border Nights”, è stato rilanciato da Beppe Grillo e, di recente, addirittura da Papa Francesco. Persino gli Stati Uniti di Donald Trump hanno adottato temporaneamente tale misura sociale per risollevare le sorti dell’economia. L’idea del reddito universale piace, inoltre, anche al governo spagnolo. Insomma, l’utilizzo del reddito universale, a causa della pesante crisi, aggravata dal periodo Covid-19, è tornato fortemente di attualità. Chiariamo subito che il reddito universale non è il “famoso” reddito di cittadinanza adottato ad opera del Movimento Cinque Stelle, il quale lo ha di fatto ridotto ad un sussidio per determinate categorie di soggetti. Il reddito universale è ben altra cosa, ovvero rappresenta un reddito di base per tutti i cittadini italiani maggiorenni che, a prescindere dal fatto che abbiano o meno un’occupazione, possono usufruire di tale introito per le spese di sussistenza: alimentari, di studio, spese mediche, ecc. Quindi verrebbe garantito il sostentamento a chi un reddito non ce l’ha e integrerebbe il reddito di quei soggetti che già svolgono un’attività lavorativa o imprenditoriale.
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Galloni: soldi a tutti, prima che si assaltino i supermercati
Reddito universale? Il punto di partenza di Grillo è che, dato che c’è la decrescita e non ci potrà essere la piena occupazione (anzi, ci sarà la massima disoccupazione, a prescindere dal virus), bisogna dare un reddito a tutti per sostenere l’economia. Tutto ciò ovviamente si p aggravato con l’emergenza in corso. Qui, tra me e Grillo, c’è una prima divergenza di fondo: più che di decrescita, dell’industria o dell’agricoltura, bisogna parlare di un risposizionamento (dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi). Ma dovranno crescere altre attività, ad esempio nel comparto dei beni e dei servizi immateriali, che prenderanno il posto delle occupazioni precedenti. Quando si sviluppò l’industria, si ridusse drasticamente l’occupazione in agricoltura. Quando s’è sviluppato il post-industriale, cioè i servizi, c’è stato un calo più o meno drastico degli addetti all’industria. Poi, nella fase che nei miei libri ho definito post-capitalistica, si ridimensionano tutti questi settori a reddito. E’ quindi necessario far crescere la risposta ai bisogni della società (in questo sta il cambio del paradigma, rispetto alla ricerca di profitto) perché comunque la società va avanti. Quindi, quando parliamo di reddito universale, dobbiamo tener ben presente questa differenza: non stiamo andando verso la decrescita, che per essere “felice” necessita di una riduzione della popolazione che sia maggiore del calo della popolazione, sennò sarebbe ancora più infelice.Per essere “felice”, la decrescita richiedere di ridurre la popolazione mondiale: è il vecchio progetto di alcuni ambienti estremistici dell’ambientalismo, e di ambienti particolarmente retrivi della grande finanza (che sono poi quei due ambienti che qualcuno sospetta che abbiano avviato e condizionato l’impresa di Grillo e Casaleggio). A fianco di questo aspetto, che è cruciale, ve n’è però un altro – che è il motivo per cui siamo entrati in questa crisi, che poi è stata aggravata da quella sanitaria. E cioè: nella maggior parte dei comparti produttivi, la redditività degli investimenti è diventata negativa. Per capirlo dobbiamo osservare l’andamento del Pil: nel caso italiano (e l’Italia è una delle potenze industriali del pianeta) è stato significativamente vicino allo zero per parecchio tempo, e fra l’altro sarebbe negativo il Pil pro capite, che è quello più importante per la domanda: a fronte del Pil che non cresce, c’è la popolazione residente che cresce. Continua ad aumentare l’occupazione, è vero, anche se è precaria e sottopagata. Ma se noi da questa occupazione e da questo Pil sottraiamo quel 20-30% che ancora fa reddito positivo, con un fatturato decisamente superiore al costo (quindi, stipendi buoni), tutto il resto è ancora più insostenibile. Quindi noi dobbiamo affrontare questi due aspetti: da una parte il ridimensionamento dei comparti produttivi dell’economia materiale, dall’altra la decrescente redditività degli investimenti.Chi è il grande sconfitto, di questa situazione? E’ tutta la moneta a debito: tutto ciò che è a debito non è sostenibile. Lo vedete: il Pil non cresce, ma cresce il debito pubblico. Questo di per sé non è un segnale di insostenibilità, perché comunque abbiamo un grande risparmio privato, sia pure anch’esso in calo: titoli e depositi, in ogni caso, rappresentano quasi il doppio del debito pubblico. Quindi il sistema-Italia sta benissimo, paradossalmente; ma le sue prospettive non sono sostenibili, se non si esce dall’economia del debito. Perciò va benissimo parlare di reddito universale. Basta che non sia sorretto da due fattori, che denuncio. E cioè: l’aumento del debito, in particolare del debito pubblico, ovvero un aumento (o una introduzione) di una forte tassa patrimoniale. Meglio l’emissione di una moneta nazionale parallela, non convertibile in euro, fino al raggiungimento della piena occupazione. Data la crisi aggravata dal coronavirus, si può quindi pensare a un reddito universale di 1000-1500 euro mensili pro capite, in più prestando particolare attenzione, innanzitutto, ai comparti più colpiti dallo stop imposto dall’emergenza. Il turismo, ad esempio, ha perso l’annata: andrebbe immediatamente istituito un “reddito di quarantena” per tutti quelli che hanno perso completamente il reddito. E quindi turismo, ristorazione, palestre: tutte attività che non riaprianno, quando comincerermo a tornare alla vita normale.Se però ci fosse un’interruzione definitiva – come paventato da Mario Draghi – di tutto il sistema produttivo, allora l’immissione di moneta non a debito rischierebbe di creare inflazione. Quindi dobbiamo immetterla per evitare che l’economia, l’industria e la produzione si blocchino: a quel punto servirà a stimolare quelle risorse e quella capacità produttiva aggiuntiva che l’Italia ha. Ma se in Italia, a causa di questa situazione (il perdurare dell’emergenza e la chiusura nelle case di tutti quanti) si dovessero bloccare tutte le attività produttive, bisognare considerare anche la specificità della nostra struttura produttiva, che è basata su aziende piccolissime, che poi a un certo punto chiudono: perché devono pagare l’affitto, le bollette. Senza un aiuto consistente, io smetto di pagare il mutuo, stacco le utenze, faccio presente ai collaboratori che è finita. Poi, se arrivano risorse reddituali aggiuntive (perché lo Stato immette) ma intanto l’attività è stata chiusa, che cosa ci si compra, con quei soldi? Questo è il problema della moneta non a debito: l’urgenza. Invece, se si usa solo moneta a debito, tutta dentro un progetto finanziario, poi la devi ripagare, e quindi devi guadagnare di più di quello che è il debito. E abbiamo visto che non è più possibile, essendo finito il capitalismo (questo è il vero motivo per cui c’è la crisi).E’ finito, il capitalismo, ma non abbiamo uno straccio di paradigma altenativo per far funzionare l’economia mondiale. E allora, intanto che tutte le potenze mondiali si avvicinano a questa constatazione, come si farà a gestire il sistema economico mondiale? Bisogna trovare un altro paradigma, un altro sistema – in cui ci sia anche la parte di profitto, ma chiaramente il grosso dovrà essere retto da moneta non a debito. Ovvero, come spiego nei miei libri: retto da credito bancario a tasso d’interesse negativo altissimo. Questo consentirà alle banche di non subire perdite: si limiteranno a ridurre i propri guadagni, registrando un mancato arricchimento. Stato e banche però devono modificare la loro contabilità, altrimenti non ce la si fa. Prima che la gente assalti i supermercati, è urgente risolvere questi problemi. Serve agire in fretta: l’agricoltura già denuncia la mancanza di manodopera, e le coltivazioni trascurate poi non si recuperano rapidamente, i danni sono catastrofici.Se non si permette alla gente di tornare a lavorare, il comparto agricolo rischia di scomparire. Se mancano consumatori sui mercati, provvisti di soldi, addio. Trasponendo questo nella manifattura, nell’industria e negli altri comparti, capiamo qual è la posta in gioco adesso: o lo Stato interviene subito con moneta aggiuntiva non a debito, a circolazione solo nazionale e compatibile con l’euro, oppure tra 4-5 mesi ci troveremo in una situazione talmente difficile, che solo aumentando il debito con l’Europa potremmo cercare di far riprendere l’economia (e ho qualche dubbio, che ci accada). Anche Draghi ha espresso questi dubbi. Certo, la sua posizione è diversa: lui propone di mantenere la moneta a debito, quindi la contabilità bancaria, perché deve nascondere come si crea la moneta. Però, se Draghi arriva e fa questa operazione, in vista della cancellazione del debito aggiuntivo (350 miliardi, da considerare come “debito di guerra” destinato a cancellarsi), allora anche l’ipotesi-Draghi va presa seriamente in considerazione.Beninteso, in Draghi non c’è nessuna “metamorfosi”: Draghi è uno dei massimi rappresentanti della finanza mondiale, quella che ci privatizzato e massacrato. Però non fa parte di quella finanza mondiale legata all’estremismo ambientalista (e ad altri giri tipo Rothschild) che vuole invece la riduzione della popolazione del pianeta. In quel caso avrebbe detto: benissimo, se salta tutto per aria, moriranno milioni di italiani. Sarebbe meglio, se l’Italia si riducesse a 20 milioni di abitanti? Questo lo pensano alcuni, ma non Draghi. In lui, però, non c’è nessuna metamorfosi: sta solo applicando, pedissequamente, i principi per i quali abbandonò a suo tempo la nostra scuola post-keynesiana, passando al liberismo. Evidentemente vuole mantenere la partita doppia e la moneta a debito, per poi cancellarla: in questo modo non si vedrebbe la creazione monetaria, che evidentemente è quello che gli preme. Infatti, se tutti vedessimo che la moneta si può creare senza costo, scenderemmo tutti in piazza a dire: ma scusate, se l’avete fatto per salvare le banche, perché non lo potete fare per salvare le persone?L’espressione “capitalismo inclusivo”, peraltro, è un ossimoro: è come dire “liberismo solidaristico”. Quello che ha funzionato, in passato, con molti limiti ma con grandi risultati, sono state le economie miste, in cui c’erano elementi di capitalismo e di socialismo. Probabilmente finiremo per orientarci in questo senso: un recupero della solidarietà nell’economia, veicolato dalle grandi scelte strategiche e dal peso dello Stato, diretto e indiretto, nell’economia stessa. Un assetto abbandonato formalmente, a livello mondiale, dopo il G7 di Tokyo del 1979. Dopodichè abbiamo avuto un quarantennio di liberismo, e adesso il liberismo non funziona più. L’economia mista, solidaristica, ha funzionato per quasi 40 anni dopo la Seconda Guerra Mondiale; il suo abbandono ha coinciso con la fine dei partiti liberali. Con il crollo del Muro di Berlino è finita la Dc, che era anticomunista. E adesso, che siamo di fronte al crollo della globalizzazione, immagino che i nazionalismi finiscano per entrare in crisi: a vincere sarà il ritorno alla solidarietà, sia interna che internazionale. Sarà un’alternativa sia al sovranismo miope, sia alla mancanza di sovranità.(Nino Galloni, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming “Reddito universale, Carlo Toto e Nino Galloni rispondono a Grillo”, su YouTube il 1° aprile 2020. Vicepresidente del Movimento Roosevelt e prestigioso economista post-keynesiano, Galloni – figlio del ministro democristiano Giovanni Galloni, già vicepresidente del Csm – è stato a lungo dirigente del ministero del lavoro. Come Draghi, Galloni è stato allievo del professor Federico Caffè, insigne economista progressista).Reddito universale? Il punto di partenza di Grillo è che, dato che c’è la decrescita e non ci potrà essere la piena occupazione (anzi, ci sarà la massima disoccupazione, a prescindere dal virus), bisogna dare un reddito a tutti per sostenere l’economia. Tutto ciò ovviamente si è aggravato con l’emergenza in corso. Qui, tra me e Grillo, c’è una prima divergenza di fondo: più che di decrescita, dell’industria o dell’agricoltura, bisogna parlare di un risposizionamento (dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi). Ma dovranno crescere altre attività, ad esempio nel comparto dei beni e dei servizi immateriali, che prenderanno il posto delle occupazioni precedenti. Quando si sviluppò l’industria, si ridusse drasticamente l’occupazione in agricoltura. Quando s’è sviluppato il post-industriale, cioè i servizi, c’è stato un calo più o meno drastico degli addetti all’industria. Poi, nella fase che nei miei libri ho definito post-capitalistica, si ridimensionano tutti questi settori a reddito. E’ quindi necessario far crescere la risposta ai bisogni della società (in questo sta il cambio del paradigma, rispetto alla ricerca di profitto) perché comunque la società va avanti. Quindi, quando parliamo di reddito universale, dobbiamo tener ben presente questa differenza: non stiamo andando verso la decrescita, che per essere “felice” necessita di una riduzione della popolazione che sia maggiore del calo della produzione, sennò sarebbe ancora più infelice.
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Eresia Roosevelt: giù le tasse, e reddito universale per tutti
Giù le tasse, usando anche la moneta complementare emessa a costo zero. E soprattutto, reddito universale: assegno mensile di 500 euro, a chiunque, con l’unico obbligo di spendere subito quei soldi. Sembra un costo, ma non lo è. O meglio: la spesa iniziale sarebbe letteralmente oscurata dal salto in avanti del Pil, grazie al “moltiplicatore” keynesiano (spendi 100, e produci 3-400). Risultato: economia in grande ripresa e, alla fine, maggiori entrate fiscali. Sono due dei tre punti-chiave messi a fuoco dal Movimento Roosevelt (il terzo è il diritto costituzionale al lavoro, oggi assente) con l’intento di capovolgere l’ipnosi finanziaria, del tutto artificiosa, che detiene le vere chiavi della crisi europea. Una “maledizione” che sembra economica, e invece è interamente politica. «Si ciancia di lotta all’evasione fiscale, ma l’evasione la si combatte imponendo tasse eque: se si abbassano le aliquote, oggi folli, cresceranno immediatamente le entrate». Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, rilanciando un’idea del rooseveltiano Carlo Toto: rimettere in moto l’Italia, facendola uscire da decenni di sofferenze imposte dall’alto, attraverso una camicia di forza macroeconomica. A questo è servito il vincolo esterno europeo: a comprimere le possibilità del made in Italy, dopo averlo largamente sabotato, smembrato e indebolito.Teoria e pratica del neoliberismo, ideologia di cui l’Italia è stata una cavia perfetta. Pura demenzialità, il tetto del 3% imposto alla spesa. Idem la gestione privatistica dell’euro, basata sulla leggenda della scarsità di moneta (in realtà creabile in modo illimitato e senza costi). In pratica, qualcuno lassù ha chiuso i rubinetti. E al paese ha raccontato che, semplicemente, “doveva” soffrire. Peggio: che le tasse servono a pagare stipendi, a far funzionare lo Stato. Nella stanza dei bottoni, tutti sanno che non è vero: ma il mainstream (economisti neoliberali, partiti e media) fingono di non saperlo. Non ne parlano le Sardine, interessate solo a stoppare Salvini (agevolando la corsa di Prodi verso il Quirinale). Non ne parla Bonaccini, e neppure Zingaretti. La promessa di Flat Tax sbandierata dallo stesso Salvini si è fermata col siluramento di Armando Siri. L’Italia politica sembra essersi rimessa a dormire, divisa solo in apparenza tra custodi del centrosinistra e guardiani del centrodestra. Da Renzi a Berlusconi, nessuna soluzione in vista. Nel 2018, in pieno caos gialloverde, i 5 Stelle sembravano volerci provare: ma il reddito di cittadinanza promosso da Di Maio si è rivelato un’amara barzelletta, un’inutile elemosina elargita al prezzo di severe condizioni.Niente da fare neppure sul fronte della moneta parallela, di cui si era parlato nei mesi scorsi. Ne sa qualcosa un economista keynesiano come Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt: basterebbe pochissimo, sostiene, per creare una “moneta di Stato” da affiancare all’euro, senza neppure violare il Trattato di Lisbona. Valore emesso a costo zero, accettato per il pagamento di tasse e imposte. Sarebbe un sollievo immediato, per l’economia. Due piccioni con una fava: meno tasse, ed economia in ripresa. Un altro rooseveltiano, Toto, ora rilancia: se all’abbattimento delle aliquote (e alla facilitazione fiscale propriziata dalla moneta parallela) si aggiunge la maxi-iniezione del reddito universale, l’economia può risorgere. Volerebbero i consumi, dunque il lavoro. Eresia? Sì, certo, ma sarà meglio farci l’abitudine: il Movimento Roosevelt ha intenzione di lanciare una campagna nazionale, sostenendo queste sue proposte a colpi di petizioni popolari. Non ultima quella sul diritto al lavoro: ha poco senso, ribadisce lo stesso Magaldi, che la Costituzione definisca l’Italia una repubblica fondata sul lavoro, se poi l’occupazione non c’è. Meglio che lo Stato assolva in pieno alla sua funzione, fino in fondo: così come la stessa Bce dovrebbe riscrivere il proprio statuto, puntando alla piena occupazione in Europa, anche l’Italia dovrebbe rivedere la sua Carta, impegnandosi a dare un lavoro a chiunque.L’eresia è l’unica possibilità che resta, se gli attori della politica nazionale balbettano. Soluzioni vere, radicali, frontali. Un orizzonte antropologico alternativo all’attuale bassa marea, nella quale nuotano (male o malissimo) tutti i partiti. Ma attenzione: non sono solo i rooseveltiani a scrutare il cielo, in cerca di un futuro possibile e dignitoso. La signora Christine Lagarde ha appena evocato il massimo tabù di questi anni di austerity “teologica”: gli eurobond, per sostenere in modo illimitato i debiti pubblici dei paesi europei, senza più l’incubo speculativo dello spread. E persino Mario Draghi, da parte sua, ha parlato addirittura della Modern Money Theory, cioè l’emissione monetaria teoricamente infinita, con cui rianimare l’economia europea. Il contrario esatto di quel rigore che i sacerdoti dell’eurocrazia continuano a spacciare per volere divino. E se in Italia nessuno si muove, Magaldi annuncia un appello direttamente ai cittadini: firme su firme, per sollecitare la rivoluzione di cui si avverte il disperato bisogno. Smettere di avere paura, scacciare la crisi, tornare a progettare un’Italia più comoda per tutti. Senza più evasione fiscale, grazie a tasse affrontabili. E senza più l’alibi della penuria, in virtù del reddito universale: utile a salvare chi un lavoro non ce l’ha ancora, e fondamentale per movimentare consumi, imprese, assunzioni. Si tratta di cambiare tutto, da cima a fondo. Primo step: scoprire che l’eresia non è il problema, è la soluzione.Giù le tasse, usando anche la moneta complementare emessa a costo zero. E soprattutto, reddito universale: assegno mensile di 500 euro, a chiunque, con l’unico obbligo di spendere subito quei soldi. Sembra un costo, ma non lo è. O meglio: la spesa iniziale sarebbe letteralmente oscurata dal salto in avanti del Pil, grazie al “moltiplicatore” keynesiano (spendi 100, e produci 3-400). Risultato: economia in grande ripresa e, alla fine, maggiori entrate fiscali. Sono due dei tre punti-chiave messi a fuoco dal Movimento Roosevelt (il terzo è il diritto costituzionale al lavoro, oggi assente) con l’intento di capovolgere l’ipnosi finanziaria, del tutto artificiosa, che detiene le vere chiavi della crisi europea. Una “maledizione” che sembra economica, e invece è interamente politica. «Si ciancia di lotta all’evasione fiscale, ma l’evasione la si combatte imponendo tasse eque: se si abbassano le aliquote, oggi folli, cresceranno immediatamente le entrate». Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, rilanciando un’idea del rooseveltiano Carlo Toto: rimettere in moto l’Italia, facendola uscire da decenni di sofferenze imposte dall’alto, attraverso una camicia di forza macroeconomica. A questo è servito il vincolo esterno europeo: a comprimere le possibilità del made in Italy, dopo averlo largamente sabotato, smembrato e indebolito.
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A Milano tutta la verità sulla scomparsa di Federico Caffè
Nella notte fra il 14 e il 15 aprile del 1987 lasciò la sua casa di Roma, dove viveva con il fratello. Non fu mai ritrovato: la scomparsa di Federico Caffè rimane tuttora un mistero irrisolto. Non per tutti, però: «La sua sparizione è strettamente connessa con due omicidi eccellenti, quello di Olof Palme e quello di Thomas Sankara». Lo afferma Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” che illumina insospettabili retroscena sulla massoneria di potere che ha imposto l’attuale globalizzazione. Clamorose rivelazioni in vista, a quanto pare, nell’ambito del convegno promosso a Milano il 3 maggio dal Movimento Roosevelt. Del professor Caffè – vero e proprio cervello dell’economia keynesiana nel dopoguerra – parlerà anche un suo illustre allievo, l’economista Nino Galloni, svelando ulteriori dettagli inediti sul giallo della sua scomparsa. Tema dell’assise: presentare pubblicamente il Movimento Roosevelt come laboratorio politico nato per uscire dal tunnel del neoliberismo e riconquistare la perduta sovranità democratica. La ricetta? Il socialismo liberale di Carlo Rosselli, marginalizzato già durante il fascismo dagli stessi socialisti. Due eredi di questa dottrina – lo svedese Palme e l’africano Sankara – furono assassinati nel giro di pochi mesi, a cavallo della sparizione di Caffè.Cosa c’era in ballo? Il nuovo assetto del mondo: l’imminente crollo dell’Urss e l’avvento della “dittatura” tecnocratica di Bruxelles, fondata sull’austerity. Fino al dilagare del neoliberismo globalizzato, dominato dalla finanza predatoria. Nel saggio “Il più grande crimine”, Paolo Barnard indica una data precisa per l’inizio della grande restaurazione, da parte dell’élite antidemocratica: il 1971, anno in cui a Wall Street l’avvocato d’affari Lewis Powell fu incaricato dalla Camera di Commercio Usa di redigere il famigerato Memorandum per la riconquista del potere da parte dell’oligarchia, costretta sulla difensiva per decenni in tutto l’Occidente grazie alla storica avanzata del progressismo liberale, socialista e sindacale. Era il segnale della “fine della ricreazione”: da allora, sempre meno diritti – per tutti. Ci vollero anni, naturalmente, per passare ai fatti. E’ del 1975 il manifesto “La crisi della democrazia”, commissionato dalla Trilaterale a Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki. La tesi: troppa democrazia fa male. Parola d’ordine: togliere agli Stati il potere di spesa, necessario per alimentare il welfare e quindi il benessere diffuso.Cinque anni dopo esplosero Ronald Reagan negli Stati Uniti e Margaret Thatcher nel Regno Unito. Cattivi maestri: l’austriaco Friedrich von Hayek e l’americano Milton Friedman, economista della Scuola di Chicago. Stesso dogma: tagliare il debito pubblico, rinunciare al deficit. Pareggio di bilancio: meno soldi al popolo, all’economia reale. Un incubo, culminato con i recentissimi orrori del rigore europeo, capace di martirizzare la Grecia lasciando gli ospedali senza medicine per i bambini. Come si è potuti arrivare a tanto? In molti modi, e attraverso infiniti passaggi. Il primo dei quali è tristemente noto: la demolizione di John Maynard Keynes, il più eminente economista del ‘900. Se il lascito di Marx aveva forgiato la coscienza sociale degli operai, sfruttati dal capitalismo selvaggio, l’inglese Keynes escogitò un sistema perfetto per rimettere in equilibrio capitale e lavoro, attraverso la leva finanziaria strategica dello Stato. Ereditando un’America messa in ginocchio dalla Grande Depressione del 1929, Roosevelt con il New Deal fece esattamente il contrario di quanto gli aveva consigliato la destra economica: anziché tagliare la spesa per “risanare” i conti pubblici, mise mano a un deficit illimitato per creare lavoro.L’altra mossa, decisiva, fu il Glass-Steagall Act: netta separazione tra banche d’affari e credito ordinario, per evitare che i risparmi di famiglie e imprese finissero ancora una volta nella roulette della Borsa. Un atto eroico, la guerra contro la finanza speculativa, rinnegato – a distanza di mezzo secolo – dal “progressista” Bill Clinton, subito dopo il famoso sexgate che l’aveva travolto, l’affare Monica Lewinsky. Nel frattempo, in Europa, era stato Tony Blair a rottamare il socialismo liberaldemocratico dei laburisti, inaugurando – con Clinton – la sciagurata “terza via” che avrebbe condotto l’ex sinistra a smarrire se stessa. Desolante il caso italiano: passando per Romano Prodi, lo smantellatore dell’Iri, si va dal Massimo D’Alema che nel 1999 si vantava di aver trasformato Palazzo Chigi in una merchant bank, realizzando il record europeo delle privatizzazioni, per arrivare all’infimo Bersani, capace nel 2011 si sottomettere il Pd al governo Monti, sottoscrivendo i tagli senza anestesia, il Fiscal Compact, la legge Fornero sulle pensioni e il pareggio di bilancio in Costituzione.Una pesca miracolosa, quella condotta dall’élite tra le fila dell’ex sinistra: a partire dallo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia con la regia di Ciampi, la vera “notte della Repubblica” (attacco ai diritti del lavoro, flessibilità e precarizzazione) è stata condotta con la complicità di personaggi come Visco, Bassanini, Padoa Schioppa, Amato, lo stesso Ciampi e altri baroni della nuova tecnocrazia “incoronata” da Mani Pulite, al servizio delle potenze straniere intenzionate a saccheggiare il Belpaese grazie alla “cura” finto-europeista. Lo spiegò lo stesso Galloni in una memorabile intervista a “ByoBlu”: la deindustrializzazione dell’Italia fu pretesa della Germania come compensazione, in cambio della rinuncia al marco. Era stata la Francia di Mitterrand a imporre l’euro ai tedeschi, pena il veto francese alla riunificazione delle due Germanie. Cominciava una festa, per molta parte d’Europa, caduta la Cortina di Ferro grazie a Gorbaciov. Per l’Italia, invece, il sogno si sarebbe trasformato in un incubo. Supremo regista della grande illusione, Mario Draghi: a bordo del Britannia di mise a disposizione dei poteri che progettavano la svendita del paese, venendo poi premiato prima come governatore di Bankitalia e poi come presidente della Bce.Oggi, grazie a tutto questo, è diventato “normale” che un governo italiano non riesca a ottenere un deficit del 2,4% (irrisorio), ed è “fisiologico” che il fantasma dell’ex sinistra – il Pd – trovi giusto che siano i commissari Ue, non eletti da nessuno, a poter calpestare un esecutivo regolarmente eletto. Peggio: è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a spiegare – bocciando la nomina di Paolo Savona come ministro dell’economia – che sono i mercati, e non gli elettori, ad avere l’ultima parola. Contro questa palude si muove il laboratorio politico rappresentato dal Movimento Roosevelt. Obiettivo: ribaltare il tavolo delle convenzioni dogmatiche degli ultimi trent’anni, risvegliando la politica dormiente fino a portarla a riscrivere le regole. La prima: Europa o meno, il popolo deve tornare sovrano. Tradotto: le elezioni devono poter decidere chi governerà davvero, e come. E a dire di no a un governo eletto potrà essere solo, domani, un governo federale europeo a sua volta emanato democraticamente dall’Europarlamento, sulla base di una Costituzione democratica che oggi l’Ue non sa neppure cosa sia. Chi l’ha detto che il deficit non può superare il 3% del Pil? Il Trattato di Maastricht va gettato nella spazzatura, ecco il punto. Bel problema: da dove cominciare?La prima cosa da fare è dire finalmente la verità: lo sostiene Magaldi, che il Movimento Roosevelt l’ha creato. Rivelazioni e denunce continue, da parte sua. Mattarella? Un paramassone che obbedisce al massone Visco di Bankitalia, a sua volta un burattino del massone Draghi. Di Maio che omaggia la Merkel, dopo aver ceduto sul deficit gialloverde? Brutto segno: tenta di accreditarsi presso le superlogge come la Golden Eurasia, quella della Cancelliera, sperando così di sopravvivere al prevedibile declino dei 5 Stelle. Grande occasione perduta, il governo del non-cambiamento, di fatto prono ai diktat della Disunione Europea che sta mandando in malora l’economia del continente. Fenomeno vistoso: si sta impoverendo la classe media alla velocità della luce, come dimostrano i Gilet Gialli in Francia, dove qualcuno – dice sempre Magaldi – ha pensato bene di dare alle fiamme persino un simbolo nazionale come Notre-Dame. Sono sempre loro, i registi occulti della strategia della tensione europea: hanno seminato il terrore nelle piazze per spianare la strada all’austerity dei governi.Rosselli, Palme e Sankara: ecco, da dove ripartire. Socialismo liberale: il grande premier svedese voleva “tagliare le unghie al capitalismo”. Stava per essere eletto segretario generale dell’Onu: poltrona da cui avrebbe vegliato anche sull’Europa, impedendo che si arrivasse a questo aborto di Unione Europea. Certo, c’è dell’altro: qualcuno nel frattempo avrebbe fatto entrare la Cina nel Wto senza pretendere nessuna garanzia, da Pechino, sui diritti dei lavoratori. Risultato: concorrenza sleale sui prezzi delle merci e grande crisi della manifattura occidentale. E qualcun altro, l’11 settembre del 2001, avrebbe fatto saltare in aria le Torri Gemelle a New York. Obiettivo: poter invadere l’Iraq e l’Afghanistan, fabbricando il fantasma del terrorismo jihadista (Al-Qaeda, Isis) con cui ricattare il mondo. Bagni di sangue (Libia, Siria) o rivoluzioni colorate (Georgia, Ucraina), o magari primavere arabe (Tunisia, Egitto): il risultato non cambia, si punta sempre sul caos. Così l’Italia si scanna sui migranti e il Pd attacca Salvini anziché Macron. E nessuno guarda al di là del mare.Lo fa Ilaria Bifarini, anche lei attesa al convegno di Milano con il suo saggio “I coloni dell’austerity”, ovvero “Africa, neoliberismo e migrazioni di massa”. Negli anni ‘80, quando Olof Palme faceva della Svezia il paradiso europeo del welfare, l’africano Thomas Sankara trasformava l’Alto Volta coloniale nel coraggiosissimo Burkina Faso, il “paese degli uomini liberi”, con una promessa: nessuno, qui, morirà più di fame. Lo disse ad alta voce, nel 1987, davanti ai leader africani: chiediamo all’Occidente di cancellare il debito dell’Africa. Tre mesi dopo fu ucciso, su mandato francese. In Africa, il giovane Sankara godeva di un prestigio immenso, pari a quello di Palme in Europa. Con loro ancora al potere, non avremmo visto né questa Ue né i barconi dei migranti. Il premier svedese era stato freddato un anno prima, da un killer rimasto sconosciuto. Non così i mandanti: “La palma svedese sta per cadere”, telegrafò alla vigilia dell’omicidio Licio Gelli, il capo della P2, avvertendo il parlamentare statunitense Philip Guarino. Lo scrive, nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, lo stesso Gianfranco Carpeoro, altro esponente “rooseveltiano” impegnato nell’assise milanese, da cui ora si attendono precise rivelazioni sulle connessioni tra i delitti Palme e Sankara e la scomparsa di Caffè. Erano uomini da eliminare: troppo ingombranti, per chi voleva instaurare – in Europa e nel mondo – il regno del caos e dei profitti stellari, al prezzo dell’impoverimento generale.Tutto questo, purtroppo, è molto massonico. Lo sostiene Gioele Magaldi, che nel suo saggio spiega che nel 1980 tutte le superlogge – anche quelle progressiste – aderirono al patto “United Freemasons for Globalization”. Una tregua armata, dopo che negli anni Sessanta erano stati uccisi Bob Kennedy e Martin Luther King: un ticket fantastico, che le Ur-Lodges democratiche avrebbero voluto alla Casa Bianca, come presidente e vice. E’ come se la stessa mano provvedesse a uccidere gli avversari che non si possono corrompere né intimidire. Per inciso, aggiunge Magaldi, erano massoni anche Palme e Sankara, così come Gandhi, Mandela e lo stesso Yitzhak Rabin, assassinato da manovalanza estremista. Quanto al convegno di Milano, chiosa Magaldi, non si tratta di limitarsi a celebrare la memoria di giganti come Rosselli e Palme, Sankara e Caffè: l’intenzione è quella di creare una nuova agenda politica, in base alla quale nessuno possa più fingere di essere progressista mentre soggiace alla post-democrazia Ue. Una sfida a viso aperto: c’è da fare una rivoluzione culturale. Il pareggio di bilancio? E’ un crimine politico contro il popolo. Sarebbe ben lieto di spiegarlo autorevolmente lo stesso Caffè, se fosse ancora qui, in questa Italia le cui televisioni spacciano per verità le frottole quotidiane di personaggi come Elsa Fornero e Carlo Cottarelli, mestieranti nostrani del peggior neoliberismo.(Il convegno “Nel segno di Olof Palme, Carlo Rosselli, Thomas Sankara e contro la crisi globale della democrazia” è promosso dal Movimento Roosevelt venerdì 3 maggio 2019 a Milano, col patrocinio del Comune, presso la sala conferenze del Museo del Risorgimento a Palazzo Moriggia, via Borgonuovo 23 (zona Brera), dalle ore 10 alle 17.30. Interverranno Angelo Turco, Gioele Magaldi e l’ambasciatore italiano in Svezia Marco Cospito, insieme a Felice Besostri, Nino Galloni, Paolo Becchi, Gianfranco Carpeoro, Otto Bitjoka, Marco Moiso, Sergio Magaldi, Egidio Rangone, Danilo Broggi, Pierluigi Winkler, Giovanni Smaldone, Michele Petrocelli, Aldo Storti, Marco Perduca e Lorenzo Pernetti. Nel corso dell’evento, introdotto da brevi rappresentazioni teatrali su Sankara e Rosselli offerte da Ricky Dujany e Diego Coscia, verrà presentato il bestseller di Ilaria Bifarini “I coloni dell’austerity”, mentre Carlo Toto e Paolo Mosca anticiperanno il trailer del docu-film “M: il Back-Office del Potere”. Tra i dirigenti del Movimento Roosevelt interverranno anche Daniele Cavaleiro, Roberto Alice, Fiorella Rustici, Zvetan Lilov, Alberto Allas, Roberto Luongo, Roberto Hechich, Massimo Della Siega e Roberto Peron. Per informazioni: segreteria generale e presidenza del MR. Coordinamento ufficio stampa e relazioni esterne: Monica Soldano, 348.2879901).Nella notte fra il 14 e il 15 aprile del 1987 lasciò la sua casa di Roma, dove viveva con il fratello. Non fu mai ritrovato: la scomparsa di Federico Caffè rimane tuttora un mistero irrisolto. Non per tutti, però: «La sua sparizione è strettamente connessa con due omicidi eccellenti, quello di Olof Palme e quello di Thomas Sankara». Lo afferma Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” che illumina insospettabili retroscena sulla massoneria di potere che ha imposto l’attuale globalizzazione. Clamorose rivelazioni in vista, a quanto pare, nell’ambito del convegno promosso a Milano il 3 maggio dal Movimento Roosevelt. Del professor Caffè – vero e proprio cervello dell’economia keynesiana nel dopoguerra – parlerà anche un suo illustre allievo, l’economista Nino Galloni, svelando ulteriori dettagli inediti sul giallo della sua scomparsa. Tema dell’assise: presentare pubblicamente il Movimento Roosevelt come laboratorio politico nato per uscire dal tunnel del neoliberismo e riconquistare la perduta sovranità democratica. La ricetta? Il socialismo liberale di Carlo Rosselli, marginalizzato già durante il fascismo dagli stessi socialisti. Due eredi di questa dottrina – lo svedese Palme e l’africano Sankara – furono assassinati nel giro di pochi mesi, a cavallo della sparizione di Caffè.