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Fuga da Bruxelles, grazie ai velleitari pasticcioni gialloverdi
Vuoi vedere che Salvini e Di Maio alla fine riusciranno a liberare l’Italia dall’euro-schiavitù? In che modo, lo spiega Marco Della Luna: la fuga da Bruxelles potrebbe rivelarsi obbligatoria, per evitare la super-stangata in arrivo. Lega e 5 Stelle? Prima hanno fatto promesse “impossibili”, poi si sono rassegnati a una parodia del “cambiamento”. Eppure, anche solo le briciole portate a casa – deficit al 2%, mini-reddito di cittadinanza, quota 100 – ci costeranno così care, restando nell’Eurosistema, da far capire a tutti, a quel punto, che per mettersi in salvo (evitando la catastrofe di una patrimoniale) non resterà che sfilarsi dal club dell’euro-rigore. «Salvini e Di Maio hanno impiccato se stessi, e insieme a sé tutta l’Italia, a promesse elettorali demagogiche, incompatibili con la condizione del paese», premette Della Luna, autore di saggi come “Euroschiavi” e “Cimiteuro”. Reddito di cittadinanza, decreto dignità, quota 100 e Flat Tax sono «misure fattibili solo in uno Stato poco indebitato e in crescita economica, oppure padrone della propria moneta, come Usa e Giappone». Da quelle promesse «i due non possono smarcarsi prima delle elezioni europee, nonostante che emerga sempre più la loro insostenibilità». E dato che l’Italia è fortemente indebitata ed economicamente bolsa, e in più «deve farsi finanziare da investitori esterni in una moneta che non controlla», il governo gialloverde «ha dovuto rinviare o ridurre di molto le promesse iniziali».Peggio: le poche misure attuate hanno già prodotto «effetti sfavorevoli sul piano finanziario», ovvero «aumento di spread e di rendimenti sul debito pubblico, contrazione del credito, uscita di capitali, sfavore di ampi settori produttivi». E pare avranno effetti negativi pure su quello economico, «per giunta in una fase recessiva che li amplificherà, soprattutto se si andrà a sbattere contro il muro delle clausole di salvaguardia, col rialzo dell’Iva che il governo smentisce ma lo ha già iscritto nel Def». Dopo tanti anni di crisi e di contrazione del reddito, i provvedimenti redistributivi «sono in sé moralmente giusti e riscuotono consenso», ma purtroppo – osserva Della Luna – producono «reazioni di sistema in senso opposto, che pareggiano o superano i loro effetti benefici e riequilibranti, perché ricadono proprio sui ceti deboli che quei provvedimenti volevano aiutare». E così calano il credito, i servizi, gli investimenti. «La lezione della storia, mai imparata dai politici volenterosi ma con attitudini culturali inadeguate al loro ruolo, è che lo sforzarsi di ‘correggere’ pettinando contropelo un sistema dinamico, complesso, che tu non controlli e che reagisce, e che è molto più grosso di te, risulta nei fatti sempre controproducente, e ti fa fare perdere il carisma».Il controllo di un sistema economico è cosa complicata, aggiunge Della Luna, ma certo comincia con quello della moneta e con la liberazione dai meccanismi indebitanti. «E l’Italia è in una condizione oggettiva che le impedisce persino di incominciare a farlo: una condizione che la destina a un costante declino». La geopolitica globale, dagli anni ’80, si è finanziarizzata: «Ha definanziato l’economia produttiva e coltiva l’indebitamento irreversibile dei governi e dei privati, la riduzione dei servizi, dei salari, dei diritti dei lavoratori; quindi non vi sarà un rilancio economico generale». L’Italia poi non è affatto indipendente: è sottoposta a interessi stranieri, «e le sue politiche economiche sono asservite ad essi». Siamo «oggetto di una programmatica sottrazione di risorse attraverso l’Ue». In particolare, «l’Eurosistema bancario-monetario, bloccando gli aggiustamenti fisiologici dei cambi tra le monete nazionali senza mettere in comune i rispettivi debiti pubblici», all’Italia «fa perdere capitali, industrie e cervelli in favore dei paesi più efficienti, aggravando il suo debito pubblico», e al tempo stesso «fa in modo che essa disponga della metà della liquidità pro capite che hanno Francia e Germania: così in Italia manca il denaro per la domanda interna e per pagare i debiti anche tributari», mentre gli stranieri hanno i soldi per rilevare i nostri asset, «che dobbiamo svendere per procurarci quella liquidità che ci viene artatamente negata».Il nostro sistema-paese, inoltre, «è storicamente zavorrato da prassi di ruberie e inefficienze, sprechi, parassitismo». Tutto fattori che abbassano la nostra efficienza, costringendo lo Stato a notevoli esborsi per aree improduttive. «E tutto ciò si traduce in un sovraccarico tributario tale, a carico delle aree produttive, che mina la loro efficienza e spinge capitali, imprenditori e tecnici ad emigrare, portando con sé la clientela e le tecnologie, per fare concorrenza dall’estero». Queste “zavorre”, aggiunge Della Luna, non possono essere eliminate «perché coincidono con gli interessi immediati di buona parte dell’elettorato e della classe politico-burocratica, che prospera grazie ad esse, e che si è formata attraverso una selezione centrata sullo sfruttamento di tali anomalie e non sullo sviluppo di competenze e capacità utili per il sistema-paese». Una classe che ormai «risponde più a banche e interessi stranieri, che alla nazione». Pertanto, «qualsiasi leader politico italiano sa che può fare ben poco per il paese, essendo stretto tra i vincoli suddetti». Però sa anche che il popolo non ne è consapevole, e quindi non rinuncia a sperare: per questo, il politico «sa che può promettere soluzioni impossibili e essere creduto e votato per qualche tempo, fino a che non sbatterà contro i medesimi vincoli: così hanno fatto Prodi, Berlusconi, Renzi».Ma i nostri Dioscuri, Salvini e Di Maio, che fanno? Uscire o farsi estromettere dall’euro «sarebbe in linea di principio opportuno e indispensabile, per rilanciare l’economia e l’occupazione, evitando il declino totale e la svendita del paese». Però Lega e 5 Stelle, che in passato propugnavano l’Eurexit, «hanno poi smesso di parlarne, visto che non vi sono le condizioni politiche: la gente comune (che non pensa oltre al domani e niente sa di macroeconomia) non capisce la situazione, teme le conseguenze dell’uscita». Al tempo stesso, «gli interessi stranieri, coi loro fiduciari interni al paese, sono forti e controllano i media, con cui fanno propaganda pro-euro e pro-Ue». E così il governo Conte l’anno scorso ha lanciato all’Ue una iniziale sfida («o pseudo-sfida, perché non metteva in discussione l’euro né i vincoli di bilancio»), quella del 2,4% di deficit sul Pil, ma presto ha dovuto mettere la coda tra le gambe e ripiegare al 2,04 (che poi salirà al 2,7 per effetto della mancata crescita rispetto alle previsioni ufficiali). «Questa ingloriosa operazione – avverte Della Luna – è costata ai contribuenti diversi miliardi di interessi aggiuntivi sul debito pubblico, e dovrebbe aver insegnato anche ai poveri di spirito che è meglio non lanciare sfide a chi è molto più forte di te: se non hai la volontà e la forza per liberarti dal padrone, ti conviene obbedire e risparmiarti le legnate».Forse, l’unica strategia realistica e per liberarci dal rigore imposto dall’euro, secondo Della Luna è proprio quella avviata (inconsapevolmente?) dal nostro governo: «Senza dirlo, attraverso misure indebitanti e destabilizzanti come il codiddetto reddito di cittadinanza e la quota cento, si porta nei fatti l’Italia a una situazione di squilibrio finanziario tanto grave che, quando arriverà il momento di fare la legge finanziaria, per evitare una stangata tributaria anche patrimoniale (di nuovo la casa) congiunta a tagli dei servizi, non resterà che uscire dall’euro, magari “temporaneamente”». Secondo Della Luna, la situazione porterebvbe finalmente l’opinione pubblica a «percepire il costo del restare nell’euro», facendo scattare la voglia di fuga. L’elettorato potrebbe manifestarla «in modo tanto energico che Mattarella non ripeta ciò che il suo predecessore fece nel 2011». In altre parole, «si tratta di far sì che il popolo tema molto più la permanenza nell’euro, che l’uscita da esso». Psicologia: «E’ provato che il timore di una perdita di 100 ha una forza motivazionale molto più potente della prospettiva di un guadagno di 100. Oggi la maggioranza del popolo, pur non valutando positivamente l’euro e la stessa Unione Europea, non vuole uscirne per il timore di una perdita economica: sceglie il male minore». La politica economica del governo “legastellato”, «con la sua apparente goffaggine», può invertire i rapporti e «far sì che l’uscita diventi o appaia al popolo come il male minore, creando così le condizioni di consenso popolare per l’uscita».Vuoi vedere che Salvini e Di Maio alla fine riusciranno a liberare l’Italia dall’euro-schiavitù? In che modo, lo spiega Marco Della Luna: la fuga da Bruxelles potrebbe rivelarsi obbligatoria, per evitare la super-stangata in arrivo. Lega e 5 Stelle? Prima hanno fatto promesse “impossibili”, poi si sono rassegnati a una parodia del “cambiamento”. Eppure, anche solo le briciole portate a casa – deficit al 2%, mini-reddito di cittadinanza, quota 100 – ci costeranno così care, restando nell’Eurosistema, da far capire a tutti, a quel punto, che per mettersi in salvo (evitando la catastrofe di una patrimoniale) non resterà che sfilarsi dal club dell’euro-rigore. «Salvini e Di Maio hanno impiccato se stessi, e insieme a sé tutta l’Italia, a promesse elettorali demagogiche, incompatibili con la condizione del paese», premette Della Luna, autore di saggi come “Euroschiavi” e “Cimiteuro”. Reddito di cittadinanza, decreto dignità, quota 100 e Flat Tax sono «misure fattibili solo in uno Stato poco indebitato e in crescita economica, oppure padrone della propria moneta, come Usa e Giappone». Da quelle promesse «i due non possono smarcarsi prima delle elezioni europee, nonostante che emerga sempre più la loro insostenibilità». E dato che l’Italia è fortemente indebitata ed economicamente bolsa, e in più «deve farsi finanziare da investitori esterni in una moneta che non controlla», il governo gialloverde «ha dovuto rinviare o ridurre di molto le promesse iniziali».
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Avete idea di cos’era l’Italia, quando aveva la Montedison?
Probabilmente ci sarebbero un milione di posti lavoro in più in Italia, se non fosse stata “suicidata” la Montedison di Raul Gardini. Era il primo gruppo industriale privato italiano, ricorda Mitt Dolcino: la Fiat, all’epoca, era ben lontana dalle vette dei grandi gruppi di Stato come Eni, Stet (Telecom), Enel e forse la stessa Sme (agroindustriale). «Oggi che si è insediato il primo governo eletto non a seguito di influenze esterne – inclusa l’ingerenza della magistratura (ossia Tangentopoli) – dobbiamo ragionare freddamente su cosa successe veramente con Raul Gardini», scrive Dolcino su “Scenari Economici”. «La situazione oggi è talmente grave che qui ci giochiamo l’italianità». Infatti non è un caso – aggiunge l’analista – che Montedison alla fine fu conquistata e spolpata proprio dai francesi, guardacaso gli stessi che, secondo il giudice Rosario Priore, attentarono alla sovranità italiana durante “l’incidente” di Ustica, e che oggi «sembrano distribuire la Legion d’Onore ad ogni notabile italiano che va contro gli interessi del Belpaese». Caduto il Muro di Berlino, di fatto, l’Italia perse la protezione degli Usa. «E l’Europa, la stessa che oggi ci bastona, organizzò il banchetto dato dalle privatizzazioni italiane a saldo (con Draghi, che casualmente fece una fulgida carriera, ad organizzare il piano sul Britannia)».
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Regalare l’Italia ai suoi predatori, fingendo di difenderla
Il piano era semplice: «Creare euforia e consenso legati alle riforme di Renzi per trasformare l’Italia in un paese governabile, “marionettando” un solo uomo», cioè il capo del Pd. Corollario: rendere costituzionale «la subordinazione di Roma a Berlino e Parigi», e soprattutto «completare il trasferimento-svendita» del paese, con le aziende strategiche (inclusa Bankitalia) affidate al controllo di banche straniere. Renzi? E’ stato solo l’ultimo atto di una tragica farsa che risale agli anni ‘80, scrive Marco Della Luna nel suo blog, in cui denuncia il pericolo di brogli che incomberebbe sul referendum del 4 dicembre, dato l’altissimo rischio che Renzi lo perda, costringendo i suoi padroni occulti a rallentare l’assalto all’Italia. «Al governo e ai potentati che esso serve – scrive Della Luna – non resta che puntare su brogli massicci per vincere il referendum e insieme prepararsi a guidare gli sviluppi, in caso che perdano, mediante i soliti strumenti dei premi e dei ricatti finanziari e giudiziari». Niente di nuovo: «La principale occupazione dei governanti italiani, perlomeno da Andreatta in poi, è stata quella di trasferire, senza che l’opinione pubblica capisse che cosa facevano, il risparmio, le risorse finanziarie, le migliori aziende, le imprese strategiche, tra cui soprattutto la Banca d’Italia, a multinazionali finanziarie straniere».Una colossale spoliazione, che la “casta” al potere ha consentito «in cambio di carriera assicurata», in patria ma anche «in Europa, o nelle grandi banche saccheggiatrici che essi hanno servito, secondo il noto schema delle “porte girevoli”». Questo, aggiunge Della Luna, «è il regime che predica tanto su corruzione ed evasione, e presenta il supergarante Cantone». Guardiamo ai fatti: «Il governo Monti, solo per citarne uno, ha raccolto 57 miliardi di tasse in più dagli italiani, affondando il settore immobiliare ed esasperando così la recessione, per dare aiuti alle decotte banche greche e non solo, con cui pagassero alle banche franco-tedesche i loro illeciti profitti ottenuti con prestiti predatori precedentemente concessi». Im pratica, «fu un enorme aiuto di Stato a banche private, imposto dall’“Europa”», la stessa Europa che oggi «non consente al governo italiano di aiutare le proprie banche in crisi». Motivo del divieto: «Devono essere spolpate da Jp Morgan e soci, il cui uomo di fiducia, Morelli, è già stato messo da Renzi a capo di Mps».Questi governi, continua Della Luna, «sopravvivono solo perché e finché la Bce continua ad assicurare artificialmente l’acquisto dei loro titoli pubblici». Nel regime dell’Eurozona non puiò che essere così: è la Bce a tenerli in vita in questo modo, «per evitare che collassino mentre procede il programma di espianto e trasferimento all’estero delle risorse italiane: capitali, cervelli, aziende, mercati». Matteo Renzi paladino degli interessi nazionali? Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò. «A parte gli effetti provvisori e già scemati della costosa decontribuzione, il Jobs Act ha ridotto i diritti del lavoro e non ha aumentato strutturalmente gli impieghi», sottolinea Della Luna. «Le promesse di superare l’austerity merkeliana ed europea si sono dissolte o sono rinviate sine die di fronte al “nein” di chi comanda in Europa». Inevitabilmente, quindi, «malgrado le mancette degli 80 euro», la festa è finita subito: «L’euforia si è sgonfiata e consensi per Renzi sono fortemente scesi dal 40% iniziale dovuto al marketing e all’effetto novità». I sondaggi dicono che vincerà il No: «Salvo un loro errore clamoroso, il piano è fallito». La “riforma” renziana? L’ennesimo tassello del grande piano, che «mira ad abolire lo Stato di diritto, la rappresentanza democratica, la possibilità di opposizione e alternanza interna al sistema giuridico», quindi «l’obbedienza dell’Italia a Berlino e Parigi via Ue, dietro la simulata polemica con la Commissione Europea e il governo Merkel».Il piano era semplice: «Creare euforia e consenso legati alle riforme di Renzi per trasformare l’Italia in un paese governabile, “marionettando” un solo uomo», cioè il capo del Pd. Corollario: rendere costituzionale «la subordinazione di Roma a Berlino e Parigi», e soprattutto «completare il trasferimento-svendita» del paese, con le aziende strategiche (inclusa Bankitalia) affidate al controllo di banche straniere. Renzi? E’ stato solo l’ultimo atto di una tragica farsa che risale agli anni ‘80, scrive Marco Della Luna nel suo blog, in cui denuncia il pericolo di brogli che incomberebbe sul referendum del 4 dicembre, dato l’altissimo rischio che Renzi lo perda, costringendo i suoi padroni occulti a rallentare l’assalto all’Italia. «Al governo e ai potentati che esso serve – scrive Della Luna – non resta che puntare su brogli massicci per vincere il referendum e insieme prepararsi a guidare gli sviluppi, in caso che perdano, mediante i soliti strumenti dei premi e dei ricatti finanziari e giudiziari». Niente di nuovo: «La principale occupazione dei governanti italiani, perlomeno da Andreatta in poi, è stata quella di trasferire, senza che l’opinione pubblica capisse che cosa facevano, il risparmio, le risorse finanziarie, le migliori aziende, le imprese strategiche, tra cui soprattutto la Banca d’Italia, a multinazionali finanziarie straniere».