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Archivio del Tag ‘climate change’

  • Putin, l’alieno e il terrorismo “democratico” dell’Occidente

    Scritto il 09/3/22 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Tutti a parlare di Russia e Ucraina, naturalmente: senza mai ricordare, però, che l’Occidente “democratico” ha sempre disatteso gli accordi con Mosca, cioè essenzialmente la promessa di non estendere la Nato verso Est. Basterebbe questo, a chiudere la questione: e invece si procede con la solita nebbia di guerra, criminalizzando Putin, proprio mentre il succitato Occidente “democratico” – dopo due anni di follia Covid – ora provvede a massacrare i suoi civili, in questa guerra asimmetrica, anche con lo schianto dell’economia planetaria, già visibile a partire dall’impazzimento dei prezzi. Tutti esperti di Ucraina, oggi – come se a qualcuno importasse qualcosa, dei popoli ucraini – senza vedere che l’orrendo copione dei bombardamenti non è che il sequel dei tanti che l’hanno preceduto: come il terrorismo “islamico” (dall’11 Settembre all’Isis), il terrorismo finanziario (dalla morte civile della Grecia al golpe bianco in Italia), il terrorismo climatico “gretino” e ovviamente il recentissimo terrorismo sanitario. Identici gli obiettivi: generare panico, creare insicurezza sociale, revocare diritti e libertà, impoverire e quindi indebolire la popolazione, ottenere obbedienza e sottomissione.
    I media nostrani oggi si esercitano nel tiro al bersaglio contro l’autocrate che da oltre vent’anni è a capo della “democratura” russa, leader del grande paese che – unico – in questi decenni si è regolarmente opposto, come ha potuto, alla marea dilagante del terrorismo occidentale, sorretto in modo orwelliano da giornali e televisioni che hanno semplicemente smesso di fare informazione. La Russia è rimasta estranea al terrorismo militare in Medio Oriente, scatenato dall’Occidente “democratico” in modo diretto o attraverso manovalanza jihadista; è infine intervenuta in modo risoluto in Siria, contro l’Isis, per salvare il regime alleato di Damasco e impedire che i tagliagole raggiungessero rapidamente il Caucaso. Aggredito dal neoliberismo occidentale dopo il collasso dell’Urss, il sistema russo – conformatosi allo standard economico globale – non ha però esposto i suoi cittadini agli spaventosi stress inflitti alla popolazione europea e statunitense; al contrario: lo storico consenso tributato a Putin si spiega anche con il fatto di aver risollevato l’economia nazionale, decuplicando il reddito medio e sottraendo alla povertà milioni di russi, dopo il disastro delle turbo-privatizzazioni occidentali risalenti all’epoca di Eltsin.
    Il personaggio oggi dipinto come tirannico dittatore, scontatamente sanguinario già in quanto slavo e probabilmente anche impazzito, è lo statista che – al mondo – si è maggiormente impegnato nel fare argine contro il terrorismo “islamico” teleguidato dalle capitali occidentali. E’ l’uomo che – con il veto opposto dalla Russia – ha appena impedito all’Onu di varare una risoluzione folle, che avrebbe elevato il cambiamento climatico al rango di “minaccia per la sicurezza nazionale” degli Stati. Uno snodo burocratico, l’avallo delle Nazioni Unite, che avrebbe probabilmente accelerato l’autoritarismo tecnocratico che, in nome della tutela dell’ambiente (ma usando il clima, come se fosse davvero l’umanità a determinarne le variazioni), punta a imporre nuove regole, non negoziabili, a tutti gli abitanti – non del pianeta intero, ovviamente: i fortunati siamo sempre noi, cittadini dell’Occidente “democratico”. La Russia è riuscita a distinguersi e brillare, agendo cioè senza diventare nostra complice, anche riguardo all’ultima stagione terroristica, quella sanitaria: ha rifiutato la “dittatura” dei lockdown, non ha imposto nessun ricatto e nessun Tso alla popolazione. E ha offerto al mondo, a tempo di record e gratuitamente, il primo preparato vaccinale anti-Covid.
    Queste sono le ultime, storiche mosse del regime che oggi viene presentato come una oscura dittatura. Un establishment ibrido, che avrebbe voluto essere più europeo che eurasiatico, contro il quale l’Occidente sta scatenando tutte le sue armi: lo spettro missilistico della Nato in Est Europa, i neonazisti ucraini schierati sul terreno e, soprattutto, la spaventosa guerra economica decretata per volere dei poteri che nel 2020 hanno insediato alla Casa Bianca nientemeno che l’oligarca Joe Biden, in mezzo alla fanghiglia della scandalosa frode elettorale ai danni di Donal Trump. Se una certa élite ha sempre mirato a schiacciare i sudditi, mal sopportando i rari lampi di democrazia reale (fioriti soprattutto nel Novecento, quando al capitalismo occidentale occorreva ancora una classe media prospera e ottimista), viene da domandarsi quale sia la ragione della devastante, vorticosa accelerazione degli ultimi due decenni. Una progressione letteralmente esplosa nella primavera 2020 con l’operazione “psico-pandemica”, che ora è stata sostituita dalla guerra classica, regionale, amplificata però dalla ferocia economica del globalismo senza frontiere.
    Chi non disdegna di inoltrarsi nella cosiddetta “esopolitica”, cioè l’ipotetica interferenza aliena nelle faccende terrestri (niente di diverso, peraltro, dallo scenario raffigurato dalle letterature antiche, con le “divinità” impegnate a disputarsi territori e popoli), oggi si domanda se tutta questa fretta – all’improvviso – non sia dovuta anche al timore di eventuali “sbarchi”, sul nostro pianeta, che secondo alcune fonti sarebbero attesi a partire dal 2024. A raggiungere la Terra – questa la teoria – sarebbero forze ostili a quelle, non terrestri, che attualmente deterrebbero il controllo occulto delle superpotenze. Il tema è vasto e, ovviamente, più che controverso. Semplici suggestioni? Forse non più, o comunque non del tutto, da quando – a partire dal 2019 – lo stesso apparato militare occidentale ha avviato una sorta di “disclosure”, ammettendo ufficialmente l’esistenza degli Ufo. C’è chi si è spinto oltre: per il generale israeliano Haim Eshed, l’Occidente farebbe parte – da almeno trent’anni – di una Federazione Galattica, dotata di basi condivise (sulla Terra, sulla Luna, su Marte e su altri corpi del Sistema Solare). In parallelo, sono pervenute dichiarazioni precise da parte di fonti massoniche, che hanno riferito di accordi con alieni dalla seconda metà del secolo scorso.
    Tutto questo può sembrare surreale, in un 2022 letteralmente sventrato dall’esplosione della guerra in Ucraina, con il suo infame corollario di sofferenze. Ma non si può fare a meno di metterle in fila, le notizie: la catena di comando che ha provocato la Russia al punto da spingerla all’invasione è la stessa che aveva orchestrato il terrorismo sanitario, e prima ancora il terrorismo “islamico”, il terrorismo finanziario e il terrorismo climatico, sdoganando nel frattempo – prima attraverso la fantascienza, poi con le ammissioni ufficiali del Pentagono – l’esistenza del “problema” extraterrestre, che forse è davvero il grande segreto sul quale, a breve, non si potrà più tacere. E’ per questo, dunque, che qualcuno – lassù – ha deciso di gettare l’umanità, in modo sempre più rapido, in una spirale di panico che sembra destinata a non avere fine? Sono semplici domande, queste, che però è la stessa cronaca recente, ormai, ad autorizzare. L’inaudita “schiavizzazione” delle popolazioni, specie quelle residenti in aree ancora formalmente democratiche, serve forse a ridurne il potenziale reattivo, in vista di eventi che nessun politico attuale sarebbe in grado, domattina, di presentare ad alta voce?
    Certo, oggi nessuno potrebbe sbilanciarsi in argomentazioni di questo tenore: sarebbe preso per matto da chiunque, tranne che dagli ufologi o dagli studiosi di religioni antiche. Ma, se proprio l’Occidente “democratico” sta dando ancora una volta il peggio di sé, mentendo innanzitutto alla sua popolazione, non si può che prendere nota delle miserevoli condizioni in cui versa il sistema-Italia, con il suo governo fantoccio (fellone, ma ultra-autoritario) e la sua politica ormai clinicamente morta. I missili e le cannonate nelle pianure ucraine irrompono nelle case di famiglie piegate dal ricatto, tra persone rassegnate a lavorare, viaggiare e vivere solo a patto di avere in tasca il lasciapassare digitale. Uno strumento di dominio, che di sanitario non ha proprio nulla, imposto in perfetto stile cinese e con il pretesto di una patologia curabilissima. Malattia per la quale, però, le terapie sono state prima negate e poi ostacolate, umiliando la scienza e tradendo nel modo più vile il patto di lealtà che, in un paese democratico, avrebbe dovuto vincolare i governanti ai governati.
    Il primo dovere, infatti, non dovrebbe essere quello di proteggere la popolazione? In alcuni Stati degli Usa, in Australia e Nuova Zelanda, in Europa – ma in Italia in particolare – è avvenuto esattamente il contrario: la popolazione è stata esposta a grandi pericoli, è stata fuoriviata dalla disinformazione, è stata ipnotizzata e terrorizzata per due anni. E ora, svanita anche l’ultima parvenza di pseudo-emergenza, viene mantenuta sotto la pressione coercitiva, forse permanente, del lasciapassare, che poi sarebbe solo il preambolo – secondo i piani – per l’eliminazione del contante e l’adozione esclusiva della moneta digitale, cioè del controllo definitivo sull’economia delle famiglie. Che cosa sarà, dell’Italia, ora che l’intera Europa sarà travolta dal massacro socio-economico delle sanzioni comminate alla Russia? Il nostro è l’unico paese che, a quanto pare, non riesce a eleggere un presidente della Repubblica diverso dal precedente. Poi ci sono i politici: Salvini spernacchiato in Polonia, Di Maio che dà dell’“animale” a Putin. E c’è l’inqualificabile Draghi, che riesce a farsi giustamente canzonare persino dall’orrido Zelensky.
    «Per riuscire a parlare con Draghi vedrò di spostare l’agenda della guerra», ha twittato l’ucraino, dopo che il primo ministro italiano aveva snobbato un appuntamento telefonico, perdendo così anche l’ultimo treno per assurgere al ruolo di possibile mediatore (ruolo che, fino a ieri, non sarebbe stato affatto sgradito a Putin). E invece si sono bruciati i ponti, in ossequio al padrone americano. Ormai siamo oltre: l’Italia – il paese delle mascherine e del Green Pass Rafforzato – ha appena inviato armamenti all’Ucraina, paese belligerante. Così, dall’8 marzo 2022 – per la prima volta nella storia, probabilmente – la Russia ha inserito anche noi nella lista nera dei “paesi ostili”. Mario Draghi pare stia quindi per firmare il più disastroso suicidio nazionale (si spera solo economico) degli ultimi decenni. Ma niente paura: ci resta sempre il campionato di calcio, insieme al cabaret dei talkshow in cui sono sempre i famosi virologi di ieri a spiegare al popolo bue come vanno le cose, in Ucraina. Effetti collaterali: e se la guerra di Putin finisse – anche – per cambiare il mondo, mettendo fine all’ipocrisia dei tanti terrorismi domestici? Nessuno può prevedere gli eventi: c’è solo da augurarsi che le armi tacciano al più presto. Certo però che, dal radar del futuro, questa Italia sembra davvero sparita: un paese fantasma, finito, affollato di sudditi imbrogliati, derubati e inebetiti.
    (Giorgio Cattaneo, 9 marzo 2022).

    Tutti a parlare di Russia e Ucraina, naturalmente: senza mai ricordare, però, che l’Occidente “democratico” ha sempre disatteso gli accordi con Mosca, cioè essenzialmente la promessa di non estendere la Nato verso Est. Basterebbe questo, a chiudere la questione: e invece si procede con la solita nebbia di guerra, criminalizzando Putin, proprio mentre il succitato Occidente “democratico” – dopo due anni di follia Covid – ora provvede a massacrare i suoi civili, in questa guerra asimmetrica, anche con lo schianto dell’economia planetaria, già visibile a partire dall’impazzimento dei prezzi. Tutti esperti di Ucraina, oggi – come se a qualcuno importasse qualcosa, dei popoli ucraini – senza vedere che l’orrendo copione dei bombardamenti non è che il sequel dei tanti che l’hanno preceduto: come il terrorismo “islamico” (dall’11 Settembre all’Isis), il terrorismo finanziario (dalla morte civile della Grecia al golpe bianco in Italia), il terrorismo climatico “gretino” e ovviamente il recentissimo terrorismo sanitario. Identici gli obiettivi: generare panico, creare insicurezza sociale, revocare diritti e libertà, impoverire e quindi indebolire la popolazione, da cui esigere timorosa obbedienza e piena sottomissione.

  • Covid e clima, Galloni: chi inventa le emergenze, e perché

    Scritto il 04/12/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Il pianeta è sempre stato sottoposto a cambiamenti climatici anche molto radicali: in certi periodi erano abitabili solo le zone equatoriali, in altri erano abitabili anche i Poli (sono stati trovati resti di fauna tropicale in Antartide). Il grande errore del nostro tempo – errore di cui ci chiederanno conto le generazioni future – è l’idea di fermare i cambiamenti climatici, invece di affrontarli. A differenza del passato, infatti, oggi possediamo tecnologie straordinarie: se messe al servizio del bene dell’umanità, aiuterebbero a unire i popoli per affrontare questi cambiamenti climatici. L’emergenza che stiamo vivendo è il rapporto fra l’emergenza climatica e quella sanitaria. L’emergenza climatica è stata proclamata intorno al 2019 sull’onda alla meteora Greta Thunberg. Poi, siccome non era sufficienti, si è arrivati all’emergenza sanitaria. E adesso pare che si debba ritornare ad un’altra emergenza, di carattere climatico-ambientale.
    Perché l’emergenza? Perché non si riesce più a dare una risposta ai grandi cambiamenti dell’economia e della società, il cui primo (e fondamentale) è l’abbandono della moneta a debito. Cioè: noi oggi abbiamo la possibilità di introdurre monete di altra natura. E lo dobbiamo fare: perché, mentre nei comparti di produzione dei beni materiali la tecnologia è andata talmente avanti che sempre meno addetti saranno necessari ad approntare tutto ciò di cui abbiamo bisogno, nell’ambito invece dei beni immateriali (soprattutto i servizi di cura delle persone, dell’ambiente, del patrimonio esistente) il fatturato si può rivelare più basso del costo. Quindi, questi servizi non possono essere gestiti in termini capitalistici, cioè di profitto. Ecco il grande interrogativo; la soluzione c’è (l’immissione di moneta non a debito), ma ha un “piccolo” difetto: spiazzerebbe le grandi banche, le grandi entità finanziarie del pianeta, che hanno governato il mondo per secoli – o per millenni: prima con l’oro e poi con la moneta creata dal nulla.
    E’ chiaro che, non potendo dare soluzioni, l’emergenza “serve” per evitare nel merito delle questioni: questo è il nesso che lega l’emergenza climatica a quella sanitaria. E come siamo arrivati, a questo? Dagli anni Settanta in poi abbiamo sperimentato a diversi modelli di capitalismo. Il primo è quello del capitalismo espansivo, in realtà iniziato già nel 1944 dopo Bretton Woods. E’ durato fino al G7 di Tokyo del 1979 e, secondo me, da noi fino al divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia. In quel periodo, l’obiettivo delle imprese era la massimizzazione delle vendite: quindi c’era spazio per l’aumento dei profitti, dei salari, dell’occupazione. Quindi abbiamo avuto la trasformazione della classe operaia in classe media. Insomma, stavamo tutti meglio: la classe politica voleva arricchire la popolazione attraverso i disavanzi pubblici, finanziati a bassi tassi d’interesse.
    Se i titoli pubblici non li acquistava nessuno, li comprava la Banca d’Italia stampando moneta: al passivo metteva l’emissione monetaria e all’attivo i titoli. E’ così che siamo diventati la quinta potenza mondiale, la quarta potenza manifatturiera del pianeta. E abbiamo cominciato a dare fastidio un po’ a tutti, nel Mediterraneo: ai francesi, agli inglesi, agli israeliani, agli americani e ai russi. Così spiego anche la vicenda Moro: in termini di conflitto tra lui e Kissinger. Il problema esplose in un incontro fondamentale del 1976, in cui Kissinger disse a Moro: «Non potete continuare a far crescere l’economia italiana del 3-4% ogni anno, perché state diventando più importanti di quello che noi possiamo sopportare. Io ti ammazzo». Parole testuali di Kissinger. Tornato a casa, Moro lo disse alla moglie e a mio padre: erano le uniche due persone di cui lui si fidasse. La moglie gli consigliò di rititarsi dalla politica. E non si sa – quella mattina del 16 marzo 1978, quando fu sequestrato – che cosa avrebbe detto, in Parlamento.
    Ora, il capitalismo espansivo, keynesiano (l’economia mista), non poteva essere ufficialmente attaccato, perché funzionava. E tra l’altro, ci proteggeva nella competività, se così si può dire, coi regimi comunisti. E allora ecco che nasce tutta la teoria ambientalista del Club di Roma (Aurelio Peccei) che, fondamentalmente, sostiene una dottrina neo-malthusiana. Cosa aveva detto, Malthus? Aveva espresso una teoria che poi si era rivelata sbagliata. Aveva detto: siccome la popolazione cresce ad un ritmo superiore a quello in cui noi possiamo far crescere la produzione, incluse le derrate alimentari, a un certo punto la società collassa. In realtà non fu così, perché poi gli umani – proprio perché crescevano da un punto di vista demografico – cominciarono a produrre di più e meglio. Tant’è vero che oggi, di cibo, ne abbiamo fin troppo. Ovviamente ci sono i poveracci che non mangiano, perché è il sistema capitalistico che induce a produrre solamente quello che si può rivendere con un adeguato profitto.
    Se uno non ha i soldi per comprarla, la merce viene buttata. Noi infatti distruggiamo una gran parte di quello che produciamo. Ma la soluzione non è quella esposta da Papa Francesco (mangiamo di meno noi, per dare ai poveri). No: è il modello economico, che è sbagliato. Si deve tornare un po’ all’antico: noi oggi possiamo produrre come una volta, disinquinando e stando tutti meglio. Oltretutto, la qualità dei prodotti alimentari pesa: bastano poche quantità, per essere soddisfatti (e sani). Il cibo di McDonald’s invece non sazia mai e procura le famose malattie del benessere-malessere. Tornando a Malthus, i neo-malthusiani ieri dicevano: se la popolazione mondiale è di 6 miliardi di individui, di cui un miliardo e mezzo ha tutto (auto, elettrodomestici), crescerà tutta l’economia e ci saranno 5 miliardi di privilegiati; ma le risorse sono limitate, e quindi lo sviluppo non può essere illimitato.
    In realtà, è lo stesso errore di Malthus: pretendere che il rapporto fra sviluppo economico e inquinamento sia reso da un’equazione lineare. Cioè: se io produco 100 e consumo 70 (come risorse del pianeta), se produrrò 200 consumerò 140, in termini di risorse. Ma non funziona così, l’economia industriale. Al crescere delle quantità, man mano che l’umanità va avanti, la quantità di agenti inquinanti e di risorse utilizzate (per unità di prodotto) diminuisce. In pratica: se oggi producessimo con le tecnologie di cent’anni fa tutto quello che attualmente produciamo, saremmo tutti morti. In realtà le tecnologie si sono evolute: oltre un certo punto, c’è quindi una equazione differenziale, con derivate parziali, che ci dà la possibilità di capire che sì, dobbiamo “darci una regolata” per l’inquinamento da sviluppo, ma senza però regredire, perché in quel modo condanniamo i poveri a restare poveri, e noi a morire delle malattie del benessere (che non sono quelle batteriche o virali, storicamente sconfitte nei paesi ricchi, ma sono quelle degenerative – cancro, diabete, cardiopatie – che derivano dai cattivi stili di vita).
    Negli anni ‘80, dopo il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia, si fecero aumentare in modo erratico i tassi d’interesse sul debito pubblico: quindi il debito crebbe a dismisura e superò il Pil. Da allora abbiamo questo problema, un alto debito pubblico. Fino a prima del divorzio, avvenuto nel 1981, il debito pubblico italiano non raggiungeva il 60% del Pil. E là saremmo rimasti, se non avessimo introdotto l’aumento dei tassi d’interesse per dare al “mercato” il potere di “regolarci”, quando si sapeva benissimo che il mercato è uno sregolatore. Quindi, il ministero del Tesoro abbandonò il potere di decidere i tassi d’interesse e lo lasciò al mercato, cioè alle banche. Il risultato è stato disastroso. Quel modello – anni ‘80 – è crollato miseramente, perché distruggeva la solidarietà, che è il principale collante dell’economia, e venne sostituito con un terzo modello, il capitalismo finanziario (già sperimentato fino alla crisi del 1929).
    Siamo quindi tornati al capitalismo finanziario: grandi boom delle Borse, ma già nel 2001 la crisi delle Borse stesse. Quindi siamo approdati a un quarto tipo di capitalismo, che io chiamo ultra-finanziario. Cioè: mentre nel capitalismo di Borsa bisogna massimizzare il rendimento dei titoli azionari (e questo lo si ottiene spesso riducendo in modo devastante l’investimento nell’economia reale, nell’occupazione e nei salari), nell’ultimissimo capitalismo ultra-finanziario, quello dei derivati e dei titoli tossici, all’economia non si pensa neppure più. Non è più un capitalismo di mercato: tutto è regolato da algoritmi matematici. E quindi nelle banche, nelle aziende e nei centri finanziari entrano i matematici e gli informatici. Questo capitalismo ultra-finanziario ha come obiettivo non la massimizzazione del valore dei titoli, ma la massimizzazione del numero delle operazioni, quindi è una follia.
    Siamo arrivati a 4 milioni di miliardi di dollari di debiti, cioè di derivati e “swap”. Cioè: 54 Pil mondiali. Noi ci stracciamo le vesti perché il debito pubblico dell’Italia si avvicina ad essere una volta e mezzo il Pil nazionale, ma non diciamo niente sul fatto che il debito del pianeta è 54 volte il Pil terrestre. Importantissima la svolta sopraggiunta nel 2008: le banche centrali hanno iniziato a immettere moneta illimitatamente, per far fronte alle esigenze di liquidità (emerse con la crisi della Lehman Brothers, rimasta a secco: l’unico modo per far fallire la finanza è proprio la mancanza di liquidità). Ma voi capite che, per gestire 4 milioni di miliardi di dollari (54 Pil mondiali), occorre almeno un 3-4% di liquidi: e non c’erano. Ed ecco la soluzione delle banche centrali: emettere moneta, soprattutto elettronica, in modo illimitato. Di qui la mia previsione, purtroppo rivelatasi esatta: il sistema crollerà quando verrà il crampo al dito del governatore della banca centrale.
    Qual è la caratteristica di questo capitalismo ultra-finanziario e collateralizzato? Non deve arrivare, tutta questa moneta, all’economia reale. L’economia finanziaria va benissimo, perché va bene anche quando va male: pompano moneta a corso legale, e quindi si pagano interessi e cedole, si allungano i tempi dei titoli tossici, eccetera. E quindi, paradossalmente, la finanza funziona sempre. A patto che, appunto, all’economia reale non arrivi niente. Di qui sostengo la nascita delle piattaforme finanziarie alternative, delle monete complementari, delle cryptovalute, del credito “fai da te” e di tante altre cose, che per certi versi rappresentano il futuro della nostra economia, perché sono le eredi delle antiche cambiali (alla base del “miracolo economico” italiano). E anche le cambiali sono saltate per aria, con l’aumento dei tassi d’interesse: non era più conveniente, accettare una cambiale, perché lo sconto che ti facevano in banca era salito al 20% (prima era solo del 3-4%). Da allora, abbiamo vissuto un delirio, un declino ininterrotto. E il conto l’hanno pagato soprattutto i giovani: questa è la prima generazione che ha meno opportunità, rispetto a quelle di cui avevano beneficiato i loro genitori.
    (Nino Galloni, dichiarazioni rilasciate in una conferenza di “FlipItaly” ripresa su YouTube il 1° dicembre 2021. Economista e saggista, Galloni è figlio di Giovanni Galloni, già ministro, vicepresidente del Csm e autorevole dirigente della Dc, vicinissimo ad Aldo Moro).

    Il pianeta è sempre stato sottoposto a cambiamenti climatici anche molto radicali: in certi periodi erano abitabili solo le zone equatoriali, in altri erano abitabili anche i Poli (sono stati trovati resti di fauna tropicale in Antartide). Il grande errore del nostro tempo – errore di cui ci chiederanno conto le generazioni future – è l’idea di fermare i cambiamenti climatici, invece di affrontarli. A differenza del passato, infatti, oggi possediamo tecnologie straordinarie: se messe al servizio del bene dell’umanità, aiuterebbero a unire i popoli per affrontare questi cambiamenti climatici. L’emergenza che stiamo vivendo è il rapporto fra l’emergenza climatica e quella sanitaria. L’emergenza climatica è stata proclamata intorno al 2019 sull’onda alla meteora Greta Thunberg. Poi, siccome non era sufficiente, si è arrivati all’emergenza sanitaria. E adesso pare che si debba ritornare all’altra emergenza, di carattere climatico-ambientale.

  • Addio auto elettrica: schiaffo a Davos e ai Re del Covid

    Scritto il 20/11/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Se a Trieste contro i portuali sono bastati gli idranti, a Rotterdam la polizia ora s’è messa a sparare sui manifestanti. Contrari all’adozione dell’ennesimo lockdown in arrivo, gli olandesi contestano il fallimento delle politiche Covid: l’83% della popolazione, nei Paesi Bassi, ha ricevuto ben due dosi – inutili, evidentemente – del siero genico sperimentale che i media chiamano ancora “vaccino”. L’ultimo colpo di coda delle politiche “carcerarie” inaugurate nel 2020 col pretesto della sicurezza sanitaria – vedasi anche il caso dell’Austria, pronta a tornare a chiudere tutti in casa (contro il parere della stessa polizia austriaca) – avrebbe un preciso fondamento politico, reso evidente da un indizio: il tramonto dell’auto elettrica. Tradotto: la sbandierata emergenza climatica – concepita come “secondo step” dell’emergenza generale permanente – non starebbe funzionando, come spauracchio. Di qui il ricorso ai “tempi supplementari” della crisi-1, quella tuttora presentata come “pandemica”.
    Crisi sanitaria ormai palesemente smascherata: finiscono all’ospedale solo i pazienti che non vengono curati tempestivamente, a casa. E i “vaccini genici” – in Italia imposti con il ricatto, dal governo Draghi – non fornirebbero nessuna particolare protezione, oltre a non limitare affatto la circolazione del presunto virus. Comunque, secondo Nicola Bizzi, siamo vicini alle battute finali della tragica commedia inaugurata quasi due anni fa: l’incubo – più politico che sanitario – sarebbe destinato a terminare, non appena l’Ema dovesse finalmente approvare l’adozione dei nuovi farmaci (operazione che, a quanto pare, vedrebbe la Francia in pole position). Ipotesi e riflessioni offerte da Bizzi e da Matt Martini nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, con Tom Bosco e un ospite come Davide Rossi, autore di un esplosivo pamphet sul ruolo della Fabian Society nella sovragestione delle recenti politiche emergenziali.
    E’ Matt Martini a porre l’accento sul freschissimo fallimento, a Glashow, della conferenza Cop26 sul clima: nessun impegno vincolante, per i prossimi anni, grazie all’opposizione di paesi come Cina, India e Russia, indisponibili a recitare il copione “gretino” che punta il dito contro il riscaldamento, anziché sull’inquinamento, e in più imputa il “climate change” all’azione dell’uomo. Non solo: in assenza di vere innovazioni tecnologiche, Volskwagen e Stellantis – questa la grande novità – rinunciano ufficialmente alla ricoversione elettrica dell’automotive, vera e propria bandiera della “rivoluzione green” progettata dall’élite finanziaria che sogna la digitalizzazione totale del pianeta e il controllo definitivo su ogni aspetto della vita umana. Tra l’altro, l’adozione forzata dell’auto elettrica – rileva Martini – avrebbe posto fine al diritto alla mobilità, salvo che per i ricchi, dato l’altissimo costo dei veicoli elettrici.
    Un vero e proprio bluff ecologico? Sono in molti, ormai, a sostenerlo: l’impatto ambientale di un veicolo elettrico (la produzione dell’energia necessaria a farlo muovere, senza contare la realizzazione e poi lo smaltimento delle batterie) sarebbe superiore a quello comportato dal tradizionale motore termico. Lo stesso Martini ricorda le posizioni assunte fin da subito da Toyota, contraria alla “rivoluzione” elettrica: costi immensi, senza una reale contropartita ambientale (se non per i grandi centri urbani: ma a che prezzo?). A ruota, è stata la Renault a chiarire che i costi dell’auto elettrica sarebbero stati letteralmente proibitivi: una vettura media sarebbe costata il doppio di un’auto tradizionale. Ora, la pietra tombale: i grandi costruttori europei (tedeschi, francesi e italiani) sembrano archiviare definitivamente l’auto elettrica, anche se l’Ue sperava di renderla pressoché obbligatoria entro il 2030. Per il cartello di Davos – osserva Martini – è la prima, storica sconfitta. E forse è anche per questo che, oggi, le pedine di quel club tornano a premere l’acceleratore sulla “dittatura sanitaria”.

    Se a Trieste contro i portuali sono bastati gli idranti, a Rotterdam la polizia ora s’è messa a sparare sui manifestanti. Contrari all’adozione dell’ennesimo lockdown in arrivo, gli olandesi contestano il fallimento delle politiche Covid: l’83% della popolazione, nei Paesi Bassi, ha ricevuto ben due dosi – inutili, evidentemente – del siero genico sperimentale che i media chiamano ancora “vaccino”. L’ultimo colpo di coda delle politiche “carcerarie” inaugurate nel 2020 col pretesto della sicurezza sanitaria – vedasi anche il caso dell’Austria, pronta a tornare a chiudere tutti in casa (contro il parere della stessa polizia austriaca) – avrebbe un preciso fondamento politico, reso evidente da un indizio: il tramonto dell’auto elettrica. Tradotto: la sbandierata emergenza climatica – concepita come “secondo step” dell’emergenza generale permanente – non starebbe funzionando, come spauracchio. Di qui il ricorso ai “tempi supplementari” della crisi-1, quella tuttora presentata come “pandemica”.

  • Green Pass, schedatura universale. Prima del fatale 2024

    Scritto il 24/10/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Raccontano gli appassionati di astrologia che il periodo che si aprirebbe il 22 gennaio 2024 potrebbe coincidere con l’inizio di una stagione epocale e liberatoria, per l’umanità, propiziata dallo “storico” ingresso di Plutone in Acquario. Qualcuno può pensare che siano favolette. Altri studiosi precisano: l’astrologia non determina mai cambiamenti così immediati, attorno a una data-spartiacque. Altri ancora, forse più prosaicamente, fanno notare come i portavoce del potere – anche se non lo ammetterebbero mai – siano attentissimi proprio alla simbologia energetica che presumono sia legata al moto degli astri: del governo Draghi non c’è un solo decreto, avverte Nicola Bizzi, che sia stato emanato in un giorno a caso, senza prima aver dato un’occhiata al cielo. A proposito: ha ben poco di astrologico, l’attenzione che Bizzi (e molti altri osservatori) concentrano sul “fatidico” 2024. Secondo alcuni, è vero, coinciderebbe con la nascita di una nuova “era precessionale”. Ma non si esauriscono qui, le voci sull’ipotetico traguardo in calendario. C’è ben altro, che bolle in pentola.

  • Eccoci, finalmente: ora comincia la grande diserzione

    Scritto il 14/10/21 • nella Categoria: idee • (1)

    Le grandi rivoluzioni, si dice, sono sempre state progettate, innescate e dirette da formidabili élite avanguardistiche. Vero, ma poi che fine han fatto, quei rivolgimenti? Quanto alle élite, oggi sembra disastrosamente crollato il loro prestigio: persino l’oceanico astensionismo che ha rimpicciolito le ultime elezioni italiane (amministrative, per giunta: tradizionalmente partecipate) suona come una campana a morto, per chi è solito utilizzare pedine locali. Sembra un avviso rivolto non solo al super-governo del Tecnocrate, ma in fondo anche alle possibilità dell’intera politica liberale, democratica, completamente svuotata. L’arena è ormai percepita come corrotta, infiltrata, devitalizzata: nemica, addirittura. Manipolata proprio dai mediocri, impresentabili terminali di quelle stesse élite che oggi esternano il loro delirio globalista a vocazione totalitaria. Lo fanno senza più nemmeno nascondersi, dichiarando in modo esplicito i loro obiettivi apertamente zootecnici. Imperativi categorici e funesti, monotoni e minacciosi: magari inventano emergenze e pandemie, mettendo in croce i sistemi sanitari con artifici criminosi.

  • Bifarini: lockdown climatici, ora siamo davvero in pericolo

    Scritto il 09/10/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Nel Grande Reset siamo arrivati a una fase successiva, rispetto a quella sanitaria. Siamo entrati dentro una nuova narrazione. Quella sanitaria, basata sul terrore costante della malattia, della morte, va avanti ormai da circa 20 mesi, nonostante abbia raggiunto enormi risultati, inaspettati. Pensiamo che è stato istituito un Green Pass, un lasciapassare di Stato, quindi è stata legittimata la discriminazione, l’apartheid di Stato. Sono stati sdoganati concetti che mai avremmo pensato che sarebbero stati accettati dalla popolazione, come appunto questa discriminazione senza precedenti nella nostra storia moderna, se non nei tempui bui del secolo scorso. Pensiamo alla telemedicina, al telelavoro, alla teledidattica; la narrativa pandemica ha raggiunto enormi risultati, e ora è pronta alla seconda fase: ad alimentarsi di nuove paure e di nuove crisi.
    Nel mentre, la narrazione del terrore sanitario non sparirà completamente; continuerà e si intreccerà con delle nuove emergenze: inedite, finora, anche se in realtà prospettate da lungo periodo. Va avanti, intanto, questa vaccinazione di massa, che ha raggiunto risultati molto importanti. La narrazione dell’emergenza pandemica, ripeto, non sparirà del tutto: si andrà dileguando, affievolendo, per lasciare il posto a queste nuove narrazioni del terrore; però ce la ritroveremo sempre, a mio parere, come sottofondo, o comunque come qualcosa che si potrebbe ripresentare di volta in volta. Ormai è stata instillata una psicosi di massa, una forma ossessiva per cui siamo tutti potenzialmente untori, malati e a rischio di virus (che in realtà sono sempre esistiti, nella storia dell’uomo). Ma improvvisamente si è deciso quasi di chiudere l’uomo dentro una campana di vetro per impedirgli qualsiasi contatto.
    Abbiamo dovuto rinunciare alla stretta di mano, ma anche al sorriso: è quasi impossibile avere uno scambio con un’altra persona senza poter guardare il suo volto. Pensiamo ai bambini: ne vediamo tantissimi che hanno la mascherina, e magari – indotti dai genitori – pensano che sia qualcosa di divertente, come un gioco; invece è qualcosa che verrà interiorizzato, nella loro psiche, e avrà ripercussioni sulle loro relazioni e sulla loro formazione. Venti mesi sono lunghissimi: pensiamo anche alle persone che continuano a girare con la mascherina in luoghi dove non c’è nessun rischio di contagio. Ci sono forme psicotiche di “evitamento sociale” che si sono accentuate. Ma questa psicosi verrà continuamente alimentata e riproposta: ci sono stati diversi annunci, molto chiari, per cui siamo entrati in un’Era Pandemica.
    Ci sono già delle previsioni come quella della Spars 2025-2028, quindi una nuova pandemia; inoltre c’è tutto il business della vaccinazione, che ormai si è innescato e di certo non si può fermare. E ora, come dicevo, stiamo passando da un lockdown di tipo sanitario a possibili lockdown di altra natura: ci sarà sempre il sottofondo dell’allarme sanitario, ma ci stiamo dirigendo verso una nuova narrativa. E’ la narrativa della crisi, del terrorismo (alimentato dal mainstream) sulla questione climatica. Abbiamo già visto come, dal punto di vista delle materie prime e delle risorse energetiche, ci troviamo di fronte a una crisi: sono già aumentati in modo notevole i prezzi di gas e carbone, sono aumentati (a causa dell’inasprimento dei nuovi standard) i costi per le emissioni di CO2 per le attività industriali. E questo sta creando una crisi, in ambito energetico, che potrebbe essere davvero esplosiva, tale da creare un effetto-domino su tutta l’economia.
    Abbiamo già le prime avvisaglie in Cina, dove il governo sta pianificando lockdown energetici. Alcune città cinesi, inizialmente quelle dell’Est ma poi anche città come Pechino e Shangai, sono state lasciate – volutamente – senza luce, senza illuminazione, senza elettricità. Addirittura hanno chiuso persino le fabbriche, e quindi questo sta creando una serie di ripercussioni a livello economico e di esportazioni, con ricadute su tutta la filiera di approvvigionamento e sull’intera economia mondiale, che tanto dipende dalla Cina. Situazioni analoghe si stanno vivendo e materializzando anche in Germania: un video che circola sul web, diffuso dalla Tv tedesca, mostra una donna anziana che si trova a dover fronteggiare un blackout energetico, trovando un metodo per riscaldarsi riunendo anche i vicini di casa. Queste sono proprio le fasi preparative a quelle che potranno essere le nuove emergenze.
    Lockdown energetici: se ne parla anche in Italia. Un quotidiano come “La Stampa” sta aprendo le cosiddette Finestre di Overton: ha fatto già dei titoli che ipotizzano un Natale senza luce, un inverno a lume di candela. E questo è davvero qualcosa di inquietante, che potrebbe materializzarsi quanto prima. Tutto per una crisi energetica che ha alla base una questione climatica, proprio perché sono stati inaspriti gli standard per le quote di emissioni di CO2: l’obiettivo è la neutralità, ossia “zero emissioni” (sono gli obiettivi della famosa Agenda 2030). Non è solo un impegno dell’Unione Europea: in realtà è un’agenda mondiale, condivisa. Possiamo far risalire la sua pianificazione al Club di Roma, che produsse quello che possiamo considerare un documento-chiave per interpretare la natura del Grande Reset. Sto parlando del famoso studio, pubblicato nel 1972, sui “limiti dello sviluppo”.
    Lo studio fu poi demandato al Mit (il Massachusetts Institute of Technology di Boston) per uno studio molto dettagliato e scrupoloso per determinare quali sarebbero i limiti dello sviluppo. Quello studio del 1972, di circa 200 pagine, è diventato un bestseller tradotto in trenta lingue e venduto in 12 milioni di copie, in tutto il mondo. Se ne è discusso tantissimo, da parte dell’opinione pubblica: per la prima volta, quello studio dichiara come, proseguendo con l’attuale modello di sviluppo economico e demografico (quello di allora, perlomeno), l’umanità sarebbe destinata al collasso entro il XXI Secolo. Viene quindi applicato un modello matematico di tipo informatico, che ricorre allo strumento delle simulazioni. La sintesi è netta: se non riducono tutte le variabili che interagiscono tra loro (ossia: la crescita della popolazione mondiale, la crescita economica e l’inquinamento), si arriverà a una catastrofe irrimediabile, alla quale l’uomo non saprà far fronte.
    Quindi viene auspicata una decrescita della popolazione, considerata fuori controllo già allora (1972), quando la popolazione mondiale era circa la metà di quella odierna. Sempre secondo quello studio, la crescita della popolazione avrebbe per forza comportato una crescita dell’inquinamento, e dunque un collasso del sistema naturale. Dopo vent’anni quello studio è stato aggiornato: vengono ribaditi i concetti principali e si dichiara che i parametri sono stati addirittura superati. Quindi inizia un’escalation di appelli e l’introduzione di misure sempre più orientate a contenere il riscaldamento clinmatico, che diventa il tema dei temi, l’obiettivo principale di tutti i consessi internazionali e dei gruppi di potere, a discapito di una tutela dell’ambiente e della riduzione dell’inquinamento (che potremmo tutti condividere). E invece: il riscaldamento climatico e il contenimento della popolazione mondiale diventano le priorità ineludibili.
    Abbiamo visto come, in Europa, questo approccio malthusiano abbia effettivamente portato, soprattutto in paesi come l’Italia, a una decrescita della popolazione. Occorre tempo, perché si abbiano i risultati di questa pianificazione, ma ora siamo davvero giunti a una fase di denatalità. Addirittura abbiamo avuto anche l’avviso dell’Istat, una sorta di “spoiler”: l’istituto di statistica ci ha appena detto che l’Italia è un paese da 32 milioni di abitanti. E l’obiettivo è proprio questo: raggiungere uno stato in cui l’uomo è visto come un essere che inquina, come ha detto lo stesso ministro Cingolani; dato che l’uomo ha un’impronta ecologica, la popolazione mondiale deve essere contenuta, così come il modello di crescita non può più continuare a seguire il corso dello sviluppo che ha seguito finora.
    Lo stesso Club di Roma auspica quella che definisce “una rivoluzione copernicana delle menti”. In altre parole, la progettazione del Grande Reset di oggi risale in qualche modo a cinquant’anni fa. Quello studio del 1972 è stato una linea-guida. Pensiamo che il Club di Roma fu fondato da Aurelio Peccei, già amministratore delegato della Olivetti, la cui Fondazione pare che abbia finanziato poi la Casaleggio. Pensiamo anche che quello studio fu commissionato e pagato dalla Volkswagen, poi coinvolta nello scandalo del “Dieselgate”. Se si legge quel documento, vi si ritrovano i concetti (e anche le espressioni) che sono alla base della nuova narrazione dominante: cioè questo senso di urgenza, la tesi secondo cui ogni anno perso è quasi un crimine contro l’umanità. Gli autori esortano ad adottare un cambio radicale di mentalità, investendo tutta l’opinione pubblica.
    E solo attraverso la consapevolezza della gravità di quello che starebbe per accadere si potrà raggiungere l’obiettivo. Solo allora le persone potranno agire di conseguenza. Quindi aleggia continuamente questo spettro di una catastrofe imminente, che può essere scongiurata soltanto con un cambio radicale, drastico, e che richiede sacrifici, da parte dell’umanità. Vediamo quindi che la narrazione è la stessa, rispetto a quella proposta oggi. Poi ci sono anche frange di fanatici dell’ecologismo, che addirittura auspicherebbero un ritorno al livello pre-industriale della popolazione. C’è anche chi auspica che la stessa Inghilerra torni a 2 milioni di abitanti: sono eco-totalitaristi, eco-nazisti a tutti gli effetti.
    Nei giorni scorsi, abbiamo visto Draghi e Cingolani interagire con Greta Thunberg quasi con deferenza. Greta non è certamente una scienziata né una super-esperta in materia: è lampante tutta l’ipocrisia e il carattere contradditorio di questa narrativa. Si dice che Greta soffra di disturbi dello spettro autistico, che tendono a produrre comportamenti ripetitivi e stereotipati. Non a caso, vediamo come questa ragazza si esprima per slogan, con un’esasperazione che le è stata indotta, inculcata, di cui probabilmente non si rende nemmeno conto. Ma gli slogan che lei ripete sono, appunto, quelli del Club di Roma, che poi hanno improntato tutte le ricerche e tutte le politiche successive. Ossia: “La casa sta andando in fiamme, siamo di fronte a un disastro; voi non fate nulla di concreto, è ora di agire, non c’è più tempo”.
    Sono slogan che fanno presa, sulle masse. E quindi, cinicamente: quale migliore interprete, di una ragazzina che soffre di questo disturbo, e che quindi probabilmente non si renderà mai conto di essere stata manipolata? Quella della narrazione di Greta è una retorica così consunta da lasciare stupefatti, nel vedere come invece continui a far presa sull’opinione pubblica. Non a caso, alla ragazzina svedese con la sindrome di Asperger (che la rende indifesa e quindi inattaccabile: sarebbe un tabù offendere una ragazzina che ha problemi comportamentali) è stata ora affiancata l’altra icona, Vanessa, la ragazza di colore che viene dall’Africa. Quindi abbiamo tutti gli stereotipi della retorica inclusivista: si predica l’equità e, per raggiungerla – ci dice sempre il Club di Roma – occorre eliminare l’ostacolo della crescita demografica. E’ davvero una narrazione stucchevole, piena di melassa.
    La deferenza di Draghi e Cingolani non è nei confronti di Greta, ma – chiaramente – nei confronti del piano di cui lei è una chiara espressione, una marionetta (credo anche ignara: Greta è un puro prodotto mediatico). La deferenza è verso questo piano: che è ben preciso e si sta sviluppando ormai concretamente. La catastrofe preannunciata dovrebbe avverarsi entro il XXI Secolo: per cui non abbiamo più tempo, secondo i cosiddetti filantropi e secondo le menti di questo Green Reset. Di fatto, l’obiettivo è quello: avere una società con un nuovo modello, che sia di decrescita (infelice, più che felice). Una decrescita economica e anche demografica, tutta improntata al contenimento del riscaldamento climatico, che la scienza mainstream oggi imputa all’azione antropica.
    Tacitati gli scienzati che contestano questa tesi, e nonostante il fatto che l’aumento della temperatura terrestre sia minimo, tutto sarà improntato alla narrazione del controllo del riscaldamento climatico. Tutta un’economia verrà trasformata, e i rapporti umani subiranno una svolta verso una digitalizzazione, considerata più “green”. Ma allo stesso tempo, e qui si chiude il cerchio, la digitalizzazione – dei rapporti umani, dell’economia, della moneta, della sanità (con la telemedicina), della didattica, delle nostre identità (con l’identità digitale) – ci mette sempre di più in pericolo. Ai lockdown sanitari potranno aggiungersi blackout energetici, lockdown climatici e (come abbiamo appena visto) blackout informatici. Riguardo a questi ultimi, gli episodi divenuti sempre più frequenti: nei mesi scorsi il caso di SolarWinds (un’azienda americana di software), poi Colonial Pipeline (azienda petrolifera, sempre Usa), quindi il caso della Regione Lazio, e ora il blackout di Facebook. La popolazione mondiale, ormai assuefatta all’uso di Internet e dei social, viene messa davanti alla sua fragilità: da un momento all’altro, tutto ciò potrebbe venir meno.
    Dobbiamo stare attenti: al di là del fatto che probabilmente non sapremo mai il motivo alla base delle 6 ore di sospensione di Facebook, non dobbiamo cadere nelle strumentalizzazioni del mainstream stesso; perché c’è chi afferma che, senza la Rete, saremmo tutti più sereni. Non è così, ovviamente: proprio grazie all’utilizzo dei social, infatti, abbiamo potuto costruire delle reti, limitando il dominio monopolistico del mainstream. Ora il web subisce la censura, che prima non era presente: e anche la censura dei social fa parte del Grande Reset. E’ detto in modo esplicito: i social hanno un ruolo importante, nella limitazione delle famigerate “fake news”; quindi, la sospensione di Internet e della libera informazione è un obiettivo dichiarato. Pensiamo anche al momento in cui saremo tutti digitalizzati, e tutto dipenderà da Internet e dalla nostra connessione; ogni cosa: la nostra identità digitale, la nostra stessa moneta.
    Ecco, pensiamo a un caso di blackout: arriverebbe a disconnettere l’uomo stesso, che in questo nuovo corso (di Reset totale) diventa un’entità digitale che può essere accesa o spenta secondo una programmazione – che può essere spacciata per incidente o può essere un incidente effettivo (non lo sapremo mai, di fatto). Però ci troviamo sempre nell’ambito delle profezie auto-avveranti. E non a caso che a luglio ci sta stata la simulazione del Cyber Polygon 2021, aperta dallo stesso Klaus Schwab, che ha detto: «Occorre vaccinare anche Internet, perché un evento pandemico informatico potrebbe far sembrare il Covid una sciocchezza». Quindi, cerchiamo di andare oltre le apparenze. Purtroppo, abbiamo visto – a nostre spese – che tutta la narrazione del mainstream è sempre mendace e ingannevole.
    (Ilaria Bifarini, dichiarazioni rilasciate a Carlo Savegnago sul canale YouTube “Il Vaso di Pandora” il 7 ottobre 2021. Economista, Bifarini è autrice del bestseller “Il Grande Reset”. «La vorticosa velocità dei cambiamenti oggi in atto – dice Savegnago – non ci lascia il tempo di pensare, e quindi di capire cosa sta davvero avvenendo»).

    Nel Grande Reset siamo arrivati a una fase successiva, rispetto a quella sanitaria. Siamo entrati dentro una nuova narrazione. Quella sanitaria, basata sul terrore costante della malattia, della morte, va avanti ormai da circa 20 mesi, nonostante abbia raggiunto enormi risultati, inaspettati. Pensiamo che è stato istituito un Green Pass, un lasciapassare di Stato, quindi è stata legittimata la discriminazione, l’apartheid di Stato. Sono stati sdoganati concetti che mai avremmo pensato che sarebbero stati accettati dalla popolazione, come appunto questa discriminazione senza precedenti nella nostra storia moderna, se non nei tempi bui del secolo scorso. Pensiamo alla telemedicina, al telelavoro, alla teledidattica; la narrativa pandemica ha raggiunto enormi risultati, e ora è pronta alla seconda fase: ad alimentarsi di nuove paure e di nuove crisi.

  • Tsunami, clima e potere: dalle Canarie alle Tre Gole

    Scritto il 03/10/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Ipotesi mega-tsunami: uno in America, l’altro in Cina. E’ singolare, la simmetria incarnata da due eventi lontanissimi nello spazio, ma contemporanei: alla preoccupante, anomala eruzione del vulcano Cumbre Vieja alle Canarie fa eco l’ennesima alluvione che sta mettendo sotto pressione la mastodontica Diga delle Tre Gole situata nell’Hubei, la provincia di Wuhan. Coincidenze? Qualcuno sarebbe tentato di pensare che, in tempi di fanta-climatologia (con 50.000 giovani in piazza a Milano al seguito di Greta Thunberg), eventuali malintenzionati potrebbero anche approfittare della situazione, calcando la mano su eventi naturali, al punto da forzarne gli effetti. Un’ipotesi estrema, vagliata da Tom Bosco a “L’Orizzonte degli Eventi”, il 28 settembre, insieme a Nicola Bizzi e Matt Martini. Tema: le catastrofiche conseguenze che i geologi attribuiscono virtualmente all’eruzione delle Canarie, nel caso l’isola occidentale di La Palma smottasse nel mare. In parallelo, si evoca l’altrettanto spaventosa ondata che si abbatterebbe sul territorio cinese se dovesse cedere l’immenso impianto delle Tre Gole, il più imponente che sia mai stato costruito dall’uomo.

  • Draghi, Greta e l’ultimo delirio: i lockdown “climatici”

    Scritto il 21/9/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Lo storico fiorentino Nicola Bizzi non è certo un futurologo, ma spesso le sue previsioni risuonano poi nella cronaca. L’ultimissima ha preceduto le notizie di oggi, che vedono Mario Draghi in prima linea nel disegnare la nuova emergenza mondiale, quella climatica. E’ destinata a rimpiazzare il sempre più logoro spauracchio del Covid, vale a dire la più grande “pandemia di asintomatici” della storia, per citare la bocconiana eretica Ilaria Bifarini. L’economista è autrice de “Il Grande Reset”, saggio esemplare che mostra come si possa approdare all’orrenda “nuova normalità” dopo aver letteralmente inventato l’apocalisse sanitaria, negando le cure allo scopo di scatenare la crisi ospedaliera e il panico globale, per arrivare dritti al vero risultato atteso, fin dall’inizio, dall’élite di Davos: la digitalizzazione corporea definitiva dell’homo sapiens, a scopo di dominio, usando come alibi la profilassi sanitaria obbligatoria, cioè il Tso che il governo Draghi oggi impone in modo brutale e sfrontato, chiamandolo addirittura “vaccino”.

  • Siamo sotto attacco, perché il nostro risveglio è in atto

    Scritto il 16/8/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Noi siamo esseri solari in crescita, figli del sole: tutta la materia di cui siamo fatti (perfino il nostro spirito, la nostra anima) è composta da pezzi di sole. Tutto, anche la fisica di cui è fatta la Terra. Il sole è il logos degli antichi cristiani, è il creatore del sistema solare, della razza umana, di tutti gli esseri che abbiamo attorno. E secondo le grandi indicazioni iniziatiche, il sole è anche l’essere dell’amore: infatti emette raggi di luce e calore verso tutti, non guarda in faccia a nessuno. Ama tutti e, nel farlo, perde anche un po’ di pezzi di se stesso, senza avere nulla in cambio. E’ come dovremo imparare ad essere noi: ci vuole ancora un po’ di tempo, ma questa è la strada. Il sole, che è l’essere che presiede alla nostra evoluzione, nel momento in cui vede un’aggressione enorme alla nostra etica, ai nostri corpi (fisico e sottile) – un’aggressione che vuole indebolire le forze vitali di cui siamo fatti, che presiedono alle nostre forze fisiche – produce un’accelerazione delle forze vitali che a noi, come Terra, arrivano tutte dal sole, a cominciare dall’energia che fa crescere le piante.
    Il sole tiene in piedi anche noi: gli indiani lo chiamavano “prana”. E dato che i gruppi anti-sole (anti-amore) vogliono indebolire le nostre forze, il sole – per compensare questo – ci sta mandando più etere: è questo, il riscaldamento climatico. E’ chiaro che questa cosa non piace, ai vari Club di Roma e ai loro padroni, però è quello che sta succedendo. Ho controllato, sui grafici dei climatologi: ogni volta che la temperatura aumentava di parecchio, sulla Terra stava accadendo qualcosa di forte, spiritualmente. Per esempio: durante la vita del Cristo, la temperatura era più alta di adesso; dopo la sua morte, è sprofondata di diversi gradi al di sotto della temperatura attuale. Poi è risalita quando c’era il monachesimo illuminato, e anche all’epoca dei Templari, poi con i Medici, e ancora durante la Rivoluzione Francese; poi è crollata, per ricominciare a salire negli anni Sessanta, quando io dico che è cominciato l’attuale fenomeno del risveglio della nostra coscienza.
    Così si capiscono meglio anche i recenti esperimenti di geoingegneria per filtrare i raggi del sole: tutta la strategia nella quale siamo coinvolti è contro il sole, l’amore, l’essere che vuole svilupparsi dentro di noi facendo il bene. Dagli anni Sessanta, la gente si è data da fare nell’ecologia, ha cominciato ad amare gli animali e le piante, ha inziato a occuparsi di solidarietà (che prima non esisteva). E ha cominciato a farsi delle domande, a uscire un po’ alla volta dalle ideologie, dalle religioni: a cercare il bene vero, non quello che gli era stato presentato per secoli. E’ chiaro che questa, per i poteri abituati a dominare, è una situazione di emergenza da allarme rosso. E quindi se ne devono inventare di tutti i tipi, per bloccarci: per bloccare le forze d’amore, anche quelle che vengono dal cosmo. Solo che non sanno con chi hanno a che fare, non se ne rendono conto: né nel caso delle forze d’amore che sono nel cosmo, né nel caso di quelle che sono dentro di noi. Tant’è vero che, più ce ne fanno, più una parte di noi cresce e diventa consapevole: è quello che sta succedendo oggi.
    Quando facevo l’analista per panel internazionali, governativi (quei gruppi che si riuniscono per capire come stanno le cose, e dirlo ai governi), la mia specialità era il mondo islamico. E a un certo punto, nell’Islam, ho visto comparire un Islam che non c’era. E’ cominciato con Bin Laden: un Islam estremista, anomalo, cattivo, con la comparsa di strani abbigliamenti, turbanti neri, barbacce lunghe da ceffi da teatro. Nell’Islam non c’era, tutto questo. Qualcuno, quindi, li ha addestrati e gli ha detto: conciamoci così, perché così si vestivano ai tempi di Maometto (come se noi andassimo da loro vestiti da crociati). La sensibilità occidentale doveva essere messa in emergenza nel vedere quei ceffi, con le bandiere nere (che nell’Islam non ci sono: sarebbero verdi). Hanno ripreso costumi arcaici, che erano scomparsi: il taglio delle mani, le lapidazioni. Abitudini sopravvissute – guarda in po’ – soltanto in Arabia Saudita, dove ha sede la setta retriva dei wahhabiti, messi al potere dalla massoneria inglese. Quello è un Islam finto, però drammatico: armato, addestrato, istruito su come mettere in scena il teatro dell’orrore, le decapitazioni dei prigionieri vestiti di arancione.
    E’ un conflitto, scelto nella nostra epoca, per tenere in vita una malattia dell’umanità. Perché le guerre sono malattie: vengono fatte per creare vortici di odio e di violenza. Non le vince mai nessuno, le guerre. Il senso di quella dell’Afghanistan è palese: gli americani stanno per anni in un posto (e si trascinano dietro anche noi italiani) per perderla, la guerra, peggiorando ulteriormente lo scenario. Conquistano l’Iraq per destabilizzarlo. Poi l’Occidente detronizza Gheddafi per destabilizzare la Libia. E cosa ci guadagna? Niente: la destabilizzazione, e i morti. Perché una delle strategie di questi gruppi è quella di creare vortici di paura, nel mondo (vortici di violenza, di rabbia), che guastano il risveglio umano e arrivano fino a noi. Come? Col terrorismo, creando una guerra asimmetrica. Quando facevo l’analista, trent’anni fa, i satelliti permettevano di leggere tranquillamente anche le targhe delle auto. Adesso ti fanno anche le radiografie, però Bin Laden non lo trovavano mai. Basterebbe una settimana, per catturare tutti quei tragici figuranti. Ma non viene fatto: perché il terrore viene sfruttato, come emergenza.
    Così, i terroristi vengono inviati anche nelle nostre città, in Occidente: quando serve, qualcuno viene accoltellato, si fa esplodere una bomba, viene creato il fenomeno dell’immigrazione non controllata; la gente si spaventa, comincia a temere e odiare gli immigrati, e per giunta poi c’è anche qualche immigrato che veramente fa il male. E’ tutto combinato, tutto contro la nostra anima. Al tempo in cui lavoravo per quei panel, periodicamente si diceva: se non ci armiamo abbastanza (con missili, caccia, atomiche) i sovietici conquisteranno Parigi in tre giorni, e poi cosacchi faranno abbeverare i loro cavalli alle fontane di San Pietro. Ricordo l’imbarazzo degli esperti, chiamati periodicamente a valutare davvero la situazione: l’Urss non aveva la minima possibilità di sopraffare la Nato, data l’immesa disparità di forze. Ma questo, gli esperti non riuscivano mai a metterlo nero su bianco: era proibito dire la verità, altrimenti sarebbe venuta meno l’emergenza costruita sul pericolo russo.
    La stessa cosa si fa con le altre minacce: le si usa per terrorizzarci. Covid, Afghanistan, riscaldamento climatico, Greta (e tutto quello che vi pare). Fate caso alla attenta regia delle cose: il terrorismo “islamico” è sempre pronto, come conferma il ritorno dei Talebani. Lo stesso Isis non è sparito, l’Africa è piena di luoghi nelle mani di Al-Qaeda o dell’Isis. Sono sempre lì, pronti all’uso: ogni tanto qualcuno ammazza un prete o dà fuoco a una chiesa. Ma bisogna mettersi nei panni del regista cinematografico di tutte queste operazioni. Direbbe: in questa puntata c’è già la scena del Covid, quindi non mischiamo le cose. Appena il Covid cala, mandiamo avanti gli incendi estivi e l’Afghanistan. Qual è l’obiettivo di questa regia? L’anima delle persone. La nostra psiche è l’unico vero obiettivo: il terreno di conquista di queste guerre non sono le banche, i territori, le risorse. No, l’obiettivo siamo noi: la nostra anima, la psiche degli esseri umani (che è in fase di risveglio, e proprio per questo viene messa sotto attacco).
    Chi teme davvero il nostro risveglio? I personaggi sotto i riflettori, quelli che conosciamo, non sanno nulla. Pare che sappiano tutto loro: il grande leader, ma anche il “gran maestro” massone della superloggia quacquacquà. Rappresentano un livello basso: stanno lì in cambio di denari, di potere e di ambizione. In realtà, sono quelli che meno sanno. Quand’ero il consigliere di alte cariche, mi rendevo conto del fatto che più si saliva di livello, fino ai primi ministri, e meno ne sapevano. E quelli sopra di loro? Be’, quelli comandano davvero: e sono gente che fa il male per il male. Quanti sono? Quattro persone? Cinque? Dodici? Loro sì, hanno i loro addentellati: e, per conto dei loro capi spirituali, svolgono il compito di cercare di frenare lo sviluppo umano. Ma, più lo fanno, più la gente cresce: perché, sopra di loro, ci sono gli “esseri spirituali del bene”, quelli che vogliono la nostra evoluzione, che li stanno usando – da alcune migliaia di anni, non di più – per crearci un’opposizione, in modo che noi cresciamo, sviluppando il nostro vero Io.
    Uno spettacolo al quale stiamo assistendo, in questi giorni, è l’enfatizzazione mediatica degli incendi stagionali. Fa troppo caldo? Qualcuno sostiene che sia colpa nostra: lo dice la piccola Greta, poveretta, ma lo dice pure l’Ipcc Panel dell’Onu, proprio adesso, cavalcando con straordinario tempismo gli incendi, innescati in simultanea da centinaia, migliaia di piromani stranamente sincronizzati. I media ci dicono che i roghi sarebbero davvero ingigantiti dal “climate change”, anche se gli stessi scienziati pagati dall’Onu ammettono una variazione di appena un grado, in cento anni. Per fortuna, ora arriva l’epocale Green New Deal, cioè i miliardi stanziati (teoricamente) per l’emergenza sanitaria. Obiettivo: abbandonare il petrolio e passare all’elettrico. E dove mai lo si ricaverà, quell’immenso quantitativo di energia elettrica? Vuoi vedere che tra un po’ spunterà – altrettanto magicamente – il verdissimo “nucleare nuovo”, sul quale si è appena pronunciato Roberto Cingolani, ministro del governo Draghi, che qualcuno ha inserito tra le fila dei soliti 5 Stelle?
    Oggi, lo vediamo, aumentano in modo esponenziale le nostre difficoltà, specie da quando si è insediato Draghi a Palazzo Chigi. Ve lo confesso: sono proprio contento, che al governo ci sia Draghi. Tutto quello che ci sta imponendo – il vaccino-Covid, il “green pass” obbligatorio – rappresenta una cartina di tornasole: ti rendi conto di chi è chi. Certo, devono succedere cose, per capire chi sta con chi. Abbiamo capito che tutto l’arco costituzionale (o meglio, incostituzionale) dipendeva dai capi di Draghi già prima che arrivasse Draghi; solo, faceva finta che ci fosse la democrazia. Oggi, con la scusa dell’emergenza, si sono detti: be’, possiamo passarci sopra, alla democrazia; possiamo rispondere direttamente al padrone, che fa un governo nel quale i ruoli fondamentali sono del Club di Roma, dei finanzieri, dei mondialisti. Così, spudoratamente. Ecco: siamo in risveglio, e il risveglio è il momento di guardare chi è con chi. Anche nel mondo new age, alcuni “guretti” vari di sono scoperti. Bene: utile. Grazie a Draghi.
    (Fausto Carotenuto, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti nella diretta del 15 agosto 2021 sul canale YouTube di “Border Nights”. Già analista d’intelligence, Carotenuto ha fondato il network “Coscienze in Rete”, di ispirazione steineriana, e nel 2005 per UnoEditori ha pubblicato il saggio “Il mistero della situazione internazionale”, lettura in chiave spiritualistica della geopolitica e della stessa piramide invisibile dell’attuale potere mondiale).

    Noi siamo esseri solari in crescita, figli del sole: tutta la materia di cui siamo fatti (perfino il nostro spirito, la nostra anima) è composta da pezzi di sole. Tutto, anche la fisica di cui è fatta la Terra. Il sole è il logos degli antichi cristiani, è il creatore del sistema solare, della razza umana, di tutti gli esseri che abbiamo attorno. E secondo le grandi indicazioni iniziatiche, il sole è anche l’essere dell’amore: infatti emette raggi di luce e calore verso tutti, non guarda in faccia a nessuno. Ama tutti e, nel farlo, perde anche un po’ di pezzi di se stesso, senza avere nulla in cambio. E’ come dovremo imparare ad essere noi: ci vuole ancora un po’ di tempo, ma questa è la strada. Il sole, che è l’essere che presiede alla nostra evoluzione, nel momento in cui vede un’aggressione enorme alla nostra etica, ai nostri corpi (fisico e sottile) – un’aggressione che vuole indebolire le forze vitali di cui siamo fatti, che presiedono alle nostre forze fisiche – produce un’accelerazione delle forze vitali che a noi, come Terra, arrivano tutte dal sole, a cominciare dall’energia che fa crescere le piante.

  • Guerra alla libertà: lo scempio del Tso sulla democrazia

    Scritto il 15/8/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Guerra alla libertà, sulla base di un equivoco: presentare la pozione genica sperimentale anti-Covid come se fosse un vero vaccino, e come se il preparato (che sta generando percentuali imbarazzanti di reazioni avverse) fosse davvero efficace per proteggere il corpo, o addirittura per limitare i contagi, quando è invece notorio che la persona che ha subito l’inoculo resta regolarmente contagiabile e quindi contagiosa: inclusi i medici, gli infermieri, gli insegnanti e gli studenti che il governo Draghi ha brutalmente costretto a sottoporsi al trattamento sanitario obbligatorio. La premessa: vengono solennemente ignorate le cure messe a punto dai migliori medici, da ormai un anno. Terapie che, nel caso, consentono di risolvere il problema in pochi giorni, da casa, senza ricorrere al ricovero in ospedale. Altro corollario increscioso: viene ignorata l’indicazione di uno dei padri della medicina moderna, Albert Sabin (inventore del vaccino antipolio), secondo cui è letteralmente un suicidio procedere con una campagna vaccinale mentre l’epidemia è in corso.
    Lo hanno appena ricordato, invano, scienziati come Jean-Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina (e da noi lo stesso Pietro Luigi Garavelli, primario infettivologo a Novara). Tutto inutile: si procede dritti verso il disastro. Lo dimostra il caso di Israele: i ricoverati sono in gran parte vaccinati. Presto spiegato: è proprio la diffusione degli inoculi a spingere il virus a mutare, aggirando le difese. Inoltre: si continua a finire all’ospedale solo quando non si viene curati per tempo, a casa, con farmaci ordinari che – ormai è accertato – funzionano benissimo. L’unica domanda da farsi, a questo punto, sembra essere la seguente: perché imporre la pozione-Covid (per giunta, chiamandola “vaccino”), quando l’unico effetto tangibile che pare garantire da subito è la sottomissione della popolazione, accertata la sua completa inutilità sul piano epidemiologico? Chi punta il dito contro la bulimia di Big Pharma e il suo immenso potere corruttivo esercitato da decenni sul sistema sanitario occidentale, probabilmente, coglie solo un aspetto solo consequenziale dell’operazione in corso, che non ha precedenti.
    Una situazione come quella attuale era stata prevista, anni fa, da svariati esponenti dell’élite: di recente, nella trasmissione web-streaming “L’Orizzonte degli Eventi”, Tom Bosco ha ricordato che il fantasma del lockdown comparve già in un paper ufficiale della Fondazione Rockefeller, nel lontano 2010. Gli ispiratori di network come la Fabian Society (in cui milita anche l’oscuro Roberto Speranza, ministro della sanità con Conte e con Draghi) sono notoriamente ossessionati dal “problema” del boom demografico mondiale, cavallo di battaglia – dal dopoguerra – degli apprendisti stregoni del Club di Roma, specializzati nella fabbricazione dell’ecologismo catastrofistico. Un paradigma fondato su calcoli regolarmente rivelatisi sbagliati, come ha fatto più volte notare un libero pensatore come l’economista Nino Galloni: chi teme lo sviluppo economico, demonizzandolo, trascura la variabile – determinante – del progresso tecnologico, che può sempre basarsi sull’adozione di saperi avanzati, capaci di ridurre l’impatto ambientale e lo stesso prelievo delle risorse naturali.
    C’è chi rileva come il Green New Deal (l’auto elettrica, per esempio) finirà con l’aggravare enormenente la pressione sull’ecosistema, dato l’aumento esponenziale della necessità di materiali preziosi e altamente inquinanti: il bilancio finale potrebbe essere peggiore di quello oggi condizionato dall’abuso di fonti fossili. Eppure, in un pianeta che si è puntualmente riscaldato e raffreddato in modo repentino, anche nella storia recente, grazie all’effetto dei potentissimi influssi solari, milioni di persone hanno dato credito alla teoria del ruolo umano nelle modificazioni climatiche: ipotesi contrabbandata per certezza “religiosa” grazie a una testimonial spuntata in apparenza dal nulla (Greta Thunberg), in realtà pienamente sorretta dal mainstream media e dall’establishment finanziario dell’Occidente, che ha foraggiato i climatologi “ideologici” dell’Ipcc Panel dell’Onu, presentandoli come nuovi, indiscutibili sacerdoti della verità (benché smentiti da 500 tra i massimi specialisti mondiali del settore, inclusi Premi Nobel).
    Come stupirsi, se oggi la maggioranza “crede” alla pozione magica come unica possibile arma contro il terribile Covid, altrimenti inaffrontabile? Abbiamo creduto a tutto: ai Bush e a Obama, al terrorismo “islamico”, al potere dello spread e allo spettro del debito pubblico come catastrofe, come colpa nazionale. Abbiamo creduto alla improvvisa necessità dell’obbligo vaccinale, persino neonatale, per malattie come il morbillo. Abbiamo creduto a Greta, a Fazio, a Burioni (a Speranza, addirittura). Logico che la sorte ci riservi il ricatto finale: quote di residua libertà vincolate al Tso, in una Società del Controllo prodotta dal capitalismo della sorveglianza, sempre più sinistramente zootecnico, secondo il modello che sempre l’Occidente ha fatto brevettare, su commissione, da paesi come Singapore e soprattutto la Cina. Alla legge medievale del “green pass”, basata sulla più spudorata frode sanitaria, si sottraggono per ora Germania, Spagna e Gran Bretagna. Ma il virus che uccide la libertà serpeggia quasi ovunque, in Europa, a macchia di leopardo.
    Del resto, in un mondo strettamente interconnesso, basta l’inaudita coercizione inaugurata da un governo-canaglia (o magari due, quello francese e quello italiano) per trasformare in prassi la degradazione “carceraria” della vita sociale, che finisce per fare terra bruciata attorno a quelli che Alberto Zangrillo chiama “asini”, cioè i refrattari al trattamento genico obbligatorio. Il medico di Berlusconi stima che i somari siano il 20% della popolazione italiana; secondo altre valutazioni, gli italiani ribelli sarebbero uno su tre. Molti di loro saranno costretti, con la forza, a sottoporsi a un ricatto imposto con la menzogna: pena, la perdita del posto di lavoro o la possibilità di frequentare corsi all’università. A tutti gli altri “asini” sarà vietato l’accesso a bar a ristoranti, musei, cinema, palestre, discoteche, concerti, stradi, treni. Sta quindi per nascere ufficialmente un’umanità di serie B, cui sembra mancare solo la stella gialla al braccio.
    E’ un’umanità completamente tradita dalla politica e abbandonata a se stessa: nessun movimento, oggi, sembra in grado di organizzare una risposta adeguata alla spettacolare gravità della situazione, che se non altro – come rileva l’alchimista Michele Giovagnoli – mostra per intero la reale nudità del sovrano, in tutto il suo squallore antidemocratico. Per Giovagnoli, a questa quota di società resta una estrema, drastica chance: resistere e boicottare chiunque si pieghi al regime sanitario, facendo pesare giorno per giorno la propria capacità di astenersi da determinati consumi, e ingaggiando in tal mondo un braccio di ferro, nonviolento, in grado di limitare lo strapotere dell’abuso. Una cosa l’hanno già imparata, gli “asini”: nessuno li ha difesi. Se i medici come Giuseppe De Donno hanno pagato con la vita il loro coraggio civile e professionale, nessuno – di quelli che presidiano la politica – ha saputo battersi per evitare che la democrazia italiana arrivasse a subire anche lo scempio del Tso.

    Guerra alla libertà, sulla base di un equivoco: presentare la pozione genica sperimentale anti-Covid come se fosse un vero vaccino, e come se il preparato (che sta generando percentuali imbarazzanti di reazioni avverse) fosse davvero efficace per proteggere il corpo, o addirittura per limitare i contagi, quando è invece notorio che la persona che ha subito l’inoculo resta regolarmente contagiabile e quindi contagiosa: inclusi i medici, gli infermieri, gli insegnanti e gli studenti che il governo Draghi ha brutalmente costretto a sottoporsi al trattamento sanitario obbligatorio. La premessa: vengono solennemente ignorate le cure messe a punto dai migliori medici, da ormai un anno. Terapie che, nel caso, consentono di risolvere il problema in pochi giorni, da casa, senza ricorrere al ricovero in ospedale. Altro corollario increscioso: viene ignorata l’indicazione di uno dei padri della medicina moderna, Albert Sabin (inventore del vaccino antipolio), secondo cui è letteralmente un suicidio procedere con una campagna vaccinale mentre l’epidemia è in corso.

  • La Bibbia Nuda: dietro la nostra storia, una regia occulta

    Scritto il 27/3/21 • nella Categoria: Recensioni • (Commenti disabilitati)

    E’ perfettamente lecito domandarsi a chi mai possa importare, oggi, della eventuale veridicità del libro più famoso e più diffuso al mondo, la Bibbia. Un testo sacro, per i religiosi. Un insieme di codici simbolici, per gli esoteristi. Una collezione di fiabe, per gli atei. E se invece – al di là di come la si possa pensare, e nel pieno rispetto delle convinzioni di chiunque – quell’insieme di rotoli antichi contenesse indizi sull’origine della nostra possibile, vera storia? Per cercare una risposta, risulta utilissimo il metodo (pratico, lineare) adottato da Mauro Biglino, singolare figura del panorama culturale italiano. Prima, traduttore dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, e poi autore di 14 saggi che indagano tra le pieghe del testo biblico, riletto testualmente e senza filtri, teologici o sapienziali. Dopo oltre dieci anni di studi, la domanda resta invariata: e se la Bibbia riflettesse l’eco dell’origine della nostra specie, letteralmente “fabbricata” da individui non umani? E’ proprio questa, l’angolazione che – volendo – consente di passare, in modo verticale, dalla Genesi alla difficilissima attualità del momento presente, in cui l’umanità sembra in balia di forze ostili e smisuratamente potenti.
    Forse è utile fare un bel passo indietro, di almeno vent’anni. Per esempio: fino al 10 settembre 2001, era diffusa la sensazione di vivere nel migliore dei mondi possibili. Non esattamente un pianeta-capolavoro, politicamente parlando, ma distante anni luce da quello che sarebbe venuto dopo, a cominciare dall’alba del giorno seguente: due Boeing contro le Torri Gemelle di New York, senza che un solo jet militare – dopo il primo impatto – si fosse levato a presidiare quelli che erano considerati i cieli più sorvegliati del globo, così da scongiurare almeno la seconda, devastante collisione. Un’avvisaglia poco rassicurante la si era avuta due mesi prima, a Genova, in mezzo a strade e piazze improvvisamente preda della follia di una violenza insensata. Wayne Madsen, già dirigente della Nsa, disse che oltre duemila agenti avevano lavorato, per mesi, a “organizzare” la carneficina del G8 genovese, puntando sul caos scatenato dai misteriosi black bloc, in apparenza venuti dal nulla. Risultato: un temporale anomalo e capace di tramortire l’opinione pubblica, spingendo i giornali a parlare di “sospensione della democrazia”, prima ancora che la vicenda vivesse i suoi pesanti strascichi giudiziari.
    Solo dieci anni prima, si era aperta una stagione che aveva l’aria di essere straordinariamente promettente, per il pianeta. Mikhail Gorbaciov aveva “scongelato” l’Est Europa facendo cadere il Muro di Berlino: a colpi di spettacolari super-vertici con gli Usa, sembravano spalancarsi orizzonti impensabili. Certo, di lì a poco non erano mancati “incidenti”, anche gravissimi, dopo il golpe contro Gorbaciov e l’ascesa di Eltsin, che aprì le porte alla razzia dell’ex Urss. Esplose l’odioso bagno di sangue dell’ex Jugoslavia: la tragedia infinita della guerra civile balcanica, alle porte della civilissima Europa occidentale, finì per mettere in sordina l’opaco conflitto ceceno, mentre in Israele un estremista ebraico sparava alla schiena di Yitzhak Rabin, uccidendo l’uomo che aveva osato firmare una vera pace con i palestinesi. Pur nell’immane complessità dei focolai di morte, però, la situazione sembrava ancora affrontabile su scala regionale, con gli strumenti geopolitici della diplomazia, della politica estera, della pressione militare proporzionata. Poi, appunto, il mondo esplose: tutto insieme, e di colpo.
    Da allora, il pianeta non ha più smesso di esplodere: Afghanistan e Iraq, le rivoluzioni colorate e le primavere arabe, la brutale esecuzione di Gheddafi, la comparsa dell’Isis e il martirio della Siria, gli attentati stragistici in Europa. Che l’orizzonte si fosse subito richiuso, dopo la finestra di speranze alimentate dalla stagione di Gorbaciov, lo si era capito anche dal peso smisurato della globalizzazione neoliberista: il via libera a Wall Street grazie a Clinton, l’ingresso della Cina nel Wto, le delocalizzazioni spericolate, la sparizione della sicurezza sociale. Tutto vertiginosamente accelerato, in pochissimi anni: la fine dei diritti del lavoro e l’avvento del precariato come condizione permanente, i tagli devastanti al welfare e la demolizione della “mid class” occidentale, in Europa crollata sotto il peso dell’iper-fiscalità imposta dall’Eurozona. Fino ad arrivare alla tempesta perfetta degli spread, agli orrori della Grecia, al commissariamento di interi paesi. Paura e incertezza: la netta percezione di avere sempre meno benessere, meno diritti, meno democrazia, meno futuro.
    Ora siamo nell’era universale del virus, della pandemia tendenzialmente permanente, del distanziamento sociale obbligatorio, delle campagne vaccinali come unica soluzione (in assenza di terapie domiciliari precoci, che molti medici invece ritengono efficaci). Si sprecano le narrazioni distopiche amplificate dagli strateghi visionari di Davos, che disegnano una riconversione addirittura antropologica di un’umanità che parrebbe condannata a una sorta di sottomissione tecnocratica, psico-sanitaria, quasi zootecnica secondo i più pessimisti. A questo si è arrivati per gradi, mediante l’orchestrazione planetaria di una narrazione mediatica soverchiante, inarrestabile, che è riuscita a proporre come un’esperienza inevitabile la tragedia dell’emigrazione dai paesi poveri, nonché a ridurre a problema climatico lo scempio della Terra avvelenata, e persino a presentare le evoluzioni del clima come frutto esclusivo della cattiva condotta di un’umanità colpevole e incorreggibile.
    Inutile sperare che i grandi media illuminino davvero la grande notte: tra giornali e televisioni, è come se parlasse una sola voce, capace di spegnere (per la prima volta, nella storia) quella dello stesso presidente degli Stati Uniti, letteralmente espulso dal sistema e silenziato, trattato come un reietto, bruscamente cancellato dall’anagrafe mondiale. Un anno davvero fatale, il 2020: che ad aprile, tra le altre cose, si è portato via anche Giulietto Chiesa. Da grande giornalista, era stato tra i primi – con Seymour Hersh, Noam Chomsky, Gore Vidal – a puntare il dito contro il nuovo mostro orwelliano oggi dilagante, l’impero della disinformazione a reti unificate. In Italia, Giulietto Chiesa (con il saggio “La guerra infinita”, uscito nel 2002) era stato il primo in assoluto a dimostrare che la versione ufficiale sui fatti dell’11 Settembre era totalmente inattendibile. In parallelo, poco dopo, un regista come Massimo Mazzucco (trasformatosi in reporter) si vide trasmettere da Canale 5 in prima serata i suoi documentari critici sul crollo delle Twin Towers: lavori che mettevano in luce il carattere inverosimile delle spiegazioni governative.
    Da allora, la parola “complottismo” ha preso il volo, toccando vette impensabili fino a qualche anno prima. Brutta parola, in effetti: alla voce “complottismo” viene facilmente derubricata (e quindi liquidata, ridicolizzata) qualsiasi argomentazione che ipotizzi l’esistenza stessa di possibili complotti. Colpa anche dei cosiddetti complottisti: sicuri che ogni cospirazione abbia puntualmente successo, e che qualsiasi evento planetario sia sempre e solo frutto di macchinazioni oscure. E dunque: chi ha progettato davvero l’abbattimento delle Torri Gemelle? «Non sta a noi l’onere della prova», rispondevano prontamente Giulietto Chiesa e Massimo Mazzucco, certi che la loro funzione fosse quella (preziosissima) di verificare l’inconsistenza della versione ufficiale. E’ un problema di metodo, in fondo: limitarsi ad affermare solo quanto si è sicuri di poter davvero dimostrare, dati alla mano. Una questione di serietà, di trasparenza. Dire solo quello che si sa, parlare esclusivamente di ciò che si conosce: ed esibirne le prove, incontrovertibili.
    Grazie alla diffusione worldwide del web e dei social come fenomeno di massa, negli ultimi anni si è fatta strada un’editoria parallela, che tra mille incertezze è comunque riuscita a proporre una narrazione alternativa degli eventi, convalidata qua e là da voci sempre più autorevoli. All’orizzonte, alcuni importanti studiosi – in ogni campo, da quello storico a quello scientifico – prospettamo una sorta di riscrittura generale della storiografia, in gran parte basata su scoperte anche recenti, come quelle della geofisica (i maremoti che avrebbero ridisegnato la geografia del pianeta, 12.000 anni fa), senza contare l’ormai inarrestabile valanga di acquisizioni archeologiche: dalle città sommerse alle tracce di civiltà di gran lunga antecedenti, rispetto a quelle registrate nei libri scolastici. Il solo sito turco di Göbekli Tepe, per esempio, costringe a retrodatare di millenni la stessa introduzione dell’agricoltura.
    Chi siamo, davvero? Da dove veniamo? Risale ad appena qualche anno fa la scoperta, in Siberia, dell’Uomo di Denisova, altra “sorpresa” con cui la paleontogia ora si trova a fare i conti, senza avere risposte: se il darwinismo trasformato in dogma quasi religioso sta ormai franando, emergono tracce che sembrano alludere a svariati “esordi” della nostra specie, nei più disparati angoli del pianeta, senza che sia stato ancora trovato il famoso anello mancante, genetico, tra noi e le scimmie antropomorfe. Di questo, precisamente, parla la Genesi: se la si legge alla lettera, dice Mauro Biglino, si scopre che quel testo sembra esser stato scritto, non si sa neppure da chi, per raccontare l’origine di un ceppo particolarissimo dei nostri antenati. Per Biglino, il racconto biblico è chiarissimo: sono stati gli Elohim a innestare il loro Dna sugli ominidi che popolavano la Terra. Che poi l’espressione al plurale (”gli Elohim”) venga impropriamente tradotta al singolare con la parola “Dio”, in modo del tutto arbitrario, non è che la conferma di una manipolazione ricorrente, vecchia di millenni.
    Dall’Eden all’11 Settembre, certo, il salto è vertiginoso: ma in fondo, perché stupirsi delle manipolazioni di oggi, se la deformazione sistematica della narrazione ufficiale risale a oltre duemila anni fa? Biglino cita un padre della Chiesa, il vescovo Eusebio di Cesarea, il quale accredita gli studi del greco Filone di Byblos, che a sua volta riporta le scoperte del fenicio Sanchuniaton, vissuto nel 1200 avanti Cristo: in Egitto, il fenicio avrebbe scoperto le prove (scritte) della primissima manipolazione operata dalla casta sacerdotale egizia, che avrebbe trasformato in divinità metafisiche i personaggi che invece camminavano tra noi, proprio come gli dèi omerici, ai tempi della mitica Età dell’Oro. Si commenta da solo, il coraggio di Mauro Biglino, per dieci anni impegnato in una generosissima maratona infinita, tra centinaia di conferenze in tutta Italia. Unica bussola, la Bibbia: la fedeltà letterale a quel testo, rinuciando a fargli dire cose che non ha mai detto. Niente spiritualità, onniscienza, onnipotenza, eternità: vocaboli assenti, nozioni che nell’Antico Testamento non conosce. Sconvolgente? Sì, certo. Ma utile, oggi più che mai, per irrobustire domande importanti.
    Biglino – beninteso – non si nega certo la possibilità dell’esistenza del divino: si limita a registrare che nella Bibbia, semplicemente, non ve ne sia traccia. Quelle pagine, semmai, sono affollate di velivoli meccanici, oltre che di stragi efferate e di svariate “divinità” presenti in carne e ossa. Affascinante, se l’Antico Testamento lo si considera alla stregua di una sorta di libro di storia, pieno di echi provenienti da civiltà precedenti e, in molti passi, mutuato – quasi in fotocopia – dai testi dell’epopea sumerica. E’ questo, in fondo, lo sguardo che l’ultimo lavoro in uscita (”La Bibbia nuda”) offre, a chi è pronto ad affrontare un viaggio fatto di suggestioni, scoperte e interrogativi, sapendo mettere da parte per un attimo le proprie convinzioni consolidate. E non è solo un fatto culturale: in un recente saggio che Biglino ha scritto con la professoressa Lorena Forni dell’università Milano Bicocca, si scopre che sull’errata traduzione della Bibbia sono fondati alcuni presupposti-cardine del nostro patrimonio giuridico; il legislatore, cioè, si è basato su verità in apparenza presenti nell’Antico Testamento, ma in realtà smentite dalla corretta traduzione del testo.
    Nel panorama mondiale del 2021, con un’umanità letteralmente travolta dall’emergenza pandemica (e in parallelo, dalle soluzioni preconfezionate per un futuro non esattamente libero e felice), le pagine de “La Bibbia nuda” – in cui l’opera pluriennale di Biglino viene messa sistematicamente a confronto con gli scenari di oggi – concorrono ad arricchirre l’interessante bibliografia che si va componendo, anno dopo anno, in un periodo che sta vistosamente sfornando trasformazioni epocali, con risvolti anche molto spiazzanti. Risale all’autunno 2019 la storica ammissione della Us Navy: i nostri aerei si imbattono frequentemente in astronavi e dischi volanti. Un’affermazione confermata nella primavera 2020 dal Pentagono, e poi ulteriormente sviluppata dal generale Chaim Eshed, per decenni a capo della sicurezza areospaziale di Israele: da trent’anni, ha detto, noi terrestri collaborariamo stabilmente con entità non terrestri, raggruppate in una sorta di alleanza che chiamiamo Federazione Galattica.
    Fantascienza? Non più, a quanto pare. Ma in fondo è roba vecchia, dice Mauro Biglino, se sfogliamo pagine come quelle del Libro di Enoch: tra quei versetti non si parla che di decolli e atterraggi. Domanda persino ovvia: e se le pagine di Enoch, Ezechiele (e tante altre) non contenessero che resoconti, ante litteram, di incontri ravvicinatissimi con quelle che poi i sacerdoti avrebbero chiamato divinità? Tutto è possibile, parrebbe, a patto di tenere la mente aperta. Mauro Biglino peraltro non è un ufologo, né un teorico della paleoastronautica. Si mantiene rigorosamente nel perimetro del suo ruolo precipuo, quello di traduttore biblico. Dice: impariamo a rispettarla, la Bibbia, per quello che racconta davvero. E’ sincero, l’Antico Testamento? Non possiamo saperlo. Ma oggi sappiamo – grazie a Biglino, soprattutto – che quell’insieme di libri, ininterrottamente “corretti” fino all’età di Carlomagno, non dice affatto le cose che gli vengono attribuite. Ne afferma altre, e sono interessantissime: vogliamo deciderci a prenderle finalmente in considerazione? Anche perché, per inciso, sulla traduzione teologica della Bibbia (in troppi punti inesatta, quando non falsa) si è basato per secoli, o meglio per millenni, il governo di una parte considerevole del pianeta. Come dire: vietato stupirsi, se un giorno crollano torri e i media si affrettano a veicolare invenzioni e verità di comodo, che poi non reggono alla prova dei fatti.
    (Il libro: Giorgio Cattaneo, “Mauro Biglino. La Bibbia Nuda”, Tuthi, 342 pagine, 18 euro).

    E’ perfettamente lecito domandarsi a chi mai possa importare, oggi, della eventuale veridicità del libro più famoso e più diffuso al mondo, la Bibbia. Un testo sacro, per i religiosi. Un insieme di codici simbolici, per gli esoteristi. Una collezione di fiabe, per gli atei. E se invece – al di là di come la si possa pensare, e nel pieno rispetto delle convinzioni di chiunque – quell’insieme di rotoli antichi contenesse indizi sull’origine della nostra possibile, vera storia? Per cercare una risposta, risulta utilissimo il metodo (pratico, lineare) adottato da Mauro Biglino, singolare figura del panorama culturale italiano. Prima, traduttore dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, e poi autore di 14 saggi che indagano tra le pieghe del testo biblico, riletto testualmente e senza filtri, teologici o sapienziali. Dopo oltre dieci anni di studi, la domanda resta invariata: e se la Bibbia riflettesse l’eco dell’origine della nostra specie, letteralmente “fabbricata” da individui non umani? E’ proprio questa, l’angolazione che – volendo – consente di passare, in modo verticale, dalla Genesi alla difficilissima attualità del momento presente, in cui l’umanità sembra in balia di forze ostili e smisuratamente potenti.

  • Lockdown, medioevo nel 2021: i terrapiattisti del Covid

    Scritto il 25/3/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Uscire dal medioevo: lo chiedeva (in modo “gridato”) un giornalista come Paolo Barnard, co-fondatore di “Report”, almeno dieci anni fa. Nel saggio “Il più grande crimine”, denunciava il carattere neo-feudale dell’élite eurocratica ordoliberista, capace di coniugare neoliberismo economico e autoritarismo politico-sociale nell’adesione fanatica al dogma mercantilista dell’economia “neoclassica”, tra i fantasmi settecenteschi di David Ricardo (prima produco, poi risparmio: senza possibilità di investire a monte, scommettendo sull’economia), come se il denaro fosse ancora un bene materiale e limitato, paragonabile alle materie prime e ai prodotti agricoli come il grano. Al centro della polemica innescata da Barnard campeggiava la grande menzogna sulla “scarsità di moneta”, utilizzata (ormai in tempi di valuta “fiat”, virtualmente illimitata e a costo zero) da un oligopolio privatistico, pronto a imporre l’austerity per ottenere la più grande retrocessione sociale di massa della storia moderna: il debito pubblico come colpa e come handicap, non più interpretato in modo keynesiano come leva strategica destinata a produrre benessere diffuso attraverso investimenti lungimiranti.

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