Archivio del Tag ‘codice’
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Tino Aime, il timido maestro che ha fatto parlare l’invisibile
Quando un maestro trasloca, tace il rumore e l’aria si popola di parole sospese, che restano lì e non se ne andranno. Tino Aime, riconosciuto caposcuola ed elegantissimo incisore, cresciuto nella Torino del dopoguerra, quella di Casorati, fu iniziato alla Libera Accademia sotto la guida di Idro Colombi. Era nato a Cuneo 86 anni fa. Discendeva da una stirpe di pastori annidata sulle impervie alture di Roaschia, valle Gesso, zona Nuto Revelli. Memorabile il primo incontro tra i due, in alta val Maira: lo scrittore a caccia di sopravvissuti in carne e ossa, il pittore in cerca di altre sopravvivenze, ancora più impalpabili. Nuto Revelli e poi anche Davide Lajolo, Nico Orengo, Massimo Mila, finissimi cantori come Francesco Biamonti. Tutti innamorati del segno inimitabile dell’ex ragazzo di Roaschia. Fino al grande Mario Rigoni Stern, vera e propria anima gemella, accomunato dallo stesso amore per i silenzi del bosco, la montagna scabra e nuda, la lingua nitida e sincera della neve. Il vero nome di Aime, Battista, rivela quasi una vocazione: un battesimo della luce, fatto di nuovi occhi per scrutare l’orizzonte e scoprire che, volendo, la meraviglia abita ovunque.Chi l’ha conosciuto ha potuto constatare la perfetta coincidenza tra l’opera e la vita: stessa capacità di dire tutto, con pochissimo, senza parlare quasi mai. Arte figurativa, in apparenza, ma con dentro le stimmate del vasto Novecento, il codice cifrato dei Sironi, dei Morandi. Le tele degli esordi raccontano periferie desolate, urbane, travolte dall’industria. Lo spirito del tempo: un carotaggio nel dolore, tra le macerie della guerra appena spentasi – tanto più vivo nell’artista giovanissimo, scampato con terrore (per due volte, da bambino) alle bombe degli alleati. Poi, però, Tino ha lasciato la città. Ha scelto la montagna, seguendo l’istinto: il ritorno alla terra magra degli antenati. E non ne ha fatto un’elegia, ma un cantico, riuscendo sempre a far vibrare l’aria. Schivo e ritroso, timidissimo, si è avventurato nel sua homeland che non ha confini, ha per frontiera solo il cielo. Niente alpinismo, nessuna cartolina. Terra vissuta, scura e primordiale, dentro un’archeologia di case diroccate, un’antropologia di assenze. Un viaggio nel silenzio, rischiarato dalla luna. Un’armonia di essenze indecifrabili e misteri, oltre il fraseggio elementare della geografia, dell’apparenza.Vedere quello che non c’è. Mostrare quel che c’è, ma non si vede. Una missione: condotta fino in fondo, per tutta la vita, come un dovere segreto, una promessa impossibile da estinguere. Tutto nasce da una strana confidenza, che avvicina all’invisibile. Narrazioni sottili, la finezza laconica dell’haiku. Ovunque espressa: nella solarità mediterranea del Ponente ligure, nei deserti spagnoli dell’Estremadura, nel bianco abbacinante dell’Andalusia. E tra le lande dell’amatissima Provenza dove Tino, ancora giovane, fu scelto – per elezione – dalla chiassosa banda dei gitani, il favoloso popolo migrante, alle prese coi festeggiamenti della loro regina, sulla spiaggia che ricorda il leggendario sbarco delle Marie venute dal mare, appena dopo il supplizio del Calvario. Tra i misteri di Tino Aime, il Battista cuneese, la passione con la quale – da laico irriducibile – ha offerto la sua arte alla simbologia spirituale, religiosa, con Cristi crocefissi – plastici, inteneriti – che adornano abbazie, chiese, cappelle di montagna.Si è spinto in Romania, tra le selve dei germani, nella laguna di Venezia – ricamando l’intarsio dei palazzi che si specchiano in un cielo d’acqua. Ma la sua vera casa è stata soprattutto la montagna piemontese, dalle natìe vallate d’Occitania fino alla patria di più recente acquisizione, la tormentata val di Susa, esplorata in profondità e fatta parlare in modo insospettabile, sciorinando storie e lingue sconosciute. Un’epica silente, che ricorda le cadenze di Neruda, l’attitudine domestica alla gioia, là dove non l’aspetti. Compaiono giganti, ma sono solo pettirossi, merli, ortensie. E tutto è misteriosamente sacro, in Tino Aime. Le sue notti incantate, i suoi inverni. L’impenetrabile splendore delle cose, recitato col cuore, rispondendo a una chiamata antica.Era anche amaro, a volte, il vecchio Tino. Scoraggiato, dalla barbarie incorreggibile del mondo. Siate onesti, ha mandato a dire – di recente – a una scolaresca di artisti in erba. E state in guardia: non fidatevi di quel che vi raccontano. Tino ha ascoltato tutti, ma poi ha sempre scelto in solitudine. Sapeva cosa fare, dove andare. Che verità evocare, sapendole tacere. Usava specchi, per incidere le lastre. Come Leonardo, conosceva l’arte del contrario – certo che il tutto, poi, si rivelasse alla distanza, senza strappi. Niente e nessuno in prima fila, mai, nel suo mosaico: parti dell’armonia, l’insieme risuonante. Amava lavorare a suon di musica, spesso sceglieva Bach. Ha frequentato – in buona compagnia, la sua – il gran paese da cui scendono silenzi e sogni. Quelli rimasti qui non svaniranno, grazie a lui.Quando un maestro trasloca, tace il rumore e l’aria si popola di parole sospese, che restano lì e non se ne andranno. Tino Aime, riconosciuto caposcuola ed elegantissimo incisore, cresciuto nella Torino del dopoguerra, quella di Casorati, fu iniziato alla Libera Accademia sotto la guida di Idro Colombi. Era nato a Cuneo 86 anni fa. Discendeva da una stirpe di pastori annidata sulle impervie alture di Roaschia, valle Gesso, zona Nuto Revelli. Memorabile il primo incontro tra i due, in alta val Maira: lo scrittore a caccia di sopravvissuti in carne e ossa, il pittore in cerca di altre sopravvivenze, ancora più impalpabili. Nuto Revelli e poi anche Davide Lajolo, Nico Orengo, Massimo Mila, finissimi cantori come Francesco Biamonti. Tutti innamorati del segno inimitabile dell’ex ragazzo di Roaschia. Fino al grande Mario Rigoni Stern, vera e propria anima gemella, accomunato dallo stesso amore per i silenzi del bosco, la montagna scabra e nuda, la lingua nitida e sincera della neve. Il vero nome di Aime, Battista, rivela quasi una vocazione: un battesimo della luce, fatto di nuovi occhi per scrutare l’orizzonte e scoprire che, volendo, la meraviglia abita ovunque.
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“Londra colpita perché vuole smarcarsi dal peggior potere”
Inghilterra nel mirino, e non a caso: dopo lo strappo della Brexit, Londra ha scelto di non stare più dalla parte dell’élite maggiormente reazionaria, neoliberista sul piano economico e neo-feudale a livello politico, ben rappresentata da creazioni-mostro come l’attuale Unione Europea. “Logico”, sotto questo profilo, che la Gran Bretagna sia finita sotto attacco: prima l’attentato-kamikaze di Londra e ora quello di Manchester, la cui “firma” (non certo islamica ma esoterico-massonica) sta proprio nella sua data, 22 maggio. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, scrittore e simbologo, autore del libro “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016. «I mandanti di questo neoterrorismo artificiale sono sempre gli stessi, con modalità operative che ormai si ripetono in modo regolare»: una manovalanza di matrice jihadista in realtà “coltivata” da settori dei servizi segreti, per eseguire attentati puntualmente “firmati”, in codice, come per dire: sì, siamo stati noi. «Io la chiamo sovragestione», precisa Carpeoro, alludendo a un vertice mondiale occulto, composto da superlogge reazionarie e poteri finanziari. «Stanno cercando di fabbricare una nuova classe dirigente planetaria, ma evidentemente l’Inghilterra non si è ancora allineata: per questo viene colpita».Secondo Carpeoro, in diretta streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, c’è da aspettarsi clamorose sorprese, dal Regno Unito che si è sganciato da Bruxelles: «L’Inghilterra, che è la patria storica della massoneria (che vi ha piena cittadinanza istituzionale), sta vivendo uno scontro sempre più acceso nell’establishment, dove – anche a livello massonico – emergono spinte di carattere progressista e addirittura socialista». In più, aggiunge Carpeoro, si accumulano le tensioni in vista delle elezioni per rafforzare il divorzio da Bruxelles, senza contare le pulsioni separatiste come quella della Scozia. In altre parole, l’Inghilterra è in pieno fermento e non è ancora chiaro come si ridislocherà sul piano geopolitico: è questo, insiste Carpeoro, a inquietare gli strateghi occulti della “sovragestione”, gli stessi che hanno “fabbricato” l’Isis e vorrebbero puntare tutto sul business della guerra, dopo aver trasformato il Medio Oriente in un inferno senza vie d’uscita. Londra vorrebbe smarcarsi? Gli attentati-kamikaze sono un avvertimento, «rivolto nel caso di Manchester soprattutto ai giovani, cioè al futuro della nazione: un monito esplicito ai suoi governanti».Il problema, aggiunge Carpeoro, è che non ci sono vere soluzioni in vista: «Lo scontro in Europa è tra chi vorrebbe mantenere l’impresentabile l’Ue così com’è, in perenne crisi, e chi invece vorrebbe smantellare l’Unione per tornare agli Stati nazionali. Non è ancora in campo un credibile progetto di riforma politica, sociale ed economica dell’Europa». Forse qualcosa si sta muovendo, in questo senso, proprio in Inghilterra: rimarrà nella storia lo choc per la separazione dall’oligarchia di Bruxelles. Nebbia fitta invece in Italia, paese che infatti è stato finora risparmiato dal terrorismo finto-islamico. E questo per varie ragioni, spiega sempre Carpeoro: «I nostri servizi segreti hanno disposto una rete di protezione efficiente, tale da rendere complicata l’attuazione di attentati in Italia, paese che – peraltro – grazie alla leadership politica del passato, ha sviluppato rapporti non conflittuali con il mondo arabo». Ma vale anche la geopolitica recente: «L’Italia non si è ancora impegnata, in modo diretto, militare, nelle aree dell’Isis». Forse però l’ultima ragione è la più importante: «A livello internazionale, l’Italia conta zero», sottolinea Carpeoro, che aggiunge: «Al posto di Gentiloni, ripetutamente umiliato al G7 di Taormina, io avrei sciolto il vertice e rimandato a casa Trump, la Merkel e Theresa May».Quanto alla “cabala” del numero 22, nessun mistero: lo stesso giorno (marzo 2016) i soliti “terroristi islamici” colpirono Bruxelles sia nella metropolitana che all’aeroporto, «secondo un preciso schema simbolico, “come in cielo, così in terra”, ben noto al mondo esoterico». Il cosiddetto “codice segreto” legato al numero 22, aggiunge Carpeoro, discende dall’archeologia dei Sumeri e dalla successione dei loro re. «Un sistema numerico da cui poi il mondo iniziatico ha tratto un codice per costruire, scrivere, dipingere, fare musica». Anche quella di Manchester – 22 maggio, ore 22 – è dunque una “firma” estremamente precisa, rivolta a chi può “leggerla” nel modo corretto. A partire dalla stessa Theresa May, che infatti avverte: «Ci aspettiamo altri attentati». Come dire: gli attentatori – i loro mandanti occulti – non credano di averci intimidito. «Dall’Inghilterra mi aspetto di tutto», conferma Carpeoro: «Quel paese sta cambiando i suoi assetti e non ha ancora deciso con chi schierarsi, nel grande gioco mondiale del potere, di cui questo neoterrorismo non è che uno degli strumenti, il più feroce».Inghilterra nel mirino, e non a caso: dopo lo strappo della Brexit, Londra ha scelto di non stare più dalla parte dell’élite maggiormente reazionaria, neoliberista sul piano economico e neo-feudale a livello politico, ben rappresentata da creazioni-mostro come l’attuale Unione Europea. “Logico”, sotto questo profilo, che la Gran Bretagna sia finita sotto attacco: prima l’attentato-kamikaze di Londra e ora quello di Manchester, la cui “firma” (non certo islamica ma esoterico-massonica) sta proprio nella sua data, 22 maggio. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, scrittore e simbologo, autore del libro “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016. «I mandanti di questo neoterrorismo artificiale sono sempre gli stessi, con modalità operative che ormai si ripetono in modo regolare»: una manovalanza di matrice jihadista in realtà “coltivata” da settori dei servizi segreti, per eseguire attentati puntualmente “firmati”, in codice, come per dire: sì, siamo stati noi. «Io la chiamo sovragestione», precisa Carpeoro, alludendo a un vertice mondiale occulto, composto da superlogge reazionarie e poteri finanziari. «Stanno cercando di fabbricare una nuova classe dirigente planetaria, ma evidentemente l’Inghilterra non si è ancora allineata: per questo viene colpita».
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Poliziotti ora in pericolo, il potere stragista investe sull’odio
Quei due poliziotti di Milano ora sono in pericolo, ma a questo Stato «servono eroi da esibire», anche a rischio della loro incolumità: lo afferma l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del libro “Dalla massoneria al terrorismo” che denuncia la “sovragestione” degli attentati, progettati da “menti massoniche” e coordinati da settori dei servizi segreti che utilizzano manovalanza di pretesa matrice islamista. «L’Isis è sostanzialmente una marionetta, a disposizione di Ur-Lodges reazionarie americane, prime fra tutte la “Hathor Pentalpha” e la “Three Eyes”», la cui esistenza è stata rivelata da Gioele Magaldi nel saggio “Massoni”, a fine 2014. La strage di Berlino? «Sembra attuata per colpire Angela Merkel in vista delle prossime elezioni politiche in Germania, per forzare il governo tedesco spingendolo ad assumere un atteggiamento intransigente verso l’immigrazione: come sempre – aggiunge Carpeoro – chi utilizza il terrorismo colpisce gli elementi moderati e dialoganti: in Italia fu colpito Moro perché dialogava col Pci, in Israele a cadere fu Rabin perché dialogava coi palestinesi. Gli estremisti invece non vengono mai toccati, perché seminano odio, e l’odio fa sempre comodo al potere».Riflessioni a caldo, che Carpeoro ha consegnato alla diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di Border Nights la mattina di Natale. Durissimo il giudizio dello studioso sulla decisione di esporre al pubblico l’identità dei due agenti di polizia che, a Sesto San Giovanni, hanno fermato e poi abbattuto il tunisino Anis Amri, sospettato di essere l’autore della strage di Berlino dopo il ritrovamento dei suoi documenti sotto il sedile del camion-killer. «Un terrorista “normale” non va a compiere un attentato portando con sé il passaporto: il far ritrovare prontamente il documento è la prova della “sovragestione” che ha diretto l’attentato», sostiene Carpeoro, che spiega: «Risalire immediatamente al presunto killer, in modo da neutralizzarlo subito, è estremamente utile agli strateghi del terrorismo: una prolungata caccia all’uomo manterrebbe in tensione per molto tempo le forze di polizia, e questo disturberebbe i piani dei manovratori occulti». A Milano, inoltre, l’identità dei poliziotti è stata esibita: «Il problema è questo potere ha bisogno di eroi», insiste Carpeoro, «e questa sua esigenza è superiore al tutelare la vita delle persone che lavorano per noi». Finì sotto i riflettori anche il “Capitano Ultimo”, l’ufficiale dei carabinieri coinvolto nella cattura di Riina: «Fu gettato in pasto ai porci in maniera evidente, esposto al rischio della vita in modo ancora più efferato».Carpeoro sta analizzando le clamorose analogie tra l’attentato di Nizza del 14 luglio e quello di Berlino al mercatino natalizio. Identiche modalità: «Un camion lanciato contro la folla è uno strumento probabilmente più facile da utilizzare, non richiede requisiti tecnici come invece gli esplosivi, e infine un mezzo di trasporto non suscita di per sé allarme, può sfuggire al controllo delle forze di sicurezza». Di regola, questi attentati stragicisti sono “firmati” con un corredo simbolico, «segnali in codice rivolti a chi li può intendere», nei circoli del massimo potere. In attesa di decifrare quali segni (anche nascosti) possano legare la strage di Nizza e quella di Berlino, Carpeoro avverte: «Temo che siamo di fronte a un’escalation», uno “sciame” di stragi «destinate a preparare il terreno per un evento ancora più grave e sanguinoso». La “filosofia” che muoverebbe questa regia occulta? Sempre la stessa: alimentare l’odio, attraverso il falso “scontro di civiltà”. «La paura e l’odio sono strumenti adottati dall’attuale élite di potere, il cui obiettivo è impedire qualsiasi cambiamento dello status quo, dopo che la finanza ha neutralizzato la democrazia. Non serve nemmeno una Terza Guerra Mondiale: basta e avanza quello che è già in atto, cioè un insieme di tante guerre locali». Paura, tensione, odio: funzione che, in Europa, è svolta dal terrorismo “sovragestito”, comodamente targato Isis.Quei due poliziotti di Milano ora sono in pericolo, ma a questo Stato «servono eroi da esibire», anche a rischio della loro incolumità: lo afferma l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del libro “Dalla massoneria al terrorismo” che denuncia la “sovragestione” degli attentati, progettati da “menti massoniche” e coordinati da settori dei servizi segreti che utilizzano manovalanza di pretesa matrice islamista. «L’Isis è sostanzialmente una marionetta, a disposizione di Ur-Lodges reazionarie americane, prime fra tutte la “Hathor Pentalpha” e la “Three Eyes”», la cui esistenza è stata rivelata da Gioele Magaldi nel saggio “Massoni”, a fine 2014. La strage di Berlino? «Sembra attuata per colpire Angela Merkel in vista delle prossime elezioni politiche in Germania, per forzare il governo tedesco spingendolo ad assumere un atteggiamento intransigente verso l’immigrazione: come sempre – aggiunge Carpeoro – chi utilizza il terrorismo colpisce gli elementi moderati e dialoganti: in Italia fu colpito Moro perché dialogava col Pci, in Israele a cadere fu Rabin perché dialogava coi palestinesi. Gli estremisti invece non vengono mai toccati, perché seminano odio, e l’odio fa sempre comodo al potere».