Archivio del Tag ‘conteiner’
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Paghiamo anche per la Francia l’inutile Tav Torino-Lione
Tav Torino-Lione, vero affare. Per chi? Non certo per l’Italia, che pagherebbe in gran parte anche la tratta in territorio francese dell’ipotetico euro-tunnel alpino, già noto come “la grande opera più inutile della storia”. Come da più parti ricordato – non ultimo, l’appello di 360 specialisti universitari italiani, rivolto a Palazzo Chigi e al Quirinale ma rimasto senza riposta – la linea Tav Torino-Lione non servirebbe assolutamente a nulla. Tralasciando il devastante impatto (ambientale, idrogeologico, sulla salute e sulla vivibilità del territorio), la nuova ipotetica ferrovia sarebbe un perfetto “doppione” della attuale linea internazionale Torino-Modane, che già attraversa la valle di Susa. L’autorità svizzera che monitora per conto dell’Ue il trasporto alpino conferma: la ferrovia valsusina è utilizzata al 10% delle sue possibilità per mancanza oggettiva di traffico merci. Potrebbe incrementare del 900% i volumi di traffico, sull’attuale infrastruttura. Tanto più che l’Italia ha appena speso 400 milioni di euro per adeguare il Traforo del Fréjus, oggi adatto a ospitare convogli carichi di container “navali”, della massima pezzatura. Nonostante ciò, si insiste nel voler procedere, a tutti i costi, con la nuova linea, super-costosa e super-inutile.
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Bruxelles taglia i fondi, Torino-Lione in via d’estinzione?
Inutile, mostruosa, sanguinosa per il debito pubblico italiano. Ma soprattutto: senza più un soldo. Il movimento No-Tav e l’opposizione francese alla linea Tav Torino-Lione annunciano che la grande opera è ufficialmente in via di estinzione, almeno secondo la Commissione Europea. Già la Francia, lo scorso anno, aveva posticipato al 2030 l’eventuale avvio dei lavori sul versante transalpino. Pochi mesi dopo, la Svizzera ha confermato che l’attuale linea internazionale che collega Italia e Francia attraverso la valle di Susa, la Torino-Modane, appena riammodernata con l’ampliamento del traforo del Fréjus, potrebbe da sola incrementare l’attuale traffico merci del 900%. Peccato che le merci non ci siano: il trasporto fra i due paesi è ormai crollato, complice la crisi e la saturazione storica dei mercati di consumo. Dal punto di vista strategico, invece, la Torino-Lione è un binario morto: l’asse delle merci predilige la direttrice nord-sud, Genova-Rotterdam.Tuttora, la linea Torino-Lione non esiste: dopo vent’anni, l’unico cantiere aperto è quello di Chiomonte, dove si sta scavando – al rallentatore – solo un “cunicolo esplorativo”. Nessuna traccia, per ora, dei preparativi per quello che un giorno, forse, sarà il traforo ferroviario vero e proprio, lungo 57 chilometri. Quel giorno con ogni probabilità non arriverà mai, dicono i No-Tav, presentando un cospicuo dossier. Tanto per cominciare, anche se i giornali non ne hanno parlato, un anno fa è stato revocato metà del contributo europeo promesso da Bruxelles. Si tratta di una decurtazione ingente: dai 671,8 milioni di euro inizialmente concessi (cifra irrisoria, peraltro, a fronte del costo miliardario dell’opera, largamente a carico di Italia e Francia) si è scesi a 395,3 milioni di euro. Una riduzione del 41%. «Il pesante ridimensionamento riguarda tutto il programma europeo, il cui importo complessivo passa da 2,09 miliardi di euro a soli 891 milioni, quindi con una riduzione del 57%».Pressoché azzerati, continuano i No-Tav, i finanziamenti l’avvio del tunnel di base, 1,63 miliardi di euro: 150 milioni sono stati dirottati in Francia su perforazioni (non previste) nella cosiddetta Galleria di Saint Martin La Porte. Sale intanto alle stelle, secondo i No-Tav, il costo di Tlf: è di 75 milioni il conto della la società Lyon Turin Ferroviaire incaricata di realizzare l’opera, «“premiata” per la sua gestione fallimentare del contributo europeo, dimezzato dalla Commissione». Ltf, aggiunge il movimento valsusino, «cominciò a scavare quando già sapeva di non finire nei termini». All’avvio del mini-tunnel esplorativo di Chiomonte, i governi di Roma e Parigi «sapevano perfettamente che il contributo era stato dimezzato, che il termine previsto (fine 2016) sarebbe andato ben oltre il 31 dicembre 2015 e che tutte le spese effettuate dopo quella data non sarebbero state ammesse dall’Unione Europea».Anche se la stampa mainstrem racconta che la mini-galleria di Chiomonte sarebbe stata ormai scavata per metà, la realtà è tutt’altra: «La “talpa” procede a passo di lumaca, ha scavato appena 641 metri sui quasi 7 chilometri e mezzo totali, viaggiando ad appena 2,5 metri al giorno anziché i 10 metri previsti. Anche a velocità doppia, al 31 dicembre 2015 risulterà scavata solo metà galleria; tutta solo a febbraio 2018 (al di fuori dei termini del contributo europeo)». E visto che l’Ue contribuisce solo se la galleria sarà completata nei termini previsti, «si rischiamo ulteriori perdite di contributi». E se la magistratura di Torino accusa i No-Tav di aver causato parte dei ritardi con la forte opposizione all’avvio del piccolo cantiere di Chiomonte, il movimento ribatte citando la Commissione Europea, che registra, testualmente, «un notevole ritardo dovuto a difficoltà amministrative e tecniche».Inoltre, la Piattaforma del Corridoio Torino-Lione ravvisa la «infattibilità politica di proporre la costruzione di una nuova linea senza fare tutto il possibile affinché quella esistente torni a essere la principale arteria di trasporto in seguito ai lavori di ampliamento nel traforo ferroviario del Fréjus». Il movimento No-Tav lo dimostra da anni, dati alla mano: «La linea esistente è ampiamente sotto-utilizzata, nonostante il suo recente adeguamento che consente oggi il passaggio di treni merci di ogni tipo e dimensione», compresi i conteiner “navali” e i Tir caricati sui treni. «Anziché usare il Tav per fare carriera, i politici riflettano su quello che dicono», sottolineano i No-Tav, che denunciano il “patto del silenzio” sulla burocrazia europea: «Fino ad oggi la “Decisione C(2013) 1376” della Commissione Europea è rimasta nascosta al legittimo controllo dei cittadini contribuenti. Solo la pressante azione del movimento No-Tav ha permesso di squarciare il velo sull’insuccesso di Ltf e delle politiche dei governi italiano e francese». Continua, intanto, «lo scandalo del silenzio sulla gestione della Torino-Lione».Inutile, mostruosa, sanguinosa per il debito pubblico italiano. Ma soprattutto: senza più un soldo. Il movimento No-Tav e l’opposizione francese alla linea Tav Torino-Lione annunciano che la grande opera è ufficialmente in via di estinzione, almeno secondo la Commissione Europea. Già la Francia, lo scorso anno, aveva posticipato al 2030 l’eventuale avvio dei lavori sul versante transalpino. Pochi mesi dopo, la Svizzera ha confermato che l’attuale linea internazionale che collega Italia e Francia attraverso la valle di Susa, la Torino-Modane, appena riammodernata con l’ampliamento del traforo del Fréjus, potrebbe da sola incrementare l’attuale traffico merci del 900%. Peccato che le merci non ci siano: il trasporto fra i due paesi è ormai crollato, complice la crisi e la saturazione storica dei mercati di consumo. Dal punto di vista strategico, invece, la Torino-Lione è un binario morto: l’asse delle merci predilige la direttrice nord-sud, Genova-Rotterdam.
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Olimpiadi nucleari: una tomba di scorie sotto Londra 2012
Olimpiadi radioattive? Colpa di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici e nucleari: materiale pericoloso, rinchiuso in tutta fretta in appositi contenitori e poi seppellito nel parco olimpico di Londra 2012, ad appena 250 metri dal nuovissimo stadio olimpico della City, non lontano dalla stazione internazionale di Stratford. Lo ha confermato la Olympic Delivery Authority, dopo le prime smentite. Tramite documenti ufficiali ottenuti attraverso il decreto “Freedom of Information”, si è infatti venuto a sapere che, tra il 2007 e il 2008, durante i lavori di scavo per la costruzione dello stadio, sono “emerse” 7.500 tonnellate di scorie radioattive e rifiuti altamente tossici, sia pure “sigillati” all’interno di conteiner speciali. Se la “tomba dei veleni” dovrebbe essere “sicura” per almeno mille anni, le autorità inglesi la citano nel prospetto informativo per la vendita del centro stampa olimpico, di recente acquistato dai reali del Qatar: si parla della «presenza di sostanze inquinanti a livello solido, liquido o gassoso», materiali «pericolosi e nocivi anche nei detriti del terreno circostante».
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Eritrea, l’Italia finanzia la più feroce dittatura africana
Un lager a cielo aperto, senza scampo: fame e terrore, leva obbligatoria, deportazioni di massa. Chi scappa e viene acciuffato, finisce rinchiuso in un conteiner nel deserto. Chi riesce a imbarcarsi per Lampedusa e ad evitare il “respingimento”, una volta in Italia sa che dovrà racimolare 3.300 dollari da mandare in patria per riscattare i familiari, nel frattempo arrestati e torturati dal più feroce regime africano, quello dell’Eritrea. Una dittatura brutale, accusa “L’Espresso”, che da qualche anno si regge sul decisivo sostegno dell’Italia, grazie ad accordi speciali di cooperazione, di cui beneficiano imprese lombarde, emiliane e campane.