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Magaldi: tifo Draghi al governo, così saprete chi è davvero
Sobrio, elegante, impeccabile, sempre misurato. Decisamente un profilo “british”, quello di Mario Draghi, «presentato dai media – complici o insipienti – come il nume tutelare dell’Italia in Europa». Falso? Eccome: «Mario Draghi è il principale artefice dell’austerity neoliberista che ha varato la post-democrazia, devastando le nostre economie a cominciare da quella italiana. Per questo, se mai finisse a Palazzo Chigi al posto di Conte, sarei il primo a brindare: alla guida di un governo tecnico, inevitabilmente “lacrime e sangue” come quello di Monti, il “fratello” Draghi sarebbe costretto a gettare la maschera, mostrando finalmente agli italiani il suo vero volto». Parola di Gioele Magaldi, massone progressista e quindi fiero avversario del “controiniziato” Draghi, che si laureò con una tesi – incredibile ma vero – sull’insostenibilità economica di un’eventuale moneta unica europea. Ora è l’imperatore dell’Eurozona. Com’è stato possibile, un simile voltafaccia, considerando che Draghi fu allievo dell’insigne economista keynesiano Federico Caffè? «Semplice: ragioni umanissime di convenienza». Tradotto: soldi e potere, incarichi. Una carriera folgorante.«Anche Bruno Amoroso, da poco scomparso, era stato allievo di Caffè. Ma, a differenza di Draghi, è rimasto fedele al maestro, per tutta la vita, come docente universitario. E così l’altro illustre allievo di Caffè, Nino Galloni, che in più si è impegnato anche nel Movimento Roosevelt», per debellare il cancro neoliberista «che sta strangolando le economie e svuotando le democrazie». Magaldi, che del Movimento Roosevelt è il presidente-fondatore, ha fornito un inedito ritratto del vero Draghi nel bestseller “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere. Attingendo a centinaia di documenti riservati, il saggio rivela che il nostro Super-Mario milita in ben 5 superlogge sovranazionali: le famose Ur-Lodges, che secondo Magaldi reggono i destini del pianeta, “sovragestendo” finanza e governi. In tutto sono 36 potentissime organizzazioni: rimaste invisibili per decenni, fino all’uscita del libro. Quelle in cui milita il “venerabile” Draghi, peraltro, rappresentano l’estrema destra del potere mondiale, a cominciare dalla “Three Eyes” di Kissinger, Rockefeller e Brzezinski che – utilizzando la Trilaterale – nel 1975 lanciò l’attacco finale ai diritti sindacali con il saggio “La crisi della democrazia” affidato a Huntington, Crozier e Watanuki. La tesi: troppa democrazia fa male.Dottrina prontamente applicata, pochi anni dopo, da Reagan e Thatcher: tagliare lo Stato, scatenando la giungla senza regole del mercato globale. A seguire, negli anni ‘90, comparve la post-sinistra riformista, incaricata di smantellare quel che restava dei diritti sociali. Pietra miliare: lo storico gesto di Bill Clinton, che dopo lo scandalo Lewinsky abolì il Glass-Steagall Act, cioè la norma – istituita da Roosevelt mezzo secolo prima – che metteva il credito ordinario al riparo dalla lotteria di Wall Street. A ruota, fu l’inglese Tony Blair (l’uomo che si inventò le “armi di distruzione di massa” di Saddam) a spiegare alla sinistra europea che doveva tradire se stessa, adottando il dogma neoliberista. Qualcosa di orribile, intanto, si era già messo in moto anche in Italia, sotto i colpi di Tangentopoli. Nino Galloni era stato chiamato da Andreotti come super-consulente, per limitare i danni che il Trattato di Maastricht avrebbe inferto all’Italia. «Fu lo stesso cancelliere Kohl – ricorda Galloni – a chiedere il mio allontanamento: tutelando l’Italia, ostacolavo le mire della Germania, che aveva accettato di entrare nell’Eurozona, su richiesta della Francia, solo in cambio della deindustrializzazione forzata del nostro paese, massimo concorrente della manifattura tedesca».E dov’era, in quegli anni fatidici, l’altro allievo del professor Caffè? Al ministero del Tesoro. E il 2 giugno 1992, a pochi giorni dalla morte di Giovanni Falcone, Mario Draghi salì a bordo del panfilo Britannia ormeggiato a Civitavecchia, dove il gotha della finanza mondiale stava progettando il saccheggio del Belpaese, ormai indifeso, crollato sotto i colpi dell’azione demolitrice di Mani Pulite. Da quel momento, Draghi dimenticò per sempre Federico Caffè. Dal suo ministero, diresse la più spietata campagna di privatizzazioni mai condotta in Europa. Anni dopo, Massimo D’Alema – altro massone neoconservatore, esponente della “terza via” che prese il posto della sinistra – si vantò di aver trasformato Palazzo Chigi in una “merchant bank”, realizzando il record europeo delle privatizzazioni. Anche per questo, oggi, l’Italia è in bolletta. Un capolavoro della massoneria neoaristocratica, avviato dallo storico divorzio fra il Tesoro e Bankitalia e completato dall’avvento dell’euro, moneta affidata in esclusiva al potere privatistico della Bce, al di sopra dei governi. Da allora, crisi su crisi. Ed è proprio sulle macerie dell’Italia – recessione, disoccupazione, precarietà crescente, erosione dei risparmi, fuga dei capitali e fine di ogni sicurezza – che il giovane Draghi è diventato Super-Mario. Più l’Italia affondava, più il suo potere cresceva.Un’ascesa irresistibile: prima advisor della Goldman Sachs, la banca più speculativa del pianeta, poi governatore della Banca d’Italia e infine presidente della Bce, passando per la potentissima Banca dei Regolamenti Internazionali (e per il Financial Stability Board, per la Banca Mondiale e per l’Adb, la Banca Asiatica di Sviluppo). Ora, a novembre, Draghi dovrà lasciare l’Eurotower di Francoforte. Il suo primo obiettivo? Sostituire Christine Lagarde, alla guida del Fmi. Meta ambiziosa ma difficile da conquistare. E così, c’è chi preme perché Super-Mario si impegni in Italia, “normalizzando” l’unico governo europeo che abbia osato sfidare – almeno a parole – i diktat di Bruxelles. Magaldi conferma: «La massoneria reazionaria, a cui appartiene, sta premendo su Draghi perché ripeta l’esperienza di Monti. Ma Draghi punta al Quirinale, dopo Mattarella. E sa benissimo che governare il paese oggi, mentre la crisi economica si sta aggravando in modo vertiginoso, sarebbe un pessimo viatico per la presidenza della Repubblica».Retroscena gustosi, quelli offerti da Magaldi in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Draghi non è sprovveduto come Monti, il cui ego smisurato lo portò a credere che fossero sinceri i giornali che lo elogiavano: arrivò infatti a creare una propria formazione politica, “Scelta Civica”, contro il parere dei suoi due grandi sponsor, Napolitano e Draghi». Il piano iniziale era diverso: Monti doveva continuare a sembrare un tecnico super partes, per poi puntare al Colle. Invece non resistette alla tentazione di gettarsi nella mischia, con esiti elettorali ben miseri. Un uomo bruciato: oggi detestato come premier-macellaio, e in più bollato come politico fallito. «Proprio per questo, il ben più accorto Draghi farà di tutto per evitare di finire a Palazzo Chigi: sa perfettamente che la situazione italiana peggiorerà in modo disastroso». Dettaglio: perché è stato Berlusconi a fare apertamente il nome di Draghi come possibile premier, dopo Conte, ben sapendo che fu proprio Super-Mario (insieme a Napolitano) a detronizzarlo in modo brutale, nel 2011? «Solo per un motivo ingenuamente inconfessabile», spiega Magaldi: «Berlusconi spera ancora che Draghi lo introduca finalmente nell’élite massonica internazionale, da cui è finora rimasto escluso. E in questo, Berlusconi rivela un candore infantile quasi commovente».Certo, il Cavaliere sa esattamente chi sia, il “venerabile” Draghi, vero e proprio pezzo da novanta nella più esclusiva aristocrazia supermassonica mondiale, tra i santuari dell’ultra-destra economica. Nella “Three Eyes” è in compagnia dell’anziano Kissinger e dello stesso Napolitano, del greco Antonis Samaras, di Madeleine Albright e Condoleezza Rice, nonché degli italiani Gianfelice Rocca, Marta Dassù, Giuseppe Recchi, Enrico Tommaso Cucchiani, Carlo Secchi, Federica Guidi. Nella “Compass Star-Rose / Rosa Stella Ventorum”, Draghi incontra personaggi come l’ex premier francese Manuel Valls e gli italiani Massimo D’Alema, Vittorio Grilli e Pier Carlo Padoan. Nella “Edmund Burke”, con Draghi, siedono Blair e gli ex ministri Fabrizio Saccomanni e Domenico Siniscalco, insieme a Matteo Arpe e soprattutto Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. In altre parole: il potere, quello vero. Draghi milita anche nella superloggia “Der Ring” insieme al terribile Wolfgang Schäuble, a Jean-Claude Trichet (già a capo della Bce), a Jens Weidmann della Bundesbank. Poi c’è la quinta Ur-Lodge di Super-Mario, la “Pan-Europa”, dove svettano Nicolas Sarkozy e la stessa Lagarde, lo spagnolo Mariano Rajoy e il portoghese José Manuel Barroso, il finlandese Olli Rehn (e un bel po’ di italiani: da Padoan a D’Alema, da Alfredo Ambrosetti a Emma Marcegaglia).Altro da aggiungere? Certo: il Gruppo dei Trenta. Teoricamente, stando a Wikipedia, è solo «un’organizzazione internazionale di finanzieri e accademici che si occupa di approfondire questioni economiche e finanziarie esaminando le conseguenze delle decisioni prese nei settori pubblico e privato». Tra i “filantropi” del Group of Thirty, insieme a Super-Mario, siedono lo stesso Trichet insieme al falco neoliberista Paul Volcker (alla Fed con Reagan) e a Timothy Geithner, il ministro di Obama che “graziò” Wall Street dopo il crack del 2008. Ci sono anche Mervyn King, a capo della Bank of England fino al 2013, Larry Summers (mente neoliberista di Clinton) e persino Kenneth Rogoff, il professore di Harvard che si coprì di ridicolo con la teoria della mitica “austerity espansiva” (più taglio, più l’economia cresce), rivelatasi poi basata – oltre che sulla menzogna – anche su calcoli statistici comicamente errati. Questa è l’olimpica tribuna da cui Mario Draghi, l’uomo più potente d’Europa, ha potuto infliggere alla Grecia il calvario del rigore che ha sventrato il paese, determinando la “strage dei neonati”, morti per assenza di cure sanitarie a causa della crisi, come ammesso dallo stesso Federico Fubini, vicedirettore del “Corriere della Sera”.Una Norimberga per i crimini economici, che poi diventano massacri sociali? Impensabile: «Il presidente della Bce, da statuto, gode di assoluta impunità: non è perseguibile», spiega Magaldi, che in passato ha ripetutamente accusato Draghi per il disastro del Montepaschi, inclusa la tragica morte di David Rossi, dirigente della banca senese precipitato da una finestra del suo ufficio. Il problema, a monte? Omessa vigilanza, sostiene Magaldi, da parte di Bankitalia, nel momento in cui a Mps fu “ordinato” di procedere con manovre spericolate, proibitive per la banca. Draghi, all’epoca, era il governatore della Banca d’Italia. E la funzionaria che avrebbe dovuto proteggere il Monte dei Paschi, Anna Maria Tarantola, è stata poi “premiata” da Monti, con un incarico dirigenziale alla Rai. Sta davvero per tornare in cartellone il teatro dell’orrore dei governi “tecnici”, incaricati di devastare l’Italia con un’overdose di austerità? Teoricamente possibile, vista la bancarotta politica dei gialloverdi, che avevano promesso di rovesciare il tavolo europeo mettendo fine all’impostura del rigore presentato come ricetta salvifica per l’economia. Il peccato originale? Aver rinunciato a Paolo Savona al ministero dell’economia, subendo il “niet” di Mattarella «ispirato direttamente da Draghi attraverso l’altro suo terminale italiano, Ignazio Visco di Bankitalia».Senza più Savona, la vertenza con Bruxelles è finita prima di cominciare: non è stato difficile convincere Giovanni Tria a rinunciare al 2,4% di deficit. Una catastrofe: «L’Italia – sostiene Magaldi – doveva battere i pugni per rivendicare un deficit ben maggiore, anche superiore al tetto del 3% sancito arbitrariamente da Maastricht». Cosa sarebbe cambiato? «Un deficit di almeno il 4% avrebbe rilanciato economia e lavoro facendo crescere il Pil, e quindi riducendo l’incidenza del debito pubblico». Ma peggio: «Il governo Conte – aggiunge Magaldi – non ha neppure preso il considerazione la proposta di Nino Galloni per l’emissione di moneta statale parallela, non a debito, consentita dal Trattato di Lisbona: liquidità a costo zero, che avrebbe permesso di risollevare subito le sorti dell’occupazione». Risultato: gli indicatori economici – come prevedibile – crollano. E i gialloverdi non trovano di meglio che farsi la guerra, per tentare di salvarsi la faccia alla vigilia delle europee. Il peggiore in campo? «Di Maio, che ha preteso lo scalpo di Armando Siri: non un uomo a caso, ma l’ispiratore della Flat Tax (che proprio ora stava mettendo a punto, come misura destinata a restituire un po’ di ossigeno al paese)».Certo, non ne azzecca più una neppure Salvini: «Anziché combattere per l’Italia a Bruxelles, il leader della Lega se la prende coi negozi di cannabis terapeutica», inventandosi campagne demenziali. Mala tempora currunt. Cosa aspettarsi? «Il regalo più bello – dice Magaldi – sarebbe proprio ritrovarsi Draghi a Palazzo Chigi: finalmente gli italiani capirebbero chi è davvero, Super-Mario, e di che pasta è fatto il neoliberismo finto-europeista che ha costantemente peggiorato le condizioni del paese». Draghi o meno, sarebbe comunque una catastrofe: «Se il Movimento 5 Stelle accetterà di sostenere un governo di tecnocrati – ragiona Magaldi – completerà l’opera di auto-demolizione alla quale si sta dedicando da tempo». Facile profezia: i voti grillini sarebbero azzerati. «Se poi l’eventuale governo tecnico fosse sostenuto dai 5 Stelle insieme a Forza Italia e al Pd di Zingaretti, in una grande ammucchiata, saremmo alle comiche finali». Rovescio della medaglia: «Non si salverebbe nessuno». Tabula rasa della politica italiana: fine degli equivoci, via i partiti-zavorra. Non riuscirebbero a giustificare lo sfacelo: tagli sanguinosi, crollo ulteriore del potere d’acquisto, tosatura delle pensioni. E magari pure una patrimoniale sulla casa.Uno scenario da incubo, ma non esattamente fantapolitico: perché – senza l’iniezione di un deficit robusto – la situazione dei conti pubblici sta peggiorando, insieme all’economia, come volevasi dimostrare. E non siamo più nel 2011: la società italiana si è impoverita in modo vistoso. Tanto peggio, tanto meglio? In un certo senso, sostiene Magaldi, sarà proprio la drammatica durezza dell’evidenza ad aprire finalmente gli occhi degli italiani: mettete Draghi a Palazzo Chigi, e la tempesta arriverà prima. Magaldi resta ostinatamente ottimista. «Per smantellare il sistema neoliberista – dice – bisogna partire dall’Europa. E in Europa, l’unico paese in cui questo può accadere è proprio l’Italia». La massoneria progressista, aggiunge Magaldi, aveva giocato in prima battuta la carta francese, con Hollande. «Ma il presidente socialista si è lasciato intimidire: doveva rompere col rigore, invece poi si è allineato alla Merkel». Alle ultime elezioni, la piramide ordoliberista – in cui proprio Draghi ha un ruolo preminente – ai francesi ha proposto Macron, diretta emanazione dei superpoteri opachi e reazionari. Problema: «Gli è opposto la sola Marine Le Pen, che – dato il suo impianto ideologico preoccupante – è lo sfidante che chiunque vorrebbe, perché votato alla sconfitta».Come agisce, il circuito massonico progressista di cui parla Magaldi, e nel quale milita? Anche con iniziative clamorose: «La rivolta dei Gilet Gialli è stata progettata dalla massoneria progressista per ostacolare Macron e, soprattutto, aiutare – a distanza – il governo gialloverde alle prese con la disputa con Bruxelles sul deficit. Ma a Roma se la sono fatta sotto: il segnale l’hanno colto, ma non hanno osato approfittarne». E se la Francia resta tuttora politicamente bloccata – coi Gilet Gialli che demoliscono il consenso di Macron ma non si traducono in un’alternativa elettorale – non resta che il Belpaese, per ritentare di “smontare” l’europeismo di facciata che sta trasformando la Disunione Europea in un campo di battaglia tra governi che si combattono l’un l’altro. Se un super-eurocrate come Draghi arrivasse davvero a Palazzo Chigi, insiste Magaldi, tutto si chiarirebbe più velocemente. Per esempio: com’è possibile subire i diktat di una cupola tecnocratica, asservita a interessi privati, non legittimata neppure da una Costituzione democratica? In altre parole: «Perché mai votare, alle europee del 26 maggio, già sapendo che non sarà l’Europarlamento a eleggere la Commissione?». E poi: «Perché accettare, ancora, che un paese come l’Italia sprofondi nella crisi perché non ha potuto fare gli investimenti necessari, mediante il deficit?». E inoltre: «Chi l’ha detto che l’euro debba essere gestito in eterno dai banchieri della Bce, al di sopra dei governi democraticamente eletti?».Sono i temi sui quali lavora il Movimento Roosevelt. Obiettivo: demolire le menzogne del dogma neoliberista, truccate da scienza economica, in nome delle quali l’ex quinta potenza industriale del mondo è oggi ridotta a mendicare prestiti. «Serve una rivoluzione culturale profonda, che smascheri definitivamente la narrazione bugiarda del neoliberismo, tuttora contrabbandata dai grandi media». Super-Mario a capo del governo? «Sarebbe un regalo fantastico: tutti, finalmente, capirebbero da che parte stare». E se i 5 Stelle sembrano avviarsi verso la più incresciosa delle auto-rottamazioni, la stella di Salvini si sta rapidamente oscurando: il solo caso Siri, sondaggi alla mano, sembra aver già messo fine ai sogni di gloria della Lega. «Viviamo tempi imprevedibili, tutto è in rapida evoluzione: nel giro di pochi mesi, Renzi è passato dal 40% all’irrilevanza assoluta». Magaldi propone una data simbolica, quella della Presa della Bastiglia: il 14 luglio, a Roma – annuncia – nascerà ufficialmente il “Partito che serve all’Italia”. Missione: «Restituire agli italiani la perduta sovranità democratica, dopo il tramonto delle speranze suscitate dai gialloverdi». Attenzione: tutti stanno guardando all’Italia, anche se forse gli italiani non se ne sono accorti. E’ come se sapessero, amici e nemici, che l’euro-imbroglio potrebbe essere “smontato” proprio dal Belpaese.Sobrio, elegante, impeccabile, sempre misurato. Decisamente un profilo “british”, quello di Mario Draghi, «presentato dai media – complici o insipienti – come il nume tutelare dell’Italia in Europa». Falso? Eccome: «Mario Draghi è il principale artefice dell’austerity neoliberista che ha varato la post-democrazia, devastando le nostre economie a cominciare da quella italiana. Per questo, se mai finisse a Palazzo Chigi al posto di Conte, sarei il primo a brindare: alla guida di un governo tecnico, inevitabilmente “lacrime e sangue” come quello di Monti, il “fratello” Draghi sarebbe costretto a gettare la maschera, mostrando finalmente agli italiani il suo vero volto». Parola di Gioele Magaldi, massone progressista e quindi fiero avversario del “controiniziato” Draghi, che si laureò con una tesi – incredibile ma vero – sull’insostenibilità economica di un’eventuale moneta unica europea. Ora è l’imperatore dell’Eurozona. Com’è stato possibile, un simile voltafaccia, considerando che Draghi fu allievo dell’insigne economista keynesiano Federico Caffè? «Semplice: ragioni umanissime di convenienza». Tradotto: soldi e potere, incarichi. Una carriera folgorante.
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Magaldi: cade il governo? Tanto meglio per Lega e 5 Stelle
Cade il governo Conte, in autunno? Non reggerà alla prova del fuoco rappresentata dal bilancio 2019 da sottoporre a Bruxelles? Tanto meglio: Lega e 5 Stelle farebbero il pieno di voti, nel caso di elezioni anticipate. Facile profezia: l’eventuale nuovo esecutivo avrebbe un programma meno timido e sarebbe pronto a rompere in modo ancora più netto con l’attuale governance europea, fondata sulla grande menzogna del rigore ammazza-Stati spacciato per amara medicina. Gioele Magaldi non ha dubbi: se l’esecutivo gialloverde dovesse davvero cadere, l’establishment politico-mediatico violentemente ostile a leghisti e pentastellati avrà ben poco di cui rallegrarsi, perché gli elettori premieranno Salvini e Di Maio con un autentico plebiscito, come ben si è visto dagli applausi dei genovesi scrosciati all’arrivo dei due vicepremier ai funerali delle vittime del viadotto Morandi. Tutto si tiene, nei drammi estivi che hanno scosso l’Italia: la responsabilità politica del disastro di Genova ricade sulla stessa élite che ha privatizzato la penisola, regalandola agli “amici degli amici”, salvo poi imporre a un paese impoverito di accogliere senza fiatare i migranti (quasi un milione, negli ultimi tre anni) che l’Europa vorrebbe che restassero interamente a carico nostro.«Ecco perché applaudo Salvini: per una volta, il ministro dell’interno ha “tenuto il punto”, rinunciando a piegarsi ai diktat dell’oligarchia europea», dice Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, ai microfoni di “Colors Radio”. Troppo comodo – e ipocrita – il moralismo di chi accusa il leader della Lega di mancanza di umanità, specie se l’attacco proviene dal potere neoliberista che ha razziato l’Africa e imposto, ai lavoratori italiani, il “dumping” salariale dei neo-schiavi, costretti a fare concorrenza sleale alla nostra forza lavoro, accettando condizioni disumane di sfruttamento. Dov’era, il centrosinistra che oggi si scaglia con inaudita violenza contro Salvini, quando si trattava di gestire l’economia in modo equo, evitando di far sprofondare il paese nella crisi più nera? Bersani “impiccava” lo Stato al nodo scorsoio del pareggio di bilancio, insieme al cappio della legge Fornero sulle pensioni, prima ancora che Renzi facesse piazza pulita – con il Jobs Act – degli ultimi diritti sindacali. Ed ecco oggi la “guerra tra poveri”, che oppone lavoratori italiani e stranieri, vittime – tutti – della stessa catastrofe macroeconomica: lo Stato in bolletta, impossibilitato a investire denaro per produrre lavoro grazie a una gestione privatistica dell’euro, senza neppure il paracadute degli eurobond a garantire il necessario debito pubblico.Nel lucido ragionamento di Magaldi, la tragedia di Genova e la rissa mediatica sui naufraghi a bordo della nave Diciotti («con le accuse surreali rivolte a Salvini dalla magistratura») sono due facce, drammatiche, della stessa medaglia: da una parte la vecchia élite che ha prodotto solo macerie (infrastrutturali e sociali) e dall’altra il primo governo “sovranista”, da 25 anni a questa parte, che cerca di rimediare allo sfacelo. «Per fortuna – insiste Magaldi – Salvini ha inaugurato la linea necessaria, quella della fermezza: che non ha certo per bersaglio i migranti, ma l’ipocrisia con cui Bruxelles vorrebbe continuare a non-gestire un fenomeno vergognoso come l’esodo da paesi africani letteralmente depredati dell’élite europea». Azione necessaria, quella del governo Conte, ma non sufficiente: «Sarà meglio che, anche sui provvedimenti econonici, Salvini e Di Maio comincino a passare dalle parole ai fatti, cercando di attuare quello che hanno promesso agli italiani. Nel caso non ce la dovessero fare, però – aggiunge Magaldi – non sarebbe affatto un male». Già, perché dopo eventuali elezioni anticipate, aggiunge, la coalizione “gialloverde”, ormai strategicamente coesa, farebbe l’en plein e ripartirebbe con maggiore slancio, per abbattere il Muro di Bruxelles fondato sulla “teologia” dell’austerity.Keynesiano e progressista, Magaldi non ha dubbi: tutta l’Europa è in crisi, perché negli ultimi decenni il continente è caduto, letteralmente, nelle mani di una ristretta cerchia di oligarchi. Hanno contrabbandato per virtù l’ideologia del rigore di bilancio, con trattati-capestro che hanno amputato gli Stati del potere sovrano di investire nell’economia. Risultato: classe media in via di estinzione, popoli impoveriti, democrazie svuotate ed élite divenute improvvisamente miliardarie, padrone di tutto ciò che prima era pubblico – acqua, energia, trasporti, telefonia e Poste, persino le autostrade. Nel bestseller “Massoni”, Magaldi ha fornito nomi e cognomi della cabina di regia – supermassonica – che ha pilotato questa globalizzazione selvaggia e senza diritti, a beneficio esclusivo delle multinazionali finanziarie. Il complottismo degli ultimi anni punta il dito contro le malefatte della Trilaterale? «Ma quella è solo una emanazione, peraltro piuttosto trasparente, della Ur-Lodge “Three Eyes”», a lungo ispirata da personaggi come Kissinger, Rockefeller e Brzezisnki.I blogger più esasperati, come Daniel Estulin, se la prendono con il Bilderberg e i suoi invitati, da Lilli Gruber al segretario di Stato vaticano Pietro Parolin? «Aprite gli occhi: le notizie che lo stesso Bilderberg lascia filtrare servono solo a produrre il gossip necessario a distogliere l’attenzione dai veri manovratori, i “fratelli controiniziati” delle Ur-Lodges reazionarie: personaggi che, certo, non finiscono sui giornali». Che fare, dunque? Esattamente quello che sta facendo il governo Conte, ribadisce Magaldi, fautore di un risveglio democratico europeo, di cui l’Italia “gialloverde” sembra destinata a fare da apripista. Una “profezia” che il presidente del Movimento Roosevelt (“metapartito” nato proprio per rianimare lo scenario politico italiano in senso progressista) aveva formulato in tempi non sospetti: vedrete, aveva annunciato, che alla fine sarà proprio questa scassatissima Italia a invertire il corso della storia, mettendo in campo forze politiche in grado di smascherare la grande impostura neoliberista che ha impoverito l’Europa spolpando Stati e popoli.Quelle a cui stiamo assistendo oggi, in fondo, sono le prove generali di una rivoluzione culturale: verrà il giorno in cui la parola “spread” perderà ogni significato, perché la finanza pubblica sarà tornata a garantire pienamente tutto il deficit necessario a rimettere in piedi il paese, cominciando dalla ricostruzione delle troppe infrastrutture fatiscenti, lasciate agonizzare da governi costretti a elemosinare “a strozzo” gli euro della Bce. «A proposito: spero che i familiari delle vittime di Genova non si rivalgano solo sugli eventuali responsabili della società autostradale, ma chiedano di essere risarciti anche dai governi precedenti, che hanno creato le premesse del disastro». In ogni caso, Magaldi è ottimista: «Che il governo Conte regga o meno alla prova d’autunno, è irrilevante: indietro non si torna. La destrutturazione politica della Seconda Repubblica è ormai nei fatti». Gli italiani sembrano aver capito che centrodestra e centrosinistra fingevano soltanto di essere alternativi. Nella realtà non hanno fatto altro che obbedire ai diktat dei grandi privatizzatori neoliberisti: quelli che oggi sparano su Salvini, temendo che l’Italia si stia davvero risvegliando.Cade il governo Conte, in autunno? Non reggerà alla prova del fuoco rappresentata dal bilancio 2019 da sottoporre a Bruxelles? Tanto meglio: Lega e 5 Stelle farebbero il pieno di voti, nel caso di elezioni anticipate. Facile profezia: l’eventuale nuovo esecutivo avrebbe un programma meno timido e sarebbe pronto a rompere in modo ancora più netto con l’attuale governance europea, fondata sulla grande menzogna del rigore ammazza-Stati spacciato per amara medicina. Gioele Magaldi non ha dubbi: se l’esecutivo gialloverde dovesse davvero cadere, l’establishment politico-mediatico violentemente ostile a leghisti e pentastellati avrà ben poco di cui rallegrarsi, perché gli elettori premieranno Salvini e Di Maio con un autentico plebiscito, come ben si è visto dagli applausi dei genovesi scrosciati all’arrivo dei due vicepremier ai funerali delle vittime del viadotto Morandi. Tutto si tiene, nei drammi estivi che hanno scosso l’Italia: la responsabilità politica del disastro di Genova ricade sulla stessa élite che ha privatizzato la penisola, regalandola agli “amici degli amici”, salvo poi imporre a un paese impoverito di accogliere senza fiatare i migranti (quasi un milione, negli ultimi tre anni) che l’Europa vorrebbe che restassero interamente a carico nostro.
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“Ma il bavaglio al web sarà la tomba del massone Oettinger”
3482«Buona fortuna, caro fratello “controiniziato” Günther Oettinger. Sappi che ne uscirai con le ossa rotte. Tu, e tutti gli altri come te». Firmato: Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente della massoneria progressista sovranazionale. Nel mirino, il commissario europeo tristemente noto per aver avvertito gli italiani che “i mercati” avrebbero insegnato loro come votare, nei giorni in cui lo spread “volava”, nel tentativo di non far nascere il governo “gialloverde”. «Poi è arrivata “la cavalleria”, è lo spread è calato subito», dice Magaldi, alludendo ai potenti fondi d’investimento (sempre di matrice massonica, ma di segno progressista) che hanno calmato le acque. Non paghi della lezione, oggi Oettinger e soci ci riprovano: il piano – avanzato direttamente dal politico tedesco nella commissione affari legali del Parlamento Europeo – prevede di mettere il bavaglio al web, con la scusa della tutela del copyright. “No pasaran”, dice Magaldi, che promette battaglia: non solo sta galoppando la petizione online di “Change.org” dopo l’allarme lanciato su “ByoBlu” da Claudio Messora per fare pressione sugli europarlamentari, ma il Movimento Roosevelt chiederà al governo Conte – e al ministro Salvini in particolare – di attivarsi a ogni livello per sventare la minaccia che incombe sulla libertà d’opinione.Il tentativo di imbavagliare il web da parte dell’Ue, dice Magaldi a “Colors Radio”, è un evento gravissimo, «incompatibile con la civiltà democratica nella quale ci viene raccontato che sarebbe radicata l’Europa e anche le sedicenti istituzioni europee, ben lontane dall’essere rappresentative di democrazia sostanziale». Qualcuno, aggiunge Magaldi, ha persino avanzato il sospetto che lo sconcertante Oettinger stia addirittura facendo una sorta di doppio gioco, per arrivare ad auto-sabotare il bavaglio, dato il carattere brutalmente demenziale del provvedimento su cui si pronuncerà il Parlamento Europeo in una data non casuale, il 4 luglio: «E’ la ricorrenza dell’Indipendenza americana, cioè «della prima rivoluzione massonica importante nell’era contemporanea». E quindi, un voto come quello proposto da Oettinger «sarebbe uno sberleffo, proprio a quei padri costituenti della contemporaneità massonica che ebbero la meglio sul dispotismo della corona britannica, contestandole il loro trattamento da sudditi anziché da cittadini, rivendicando libertà e democrazia». Günther Oettinger? «E’ davvero il denudamento, lo svelamento più atroce dell’anima antidemocratica e liberticida di questa Disunione Europea e dei gruppi massonici neo-aristocratici che l’hanno sin qui guidata».Il personaggio, continua Magaldi, «è un massone neo-aristocratico, “controiniziato” come pochi». Dopo le elezioni, con il suo cinico “avvertimento” rivolto all’Italia gialloverde, «si è fatto portavoce di una punizione, da parte delle forze neo-aristocratiche e massoniche “controiniziatiche” che volevano bastonare la democrazia italiana per il tramite innanzitutto di Mario Draghi, colpevolmente utilizzatore della Bce per i fini suoi e dei suoi “amici degli amici”, naturalmente “fraterni”». In quei giorni, in cui ballava lo spread, secondo Oettinger “i mercati” avrebbero insegnato agli italiani come comportarsi. «Poi, appunto, è arrivata “la cavalleria” massonica di altro segno, e Oettinger e gli altri se la sono andata a prendere in quel posto», dice Magaldi. «Ora i mercati si stanno muovendo senza più tanti clamori; naturalmente ci sono delle analisi da fare, e – quando servirà – reinterverrà “la cavalleria” massonica progressista (rappresentata da fondi importanti, perché non sono soltanto gli altri circuiti a disporre di mezzi e di strumenti decisivi, in questo caso usati per la democrazia, e non contro)». Persa l’Italia, oggi Oettinger si muove per “spegnere” il web, che tanta parte ha avuto nei recenti sviluppi elettorali? E’ storia: Internet è stato decisivo nel referendum anti-Renzi e nella Brexit, nella vittoria di Trump e nel successo gialloverde. Ora Oettinger pernsa di fermare la storia togliendo la libertà di parola ai cittadini?«E’ inutile puntare il dito solo su Günther Oettinger, per il quale prevedo una fine ingloriosa: questo signore – dice Magaldi – dovrà andarsene a calci nel sedere, non solo dal suo posto di commissario europeo ma, in generale, dalla scena politica continentale, che ha vergognosamente disonorato con le sue battute irricevibili sull’Italia e sui “mercati” che ne avrebbero dovuto orientare il voto». Questa iniziativa contro il web, poi, è particolarmente odiosa e illiberale. «Chiederemo al governo Conte e al ministro dell’interno Salvini di adoperarsi in modo forte contro questa possibile deriva liberticida», promette Magaldi. Dall’Ue, peraltro, niente di così nuovo: «Su istigazione di Günther Oettinger e di altri antidemocratici come lui, profondamente illiberali fin nel midollo, il Parlamento Europeo vorrebbe mettere il bavaglio al web con un meccanismo ovviamente bizantino, passando attraverso il discorso del copyright: è la solita salsa tecnocratica che mascherare una sostanza antidemocratica». Non funzionerà, avverte Magaldi: «Questa è un’altra buccia di banana, così come le incaute dichiarazioni di Oettinger furono un meraviglioso regalo, un fantastico assist per la reazione popolare di indignazione di tutti i partiti italiani, alla fine, verso quel modo di trattare il popolo italiano». Questa mossa, altrettanto incauta, per Magaldi «sarà la tomba ulteriore di questa cattiva politica europea che ha costruito un mostro burocratico privo di democrazia e privo di rispetto per le esigenze di libertà, fraternità e uguaglianza che dovrebbero essere la bussola dell’Ue e di qualunque costruzione politica europea». Una promessa: «Politicamente parlando, d’ora in poi i “cadaveri” saranno tanti, a cominciare da quello di Oettinger».«Buona fortuna, caro fratello “controiniziato” Günther Oettinger. Sappi che ne uscirai con le ossa rotte. Tu, e tutti gli altri come te». Firmato: Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente della massoneria progressista sovranazionale. Nel mirino, il commissario europeo tristemente noto per aver avvertito gli italiani che “i mercati” avrebbero insegnato loro come votare, nei giorni in cui lo spread “volava”, nel tentativo di non far nascere il governo “gialloverde”. «Poi è arrivata “la cavalleria”, è lo spread è calato subito», dice Magaldi, alludendo ai potenti fondi d’investimento (sempre di matrice massonica, ma di segno progressista) che hanno calmato le acque. Non paghi della lezione, oggi Oettinger e soci ci riprovano: il piano – avanzato direttamente dal politico tedesco nella commissione affari legali del Parlamento Europeo – prevede di mettere il bavaglio al web, con la scusa della tutela del copyright. “No pasaran”, dice Magaldi, che promette battaglia: non solo sta galoppando la petizione online di “Change.org” dopo l’allarme lanciato su “ByoBlu” da Claudio Messora per fare pressione sugli europarlamentari, ma il Movimento Roosevelt chiederà al governo Conte – e al ministro Salvini in particolare – di attivarsi a ogni livello per sventare la minaccia che incombe sulla libertà d’opinione.
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Magaldi: guerra ai massoni che hanno ucciso la democrazia
«Oggi non è più possibile assassinare massoni progressisti di peso o loro “protetti” senza innescare una spirale micidiale di boomerang e contrappasso distruttivo e devastante per quei massoni controiniziati, reazionari e neoaristocratici che, un tempo, hanno utilizzato l’omicidio politico-massonico come chiave di volta della loro lotta per il potere». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel besteller “Massoni”, edito da Chiarelettere con prefazione di Laura Maragnani, ha puntato l’indice contro le oscure trame del massimo potere, il cui back-office è dominato da 36 Ur-Lodges, superlogge sovranazionali in cui, negli ultimi decenni, hanno preso il sopravvento le correnti reazionarie che hanno forgiato la globalizzazione neoliberista basata sulla privatizzazione universale. Ma il vento è cambiato, avverte Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista: «Oggi, in molti casi, i massoni neoaristocratici controiniziati neanche riescono ad avvicinarsi alle loro potenziali “vittime” o a concepirne l’eliminazione, senza essere prima dissuasi dalla pericolosità estrema della faccenda e dal suo carattere “anti-economico” e controproducente». Aggiunge Magaldi: «Oggi, “angeli e demoni” formidabili vegliano sulla sicurezza e l’incolumità dei più ragguardevoli liberi muratori impegnati nella ricostruzione/rigenerazione delle reti sovranazionali progressiste».C’è stato un tempo, invece, in cui uomini decisivi come Mohandas Karamchand Gandhi, Enrico Mattei, John Fitzgerald e Robert Kennedy, Martin Luther King e Salvador Allende, insieme ad Aldo Moro, Olof Palme, Thomas Sankara, Yithzak Rabin ed altri «poterono essere assassinati senza ritegno, vergogna e giusta vendetta per i loro aguzzini», scrive Magaldi sul blog del Movimento Roosevelt, mettendo in fila i maggiori omicidi politici del ‘900 (più quello di Rabin) per accusare la regia “controiniziatica” di quelle uccisioni, orchestrate da elementi della supermassoneria reazionaria ai vertici del potere. «Ora è giunto il tempo della memoria celebrativa per questi eroi della massoneria progressista brutalmente eliminati e sottratti all’affetto di chi li amava, ammirava e seguiva», scrive Magaldi, rivelando in tal modo la cifra massonica dei leader citati. «Ora – aggiunge – è arrivato il tempo di una condanna storica e morale severissima per quegli assassini controiniziati che violarono tanto i propri giuramenti massonici quanto ogni legge ed etica umana». A partire dalla lettura di “Massoni”, cui seguirà il secondo volume – in uscita nella primavera 2019 – l’autore ha fornito «nomi e cognomi di certi personaggi e spiegazioni esaurienti e circostanziate dei loro misfatti», portando il caso all’attenzione della pubblica opinione.Nel libro, Magaldi ha descritto chiaramente «le gesta eroiche di quelle avanguardie massoniche progressiste che hanno rivoluzionato il mondo sin dal XVIII secolo e dato vita a società libere, aperte, democratiche, laiche, tolleranti, ecumeniche, parlamentarizzate, costituzionali e fondate sullo Stato di diritto, sull’uguaglianza delle opportunità, sulla giustizia e mobilità sociale». Avverte Magaldi: «Adesso e in futuro, comunque, nessuno potrà più perpetrare crimini come quelli segnalati sopra, per miriadi di ragioni». E’ in corso, spiega, una «guerra globale (e anti-convenzionale) infra-massonica». Una lotta che si annuncia «dura e titanica», ma in cui «tutti saranno costretti a “giocare” in modo relativamente “pulito” e con il giusto fair-play». Soprattutto, conclude Magaldi, «questa guerra contro l’incubo neoaristocratico e neoliberista la vincerà l’alleanza tra massoni progressisti e popolo», ovvero «cittadini comuni consapevoli, oltre che fieri, del proprio diritto-dovere alla sovranità». In altre parole: il tempo del ritorno della democrazia sostanziale è giunto, assicura Magaldi, impegnato – a partire dall’Italia – a contrastare la “teologia” neoliberista che ha impoverito i popoli, svuotando gradualmente la democrazia.«Oggi non è più possibile assassinare massoni progressisti di peso o loro “protetti” senza innescare una spirale micidiale di boomerang e contrappasso distruttivo e devastante per quei massoni controiniziati, reazionari e neoaristocratici che, un tempo, hanno utilizzato l’omicidio politico-massonico come chiave di volta della loro lotta per il potere». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel besteller “Massoni”, edito da Chiarelettere con prefazione di Laura Maragnani, ha puntato l’indice contro le oscure trame del massimo potere, il cui back-office è dominato da 36 Ur-Lodges, superlogge sovranazionali in cui, negli ultimi decenni, hanno preso il sopravvento le correnti reazionarie che hanno forgiato la globalizzazione neoliberista basata sulla privatizzazione universale. Ma il vento è cambiato, avverte Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista: «Oggi, in molti casi, i massoni neoaristocratici controiniziati neanche riescono ad avvicinarsi alle loro potenziali “vittime” o a concepirne l’eliminazione, senza essere prima dissuasi dalla pericolosità estrema della faccenda e dal suo carattere “anti-economico” e controproducente». Aggiunge Magaldi: «Oggi, “angeli e demoni” formidabili vegliano sulla sicurezza e l’incolumità dei più ragguardevoli liberi muratori impegnati nella ricostruzione/rigenerazione delle reti sovranazionali progressiste».
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Petizione: Mattarella si dimetta, non “osi obbedir tacendo”
«Riteniamo che la sua figura sia ampiamente delegittimata rispetto alla carica». Così Gianfranco Carpeoro si rivolge (via Facebook) al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiedendogli di dimettersi dopo aver bloccato il varo del governo “gialloverde” presieduto da Giuseppe Conte, ponendo il veto su Paolo Savona per il ministero dell’economia. «Non voglio entrare nel dibattito sulla legittimità di tale scelta», premette Carpeoro, ma aggiunge: «Non ho dubbi che, sul piano etico e sul piano della sensibilità democratica, ciò avrebbe già dovuto suggerire a un presidente di alta preparazione costituzionale la doverosa presentazione delle sue dimissioni». E spiega, rivolgendosi al capo dello Stato: «Se entrasse in conflitto anche con la maggioranza del prossimo Parlamento cosa farebbe? Se un governo prossimo futuro entrasse in serio confronto con le burocrazia europea cosa avverrebbe? Un vero e proprio golpe?». Per questo, Carpeoro – al secolo Gianfranco Pecoraro, avvocato di lungo corso – chiede apertamente ai lettori di aderire alla raccolta di firme lanciata su “Change.org” da Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, di cui lo stesso Carpeoro è un dirigente. «L’unica speranza degli italiani – dice – è chiedere con un autentico plebiscito le dimissioni del presidente della Repubblica».Sul più diffuso webmagazine nazionale, “Affari Italiani”, proprio Magaldi esprime un severo giudizio politico su Mattarella, definendolo «paramassone conservatore dalla cifra servizievole e subalterna» rispetto ai poteri super-massonici neo-aristocratici che dominano la governance europea. Tuttavia, il “niet” del Quirinale su Savona ha l’aria di essere un autogoal: «I poteri “marci” che si sono serviti del servizievole Mattarella – dichiara Magaldi – hanno compiuto un clamoroso errore», perché il veto su Savona, che il presidente del Movimento Roosevelt definisce un gesto «anticostituzionale e antidemocratico», ha mostrato a tutti che il “Re” è nudo e senza veli: «Il Re (collettivo) neo-aristocratico, post-democratico, anticostituzionale e “controiniziatico” è finalmente denudato e smascherato». Scacco matto alla democrazia? «No. Era stato fatto Scacco al Re con la candidatura di Paolo Savona al ministero dell’economia». Ma adesso, aggiunge Magaldi, «grazie all’inaudita insipienza arrogante di Sergio Mattarella – ostaggio di pressioni oscure e antidemocratiche – lo Scacco al Re si è tramutato in Scacco Matto a quei poteri marci, neoaristocratici e controiniziatici che tengono in ostaggio l’Italia e l’Europa da troppo tempo, ma che ormai sono “nudi e ben visibili” allo sguardo giustamente indignato dei cittadini».Stiamo assistendo in queste ore ad una crisi politica mai vista, osserva Patrizia Scanu, altro esponente del Movimento Roosevelt: «Un presidente della Repubblica, forzando le sue prerogative istituzionali, non permette la formazione di un un governo che avrebbe la maggioranza parlamentare uscita dalle urne (il primo dopo molti anni) per pregiudizio di tipo politico verso il ministro dell’economia proposto dalla maggioranza». Patrizia Scanu cita Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale: per Onida, sul piano strettamente giuridico, Mattarella può dire “io non firmo”. Di fronte all’inistenza sul nome di Savona, aggiunge Onida, «il capo dello Stato si è opposto per ragioni politiche, non personali». E aggiunge: Mattarella è andato contro l’idea che il nostro sia un sistema parlamentare. Non ha neppure posto obiezioni sul programma di governo: «Si è opposto solo a una persona, temendo che potesse mettere in pericolo la stabilità dei mercati finanziari, e la difesa dei risparmiatori. Così facendo – afferma Onida – si dà ai creditori dello Stato un potere immenso, che va al di là delle obbligazioni di un debitore. Un debitore non può diventare così politicamente asservito da accettare ingerenza sulla maggioranza. In questo caso mi sembra sia andato un po’ troppo oltre».Gli avvenimenti degli ultimi giorni, riassume Gianfranco Carpeoro sulla sua pagina Facebook, richiedono un chiarimento analitico di alcuni aspetti. «Una delle prime preoccupazioni della “sovragestione” reazionaria, oligarchica, familistica e aristocratica», rivela Carpeoro, è stata quella di «ridurre al lumicino l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole». Forse a qualcuno sfugge che il presidente della Repubblica resta in carica 7 anni, contro i 5 del Parlamento che lo elegge. Decisione che nacque nel contesto storico-politico del momento post-bellico, dopo la fine del regime fascista. Obiettivo: sottolineare l’autonomia e l’indipendenza della figura istituzionale più alta. «Si trattò all’epoca di una scelta condivisibile, ma col tempo – secondo Carpeoro – si è rivelata anche come la confessione della debolezza intrinseca della figura presidenziale, sotto il profilo della legittimazione democratica e popolare». Debolezza, aggiunge Carpeoro, che di recente «ha costretto a forzature personali di varia natura dei limiti delle prerogative della carica: forzature proporzionali all’arretramento generale sotto il profilo della credibilità, ma anche della efficacia della politica in generale, tanto del potere legislativo che di quello governativo».Gli ultimi decenni della storia politica dell’Italia, aggiunge Carpeoro, hanno registrato onde di flusso e riflusso tra chi voleva rinchiudere la figura presidenziale in un grigio studio notarile e che invece, nel buio della politica, voleva un cavalleresco baluardo: «Non solo unico garante di legalità e costituzionalità, ma anche garante di buon governo, secondo le varie posizioni politiche e idee che peraltro si fronteggiavano in campagne elettorali feroci e perenni». È in questo contesto, continua Carpeoro, che il nostro presidente della Repubblica si è appena rifiutato di varare un governo «scaturito dalla convergenza di una maggioranza parlamentare emersa dopo le numerose consultazioni». Così facendo, aggiunge, «il presidente si è apertamente messo in dissenso con la maggioranza democratica di un Parlamento, peraltro diverso da quello che, a suo tempo, lo aveva eletto». Il motivo del dissenso, secondo lo stesso presidente? Il timore che la nomina di Paolo Savona, «pur legittima sul piano democratico, avrebbe comportato ripercussioni nei mercati sui risparmi degli italiani». Con «affetto e deferenza», Carpeoro si rivolge direttamente a Mattarella. «Non siamo usi agli insulti e alle polemiche incivili», premette. Ma aggiunge: «Indipendentemente dallo stabilire se sia stato un ricatto dei mercati o una imposizione di altri poteri», sarebbe meglio che si facesse da parte. «Ci ascolti, presidente, si dimetta: non non “osi obbedir tacendo”, si rilegittimi e non si consegni alla storia come un don Abbondio qualunque. Il Griso e i suoi bravi glieli rimandi indietro con le pive nel sacco a don Rodrigo».«Riteniamo che la sua figura sia ampiamente delegittimata rispetto alla carica». Così Gianfranco Carpeoro si rivolge (via Facebook) al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiedendogli di dimettersi dopo aver bloccato il varo del governo “gialloverde” presieduto da Giuseppe Conte, ponendo il veto su Paolo Savona per il ministero dell’economia. «Non voglio entrare nel dibattito sulla legittimità di tale scelta», premette Carpeoro, ma aggiunge: «Non ho dubbi che, sul piano etico e sul piano della sensibilità democratica, ciò avrebbe già dovuto suggerire a un presidente di alta preparazione costituzionale la doverosa presentazione delle sue dimissioni». E si domanda, rivolgendosi al capo dello Stato: «Se entrasse in conflitto anche con la maggioranza del prossimo Parlamento cosa farebbe? Se un governo prossimo futuro entrasse in serio confronto con le burocrazia europea cosa avverrebbe? Un vero e proprio golpe?». Per questo, Carpeoro – al secolo Gianfranco Pecoraro, avvocato di lungo corso – chiede apertamente ai lettori di aderire alla raccolta di firme lanciata su “Change.org” da Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, di cui lo stesso Carpeoro è un dirigente. «L’unica speranza degli italiani – dice – è chiedere con un autentico plebiscito le dimissioni del presidente della Repubblica».
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Il vero motivo della morte di Carlo Giuliani al G8 di Genova
Non sparate a casaccio sulla polizia, si raccomanda Franco Gabrielli dalle pagine del “Manifesto”, ripercorrendo l’inferno del G8 di Genova rievocato dal “quotidiano comunista”, secondo cui «la credibilità della polizia è da ricostruire». A stretto giro, la risposta – durissima – del padre di Carlo Giuliani, affidata al blog “Contropiano” dopo che, scrive, il “Manifesto” ha rifiutato di pubblicargliela. La tesi del capo della polizia: c’erano anche i carabinieri, a Genova, insieme ad altri organi dello Stato; per questo non è giusto criminalizzare un’istituzione che, assicura Gabrielli, si è ampiamente emendata dai gravi errori commessi. Giuliano Giuliani concorda solo in parte: è oggi questore di Pesaro, scrive, il funzionario che a piazza Alimonda accusò un manifestante di aver ucciso suo figlio, «completando così l’indegna azione di un carabiniere che con una pietra ha spaccato la fronte di Carlo agonizzante». Paura e odio, furore, guerriglia: sotto i riflettori, per anni, gli attori di quella spaventosa pagina italiana, per la quale si è parlato di “sospensione della democrazia”. D’accordo, ma il movente? Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.Missione compiuta, si direbbe: dopo Seattle, Praga e altre fiammate, a Genova nel luglio del 2001 è stato letteralmente soppresso «il primo movimento di protesta, nella storia dell’Occidente, capace di mobilitarsi in modo disinteressato, cioè senza più difendere singole cause territoriali, nazionali o di categoria, ma schierandosi in modo permanente a tutela dei diritti dell’umanità, in ogni continente». Lasciata l’intelligence Usa (l’agenzia resa tristemente celebre dallo scandaloso “datagate” spionistico del governo Obama), Madsen è divenuto un fiero accusatore di un sistema manipolatorio che a Genova, dice, richiedeva un preciso tributo di sangue: la morte di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” dei ragazzi inermi nella scuola Diaz (col pretesto di bombe molotov introdotte dagli stessi agenti) e poi l’incubo delle torture inflitte ai “prigionieri” nella caserma di Bolzaneto. Tutta quella violenza barbarica sembra portare la stessa “firma” della mano segreta che, di lì a un paio di mesi, avrebbe pilotato l’immane attentato delle Torri Gemelle a New York, dando inizio alla “guerra infinita” contro il “terrorismo”. Un nome? Il massone “controiniziato” George W. Bush. Esponente, secondo Gioele Magaldi, della “Hathor Pentalpha”, definita “loggia del sangue e della vendetta”. La costola più nera e tenebrosa dell’élite globalista, formata da “signori della guerra” che «non hanno esitato a reclutare, tra i loro affiliati, prima Osama Bin Laden e poi Abu Bakr Al-Baghdadi».Da Al-Qaeda all’Isis, stesso copione (opaco) del terrore, scatenato contro civili, polizia e militari – ma non all’insaputa di precisi settori dell’intelligence. Prove? «Dispongo di 6.000 pagine di documenti», assicura Magaldi, autore del saggio “Massoni”. «Entro due anni certe carte verranno rese pubbliche», afferma Gianfranco Carpeoro, che ha firmato il volume “Dalla massoneria al terrorismo”, fornendo anche – insieme allo stesso Magaldi – un’accurata lettura della simbologia non certo islamica, ma “templare”, del recentissimo terrorismo targato Isis che ha insanguinato l’Europa a cominciare dalla Francia. Identico lo stile degli attentati: colpire nel mucchio, sparare sulla folla per terrorizzare tutti (e rendere accettabili le leggi d’emergenza, sul modello del Patriot Act statunitense disegnato per confiscare libertà e diritti). Genova? Una pietra miliare: il Rubicone varcato da un potere globalista “medievale”, neo-feudale, smisuratamente avido e bugiardo, estremamente feroce. Lo sostiene Madsen, intervistato da Franco Fracassi nel saggio “G8 Gate”. Una vera e propria confessione: «Mesi prima, per la tragica “riuscita” di quel G8 – dice – la Nsa mise a disposizione 1.500 funzionari, e a Genova (oltre alla polizia italiana) c’erano 700 agenti dell’Fbi».Nessuno lo sapeva, all’epoca, ma tutti videro lo stesso spettacolo: i reparti antisommossa si accanivano contro manifestanti inermi, ignorando deliberatamente i famosi “black bloc” spuntati dal nulla, liberi di devastare impunemente la città. I “neri” colpivano i loro obiettivi e poi si disperdevano rapidamente tra i vicoli. «E’ una tattica di guerriglia insegnata nelle scuole Nato: si chiama “swarming”», afferma – sempre nel libro di Fracassi – il generale dei paracadutisti Fabio Mini, già comandante della missione atlantica Kfor in Kosovo. «Esistono precise strutture – rivela Mini – in grado di far affluire in piena sicurezza centinaia di persone, da tutta Europa, senza il rischio di subire controlli alle frontiere, neppure dopo l’evento». Lo strascico del G8 di Genova è ancora fatto essenzialmente di rabbia e di dolore: le vittime denunciano omissioni e indulgenze, il nuovo capo della polizia (che ha preso le distanze da De Gennaro) giura che, oggi, simili episodi non potrebbero più ripetersi. Carlo Giuliani, intanto, a piazza Alimonda è morto. E la meccanica delle ricostruzioni difficilmente va oltre i dettagli del crimine. Una coltre di silenzio protegge ancora gli aspetti più decisivi: il movente e i mandanti.Per questo è importante la voce di un uomo come Madsen. «I mandanti sono le multinazionali – dice – che erano letteralmente terrorizzate dal crescente consenso di quei ragazzi: il movimento NoGlobal andava stroncato. E il loro uomo, Bush, ha semplicemente eseguito gli ordini». Com’era, il mondo, nel 2001? Stava molto meglio di adesso, secondo tutti gli indicatori. Archiviata la storica sfida con l’Urss, la guerra era praticamente assente. Anche per gli italiani, all’epoca, l’Unione Europea poteva sembrare un’istituzione amica. Si pagava ancora in lire: l’euro avrebbe iniziato a circolare solo l’anno seguente. In Afghanistan c’erano già i Talebani, ai quali si opponeva solo un leader laico e nazionalista come Ahmad Shah Massud: quando l’Alleanza del Nord entrò in azione, per prima cosa fu assassinato l’ingombrante Massud, autorevole interprete della sovranità afghana. Ucciso da un certo Hekmathyar, collegato ai servizi del Pakistan addestrati dalla Cia. «Il governo di Islamabad ha sostenuto Al-Qaeda in accordo con Bush», denunciò Benazir Bhutto, a sua volta assassinata nel 2007 per impedirle di vincere le elezioni e smascherare le trame che legavano Bush e Bin Laden al generale Musharraf, dittatore “americano” del Pakistan. Da anni, ormai, la “guerra infinita” era diventata la nuova normalità fondata su bombe e menzogne, fino all’attuale conflitto siriano.Un film dell’orrore, sostiene Madsen, grazie al quale nessuno si è più sognato di contestare frontalmente lo strapotere delle corporation e dell’oligarchia finanziaria, che in Europa è riuscita a ridurre alla fame un paese come la Grecia, senza più medicinali per i bambini, e a destituire con un golpe bianco il governo italiano democraticamente eletto. Si arrivò a insediare a Palazzo Chigi uno spettro come Mario Monti, cioè l’essere umano più lontano possibile dall’antropologia di una rockstar come Manu Chao, eroe del “social forum” che a Genova nel 2001 sognava una fratellanza universale capace di opporsi alle diseguaglianze create dalla rapina sistematica del mondo, quella che oggi spinge verso l’Europa milioni di migranti in fuga dalle loro economie sapientemente disastrate dal nostro apparato economico e politico, finanziario e militare. Un mondo migliore è possibile, recitava lo slogan dei ragazzi che guardavano al mito del “subcomandante” Marcos, esotico e mediatico custode di una biodiversità civile fondata sui diritti. Oggi, il dibattito pubblico è precipitato sotto terra, tra le rovine dell’Ue e della Bce: si parla al massimo di soldi, di Flat Tax e reddito di cittadinanza. Siamo caduti in basso? Il primo passo, sostiene Wayne Madsen, è stato il corpo esanime del militante che i grandi poteri economici, dai loro palazzi, volevano morto. E’ toccato a Carlo Giuliani. Forse, riletta così, può sembrare meno oscura la ragione (mostruosa) di quella fine così atroce.(Giorgio Cattaneo, “G8 Genova, il vero motivo della morte di Carlo Giuliani”, dal blog “Petali di Loto” del 17 aprile 2018).Non sparate a casaccio sulla polizia, si raccomanda Franco Gabrielli dalle pagine del “Manifesto”, ripercorrendo l’inferno del G8 di Genova rievocato dal “quotidiano comunista”, secondo cui «la credibilità della polizia è da ricostruire». A stretto giro, la risposta – durissima – del padre di Carlo Giuliani, affidata al blog “Contropiano” dopo che, scrive, il “Manifesto” ha rifiutato di pubblicargliela. La tesi del capo della polizia: c’erano anche i carabinieri, a Genova, insieme ad altri organi dello Stato; per questo non è giusto criminalizzare un’istituzione che, assicura Gabrielli, si è ampiamente emendata dai gravi errori commessi. Giuliano Giuliani concorda solo in parte: è oggi questore di Pesaro, scrive, il funzionario che a piazza Alimonda accusò un manifestante di aver ucciso suo figlio, «completando così l’indegna azione di un carabiniere che con una pietra ha spaccato la fronte di Carlo agonizzante». Paura e odio, furore, guerriglia: sotto i riflettori, per anni, gli attori di quella spaventosa pagina italiana, per la quale si è parlato di “sospensione della democrazia”. D’accordo, ma il movente? Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.
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Il Graal di Salvador Dalì, il segreto del suo Cristo alchemico
Salvador Dalì, uno dei pochi autentici Rosacroce, ha trasfuso nella sua opera pittorica il sapere esoterico a cui venne iniziato. La maggior parte dei suoi quadri, in particolare quelli dell’ultima fase misticheggiante, sono impregnati di un fortissimo significato esoterico, codificato sapientemente in un linguaggio simbolico a cui pochi possono accedere. Esiste una bellissima tela del pittore catalano dal titolo “Corpus Hypercubus”, del 1954, in cui viene raffigurato Cristo su una croce composta da otto cubi. Si tratta indubbiamente di un uso di ascendenza pitagorica del numero 4 e del numero 8, una scelta non casuale, considerata la matrice iniziatica del pittore. Cristo in realtà non è rappresentato inchiodato alla croce ma sospeso in aria, fluttuante come se fosse già risorto. Perché Dalì ha voluto rappresentare Cristo in un modo così palesemente discordante dalla tradizione sinottica (ma non da quella giovannea, intrisa della cosiddetta “teologia della gloria”)? Il corpo di Cristo appare perfetto, non flagellato e scarnificato dalle torture alle quali, secondo i Vangeli, venne sottoposto prima di essere crocifisso. Dunque, un’immagine di Cristo trasfigurata, che non trova corrispondenza nelle testimonianze neotestamentarie. Quale il significato simbolico da attribuire a questa strana rappresentazione che capovolge ogni logica?E’ indubbio che rappresentando Cristo come già risorto sulla croce Dalì abbia voluto celare ai profani un messaggio: la trasmutazione di un uomo in uno stato superiore dell’Essere avviene già in vita e non dopo la morte. Se così non fosse, Dalì avrebbe raffigurato Cristo alla maniera classica come sofferente e col corpo deturpato dal supplizio subito. Dalì ha senz’ombra di dubbio tratto ispirazione da Giovanni 8,28: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’Uomo, allora saprete che Io Sono», dove per “innalzato” si intende proprio la crocifissione: Giovanni usa infatti il verbo greco “innalzare”, che è identico a quello usato in Numeri 21,4-9 (versione greca dei LXX) nell’episodio del serpente di rame innalzato da Mosè su di un’asta) – per alludere alla morte e rinascita spirituale del Figlio dell’Uomo, non dopo la morte ma al momento della crocifissione. Dunque Cristo rivela se stesso, la trasmutazione della sua natura umana in divina – e l’uso dell’Ego eimì, “Io sono”, non lascia molti dubbi sul significato da attribuire all’affermazione di Gesù – proprio nel momento più atroce e anche in quello più scandaloso per i credenti.Ma per rinascere a nuova vita in vita, per realizzare una perfetta compenetrazione tra la natura umana e quella divina, occorre salire in alto, ascendere verso gli stati superiori dell’Essere, cioè staccarsi dalla croce, che inchioda l’essere umano alla dimensione terrena, per fluttuare in una danza armonica con lo Spirito. Perciò Dalì non poteva che raffigurare Cristo staccato dalla croce e fluttuante nell’iperspazio rappresentato dalla figura geometrica del cubo. Ora, a questo punto i più acuti si saranno chiesti: furono la morte e la risurrezione di Cristo un evento solo simbolico? O furono anche degli eventi storici? Per chi come la sottoscritta ha penetrato certi misteri, la risposta non può che essere univoca: la croce e la risurrezione furono anche e soprattutto eventi storici, investiti tuttavia di un potente messaggio simbolico. Quale? Cerco di spiegarlo con pochi e semplici concetti. Cristo non è sceso dalla croce per salvare se stesso, come i membri del Sinedrio lo invitarono a fare per rivelare la potenza operante di Dio. Bevve fino in fondo il calice, il Santo Graal, che è accettazione della vita e delle sue terribili contraddizioni.Scegliendo di non salvare il suo Io terreno salvò la sua essenza non terrena. Scegliendo di rimanere in croce, Cristo realizzò la perfetta intersecazione tra il piano del visibile e dell’immanenza (l’asse orizzontale della croce) e quello del non visibile e della trascendenza (l’asse verticale della croce). Egli, da uomo, divenne Logos, trasmutò se stesso realizzando l’archetipo umano nella sua pienezza ontologica, che è da sempre nella mente di Dio. Il Santo Graal è la croce, simbolo della trasmutazione dell’essere. Cristo ha aperto una strada, quella della ricongiunzione tra le polarità opposte: essenza umana e divina, immanenza e trascendenza, vita ed eternità, nonché maschile e femminile, come spiegherò più avanti. Sta a noi seguire il percorso tracciato da Lui. Impresa delle imprese, traguardo quasi impossibile, meta irraggiungibile? La cosa fondamentale non è emulare ma porsi in tensione “verso”: non si imita un Dio, ci si pone in una tensione dialettica nella consapevolezza che l’attuale umanità è immersa da secoli in uno stato di torpore spirituale. Ma noi, che beviamo ogni giorno il Sacro Graal, abbiamo il compito di ridestarci e ridestare l’umanità, di scuoterla dall’immobilismo spirituale che da sempre la paralizza. Perciò è essenziale bere ogni giorno il calice amaro della vita: solo così possiamo andare oltre i nostri limiti e le nostre bassezze.La croce della vita quotidiana, così, da strumento di sofferenza può diventare uno strumento di trasmutazione, insieme interiore ed ontologica. Il Sacro Graal, appunto. E non è casuale che nella tela di Dalì compaia accanto alla croce una donna, raffigurata con le fattezze di Gala, la moglie di Dalì, per simboleggiare la riunificazione tra il maschile e il femminile. Gala, infatti, contempla estatica la risurrezione di Cristo, segno che il femminile gioca un ruolo determinante nella rinascita spirituale. Se così non fosse nella tela apparirebbe solo Cristo e l’iperspazio, ovvero il maschile, ma è proprio la presenza di una donna a suggerire che nel processo di risurrezione è coinvolta anche l’anima umana, che dal punto di vista esoterico è rappresentata dal femminile. D’altronde, i veri iniziati sanno molto bene che la conquista del Graal passa attraverso una ricomposizione della frattura edenica tra maschile e femminile, del loro bilanciamento armonico. Chi sostiene, come certe tradizioni religiose e certi controiniziati, che il femminile è soltanto un vaso, uno strumento da utilizzare per risaire nelle sfere più elevate dello Spirito (ogni riferimento a un uso deviato del tantra è puramente casuale) è ancora bel lontano dall’aver penetrato il mistero del Graal. Dalì docet.(Patrizia Francesconi, “Il Sacro Graal, la Croce e Dalì”, dal blog “Verità Giustizia Bellezza” del 30 ottobre 2017).Salvador Dalì, uno dei pochi autentici Rosacroce, ha trasfuso nella sua opera pittorica il sapere esoterico a cui venne iniziato. La maggior parte dei suoi quadri, in particolare quelli dell’ultima fase misticheggiante, sono impregnati di un fortissimo significato esoterico, codificato sapientemente in un linguaggio simbolico a cui pochi possono accedere. Esiste una bellissima tela del pittore catalano dal titolo “Corpus Hypercubus”, del 1954, in cui viene raffigurato Cristo su una croce composta da otto cubi. Si tratta indubbiamente di un uso di ascendenza pitagorica del numero 4 e del numero 8, una scelta non casuale, considerata la matrice iniziatica del pittore. Cristo in realtà non è rappresentato inchiodato alla croce ma sospeso in aria, fluttuante come se fosse già risorto. Perché Dalì ha voluto rappresentare Cristo in un modo così palesemente discordante dalla tradizione sinottica (ma non da quella giovannea, intrisa della cosiddetta “teologia della gloria”)? Il corpo di Cristo appare perfetto, non flagellato e scarnificato dalle torture alle quali, secondo i Vangeli, venne sottoposto prima di essere crocifisso. Dunque, un’immagine di Cristo trasfigurata, che non trova corrispondenza nelle testimonianze neotestamentarie. Quale il significato simbolico da attribuire a questa strana rappresentazione che capovolge ogni logica?
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Bonificare il vertice dell’Occidente: finirà il terrore dell’Isis
La scelta degli obiettivi del neoterrorismo appare strategicamente ragionata dalla Sovragestione, con una evoluzione molto particolare che costituisce la riproposizione del vecchio modulo terroristico. In effetti Al-Qaeda aveva colpito nei fatti dell’11 settembre 2001 dichiarando una specie di stato di guerra al nemico dichiarato: gli Stati Uniti d’America. Colpire le Torri Gemelle o addirittura il Pentagono era colpire direttamente un nemico dichiarato, era l’atto iniziale di una guerra su un territorio, mai in precedenza direttamente nel mirino del Terrore. Isis cambia modo. Francia e Belgio, nonostante le gravi responsabilità della prima nelle vicende libiche, non sono nemici diretti del mondo arabo, anzi. E neanche l’Unione Europea. Quindi appare chiaro che la scelta è di affermare l’identità dell’Isis con atti di terrore che destabilizzino e intimidiscano non un nemico attuale, ma anche solo un nemico del tutto potenziale. La Sovragestione decide, in altri termini, di affermare l’esistenza del neonato Stato Islamico, con atti rivolti su soggetti ritenuti deboli, coma l’Europa, teatro di divisioni e di distinguo opportunistici tra Stati, e quelli ritenuti più deboli sotto il profilo della sicurezza interna, la Francia e il Belgio, sono stati colpiti perché più ospitali nei confronti del mondo islamico, nell’illusione per ora tramontata di sostenere e rafforzare un Islam “moderato”.Perché la possibilità di una leadership nel mondo islamico, di una quanto mai inerte e inattiva componente moderata è comunque il primo pericolo, sia pure del tutto potenziale, per Isis: per lo stesso motivo per il quale il primo nemico della struttura clericale sono stati gli eretici e non gli atei o i credenti di altre religioni, o i primi nemici del comunismo integralista sono stati i socialisti e i comunisti non “ortodossi”. Ma questo interessa alla Sovragestione solo per motivare profondamente l’integralismo islamico costruendo la figura del nemico. I veri interessi e i veri obiettivi sono altri. E la vera firma simbolica della Sovragestione la troviamo nella scelta, di enormi risvolti esoterici, degli obiettivi dell’azione neoterroristica di Bruxelles. Aeroporto e Metropolitana. Alchemicamente, “Quod superius est inferius”. Cattolicamente, “Così in cielo come in terra”. Perché iniziato vero è colui che cerca in sé l’orma della divinità, controiniziato colui che crede di essere Dio. E l’Isis è solo il braccio armato, ma anche il panno rosso del torero agitato davanti al povero toro. Non c’è nulla di religioso in tutto questo. Perché chi crede di essere Dio, non ha bisogno, in alcuna forma, di Dio.Sviluppi. Il neoterrorismo, per come si prospetta la situazione, ha per ora realizzato pienamente gli obiettivi strategici della Sovragestione e gli obiettivi tattici del suo braccio armato, l’Isis. Gli obiettivi strategici sono portare guerra e terrore Urbi et Orbi (aeroporti e metropolitane) non consentendo a nessuno di individuare il presupposto fondamentale di una guerra che si possa combattere con successo, e cioè il teatro dei fatti bellici, il cosiddetto “campo di battaglia”. Il resto del mondo (parlare solo di Occidente sarebbe riduttivo) non sa dove difendersi, oltre a non conoscere il vero avversario, che è la Sovragestione prima dell’Isis. La stessa creazione dello Stato Islamico appare come l’ennesima brillante intuizione strategica di disegnare un campo di battaglia che produca nuove stragi, ma che sia anche lontano dai veri interessi in gioco, non manifestando infine ciò che si deve veramente distruggere e alimentando altresì l’odio delle popolazioni avvelenate dall’integralismo islamico contro chi è costretto ad ammazzargli amici e familiari.Le intelligence delle varie nazioni coinvolte dovrebbero sapere che la Sovragestione ha da tempo preparato almeno tre progetti di Stati islamici diversamente collocati da quello attuale, in caso di crollo e disfatta del medesimo. Come l’Italia dovrebbe sapere, solo in termini di consapevolezza, non in termini di intimidazione o paura, che qualunque suo coinvolgimento operativo in iniziative sul territorio dell’Isis, comporterà che muti la sua natura da obiettivo potenziale a obiettivo effettivo. I terreni ipotizzabili di una azione neoterroristica, anche sotto il profilo simbolico proprio della Sovragestione, oggi sono due: Roma, ovviamente, e la Sicilia, Palermo per esempio. Certamente l’Isis sarebbe da disgregare, ma nella consapevolezza che gli altri Stati islamici sono pronti per sorgere, o la stessa Isis per risorgere altrove. Occorre che, contestualmente alle manovre di sicurezza attuali, entri a tutti gli effetti nel mirino delle analisi e della costruzione di strategie la Sovragestione; e ciò può avvenire solo tramite una bonifica delle proprie strutture di potere del mondo occidentale, cosa resa difficile dalle attuali zone oscure di contiguità. L’operazione culturale, sociale, politica, ma anche iniziatica è quella di contrapporre al riscatto escatologico e ipotetico degli integralismi religiosi e non, la concreta, quotidiana, ricostruzione del vero Tempio, che è l’Uomo. La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo.(Gianfranco Carpeoro, estratto da “Analaisi sistematica del neoterrorismo islamico”, dalla pagina Facebook di Carpeoro del 13 aprile 2016. Massone e studioso del linguaggio simbolico cifrato, proprio del mondo esosterico, l’avvocato Carpeoro è autore di romanzi come “Il volo del Pellicano”; di prossima uscita, per Uno Editori, il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”).La scelta degli obiettivi del neoterrorismo appare strategicamente ragionata dalla Sovragestione, con una evoluzione molto particolare che costituisce la riproposizione del vecchio modulo terroristico. In effetti Al-Qaeda aveva colpito nei fatti dell’11 settembre 2001 dichiarando una specie di stato di guerra al nemico dichiarato: gli Stati Uniti d’America. Colpire le Torri Gemelle o addirittura il Pentagono era colpire direttamente un nemico dichiarato, era l’atto iniziale di una guerra su un territorio, mai in precedenza direttamente nel mirino del Terrore. Isis cambia modo. Francia e Belgio, nonostante le gravi responsabilità della prima nelle vicende libiche, non sono nemici diretti del mondo arabo, anzi. E neanche l’Unione Europea. Quindi appare chiaro che la scelta è di affermare l’identità dell’Isis con atti di terrore che destabilizzino e intimidiscano non un nemico attuale, ma anche solo un nemico del tutto potenziale. La Sovragestione decide, in altri termini, di affermare l’esistenza del neonato Stato Islamico, con atti rivolti su soggetti ritenuti deboli, coma l’Europa, teatro di divisioni e di distinguo opportunistici tra Stati, e quelli ritenuti più deboli sotto il profilo della sicurezza interna, la Francia e il Belgio, sono stati colpiti perché più ospitali nei confronti del mondo islamico, nell’illusione per ora tramontata di sostenere e rafforzare un Islam “moderato”.