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L’Egitto ’schiera’ i suoi faraoni contro i signori del Covid
Attenti all’Egitto: ora riesuma i suoi antichi faraoni, per far rinascere lo spirito nazionale. E lo fa con una gigantesca kermesse, che rivela due intenti: scrollarsi di dosso un certo globalismo-canaglia, quello che ha imposto il “panico Covid” nella sua agenda, e al tempo stesso “resuscitare” l’antico culto egizio, quello della civiltà delle piramidi ereditata dai Figli delle Stelle, per avvertire quella élite che ancora oggi, segretamente e in modo inconfessabile, sembra devota alle divinità mesopotamiche (Moloch) declinate in modo pericolosamente anti-umano. E’ la lettura che Matt Martini fornisce della grandiosa “Pharaohs’ Golden Parade” andata in scena il 3 aprile al Cairo, per il trasferimento di 22 salme regali, trasportate dal museo egizio della capitale al museo nazionale della civiltà egizia a Giza, proprio all’ombra della Sfinge. Senza nascondere i tratti «anche un po’ kitsch» della “Parata d’oro dei faraoni”, Martini – esperto di orientalistica e co-autore del saggio “Operazione Corona”, edito da Aurora Boreale – avverte: siamo in presenza della volontà (esibita) di far “risorgere” l’Egitto, interpretato come erede di divinità venute dal cielo, “richiamate in servizio” per soccorrere la Terra, caduta in preda agli eccessi del mondialismo più criminale.Una lettura visionaria? Per capire che così non è, basta osservare l’espressione dell’attuale “faraone” in carica, il generale Al-Sisi, appena colpito dall’oscuro, minaccioso blocco del Canale del Suez con l’anomalo incagliamento del cargo Ever Given, riconducibile (nella compagine azionaria degli armatori) al club di Bill Gates e Hillary Clinton. Nelle immagini televisive della “Pharaohs’ Golden Parade”, Al-Sisi ostenta un’espressione inequivocabile: ai suoi occhi, quelle mummie in viaggio sono una sorta di totem nazionale, il cuore sacro dell’Egitto. Attenzione: è un classico, il ricorso alla simbologia (esoterica) da parte del grande potere. Sul suo canale YouTube, Giorgio Di Salvo ha sottolineato le stranezze della cerimonia di insediamento dello stesso Joe Biden: «E’ stata la rappresentazione di un vero e proprio rito di iniziazione, incentrato sulla figura dell’eccentrica Lady Gaga, abbigliata in modo da riprodurre il vestiario e il corredo della Statua della Libertà: non quella famosa, al porto di New York, ma quella che per i massoni americani è la vera Statua della Libertà. Si tratta della statua che sormonta la cupola del Campidoglio, a Washington: la “libertà armata”, che richiama la dea greca Athena».Come se non bastasse, Di Salvo rievoca un’altra cerimonia di insediamento, quella di Emmanuel Macron a Parigi: «Per un attimo (in modo però attentamente studiato) le braccia levate del neo-eletto, sullo sfondo della piramide del Louvre, disegnano alla perfezione la combinazione simbolica costituita da squadra e compasso». Da Napoleone in poi, l’Egitto si è conquistato un posto d’onore, sulle rive della Senna. «Ma mentre i riti massonici di ispirazione egizia sono di origine moderna, nelle terre che vanno dal Nilo all’Eufrate sopravvivono in modo clandestino le ritualità cultuali antiche», precisa lo storico Nicola Bizzi, presente con Matt Martini e Tom Bosco nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, sul canale YouTube di “Border Nights”. Lo stesso Martini cita la religione egizia tuttora praticata da «importanti sceicchi del Cairo», sotto la vernice ufficiale dell’Islam. Dal canto suo, Bizzi conferma che in Iraq «si praticano culti di origine sumerica, al riparo dei circoli Sufi (in teoria, islamici) che ospitavano personalità vicinissime al potere già all’epoca del regime di Saddam Hussein».Curioso che poi lo stesso Saddam sia stato abbattuto dai Bush – padre e figlio – che Gioele Magaldi presenta come fondatori della nefasta superloggia “Hathor Pentalpha”, dedita anche al terrorismo internazionale, avendo arruolato tra le sue fila prima Osama Bin Laden e poi Abu Bakr Al-Baghdadi, leader dell’Isis. C’è chi fa notare il collegamento tra l’acronimo Isis (Islamic State of Iraq and Sirya) e il nome della dea egizia Iside, chiamata anche Hathor. Iside-Hathor è la vedova di Osiride, nonché la madre di Horus: il trio incarna la “sacra famiglia” dell’antico Egitto faraonico, la “trimurti” fondativa del Nilo. Padre, madre e figlio, a sottolineare una tripartizione “energetica” successivamente reinterpretata in modo difforme dalla Trinità cristiana, rimodellando teologicamente la Tetractis triangolare di Pitagora: figura ricomparsa – in modo clamoroso – nella coreografia della grande Parata dei Faraoni appena proposta al Cairo, nel segno del recupero dell’antica sapienza “pagana”.«La grande kermesse egiziana è stata anche un atto di magia cerimoniale», sostiene Matt Martini a “L’Orizzonte degli Eventi”. «Obiettivo: risvegliare “l’eggregore” nazionale, il genio egizio: una vera e propria evocazione, tramite il ruolo delle mummie solennemente traslate da un museo all’altro, in mezzo ad ali di folla». Le mummie regali egizie, dice Martini, vanno considerate – nelle intenzioni degli organizzatori – come «veri e propri talismani umani: quelle salme sono state preparate ritualmente e trattate come oggetti di culto: per migliaia di anni, hanno ricevuto offerte votive». Dunque, per Martini, «sul piano magico sono strumenti perfetti, per fare da ponte con altre dimensioni». Spiega il saggista: «Si crede che la mummia, se conservata, contenga ancora il Ka del defunto: un’impronta dell’anima. A sua volta, il Ka viene visitato dal Ba, cioè l’anima che sale e scende. Infine, il Ba comunica con l’Akh, lo spirito trasfigurato dell’iniziato (il faraone), che secondo l’antica religione egizia resta in contatto con la dimensione degli Aku, i principi divini, gli Splendenti». In altre parole: un ascensore per il cielo, nel nome dell’Egitto delle piramidi.Martini invita a far caso ai numeri: sono state trasferite 22 salme, precisamente quelle di 18 faraoni e di 4 regine. Tutti regnanti compresi tra la 17esima e la 20esima dinastia. «La 17esima dinastima fu l’ultima del Secondo Periodo Intermedio, quello dominato dal caos, quando l’Egitto fu invaso dagli Hyksos. La dinastia successiva, quella Ramesside, segnò invece la restaurazione del potere faraonico egizio: l’inizio del Nuovo Regno». Anche al Cairo, assicura Martini, il potere gioca con i simboli: è come se il generale Al-Sisi paragonasse se stesso ai faraoni di nome Ramses, rifondatori dell’Egitto dopo le tempeste della storia. L’ultima, in questo caso, si chiama Covid: «Si noti: la mascherina non viene indossata né dai figuranti, spesso assiepati, né dalle migliaia di spettatori che assistono al corteo, stretti l’uno all’altro». Sembra un messaggio diretto ai “signori del coronavirus” e agli stessi vicini israeliani, che hanno trasformato il loro paese in area-test per la vaccinazione di massa. Per inciso: in concomitanza con lo strano incidente di Suez, Al-Sisi ha fatto riaprire (dopo anni) il valico di Rafah, a Gaza: l’unico non controllato da Israele.Oggi l’Egitto è un paese islamico e anche cristiano, ricorda Martini, alludendo all’importante confessione copta. Ma Al-Sisi – aggiunge – come militare impegnato in politica è pur sempre erede del nazionalismo laico, incarnaato dall’ex partito Baath, socialista e panarabo, cresciuto nel mito del grande leader terzomondista Abdel Gamal Nasser, che sfidò Francia, Gran Bretagna e Israele per rivendicare la piena sovranità del suo paese. Non si scherza, con l’Egitto: nel 1956 – quando inglesi e francesi sbarcarono a Porto Said per rovesciare Nasser, che aveva bloccato il Canale di Suez perché la Banca Mondiale non voleva concedere agli egiziani il prestito per erigere la diga di Assuan – l’Unione Sovietica (con il tacito consenso degli Usa) arrivò a minacciare gli invasori anglo-francesi di ricorrere alla bomba atomica, se non avessero lasciato l’Egitto. Finì nell’ignominia – e con il trionfo politico di Nasser – l’ultimo colpo di coda del colonialismo europeo nel Mediterraneo. Poi gli uomini del pararabismo Baath sono stati perseguitati: ucciso Saddam, invasa la Siria di Assad.Abdel Fattah Al-Sisi, in qualche modo erede di Mubarak (già allievo della scuola ufficiali di Mosca) si è imposto nel 2014 incarcerando i Fratelli Musulmani, inizialmente votati dagli egiziani dopo la turbolenta “primavera araba” innescata al Cairo dallo storico discorso incendiario del massone Obama, con l’obiettivo di “resettare” le oligarchie nordafricane non-allineate al potere di Washington (preservando invece le brutali petro-monarchie del Golfo, in primis quella saudita, devotissime al superpotere statunitense). Siamo tuttora in pieno caos: Giulio Regeni, reclutato (a sua insaputa) dall’intelligence britannica tramite una Ong universitaria, è stato barbamente assassinato per ostacolare i nascenti rapporti strategici tra Italia ed Egitto, dopo la scoperta da parte dell’Eni di un immenso giacimento marittimo di gas e petrolio al largo delle coste egiziane. Regeni – scrisse il “Giornale”, citando servizi segreti italiani – fu ucciso da manovalanza del Cairo, ma su ordine inglese, proprio per mettere in imbarazzo Al-Sisi, proprio mentre l’Italia stava chiedendo la protezione militare dell’Egitto, allora influente in Cirenaica, nell’ipotesi di inviare un contingente italiano in Libia.Oggi, Bengasi è passata sotto il controllo della Russia: è avvenuto dopo che, in modo simmetrico, Tripoli è caduta nelle mani della Turchia. Altro volto del caos di oggi è l’insidioso neo-ottomanesimo di Erdogan, supermassone reazionario e illustre membro della spietata “Hathor Pentalpha”, secondo Magaldi. Con un gesto inaudito, che riporta l’Italia al centro della scena in politica estera, Mario Draghi ha definito “un dittatore” il sultano di Ankara. Si tratta di un messaggio in codice – spiega Dario Fabbri, di “Limes” – rivolto agli Usa: Draghi li invita a non sacrificare gli interessi italiani in Libia, dopo che Ergodan ha promesso di aprire il Mar Nero alle portaerei americane (in funzione anti-russa) se lo Zio Sam chiuderà un occhio, anzi due, sulle ambizioni imperiali dei turchi nel Mediterraneo. Dalla parte dell’Italia c’è sicuramente l’Egitto, nuovo Eldorado per l’Eni dopo i problemi sopraggiunti in Libia. Nonostante le proteste per il doloroso caso Regeni, infatti, l’Italia ha appena ceduto al Cairo due fregate Fremm, gioiello della marina militare che l’Egitto immagina di dover impiegare, come arma di dissuasione, anche e soprattutto contro la Turchia di Erdogan.Modernissime fregate lanciamissili, ma non solo: la vera arma di Al-Sisi, a quanto pare, potrebbero essere proprio i venerati faraoni della 18esima dinastia, omaggiati come il Graal dell’Egitto. «Nella “Pharaohs’ Golden Parade” – insiste Matt Martini – si può leggere il ritorno alle origini ancestrali della nazione». Martini è attentissimo ai dettagli: le salme traslate con tutti gli onori sono 22, «come le lettere dell’alfabeto ebraico, che potrebbe derivare dall’alfabeto geroglifico egizio». Il trait d’union, dice l’analista, potrebbe essere stato l’alfabeto proto-sinaitico, una forma linguistica di transizione tra l’egizio geroglifico e gli alfabeti semitici (fenicio e aramaico, fino poi al più recente ebraico biblico). Sempre 22 – aggiunge Martini – erano anche i Nòmoi (i distretti amministrativi) dell’Alto Egitto, che aveva per capitale Tebe, la città della dinastia Ramesside. «Sono numeri non casuali: esprimono un preciso linguaggio, simbolico e operativo: quello di un’operazione di magia cerimoniale, a scopi politici e meta-politici».Indicazioni che Martini trae dall’analisi della grande parata del Cairo. «Allì’inizio, la soprano al centro della scena canta un inno a Iside. Poi, i militari sfilano in un viale illuminato di rosso, che è il colore di Seth e anche degli Hyksos: quindi, è come se i militari egiziani stessero calpestando gli Hyksos, nemici dell’Egitto». Quindi, il cambio di scenografia: «A un certo punto, il viale diventa blu: ed entra in scena una figurante (blu, anch’essa) che incarna Nuit, o Nut, la dea egizia del cielo stellato». Si vede una moltitudine di ancelle agitare un contenitore luminoso: «Qui punti di luce simboleggiano proprio le stelle, con un’allusione precisa: i nostri antenati ancestrali – di cui i faraoni erano i rappresentanti terreni – venivano dal cielo: erano Figli delle Stelle».Al Cairo, la grande parata è conclusa dal corteo dalle mummie, racchiuse nei loro sarcofagi trasportati su carri scenografati in modo un po’ hollywoodiano, per ricordare i mezzi di trasporto di migliaia di anni fa. «Per la religione tradizionale egizia – precisa Martini – le mummie vengono dal Duat, dalla dimensione stellare degli Aku. Questi faraoni non sono comuni mortali: sono tecnicamente delle divinità, non vengono dall’oltretomba infero ma dalla dimensione stellare». Significati sottolineati dalla stessa data scelta per la grandiosa cerimonia: «Il 3 aprile è il 23esimo giorno del mese di Ermuti, dedicato a Iside. Ed è l’ultimo giorno di un ciclo di festività dedicate a Horus, che è il vendicatore di suo padre, e dunque il vendicatore dell’Egitto». Messaggio: «Il potere che ha allestito la parata ha voluto celebrare un atto magico, per il risveglio nazionale dell’Egitto». Si tratta di un’élite che «lavora anche sul piano “sottile” e pratica ancora la teurgia, cioè l’arte di comunicare con le divinità». Non pensiate – assicura Martini – che la cosa sia sfuggita, ai “signori del Covid”: «Queste sono operazioni molto temute, da chi vuole nascondere certe cose». L’oligarchia ostile è avvisata: contro i nemici, ora l’Egitto schiera i suoi faraoni.Attenti all’Egitto: ora riesuma i suoi antichi faraoni, per far rinascere lo spirito nazionale. E lo fa con una gigantesca kermesse, che rivela due intenti: scrollarsi di dosso un certo globalismo-canaglia, quello che ha imposto il “panico Covid” nella sua agenda, e al tempo stesso “resuscitare” l’antico culto egizio, quello della civiltà delle piramidi ereditata dai Figli delle Stelle, per avvertire quella élite che ancora oggi, segretamente e in modo inconfessabile, sembra devota alle divinità mesopotamiche (Moloch) declinate in modo pericolosamente anti-umano. E’ la lettura che Matt Martini fornisce della grandiosa “Pharaohs’ Golden Parade” andata in scena il 3 aprile al Cairo, per il trasferimento di 22 salme regali, trasportate dal museo egizio della capitale al museo nazionale della civiltà egizia a Giza, proprio all’ombra della Sfinge. Senza nascondere i tratti «anche un po’ kitsch» della “Parata d’oro dei faraoni”, Martini – esperto di orientalistica e co-autore del saggio “Operazione Corona”, edito da Aurora Boreale – avverte: siamo in presenza della volontà (esibita) di far “risorgere” l’Egitto, interpretato come erede di divinità venute dal cielo, “richiamate in servizio” per soccorrere la Terra, caduta in preda agli eccessi del mondialismo più criminale.
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Eshed, Israele e alieni. Biglino: pure i teologi parlano di Ufo
Qualcuno si stupisce, che il generale Haim Eshed, già a capo del programma spaziale israeliano, abbia parlato della collaborazione con gli alieni? A prescindere da come si possano valutare le affermazioni del professor Eshed, Mauro Biglino – autore di 14 saggi sull’analisi della Bibbia partendo dalla sua rilettura letterale – ricorda anche il famoso “brief” in cui la Cia avrebbe relazionato Reagan sui contatti con extraterrestri. Quello che invece sorprende, sottolinea Biglino in un video pubblicato il 12 dicembre, è la posizione di molti teologi, su questo tema. Il reverendo Barry Downing, pastore presbiteriano laureato anche in fisica, non ha dubbi: «Scrive che la religione mosaica è stata fondata dagli Elohim, che non sono “Dio”: sono invididui in carne e ossa, che – dice – viaggiavano su macchine volanti». Scrive Downing: «Mi sembra strano, che gli insegnanti della religione cristiana ignorino la presenza degli Ufo», presenti a suo dire anche nella Bibbia. «I leader religiosi come possono ignorare tutto questo?». Secondo lui, gli Elohim sono ancora qui e ci stanno controllando: e questa convinzione – sottolinea Biglino – è perfettamente in linea con l’ipotesi di intelligenze superiori e dominanti: un’élite nascosta, che starebbe controllando l’umanità.Da Hans Küng in giù, sintetizza Biglino, sono tanti i teologi cattolici che credono nell’esistenza di intelligenze superiori, provenienti da mondi non terrestri. Uno di loro, il professor Armin Kreiner, docente di teologia all’università di Monaco di Baviera, ha condotto un’analisi molto penetrante dei rapporti tra ufologia e Chiesa. «Chi è convinto che un uomo crocifisso sia ritornato in vita dopo tre giorni – scrive Kreiner – non dovrebbe storcere il naso troppo velocemente, a proposito di uomini che credono negli Ufo e negli extraterrestri, o che sono convinti di averli incontrati». Ovviamente non esistono certezze, ammette il teologo: ma se ignorassimo il tema delle intelligenze extraterrestri – sostiene – allora dovremmo anche “archiviare” «l’intero complesso delle questioni teologiche, poiché effettivamente noi non sappiamo se Dio esista». Lo stesso Kreiner riconosce che la la funzione dei «miti religiosi» è quella di «diffondere un’aura di soprannaturale, per conferire un’origine e un’autorità sovrumana». Offrire una prospettiva di salvezza, redenzione e immortalità: «Essenzialmente è questa, la funzione dei miti e delle religioni tradizionali, a cui si ricollegano direttamente anche le religioni degli Ufo».Non sorprende, aggiunge Kreiner, che i messaggi delle religioni degli Ufo siano sfaccettati e contraddittori. «In questo, le religioni tradizionali dell’umanità non sono diverse: anche i loro messaggi si contraddicono reciprocamente». Per il teologo tedesco, «c’è un punto assolutamente decisivo, su cui la fede cristiana e quella negli Ufo sono sulla stessa barca». Ovvero: «Entrambe dipendono dall’affidabilità di testimoni oculari». Afferma Kreiner: valutare come inaffidabili i racconti sugli Ufo e invece affidabili quelli su Gesù «significa adottare due pesi e due misure». Se invece il problema lo si osserva in modo imparziale, aggiunge, si deve ammettere che «l’esistenza di rapimenti da parte di Ufo è un dato meglio testimoniato, rispetto ad ogni altro evento storico a cui la tradizione cristiana (o anche di altre religioni) può richiamarsi». Escludere gli Ufo, quindi, vorrebbe dire «essere ciechi da un occhio». Biglino conferma che la Bibbia è affollata di oggetti volanti. «Si possono intuire tante cose – dice – se si fa finta che che i testi antichi raccontino eventi realmente accaduti».«Se invece si dice gli autori antichi scrivevano in codice (”quando scrivevano una cosa, in realtà ne volevano dire un’altra”), o si arriva a sostenere che i testi antichi sarebbero solo favole, allora – aggiunge Biglino – ci si priva della possibilità di capire: cioè di individuare il filo rosso che collega tutto, nella storia del controllo della conoscenza». A proposito di “Great Reset”, lo stesso Biglino ricorda le recenti denunce di monsignor Carlo Maria Viganò nonché l’espressione “Grande Opera”, con la quale secondo Paolo Rumor (autore de “L’altra Europa”) un’élite occulta – in campo da almeno 12.000 anni – intenderebbe il controllo dell’evoluzione dell’umanità, mediante l’influenza delle società segrete di cui parlò lo stesso Rudolf Steiner. La teoria del controllo “zootecnico” non è certo di oggi, aggiunge Biglino, citando il vescovo Eusebio di Cesarea (Padre della Chiesa) che attraverso il greco Filone di Byblos rivaluta gli scritti del sacerdote fenicio Sanchuniaton, vissuto nel 1.200 avanti Cristo: «Già nell’antichità si sottolinea come le antiche caste sacerdotali tenessero nascoste le conoscenze reali coprendole con l’allegoria, la metafora e la simbologia, e inventando la categoria del mistero, per tenere i popoli all’oscuro delle verità che potrebbero mettere in discussione tutto».Eusebio scrive che Sanchuniaton «riconosce come divinità non il Dio supremo né degli dei celesti», bensì «semplici individui mortali, maschi e femmine, non di costumi talmente incorrotti da dover essere accolti per la loro virtù o imitati per la loro saggezza, ma ricolmi di malvagità di perversioni di ogni genere». Nei suoi testi, Biglino ha sottolineato molti tratti non entusiasmanti della figura biblica di Yahweh: un leader che appare dispotico e violento, pronto allo sterminio. Si parla di bambine da riservare al “dio”, che fa sacrificare i primogeniti e mercifica la vita degli uomini di cui si considerava “proprietario”. Da un lato, riassume Biglino, «i testi antichi non portano alla possibilità di elaborare il concetto di un Dio spirituale». In compenso, tendiamo ancora a rifiutare come un tabù l’eventuale ingerenza aliena di cui ha appena parlato anche il generale israeliano Eshed. Ma cosa ne pensano, i teologi, della “domiciliazione” del Dio spirituale nelle cosiddette Sacre Scritture? Nel 2016, Biglino ha avuto un appassionante confronto con importanti esponenti religiosi. «Non è possibile parlare di una evidenza, rispetto alle nostre conoscenze su Dio: il credere in Dio sarebbe un assioma», ha detto Ariel Di Porto, rabbino capo della Comunità Ebraica di Torino.«Non posso dimostrare la fonte certa della conoscenza; ma se volete, c’è la fiducia che in quelle scritture sia risuonata veramente la voce di Dio», ha aggiunto l’insigne biblista valdese Daniele Garrone: «Non c’è nulla di divino, in quel libro». Alludendo ai cattolici, definiti «i miei cugini fondamentalisti», Garrone ha affermato: «Pensano di rendere un servizio a Dio divinizzando le Scritture», e invece «fanno una idolatria della carta». Netta anche la chiosa di Ermis Segatti, teologo universitario cattolico: «Bisogna togliere la certezza su Dio: perché, se noi avessimo certezza di Dio, Dio non sarebbe (saremmo noi)». Nel suo ultimo video, Biglino chiama in causa anche il professor Luigi Moraldi: un grande esegeta, citato dagli esperti. Nell’edizione dei manoscritti di Qumran (Utet), Moraldi menziona i rumorosi Cherubini che si muovono nella “dimora di Dio” e nei suoi “accampamenti”. Cherubini che poi cessano di emettere rumore e brezza, quando si posano e smettono di “funzionare”. In quelle pagine si parla anche di “carri celesti”. E in una nota, Moraldi dice che al capitolo 24 del Libro Ebraico di Enoch si parla di ben 23 specie di “carri divini”. «Io faccio finta che i testi antichi abbiano un fondo di verità», ribadisce Biglino. «Quello di Enoch non è un libro canonico per i cattolici romani, ma lo è per i cristiani copti: se fossimo copti, quindi, dovremmo credere che nella dimora del capo degli Elohim ci sono 23 tipi diversi di “carri”».“Carri celesti” e accampamenti di Dio? «Qualcuno dirà: ma il Libro di Enoch è un testo apocrifo». Niente paura: analoghe conferme vengono dai testi canonici. Nel capitolo 32 della Genesi, Giacobbe e Labano giurano di rispettare i reciproci confini. E si dice che la tutela del giuramento è garantita da un lato dagli Elohim di Abramo, e dall’altro dagli Elohim di Nahor («altro ramo della famiglia di Abramo, rimasto in Mesopotamia»). A Giacobbe si fanno incontro “gli angeli degli Elohim”, cioè in ebraico i Malachim: i portaordini, i guatrdiani, i controllori. «Giacobbe, al vederli, esclamò: questo è l’accampamento degli Elohim! E chiamò quel luogo Machanaim», che significa “due accampamenti”. Il più impottante commentatore ebreo di tutti i tempi, Rashi – continua Biglino – dice che in quel punto Giacobbe vide i due accampamenti che tutelavano lo stesso confine dalle due parti. «Si può essere più chiari di così?». Dalle esternazioni del genarale Eshed al leggendario “brief” della Cia con Reagan, rieccoci a parlare del ruolo degli alieni nelle nostre vicende: «Se per caso fosse vero, sarebbe totalmente in linea con la Bibbia», ribadisce Biglino. «Se leggiamo quei testi con mente aperta, dobbiamo sempre aspettarci delle entusiasmanti sorprese».Qualcuno si stupisce, che il generale Haim Eshed, già a capo del programma spaziale israeliano, abbia parlato della collaborazione con gli alieni? A prescindere da come si possano valutare le affermazioni del professor Eshed, Mauro Biglino – autore di 14 saggi sull’analisi della Bibbia partendo dalla sua rilettura letterale – ricorda anche il famoso “brief” in cui la Cia avrebbe relazionato Reagan sui contatti con extraterrestri. Quello che invece sorprende, sottolinea Biglino in un video pubblicato il 12 dicembre, è la posizione di molti teologi, su questo tema. Il reverendo Barry Downing, pastore presbiteriano laureato anche in fisica, non ha dubbi: «Scrive che la religione mosaica è stata fondata dagli Elohim, che non sono “Dio”: sono invididui in carne e ossa, che – dice – viaggiavano su macchine volanti». Scrive Downing: «Mi sembra strano, che gli insegnanti della religione cristiana ignorino la presenza degli Ufo», presenti a suo dire anche nella Bibbia. «I leader religiosi come possono ignorare tutto questo?». Secondo lui, gli Elohim sono ancora qui e ci stanno controllando: e questa convinzione – sottolinea Biglino – è perfettamente in linea con l’ipotesi di intelligenze superiori e dominanti: un’élite nascosta, che starebbe controllando l’umanità.
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Maometto e l’Arca dell’Alleanza sepolta dai russi in Antartide
Un’oscura strage alla Mecca e una strana spedizione navale russa in Antartide, con tappa a Gedda in Arabia Saudita. Vox populi, dal web: i russi, attraverso il patriarca ortodosso Kirill, avrebbero preso in custodia nientemeno che la leggendaria “Arca di Gabriele”, risalente a Maometto, per metterla al sicuro dalle parti del Polo Sud, in una base militare. Succedeva alla fine del 2015. Pochi giorni dopo, Putin scatenava l’offensiva dell’aviazione di Mosca contro l’Isis in Siria. E la misteriosa Arca dell’Alleanza? Sarebbe stata portata alla luce il 12 settembre nei sotterranei della Grande Moschea della Mecca. I 15 operai impegnati nell’operazione sarebbero morti, folgorati dall’imprecisata “energia” emanata dal manufatto. L’esplosione sarebbe stata così violenta da uccidere anche 107 pellegrini, al piano superiore. Le vittime sono reali, anche se le autorità saudite le hanno attribuite a cause accidentali: un incidente cantieristico nel sottosuolo avrebbe scatenato il panico in superficie, provocando il fuggi-fuggi culminato nella carneficina. Verificata anche l’anomala “visita di lavoro” della delegazione russa in Arabia Saudita, con la nave da ricerca “Admiral Vladimirsky” ormeggiata nel porto saudita di Gedda, a due passi dalla Mecca.La nave è poi ripartita diretta proprio in Antartide, scortata da una potente flotta capitanata dall’incrociatore lanciamissili “Varyag” e dalla nave da battaglia “Bystry”. Poche settimane dopo, lo stesso patriarca Kirill si è fatto fotografare tra i pinguini, in Antartide. Motivo ufficiale della missione religiosa: benedire una chiesa ortodossa. La notizia non poteva passare inosservata e, come annota l’inglese “Daily Star”, non poteva non eccitare i dietrologi di mezzo pianeta. La tesi: una volta scatenatosi il potere energetico dell’Arca, i sauditi si sono immediatamente rivolti ai russi per un motivo preciso, storico. Nel remoto 1204, all’epoca della Quarta Crociata, sarebbe stato proprio il clero ortodosso a mettere in salvo un documento cruciale, fino a quel tempo custodito nella basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, saccheggiata dai crociati. Per mille anni sarebbero quindi state custodite dagli ortodossi slavi le “Istruzioni di Gabriele a Maometto”, vale a dire il “vademecum” per l’utilizzo dell’Arca che “l’arcangelo” avrebbe consegnato al profeta dell’Islam. Un’Arca diversa, quella di Gabriele, rispetto a quella che – secondo la Bibbia – Yahvè ordinò a Mosè di costruire, per riporvi le Tavole della Legge?Il Libro dell’Esodo la descrive come una cassa in legno d’acacia rivestita d’oro, lunga 110 centimetri, alta 66 e profonda altrettanto, sigillata da un coperchio di oro puro. Solo un oggetto di culto o anche un potente generatore energetico? Così la interpreta Mauro Biglino, a lungo traduttore della Bibbia per le Edizioni San Paolo: quell’Arca era pericolosa, al punto che gli addetti alla sua manutenzione – accuratamente prescelti – dovevano indossare esclusivamente panni di lino, materiale notoriamente “neutro”, adatto a proteggere il corpo dall’elettricità. Una specie di “ordigno energetico” temibile, esattamente come quello che – esplodendo – travolge i nemici di Harrison Ford (Indiana Jones) nel kolossal “I predatori dell’Arca perduta”, diretto da Spielberg nel 1981. Molto suggestiva, ovviamente, l’inconsueta triangolazione che – alla vigilia della guerra di Putin contro l’Isis – mette insieme Mosca, la Mecca e il continente antartico, “blindato” come zona militare off limits. Tra i blog propensi ad accreditare la versione “segreta” della vicenda si distingue “Segnali dal cielo”, che cita un dispaccio del ministero della difesa russo datato 6 dicembre 2015. La squadra navale sarebbe salpata l’8 dicembre 2015 da Gedda, alla volta dell’Antartide, con a bordo «un misterioso artefatto dall’Arabia Saudita».Si sarebbe trattato di «uno dei più strani trasporti mai organizzati dal Cremlino». La spedizione sarebbe stata espressamente richiesta dal leader della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill di Mosca, il quale «si è incontrato in Antartide con l’armata navale della Federazione Russa», incaricata di trasportare e scortare la mitica “Arca di Gabriele”. Dall’Arabia Saudita, l’Arca sarebbe giunta in Antartide «per essere affidata nelle mani del Custode delle due Sacre Moschee, in modo da propiziare un “antico rito” attraverso la lettura di un “testo segreto”». E attenzione: il misterioso “testo segreto” sarebbe stato fornito che da Papa Francesco, che ha incontrato Kirill a Cuba nello storico meeting interreligioso del 12 febbraio 2016. A mietere vittime alla Mecca, mesi prima, sarebbe stata una potente emissione di “energia-plasma” scaturita dall’Arca di Gabriele.Anche se il citato rapporto del ministero della difesa russo «non dice praticamente nulla sulle conversazioni tenute tra sua santità il patriarca Kirill e gli emissari della Grande Moschea, con riferimento a questa misteriosa “arma-dispositivo”», scrive il sito “Intermatrix”, colpisce l’automatismo in base al quale Putin, «informato di questa grave situazione», il 27 settembre 2015 «ha immediatamente ordinato la missione in Antartide per la nave “Vladimirsky”», la cui missione sarebbe stata ulteriomente protetta da satelliti militari. Tra le fonti russe, il sito “Imbf” conferma: la nave “Vladimirsky” ha fatto davvero scalo nel porto di Gedda, anche se «non c’è stata una spiegazione ufficiale dei motivi della chiamata» (i media si sono limitati a parlare di “visite di lavoro”. Secondo il newsmagazine moscovita, il 17 febbraio 2016, il patriarca Kirill avrebbe davvero eseguito “l’antico rituale” sulla cosiddetta Arca di Gabriele. Dove? «Nella chiesa ortodossa russa della Santissima Trinità, l’unica chiesa presente in Antartide», con l’aiuto di quel “testo segreto” «datogli da Papa Francesco». Subito dopo, il “misterioso artefatto” sarebbe stato «trasportato in profondità, in quel vasto e freddo continente, da un’unità di forze speciali».Pochi mesi dopo, l’11 novembre 2016, l’allora segretario di Stato americano John Kerry è volato a sua volta in Antartide, dove – ricorda sempre “Imbf” – ha avuto luogo una discussione, a porte chiuse, per la firma del «nuovo trattato intergovernativo, secondo cui le visite private in Antartide, senza previo consenso, sono state chiuse per 35 anni». Domande: cosa avrebbe comunicato il Papa cattolico al patriarca Cirillo all’Avana? E perché il sovrano saudita avrebbe precipitosamente chiesto a Putin di trasportare tra i ghiacci antartici l’ipotetica Arca trovata nel sottosuolo della Mecca? E poi: in cosa si differenzia, la cosiddetta Arca di Gabriele, da quella più celebre in Occidente, cioè l’Arca dell’Alleanza biblica tra Yahvè e la famiglia israelita di Giacobbe? Secondo la tradizione copta, quell’Arca sarebbe custodita in Etiopia, nella cattedrale di Nostra Signora Maria di Sion, ad Axum. Si tratterebbe di «una delle reliquie più antiche e misteriose della storia», sottolinea il newsmagazine “Si Viaggia”. Si trova davvero lì, l’Arca di Yahvè? «Nessuno può dirlo con certezza. La cattedrale che la custodisce infatti è sorvegliata da un sacerdote, che ha l’ordine di non lasciare la cappella dove si trova il manufatto per nessuna ragione al mondo».Secondo la Bibbia, da quello strano arnese «scaturivano aloni di luce e lampi “divini”, che colpivano chiunque vi si avvicinasse». E come sarebbe finita in Africa, l’Arca dell’Alleanza? Il mito – spiega sempre “Si Viaggia” – prende spunto dal testo sacro etiope Kebra Nagast (“Gloria dei Re”), secondo il quale Re Salomone l’avrebbe donata a Menelik I, il figlio avuto dalla regina di Saba, leggendaria fondatrice dell’Etiopia. «Da allora, l’Arca sarebbe custodita nella cattedrale di Axum, e ancora oggi i religiosi copti sostengono che si trovi lì». Nel 2009, l’allora patriarca etiopico Abuna Paulos dichiarò che l’Arca dell’Alleanza «si trova da tremila anni in Etiopia, e con la volontà di Dio continuerà ad essere lì». Nella cattedrale di Axum, meta di pellegrinaggi da ogni parte del pianeta, «possono entrare soltanto i monaci, e uno di loro è il guardiano dell’Arca: l’unico al mondo che può vederla». E la pericolosa Arca di Gabriele? E’ ancora Mauro Biglino a inquadrare sotto un’altra luce le notizie di origine biblica, attraverso la traduzione letterale del testo: quelle narrate dalla Bibbia (libro senza fonti, costantemente rimaneggiato fino all’epoca medievale di Carlo Magno) sono notizie essenzialmente storiche, politiche e militari, ma non religiose.Il nome Gabriele (Jibril, in arabo) non designa un individuo, ma una categoria di persone: in ebraico antico, Ghever-El significa “plenipotenziario di un El”. E nella Bibbia – aggiunge Biglino – l’espressione El (comandante) è il plurale di Elohim, termine che indica quegli individui che, come Yahvè, esercitavano il loro potere “coloniale” sugli umani. La Bibbia ne cita una ventina: sono analoghi agli Anunnaki sumeri, agli Netheru egizi, ai Theoi greci e ai Deva indiani. Extraterrestri, successivamente divinizzati – dopo millenni – con la nascita dei monoteismi? Non stupiscono le voci sulla presunta pericolosità dell’Arca della Mecca, che avrebbe costretto i sauditi a mobilitare la flotta militare russa: anche l’Arca di Yahvè, sottolinea Biglino, era un dispositivo da maneggiare con cura. Era guardato a vista nella dimora di Yahvè da personale altamente specializzato. E dal locale che la ospitava si udiva l’incessante ronzio dei “serafini”, simile a quello emanato dalle turbine dei generatori elettrici. Per Biglino, ovviamente, la Bibbia non parla di Dio: l’alleanza tra il governatore Yahvè e gli israeliti non aveva carattere mistico, ma militare. E proprio quell’Arca poteva essere una sorta di arma letale. Quella della Mecca – che secondo la tradizione fu consegnata a Maometto da un Ghever-El, a sua volta spiritualizzato e trasformato in “arcangelo” – era un esemplare gemello di quello di Gerusalemme, che ora sarebbe custodito ad Axum? Difficile sperare in conferme, tantomeno ufficiali. Specie se c’è di mezzo l’Antartide.Un’oscura strage alla Mecca e una strana spedizione navale russa in Antartide, con tappa a Gedda in Arabia Saudita. Vox populi, dal web: i russi, attraverso il patriarca ortodosso Kirill, avrebbero preso in custodia nientemeno che la leggendaria “Arca di Gabriele”, risalente a Maometto, per metterla al sicuro dalle parti del Polo Sud, in una base militare. Succedeva alla fine del 2015. Pochi giorni dopo, Putin scatenava l’offensiva dell’aviazione di Mosca contro l’Isis in Siria. E la misteriosa Arca dell’Alleanza? Sarebbe stata portata alla luce il 12 settembre nei sotterranei della Grande Moschea della Mecca. I 15 operai impegnati nell’operazione sarebbero morti, folgorati dall’imprecisata “energia” emanata dal manufatto. L’esplosione sarebbe stata così violenta da uccidere anche 107 pellegrini, al piano superiore. Le vittime sono reali, anche se le autorità saudite le hanno attribuite a cause accidentali: un incidente cantieristico nel sottosuolo avrebbe scatenato il panico in superficie, provocando il fuggi-fuggi culminato nella carneficina. Verificata anche l’anomala “visita di lavoro” della delegazione russa in Arabia Saudita, con la nave da ricerca “Admiral Vladimirsky” ormeggiata nel porto saudita di Gedda, a due passi dalla Mecca.
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Biglino: ma quale religione, nella Bibbia non ve n’è traccia
Molte mie traduzioni stanno trovando conferme inattese, addirittura in forum e siti di consulenza ebraica. Ne cito alcune: la Bibbia parla di ingegneria genetica, gli angeli biblici non sono entità spirituali ma individui in carne ed ossa, i cherubini erano oggetti meccanici (robot, li definiscono gli stessi esegeti ebrei), i cosiddetti miracoli non hanno origine soprannaturale ma tecnologica, la Bibbia non parla di creazione dal nulla, Satana non esiste nell’Antico Testamento. Se il Pentateuco del codice masoretico di Leningrado costituisce anche la base della Torah ebraica, mi si domanda come sia possibile che gli ebrei, che conoscono bene la loro lingua, non si siano accorti che la Torah non può essere un libro sacro? Tra le tante conferme che ho ricevuto da esegeti ebrei c’è anche la seguente: la Bibbia non è un libro di religione. Ho spiegato che il rapporto tra il pensiero ebraico e Yahweh non è basato sulla “fede” di tipo cristiano, bensì sulla fiducia: quel popolo rispetta la sua parte del “patto” avendo fiducia nel fatto che Yahweh a sua volta rispetterà le promesse a lui formulate, e che sono da concretizzarsi esclusivamente su questa terra.Il significato che comunemente si attribuisce al termine “sacro” nella nostra cultura è totalmente estraneo al testo biblico. Non si può procedere dal testo biblico per ipotizzare la figura di un dio esterno all’esistente, perché l’Antico Testamento non contempla questo concetto di Dio e non ne parla mai. Su un sito di consulenza sulla lingua ebraica si legge che Elohim, stando alla loro traduzione, non sarebbe un semplice plurale, ma un “plurale di astrazione”, cioè un singolare a tutti gli effetti? Nei libri, nelle conferenze e nei filmati che ho realizzato appositamente ho ampiamente documentato – e documento ogni volta – come questa operazione filologica sia un tentativo, assolutamente privo di ogni fondamento, di mantenere la tesi dottrinale monoteista. Tutta la Bibbia dimostra che gli Elohim erano tanti: su questo non ci possono essere dubbi; li conosce, li nomina, li considera molteplici con una naturalezza e una semplicità che sono evidenti già nelle Bibbie tradizionali, quelle che quasi tutti hanno in casa.In “La Bibbia non è un libro sacro” esamino ulteriormente questo aspetto ed evidenzio anche come sarebbe assurdo ipotizzare il contrario dal punto di vista storico e sociale del comportamento tenuto nei loro confronti dagli stessi antenati del popolo ebraico. Come è stato possibile scambiare questo “colonizzatore/governatore di nome Yaweh” con il Dio dei teologi? Non si tratta di “scambiare”: questo farebbe infatti pensare ad un errore. L’operazione che è stata volutamente avviata e condotta nei secoli – a partire dal sacerdozio del Tempio di Gerusalemme – è consistita nel trasformare totalmente quel personaggio creando la figura di un Dio che nell’Antico Testamento non è mai stata presente. Gli Elohim sono stati fatti divenire il Dio unico identificandolo in Yahweh, mentre è evidentissimo che quest’ultimo non era che uno di loro. Non un errore, dunque, ma una palese e reiterata mistificazione, resa possibile dal fatto sostanziale che i fedeli non leggono la Bibbia per vari motivi: nel passato il popolo non sapeva leggere, poi c’è stata la proibizione esplicita e infine a questi elementi si affianca la pigrizia innata di molti di noi. Ma ora la situazione sta cambiando: la comprensione e l’informazione si diffondono.Come mai affermo che nel Genesi non esiste il concetto di creazione? L’ho documentato in 70 pagine di “Non c’è creazione nella Genesi”, e qui sintetizzo: il verbo “bara” non significa mai “creare”, in nessuno dei passi biblici; inoltre, come affermano tutti gli studiosi di filologia semitica (alcuni de quali sono citati nel mio libro), quella radice verbale non significa creare – e tanto meno creare dal nulla – in nessuna lingua semitica. Significa sempre intervenire in una situazione già esistente, per modificarla. Ed è esattamente ciò che gli Elohim hanno fatto a partire dal primo versetto della Genesi, che non parla quindi di creazione ma di un lavoro preciso e concreto, finalizzato a trasformare un territorio per renderlo fruibile da parte degli Elohim. Varie chiavi di decodifica (tante, e diverse le une dalle altre) vengono presentate da secoli e sono quelle teologiche, esoterico-iniziatiche, cabalistiche. In questa grande varietà di tesi, che si annullano spesso a vicenda, non faccio altro che inserire anche la mia: poi ciascuno sceglierà. Le varie chiavi di lettura utilizzano questo atteggiamento esegetico: “Quando la Bibbia dice che… in realtà vuol dire che…”. Io invece “faccio finta che” quando la Bibbia scrive una cosa voglia dire proprio quella, e vedo cosa ne viene fuori.Negli anni di traduzione condotti per le Edizioni San Paolo mi sono accorto che ne esce un mosaico preciso, chiaro, evidente, coerente di per sé e soprattutto affascinante. Ed è quello che sto provando a raccontare da alcuni anni. Alla luce di questa mia lettura dell’Antico Testamento è ancora possibile una fede cristiana? Per fortuna la fede non ha e non deve avere bisogno di un libro, tantomeno di un libro come quello, costruito nel modo che sto da tempo spiegando nelle conferenze: un libro, anzi un insieme di libri scritti e riscritti, copiati con continue variazioni, emendati, interpolati, corretti, contenenti più di 1.500 errori, sviste, contraddizioni palesi. Sono testi in cui, per secoli, tutti i detentori del potere hanno fatto di volta in volta ciò che hanno voluto. Testi sui quali le singole tradizioni non concordano neppure: per la Chiesa cattolica i libri da considerare veri sono 46, per la cultura ebraica e per il protestantesimo sono solo 39, per i cristiani copti sono veri i libri che invece non lo sono né per Roma né per Gerusalemme. La cosiddetta “tradizione” non solo non è garanzia di verità, ma è certezza di manipolazione. La fede deve necessariamente essere altro.(Mauro Biglino, dichiarazioni rilasciate alla pagina Facebook “L’insostenibilità storica del Cristianesimo e il mito di Gesù” il 13 dicembre 2013. Già traduttore di ebraico antico per le Edizioni San Paolo, di recente Biglino ha proposto una inedita traduzione letterale dell’Antico Testamento ricavata dal Codice Masoretico di Leningrado, quello su cui si basa la Bibbia comunemente diffusa oggi in Occidente, ricavandone volumi come “Non c’è creazione nella Bibbia”, “Il Dio Alieno della Bibbia”, “Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia” e “La Bibbia non è un libro sacro”, pubblicati da Uno Editori).Molte mie traduzioni stanno trovando conferme inattese, addirittura in forum e siti di consulenza ebraica. Ne cito alcune: la Bibbia parla di ingegneria genetica, gli angeli biblici non sono entità spirituali ma individui in carne ed ossa, i cherubini erano oggetti meccanici (robot, li definiscono gli stessi esegeti ebrei), i cosiddetti miracoli non hanno origine soprannaturale ma tecnologica, la Bibbia non parla di creazione dal nulla, Satana non esiste nell’Antico Testamento. Se il Pentateuco del codice masoretico di Leningrado costituisce anche la base della Torah ebraica, mi si domanda come sia possibile che gli ebrei, che conoscono bene la loro lingua, non si siano accorti che la Torah non può essere un libro sacro? Tra le tante conferme che ho ricevuto da esegeti ebrei c’è anche la seguente: la Bibbia non è un libro di religione. Ho spiegato che il rapporto tra il pensiero ebraico e Yahweh non è basato sulla “fede” di tipo cristiano, bensì sulla fiducia: quel popolo rispetta la sua parte del “patto” avendo fiducia nel fatto che Yahweh a sua volta rispetterà le promesse a lui formulate, e che sono da concretizzarsi esclusivamente su questa terra.