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Archivio del Tag ‘Dc’

  • Se vincerebbe il Sì: come non dare un dispiacere a Di Maio?

    Scritto il 15/9/20 • nella Categoria: idee • (1)

    «Se vincerebbe il Sì», è riuscito a dire l’incorreggibile Di Maio nei giorni scorsi, parlando del referendum sul taglio dei parlamentari. Un voto a cui i 5 Stelle si aggrappano, per tentare di nascondere lo squallore assoluto in cui sta annegando il partito-caserma creato da Grillo, l’ex comico che nei giorni scorsi avrebbe mandato all’ospedale un giornalista di Mediaset, Francesco Selvi, che tentava di intervistarlo. «Se vincerebbe il Sì», ha osato dire l’ex vicepremier e attuale ministro (degli esteri). A proposito: l’Italia – ormai sparita persino dalla Libia – non ha più uno straccio di politica estera. Quanto alla politica interna, se la fa dettare per intero dall’Agenda Mondiale dell’Emergenza, elaborata da quella stessa “casta” che fece la fortuna dei grillini, nati come alternativa elettorale, giustizialista, agli abusi dei soliti noti. Non poteva trovare esecutori più docili, il peggior potere internazionale: nessuno, come i grillini, sa obbedire – all’istante – anche agli ordini più indecenti. E nessuno come i grillini ha saputo tradire in modo così atroce gli ingenui elettori, che avevano creduto alle favole sull’Ilva, sul gasdotto Tap, sulla Torino-Lione, sulle trivelle in Adriatico, sugli F-35. In altre parole: su tutto. La beffa più ignobile? La promessa di abolire l’obbligo vaccinale, imposto da Big Pharma tramite Beatrice Lorenzin, sapendo di poter fare dell’Italia un paese-cavia, data l’inconsistenza della sua classe politica.
    In questa catastrofe epocale, ancor prima che il mondo intero venisse declassato a reparto ospedaliero popolato di pazienti in libertà vigilata, la narrazione del grillismo riesce a deformare anche il grottesco, con le deprimenti sgrammaticature di Di Maio e le solennità tragicomiche ricamate attorno alla barzelletta del reddito di cittadinanza, grazie alla quale poi dichiarare «abbiamo sconfitto la povertà». Tutto questo, un minuto prima che il sistema-Italia si impoverisse per intero e in modo spaventoso, in un colpo solo, precipitando nel baratro del Pil (-15%) per effetto del lockdown “cinese” imposto dall’Oms al prestanome che siede a Palazzo Chigi. Anche lui, l’ex “avvocato del popolo” (in realtà, del potere vaticano amico della Cina), è un regalo del grillismo che ha ingannato il Belpaese, fuorviandolo, proprio mentre cresceva l’insofferenza verso la classe politica. L’ipnosi collettiva ha sdoganato scemenze come il mitico “uno vale uno”, nella caserma politica fondata dal padrone Casaleggio (con Enrico Sassoon) e capitanata dal demiurgo Grillo, che Alessandro Meluzzi definisce «un vecchio arnese del potere democristiano», trasformato in utile pedina dell’élite finanziaria mondiale. «Grillo era in quota alla sinistra Dc alleata dell’ex Pci, e fu chiamato a bordo del Britannia, al servizio dei poteri forti intenzionati a depredare l’Italia, per poi essere riciclato come finto rivoluzionario, allo scopo di depistare la rabbia di milioni di italiani e impantanarla su lidi innocui».
    Luigi Di Maio è un esemplare perfetto, dello zoo grillino. Prima con Salvini, poi contro. Prima coi Gilet Gialli, poi con Macron. Prima contro l’euro, poi in ginocchio di fronte alla Merkel («ce l’avessimo in Italia, un politico così). Se il mandante occulto è l’élite del Britannia – la “casta”, tradotto in grillese – è persino ovvio che l’ordine sia sempre lo stesso: tagliare l’Italia, rimpicciolendola. Viva la Cina, dunque: e se Pechino non ama la democrazia, tanto meglio. Del resto, dal lockdown in poi, è proprio la democrazia a esser stata tagliata, anche in Italia, e nel modo più brutale, nel silenzio-assenso degli zelanti grillini. Il Parlamento non piaceva granché a Mussolini, e nemmeno a Licio Gelli. Il taglio dei parlamentari era nei piani della P2, ma anche nell’orientamento politico dei magistrati di Mani Pulite, che rasero al suolo i partiti della Prima Repubblica proprio mentre i signori del Britannia allungavano le mani sull’Italia, ormai indifesa. Chiusa la parentesi Berlusconi, comparvero loro: i rivoluzionari all’amatriciana. In pochissimi anni, fino all’attuale apocalisse targata Giuseppe Conte, i grillini sono riusciti a distruggere anche l’ultimo barlume democratico: la fiducia nella possibilità di una politica degna. Scontato, oggi, che premano per tagliare il Parlamento: cosa che andrebbe in porto, «se vincerebbe il Sì». Come resistere, alla tentazione di dare un dipiacere a Di Maio?
    (Giorgio Cattaneo, 15 settembre 2020).

    «Se vincerebbe il Sì», è riuscito a dire l’incorreggibile Di Maio nei giorni scorsi, parlando del referendum sul taglio dei parlamentari. Un voto a cui i 5 Stelle si aggrappano, per tentare di nascondere lo squallore assoluto in cui sta annegando il partito-caserma creato da Grillo, l’ex comico che nei giorni scorsi avrebbe mandato all’ospedale un giornalista di Mediaset, Francesco Selvi, che tentava di intervistarlo. «Se vincerebbe il Sì», ha osato dire l’ex vicepremier e attuale ministro (degli esteri). A proposito: l’Italia – ormai sparita persino dalla Libia – non ha più uno straccio di politica estera. Quanto alla politica interna, se la fa dettare per intero dall’Agenda Mondiale dell’Emergenza, elaborata da quella stessa “casta” che fece la fortuna dei grillini, nati come alternativa elettorale (giustizialista) agli abusi dei soliti noti. Non poteva trovare esecutori più docili, il peggior potere internazionale: nessuno, come i grillini, sa obbedire – all’istante – anche agli ordini più indecenti. E nessuno come i grillini ha saputo tradire in modo così atroce gli ingenui elettori, che avevano creduto alle favole sull’Ilva, sul gasdotto Tap, sulla Torino-Lione, sulle trivelle in Adriatico, sugli F-35. In altre parole: su tutto. La beffa più ignobile? La promessa di abolire l’obbligo vaccinale, imposto da Big Pharma tramite Beatrice Lorenzin, sapendo di poter fare dell’Italia un paese-cavia, data l’inconsistenza della sua classe politica.

  • Sapelli: Pd e Grillo venduti alla Cina, Conte le regala il 5G

    Scritto il 23/8/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Porte aperte alla Cina (ma di nascosto) nel settore più importante di tutti: le reti. Lo ha rivelato il 21 agosto uno scoop della “Verità”: il governo ha secretato un Dpcm del 7 agosto scorso con il quale si autorizza Telecom ad utilizzare la tecnologia Huawei, scrive Federico Ferraù sul “Sussidiario“. «Il 5G è un tema strategico di rilevanza mondiale ed è al centro della nuova guerra fredda che divide Usa e Cina. È dai tempi del memorandum of understanding del marzo 2019 che il governo italiano ha messo in atto un lento scivolamento politico verso Pechino». Il Dpcm del 7 agosto «è la conferma che il progetto (cinese) di trasformare l’Italia nella testa di ponte della Cina in Occidente va avanti seguendo logiche sottratte al controllo del Parlamento, alla disciplina del “golden power” e, per quanto possibile, anche all’opinione pubblica». In Italia, dice Giulio Sapelli, storico ed economista – intervistato da Ferraù – non ci sono più i partiti: per questo le forze esterne ostili hanno la meglio e gli Usa non possono contrastarle. Porte aperte a Huawei, dunque, ma la decisione è a porte chiuse. «Questo governo, come anche quello precedente, soffre della pericolosa inclinazione a dipendere da forze esterne», dice Sapelli: «Non solo la Francia, la Germania e gli Usa, nostro alleato storico, ma anche la Cina, la cui influenza è sottoposta a forti misure restrittive dalla stessa Unione Europea».

  • Paltrinieri: l’Italia risorga, sarà lei a battere il Deep State

    Scritto il 10/8/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    «Altro che paese a rischio, l’Italia è una corazzata. Come ben detto da Banca d’Italia, fra denaro, titoli e asset fisici, il popolo italiano (non le banche) detiene 10.000 miliardi di euro di risparmi, 4 volte tanto il famigerato debito pubblico. Gli altri paesi sono messi al contrario: debito pubblico più basso ma cittadini super-indebitati. Quindi, per distruggerla bisogna portarla a uno stato di impoverimento pari a quello in cui, durante il regime fascista, la gente andava a donare le fedi per la patria. E l’unica maniera per contrastare questo disegno è rifondare tutto sulla base dell’unico collante esistente, lo spirito cattolico». Non usa mezze misure, Flavio Robert Paltrinieri, italoamericano, una vita da imprenditore e a capo di diverse società nel mondo e anche parte della task-force internazionale che vuole far rinascere la Democrazia Cristiana come una nuova Dc. E ci rivela la malattia e la cura, ovvero il disegno in atto da parte del cosiddetto Deep State e la maniera per smontarlo. Soprattutto, ci rivela che non sono gli Usa il simbolo del mondo libero che va distrutto, ma l’Italia. Ma cos’è, esattamente, il Deep State? E quando è iniziato lo strapotere della finanza internazionale?

  • Il silenzio di Mattarella, mentre Conte fa scempio dell’Italia

    Scritto il 05/8/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Chiamiamolo Mutarella, Sergio Mutarella. Unico paese europeo, coi tassi attuali più bassi di ricoverati e deceduti per il virus, l’Italia subisce dal governo in carica un provvedimento che non ha precedenti nella nostra storia repubblicana, nemmeno al tempo più acuto del terrorismo: il prolungamento dello stato d’emergenza. Non pochi costituzionalisti si espongono a dire che è una violazione della Costituzione, un abuso, un’inutile restrizione. Non c’è alcuna ragione sanitaria, confermano i medici e i virologi non allineati al potere politico-sanitario. In caso precipiti la situazione, si proclama lo stato d’emergenza. Ma tanti tacciono. Su tutti, tace lui, il Garante della Repubblica, il Custode della Costituzione, il Capo dello Stato Mattarella. I suoi silenzi sono la vera polizza di sopravvivenza per il governo cialtronesco del nostro paese. Quella polizza lui la firmò quando disse, minacciando non solo grillini e sinistre ma anche berlusconiani e renziani, che se fate cadere Conte non c’è che il voto. Paura, il voto. Allora, la paura del voto si combatte con la paura del virus. Il Parlamento ha così votato con l’emergenza l’autoconservazione del posto per molti di loro; l’annunciato soccorso dei berlusconiani si configura nella stessa specie. Poi c’è l’inefficacia dell’opposizione, l’assenteismo sospetto alla Camera.
    Ma la cosa più grave è il silenzio della Massima Carica prima che Conte portasse al voto sull’emergenza; il silenzio della Corte Costituzionale, e magari dell’Europa e le sue corti. Mattarella e la presidente della Corte Suprema Cartabia tacciono; sono le Zittelle, e non nel senso del romanzo di Tommaso Landolfi. Ma tutti stanno zitti se non dice nulla lui, il Presidente, che è anche un giurista. E il Presidente lascia che un improvvisato premier, dal curriculum taroccato, mai eletto in Parlamento e in altra assemblea elettiva, mai annoverato tra i tecnici e le risorse della Repubblica, che ha guidato due governi opposti, che porta a profitto individuale una tragedia nazionale, che governa a colpi di decreti, vanterie e conferenze stampa one-man-show, possa impunemente ridurre in cattività un paese, mettere sotto tutela la Democrazia e la Libertà, violare i diritti (altro che Orban) e firmarsi una proroga allo sfratto da Palazzo Chigi. Perché altra ragione non c’è all’emergenza, che tende a farsi stato d’eccezione, anticamera delle dittature. E se viene proclamato quando non c’è virulenza epidemica, figuriamoci cosa accadrà quando ci sarà davvero qualche avvisaglia.
    Non dite che lui magari dispone di informazioni a noi ignote; perché quei dati allarmanti non li hanno nemmeno Merkel e Macron, se non hanno proclamato lo stato d’emergenza, figuriamoci se ce li ha solo lui. La sua è una dittatura temperata dalla cialtroneria, finalizzata a conservarsi il posto più che a stravolgere il paese. Ma è una dittatura strisciante, come si dice dei vermi e delle forme implicite. Il silenzio di Mattarella è davvero assordante. È il silenzio sull’indecente gazzarra della magistratura e del Csm; il silenzio sullo scempio scolastico, unico paese in Europa a chiudere per primi e a non aprire ancora le scuola; il silenzio sugli sbarchi di clandestini, e di infetti, con cui saltano tutti i rigori invece pretesi per gli italiani. È il silenzio sul Parlamento esautorato a lungo, e a lungo oltraggiato, silenzio sulle esternazioni debordanti del premier o davanti a decreti che gridano vendetta davanti a Dio e alla Costituzione, alla logica e alla grammatica. Lui si palesa solo per premiare scrittori negazionisti delle foibe, per celebrare quasi ogni giorno la Shoah e magari qualche strage su cui si può imbastire la solita lettura.
    Qualcuno dice: ma lui è sobrio e taciturno, è siculo, non esterna, fa le cose nell’ombra, al riparo dalla ribalta. Vorrei crederci, me lo auguro, ma quando poi vedi che nulla cambia e nulla succede, quando vedi che Conte annuncia di voler prolungare l’emergenza e nessuno lo ferma, lui va in Parlamento e chiede il voto, allora hai l’impressione che la moral suasion di Mattarella, le sue pressioni sotterranee o sottocutanee siano inefficaci o addirittura inesistenti. Ci stiamo avvicinando alla sua scadenza al Quirinale e ci auguriamo che non gli rinnovino il mandato; ma quando si sentono i nomi alternativi, le manovre in corso, e il vuoto spinto del centro-destra sui nomi e le strategie, capisci che accadrà quel che accade ormai da decenni: sarà eletto un Presidente voluto dalla sinistra, non super partes; non un PdR ma un Pd, o paraggi. Diciamo un Pd filo-grillino, magari frutto di un patto obliquo con Berlusconi.
    Negli ultimi cinquant’anni è andata così: gli unici due presidenti che non obbedivano al coro guidato dalla sinistra, vale a dire Giovanni Leone e Francesco Cossiga, sono stati massacrati con un linciaggio mediatico-politico-giudiziario. Tutti gli altri, compreso il Presidente bigotto che veniva dalla Dc più conservatrice, Oscar Luigi Scalfaro, sono stati dalla parte opposta e non per la sola messaggeria istituzionale: hanno operato e manovrato in quella direzione, pilotando la nostra democrazia e i verdetti elettorali. Sandro Pertini fu più vicino ai comunisti che agli stessi socialisti da cui proveniva; Ciampi, almeno, fu corretto e infatti con lui un governo di centro-destra non fu rovesciato per ben cinque anni. Poi venne il gran manovratore Giorgio Napolitano e il gran silenziatore Mattarella. Il Quirinale è appannaggio della sinistra & C. Ed essendo la prima carica dello Stato, diventa il parametro per tutte le cariche decisive e l’arbitro di tutte le operazioni politiche e trame istituzionali. Infatti sono anni che il Pd perde le elezioni ma poi vince il governo, da un decennio c’è sempre un ribaltone e dopo un giro ce lo ritroviamo lì, al potere. Nel momento più difficile della nostra repubblica, al Quirinale hanno tolto il sonoro, ed è comparso Mutarella.
    (Marcello Veneziani, “Muratella”, da “La Verità” del 31 luglio 2020).

    Chiamiamolo Mutarella, Sergio Mutarella. Unico paese europeo, coi tassi attuali più bassi di ricoverati e deceduti per il virus, l’Italia subisce dal governo in carica un provvedimento che non ha precedenti nella nostra storia repubblicana, nemmeno al tempo più acuto del terrorismo: il prolungamento dello stato d’emergenza. Non pochi costituzionalisti si espongono a dire che è una violazione della Costituzione, un abuso, un’inutile restrizione. Non c’è alcuna ragione sanitaria, confermano i medici e i virologi non allineati al potere politico-sanitario. In caso precipiti la situazione, si proclama lo stato d’emergenza. Ma tanti tacciono. Su tutti, tace lui, il Garante della Repubblica, il Custode della Costituzione, il Capo dello Stato Mattarella. I suoi silenzi sono la vera polizza di sopravvivenza per il governo cialtronesco del nostro paese. Quella polizza lui la firmò quando disse, minacciando non solo grillini e sinistre ma anche berlusconiani e renziani, che se fate cadere Conte non c’è che il voto. Paura, il voto. Allora, la paura del voto si combatte con la paura del virus. Il Parlamento ha così votato con l’emergenza l’autoconservazione del posto per molti di loro; l’annunciato soccorso dei berlusconiani si configura nella stessa specie. Poi c’è l’inefficacia dell’opposizione, l’assenteismo sospetto alla Camera.

  • L’élite resta padrona dell’Italia grazie a Grillo, già uomo Dc

    Scritto il 25/7/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    I 5 Stelle sono la Grande Palude, la grande pianura della convenzione repubblicana. Sono figli di un dissenso, secondo me ben pilotato, che doveva servire a drenare – in un contenitore innocuo e ben governabile dall’establishment – quello che la sinistra perdeva. Quella sinistra, che fu il Pci, arrivò al massimo del suo apice al 35% dei voti, e sommata alla sinistra democristiana superava ampiamente il 60% dei voti, ai tempi di Craxi. Ora tutto questo si è ridimensionato: ex Pci e ex Dc arriverebbero al 20-25%, e con questo l’establishment finanziario non avrebbe governato. Serviva un altro contenitore, che è stato offerto dalla Grillo & Casaleggio Associati. Ricordiamoci chi sono: Grillo è un comico di origine democristiana, cooptato in Rai ai tempi di Nantas Salvalaggio e Pippo Baudo, che fu il crocevia tra la Dc siciliana (con tutto quello che questo significa) e il potere della Rai, fino ai tempi di Biagio Agnes. Quando venne escluso dalla Rai per aver detto “i socialisti sono ladri”, nella questione di Martelli e Craxi, Grillo era ben protetto dalla sinistra Dc. Quindi parliamo di un vecchio uomo di regime, che naviga nelle stanze del potere da mezzo secolo.
    Grillo si è servito dei Vaffa-Day, dell’antiberlusconismo di massa e dell’esser stato sempre nei crocevia del potere: nel 1992 era sul panfilo Britannia, l’ha detto la Bonino (che era presente), dove veniva spartito il grande para-Stato italiano, quello dell’Eni e dell’Iri. Sul Britannia fu deciso che i grandi partiti dovevano essere eliminati, e che la repubblica sarebbe stata consegnata agli ex Pci (che avevano perso l’appuntamento con la storia) e alla sinistra democristiana. Questo patto venne fatto ai tempi di Tangentopoli. Serviva, allora, un personaggio come Grillo, che gridasse i suoi “vaffa” nelle piazze populiste: e la gente, in qualche modo, poveretta, ci ha creduto. Questo poi si è combinato con la Casaleggio (& Sassoon) Associati. Basta guardare su Internet per vedere chi è la famiglia Sassoon: una importantissima famiglia di origine massonico-ebraica, che ha fatto i primi affari con le stoffe e con le armi a Odessa, a partire dal Seicento, poi era presente nella Guerra dell’Oppio con la Cina ai tempi del Commodoro Perry già nel 1846; quindi una famiglia molto titolata, socia dei Rothschild e quindi potentissima.
    Gianroberto Casaleggio, che era un visionario – legato comunque all’Olivetti, ai primi computer e al primo mondo della Rete – con un suo scenario utopistico ha offerto intanto un contenitore, per tutto questo (”Gaia”, “uno vale uno”), ma in realtà aveva già saldamente in mano le redini dei 5 Stelle, affidate a una società privata di Milano, la Casaleggio & Associati. Hanno tolto il nome Sassoon perché non conveniva, visto che ormai anche i sassi sanno di cosa di tratta, ma la società serviva comunque a drenare il contenitore. E siccome gli italiani sono ingenui, quando si sono disgustati del Pci-Pds-Pd, della sinistra, della Lega, e si sono disgustati al massimo grado di Berlusconi, hanno pensato: proviamo Grillo, magari andrà bene. E i poveretti, nel 32%, hanno votato per la Casaleggio & Sassoon Associati. Quindi hanno consegnato questo enorme patrimonio elettorale a una società collegata ai grandi centri della finanza internazionale, questa è la verità. Quindi questo blocco storico tra i 5 Stelle e il Pd governa l’Italia. E purtroppo la governerà fino al 2023. Credetemi, non c’è speranza: perché nessuno rinuncerà a questa sterminata maggioranza parlamentare fatta da una massa di peones 5 Stelle che hanno fatto il mutuo con Banco di Napoli, alla Camera, per comprarsi un appartamento a Roma, e piuttosto che andare a casa si faranno scuoiare, voterebbero anche per la Strega di Benevento.
    (Alessandro Meluzzi, dichiarazioni rilasciate a Leonardo Leone nella diretta web-streaming “Cosa di nasconde dietro i governi mondiali”, su YouTube il 15 maggio 2020).

    I 5 Stelle sono la Grande Palude, la grande pianura della convenzione repubblicana. Sono figli di un dissenso, secondo me ben pilotato, che doveva servire a drenare – in un contenitore innocuo e ben governabile dall’establishment – quello che la sinistra perdeva. Quella sinistra, che fu il Pci, arrivò al massimo del suo apice al 35% dei voti, e sommata alla sinistra democristiana superava ampiamente il 60% dei voti, ai tempi di Craxi. Ora tutto questo si è ridimensionato: ex Pci e ex Dc arriverebbero al 20-25%, e con questo l’establishment finanziario non avrebbe governato. Serviva un altro contenitore, che è stato offerto dalla Grillo & Casaleggio Associati. Ricordiamoci chi sono: Grillo è un comico di origine democristiana, cooptato in Rai ai tempi di Nantas Salvalaggio e Pippo Baudo, che fu il crocevia tra la Dc siciliana (con tutto quello che questo significa) e il potere della Rai, fino ai tempi di Biagio Agnes. Quando venne escluso dalla Rai per aver detto “i socialisti sono ladri”, nella questione di Martelli e Craxi, Grillo era ben protetto dalla sinistra Dc. Quindi parliamo di un vecchio uomo di regime, che naviga nelle stanze del potere da mezzo secolo.

  • Bizzi: patto col diavolo, ecco perché vogliono farci crollare

    Scritto il 24/7/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    «Dal Britannia ormeggiato a Civitavecchia sbarca Emma Bonino, fa un bel sorriso e spiega che, a bordo, s’è discusso di cose interessanti e costruttive. Poi sbarca Beppe Grillo, ma rifiuta di rilasciare dichiarazioni al reporter, Enrico Mentana. Io quel servizio l’ho visto, me lo ricordo benissimo. Era il 2 giugno 1992. Il servizio è scomparso: fatto sparire persino dagli archivi del Tg5. E lo stesso Mentana oggi arriva a dire pubblicamente che quel servizio non è mai esistito». E’ uno dei passaggi-chiave dell’intervista in cui Nicola Bizzi, storico fiorentino nonché editore di Aurora Boreale, ha rilasciato alla web-tv di “Come Don Chisciotte”. Tema: perché l’Italia è sul lastrico. Risposta: colpa del “patto col diavolo” stipulato dall’ex sinistra alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. «Si prostituirono: avrebbero svenduto il paese al nemico storico dei lavoratori, l’élite finanziaria speculativa. Nel frattempo, il Deep State americano – tramite l’operazione Mani Pulite (appena 7-8 condanne definitive, nonostante i 2.500 indagati) – avrebbe distrutto Craxi, la Dc e i loro alleati. Partiti ad alto tasso di corruzione, che però facevano gli interessi dell’Italia. Andavano sostituiti con qualcuno che cedesse a poteri esterni il timone del paese: da trent’anni, infatti, nessuna decisione viene più presa in Italia. Grazie appunto al “patto col diavolo” siglato allora da politici come Violante, Napolitano, Occhetto e D’Alema».
    L’Italia, sostiene Bizzi, è stata semplicemente “disarticolata” come sistema-paese: con Craxi era diventata la quarta potenza industriale del mondo, e questo era intollerabile per entità come la Germania. Lo Stato Profondo puntò sull’ex Pci proprio perché era debolissimo: sarebbe stato portato al governo solo a condizione che svendesse il paese. Operazione che andò in porto – ribadisce lo storico – grazie al consenso garantito dai grandi giornali, dalla magistratura influenzata dall’ex Pci e dal sistema culturale e universitario, dominato dall’ex sinistra. «Il patto: vi aiutiamo ad andare finalmente al governo, ma farete solo quello che vorremo noi. Cosa che continua tuttora. E mentre personaggi come Amato, Scalfaro, Ciampi e Napolitano verrano giudicati dalla storia – aggiunge Bizzi – mi auguro che gente come Conte, Zingaretti e Speranza vengano presto processati, per quello che hanno appena fatto agli italiani, creando le premesse per la distruzione definitiva del paese sulla base di un allarme pandemico gonfiato». Bizzi prevede una nuova Tangentopoli in arrivo, sempre innescata dal Deep State statunitense ma stavolta di segno opposto: «A far cadere tutto sarà Renzi, sospettato di aver imposto ai servizi segreti italiani – su ordine di Obama – di fabbricare prove false contro Trump per mettere in piedi il Russiagate».
    Autore del saggio “La Crisi della Repubblica dei partiti” (Dal crollo del Muro di Berlino a Tangentopoli), Bizzi offre una lettura urticante della nostra storia recente, che tuttavia fornisce una spiegazione coerente dell’altrimenti inspiegabile declino italiano: «A Prodi è stato chiesto di smantellare il colosso Iri, su cui poggiava la nostra economia, mentre tra le vittime di Tangentopoli caddero Gabriele Cagliari dell’Eni e Raul Gardini della Montedison». In altre parole, «l’Italia andava sabotata e messa in condizioni di non nuocere». Di male in peggio: «Oggi scontiamo la classe dirigente peggiore della storia, e abbiamo il peggior governo che sia mai stato insediato a Roma da quando esiste la repubblica: tutte le decisioni dell’esecutivo Conte sono prese fuori dall’Italia e contro l’Italia». Bizzi non si fa illusioni neppure sull’opposizione: «In pratica, un’opposizione non esiste: Salvini e Meloni si limitano a sussurri, solo per restare visibili sul piano elettorale, ma senza contestare il governo, ovvero i poteri forti che lo pilotano». Per Bizzi, il problema è antico: «Da trent’anni, salvo poche eccezioni, tutti i leader e persino i singoli parlamentari sono innocui per il sistema, perché ricattabili dai lobbisti che li “coltivano”, a suon di soldi, dal momento della loro elezione». E il dramma è che gli italiani non se ne accorgono. «Ancora oggi, nonostante tutto, c’è chi approva Conte. La musica cambierà a ottobre, quando sarà chiaro che la cassa integrazione non arriverà mai, e lo Stato sarà costretto a prendere in esame la necessità di tagliare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici, esattamente come avvenuto in Grecia».
    (”Bizzi: patto col diavolo, Italia all’inferno grazie all’élite che da trent’anni impone ai nostri governanti di rovinare il paese”, dalla pagina Facebook di Giorgio Cattaneo del 24 luglio 2020).

    «Dal Britannia ormeggiato a Civitavecchia sbarca Emma Bonino, fa un bel sorriso e spiega che, a bordo, s’è discusso di cose interessanti e costruttive. Poi sbarca Beppe Grillo, ma rifiuta di fare dichiarazioni al reporter, Enrico Mentana. Io quel servizio l’ho visto, me lo ricordo benissimo. Era il 2 giugno 1992. Il servizio è scomparso: fatto sparire persino dagli archivi del Tg5. E lo stesso Mentana oggi arriva a dire pubblicamente che quel servizio non è mai esistito». E’ uno dei passaggi-chiave dell’intervista in cui Nicola Bizzi, storico fiorentino nonché editore di Aurora Boreale, ha rilasciato alla web-tv di “Come Don Chisciotte”. Tema: perché l’Italia è sul lastrico. Risposta: colpa del “patto col diavolo” stipulato dall’ex sinistra alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. «Si prostituirono: avrebbero svenduto il paese al nemico storico dei lavoratori, l’élite finanziaria speculativa. Nel frattempo, il Deep State americano – tramite l’operazione Mani Pulite (appena 7-8 condanne definitive, nonostante i 2.500 indagati) – avrebbe distrutto Craxi, la Dc e i loro alleati. Partiti ad alto tasso di corruzione, che però facevano gli interessi dell’Italia. Andavano sostituiti con qualcuno che cedesse a poteri esterni il timone del paese: da trent’anni, infatti, nessuna decisione viene più presa in Italia. Grazie appunto al “patto col diavolo” siglato allora da politici come Violante, Napolitano, Occhetto e D’Alema».

  • Addio Italia, Conte ha prenotato la fine del sistema-paese

    Scritto il 22/7/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Solo un demente può scambiare per un mezzo successo la catastrofe italiana sigillata dall’ultimo vertice di Bruxelles: il paese che fu di Mattei, Moro e Pertini torna a casa scondinzolando per aver “ottenuto” dai padroni d’Europa il permesso di spendere 200 miliardi di euro, ma solo se farà il bravo. Una parte di quei soldi, la fetta più grossa, li dovrà restituire: sono soltanto un prestito. L’altra parte è a fondo perduto, ma non certo gratis: per averla, il paese dovrà obbedire al padrone, rassegnandosi a tagliare il welfare e alzare (ancora) le tasse. Stiamo parlando di un paese che da tre decenni è in avanzo primario: lo Stato spende, per i cittadini, meno di quanto i cittadini gli versino sotto forma di tasse. Per inciso: il paese in questione ha l’acqua alla gola, dopo i tre mesi di folle blocco imposto all’economia da un governo di spettri, sorretto da partiti terrorizzati all’idea di affrontare le elezioni. Secondo Bankitalia, si profila un autunno allucinante: una famiglia su tre non saprà più come arrivare a fine mese. Si temono rivolte, e per questo il governo-fantasma ha nel cassetto la proroga dello stato d’emergenza, per poter imporre un nuovo coprifuoco come quello, delirante e suicida, già inflitto nella primavera peggiore della storia repubblicana col pretesto di un allarme sanitario mostruosamente manipolato.
    Dettaglio tragicomico, di fronte all’immane disastro che si annuncia, il tempo che una parte del pubblico ancora spreca attorno a quella pericolosa nullità politica chiamata Giuseppe Conte, piccolo passacarte allevato tra i palazzi vaticani e le italiche baronie universitarie, per poi essere sistemato – nel caso tornasse utile – nelle retrovie del movimento finto-giustizialista creato a colpi di “vaffa” dall’ex comico democristiano Beppe Grillo, presente (Bonino dixit) sul panfilo Britannia nel 1992 insieme a Mario Draghi e al gotha finanziario che puntava a spolpare il Balpaese, devastato dal ciclone Tangentopoli. Negli ultimi anni, l’Italia politica ha digerito comparse e prestanome al servizio di stranieri, rivoluzionari all’amatriciana e lacchè gallonati. Nomi pallidi, tutti, per politiche pallide: Veltroni e Renzi, Salvini, Letta e Gentiloni, fino agli inguardabili figuranti del grillismo di lotta e di poltrona. L’unico segno di vita, nell’Obitorio Italia, s’era intravisto all’esordio dei gialloverdi, con due richieste: Paolo Savona all’economia, e una timidissima espansione del deficit. Risultato: il “niet” dello Stato Profondo italo-europeo. Mesto ripiego, l’incresciosa insistenza sullo scandaloso business dei migranti, da cui lo sdegno “antirazzista” degli “antifascisti” (che dormivano, quando il neonazismo vero, finanziario – quello dei poteri forti – si sbranava il loro paese).
    Ed è proprio su un’Italia agonizzante e trasformata in farsa – il derby deprimente tra Salvini e le Sardine – che è stata sganciata la bomba nucleare, la palingenesi antropologica del coronavirus. Forse gli apprendisti stregoni non erano così certi, di riuscire a trasformare gli uomini in topi. Il risultato ha superato ogni aspettativa: ancora oggi, si vede gente circolare all’aperto con il volto travisato dalla museruola raccomandata dall’Oms, e quindi dai suoi camerieri italiani travestiti da ministri. Se esistesse la macchina del tempo, sarebbe esilarante paracadutare in questa Italia personaggi del secolo scorso come Bettino Craxi, Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer. Vivevano in un paese dove esistevano ancora leader e statisti, partiti, sindacati, editori puri, giornalisti. Era un paese vitale e invidiato, che arricchiva i cittadini stimolando l’economia col deficit, per creare servizi avanzati e realizzare infrastrutture strategiche. Aveva tare enormi: il divario Nord-Sud, l’elefantiaco para-Stato improduttivo, la mafia, un’elevatissima corruzione e il record europeo di lavoro nero ed evasione fiscale. Quell’Italia era comunque la quinta potenza industriale del pianeta. Un paese rispettato, capace di stabilire relazioni speciali con gli arabi e con l’Urss, nonché di rivendicare la sua quota di sovranità in modo anche clamoroso, come a Sigonella.
    Da trent’anni, l’Italia gira per l’Europa col cappello in mano (e il conto lo fa pagare innanzitutto agli italiani). Amato, Ciampi, Draghi, Prodi, Napolitano, Berlusconi, D’Alema, Letta: è lunghissimo l’elenco dei personaggi cedevoli, complici di poteri extra-nazionali o comunque proni allo stillicidio della spietata precarizzazione sapientemente imposta dal potere ordoliberista e mercantilista spacciato per Unione Europea. Un progetto pluridecennale, pianificato a tavolino a partire dal Memorandum Powell del lontano 1971 passando per il manifesto “La crisi della democrazia”, fino all’invenzione francese del tetto del 3% alla spesa pubblica e agli infernali trattati (Maastricht, Lisbona) che hanno segnato la condanna delle economie sud-europee, in primis quella italiana. Colpo di grazia, il governo Monti e l’obbligo del pareggio di bilancio che annulla – di fatto – il ruolo dello Stato, riducendolo a mero esattore e rendendo carta straccia la Costituzione antifascista del 1948.
    Ora siamo alle comiche finali: quel che ancora resta in piedi, dell’Italia, verrà divorato a stretto giro (leggasi: piano Colao) per far fronte agli impegni-capestro che “Giuseppi” ha appena contratto coi soliti strozzini, intenzionati a “finire il lavoro” cominciato trent’anni fa a bordo del Britannia. Con la differenza che oggi l’Italia è allo stremo: avrebbe bisogno, subito, di centinaia di miliardi; e invece vedrà solo briciole, col contagocce, a partire dal 2021. La catastrofe incombente, lungamente preparata con decenni di guerra sporca contro i diritti sociali (a proposito di antifascismo), ora rischia di far collassare il sistema-paese grazie al disastro planetario della gestione terroristica del Covid, in cui l’Italia ha offerto la peggior performance in assoluto: in percentuale abbiamo avuto più morti del Brasile, e siamo l’unica nazione industriale europea messa in ginocchio dalla mancanza di aiuti governativi. Col passare dei mesi, o forse soltanto delle settimane, sarà chiara a tutti la verità che i grandi media fingono di non conoscere: e cioè che da questo orrore si può uscire soltanto stracciando i trattati europei, a partire da Maastricht, e gettando al macero anche la cartaccia appena firmata dall’infimo Giuseppe Conte.
    (Giorgio Cattaneo, “Addio Italia, Conte prenota la fine del sistema-paese”, dal blog del Movimento Roosevelt del 21 luglio 2020).

    Solo un demente può scambiare per un mezzo successo la catastrofe italiana sigillata dall’ultimo vertice di Bruxelles: il paese che fu di Mattei, Moro e Pertini torna a casa scondinzolando per aver “ottenuto” dai padroni d’Europa il permesso di spendere 200 miliardi di euro, ma solo se farà il bravo. Una parte di quei soldi, la fetta più grossa, li dovrà restituire: sono soltanto un prestito. L’altra parte è a fondo perduto, ma non certo gratis: per averla, il paese dovrà obbedire al padrone, rassegnandosi a tagliare il welfare e alzare (ancora) le tasse. Stiamo parlando di un paese che da tre decenni è in avanzo primario: lo Stato spende, per i cittadini, meno di quanto i cittadini gli versino sotto forma di tasse. Per inciso: il paese in questione ha l’acqua alla gola, dopo i tre mesi di folle blocco imposto all’economia da un governo di spettri, sorretto da partiti terrorizzati all’idea di affrontare le elezioni. Secondo Bankitalia, si profila un autunno allucinante: una famiglia su tre non saprà più come arrivare a fine mese. Si temono rivolte, e per questo il governo-fantasma ha nel cassetto la proroga dello stato d’emergenza, per poter imporre un nuovo coprifuoco come quello, delirante e suicida, già inflitto nella primavera peggiore della storia repubblicana col pretesto di un allarme sanitario mostruosamente manipolato.

  • Magaldi: sarà il popolo a fermare i golpisti del coronavirus

    Scritto il 15/5/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Siete pronti? Prima ancora della terrificante Seconda Ondata del SarsCov2, potrebbe essere in arrivo l’epatite E, in regalo – tramite zoonosi – direttamente dai topastri cinesi di Hong Kong. Un mondo distopico, d’ora in poi completamente in mano ai gestori tecno-politici e mediatici della paura, sotto forma di batteri, virus e diavolerie pestilenziali? Sarebbe il paradiso dei farabutti, e in parte lo è già. Questo, secondo Gioele Magaldi, è il vero pericolo che abbiamo di fronte: un’epidemia all’anno, quanto basta per spaventare e chiudere in casa miliardi di persone, consentendo ai nuovi golpisti bianchi di fare quello che vogliono, di noi, fino a calpestare la libertà di tutti (e nel caso dell’Italia, affondando l’economia in modo catastrofico). Vietato illudersi: «Nessuno si lasci incantare dalle indecorose pagliacciate di Conte, replicate anche con l’ultimo, strombazzatissimo decreto privo di investimenti e di visione: non risolverà nessuno dei drammatici problemi economici che stanno trasformando l’Italia in un cimitero economico». E la buona notizia, se così si può dire? Sarebbe questa: l’attacco mondiale partito da Wuhan non è l’inizio della fine, per il mondo libero. Al contrario: è l’ultima mossa, disperata, di un potere oscuro che ormai sente di avere le ore contate, anche se ci farà penare ancora, e non poco.
    «In fondo, un virus è perfetto, per i nemici del popolo: funziona ancora meglio del terrorismo e del rigore finanziario». Autore del bestseller “Massoni” uscito per Chiarelettere a fine 2014 con la mappa esclusiva delle superlogge del potere mondiale, Magaldi ha in cantiere il “sequel” del primo saggio, atteso per novembre e aggiornato tenendo conto dello tsunami-coronavirus. «Stanno emergendo circostanze esplosive», annuncia, in web-streaming su YouTube nella trasmissione “Massoneria On Air”, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, con la partecipazione di osservatori speciali come Gianfranco Carpeoro e Paolo Franceschetti, Marco Moiso, Roberto Hechich. In sostanza, secondo Magaldi – massone progressista, facente parte lui stesso del mondo delle superlogge – sono fonti ancora riservate, d’intelligence, a confermare i peggiori sospetti: il disastro che ci è rovinato addosso, paralizzando mezzo pianeta, è stato concepito dagli eredi dalle stesse “menti raffinatissime” che idearono il golpe in Cile nel 1973, per imporre il neoliberismo a mano armata. Meno diritti, per salvare l’economia? Era la super-bufala del manifesto “La crisi della democrazia”, in Italia propalato con la prefazione di sua maestà Gianni Agnelli. La tesi: troppa democrazia fa male. Poi vennero il boom neoliberista, l’11 Settembre e infine la crisi dei subprime, il collasso degli spread europei, il Rigor Montis. Ora siamo al rigore terminale, quello del virus.
    Perfetta, la pandemia, per indurre i cittadini a rassegnarsi al peggio. Turismo in coma, negozi sprangati, economia a rotoli. Bar e ristoranti che non riapriranno, cassa integrazione che ancora non si vede, e il “popolo delle partita Iva” che attende tuttora i mitici 600 euro dell’Inps. E il prode Conte? Su Facebook gira un’amara barzelletta: «Arriverà a giugno il decreto di maggio scritto in aprile ma pensato a marzo, per una crisi iniziata a febbraio e conosciuta da gennaio per un virus conosciuto già da dicembre». Un analista autorevole come Marcello Veneziani è spaventato: non s’era mai visto tanto odio, dice su “La Verità”, in un’Italia spaccata in due, divisa tra i supporter di Conte (sempre meno numerosi) e la maggioranza non più silenziosa, che il professor-avvocato venuto dal nulla lo vedrebbe bene addirittura in galera. «La situazione è seria», ammette Magaldi: «Si stanno intensificando i flash-mob improvvisati da cittadini sempre più esasperati». Quelli sanzionati ingiustamente durante il lockdown possono contare sul Sostegno Legale, servizio gratuito offerto dal Movimento Roosevelt, che mette a disposizione avvocati (volontari) per contestare le multe. Altra iniziativa, la Milizia Rooseveltiana: «Una formazione che scenderà presto in campo, anche per disciplinare le proteste e impedire infiltrazioni violente».
    La rabbia monta, e acceca il raziocinio: c’è persino chi plaude al grottesco paternalismo di Conte, che trova eroicamente il tempo di ascoltare il sindaco novarese giunto a Roma in bicicletta per rinfacciare al premier «la miseria» dei famosi 600 euro. Come un caudillo sudamericano del secolo scorso, Conte interrompe una riunione, dà udienza al primo cittadino ribelle, scomoda telefonicamente il presidente dell’Inps e infine concede pure un’elargizione di tasca sua al ciclista padano, a quel punto conquistato (almeno, a beneficio dei fotografi) dal gran cuore del primo ministro. Che smacco, commenta qualcuno sui social: che lezione, da quel gran signore che sta a Palazzo Chigi. I fan di Conte amano questo imbarazzante, incolore neo-democristiano di ascendenza grillina per il solo fatto di aver rotto con Salvini, fino a ieri dipinto come il demoniaco nemico pubblico dell’italianità “de sinistra”, quella che vent’anni fa avrebbe sbranato vivo Berlusconi se si fosse permesso di infliggere la metà della metà delle punizioni bibliche che “l’avvocato del popolo” ha rifilato agli italiani in soli tre mesi. Potenza del coronavirus: impaurendolo a dovere, puoi calpestare il cittadino riducendolo a suddito, facendogli dimenticare la nozione stessa di libertà.
    Nel festival dei nuovi mostri furoreggiano i grandi media, complici dei nuovi censori di regime: il padreterno televisivo Burioni chiede di spegnere “ByoBlu”, cioè il video-blog più seguito dagli italiani? Prontamente, YouTube cancella 4 video recentissimi prodotti dal team di Messora. Da Palazzo Chigi – nel silenzio tombale e orwelliano dell’Ordine dei Giornalisti – sulle notizie vigila il Ministero della Verità messo in piedi dal sottosegretario piddino Andrea Martella, con l’aiuto di giornalisti come Riccardo Luna (”Repubblica”) e “debunker” del calibro di David Puente, pupillo di Mentana e colonna portante del newsmagazine “Open”. Farebbe ridere, se non fosse una tragedia: la libertà di stampa fatta a pezzi, rottamata come rifiuto organico di tempi felici e ormai remotissimi. L’odio serpeggia pericolosamente in ogni rivolo: sulla pagina Twitter del Cicap, l’ambiguo comitato fondato da Piero Angela per promuovere le verità ufficiali (a scapito di tutte le altre), c’è persino chi brinda alla morte di Giulietto Chiesa, augurandosi pure quella di Massimo Mazzucco. Si vaneggia: dai derby sconfortanti di ieri (Capitana contro Capitano, Sardine contro Salvini) si è passati all’insulto feroce, e addirittura all’evocare lo scannamento del presunto avversario, senza che il nuovo culto di Giuseppe Conte lasci spazio al dubbio: non è che siamo tutti sulla stessa barca, che oltretutto sta per affondare?
    «Sarà un autentico disastro, epocale – dice Gianfranco Carpeoro – se i cittadini non apriranno gli occhi e non comprenderanno di poter contare su un’unica risorsa: se stessi». Aprire gli occhi? Tradotto: constatare che il penoso, modestissimo Conte non ha ancora fatto assolutamente niente per evitare il collasso economico del popolo che ha rinchiuso in casa. «Misure tragicomiche come quelle previste per la riapertura di spiagge e ristoranti – sostiene Paolo Franceschetti – lasciano supporre che non ci sia nessuna volontà di aiutare il paese: semmai l’intento sembra quello opposto, di affossarlo di proposito». Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt, residente a Londra, allarga l’orizzonte: «In Gran Bretagna, dove peraltro il lockdown non è stato così rigido come in Italia, la cassa integrazione è arrivata subito, e ora è stata prorogata fino a ottobre: nessuno sarà licenziato, e i lavoratori hanno ricevuto immediatamente l’80% dello stipendio, grazie al governo Johnson». Per capire il senso di quel che avviene sotto casa, aggiunge Moiso, conviene guardare più lontano: «Sappiamo che il dramma è partito da Wuhan, ma sbaglieremmo se puntassimo il dito solo contro la Cina, che certo ha sicuramente ritardato l’allarme iniziale».
    C’è molto altro, nelle retrovie di questa losca vicenda: lo fa capire Trump, che minaccia di trascinare i cinesi in tribunale anche per stanare i non-cinesi in cima a tutti i sospetti, dal dottor Anthony Fauci al suo amicone Bill Gates, il “filantropo” iper-vaccinista che controlla l’Oms, l’organizzazione che a Wuhan “se c’era, dormiva”, attorno a quel laboratorio finanziato anche attraverso Fauci, e con il contributo dei francesi. Dalla sua solitudine d’avorio, si fa vivo persino Bob Dylan (Premio Nobel 2016 per la Letteratura) nell’alludere alla peggiore delle ipotesi: una sinistra connessione tra i “signori del Covid” e gli assassini del Deep State che macellarono John Kennedy a Dallas. Sempre in casa Kennedy, è l’avvocato Robert Junior (figlio di Bob) a sparare sul patron della Microsoft: puzza d’imbroglio, la sua fretta di inondarci di vaccini obbligatori. E se le divinità mondiali tracciano ipotesi precise (e allucinanti) sul nostro futuro prossimo, non tarda a farsi sentire il coretto dei nani nazionali, made in Italy, pronto a ripetere che sì, probabilmente l’eventuale vaccinazione sarà obbligatoria, o comunque vincolante: off limits i luoghi pubblici, per chi oserà sottrarsi alla siringa. E tutto questo, senza uno straccio di dibattito parlamentare. Normale? Di questo passo, sì. Ma non succederà.
    Ne è convinto Magaldi, che ha fiducia nella riconquista della democrazia, oggi sospesa. «Ma occorre agire e mettere da parte la paura, volutamente alimentata dal governo, così come la sua “sorella” naturale, la speranza, che conia slogan come l’idiota “andrà tutto bene” da recitare affacciandosi al balcone». Sta andando tutto male, anzi malissimo. «E infatti l’Italia sta per esplodere. Ma la stessa società civile, anche attraverso autorevoli giuristi, non ha mancato di farsi sentire», dice il presidente del Movimento Roosevelt. «Quello che abbiamo di fronte è un modello distopico, che qualcuno vorrebbe trasformare nel nostro futuro: sta a noi respingerlo». Gli esempi non mancano: «Si guardi la Svezia: anziché chiudere il Parlamento e trattare i cittadini come bambini, ha rivolto loro raccomandazioni adulte e senza sprangare il paese, con ottimi risultati». Sintetizzando: «Se non vogliamo finire in un Occidente senza più libertà, trasformato in succursale cinese, dovremo stabilire che i diritti costituzionali non possono essere sospesi, mai, neppure di fronte a un’emergenza sanitaria. Troppo facile, altrimenti, imprigionare il mondo: basta mettere in circolazione un virus all’anno, terrorizzare la popolazione, e il gioco è fatto. Attenti: è esattamente il piano dei “gestori” del coronavirus».
    Chi sono? «Circuiti apolidi e supermassonici, sovranazionali e reazionari, che hanno puntato sulla Cina come modello autoritario per il futuro dell’Occidente». Il virus come arma? «Certo, ma si tratta di una mossa dettata dalla disperazione – aggiunge Magaldi – visto l’esito delle iniziative precedenti: volevano impadronirsi del mondo con l’austerity neoliberista e con il terrorismo “islamico”, ma non ci sono riusciti». La grande corsa della Cina, poi, è stata fermata dal campione “populista” Donald Trump: un altolà di portata storica, a cui si è risposto con l’infernale Covid. La “soluzione finale”, in un mondo che sta vedendo crollare i presupposti della globalizzazione neoliberale, e dove la stessa Unione Europea (capolavoro di post-democrazia ordoliberista) sembra sul punto di andare in pezzi. Magaldi riconduce la questione nei termini più semplici: «Vorrebbero che diventasse normale lo spettacolo dei cittadini che piegano la testa, in silenzio, vedendosi confiscare la libertà e assistendo impotenti alla distruzione della loro economia. Ma non accadrà: sarà proprio la durezza della crisi nella quale stiamo precipitando ad aprire finalmente gli occhi ai dormienti, spingendoli a combattere per riconquistare la democrazia perduta e il diritto a una vita dignitosa, non più vessata dalla barbarie artificiosa dell’austerity».

    Siete pronti? Prima ancora della terrificante Seconda Ondata del SarsCov2, potrebbe essere in arrivo l’epatite E, in regalo – tramite zoonosi – direttamente dai topastri cinesi di Hong Kong. Un mondo distopico, d’ora in poi completamente in mano ai gestori tecno-politici e mediatici della paura, sotto forma di batteri, virus e diavolerie pestilenziali? Sarebbe il paradiso dei farabutti, e in parte lo è già. Questo, secondo Gioele Magaldi, è il vero pericolo che abbiamo di fronte: un’epidemia all’anno, quanto basta per spaventare e chiudere in casa miliardi di persone, consentendo ai nuovi golpisti bianchi di fare quello che vogliono, di noi, fino a calpestare la libertà di tutti (e nel caso dell’Italia, affondando l’economia in modo catastrofico). Vietato illudersi: «Nessuno si lasci incantare dalle indecorose pagliacciate di Conte, replicate anche con l’ultimo, strombazzatissimo decreto privo di investimenti e di visione: non risolverà nessuno dei drammatici problemi economici che stanno trasformando l’Italia in un cimitero economico». E la buona notizia, se così si può dire? Sarebbe questa: l’attacco mondiale partito da Wuhan non è l’inizio della fine, per il mondo libero. Al contrario: è l’ultima mossa, disperata, di un potere oscuro che ormai sente di avere le ore contate, anche se ci farà penare ancora, e non poco.

  • L’avvocato del diavolo: per chi lavora il mago dell’imbroglio

    Scritto il 09/5/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    L’avvocato del diavolo ha una caratteristica su tutte, il suo aspetto: è insignificante. «Così, nessuno mi vede mai arrivare», dice Al Pacino, nel film, rimproverando l’allievo Keanu Reeves per la sua vanesia esuberanza giovanile. Che tipo di diavolo serve, per imbrogliare l’Italia? Prima di tutto dev’essere, appunto, insignificante: anonimo, grigio, sbiadito, meglio ancora se incerto nell’eloquio e quasi incespicante. Democristiano nell’indole, un po’ di sinistra nell’apparenza e un po’ para-grillino nella circostanza, se il vento gonfia le vele effimere di quel movimento, a sua volta perfetto per illudere e poi fatalmente tradire, abbandonando i fedeli (come sempre fa, ogni demonietto che si rispetti). Ma esiste, il diavolo? A parte i satanisti, a crederci – secondo Mauro Biglino – sono solo i credenti che hanno sempre letto male la Bibbia, o non l’hanno proprio letta mai: altrimenti saprebbero che il Satàn ebraico è solo un “pubblico ministero” in carne e ossa, un essere umano prescelto a turno, ogni volta diverso, per dirimere contese civilissime, alla luce del sole. Allora è il male, il diavolo? Nemmeno alla consistenza del male crede la prima religione comparsa sulla Terra, quella di Zoroastro: il male è solo distanza dalla luce, che non può mai essere inghiottita dalle tenebre (è il Sole, semmai, a mangiarsi il buio). L’ombra non ha vita propria, è solo momentanea lontananza. Però serve, il diavolo, eccome. Serve da sempre: a mettere paura. E infatti è proprio la paura, oggi, a paralizzare l’Italia.
    Nel film di Taylor Hackford, l’avvocato del diavolo è al servizio del potere finanziario di Manhattan: il più concreto, potente demonio che si possa immaginare. Recita un vecchio adagio: il capolavoro del diavolo consiste nel far credere che non esista. Oggi potrebbe essere ribaltato: il diavolo è bravissimo a fabbricare gente che lo vede dappertutto. Nemici su misura per lui, creduloni e apocalittici, comodi da sbaragliare. Un certo complottismo demonizza da decenni la finanza, in blocco, come se – senza le banche e le assicurazioni – il tardo medioevo avesse potuto sviluppare i progressi sbalorditivi che poi lanciarono la modernità. Squalificarsi sparando a zero sulle banche significa lasciare campo libero alla Bad Bank; vuol dire rinunciare all’idea di una finanza differente, capace di tornare funzionale all’economia. Ed è proprio con quel tipo di diavolo, che abbiamo a che fare, da almeno quarant’anni. Oggi, riassume Franco Fracassi, l’intero pianeta – comprese le peggiori banche-mostro – è in mano ai tre massimi fondi d’investimento, cioè Vanguard, State Street e BlackRock, ciascuno dei quali è socio degli altri due. Sono sempre loro a finanziare qualcuno o a non finanziarlo, a promuoverlo o affondarlo. Vita o morte, inferno o paradiso. Ma non esisterebbero neppure, senza il loro avvocato del diavolo. Puntuale, impalpabile, onnipresente. E formidabile, come il capostipite Lewis Powell, che nel 1971 – come ricorda Paolo Barnard – progettò l’inferno attuale per conto di Wall Street.
    Ha questa dote, il diavolo: sa vedere lontanissimo. Se osservo che il capitalismo rooseveltiano ha fatto un compromesso storico con le istanze del socialismo, incoraggiando addirittura la nascita di un vero sindacato industriale negli Stati Uniti e inculcando nel popolo l’idea che il benessere possa essere progressivamente esteso a tutti grazie alla generosa iniezione finanziaria dello Stato, io devo impedire che lo Stato sia generoso, fino a trasformarlo in uno spietato esattore. Come ci arrivo? Semplice: privatizzando la moneta. Missione: sostituire il segno più col segno meno. Spendere deve diventare vietato: il deficit, strategico per l’economia, deve trasformarsi in una colpa. Per arrivare a questo devo inquinare tutto: stampa, editoria, università. Devo piegare ogni forma di comunicazione alla mia propaganda: più mercato, meno Stato. Metodi antichi, carota e bastone: premio chi mi segue, punisco chi si ribella. La sinistra, politica e sindacale? Idem: corrompere i leader è più sicuro e meno dispendioso, che non affrontare duri scontri con il popolo. Saranno loro, i capi carismatici, a convincerlo: è infinitamente più pratico. La gente si fida degli avvocati del popolo: sono perfetti, per questa missione.
    Così il diavolo ha portato a termine il suo piano: negli anni Ottanta ha regalato a piene mani la cornucopia facile della Borsa, creando un clima di fiducia e di ottimismo. Dieci anni dopo s’è ripreso tutto, con gli interessi, privatizzando lo Stato e finanziarizzando l’economia. Gli ha dato una bella mano Bill Clinton, bell’esempio di avvocato del popolo, abolendo la separazione tra banche speculative e credito ordinario al servizio dell’economia. Poi è arrivata l’Unione Europea, a smantellare la residua funzione sovrana dello Stato. E la moneta unica privata ha fatto il resto, come la Grecia insegna. Un intero paese sventrato e svenduto, con i bambini denutriti e lasciati senza cure. Chi l’avrebbe mai detto, che sarebbe potuto verificarsi uno scempio simile? Nessuno, certo. E nessuno, infatti – nel grande pubblico – ha la minima idea di chi fosse l’oscuro avvocato Lewis Powell, il primo grande architetto dell’orrore post-democratico nel quale oggi siamo immersi. Nel frattempo, beninteso, il diavolo s’è dato da fare a livello internazionale: ha buttato giù grattacieli, ha armato guerre devastanti, ha arruolato bande di tagliagole. E usa sempre lo stesso vecchio trucco, la paura. Non ci sono alternative, è il suo motto: vi tocca soffrire. E certo non gli mancano gli avvocati, i facilitatori, i domatori. Tutti uguali: grigi, rassicuranti. E rigorosamente anonimi: insignificanti.
    Pertini, Moro, Craxi, Berlinguer: ve li vedete, nei panni di avvocati del diavolo? Mai e poi e mai: troppo risoluti e netti, chiari nel parlare, ostinati nelle loro convinzioni (giuste o sbagliate, non importa). Sono spariti un attimo prima che il diavolo spiccasse il volo: la rivoluzione digitale, la globalizzazione (ma solo delle merci e dei capitali), il boom prodigioso della Cina (ma solo economico, non democratico). Ed eccoci alle prese con la peste presunta, il morbo globalizzato che rinchiuderà in casa gli abitanti della Terra anche per sempre, un virus dopo l’altro, sotto la sorveglianza occhiuta delle App, del 5G e della psico-polizia orwelliana in versione sanitaria. Si fregherà le mani, il diavolo, constatando che crediamo proprio a tutto, ormai – persino a Greta: l’emergenza ecologica declinata nella versione innocua, per bambini. Crediamo ai virologi che si smentiscono l’un l’altro, crediamo a Salvini e alle Sardine, siamo devoti – ciecamente – al culto dei vaccini. Chiusi in casa per mesi, all’ombra dello slogan più patetico (andrà tutto bene), tra processioni di bare sui camion militari e imminenti funerali di decine di migliaia di aziende. Andrà tutto bene? Ma certo, l’ha detto l’avvocato: l’ha ripetuto ogni sera, a reti unificate, spedendo poliziotti e droni a rincorrere gli anziani per le strade, nelle valli, in fondo alle campagne.
    Dia-ballo, dividere: la norma capitale dell’imperio demoniaco. Niente è impossibile, se si sa come maneggiare la paura. Altra accortezza: azzerare la memoria. Guai, se l’imbonitore di turno ti ricordasse qualcosa di sgradevole e sinistro, qualcuno che hai già visto all’opera. Per questo il suo aspetto dev’essere sbiadito, e incolore la sua voce. Deve aiutare a spegnere e sopire, accomodando i bimbi davanti al televisore. Pronti ad aspettare, anche stavolta, in fiduciosa attesa: nelle fiabe che il diavolo racconta c’è sempre l’happy end. A questo serve la speranza che alimenta, a non svegliarsi mai. Come sonnifero, sa usare molto bene persino la violenza dell’esasperazione, la partigianeria politica: è sempre lui a fabbricare l’Uomo Nero contro cui ti sfogherai, senza capire che nessuno – nemmeno quelli per cui tifi – mette mai in discussione le regole, truccate, di questo assurdo declinare, di questo insano rassegnarsi al peggio, non si sa poi perché. Fino al punto – e qui si supera una soglia che ha dell’inaudito – di confiscare ogni residua libertà, osando l’impensabile. Tutti in prigione, senza diritto di parola? Eppure, là fuori, c’è un mondo leggibile in tutt’altro modo. Mai, prima d’ora, il pianeta era stato così ricco. E mai così capace, tecnologicamente, di azzerare anche l’impatto dell’inquinamento. Questione di volontà politica? Già, ma i politici? Scomparsi. Al loro posto parlano i virologi, gli economisti, gli ex giornalisti dei talkshow. Li rappresenta l’avvocato, coi suoi modi dimessi e impiegatizi, coltivando la fiducia che i dormienti non si sveglino mai più.
    E’ il sogno antico di chi confida in questo: che nessuno si accorga di cosa potrebbe combinare, se solo si destasse. Farebbe sparire in un istante l’idea stessa della prigionia, la tirannia di un male immaginario che diventa reale soltanto assecondandolo, cedendogli un poco alla volta, giorno per giorno, anno dopo anno. Chi ti mette paura, è evidente, è il primo a temere il tuo risveglio. E il tuo non saperlo è la sua assicurazione sulla vita. Se il palcoscenico è gremito di fantasmi, lo si deve a un impresario a cui nessuno ha chiesto mai il conto, da troppo tempo a questa parte. Per questo si diverte, con i suoi test paradossali: probabilmente non credeva che saremmo sprofondati così in basso, e senza lamentarci. In fondo siamo noi, comparse maltrattate, i veri primattori dello show: senza di noi, niente di tutto questo esisterebbe. Ne siamo in parte inconsapevoli, in parte siamo spaventati e sbigottiti. Non è in mano nostra, il telecomando. Ma non ci è stato mai rubato, in fondo. Siamo noi ad averlo ceduto, forse senza saperlo. Pigri e distratti, in molti casi. Troppo presi dagli ordinari chiaroscuri quotidiani per badare ai personaggi di lassù, che invece ci pensano incessantemente. Loro non si distraggono, non possono. E scelgono per noi, quand’è il momento, quello che noi stessi gli lasciamo scegliere: i falsi amici, i nemici apparenti. E l’avvocato più adatto alla bisogna.
    (Giorgio Cattaneo, “L’avvocato del diavolo”, dal blog del Movimento Roosevelr del 5 maggio 2020).

    L’avvocato del diavolo ha una caratteristica su tutte, il suo aspetto: è insignificante. «Così, nessuno mi vede mai arrivare», dice Al Pacino, nel film, rimproverando l’allievo Keanu Reeves per la sua vanesia esuberanza giovanile. Che tipo di diavolo serve, per imbrogliare l’Italia? Prima di tutto dev’essere, appunto, insignificante: anonimo, grigio, sbiadito, meglio ancora se incerto nell’eloquio e quasi incespicante. Democristiano nell’indole, un po’ di sinistra nell’apparenza e un po’ para-grillino nella circostanza, se il vento gonfia le vele effimere di quel movimento, a sua volta perfetto per illudere e poi fatalmente tradire, abbandonando i fedeli (come sempre fa, ogni demonietto che si rispetti). Ma esiste, il diavolo? A parte i satanisti, a crederci – secondo Mauro Biglino – sono solo i credenti che hanno sempre letto male la Bibbia, o non l’hanno proprio letta mai: altrimenti saprebbero che il Satàn ebraico è solo un “pubblico ministero” in carne e ossa, un essere umano prescelto a turno, ogni volta diverso, per dirimere contese civilissime, alla luce del sole. Allora è il male, il diavolo? Nemmeno alla consistenza del male crede la prima religione comparsa sulla Terra, quella di Zoroastro: il male è solo distanza dalla luce, che non può mai essere inghiottita dalle tenebre (è il Sole, semmai, a mangiarsi il buio). L’ombra non ha vita propria, è solo momentanea lontananza. Però serve, il diavolo, eccome. Serve da sempre: a mettere paura. E infatti è proprio la paura, oggi, a paralizzare l’Italia.

  • Carpeoro: il guaio non è Bill Gates, ma il consenso a Conte

    Scritto il 04/5/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Bill Gates è peggio dei Rothschild, che almeno non fanno beneficenza coi soldi degli altri. Ho l’impressione che Bill Gates voglia diventare presidente degli Stati Uniti, prima o poi. E comunque, il solo fatto di aspettarsi che sia lui a trovare il vaccino contro il Covid è una cosa che, di per sé, mostra l’attuale livello dell’opinione pubblica. Il vero problema non sono neppure i governanti, ma chi li vota, eleggendo sempre gli stessi. Contineremo a leggere di tutto, se le persone non capiscono che devono parlarsi e mettersi d’accordo per cambiare completamente la grammatica. A essere scarsa è la preoccupazione delle persone rispetto a quello che hanno fatto finora – o meglio, quello che finora non hanno fatto (che nessuno di noi ha fatto). Se la gente è indifesa, deve prendere coscienza del fatto che si deve difendere da sola. E questo salto, la gente non lo sta facendo. Il protagonismo di Bill Gates è solo una conseguenza di questa nostra passività: lui o un altro, sarebbe la stessa cosa. Chiunque oggi sia protagonista, è protagonista di un’opinione pubblica malata e mediocre. E quindi non può che essere un personaggio come quello.
    Beninteso: io non do tutte le colpe al popolo. Dico che il popolo ha la possibilità di cambiare le cose, e non lo fa. Ma non attribuisco al popolo la colpa delle porcherie che fanno i politici. Il popolo, semmai, ha la colpa di non fare nulla per cambiare le cose. Certo, ci sono leggi elettorali fatte apposta per poi dare vita ai governi Monti, ai governi Conte. Abbiamo allegramente fatto morire tutta una serie di possibilità e di partiti. Per esempio il Partito Radicale (com’era all’epoca, non quello che vorrebbe la Bonino). Quanto alle entità socialiste, prima abbiamo permesso che le pigliassero a monetine, e poi che sparissero e fossero consegnate ai mediocri. Abbiamo consentito che nella sinistra (intesa come Pd) emergesse una specie di conformismo democristiano, che l’ha uccisa. Abbiamo permesso e continuato a votare tutto questo. Il popolo ha anche la possilità di crearle, le alternative: perché la gente non si deve assumere le sue responsabilità? Invece andiamo appresso alle Sardine, ai girotondi. Andiamo appresso anche a una destra che non è una vera destra, che ha vene di superficialità che si esprimono in quel suo sovranismo becero. Perché c’è anche un sovranismo nobile; il sovranismo becero, invece, si allea con l’Ungheria.
    Si sta profilando un governissimo, forse presieduto da Draghi? In questo momento, il fatto che cada il governo è meno all’ordine del giorno. Se cade, quella non sarà la soluzione – a meno che i numeri del contagio non aumentino a tal punto da avere per forza una soluzione d’emergenza. Renzi ha attaccato Conte? Sì, ma poi è tornato subito nel branco, come sempre. Queste sue sparate, evidentemente, le fa pensando solo ai sondaggi. Il problema del governo è che ha bisogno di nascondere la vera emergenza, che è quella economica, causata dal governo stesso. E il governo Conte la sta nascondendo con delle prese per il culo straordinarie. Devo dire che Conte ha mostrato veramente di essere un personaggio di una meschinità eccezionale. Una specie di prestigiatore da piazza, di quelli che fanno trucchi che tutti capiscono. Questa è la situazione: prese per il culo, abusi e incostituzionalità, mettendo in ginocchio l’unica categoria – piccoli imprenditori, partite Iva, lavoratori autonomi – che in Italia è ritenuta pericolosa, per il “verbo unico”.
    Gustavo Zagrebelsky ha difeso i decreti di Conte, sostenendo che non violano la Costituzione? Non me ne stupisco: Zagrebelsky è, storicamente, un lacchè di un certo sistema di potere cattocomunista (Prodi, lo stesso Bersani), cioè di una certa sinistra. E’ una star delle Sardine invecchiate. E quindi ha fatto quello che mi aspettavo, da lui. Non ha mai assunto una posizione (politica, ma anche tecnico-giurisdizionale) contro le posizioni ufficiali di questo blocco di potere. Si dice che i casi di Covid stiano crollando? Io posso solo dire che, fin dall’inizio, le misure di restrizione erano assolutamente ingiustificate. Si sono inserite altre motivazioni, in questa conduzione? Non ne ho idea, ma so che il problema di questi politici è la loro incapacità. C’è la tentazione di imporre vaccinazioni di massa, a tutti? Le vaccinazioni sono un business, ormai. Sicuramente, quindi, le motivazioni di business sono alla base di alcune motivazioni inerenti le politiche sanitarie. Ma non sono l’unico problema.
    Io trovo che ci sia un problema generale, di esercizio del potere, che in Italia fa paura. Non essendoci mai una strategia di governo, la gestione del potere è talmente casuale, a macchia di leopardo, a volte guidata dal business e a volte dall’ambizione individuale e dalla voglia di mettersi in mostra, che il paese sta andando a rotoli. Quello dell’opinione pubblica che non sui sveglia è un problema culturale, di pigrizia, di ignavia e di totale asservimento alla narrazione televisiva. Oggi, Conte ha il consenso del 63% degli italiani. Direte: i sondaggi sono falsi. Non lo so, io ho l’impressione che siano veri. In Italia, l’opposizione non esiste: i personaggi all’opposizione hanno la stessa magagna, nel sistema e nel metodo, che hanno le forze al governo. E oggi, con questa opinione pubblica, non c’è spazio per forze nuove. E’ per questo che, prima, deve cambiare l’opinione pubblica. Se la gente la aiutasse, una forza nuova, in questo momento non sarebbe possibile fermarla.
    Denunciare Conte in tribunale, come qualcuno propone? Conte ha il 60% del consenso, nel paese: più di quanto abbia mai avuto Craxi, in vita sua. E ho detto tutto. Perché la gente si lascia convincere così facilmente? «O tempora, o mores», diceva Cicerone. Questo è il livello morale, politico e civile delle persone. E a questo ci dobbiamo rassegnare, per ora (cercando di cambiarlo). In Italia succederanno delle cose solo quando esploderà il problema economico. Non sono in grado di dire quando esploderà, perché finché ci sarà una gestione emergenziale potrebbe non esplodere. Ma, quando esploderà, saranno problemi seri. Questo momento potrebbe anche essere vicino: dipende da una serie di fattori. Draghi? Potrebbe farsi dare più soldi dall’Europa, e non è che la cosa mi faccia schifo. E avrebbe tutto l’interesse, a farlo, anche per via delle sue attuali ambizioni. Draghi, quei soldi, saprebbe anche farceli spendere in modo adeguato. Poi a lui piace, passare per salvatore di qualcosa. Comunque, i soldi li farebbe arrivare nel modo giusto, a fondo perduto. Quand’era alla Bce ha mostrato di saperli far arrivare, i soldi, quando vuole.
    Da dove è uscito, invece, Conte? Dalla baronia universitaria, che è quanto di peggio esista, in questo paese: è la categoria più nepotista. Concorsi vinti per raccomandazione: la baronia universitaria è il peggio del paese. Le entrature di Conte in Vaticano? Be’, le baronie universitarie ce le hanno eccome, le entrature in Vaticano. E oggi il Vaticano conta, come tutto ciò che ha una diffusione capillare sul territorio. Mai come in questo momento, l’Italia dovrebbe alzare la voce, in Europa, e far capire a tutti che i cimiteri sono pieni, di persone indispensabili, e i cimiteri della civiltà sono pieni di enti ritenuti indispensabili. L’Europa è indispensabile se è un’Europa vera; se è un’Europa così, non è indispensabile. Non si vede chi potrebbe alzarla, la voce? E’ quello, il problema. Anche perché la maggioranza dell’opinione pubblica non sosterrebbe chi alzasse la voce, visto che sostiene Conte. La piccola impresa italiana, la più colpita dalle misure del governo, è anche quella che potrebbe essere protagonista del grande cambiamento. Se iniziasse a ragionare correttamente, la piccola impresa farebbe paura. Sciopero fiscale? Certo, non pagare le tasse sarebbe una forma di protesta sicuramente efficace. Ma dovrebbe essere praticata da tutti. E di quel 60% che appoggia Conte, non so quanti lo farebbero.
    (Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming “Carpeoro Racconta”, su YouTube il 3 maggio 2020).

    Bill Gates è peggio dei Rothschild, che almeno non fanno beneficenza coi soldi degli altri. Ho l’impressione che Bill Gates voglia diventare presidente degli Stati Uniti, prima o poi. E comunque, il solo fatto di aspettarsi che sia lui a trovare il vaccino contro il Covid è una cosa che, di per sé, mostra l’attuale livello dell’opinione pubblica. Il vero problema non sono neppure i governanti, ma chi li vota, eleggendo sempre gli stessi. Contineremo a leggere di tutto, se le persone non capiscono che devono parlarsi e mettersi d’accordo per cambiare completamente la grammatica. A essere scarsa è la preoccupazione delle persone rispetto a quello che hanno fatto finora – o meglio, quello che finora non hanno fatto (che nessuno di noi ha fatto). Se la gente è indifesa, deve prendere coscienza del fatto che si deve difendere da sola. E questo salto, la gente non lo sta facendo. Il protagonismo di Bill Gates è solo una conseguenza di questa nostra passività: lui o un altro, sarebbe la stessa cosa. Chiunque oggi sia protagonista, è protagonista di un’opinione pubblica malata e mediocre. E quindi non può che essere un personaggio come quello.

  • Virus, lo sterminio della generazione che lottò per l’Italia

    Scritto il 04/4/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Il Covid-19 sta sterminando chi ha dai settant’anni in su, la mia generazione e quelle più vicine. Generazioni nate a cavallo della seconda guerra mondiale, che ne hanno incontrato le sofferenze, le distruzioni, i morti, le lotte o direttamente, o subito dopo nei ricordi dei genitori che ogni tanto si lasciavamo scappare qualche frase, magari mentre si parlava d’altro. Io, che sono nato nel dopoguerra, ho conosciuto questa parola per un gioco stupido che avevo imparato in strada – allora i bambini ci vivevano – da miei compagni più grandi. Facevano con la bocca il rumore sempre più forte degli aerei che si avvicinavano: uuuuuuuuu. Mi era sembrato divertente e poi ero bravo a riprodurre quel suono, e una sera lo provai a tavola. Un urlo disperato di mia madre – smettila! – mi ammutolì. Seppi poi che ad altri bambini non era andata così bene, il loro rievocare il rumore dei bombardieri in arrivo era stato interrotto da solenni scapaccioni. La mia generazione ha visto il mondo cambiare forse come poche altre. Quando ero piccolo il solo mezzo di comunicazione della famiglia con il mondo, oltre ai giornali, era la radio. Telefoni e televisione erano un lusso che sarebbe arrivato dopo, già con l’adolescenza.
    La mia generazione non è stata determinante per la ricostruzione del paese, realizzata da quelle precedenti. Però la mia generazione è stata decisiva, questo sì, per la costruzione sociale civile e culturale. Quando ero adolescente la moralità dominante era ancora quella medioevale. La donna era sottoposta all’uomo, vigeva persino il diritto di ucciderla se “traditrice dei doveri di matrimonio”. E divorzio, aborto, omosessualità, erano proibiti persino come parole, la maledizione ed il sospetto incombevano su chi osasse parlarne senza usare termini spregiativi. La scuola era un privilegio da cui erano esclusi i figli degli operai e dei contadini. Il primo esame era in seconda elementare e si poteva essere bocciati, ricordo miei compagni di classe che lo furono. Poi dopo l’esame di quinta elementare c’era la vera spartizione sociale. Per entrare nella scuola media – dove si studiava il latino e solo attraverso la quale si poteva accedere al liceo e all’università – si doveva superare un difficile esame di ammissione, pubblico però senza alcuna preparazione pubblica. Così le famiglie dovevano pagare un’insegnante privata e quelle che non potevano permetterselo mandavano i figli alla scuola di avviamento, che dopo tre anni spediva direttamente al lavoro.
    La maggioranza della mia classe seguì quella via e a tredici o quattordici anni molti di quei ragazzi erano già apprendisti operai, o semplicemente garzoni, così si chiamavano, in qualsiasi altro posto di lavoro. Nei luoghi di lavoro vigeva un autoritarismo padronale che si sommava a quello che si era riaffermato in tutta la società, dopo il breve dilagare di libertà seguito al 25 aprile del ‘45. Giuseppe Di Vittorio lo definì il ritorno del fascismo nelle fabbriche. E anche se il paese cresceva e diventava diverso, lo sfruttamento era gigantesco, come la miseria che spingeva milioni di persone dal Mezzogiorno verso il Nord, ove si accelerava lo sviluppo industriale. Il mondo cambiava e la politica, la grande politica, entrava nelle vite della mia generazione da tanti lati. Dal conflitto delle sinistre – comunisti e socialisti – con la Democrazia Cristiana, che attraversava tutto il paese e che prima o poi ti coinvolgeva. Dallo sconvolgimento del mondo, dove crollavano gli imperi coloniali e avanzava il socialismo; dalle lotte di liberazione, Cuba, l’Algeria, il Vietnam, che ti chiedevano di prendere posizione. Dal cambiamento dei costumi che avanzava e minava l’Italia bigotta, familista e autoritaria che ancora dominava.
    Magari si cominciava con la musica, il rock contro il melodico, e poi si finiva in piazza. Quelli più grandi di noi lo fecero già nel 1960 scendendo in strada con le loro magliette a righe contro il governo filofascista di Tambroni e furono uccisi a Reggio Emilia, in Sicilia. Poi ci furono il ‘68 ed il ‘69, le grandi lotte degli anni Settanta, che davvero trasformarono il paese, spazzarono via tutto l’autoritarismo che ancora lo permeava e provarono a costruire una società giusta. Negli anni ‘80 cominciò il riflusso, il giro di boa della storia, e in diversi decenni di restaurazione molte conquiste sociali e democratiche furono cancellate. Nel nome del mercato e dell’impresa, che si presentavano come moderni, rivoluzionari persino. Una parte della mia generazione fu catturata da questi tempi nuovi e se ne fece complice e artefice. In molti però resistemmo, per fermare ciò che vedevamo come il ritorno al passato, mentre si presentava come il futuro. Così da rivoluzionari in fondo diventammo conservatori, e così fummo definiti e dileggiati. Lottammo tanto, ma perdemmo; il mondo diventò ciò che non avremmo mai voluto che fosse, dominato dalla ricchezza e dal denaro.
    Prima di restare chiuso in casa, girando per Brescia mi capitava spesso di incontrare operai con cui avevo lottato negli anni Settanta e Ottanta e tutti mi facevano lo stesso discorso: quanti scioperi quante lotte, e ora si è perso tutto; i giovani non hanno più nulla di ciò che avevamo conquistato noi. Già, i giovani… Ai quali la mia generazione era additata come causa dei loro guai, da chi ci aveva sconfitto. Noi eravamo considerati dei privilegiati perché avevamo conquistato un lavoro più sicuro, perché avevamo una pensione, bassa ma dignitosa. Noi avevamo lottato contro la distruzione dei diritti sociali e del lavoro, contro la precarizzazione dei lavori e delle vite, ma paradossalmente, proprio coloro che avevano cancellato le nostre conquiste, ora ci accusavano di essere la causa del fatto che nessuna di esse fosse arrivata ai giovani. Eravamo i baby boomers, la generazione nata col boom delle nascite del dopoguerra, che “viveva alle spalle” di tutte le altre. Ok, boomers era il termine che si stava diffondendo e che serviva a zittire con disprezzo uno della mia generazione, se provava a dire che il mondo attuale non gli piaceva affatto. “Vai all’inferno vecchietto, accontentati dei tuoi privilegi e della tua vita fortunata”.
    Poi è arrivato il morbo che ha aggredito in particolare gli anziani e ucciso tante e tanti di essi. Come per una tremenda legge del contrappasso, noi che abbiamo lottato per la sanità pubblica e contro i tagli e le privatizzazioni, ora siamo vittime della nostra sconfitta e del successo di chi ci ha battuto. Ora di fronte allo sterminio delle generazioni anziane l’opinione verso di noi sta mutando, e una società che ha colpito i diritti ed il futuro dei giovani dandone la colpa a noi, ora riscopre le parole e le idee della nostra gioventù. Il conflitto generazionale quasi scompare e tornano le differenze di classe, le ingiustizie sociali, la divisione tra ricchi e poveri, anche quelle tra stati nel mondo. E la solidarietà e l’eguaglianza riconquistano improvvisamente la ribalta, i politici che le hanno sempre ignorate e dileggiate ora si nascondono ipocritamente dietro di esse. La mia generazione e quelle più vicine pagano con migliaia di morti il ritorno di ciò per cui si sono battute fin dalla gioventù e per cui bisognerà riprendere a lottare. Coloro che ce l’avranno fatta in fondo torneranno giovani, e ci auguriamo che essi siano il più possibile.
    (Giorgio Cremaschi, “Lo sterminio della mia generazione”, da “Contropiano” del 30 marzo 2020. Già leader sindacale Fiom, Cremaschi è un esponente di “Potere al Popolo”).

    Il Covid-19 sta sterminando chi ha dai settant’anni in su, la mia generazione e quelle più vicine. Generazioni nate a cavallo della seconda guerra mondiale, che ne hanno incontrato le sofferenze, le distruzioni, i morti, le lotte o direttamente, o subito dopo nei ricordi dei genitori che ogni tanto si lasciavamo scappare qualche frase, magari mentre si parlava d’altro. Io, che sono nato nel dopoguerra, ho conosciuto questa parola per un gioco stupido che avevo imparato in strada – allora i bambini ci vivevano – da miei compagni più grandi. Facevano con la bocca il rumore sempre più forte degli aerei che si avvicinavano: uuuuuuuuu. Mi era sembrato divertente e poi ero bravo a riprodurre quel suono, e una sera lo provai a tavola. Un urlo disperato di mia madre – smettila! – mi ammutolì. Seppi poi che ad altri bambini non era andata così bene, il loro rievocare il rumore dei bombardieri in arrivo era stato interrotto da solenni scapaccioni. La mia generazione ha visto il mondo cambiare forse come poche altre. Quando ero piccolo il solo mezzo di comunicazione della famiglia con il mondo, oltre ai giornali, era la radio. Telefoni e televisione erano un lusso che sarebbe arrivato dopo, già con l’adolescenza.

  • Galloni: soldi a tutti, prima che si assaltino i supermercati

    Scritto il 02/4/20 • nella Categoria: idee • (3)

    Reddito universale? Il punto di partenza di Grillo è che, dato che c’è la decrescita e non ci potrà essere la piena occupazione (anzi, ci sarà la massima disoccupazione, a prescindere dal virus), bisogna dare un reddito a tutti per sostenere l’economia. Tutto ciò ovviamente si p aggravato con l’emergenza in corso. Qui, tra me e Grillo, c’è una prima divergenza di fondo: più che di decrescita, dell’industria o dell’agricoltura, bisogna parlare di un risposizionamento (dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi). Ma dovranno crescere altre attività, ad esempio nel comparto dei beni e dei servizi immateriali, che prenderanno il posto delle occupazioni precedenti. Quando si sviluppò l’industria, si ridusse drasticamente l’occupazione in agricoltura. Quando s’è sviluppato il post-industriale, cioè i servizi, c’è stato un calo più o meno drastico degli addetti all’industria. Poi, nella fase che nei miei libri ho definito post-capitalistica, si ridimensionano tutti questi settori a reddito. E’ quindi necessario far crescere la risposta ai bisogni della società (in questo sta il cambio del paradigma, rispetto alla ricerca di profitto) perché comunque la società va avanti. Quindi, quando parliamo di reddito universale, dobbiamo tener ben presente questa differenza: non stiamo andando verso la decrescita, che per essere “felice” necessita di una riduzione della popolazione che sia maggiore del calo della popolazione, sennò sarebbe ancora più infelice.
    Per essere “felice”, la decrescita richiedere di ridurre la popolazione mondiale: è il vecchio progetto di alcuni ambienti estremistici dell’ambientalismo, e di ambienti particolarmente retrivi della grande finanza (che sono poi quei due ambienti che qualcuno sospetta che abbiano avviato e condizionato l’impresa di Grillo e Casaleggio). A fianco di questo aspetto, che è cruciale, ve n’è però un altro – che è il motivo per cui siamo entrati in questa crisi, che poi è stata aggravata da quella sanitaria. E cioè: nella maggior parte dei comparti produttivi, la redditività degli investimenti è diventata negativa. Per capirlo dobbiamo osservare l’andamento del Pil: nel caso italiano (e l’Italia è una delle potenze industriali del pianeta) è stato significativamente vicino allo zero per parecchio tempo, e fra l’altro sarebbe negativo il Pil pro capite, che è quello più importante per la domanda: a fronte del Pil che non cresce, c’è la popolazione residente che cresce. Continua ad aumentare l’occupazione, è vero, anche se è precaria e sottopagata. Ma se noi da questa occupazione e da questo Pil sottraiamo quel 20-30% che ancora fa reddito positivo, con un fatturato decisamente superiore al costo (quindi, stipendi buoni), tutto il resto è ancora più insostenibile. Quindi noi dobbiamo affrontare questi due aspetti: da una parte il ridimensionamento dei comparti produttivi dell’economia materiale, dall’altra la decrescente redditività degli investimenti.
    Chi è il grande sconfitto, di questa situazione? E’ tutta la moneta a debito: tutto ciò che è a debito non è sostenibile. Lo vedete: il Pil non cresce, ma cresce il debito pubblico. Questo di per sé non è un segnale di insostenibilità, perché comunque abbiamo un grande risparmio privato, sia pure anch’esso in calo: titoli e depositi, in ogni caso, rappresentano quasi il doppio del debito pubblico. Quindi il sistema-Italia sta benissimo, paradossalmente; ma le sue prospettive non sono sostenibili, se non si esce dall’economia del debito. Perciò va benissimo parlare di reddito universale. Basta che non sia sorretto da due fattori, che denuncio. E cioè: l’aumento del debito, in particolare del debito pubblico, ovvero un aumento (o una introduzione) di una forte tassa patrimoniale. Meglio l’emissione di una moneta nazionale parallela, non convertibile in euro, fino al raggiungimento della piena occupazione. Data la crisi aggravata dal coronavirus, si può quindi pensare a un reddito universale di 1000-1500 euro mensili pro capite, in più prestando particolare attenzione, innanzitutto, ai comparti più colpiti dallo stop imposto dall’emergenza. Il turismo, ad esempio, ha perso l’annata: andrebbe immediatamente istituito un “reddito di quarantena” per tutti quelli che hanno perso completamente il reddito. E quindi turismo, ristorazione, palestre: tutte attività che non riaprianno, quando comincerermo a tornare alla vita normale.
    Se però ci fosse un’interruzione definitiva – come paventato da Mario Draghi – di tutto il sistema produttivo, allora l’immissione di moneta non a debito rischierebbe di creare inflazione. Quindi dobbiamo immetterla per evitare che l’economia, l’industria e la produzione si blocchino: a quel punto servirà a stimolare quelle risorse e quella capacità produttiva aggiuntiva che l’Italia ha. Ma se in Italia, a causa di questa situazione (il perdurare dell’emergenza e la chiusura nelle case di tutti quanti) si dovessero bloccare tutte le attività produttive, bisognare considerare anche la specificità della nostra struttura produttiva, che è basata su aziende piccolissime, che poi a un certo punto chiudono: perché devono pagare l’affitto, le bollette. Senza un aiuto consistente, io smetto di pagare il mutuo, stacco le utenze, faccio presente ai collaboratori che è finita. Poi, se arrivano risorse reddituali aggiuntive (perché lo Stato immette) ma intanto l’attività è stata chiusa, che cosa ci si compra, con quei soldi? Questo è il problema della moneta non a debito: l’urgenza. Invece, se si usa solo moneta a debito, tutta dentro un progetto finanziario, poi la devi ripagare, e quindi devi guadagnare di più di quello che è il debito. E abbiamo visto che non è più possibile, essendo finito il capitalismo (questo è il vero motivo per cui c’è la crisi).
    E’ finito, il capitalismo, ma non abbiamo uno straccio di paradigma altenativo per far funzionare l’economia mondiale. E allora, intanto che tutte le potenze mondiali si avvicinano a questa constatazione, come si farà a gestire il sistema economico mondiale? Bisogna trovare un altro paradigma, un altro sistema – in cui ci sia anche la parte di profitto, ma chiaramente il grosso dovrà essere retto da moneta non a debito. Ovvero, come spiego nei miei libri: retto da credito bancario a tasso d’interesse negativo altissimo. Questo consentirà alle banche di non subire perdite: si limiteranno a ridurre i propri guadagni, registrando un mancato arricchimento. Stato e banche però devono modificare la loro contabilità, altrimenti non ce la si fa. Prima che la gente assalti i supermercati, è urgente risolvere questi problemi. Serve agire in fretta: l’agricoltura già denuncia la mancanza di manodopera, e le coltivazioni trascurate poi non si recuperano rapidamente, i danni sono catastrofici.
    Se non si permette alla gente di tornare a lavorare, il comparto agricolo rischia di scomparire. Se mancano consumatori sui mercati, provvisti di soldi, addio. Trasponendo questo nella manifattura, nell’industria e negli altri comparti, capiamo qual è la posta in gioco adesso: o lo Stato interviene subito con moneta aggiuntiva non a debito, a circolazione solo nazionale e compatibile con l’euro, oppure tra 4-5 mesi ci troveremo in una situazione talmente difficile, che solo aumentando il debito con l’Europa potremmo cercare di far riprendere l’economia (e ho qualche dubbio, che ci accada). Anche Draghi ha espresso questi dubbi. Certo, la sua posizione è diversa: lui propone di mantenere la moneta a debito, quindi la contabilità bancaria, perché deve nascondere come si crea la moneta. Però, se Draghi arriva e fa questa operazione, in vista della cancellazione del debito aggiuntivo (350 miliardi, da considerare come “debito di guerra” destinato a cancellarsi), allora anche l’ipotesi-Draghi va presa seriamente in considerazione.
    Beninteso, in Draghi non c’è nessuna “metamorfosi”: Draghi è uno dei massimi rappresentanti della finanza mondiale, quella che ci privatizzato e massacrato. Però non fa parte di quella finanza mondiale legata all’estremismo ambientalista (e ad altri giri tipo Rothschild) che vuole invece la riduzione della popolazione del pianeta. In quel caso avrebbe detto: benissimo, se salta tutto per aria, moriranno milioni di italiani. Sarebbe meglio, se l’Italia si riducesse a 20 milioni di abitanti? Questo lo pensano alcuni, ma non Draghi. In lui, però, non c’è nessuna metamorfosi: sta solo applicando, pedissequamente, i principi per i quali abbandonò a suo tempo la nostra scuola post-keynesiana, passando al liberismo. Evidentemente vuole mantenere la partita doppia e la moneta a debito, per poi cancellarla: in questo modo non si vedrebbe la creazione monetaria, che evidentemente è quello che gli preme. Infatti, se tutti vedessimo che la moneta si può creare senza costo, scenderemmo tutti in piazza a dire: ma scusate, se l’avete fatto per salvare le banche, perché non lo potete fare per salvare le persone?
    L’espressione “capitalismo inclusivo”, peraltro, è un ossimoro: è come dire “liberismo solidaristico”. Quello che ha funzionato, in passato, con molti limiti ma con grandi risultati, sono state le economie miste, in cui c’erano elementi di capitalismo e di socialismo. Probabilmente finiremo per orientarci in questo senso: un recupero della solidarietà nell’economia, veicolato dalle grandi scelte strategiche e dal peso dello Stato, diretto e indiretto, nell’economia stessa. Un assetto abbandonato formalmente, a livello mondiale, dopo il G7 di Tokyo del 1979. Dopodichè abbiamo avuto un quarantennio di liberismo, e adesso il liberismo non funziona più. L’economia mista, solidaristica, ha funzionato per quasi 40 anni dopo la Seconda Guerra Mondiale; il suo abbandono ha coinciso con la fine dei partiti liberali. Con il crollo del Muro di Berlino è finita la Dc, che era anticomunista. E adesso, che siamo di fronte al crollo della globalizzazione, immagino che i nazionalismi finiscano per entrare in crisi: a vincere sarà il ritorno alla solidarietà, sia interna che internazionale. Sarà un’alternativa sia al sovranismo miope, sia alla mancanza di sovranità.
    (Nino Galloni, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming “Reddito universale, Carlo Toto e Nino Galloni rispondono a Grillo”, su YouTube il 1° aprile 2020. Vicepresidente del Movimento Roosevelt e prestigioso economista post-keynesiano, Galloni – figlio del ministro democristiano Giovanni Galloni, già vicepresidente del Csm – è stato a lungo dirigente del ministero del lavoro. Come Draghi, Galloni è stato allievo del professor Federico Caffè, insigne economista progressista).

    Reddito universale? Il punto di partenza di Grillo è che, dato che c’è la decrescita e non ci potrà essere la piena occupazione (anzi, ci sarà la massima disoccupazione, a prescindere dal virus), bisogna dare un reddito a tutti per sostenere l’economia. Tutto ciò ovviamente si è aggravato con l’emergenza in corso. Qui, tra me e Grillo, c’è una prima divergenza di fondo: più che di decrescita, dell’industria o dell’agricoltura, bisogna parlare di un risposizionamento (dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi). Ma dovranno crescere altre attività, ad esempio nel comparto dei beni e dei servizi immateriali, che prenderanno il posto delle occupazioni precedenti. Quando si sviluppò l’industria, si ridusse drasticamente l’occupazione in agricoltura. Quando s’è sviluppato il post-industriale, cioè i servizi, c’è stato un calo più o meno drastico degli addetti all’industria. Poi, nella fase che nei miei libri ho definito post-capitalistica, si ridimensionano tutti questi settori a reddito. E’ quindi necessario far crescere la risposta ai bisogni della società (in questo sta il cambio del paradigma, rispetto alla ricerca di profitto) perché comunque la società va avanti. Quindi, quando parliamo di reddito universale, dobbiamo tener ben presente questa differenza: non stiamo andando verso la decrescita, che per essere “felice” necessita di una riduzione della popolazione che sia maggiore del calo della produzione, sennò sarebbe ancora più infelice.

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