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Mitchell, Apollo 14: i nostri governi parlano con gli alieni
«Gli alieni sono qui, da parecchi anni. Ci sono tante ottime prove che lo dimostrano». Fa un certo effetto leggere che un ex astronauta ritiene sicura l’esistenza di civiltà extraterrestri: non in qualche remota galassia ma proprio qui, sul nostro pianeta, in mezzo a noi. «E vi assicuro che fa ancora più effetto sentirglielo dire di persona», scrive Sabrina Pieragostini, giornalista televisiva di “Studio Aperto”, che con l’anziano Mitchell ha parlato al telefono poco prima che l’astronauta ci lasciasse, nel 2016. Classe 1930, Mitchell è stato un eroe dell’epopea spaziale del XX secolo, membro del ristrettissimo “club dei 12” (tanti sono gli uomini che, almeno ufficialmente, hanno posato i loro piedi sulla Luna). La Pieragostini gli fece un’intervista radiofonica: lui dalla sua casa in Florida, lei dall’Italia. «Ottenerla è stato incredibilmente semplice», ammette la giornalista, sul suo blog. «La nostra chiaccherata, ovviamente, non poteva che incentrarsi sull’argomento che dal 2008 l’ha riportato alla ribalta: la vita extraterrestre e il “cover up”», cioè la coltre di silenzio stesa sugli Ufo, la cui esistenza è stata ammessa soltanto oggi dalla marina militare degli Stati Uniti, con tanto di video registrati dalle telecamere dei caccia, che inquadrano i dischi volanti nel mirino.Pilota della missione Apollo 14 e recordman di permanenza sul suolo lunare, Mitchell ha risposto a tutte le domande di Sabrina Piragostini, ribadendo la sua assoluta certezza che non siamo soli: una verità a suo avviso «nota da tempo a molti governi» e che «forse, un giorno, sarà finalmente svelata». L’astronauta ha però escluso che le sue convinzioni siano legate ad esperienze dirette, vissute durante la sua permanenza nello spazio. «Ma ciò che ha saputo e sentito, dopo il suo ritorno dalla Luna, lo ha persuaso che il fenomeno Ufo sia reale», riporta la Pieragostini. Un evento si impone su tutti: il celeberrimo caso di Roswell. E’ stato il “crash” più famoso della storia, avvenuto a pochi chilometri di distanza da Artesia, la cittadina del New Mexico in cui il giovane Edgar era cresciuto. Il giorno dello schianto di quello che da decenni l’esercito americano definisce un banale pallone-sonda meteorologico, però, Mitchell non era lì: studiava al college. Ma a distanza di molti anni, quando – divenuto ormai una celebrità internazionale – è tornato a trovare gli amici, i testimoni di quella misteriosa vicenda hanno fatto la fila per andare da lui a raccontargli cosa fosse davvero accaduto, quel 3 luglio del 1947. «L’ incidente è reale, è tutto vero», ha confermato così Mitchell alla giornalista italiana, senza la minima esitazione.La loro conversazione ha preso il via da quell’esperienza, segnando la carriera e stessa vita di Mitchell: la missione Apollo 14 che lo portò a camminare, per molte ore, sul nostro satellite. «Se credo che gli alieni esistano? Certamente! Penso che ci siano le prove che siamo stati visitati da molto tempo». Un’affermazione sorprendente, da parte di un uomo di scienza. Soprattutto considerando che molti altri scienziati, al contrario, insistono nel dire che non esistano prove a sostegno di simili teorie. «Le prove invece ci sono eccome», ha assicurato Mitchell: «Conosco personalmente alcuni dei ricercatori più autorevoli, in America e in Europa». Come dire: in certi ambienti la notizi è risaputa. «Poi, sono cresciuto a Roswell, in New Mexico, dove è avvenuto il famoso incidente del 1947, perciò conosco molto bene l’argomento e anche le persone che ne furono coinvolte: ed è stato un incidente reale», ha insistito Mitchell. Quindi gli alieni sono qui, sulla Terra, in mezzo a noi? «Senza dubbio sono qui», è la risposta dell’astronauta. «Negli ultimi decenni, molti studiosi hanno effettuato ricerche in questo ambito. Ci sono stati tantissimi episodi di dischi volanti, avvistamenti di astronavi… Sia piloti civili che militari hanno avuto incontri con Ufo nei cieli durante gli ultimi anni. È tutto ben verificato, sono informazioni perfettamente dimostrate».E che aspetto avrebbero, i nostri visitatori? Risposta: «Sono consapevole del fatto che in tutte le ricerche e i rapporti in materia si parla di diverse razze aliene. Alcuni potrebbero essere dei robot, altri delle vere forme viventi. Ci sono almeno 3 o 4 tipi di alieni che ci hanno già visitato e che sono qui, tra noi, da parecchio tempo». Quali erano le fonti di Mitchell? Si trattava di militari e funzionari governativi? «Solo alcuni lavorano per il governo, ma la maggior parte sono ricercatori indipendenti», ha risposto l’ex pilota dell’Apollo 14. «Hanno trascorso decine di anni a compiere le loro indagini, cercando i testimoni, analizzando i siti e scrivendo i loro resoconti. Questo, sia negli Stati Uniti che in Europa. In particolar modo, in Inghilterra Nick Pope è un’ottima fonte di informazioni su tutto ciò che accade nel Regno Unito». Domanda inevitabile: davvero, come molti affermano, Stati Uniti, Europa, Russia e Cina – solo per citare alcune delle nazioni impegnate nella conquista dello spazio – stanno coprendo la verità in merito alla questione extraterrestre? Cosa sanno, veramente? «Non sono informato, ovviamente, su tutto ciò che i governi conoscono, ma siamo consapevoli che molti di loro tengono ancora ben chiusi i loro archivi», ha detto Mitchell. «Il mio governo, ad esempio, quello degli Stati Uniti, ha deciso per il momento di non rendere pubblici i contenuti dei suoi archivi». Già nel 2008, durante un’intervista radiofonica, Mitchell aveva sostenuto di «aver avuto informazioni da fonti militari» dell’esistenza di «contatti consolidati tra vari governi terrestri ed esponenti di civiltà aliene».Quindi il “cover up”, l’insabbiamento, è un fenomeno reale? «Direi che alcuni governi trattengono ancora la piena informazione, sì, è vero. Ma sta arrivando il momento delle domande». Ora, con l’improvviso sdoganamento ufficiale dell’esistenza degli Ufo (per la verità, quasi obbligatorio dopo centinaia di migliaia di avvistamenti, sempre più frequenti), la sensazione è che ci stiamo avvicinando a qualcosa di definitivo: la rivelazione, la cosiddetta “disclosure”. Siamo alla vigilia, come tanti auspicano, di un cambio di rotta? Davvero l’opinione pubblica sta per essere messa al corrente della realtà aliena? «Spero di sì», ha detto Mitchell alla Pieragostini. «Spero che presto la gente sappia cosa sta realmente succedendo». E ancora: «Non sono sicuro che ciò avverrà in tempi brevi, ma mi auguro che sia così. Mi farebbe molto piacere». In una conferenza stampa di qualche anno prima, Mitchell aveva ribadito il concetto: «Per lungo tempo l’umanità si è chiesta se siamo soli nell’universo, ma solo ora ne abbiamo le prove. No, non siamo soli. Il nostro destino, secondo me, si apre alla possibilità di entrare in una sorta di comunità planetaria. Dobbiamo provare a tendere la mano oltre il nostro pianeta e oltre il nostro sistema solare, per capire realmente cosa c’è là fuori».«Gli alieni sono qui, da parecchi anni. Ci sono tante ottime prove che lo dimostrano». Fa un certo effetto leggere che un ex astronauta ritiene sicura l’esistenza di civiltà extraterrestri: non in qualche remota galassia ma proprio qui, sul nostro pianeta, in mezzo a noi. «E vi assicuro che fa ancora più effetto sentirglielo dire di persona», scrive Sabrina Pieragostini, giornalista televisiva di “Studio Aperto”, che con l’anziano Mitchell ha parlato al telefono poco prima che l’astronauta ci lasciasse, nel 2016. Classe 1930, Mitchell è stato un eroe dell’epopea spaziale del XX secolo, membro del ristrettissimo “club dei 12” (tanti sono gli uomini che, almeno ufficialmente, hanno posato i loro piedi sulla Luna). La Pieragostini gli fece un’intervista radiofonica: lui dalla sua casa in Florida, lei dall’Italia. «Ottenerla è stato incredibilmente semplice», ammette la giornalista, sul suo blog. «La nostra chiacchierata, ovviamente, non poteva che incentrarsi sull’argomento che dal 2008 l’ha riportato alla ribalta: la vita extraterrestre e il “cover up”», cioè la coltre di silenzio stesa sugli Ufo, la cui esistenza è stata ammessa soltanto oggi dalla marina militare degli Stati Uniti, con tanto di video registrati dalle telecamere dei caccia, che inquadrano i dischi volanti nel mirino.
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Ben Gurion, padre di Israele: massacrate donne e bambini
«Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle loro terre». Sembrerebbe Hitler, ma non è lui. «C’è bisogno di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti». A parlare non è Himmler, non è Goebbels, ma il “padre” dello Stato d’Israele, David Ben Gurion. Obiettivo di queste “raccomandazioni” affidate alle sue memorie: «Ripulire la Galilea dalla sua popolazione araba». Letteralmente: pulizia etnica. «Quell’uomo – accusa Paolo Barnard – pronunciò quelle agghiaccianti parole 20 anni prima della nascita dell’Olp, più di 30 anni prima della nascita di Hamas, 50 anni prima dell’esplosione del primo razzo Qassam su Sderot in Israele». Problema: la “narrazione” dominante in Occidente ignora questa atroce verità storica in modo sistematico. E’ negazionismo: la stessa infamia che pretende di negare l’abominio di Auschwitz.
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Lega Lombarda, che peccato forzare la storia
«La storia può essere legittimazione oltremodo autorevole, le grandi figure del passato autentici stendardi da sventolare». E, più il passato si allontana, più è difficile, oggi, che qualcuno alzi il dito per denunciare forzature storiografiche: «I diretti interessati sono morti da tempo e le tracce dei fatti si confondono nello spazio dei secoli». Tuttavia, se un’appropriazione è «indebita», il rischio che venga smascherata persiste, anche a distanza di mille anni. Lo afferma Cecilia Moretti, che dalle colonne del webmagazine della fondazione “Farefuturo” prende le distanze dal film “Barbarossa”, di Enzo Martinelli, osannato dalla Lega Nord come una celebrazione politica.