Archivio del Tag ‘Europeo’
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Siria, la Nato usa i terroristi: rubare all’Iran il gas del Golfo
Sveliamo la verità sulla guerra in Siria per amore di chiarezza, perché la gente è confusa. I media presentano la situazione in maniera distorta, facendo apparire tutto il contesto come un grande caos (contro l’Isis combatterebbero gli Usa e i curdi, più i “ribelli” siriani, la Turchia e alcuni paesi arabi del Golfo, mentre Assad e Putin sarebbero in secondo piano, insieme all’Iran e ai libanesi di Hezbollah). Ma il problema è semplice: è solo questione di petrolio e di gas. Nel Golfo Persico c’è il North Gas Field: è il giacimento di gas più grande al mondo. Oggi il Qatar ne possiede una parte. Ne parlò con la Turchia nel 2009, due anni prima che cominciasse la guerra in Siria. Il Qatar avrebbe voluto vendere quel gas attraverso un condotto, attraversando Arabia Saudita, Siria e Turchia, fino a raggiungere il mercato europeo. Il problema è che, per far passare il gasdotto attraverso la Siria, avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione ad Assad, che disse di no. Ovviamente il Qatar non ha gradito la risposta, anche perché la proprietà dell’altra metà del giacimento è rivendicata dall’Iran. Si tratta di un giacimento molto speciale: date le sue dimensioni, può avere accesso sia dal Qatar che dall’Iran. Chi riuscirà a pompare il gas più velocemente avrà un vantaggio concorrenziale.Anche l’Iran, chiaramente, avrebbe intenzione di vendere quel gas all’Europa, attraverso un proprio condotto. Ha chiesto a sua volta il permesso ad Assad, e questa volta il presidente siriano ha detto sì. Quindi le cose sono più chiare, adesso: Arabia Saudita, Qatar, Kuwait e gli altri paesi arabi sunniti – insieme a Stati Uniti, Francia, Inghilterra e Turchia (almeno fin quando Ankara ha collaborato con la Nato, dato che adesso la Turchia si è rappacificata con la Russia) – non vogliono che Assad resti suo posto. Viceversa, gli sciiti (l’Iran, Hezbollah) sono alleati con la Russia per mantenere Assad al potere. La Russia ha due basi militari, in Siria, e possiede Gazprom, che già da molti anni vende gas all’Europa, e a cui certo vorrebbe continuare a venderne. Alcune cose sembrano complicate, ma solo perché i media ci inducono in errore. E’ solo geopolitica: da una parte c’è una coalizione che vuole cambiare i vertici in Siria, e dall’altra c’è una coalizione che non lo vuole. Questa guerra sta durando ormai da quattro anni e mezzo, con più di 500.000 morti tra civili, donne e bambini.I media ci dicono che Assad è il cattivo, il boia di Damasco. Nessuno ci dice niente, a proposito del petrolio e del gas. I media ci dicono che Usa e Nato non sono intervenuti per molto tempo, ci raccontano che sono entrati in azione solo quando Assad avrebbe iniziato a massacrare il suo popolo. Sotto l’egida della Nato, Arabia Saudita e Turchia hanno deliberamente inviato jihadisti radicali in Siria. Il loro fine era quello di destabilizzare il tessuto sociale siriano, e ci sono riusciti. Fornendo armi letali a jihadisti radicali, è possibile destabilizzare qualsiasi paese – come l’Iraq di Saddam e la Libia di Gheddafi. I paesi Nato come Usa, Gran Bretagna e Francia appoggiano i ribelli, i jihadisti. E quando la gente capirà cosa sta succedendo davvero, da quelle parti, ci sarà un putiferio. I media ci dicono che la Nato combatte il terrorismo, ma alla fine questa storia si è rivelata solo un mucchio di bugie. Il meccanismo si ripete. Ricordate Colin Powell che mostra platealmente una fialetta e dice che Saddam ha le armi chimiche? Oggi tutti sappiamo che non era vero niente, ma loro continuano a “venderci” la stessa roba, guidandoci verso la disinformazione attraverso i mass media.(“La verità dietro alla guerra in Siria: perché America, Inghilterra, Israele e Francia mentono per fare la guerra alla Siria”, sintesi del “profetico” video di “Sustainable Media” prodotto il 14 ottobre 2016 e diffuso anche su Facebook).Sveliamo la verità sulla guerra in Siria per amore di chiarezza, perché la gente è confusa. I media presentano la situazione in maniera distorta, facendo apparire tutto il contesto come un grande caos (contro l’Isis combatterebbero gli Usa e i curdi, più i “ribelli” siriani, la Turchia e alcuni paesi arabi del Golfo, mentre Assad e Putin sarebbero in secondo piano, insieme all’Iran e ai libanesi di Hezbollah). Ma il problema è semplice: è solo questione di petrolio e di gas. Nel Golfo Persico c’è il North Gas Field: è il giacimento di gas più grande al mondo. Oggi il Qatar ne possiede una parte. Ne parlò con la Turchia nel 2009, due anni prima che cominciasse la guerra in Siria. Il Qatar avrebbe voluto vendere quel gas attraverso un condotto, attraversando Arabia Saudita, Siria e Turchia, fino a raggiungere il mercato europeo. Il problema è che, per far passare il gasdotto attraverso la Siria, avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione ad Assad, che disse di no. Ovviamente il Qatar non ha gradito la risposta, anche perché la proprietà dell’altra metà del giacimento è rivendicata dall’Iran. Si tratta di un giacimento molto speciale: date le sue dimensioni, può avere accesso sia dal Qatar che dall’Iran. Chi riuscirà a pompare il gas più velocemente avrà un vantaggio concorrenziale.
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Bruxelles, svelata la lista dei 226 Soros-boys (14 italiani)
Affidabili perché? Amichetti di chi? I parlamentari italiani affidabili per George Soros e la sua Open Society, ma soprattutto per i suoi progetti di diffusione di immigrati e profughi in tutta Europa, sono 14, dei quali 13 del Partito Democratico, che a Bruxelles e Strasburgo sta nel gruppo che ora si chiama “alleanza progressista democratici e socialisti”, e 1 della lista Tsipras, che è Barbara Spinelli. Gli altri sono Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti. I loro nomi compaiono in un documento interno della Open Society che è una mappa dettagliata fino alla maniacalità sul Parlamento Europeo e la sua struttura, le sue ramificazioni, al centro della quale ci sono 226 parlamentari sui 751 dell’intero Parlamento, 7 vicepresidenti, decine di coordinatori e di questori, i membri di 11 commissioni e 26 delegazioni, tutti definiti affidabili alleati già dimostratisi tali o che tali possono diventare, assieme al gruppo dei loro assistenti, collaboratori, funzionari e portaborse a titolo vario.La maggioranza, 82, è nel partito dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici, ma ci sono circa 38 del Partito Popolare Europeo e 36 del gruppo Liberale, 34 della Sinistra Nordica, fino a 7 conservatori e riformisti europei. Un appoggio trasversale. Per carità, le grandi compagnie nell’organizzare attività di lobby così fanno, individuano le persone avvicinabili in una istituzione per disponibilità e per competenza. Ma se si trattasse solamente di individuare chi è vicino a certe opinioni, certe battaglie, a certe campagne in modo ideale, per appartenenza politica e sentimento, perché solo 226 presi nell’intera area progressista del Parlamento, e non solo? Perché solo 14 italiani, quando si suppone che tutti e 31 gli eletti del Partito Democratico dovrebbero condividere le stesse opinioni? Perché nessuno dei 17 eletti dei 5 Stelle? Nessuno sensibilizzabile fra i 13 di Forza Italia?È un bel malloppo quello preparato dalla Open Society che “DCleaks” ha reso noto, e che il governo ungherese, gran nemico di George Soros, ora ritiene di poter utilizzare nella sua furibonda battaglia contro i progetti della Open Society di riempire di profughi e di immigrati tutti i paesi europei. I 226 parlamentari sono elencati per incarichi, competenze, interessi, background, appartenenza politica, paesi di provenienza, ruoli nelle varie commissioni passati presenti e futuri; c’è Martin Schulz, non più presidente perché si è candidato nel partito socialdemocratico tedesco e ha sfidato la Merkel portando il suddetto partito al suo minimo storico. C’è l’italiano Gianni Pittella, che del gruppo Socialista è il presidente. Ci sono nomi famosi come Sergio Cofferati e Barbara Spinelli, e meno noti al pubblico, ma segnalati come influenti nel loro partito e nel Parlamento Europeo, come Roberto Gualtieri.Sull’autenticità del rapporto non c’è il minimo dubbio; su reazioni, annunci e speculazioni che fanno gli ungheresi alcune premesse sono necessarie perché il rapporto tra governo di Budapest e George Soros è di guerra. A dir la verità siamo prossimi alla guerra anche tra gli organismi che dirigono l’Unione Europea e Budapest, ma anche Varsavia, Bratislava e Praga, a cui aggiungere Vienna. Lo scontro ruota intorno alla politica di accoglienza indiscriminata, causa principale anche dell’uscita dell’Inghilterra, sarà bene ricordarlo. Con Soros, Budapest e il governo nazionalista di Viktor Orban hanno un conto doppio, perché George Soros è nato in Ungheria, nel 1930, da ebreo del ghetto di Budapest ai nazisti, imparando magistralmente fin da bambino l’arte della sopravvivenza a modo suo, denunciando ai nazisti i luoghi nei quali altri ebrei erano rifugiati. Da lì è partita la sua straordinaria avventura di finanziere e speculatore, con pelo sullo stomaco come pochi, basta ricordare la svalutazione della sterlina e della lira nel 1992.La Open Society e la filantropia sono venute dopo, ma non sono meno aggressive nei metodi e nei finanziamenti di certi partiti e di certi candidati piuttosto che di altri. Open Society Foundation si propone di “far accettare agli europei i migranti e la scomparsa delle frontiere”, cito il titolo di un progetto. Progetto finanziato di recente per 18 miliardi di dollari con il passaggio di una parte del patrimonio di Soros a Open society. Sarà complottismo, impazza anche negli Stati Uniti, visti i rapporti strettissimi tra Barack Obama e Hillary Clinton e Soros, e lo smacco subito con l’elezione di Donald Trump che proprio non era prevista visto il fiume di soldi profusi, ma l’idea è che per raggiungere l’obiettivo basterebbe negli Stati europei un milione di migranti l’anno, con la collaborazione attiva della sinistra “no borders”, della finanza apolide, dei neoguelfi al potere in Vaticano. Tutte colonie.Nelle parole di Viktor Orban, giudicato pericoloso autocrate nelle capitali dell’Europa occidentale ma estremamente popolare nel suo paese, l’Europa potrebbe diventare presto ostaggio di «un impero finanziario e speculativo che promuove l’invasione orchestrata di nuovi immigrati». Magari Orban è pazzo, ma come mai senza un appuntamento prestabilito né un argomento dichiarato, George Soros può incontrare Jean-Claude Juncker? Se è per questo, ha lungamente incontrato anche il premier italiano, Gentiloni, l’estate scorsa, in piena crisi di barconi. Insomma, a 87 anni compiuti, ma evidentemente ancora sostenuto da un’energia indomabile, il vecchio speculatore si muove come un leader politico mondiale. E liste come questa del Parlamento Europeo aiutano lui ma non aiutano la considerazione e la fiducia degli elettori.(Maria Giovanna Maglie, “Svelata la lista dei 226 parlamentari europei considerati affidabili dal miliardario Soros: gli italiani sono 14, di cui 13 del Pd”, da “Dagospia” del 1° novembre 2017).Affidabili perché? Amichetti di chi? I parlamentari italiani affidabili per George Soros e la sua Open Society, ma soprattutto per i suoi progetti di diffusione di immigrati e profughi in tutta Europa, sono 14, dei quali 13 del Partito Democratico, che a Bruxelles e Strasburgo sta nel gruppo che ora si chiama “alleanza progressista democratici e socialisti”, e 1 della lista Tsipras, che è Barbara Spinelli. Gli altri sono Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti. I loro nomi compaiono in un documento interno della Open Society che è una mappa dettagliata fino alla maniacalità sul Parlamento Europeo e la sua struttura, le sue ramificazioni, al centro della quale ci sono 226 parlamentari sui 751 dell’intero Parlamento, 7 vicepresidenti, decine di coordinatori e di questori, i membri di 11 commissioni e 26 delegazioni, tutti definiti affidabili alleati già dimostratisi tali o che tali possono diventare, assieme al gruppo dei loro assistenti, collaboratori, funzionari e portaborse a titolo vario.