Archivio del Tag ‘Fides’
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Soluzione finale: le agenzie di morte che ci condannano
L’Italia mediterranea e cattolica è una fettina di terra e di civiltà minacciata dal fanatismo neo-islamico che viene dal sud e dal nichilismo libertario che viene dal nord. Entrambi nel loro estremo gradino tendono a uno stesso fine, anzi a una stessa fine, la soluzione finale. La morte nel nome di Dio e della sua Legge o nel nome della nostra assoluta libertà e totale autodeterminazione. A volte le due insidie non provengono da direzioni opposte, cioè dai flussi migratori che premono sulle nostre coste meridionali e dai modelli culturali che discendono dai paesi di provenienza protestante e calvinista. Ma provengono ambedue dall’Europa del nord, dai giovani neo-islamici di seconda o di terza generazione, nati e cresciuti in Francia, nei Paesi Bassi, in Inghilterra e in Germania. E dai ragazzi che vivono nelle società più avanzate del nord Europa, sul piano dei diritti umani: vale a dire l’Olanda, il Belgio, i paesi scandinavi, la stessa Svizzera. Quel che colpisce in entrambi i casi è la persuasione di morte che accompagna le loro esperienze più estreme, più radicali.Gli uni uccidono per purificare il mondo e onorare il loro Dio, tener fede alla loro religione e punire gli infedeli e alla fine si dispongono a morire nel nome di Allah. E gli altri prevedono che una vera libertà, un vero diritto alla piena sovranità della propria vita, preveda che in caso di depressione, di rifiuto di vivere, di sofferenza si possa esser liberi di togliersi la vita. Insomma l’atto supremo della fede degli uni e della libertà degli altri è lo stesso: la soluzione finale. Libertà per la morte. L’abissale differenza, va detto, è che i primi coinvolgono gli altri, anzi danno la morte agli altri e in secondo tempo a se stessi, mentre i secondi danno la morte a se stessi e la garantiscono agli altri che lo decidano in autonomia. Lo spirito di morte e di distruzione è il segno che lasciano sulla terra la devozione cieca ad Allah e la volontà soggettiva degli uomini autonomi. La parabola che conduce a quest’ultima decisione/recisione suprema nasce dal primato della coscienza individuale che fu il grido di rivolta del luteranesimo e poi del calvinismo rispetto alla fides cattolica e alla religio precristiana. Quando lungo la strada perdi la fede in Dio, il senso morale del dovere di vivere, ti resta il libero arbitrio, la solitudine assoluta al cospetto del destino, e dunque il diritto alla vita e alla morte.Non si tratta più, come ben capite, di eutanasia, o di evitare l’accanimento terapeutico tenendo in vita artificialmente vite umane ridotte ormai dalla malattia allo stato semi-vegetativo. Ma si tratta di suicidi assistiti, anche se la parola suicidio va subito rimossa per non turbare i sonni dell’ipocrisia libertaria; e come l’aborto diventò un’interruzione di gravidanza, quasi per una specie di black-out della corrente elettrica, così il suicidio assistito viene ingentilito e incipriato dal più tenue lasciar andare e dalla finzione di dire che è la ragazza a spegnersi lentamente non bevendo e non mangiando. Ma la società civile, lo Stato, la sanità che glielo consente e l’agevola nel nome della predetta libertà assoluta, viene totalmente rimossa dagli orizzonti. Anzi, arcigno, autoritario, dispotico è chiunque si frapponga alla decisione di farla finita e cerchi di impedirla in tutti i modi.Non entro nel merito della vicenda Noa che ha scosso l’Europa e nemmeno nella casistica importante delle centinaia di persone, ragazzi minorenni inclusi, che prendono quella strada e molti media plaudono a questo nuovo ius aeuropeum, lo vedono un segno di modernità, di rispetto, di “più Europa”. E non entro nemmeno nel merito della campagna sentimentale-filosofica che l’accompagna, vale a dire che amare significhi “lasciar andare”, mentre la natura, la cultura, l’anima della nostra civiltà ci hanno sempre suggerito l’inverso, che amare vuol dire prendersi cura, vuol dire a chi ami – come diceva il filosofo Cristiano Gabriel Marcel – “tu non morirai”. Ma mi soffermo sul disagio di vivere in una società in cui viene reputato un segno estremo di libertà ciò che permette auto-distruzione: la droga, l’aborto, il suicidio assistito, il rigetto della natalità, la libertà di andarsene se si è depressi… Vedo in tutto questo il venir meno del senso religioso della vita, in base al quale nessuno è assoluto padrone della sua vita; non fummo noi a darci la vita, non saremo noi a darci la morte, si risponde sempre a qualcuno, comunità è condividere un destino, ogni vita è collegata alle altre e al mondo.Il senso religioso della vita dice che vivere è un diritto ma è anche un dovere, un compito. E non solo: si esce dalla disperazione e dalla depressione più acuta solo se si ha il coraggio di proiettarsi fuori da sé: di sporgersi nel mondo, nella vita, assumersi compiti, vivere anche per qualcuno, per qualcosa; amare qualcun altro fuor di noi stessi, fare un figlio e prendersi cura di lui, formare una famiglia, o tornare alla famiglia da cui si è originati; lavorare, impegnarsi in un’attività e in un’impresa, ritrovarsi in una fede… Insomma proiettarsi oltre se stessi, oltre la propria vita. Facile a dirsi, avete ragione di obiettare; ma è assurdo che una società, una famiglia, una scuola, non debbano avere questo compito primario nei confronti dei ragazzi, ancora acerbi, che decidono di togliersi la vita. Bisogna educare e se è il caso frenare, fermare. Non si può permettere a un minorenne di decidere che la sua vita non meriti di essere vissuta senza neanche provarci, è presto per tirare le somme. Rinunciare a questo compito è arrendersi nel nome della libertà alla soluzione finale. Reputo questa resa come bestiale, disumana, incivile. Difendiamo la nostra civiltà, la nostra umanità da queste agenzie di morte.(Marcello Veneziani, “Soluzione finale per l’Europa”, da “La Verità” del 9 giugno 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).L’Italia mediterranea e cattolica è una fettina di terra e di civiltà minacciata dal fanatismo neo-islamico che viene dal sud e dal nichilismo libertario che viene dal nord. Entrambi nel loro estremo gradino tendono a uno stesso fine, anzi a una stessa fine, la soluzione finale. La morte nel nome di Dio e della sua Legge o nel nome della nostra assoluta libertà e totale autodeterminazione. A volte le due insidie non provengono da direzioni opposte, cioè dai flussi migratori che premono sulle nostre coste meridionali e dai modelli culturali che discendono dai paesi di provenienza protestante e calvinista. Ma provengono ambedue dall’Europa del nord, dai giovani neo-islamici di seconda o di terza generazione, nati e cresciuti in Francia, nei Paesi Bassi, in Inghilterra e in Germania. E dai ragazzi che vivono nelle società più avanzate del nord Europa, sul piano dei diritti umani: vale a dire l’Olanda, il Belgio, i paesi scandinavi, la stessa Svizzera. Quel che colpisce in entrambi i casi è la persuasione di morte che accompagna le loro esperienze più estreme, più radicali.
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Padroni di tutto, anche dei giornali: chi crede alle loro news?
Industria, energia, finanza, cemento, sanità. E poi, anche, informazione. Editori puri? Non pervenuti. Chi stampa giornali, in Italia, ha soprattutto altri interessi. Qualcuno può stupirsi se poi “la verità” fatica a imporsi, sui media mainstream? «Ecco chi controlla i giornali in Italia: praticamente sono 9 entità, ma in realtà sono molte di meno se si considerano i legami, le infiltrazioni, le affiliazioni, le “amicizie”», scrive “Coscienze in Rete”, citando l’ultimo report del Cnms, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, una Onlus che monitora lo stato dell’informazione partendo dalla lettura dell’assetto proprietario dei media. «I nomi? Li conosciamo tutti, ma non tutti hanno avuto modo di apprezzare come questo dominio sia pervasivo», sostiene il blog di Fausto Carotenuto, sottolineando come venga spesso dato «enorme risalto» a fonti «autorevoli», internazionali: il gioco si svela scoprendo, ad esempio, il legame tra “La Stampa” e l’“Economist”. In altre parole, gli uomini del quarto potere: «Sono loro che, tramite sottoposti, ci dicono quotidianamente qual’è la realtà».E sono «indispettiti», oggi, per il fatto che «un numero sempre crescente di persone ha cominciato a capire che la realtà che gli raccontano questi signori non coincide con quello che si vede», e quindi «cercano informazioni in rete, da fonti alternative». Eccoli qui, i proprietari del pensiero mainstream, in ordine alfabetico: Agnelli, Angelucci, Berlusconi, Cairo, Caltagirone, Conferenza Episcopale Italiana, Confindustria, De Benedetti, Maria Luisa Monti. «Ovviamente a loro va aggiunto Rupert Murdoch, proprietario di Sky, e chiunque gestisca la Rai in qualunque momento (tanto è sempre qualcuno che prende ordini dal governo, che a sua volta è stato messo lì anche tramite l’informazione mainstream)». Niente di strano, quindi, se oggi sono nati «tormentoni come “fake news” o “post-verità”, forieri di leggi sulla censura del web». Tormentoni «proposti ed amplificati da questi signori», che ormai «passano da una tv all’altra, da un giornale all’altro». Il problema? «Le testate sono tante. I padroni, però, sono molto pochi. E fanno i finanzieri, i costruttori, gli industriali e i religiosi».Imprenditori impeccabili? Non esattamente: «I loro nomi saltano spesso fuori, una volta uno, una volta l’altro, in storie di magagne, truffe, magna-magna, inquinamento, guerre, malasanità: proprio quelle storie che cercano di comprendere le persone che si svegliano, andando a cercare informazioni on-line». Dal punto di vista dei “padroni della notizia”, aggiunge “Coscienze in Rete”, «è sacrosanto che le uniche informazioni che debbano avere il “bollino blu” siano le loro. Come ci permettiamo, noi, di volerci fare gli affari loro?». Molto utile, quindi, dare un’occhiata allo studio del Cnms, dove si scopre che l’unico giornale italiano auto-prodotto dai giornalisti, in cooperativa, è “Il Manifesto”, che però distribuisce appena 11.000 copie al giorno. Largamente indipendente è il “Fatto Quotidiano”, nono in graduatoria con 45.000 copie in edicola: accanto ad Antonio Padellaro e Cinzia Monteverdi, titolari del 16% delle azioni, figurano – con analoga partecipazione azionaria – la società Edima Srl, «società di vari industriali marchigiani, fra cui il calzaturiero Enrico Paniccià», e l’editrice Chiarelettere, partecipata al 49% dal grande Gruppo Editoriale Mauri Spagnol. Tra i soci minori, alla fondazione, comparivano: Francesco Aliberti (12%), Bruno Tinti (8%), Marco Travaglio (5%), Peter Gomez (3,2%) e Marco Lillo (2,5%).Ma i grandi numeri, ovviamente, li fanno i super-quotidiani: il podio è composto, nell’ordine, dal “Corriere della Sera” (322.000 copie diffuse al giorno), da “Repubblica” (249.000 copie) e dal “Sole 24 Ore” (197.000). Il “Corriere” appartiene a Rcs Group, al 60% nelle mani di Urbano Cairo, patron de “La7” e già collaboratore di Berlusconi in Fininvest, coinvolto nell’inchiesta Mani Pulite. Rcs Media Group è una corazzata: gestisce “Gazzetta dello Sport” e “Corriere del Mezzogiorno”, nonché “Corriere di Bologna”, “Corriere del Veneto”, “Corriere Fiorentino”, “Corriere del Trentino”, “Corriere dell’Alto Adige”, e poi riviste a larghissima diffusione come “Oggi”, “Amica”, testate come “Abitare”, “Sw”, “Living”, “Dove”, “Io”, “Style”, “Sette”. E all’estero, partecipa alla gestione di giornali come “El Mundo”, “Expansiòn” e “Marca”. Cairo non è solo al comando: gli sono accanto, tra gli altri, Mediobanca (con il 10% delle azioni) e l’industriale Diego Della Valle (con il 7,3%). A ruota, il quotidiano milanese è seguito dalla storica rivale romana, fondata da Eugenio Scalfari: oltre a “Repubblica”, il gruppo guidato da Carlo De Benedetti controlla importanti periodici (“L’Espresso”, “National Geographic”), storici quotidiani a diffusione regionale come “Il Mattino” di Napoli, “Il Piccolo” di Trieste, “Il Tirreno”, insieme a quotidiani di Mantova, Modena, Reggio Emilia, Ferrara e Pavia. Senza contare le radio (“Radio Capital”, “Radio Deejay”) e l’informazione solo su web (“Huffington Post”, di Lucia Annunziata).«Oltre che nell’editoria – scrive il Cnms – la famiglia De Benedetti opera nei settori industriale e sanitario. L’insieme delle tre attività formano un unico impero economico, al cui vertice si trova Cir Spa, detenuta al 46% da F.lii De Bendetti Spa e al 15% da Cir stessa», secondo dati Consob aggiornati al 2017. «Il gruppo operativo nel settore industriale è Sogefi, che produce componenti per auto. Nel settore sanitario è Kos, che gestisce varie cliniche private. Fino al marzo 2015, Cir comprendeva anche la società energetica Sorgenia, poi ceduta alle banche con le quali era indebitata, fra cui Monte dei Paschi. Nel 2015 l’insieme delle attività controllate da Cir ha prodotto un giro d’affari di 2,5 miliardi di euro. La famiglia De Benedetti opera anche nel settore finanziario tramite vari fondi d’investimento che fanno capo a Cofide». La “Repubblica” è gestita dal Gruppo editoriale L’Espresso, che raccoglie pubblicità tramite la controllata A.Manzoni & C. Altro azionista di rilievo, aggiunge il Cnms, è Giacaranda Maria Caracciolo, col 6%. «Va segnalato che il 30 luglio 2016 il Gruppo L’Espresso ha concluso un accordo con Fca (Fiat Chrysler Automobiles, guidata da Sergio Marchionne), per condividere la proprietà del quotidiano “La Stampa”. Secondo l’accordo, “La Stampa” verrà trasferita al Gruppo L’Espresso, ma nel contempo verrà ampliato il capitale del gruppo per permettere ai vecchi proprietari della testata torinese di entrare nella compagine azionaria del Gruppo L’Espresso».Al terzo posto in Italia tra i quotidiani più venduti, con 197.000 copie distribuite, figura il “Sole 24 Ore” , di proprietà di Confindustria al 67,5% (il resto è azionariato diffuso). Il “Sole” è tallonato dalla “Stampa” di Torino, della famiglia Agnelli guidata da John Elkann (auto, immobiliare e finanza), che detiene anche il 43% del settimanale inglese “The Economist”. Il quotidiano – 176.000 copie diffuse al giorno – è gestito da Itedi, una società di comunicazione e raccolta pubblicitaria e (in attesa dell’esecuzione dell’accordo col Gruppo L’Espresso) appartiene ancora per il 77% a Fca (Fiat-Chrysler), a sua volta posseduta per il 30% da Exor, cassaforte della famiglia Agnelli. Il restante 23% è in quota a Ital Press Holding, società del genovese Carlo Perrone. Al gruppo Agnelli fa anche capo “Il Secolo XIX”, storico quotidiano di Genova. Se le prime quattro testate fanno capo al mondo degli affari, con 124.000 copie diffuse ogni giorno si fa largo, al quinto posto, “Avvenire”, quotidano dei vescovi italiani, gestito da Avvenire Nuova Editoriale Italiana. L’80% del capitale sociale è di proprietà della Fondazione di Religione “Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena”, espressione della Cei, Conferenza Episcopale Italiana. «Oltre a varie altre realtà ecclesiastiche risultano proprietari Italcementi di Carlo Pesenti per il 3,8% e Gold Line Spa, azienda di lavorazione di gioielli, per un altro 3,8%». Ad “Avvenire” fanno capo agenzie di stampa come Fides e Sir, la radio “inBlu” e il canale televisivo “Tv2000”.Sempre a Roma è stampato il “Messaggero”, sesto quotidano più venduto in Italia, con 113.000 copie diffuse. Il patron, Francesco Gaetano Caltagirone, opera anche nei settori finanziario, cementiero, immobiliare, dell’acqua, delle costruzioni. «L’insieme delle attività forma un unico impero economico, al cui vertice si trova Caltagirone Spa detenuta al 54% da Francesco e al 33% dal fratello Edoardo», scrive il Cnms. «Il gruppo operativo nel settore cementiero è Cementir, mentre in quello delle costruzioni è Vianini Lavori». Tramite le sue società, continua la Ong, Caltagirone è presente anche nella gestione dell’acqua con una partecipazione del 5% in Acea e del 48% in Acqua Campania Spa. «Nel 2015 l’insieme delle attività controllate da Caltagirone Spa ha prodotto un giro d’affari pari a 1,4 miliardi di euro». Il quotidiano è gestito da Caltagirone Editore, un gruppo attivo nei settori della comunicazione: stampa di quotidiani, Tv, internet e raccolta pubblicitaria. «Il gruppo editoriale appartiene per il 60% a Francesco Gaetano Caltagirone». Altri quotidani del gruppo sono “Il Mattino” di Napoli, “Il Gazzettino” di Venezia, e il “Corriere Adriatico”.A Maria Luisa Monti appartiene invece il gruppo che stampa “Il Resto del Carlino”, quotidiano di Bologna (101.000 copie), e controlla anche “Il Giorno” e “Quotidiano Nazionale”, che ha accorpato “La Nazione” di Firenze. «Il quotidiano è gestito da Poligrafici Editoriale Spa, gruppo attivo nell’editoria e nella raccolta pubblicitaria». La società editoriale «appartiene per il 62% a Monrif Spa, controllata a sua volta da Maria Luisa Monti». Altri azionisti di rilievo di Poligrafici Editoriale sono Andrea Della Valle col 10% e Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste col 5%. Solo all’ottavo posto, nella graduatoria dei quotidiani più letti, si posiziona il berlusconiano “Il Giornale”, con 66.000 copie diffuse. Il quotidiano è gestito da Società Europea di Edizioni Spa (editoria e pubblicità), che appartiene per il 63% a Paolo Berlusconi tramite le società Pbf Srl (46%) e Arcus Multimedia (17%). Il restante 37% è in quota ad Arnoldo Mondadori Editore. A sua volta, l’azionista di maggioranza di Mondadori (53%) è Silvio Berlusconi (Mediaset) tramite Fininvest. Del gruppo Mondadori fanno parte 40 brand italiani a larghissima diffusione (tra cui “Chi”, “Donna Moderna”, “Focus”, “Grazia”, “Sorrisi e Canzoni Tv” nonché il settimanale “Panorama”), più svariate testate francesi.Dopo il “Fatto”, al nono posto, la classifica della stampa presenta “Italia Oggi”, con 40.000 copie quotidiane, di proprietà di Paolo Panerai. «Il quotidiano è gestito da Class Editori Spa, gruppo attivo nei quotidiani, riviste, radio e Tv», spiega il Cnms. «Class Editori appartiene per il 10% a Paolo Panerai, il 60% a Euroclass Multimedia Holding Ss, il resto è azionariato diffuso». Curiosità: Euroclass Multimedia è domiciliata in Lussemburgo, «per cui i proprietari non sono ufficialmente identificabili». Ma, secondo indiscrezioni, «oltre ad alcune società riconducibili a Panerai, figurano anche varie banche, fra cui Unicredit col 13%». Al gruppo “Italia Oggi” fa capo anche il quotidiano “Milano Finanza”, insieme al periodico “Class”, a “Radio Classica” e al canale televisivo “ClassTv”. A seguire – con 27.000 copie – è il quotidiano “Libero”, della famiglia Angelucci, gestito da Editoriale Libero Srl. Il socio di maggioranza è la Fondazione San Raffaele, che detiene il 60% del capitale, mentre il rimanente 40% è detenuto dalla finanziaria Tosinvest. «Ma è noto che dietro entrambe queste realtà si cela la famiglia Angelucci», scrive il rapporto del Cnms. Benché impegnati in attività immobiliari, finanziarie ed editoriali tramite la finanziaria Tosinvest, il vero affare di Antonio Angelucci e del figlio Gianpaolo sarebbe la sanità, gestita tramite la San Raffaele Spa, che dispone di 26 strutture private, 3.000 posti-letto, oltre 1.000 medici specialistici e 2.800 dipendenti.«Nel corso degli anni – continua il Cnms – la stampa si è occupata a più riprese delle attività degli imprenditori Angelucci a causa di indagini e processi per reati fiscali e finanziari. Nell’agosto 2016 la casa di cura San Raffaele di Cassino è stata condannata dalla Corte dei Conti a restituire al servizio sanitario nazionale 31 milioni di euro per avere erogato servizi di qualità non appropriata. Un’indagine per frode fiscale avviata nel 2014 ha messo in luce l’esistenza di almeno tre società (Th Ss, Three e Sps di Lantigos) utilizzate dagli Angelucci in Lussemburgo per le proprie attività finanziarie». Il gruppo è titolare dello storico quotidiano romano “Il Tempo”, nonché di giornali proviciali come “Corriere di Siena”, “Corriere di Viterbo”, “Corriere di Arezzo” e “Corriere dell’Umbria”. Chiudono la lista il “Manifesto”, in dodicesima posizione (con poco più di diecimila copie) e “Il Foglio”, i cui dati di diffusione non sono però disponibili. La proprietà fa riferimento a Valter Mainetti, e il quotidiano (fondato da Giuliano Ferrara) è gestito da Foglio Edizioni, posseduta al 97,5% da Sorgente Group attraverso la società Musa Comunicazione. A sua volta, Sorgente Group è partecipata per il 35% da Valter Mainetti, mentre il restante 65% è detenuto dalla Roma Fid Società Fiduciaria Spa, che agisce per conto di altri membri della famiglia Mainetti. «Sorgente Group Spa – spiega il Cnms – è parte di un complesso multinazionale con società localizzate negli Stati Uniti, Lussemburgo, Gran Bretagna, Emirati Arabi, Brasile. Svolge attività nei settori della finanza, del risparmio gestito, dell’immobiliare, delle costruzioni». In Italia opera anche nell’editoria tramite Musa Comunicazione. Ma, appunto, quella è solo una piccola parte del business.Industria, energia, finanza, cemento, sanità. E poi, anche, informazione. Editori puri? Non pervenuti. Chi stampa giornali, in Italia, ha soprattutto altri interessi. Qualcuno può stupirsi se poi “la verità” fatica a imporsi, sui media mainstream? «Ecco chi controlla i giornali in Italia: praticamente sono 9 entità, ma in realtà sono molte di meno se si considerano i legami, le infiltrazioni, le affiliazioni, le “amicizie”», scrive “Coscienze in Rete”, citando l’ultimo report del Cnms, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, una Onlus che monitora lo stato dell’informazione partendo dalla lettura dell’assetto proprietario dei media. «I nomi? Li conosciamo tutti, ma non tutti hanno avuto modo di apprezzare come questo dominio sia pervasivo», sostiene il blog di Fausto Carotenuto, sottolineando come venga spesso dato «enorme risalto» a fonti «autorevoli», internazionali: il gioco si svela scoprendo, ad esempio, il legame tra “La Stampa” e l’“Economist”. In altre parole, gli uomini del quarto potere: «Sono loro che, tramite sottoposti, ci dicono quotidianamente qual’è la realtà».