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Archivio del Tag ‘finanza’

  • Addio a Giulietto Chiesa, scomoda sentinella coraggiosa

    Scritto il 26/4/20 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    Un grande giornalista, un italiano generoso, un uomo scomodo perché sincero. La notizia della morte di Giulietto Chiesa – improvvisa, inattesa – aggiunge sgomento a questo aprile 2020, funestato dal lutto e dalla segregazione di massa che sta facendo collassare il paese. Giulietto Chiesa era una sentinella: tra i primi, in assoluto, ad avvertire (nel 2002, con il saggio “La guerra infinita”) che qualcosa di mostruoso si era abbattuto, sul mondo intero, con la demolizione delle Torri Gemelle l’11 Settembre a New York. Qualcosa di assai più preoccupante del cosiddetto terrorismo islamista, visto che la versione ufficiale del maxi-attentato faceva acqua da tutte le parti. Ci voleva coraggio, appena un anno dopo, per proporre le verità più imbarazzanti, e a Giulietto Chiesa il coraggio non mancava. Lo dimostrò in mondovisione, nel 1991, sfidando i golpisti che avevano appena rovesciato Gorbaciov, tentando di far credere che avesse problemi di salute. Alle domande dei giornalisti – molte, sullo stato di salute di Gorbaciov – rispondeva il capo dei golpisti, Ghennadij Yanaev. «E lei come si sente, signor Yanaev?», lo colse in contropiede – paralizzandolo – lo storico corrispondente italiano da Mosca. Il gelo che seguì non aveva bisogno di commenti: svelava la statura di Yanaev e, soprattutto, quella di Giulietto Chiesa.

  • La prima regola: mai lasciarsi imporre l’agenda del nemico

    Scritto il 26/4/20 • nella Categoria: idee • (4)

    La prima regola per difendere la propria libertà, probabilmente, sta nel cercare di non farsi imporre l’altrui agenda. Nel libro-capolavoro “La guerra dei poveri” (Einaudi), Nuto Revelli traduce il concetto declinandolo nel contesto storico dell’estrema precarietà della guerra partigiana: mai accettare lo scontro, men che meno in campo aperto. Al rastrellamento non ci si oppone: ci si sottrae, dileguandosi sui monti. Per colpirla, una soverchiante forza di occupazione, non c’è che una strada: tendere agguati, con iniziative inattese e rapidissime, senza lasciare all’avversario il tempo di reagire. La tattica della guerriglia non pretende certo di ottenere la sconfitta militare del nemico; però contribuisce a innervosirlo, destabilizzarlo e infine fiaccarlo. Presuppone una strategia lucidamente pianificata, e il concorso sincronizzato di svariate unità, ben addestrate e distribuite sul territorio. Armi leggere, o leggerissime, contro carri armati e obici: ha senso? La risposta è sì, conferma lo storico Alessandro Barbero: i comandi alleati si complimentarono con il comandante Revelli per essere riuscito a rallentare per 10 lunghissimi giorni l’avanzata, sulle Alpi cuneesi, di una potente divisione corazzata nazista, diretta in Provenza attraverso il Colle della Maddalena per ostacolare gli angloamericani appena sbarcati fra Tolone e Cannes.
    La chiave di quel successo tattico? Rinunciare alle artigliere partigiane schierate in linea e optare per agili azioni di commando sui fianchi della vallata, con solo qualche mortaio e poche mitragliatrici. In altre parole: sfuggire all’agenda imposta del nemico. Ora, occorre un discreto “salto quantico” per lasciare di colpo l’agosto del 1944 e piombare nella fatale primavera 2020. Domanda a bruciapelo: quand’è l’ultima volta che abbiamo rifiutato l’agenda altrui, cioè la logica dello scontro? Certo, fortunatamente oggi non siamo in guerra; ma l’inaudito stato d’assedio “cinese” imposto all’Italia in nome del coronavirus, il quasi-coprifuoco dello stato d’emergenza, ha fatto sobbalzare più d’un costituzionalista. Come se il maledetto Covid-19, tuttora ampiamente misterioso, avesse finito per rendere drammaticamente evidente, esplosivo (e pure luttuoso) un male che in realtà si era insinuato da lunghissimo tempo, nella nostra società: l’eterodirezione, palese e occulta, degli stati d’animo connessi con la vita sociale e politica. Vecchia storia, probabilmente, cominciata in tempo di guerra con l’infernale propaganda hitleriana (”tutta colpa degli ebrei”) e proseguita in tempo di pace coi giochetti del mago Edward Bernays, nipote di Freud, per lanciare anche tra le donne il consumo di sigarette. Psicologia, innanzitutto: è l’arma vincente di qualsiasi agenda ostile, pericolosa per la salute della democrazia.
    Magie: il complottismo (quello vero, affidato ai Travaglio, agli Scanzi) oggi difende a spada tratta l’increscioso Conte, l’ex Signor Nessuno che – da semplice comparsa – è riuscito a diventare protagonista assoluto, primattore della più grave catastrofe socio-economica che abbia travolto l’Italia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il complottismo di regime aveva frastornato il pubblico, per decenni, elencando i presunti grandi mali nazionali, in quest’ordine: Berlusconi, corruzione, evasione fiscale, mafia. Erano gli anni d’oro di Di Pietro e dei girotondi, poi di Grillo. Non una parola – mai – sulla natura pericolosamente oligarchica della governance europea, sempre sorretta dall’establishment nazionale che vede nel Pd il suo stabile riferimento strumentale operativo. La consegna è sempre la stessa: lasciare in mano alla finanza speculativa le grandi decisioni, semplicemente ratificate dalla politica. Stesero il tappeto rosso, i cantori del rigore, ai piedi del commissario Monti che provvide immediatamente a disabilitare l’economia italiana e neutralizzare (col pareggio di bilancio in Costituzione) le residue possibilità finanziarie, ancorché virtuali, di uno Stato comunque intrappolato da Maastricht e Lisbona, reso incapace di intervenire in modo immediato (oggi lo si vede benissimo) persino se si tratta di salvare vite umane e famiglie ridotte sul lastrico. La barzelletta dei 600 euro a scoppio ritardato, con tanto di default del server dell’Inps, ha fatto il giro del mondo, in paesi che invece hanno subito accreditato mensilità direttamente sui conti correnti dei cittadini costretti a restare a casa.
    La politica come semplice paravento pubblico dell’establishment privatistico ha assunto toni ulteriormente spettacolari con la meteora Renzi e il suo vaniloquio immaginifico, per poi cedere il testimone al suo alter ego populista, il grillismo (che oggi infatti è al governo proprio con Renzi). Specularità assoluta: abissale distanza tra le parole e i fatti, e senza mai affrontare il vero problema – quello che oggi il funesto Covid mette in mostra impietosamente: a causa dell’euro-sistema non si mette mano al denaro, centinaia di miliardi, indispensabile per fronteggiare la catastrofe. Altra presenza poco più che meteorica, lo stesso Salvini: per oltre un anno, dopo aver incassato il “niet” dell’Ue sul deficit, il leader della Lega ha raccontato agli italiani che il loro vero problema erano gli sbarchi dei migranti. Salvini però – prima di venir costretto a gettare la spugna – è stato letteralmente surclassato dal chiasso degli avversari: sono riusciti a dargli persino del nazista, raccontando a loro volta agli italiani l’ennesima fiaba, e cioè che il vero problema nazionale fosse proprio lui, la Bestia. Tutto questo, mentre la narrazione della tragedia del surriscaldamento climatico terrestre era affidata alla sedicenne Greta, e mentre le eroiche Sardine prodiane formulavano la loro ricetta per la democrazia italiana: impedire ai ministri di esprimersi liberamente, sui social.
    Questa nuova moda della censura, in realtà antichissima, sta letteralmente tracimando: l’Agcom raccomanda di diffondere solo notizie “accreditate” (non si sa da chi), e lo stesso governo addirittura mette in campo una task force per imbavagliare il web (istituita da Andrea Martella – Pd, ovviamente), mentre si continua a dare la parola, a reti unificate, a un signore come il virologo Roberto Burioni, che si è permesso – nell’Italia nel 2020 – di chiedere alla magistratura di spegnere “ByoBlu”, il video-blog più seguito dagli italiani, cioè il popolo che Conte non ha protetto tempestivamente dalla pandemia, salvo poi chiuderlo in casa (e senza neppure uno straccio di assistenza economica). Tutto questo è semplicemente esorbitante, anomalo, mostruoso quanto le previsioni di economisti e sociologi: il paese rischia letteralmente di crollare, con conseguenze incalcolabili, anche grazie all’inerzia del suo non-governo scandaloso, imbelle ma improvvisamente autoritario. Nel frattempo, il cielo è scosso dal rombo di temporali vicini e lontani: Trump taglia i fondi all’Oms, accusandola di essere complice della diffusione del virus, mentre il figlio di Bob Kennedy accusa Bill Gates (grande sponsor della stessa Oms) di voler imporre il suo vaccino anti-coronavirus, probabilmente inutile e forse rischioso.
    Alla stragrande maggioranza degli italiani, stanchi di cantare l’inno nazionale dai balconi, sempre il coronavirus oggi consente finalmente di vedere di che pasta è fatta questa sedicente Unione Europea, convalidata pochi mesi fa dal solito Pd con l’aggiunta dell’ormai altrettanto impresentabile Movimento 5 Stelle, recentissimo interprete (con la sua sub-agenda locale) della grande agenda neoliberista, quella che dal 1971 con il Memorandum Powell si diede una vera e propria road map per la riduzione progressiva della democrazia. Tappa fondamentale, il golpe cileno del 1973 che segnò l’avvento del neoliberismo al potere. Due anni dopo, il manifesto “La crisi della democrazia” (commissionato dalla Trilaterale) preparò la capitolazione dell’economia sociale europea, sinistramente sigillata nel sangue nel 1986 con l’omicidio del premier socialista svedese Olof Palme, campione del welfare, fino poi all’estinzione della sinistra italiana. L’agenda ostile ha lavorato in modo perfetto per destrutturare minuziosamente qualsiasi difesa, usando i media come armi letali e riducendo l’offerta politica a puro folkore. Se si scorrono i nomi dei cosiddetti leader a disposizione degli italiani, si capisce al volo il boom storico dell’astensionismo (che lascia comunque campo libero ai veri decisori, quelli che scelgono chi farà il ministro e con quali compiti).
    Pur nel devastante caos planetario che ha causato, incrinando le certezze commerciali della globalizzazione, il micidiale Covid mette a fuoco un altro punto cardinale dell’agenda ostile: la scelta, dolorosa, tra sicurezza e libertà. Da una parte svetta il modulo-Wuhan raccomandato dall’Oms e prontamente adottato dall’Italia, dall’altra si registra l’insofferenza della Casa Bianca (che, tra le righe, sospetta l’Oms di essere il vero strumento dell’agenda-Covid, interpretata come piano di dominazione, affidato alla nuovissima polizia sanitaria capace di dettare lo stato d’emergenza sostituendosi ai governi). Niente sarà più come prima, ripetono tutti, ripiegando sull’incerta protezione delle mascherine. Una certezza negativa riguarda l’Italia: il nostro paese – crocevia strategico tra Usa e Cina, Mediterraneo e Ue – sta subendo danni incalcolabili, da cui non si sa come potrà risollevarsi, in che tempi e con quali costi sociali. Gli ottimisti invitano a riflettere sulle opportunità che il coprifuoco starebbe offrendo: cioè la riscoperta dell’autenticità dei valori umani. Per la riscoperta dei valori politici, invece, quanto ancora bisognerà attendere? O meglio: quali vettori impiegare, per tradurre sul piano pubblico le migliori istanze individuali?
    In un regime come l’attuale, sostanzialmente post-democratico e sempre meno libero, la domanda non è oziosa. La drammatica criticità della situazione sociale ripropone in modo automatico la consueta logica, perdente, dello scontro frontale. E’ forse il massimo risultato dell’agenda ostile: coltivare l’odio per il presunto nemico di turno. E’ il modo migliore per cancellare la buona politica, senza che nessuno se ne accorga, se il pubblico è impegnato a tifare solo e sempre “contro”, a fischiare qualcuno, a maledire qualcosa. Tutte battaglie di carta, fuochi di paglia. Cade il nemico apparente, ma ce n’è già pronto un altro. L’avversario vero – non altrettanto visibile – pare si diverta, a far combattere i suoi galletti, senza che nessuno di loro abbia mai la minima possibilità di cambiare veramente qualcosa. Se non teme i leader di cartone (promossi e bocciati a comando) cosa teme, davvero, l’agenda ostile? Il pensiero? La libertà? La capacità di strutturare proposte serie? A questo è servito, l’effimero leaderismo mediatico degli ultimi decenni: a far sparire i programmi, rottamati insieme ai diritti sociali, a partire dalla grande privatizzazione universale degli anni Novanta, affidata in Italia a Romano Prodi, Mario Draghi, Massimo D’Alema. A seguire, vent’anni di stupidaggini assordanti, fino alla demolizione di Berlusconi via gossip a mano armata, con tanto di spread.
    Una delle qualità che alla Resistenza gli storici riconobbero in modo unanime fu la sua capacità sinergica, trasversale, di unire forze eterogenee: comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, liberali, persino monarchici. Le lezione: smettere di ragionare per schemi, in modo etnico, e ridiventare laici, riconoscendo pari dignità a chiunque (qualunque errore possa aver commesso, in passato). Ieri, il patto era basato sull’opposizione patriottica di fronte alla spaventosa calamità dell’occupazione nazista, esito finale di una dittatura che aveva risolto subito, a modo suo, la dicotomia sicurezza-libertà, e senza nemmeno bisogno di mascherine. Nel 1943, sul piano militare, il nemico era pressoché inaffrontabile. Lo si poteva solo infastidire seriamente, in attesa dell’arrivo decisivo degli alleati (che esistono sempre, e hanno sempre bisogno di partigiani intelligenti). Nell’agosto del 1944, Nuto Revelli cominciò la sua battaglia in Valle Stura rimuovendo i suoi cannoni controcarro schierati a Vinadio, in campo aperto: non sarebbero mai riusciti a fermare i panzer. Fucile in spalla, diresse i suoi verso le alture. Seguirono giorni difficilissimi, nei quali però la divisione tedesca rimaste ferma, imbottigliata nel fondovalle a fare da bersaglio.
    Gli alleati di allora, intanto, stavano finendo di sbarcare in Costa Azzurra. Quelli di oggi dove sono? Meglio: chi sono? Si nascondono dietro al ciuffo di Trump, che ha promesso di impedire il collasso socio-economico dell’Italia, contrastando sia l’Europa “matrigna” che il “partito cinese” che collega Wuhan a personaggi come Bill Gates, attraverso network opachi come l’Oms? Anche fosse, dove sarebbero i “partigiani” italiani? Forse affilano le armi ultraleggere del web, non a caso preso di mira dai nuovi censori? Domina il caos, in ogni caso: alle gravissime reticenze del mainstream, i social rispondono con un festival parossistico in cui si può leggere di tutto, solenni verità e bufale spaziali, grandi quanto quelle dei virologi televisivi. Servirebbe una piattaforma autorevole e plurale, inclusiva, per coordinare idee traducibili e spendibili. Primo passo: costruire finalmente un’agenda autonoma, alternativa a quella ostile, a disposizione della politica (nessuno escluso). Secondo step, appunto: smettere di spararsi addosso a vicenda, mettere da parte il tifo e imporsi un pensiero costruttivo. Volendo, l’occasione è ghiotta: mai, prima d’ora, la governance eurocratica (vera responsabile del declino italiano, ben prima dell’esplosione pandemica) aveva mostrato il suo vero volto.
    In frangenti come quello presente, forse, l’autentico eroismo consiste nella capacità di cambiare idea, riconoscendo i propri errori. E’ spesso citato ad esempio il caso, più unico che raro, del Sudafrica. Rovesciato l’apartheid, anziché procedere con operazioni di giustizia sommaria, Nelson Mandela preferì offrire agli ex aguzzini bianchi una possibilità di riabilitazione, consentendo anche ai peggiori di chiedere perdono ai familiari delle loro vittime. Tanti anni prima, fu capace di cambiare idea lo stesso Nuto Revelli, ufficiale degli alpini imbevuto di militarismo fascista. Spettacolare, la sua trasformazione – lacerante, dolorosissima – cominciata proprio sul fronte russo, in prima linea. Non difettava di coraggio, Nuto Revelli: fu l’ultimo uomo a chiudere la sterminata colonna in ritirata, nel ‘43. Dietro di lui, c’era solo il Don. E oltre il Don, l’Armata Rossa. Una volta a Udine, attraversato l’inferno bianco dello sfacelo dell’Armir, si spedì a casa i suoi mitra: sentiva che, di lì a poco, gli sarebbero serviti. Dopo aver fatto a pezzi il suo fascismo giovanile, si sarebbe deciso a sparare direttamente ai fascisti. Quanto è difficile, oggi, saper cambiare idea? Quanto è tenace, l’invisibile “psico-dittatura” del neoliberismo? Se a imporsi sarà sempre il consueto tifo contrapposto e televisivo, tra opzioni irrisorie, allora addio: ancora una volta, a vincere sarà l’agenda ostile.
    (Giorgio Cattaneo, “Prima regola, mai farsi imporre l’agenda del nemico”, dal blog del Movimento Roosevelt del 18 aprile 2020).

    La prima regola per difendere la propria libertà, probabilmente, sta nel cercare di non farsi imporre l’altrui agenda. Nel libro-capolavoro “La guerra dei poveri” (Einaudi), Nuto Revelli traduce il concetto declinandolo nel contesto storico dell’estrema precarietà della guerra partigiana: mai accettare lo scontro, men che meno in campo aperto. Al rastrellamento non ci si oppone: ci si sottrae, dileguandosi sui monti. Per colpirla, una soverchiante forza di occupazione, non c’è che una strada: tendere agguati, con iniziative inattese e rapidissime, senza lasciare all’avversario il tempo di reagire. La tattica della guerriglia non pretende certo di ottenere la sconfitta militare del nemico; però contribuisce a innervosirlo, destabilizzarlo e infine fiaccarlo. Presuppone una strategia lucidamente pianificata, e il concorso sincronizzato di svariate unità, ben addestrate e distribuite sul territorio. Armi leggere, o leggerissime, contro carri armati e obici: ha senso? La risposta è sì, conferma lo storico Alessandro Barbero: i comandi alleati si complimentarono con il comandante Revelli per essere riuscito a rallentare per 10 lunghissimi giorni l’avanzata, sulle Alpi cuneesi, di una potente divisione corazzata nazista, diretta in Provenza attraverso il Colle della Maddalena per ostacolare gli angloamericani appena sbarcati fra Tolone e Cannes.

  • Draghi: soldi pubblici a tutti, e subito. Ogni ritardo è fatale

    Scritto il 24/4/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    La pandemia di coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche. Molti oggi vivono nella paura della propria vita o in lutto per i propri cari. Le azioni intraprese dai governi per evitare che i nostri sistemi sanitari vengano travolti sono coraggiose e necessarie. Devono essere supportati. Ma queste azioni comportano anche un costo economico enorme e inevitabile. Mentre molti affrontano una perdita di vite umane, molti altri affrontano una perdita di sostentamento. Giorno dopo giorno, le notizie economiche stanno peggiorando. Le aziende affrontano una perdita di reddito nell’intera economia. Molti stanno già ridimensionando e licenziando i lavoratori. Una profonda recessione è inevitabile. La sfida che affrontiamo è come agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione si trasformi in una depressione prolungata, resa più profonda da una pletora di valori predefiniti che lasciano danni irreversibili. È già chiaro che la risposta deve comportare un aumento significativo del debito pubblico. La perdita di reddito sostenuta dal settore privato – e qualsiasi debito accumulato per colmare il divario – deve alla fine essere assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci pubblici.
    Livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato. È il ruolo corretto dello Stato distribuire il proprio bilancio per proteggere i cittadini e l’economia dagli shock di cui il settore privato non è responsabile e che non può assorbire. Gli Stati l’hanno sempre fatto di fronte alle emergenze nazionali. Le guerre – il precedente più rilevante – sono state finanziate da aumenti del debito pubblico. Durante la prima guerra mondiale, in Italia e Germania tra il 6 e il 15% delle spese di guerra in termini reali fu finanziato dalle tasse. In Austria-Ungheria, Russia e Francia, nessuno dei costi continui della guerra furono pagati con le tasse. Ovunque, la base imponibile è stata erosa dai danni di guerra e dalla coscrizione. Oggi è a causa dell’angoscia umana della pandemia e della chiusura. La domanda chiave non è se, ma come lo Stato dovrebbe mettere a frutto il proprio bilancio. La priorità non deve essere solo quella di fornire reddito di base a coloro che perdono il lavoro. Dobbiamo innanzitutto proteggere le persone dalla perdita del lavoro. In caso contrario, emergeremo da questa crisi con un’occupazione e una capacità permanentemente inferiori, poiché le famiglie e le aziende lottano per riparare i propri bilanci e ricostruire le attività nette.
    I sussidi per l’occupazione e la disoccupazione e il rinvio delle tasse sono passi importanti che sono già stati introdotti da molti governi. Ma proteggere l’occupazione e la capacità produttiva in un momento di drammatica perdita di reddito richiede un immediato sostegno di liquidità. Ciò è essenziale per tutte le imprese per coprire le proprie spese operative durante la crisi, siano esse grandi aziende o ancora di più piccole e medie imprese e imprenditori autonomi. Diversi governi hanno già introdotto misure di benvenuto per incanalare la liquidità verso le imprese in difficoltà. Ma è necessario un approccio più completo. Mentre diversi paesi europei hanno diverse strutture finanziarie e industriali, l’unico modo efficace per entrare immediatamente in ogni falla dell’economia è di mobilitare completamente i loro interi sistemi finanziari: mercati obbligazionari, principalmente per grandi società, sistemi bancari e in alcuni paesi anche le Poste. E deve essere fatto immediatamente, evitando ritardi burocratici. Le banche in particolare si estendono in tutta l’economia e possono creare denaro istantaneamente consentendo scoperti di conto corrente o aprendo linee di credito.
    Le banche devono prestare rapidamente fondi a costo zero alle società disposte a salvare posti di lavoro. Poiché in questo modo stanno diventando un veicolo per le politiche pubbliche, il capitale necessario per svolgere questo compito deve essere fornito dal governo sotto forma di garanzie statali su tutti gli ulteriori scoperti o prestiti. Né la regolamentazione né le regole di garanzia dovrebbero ostacolare la creazione di tutto lo spazio necessario nei bilanci bancari a tale scopo. Inoltre, il costo di queste garanzie non dovrebbe essere basato sul rischio di credito della società che le riceve, ma dovrebbe essere zero indipendentemente dal costo del finanziamento del governo che le emette. Le aziende, tuttavia, non attingeranno al supporto di liquidità semplicemente perché il credito è economico. In alcuni casi, ad esempio le aziende con un portafoglio ordini, le loro perdite possono essere recuperabili e quindi ripagheranno il debito. In altri settori, probabilmente non sarà così.
    Queste società potrebbero essere ancora in grado di assorbire questa crisi per un breve periodo di tempo e aumentare il debito per mantenere il proprio personale al lavoro. Ma le loro perdite accumulate rischiano di compromettere la loro capacità di investire in seguito. E, se l’epidemia di virus e i blocchi associati dovessero durare, potrebbero realisticamente rimanere in attività solo se il debito raccolto per mantenere le persone impiegate in quel periodo fosse infine cancellato. O i governi compensano i mutuatari per le loro spese, o quei mutuatari falliranno e la garanzia sarà resa valida dal governo. Se il rischio morale può essere contenuto, il primo è migliore per l’economia. Il secondo percorso sarà probabilmente meno costoso per il budget. Entrambi i casi porteranno i governi ad assorbire una grande parte della perdita di reddito causata dalla chiusura, se si vogliono proteggere posti di lavoro e capacità. I livelli del debito pubblico saranno aumentati. Ma l’alternativa – una distruzione permanente della capacità produttiva e quindi della base fiscale – sarebbe molto più dannosa per l’economia e infine per il credito pubblico. Dobbiamo anche ricordare che, visti i livelli attuali e probabili futuri dei tassi di interesse, un tale aumento del debito pubblico non aumenterà i suoi costi di servizio.
    Per alcuni aspetti, l’Europa è ben equipaggiata per affrontare questo straordinario shock. Ha una struttura finanziaria granulare in grado di incanalare i fondi verso ogni parte dell’economia che ne ha bisogno. Ha un forte settore pubblico in grado di coordinare una risposta politica rapida. La velocità è assolutamente essenziale per l’efficacia. Di fronte a circostanze impreviste, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono. Il costo dell’esitazione può essere irreversibile. Il ricordo delle sofferenze degli europei negli anni ‘20 è abbastanza una storia di ammonimento. La velocità del deterioramento dei bilanci privati ​​- causata da una chiusura economica che è sia inevitabile che desiderabile – deve essere soddisfatta della stessa velocità nello schierare i bilanci pubblici, mobilitare le banche e, in quanto europei, sostenersi a vicenda nella ricerca di evidentemente una causa comune.
    (Mario Draghi, “Quella che affrontiamo contro il coronavirus è una guerra, e dobbiamo mobilitarci di conseguenza”, dal “Financial Times” del 25 maezo 2020).

    La pandemia di coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche. Molti oggi vivono nella paura della propria vita o in lutto per i propri cari. Le azioni intraprese dai governi per evitare che i nostri sistemi sanitari vengano travolti sono coraggiose e necessarie. Devono essere supportati. Ma queste azioni comportano anche un costo economico enorme e inevitabile. Mentre molti affrontano una perdita di vite umane, molti altri affrontano una perdita di sostentamento. Giorno dopo giorno, le notizie economiche stanno peggiorando. Le aziende affrontano una perdita di reddito nell’intera economia. Molti stanno già ridimensionando e licenziando i lavoratori. Una profonda recessione è inevitabile. La sfida che affrontiamo è come agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione si trasformi in una depressione prolungata, resa più profonda da una pletora di valori predefiniti che lasciano danni irreversibili. È già chiaro che la risposta deve comportare un aumento significativo del debito pubblico. La perdita di reddito sostenuta dal settore privato – e qualsiasi debito accumulato per colmare il divario – deve alla fine essere assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci pubblici.

  • Gli sciacalli del coronavirus: la loro strategia della tensione

    Scritto il 24/4/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    In questi giorni nei quali l’epidemia sta finendo, diventa sempre più evidente come i poteri che ci dominano siano composti da veri e propri sciacalli, pronti a sfruttare la nostra condizione di crisi per i propri bassi interessi. In natura, sciacalli, iene e avvoltoi si nutrono di cadaveri, attaccano gli animali indeboliti per nutrirsi nelle loro carni. Ma nel mondo animale questo corrisponde al mantenimento di equilibri dettati da Madre Natura per mantenere prosperi gli ecosistemi. Non c’è un elemento morale di Bene o di Male nell’istinto animale dettato dalla Natura. Negli esseri umani, privi di un superiore istinto, ed affidati per la loro crescita alle scelte del libero arbitrio, l’elemento morale invece c’è, affidato a noi, e non a Madre Natura.… Quindi quella di avventarsi su una preda indebolita o morente per mangiarne le carni è una scelta morale. E’ il Male, che attraverso di noi si scatena predatoriamente contro la libertà, la salute, i diritti, il Bene di qualcun altro. Gli sciacalli del potere si avventano sulle proprie vittime perché ritengono di poter usare le loro debolezze a proprio vantaggio. Privi di morale, legati solo all’ambizione, al potere, al denaro che viene loro distribuito in cambio dell’obbedienza dalle piramidi del potere mondialista anticoscienza.

  • Magaldi: Italia in agonia, con Colao e Prodi ancora austerity

    Scritto il 21/4/20 • nella Categoria: idee • (1)

    «Vigileremo e impediremo che vada in porto il piano oligarchico di chi intende trasformare l’emergenza coronavirus (e l’evidente, disastrosa inadeguatezza di Conte) in un pretesto per commissariare l’Italia». Per Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, il pericolo è concreto: «Si deve leggere in questi termini la tentazione di sostituire Conte con l’aziendalista Vittorio Colao, per poi magari eleggere Romano Prodi al Quirinale». Attenzione: «Questa “cordata”, che ora rinfaccia a Conte di non aver tempestivamente assistito gli italiani colpiti dalla crisi, è ispirata dagli stessi soggetti che hanno fatto in modo che, a livello europeo, l’Italia non ottenesse le necessarie concessioni finanziarie, tanto più necessarie in un momento come questo». A preoccupare Magaldi è anche il possibile corollario, che già si affaccia: l’idea infatti è quella di «ridurre gli italiani a sudditi di una post-democrazia orwelliana di stampo cinese, sottoposti all’occhiuta sorveglianza di una nuova polizia sanitaria», con tracciature obbligatorie e spostamenti segnalati elettronicamente. Tutto questo «metterebbe fine a molte delle nostre libertà democratiche».
    Autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ed esponente del network massonico progressista sovranazionale, Magaldi rilancia la contro-proposta formulata tre settimane fa da Mario Draghi sul “Financial Times”: «Draghi è l’unico ad aver chiarito che i debiti contratti oggi, per fronteggiare il coronavirus, non dovranno essere ripagati (esattamente come in caso di guerra)». Altro dettaglio illuminante: «La sola istituzione europea che si sia finora attivata concretamente a favore dell’Italia è la Bce, grazie alla “conversione” di Christine Lagarde, analoga a quella di Draghi». Retroscena: sarebbe stato Draghi a chiedere a Mattarella di protestare formalmente con l’Ue, invocando un allentamento del rigore. Ed era frutto di calcolo anche l’iniziale chiusura della Lagarde («non tocca a noi calmare gli spread»): serviva proprio a suscitare la reazione che poi è arrivata puntuale, costringendo la Commissione Europea (a parole, per ora) a impegnarsi a garantire che l’Ue non continui, in eterno, a essere soltanto un inflessibile gendarme dell’austerità.
    Spiega Magaldi: già esponenti di quel circuito massonico “neoristocratico” che è stato e resta il grande protagonista occulto del rigore europeo, Draghi e Lagarde hanno recentemente “divorziato” dai loro storici sodali, rinnegando la loro stessa storia recente, «per abbracciare finalmente una prospettiva rooseveltiana, archiviando il paradigma dell’austerity». Non a caso, «Draghi ha insistito – anche dalle colonne del “Financial Times” – per aiuti immediati alle aziende e alle famiglie italiane: aiuti che purtroppo non si sono ancora visti». Punto dolentissimo: solo due mesi dopo l’inizio del “lockdown” arriva col contagocce l’elemosina dei 600 euro per chi ne aveva fatto richiesta. Cifra irrisoria, insultante: nel solo settore del commercio, le associazioni di categoria parlano di 50.000 aziende rassegnate al fallimento, proprio per mancanza di fondi, con una perdita netta di 300.000 posti di lavoro. «Una follia: in casi come questo si dovrebbe erogare in modo immediato un “reddito d’emergenza”, che aiuti tutti – indistintamente – a non soffrire così tanto».
    Magaldi richiama anche la ricetta dell’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt: una moneta nazionale parallela all’euro, non convertibile in oro o in valuta, stampabile a costo zero e senza incidere sul debito. «Spendibile subito, sarebbe un toccasana per le nostre aziende: come sappiamo, infatti, molte di esse potrebbero non sopravvivere al “lockdown”». Proprio l’inerzia di Conte aumenta le chances della cordata Colao-Prodi, un ticket con il quale l’Italia cadrebbe dalla padella alla brace. Per Magaldi, il nome dell’ex manager Vodafone (ennesimo campione del rigore eurocratico) serve a tagliare la strada all’unica ipotesi decisiva oggi per il futuro dell’Italia, ovvero «un governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, anche solo per un breve periodo, con un obiettivo epocale: rovesciare il paradigma dell’austerity e far ripartire l’economia con un forte intervento pubblico». Ecco il bivio: chi cavalca il coronavirus per “incatenare” ulteriormente il paese (magari con il Mes, caldeggiato dal Pd e da Gentiloni e Prodi), e chi – al contrario – usa l’emergenza che dimostrare che, se l’Italia agonizza perché l’Ue chiude i rubinetti, il vero problema non è il virus, ma l’attuale sistema europeo post-democratico e neoliberista.
    Queste, secondo Magaldi, le due opzioni sul tavolo di Mattarella per la “fase due”, al termine della quarantena. «Vedremo – dice il leader “rooseveltiano” – come si muoverà Mattarella, che deve proprio a Draghi la sua elezione al Qurinale: fu l’allora presidente della Bce a convincere Renzi ad appoggiare la sua candidatura». In palio, a quanto pare, non c’è solo l’Italia: il nostro paese «potrebbe diventare il punto di partenza per una storica svolta democratica nella governance europea». Le resistenze – sia a Roma che in Europa – sono fortissime, quanto le pressioni sul capo dello Stato. Lo rivela l’ombra di Colao, che spaventa Conte e serve soprattutto a sbarrare la strada a Draghi. «Dietro le quinte si muove Prodi: altro grande privatizzatore, che però – a differenza di Draghi – non è affatto pentito dei disastri che ha combinato, affossando l’economia italiana come richiestogli dall’oligarchia massonica reazionaria». Settimane decisive, a quanto pare. «Noi comunque faremo di tutto – avverte Magaldi – perché la filiera del rigore non approfitti dell’emergenza coronavirus». Questa élite «deve uscire finalmente sconfitta, dopo decenni di dominio neoliberista e privatizzatore: un regime che ha minato la nostra economia, segnando il declino del paese».

    «Vigileremo e impediremo che vada in porto il piano oligarchico di chi intende trasformare l’emergenza coronavirus (e l’evidente, disastrosa inadeguatezza di Conte) in un pretesto per commissariare l’Italia». Per Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, il pericolo è concreto: «Si deve leggere in questi termini la tentazione di sostituire Conte con l’aziendalista Vittorio Colao, per poi magari eleggere Romano Prodi al Quirinale». Attenzione: «Questa “cordata”, che ora rinfaccia a Conte di non aver tempestivamente assistito gli italiani colpiti dalla crisi, è ispirata dagli stessi soggetti che hanno fatto in modo che, a livello europeo, l’Italia non ottenesse le necessarie concessioni finanziarie, tanto più necessarie in un momento come questo». A preoccupare Magaldi è anche il possibile corollario, che già si affaccia: l’idea infatti è quella di «ridurre gli italiani a sudditi di una post-democrazia orwelliana di stampo cinese, sottoposti all’occhiuta sorveglianza di una nuova polizia sanitaria», con tracciature obbligatorie e spostamenti segnalati elettronicamente. Tutto questo «metterebbe fine a molte delle nostre libertà democratiche».

  • Q-Anon: tutti in casa, aspettando gli 007 dell’apocalisse?

    Scritto il 20/4/20 • nella Categoria: segnalazioni • (12)

    Il mondo è in mano a mostri cannibali, che però stanno per essere sbaragliati. Da chi? Dagli “anons”, ovvero i “patrioti” americani, intelligence militare segretamente mobilitata da Donald Trump con lo stranissimo ordine operativo presidenziale del dicembre 2017, che dichiara che «corruzione, pedofilia e traffico di esseri umani» rappresentano «una minaccia per la sicurezza nazionale». L’ordine presidenziale straordinario è una notizia, il resto è una tesi. Per molti, solo una leggenda: è la narrazione di Q-Anon, misteriosa sigla che distilla “drop”, sibillini avvertimenti sul web. Il messaggio: tenetevi pronti, perché la fine del mondo è vicina. O meglio: sta per crollare un establishment criminale che mette insieme finanza, politica e disinformazione mainstream, con contorno di pedo-satanismo e ogni altro orrore, immaginabile e non, coltivato da personaggi potenti e insospettabili. Messa così, sembra l’ennesima riedizione del cospirazionismo classico, alla David Icke. Con una differenza: per Q-Anon la “guerra dei mondi” è ormai in corso, e la bella notizia è che i “buoni” vinceranno. Magari, tanto per cominciare, spedendo in galera nei prossimi giorni un super-cattivone come Bill Gates, che da opaco monopolista dell’informatica si è trasformato in altrettanto opaco quasi-monopolista dei vaccini, grazie ai compiacenti strateghi dell’Oms.
    Non è facile maneggiare un materiale come quello proposto da Q-Anon, data l’assenza totale di fonti verificabili. Ci hanno provato a “Border Nights” tre appassionati della materia: Alessandro Sieni (terapeuta), Gustavo Palumbo (artista) e Tom Bosco (giornalista). Tutti e tre tendono ad accreditare la versione dei cavalieri del bene, impegnati a sgominare la rete del male. Sieni, addirittura, sospetta che il miliardario Jeffrey Epstein – famoso per i festini a luci rosse con minorenni, nella sua isola caraibica, alla presenza di pezzi da novanta come Bill Clinton – non sia affatto morto, e stia anzi collaborando con gli “anons” per smantellare l’impero del male. Arrestato lo scorso 6 luglio, Epstein si sarebbe suicidato, il 10 agosto, in un carcere di massima sicurezza di New York. Le sue guardie? Si sarebbero distratte. «Lo hanno suicidato», pensarono in tanti. E se invece non fosse mai morto? E’, appunto, la tesi di Sieni. Che “spara”: «E se domani si scoprisse che, quando è stato arrestato, Espstein si trovava a casa del suo grande amico Bill Gates?». Tombola: il patron della Microsoft, e soprattutto della fondazione pro-vax più vincina all’Oms, sembra essere finito in una posizione scomoda, da quando Trump – imitato da Boris Johnson e dal giapponese Shinzo Abe – ha annunciato che taglierà i viveri all’Oms, accusata di scarsa trasparenza nella gestione del coronavirus.
    Pesantissime le accuse di Luc Montagnier, scopritore del virus Hiv e Premio Nobel per la Medicina: secondo lo scienziato francese, il virus che dà origine alla sindrome Covid-19 sarebbe “sfuggito” al laboratorio cinese di Wuhan, che operava sotto la supervisione dell’Oms. Per alcuni seguaci di Q-Anon, il caso è risolto: l’Oms e i suoi “complici” avrebbero contagiato il mondo, imponendo il coprifuoco quasi ovunque, e preparandosi a lanciare il super-vaccino di Bill Gates. Secondo Gustavo Palumbo, persino questo estremo semplicismo narrativo può essere considerato psicologicamente utile: tenendosi lontano dalla politica consueta, di cui ormai il pubblico diffida, aiuterebbe comunque anche i più sprovveduti a prendere coscienza della colossale impostura su cui si reggerebbe buona parte della governance mondiale, tuttora “coperta” dai grandi media. Al contrario, secondo i detrattori di Q-Anon, il complottismo estremo (fuori misura in tutto, a partire dal suo lessico e dal suo stesso immaginario, un po’ infantile) è un regalo favoloso, offerto proprio al peggior establishment: gli consente di cestinare, come grottesca spazzatura complottistica, anche le voci autorevolmente alternative, quelle di cui oggi ci sarebbe un drammatico bisogno.
    E a proposito di fonti attendibili, Alessandro Sieni si avventura in un ragionamento sottile: siete così sicuri, dice, che non abbia un secondo fine la detenzione “barbara” di un personaggio-chiave come Julian Assange? La sua speranza è che quella carcerazione (ingiusta) sia solo provvisoria, in attesa della fatale “ora X” in cui, finalmente, le “forze del bene” riusciranno a prevalere, dunque a riabilitarlo come eroe civile. Quanto alla disastrosa, allucinante situazione di casa nostra: non è possibile, semplicemente, che sia casuale – dovuta solo a inettitudine disastrosa – l’inaudita débalcle del governo italiano, incapace di misure tempestive contro il virus e tuttora inerte, sul piano economico. Il sospetto: si vuole che l’Italia sprofondi nella disperazione socio-economica, facendo da cavia, per toccare finalmente con mano la vera natura del brutale regime Ue? Detto in altro modo, e senza evocare invisibili “007 del bene”, è quello che sta comunque succedendo: si temono esplosioni sociali, data l’assenza di veri supporti economici. In teoria, sarebbe la premessa per una svolta politica epocale: il ritorno alla sovranità democratica.
    Che vi siano regie contrapposte, sono in molti a dirlo: è un corso una guerra sotterranea, per provare a sbaraccare quarant’anni di neoliberismo. Ma gli attori sono tanti, e gli interessi appaiono intricati: almeno quanto i pezzi di Deep State che si starebbero confrontando, giorno per giorno, tra disinformazione occulta e fendenti palesi come quelli di Trump contro l’Oms e Bill Gates, il “filantropo” dal vaccino facile. In realtà, le narrazioni ultra-sensazionalistiche come quella di “Q” finiscono sempre per trasmettere l’idea che il popolo, quaggiù, non possa minimamente interagire con i micidiali, sofisticatissimi piani affidati agli invisibili e formidabili X-men, capaci di imprese mirabolanti. Di fronte a enormità come quelle narrate – arresti impensabili, crollo imminente di intoccabili – il cittadino tende a restare più che mai spettatore passivo: perché mai uscire di casa, del resto, se la “rivoluzione del bene” è affidata a benemeriti Rambo delle forze speciali? Tutti in casa, aspettando che i buoni sistemino il mondo? Non è così che funziona, di solito: per farsi sentire, ad esempio, i francesi hanno dovuto indossare un gilet giallo e scendere in strada. Oggi, nell’Italia ipnotizzata dalla quarantena governativa, dai balconi si guarda ancora con sospetto chi osa portare a spasso il cane. Dopodiché, fra non molto, in tante famiglie finiranno i soldi per fare la spesa. Da lì in poi, si accettano scommesse.

    Il mondo è in mano a mostri cannibali, che però stanno per essere sbaragliati. Da chi? Dagli “anons”, ovvero i “patrioti” americani, intelligence militare segretamente mobilitata da Donald Trump con lo stranissimo ordine operativo presidenziale del dicembre 2017, che dichiara che «corruzione, pedofilia e traffico di esseri umani» rappresentano «una minaccia per la sicurezza nazionale». L’ordine presidenziale straordinario è una notizia, il resto è una tesi. Per molti, solo una leggenda: è la narrazione di Q-Anon, misteriosa sigla che distilla “drop”, sibillini avvertimenti sul web. Il messaggio: tenetevi pronti, perché la fine del mondo è vicina. O meglio: sta per crollare un establishment criminale che mette insieme finanza, politica e disinformazione mainstream, con contorno di pedo-satanismo e ogni altro orrore, immaginabile e non, coltivato da personaggi potenti e insospettabili. Messa così, sembra l’ennesima riedizione del cospirazionismo classico, alla David Icke. Con una differenza: per Q-Anon la “guerra dei mondi” è ormai in corso, e la bella notizia è che i “buoni” vinceranno. Magari, tanto per cominciare, spedendo in galera nei prossimi giorni un super-cattivone come Bill Gates, che da opaco monopolista dell’informatica si è trasformato in altrettanto opaco quasi-monopolista dei vaccini, grazie ai compiacenti strateghi dell’Oms.

  • Bomba di Trump sull’Oms: via i fondi all’oscura rete Covid

    Scritto il 15/4/20 • nella Categoria: segnalazioni • (3)

    La prima, vera mossa politica contro il coronavirus arriva da Washington: il presidente Donald Trump annuncia il taglio dei fondi statunitensi all’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’accusa, formale: l’Oms sarebbe troppo filo-cinese. «La ritorsione era nell’aria da tempo», scrive Federico Rampini su “Repubblica”, «dopo che tra l’agenzia sanitaria collegata all’Onu e la Casa Bianca si erano moltiplicate le tensioni». Trump ha accusato l’Oms di una gestione «disastrosa» della pandemia. In particolare, specifica Rampini, non ha perdonato all’agenzia multilaterale di averlo attaccato quando vietò l’ingresso di viaggiatori provenienti dalla Cina. «Tutti sanno quello che sta succedendo là dentro», ha detto, riferendosi all’Oms e in particolare alla «disastrosa decisione di opporsi alle restrizioni di viaggio dalla Cina». Sotto accusa per le sue “sottovalutazioni” iniziali sulla pandemia, nonché «criticato da molti governatori di Stati Usa per le promesse di aiuti federali che non arrivano», Trump si è sempre vantato di aver agito prima di altri nel vietare gli sbarchi di viaggiatori dalla Cina. Anche l’Italia – ricorda sempe Rampini – fu tra i primi paesi a varare quel genere di restrizioni, e inizialmente venne criticata dall’Oms.
    I media americani, anche quelli più “progressisti” e critici nei confronti di Trump, non sono stati teneri nei confronti dell’Oms. «Più volte è stato sottolineato che l’organizzazione internazionale attese un mese prima di dichiarare una pandemia», annota “Repubblica”. E il suo direttore generale «si recò a Pechino ad omaggiare Xi Jinping, tacendo sui silenzi e le censure iniziali con cui il governo cinese nascose al mondo l’epidemia». E’ stato anche osservato come l’influenza cinese sia aumentata all’interno dell’Oms – e di altre agenzie Onu – benché gli Stati Uniti rimanessero il finanziatore numero uno. Tuttavia molti osservatori americani, per esempio il “filantropo” Bill Gates (ormai, fornitore di vaccini), sostengono che una delle lezioni di questa pandemia dovrebbe essere un rafforzamento della cooperazione internazionale. Già, ma a quali condizioni? Nel mirino di Trump è soprattutto il direttore dell’Oms, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, passato «dal governo violento dell’Etiopia agli intrecci di favori con la Cina». Biologo e poi politico – ricorda Giusy Baioni, sul “Fatto Quotidiano” – il capo dell’Oms è stato «ministro del governo illiberale di Meles Zenawi». Poi la nomina all’Oms, quando presidente dell’Unione Africana – che lavorò per la sua elezione – era Robert Mugabe, dittatore dello Zimbabwe, che lo volle “ambasciatore di buona volontà”.
    «Dallo scoppio della pandemia – aggiunge il “Fatto” – Ghebreyesus ha elogiato Pechino», in modo plateale. Motivo: Xi Jinping «gli ha promesso il raddoppio dei finanziamenti». Ma non è tutto: «Il suo paese e la Cina sono legati a doppio filo da progetti economici e infrastrutturali per milioni di dollari». Proprio l’Etiopia è infatti considerata una “porta” strategica, per la penetrazione cinese nel continente nero. Geopolitica, dunque: ecco perché Trump (su cui imcombono le presidenziali di novembre) ora cerca di ostacolare l’Oms, vista come longa manus delle ambizioni “imperiali” della Cina in Africa, in aperta concorrenza – simmetrica – con l’imperialismo finanziario e commerciale statunitense. Ma c’è dell’altro, evidentemente. Quello di Trump è il primo atto politico – fortemente simbolico – che segna una clamorosa rottura dell’unanimismo mondiale imposto dalla pandemia. Una situazione più che anomala, nella quale l’Oms si è ritagliata un ruolo probabilmente abnorme, imponendo la ricetta-Wuhan (quarantena e coprifuoco) a tutti i governi travolti dal Covid-19. «Dovremo entrare nelle vostre case e portare via i contagiati», si è spinto a dichiarare Michael Ryan, direttore esecutivo dell’Oms, facendo inorridire mezzo mondo.
    La clamorosa rottura della “pax sanitaria”, imposta da Trump mettendo alla porta i tecnocrati dell’Oms, riaccende inevitabilmente i riflettori sui retroscena all’origine del disastro, con lo scambio di accuse tra Usa e Cina. Da una parte Pechino, che dipinge gli States come un possibile vettore del focolaio di Wuhan, grazie alla presenza (alle “olimpiadi militari” dello scorso autunno) di soldati Usa forse portatori inconsapevoli del virus. «Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan», ha affermato il portavoce del ministero degli esteri cinese, Zhao Lijian, esibendo in video l’audizione al Congresso degli Stati Uniti in cui Robert Redfield, il direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (l’Istituto Superiore di Sanità americano) ha riconosciuto che alcune persone, decedute negli Usa già nel 2019 a causa di una strana e violenta polmonite, sarebbero morte in seguito a un’esplosione, non diagnosticata per tempo, di Covid-19.
    In parallelo, pesano i sospetti (speculari) sul laboratorio cinese di Wuhan che gli Usa sospettano possa aver avuto un ruolo – forse accidentale, colposo – nella diffusione del nuovo coronavirus Sars-Cov-2. Laboratorio in realtà aperto con scienziati francesi e di altri paesi, tra cui gli Stati Uniti. Quanto alla possibile trasmissione del virus dal pipistrello all’uomo, è emerso uno studio prodotto con larghissimo anticipo dall’università californiana di Berkeley: studio finanziato dalla Darpa, l’agenzia del Pentagono che sviluppa armi sperimentali, anche biologiche e batteriologiche. Pur tra molte incertezze, la comunità scientifica sembra condividere una convinzione: se anche questo viurs è stato deliberatamente “ingegnerizzato” in laboratorio, modificando geneticamente l’Rna, è praticamente impossibile provarlo. In altre parole: se di crimine si trattasse, sarebbe un delitto perfetto. Ma ecco il punto: al di là dei singoli settori cinesi e occidentali coinvolti nella vicenda, dietro al velo rituale dei battibecchi diplomatici sembra emergere un possibile ruolo, proprio dell’Oms, attorno all’oscura origine del virus che può esplodere nella patologia Covid-19.
    E’ questo, a quanto pare, il vero obiettivo di Trump: denunciare eventuali intrecci oscuri – non solo cinesi – dietro alla potente organizzazione sanitaria delle Nazioni Unite. Il laboratorio di Wuhan operava infatti sotto la supervisione dell’Oms, che di lì a poco ha quasi “preso il potere” quasi ovunque, installando i suoi uomini nei governi e pilotando la gestione dell’emerenza in modo severissimo, fino a mettere in pericolo la sopravvivenza di intere economie, come quella italiana, con il rischio di un collasso anche sociale. Finora, i maggiori paesi travolti dalla pandemia hanno subito il modello-Wuhan (applicato in modo letteralmente “cinese”, in Italia), limitandosi a giocare di rimessa per limitare i danni economici. Spettacolare, in questo caso, l’ipocrisia dell’Ue: incapace – grazie all’élite finanziaria tedesca, che utilizza l’egoismo dell’Olanda – di uscire davvero dalla psicopatologia del rigore, persino di fronte a una vera e propria catastrofe umanitaria. E mentre da noi la discussione di avvita sulle giravolte autoritarie dell’inedito “stato d’eccezione” varato da Conte (premier mai eletto da nessuno), è Trump a sparigliare le carte: verrà il giorno – sembra dire – in cui faremo davvero i conti, con l’Oms. E quel giorno, l’Oms dovrà spiegare cos’è davvero diventata, e quali forze hanno investito su di essa per farne il nuovo, potenziale governo-ombra del pianeta. Un quasi-regime, pronto a confiscare libertà e democrazia sotto la guida di una “polizia sanitaria” non trasparente e per nulla rassicurante, in grado di imporre la sua agenda. Non a tutti, però: non agli Usa. Sembra essere questo, il vero segnale di Trump.

    La prima, vera mossa politica contro il coronavirus arriva da Washington: il presidente Donald Trump annuncia il taglio dei fondi statunitensi all’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’accusa, formale: l’Oms sarebbe troppo filo-cinese. «La ritorsione era nell’aria da tempo», scrive Federico Rampini su “Repubblica“, «dopo che tra l’agenzia sanitaria collegata all’Onu e la Casa Bianca si erano moltiplicate le tensioni». Trump ha accusato l’Oms di una gestione «disastrosa» della pandemia. In particolare, specifica Rampini, non ha perdonato all’agenzia multilaterale di averlo attaccato quando vietò l’ingresso di viaggiatori provenienti dalla Cina. «Tutti sanno quello che sta succedendo là dentro», ha detto, riferendosi all’Oms e in particolare alla «disastrosa decisione di opporsi alle restrizioni di viaggio dalla Cina». Sotto accusa per le sue “sottovalutazioni” iniziali sulla pandemia, nonché «criticato da molti governatori di Stati Usa per le promesse di aiuti federali che non arrivano», Trump si è sempre vantato di aver agito prima di altri nel vietare gli sbarchi di viaggiatori dalla Cina. Anche l’Italia – ricorda sempre Rampini – fu tra i primi paesi a varare quel genere di restrizioni, e inizialmente venne criticata dall’Oms.

  • Appello: ribelliamoci alla dittatura del Ministero della Verità

    Scritto il 15/4/20 • nella Categoria: segnalazioni • (5)

    La tenaglia della censura sta per stringersi sulla Rete e sulle voci della libera informazione. I segnali ci sono già tutti. Questa voglia di censura si sta articolando su due fronti, precisi e distinti. Il primo ramo della tenaglia è la legittimazione del cosiddetto “giornalismo dei professionisti”, l’informazione mainstream, come unica fonte valida per ricevere informazioni affidabili. Il secondo ramo della tenaglia è la delegittimazione, uguale e contraria, delle voci della libera informazione. Noi siamo liberi, le grandi televisioni no: per vivere hanno bisogno degli sponsor pubblicitari. E se a uno sponsor un certo discorso non  piace, quel discorso in Tv non viene fatto. Sulle televisioni nazionali non vedrete mai, ad esempio, una seria e approfondita discussione sulla sicurezza dei vaccini, perché le case farmaceutiche sono tra i maggiori sponsor delle televisioni, e alle case farmaceutiche non fa piacere che si metta in discussione la sicurezza dei vaccini. Ecco perché da Fazio vedrete sempre e solo Burioni che pontifica a senso unico, ma non vedrete mai nessuno che gli fa un serio contraddittorio. Né vedrete mai una seria discussione sulla potenziale pericolosità del 5G: perché tra gli altri grandi sponsor delle televisioni ci sono le multinazionali della telefonia, a cui non fa piacere che venga messa in discussione la sicurezza delle loro tecnologie.
    Attenzione: non sto dicendo necessariamente che i vaccini non siano sicuri, o che il 5G sia sicuramente dannoso per la salute; sto solo dicendo che discussioni vere, approfondite – con un vero contraddittorio, su questi argomenti importantissimi per la nostra salute – in televisione non le vedrete mai (perché le televisioni non sono libere, sono controllate dagli sponsor che gli pagano gli stipendi e i costi di produzione). Noi invece siamo liberi, possiamo fare tutte le interviste e i dibattiti che vogliamo: e questo naturalmente dà molto fastidio, a quelli che vorrebbero il controllo totale dell’informazione. E adesso che i nostri numeri stanno aumentando di parecchio, visto che ormai tutti insieme facciamo svariati milioni di visualizzazioni ogni mese, hanno deciso di partire al contrattacco. Questa è la premessa; vediamo adesso, più da vicino, i due rami di questa manovra a tenaglia che vorrebbe soffocarci tutti. Il primo ramo, come dicevo, è quello della auto-legittimazione: “Noi del mainstream siamo gli unici di cui potete fidarvi”. Chi lo dice? “Lo diciamo noi, del mainstream”. Autoreferenzialità, appunto. Mediaset: «Oggi più che mai, l’informazione influenza la nostra vita e la nostra sicurezza. Le notizie sono una cosa seria: fidati dei professionisti dell’informazione. Scegli gli editori reponsabili, gli editori veri. Scegli la serietà».
    “Scegli gli editori reponsabili, gli editori veri. Scegli la serietà”. Eccoli qui, gli editori responsabili: sono loro. La Rai, Mediaset e La7, più tutti i quotidiani più importanti. Peccato che, se vai poi a guardare più da vicino, i primi a raccontare “fake news” siano spesso proprio loro. Facciamo qualche esempio. Un classico, ormai passato alla storia, risale al 2014. Il ministro della salute Lorenzin va da Bruno Vespa e mette in atto una vera e propria azione di terrorismo mediatico, descrivendo una terribile epidemia di morbillo che sarebbe avvenuta a Londra l’anno precedente: «Sono morti 270 bambini». Poi qualcuno è andato a verificare sui siti del governo inglese, e ha scoperto che l’anno prima (il 2013) c’era stato un solo morto di morbillo – un adulto di 25 anni, fra l’altro, morto per una complicanza polmonare. La redazione di “Porta a porta” è stata travolta da una valanga di email di protesta – io stesso ne ho scritta una – chiedendo una correzione immediata della “fake news”. Ma non è successo niente: la correzione, da parte di Vespa, non c’è mai stata. Eppure il “codice deontologico del giornalista” dice chiaramente: «Il giornalista corregge senza ritardo errori e inesattezze».
    L’anno dopo, 2015, la Lorenzin ripete la stessa bugia nella trasmissione “Piazza pulita” di Corrado Formigli. «Di morbillo si muore, in Europa: in un’epidemia di morbillo a Londra, lo scorso anno, sono morti più di 200 bambini». Nuovo controllo: morti di morbillo a Londra nel 2015, cioè l’anno prima: zero. Nuova valanga di email di protesta, comprese le mie, con ripetute richieste di correzione. E nuovamente, nessuna correzione (in questo caso, da parte di Formigli). Eppure non c’è solo il codice deontologico, c’è anche il “testo unico dei doveri del giornalista” a ricordargli che «devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori». Invece niente, nessuna correzione: la bugia passa tranquillamente sul mainstream, viene ripetuta, rimane impressa nella mente degli spettatori. E quelli che si sono resi responsabili di propaganda non la correggono, pur sapendo benissimo che era un “fake” (lo sanno, perché li abbiamo informati noi).
    Altro esempio: Giovanna Botteri, corrispondente da New York, distorce platealmente una deposizione di Tex Tillerson, futuro segretario di Stato americano, per farlo apparire un amico di Putin che condona, in qualche modo, i suoi presunti crimini di guerra in Siria (presunti da Marco Rubio, ovviamente, che lo sta interrogando). «Rex Tillerson, che della Russia è notoriamente un amico, al Congresso prende le distanze da Mosca, ma non da Putin: alla domanda del repubblicamo Rubio se lo considera un criminale di guerra, risponde “no”». Io mi sono stupito di una risposta del genere, da parte di Tillerson. Allora sono andato a cercare lo scambio originale con Marco Rubio, e ho scoperto che la risposta di Tillerson è stata completamente distorta dalla Botteri. Tillerson non ha mai detto «no, per me Putin non è un criminale», e quindi (sottinteso) «condono le sue azioni in Siria». Ma ha detto che lui non userebbe mai quel termine; che si tratta di un’accusa molto grave; e che, prima di fare un’affermazione del genere, avrebbe bisogno di molte più informazioni, rispetto a quelle disponibili. Ora, è un fatto molto grave, per una giornalista della Rai, distorcere in quel modo le parole del ministro degli esteri americano. Anche in questo caso, avevo scritto alla redazione del Tg chiedendo una correzione, e anche stavolta la correzione non c’è stata.
    Altro esempio, Enrico Mentana: prima dichiara di sostenere apertamente la posizione del Cicap sull’11 Settembre, cioè la versione ufficiale del governo americano, e poi manda in onda 16 “fake news” consecutive (16 di numero, una dietro l’altra), raccontate da Paolo Attivissimo in una sola trasmissione. Un record assoluto: credo che non verrà mai battuto, nella storia. Io faccio un video, dove dimostro – documenti alla mano – che tutte le affermazioni di Attivissimo sono false, dalla prima all’ultima, e lo segnalo alla redazione di Mentana per chiedere una correzione: siamo ancora qui ad apettare che arrivi. Evidentemente, per giornalisti come Vespa, Formigli, Botteri o Mentana, il “codice deontologico” è solo carta straccia. Un ultimo esempio, clamoroso, avvenuto lo scorso gennaio sempre su La7. Andrea Purgatori presenta uno speciale sulla morte di Soleimani. Su Twitter annuncia, con gran fanfara, «le immagini dell’uccisione del generale Soleimani». Sentite con quale enfasi drammatica Purgatori commenta le immagini: «Sono immagini drammatiche, anche se in bianco e nero. Come vedete c’è un convoglio, sentite le parole del pilota che sta manovrando il drone. Guardate come vengono colpiti, uno ad uno, tutti i convogli. Ora ci saranno dei puntini bianchi (guardate, sulla destra): sono uomini che cercano di scappare da questo attacco». Peccato che le immagini che sta mandando in onda siano quelle di un videogioco. Non solo non sono le immagini dell’attentato a Soleimani: non sono nemmeno immagini reali.
    Preso in castagna, non solo Purgatori si rifiuta di correggere l’errore, ma raddoppia addirittura la posta. Stuzzicato su Twitter nientemeno che da Paolo Attivissimo, Purgatori risponde: «Certo che è un videogioco, lo sapevo, ma rappresentava tecnicamente una perfetta dimostrazione di come colpisce un drone». Peccato che lui stesso, in trasmissione, ci abbia confermato che non fosse un videogioco. Sentite: «Vi faccio subito vedere una cosa: somiglia molto a un videogioco, ma non è un videogioco». Quindi cosa fa Purgatori? Ci rifila un “fake”, e nel frattempo ci assicura che non si tratta di un “fake”. Cioè: ci mente, sapendo di mentire. Questo è un caso talmente perverso che non penso sia nemmeno contemplato, nel famoso “codice deontologico” dei giornalisti. Quindi i Bruno Vespa, i Formigli, le Botteri, i Mentana, i Purgatori… sarebbero questi i famosi “professionisti dell’informazione” di cui dovremmo fidarci a scatola chiusa? Come direbbe Antonio Razzi, “questo non creto”. Ci sono certamente, in giro, degli ottimi giornalisti, che riescono a fare bene il loro lavoro nonostante le pastoie che gli impone il sistema – e a questi vanno tutte le lodi possibili. Ma ce ne sono anche tanti, come abbiamo visto, che fanno i furbini. E mentono, sapendo di mentire, pur di portare avanti la loro agenda politica o personale. Quindi, come in tutte le cose, si giudica caso per caso. Non si danno pass generalizzati a nessuno, qui: non si fanno sconti per comitive. Troppo comodo dire “noi siamo l’informazione ufficiale, fidatevi di noi”. La nostra fiducia ve la dovete guadagnare giorno per giorno, servizio per servizio, telegiornale per telegiornale.
    Veniamo adesso all’altro braccio della tenaglia: l’attacco, sempre più serrato, alla libera informazione. E’ un attacco che tende chiaramente a criminalizzarla, per avere la scusa per poi tapparci in qualche modo la bocca. Questo disegno ormai è evidente è ben coordinato e arriva chiaramente dall’alto, visto che ormai è a livello governativo. L’Ansa: “Martella, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: creata unità contro fake news”. Naturalmente si usa la scusa del coronavirus: e così, nel frattempo, ci si vuole arrogare il diritto di decidere cosa sia falso e cosa no. Poi, una volta stabilito questo principio, sarà molto facile utilizzarlo ovunque torni comodo. Addirittura, qualche sera fa, Andrea Purgatori – proprio lui – ha dedicato una puntata di “Atlantide” alle “fake news”. Il servizio si intitolava “Fake Room, la Fabbrica delle Bugie”. Cioè, praticamente: quelli che ce le propinano impunemente, sono anche quelli che dicono di voler smascherare. Fantastico, no? Un totale capovolgimento dei ruoli, nella classica logica orwelliana. Io comunque, di fronte a un titolo così importante come “La Fabbrica delle Fake News”, mi sono seduto comodo in poltrona a guardare attentamente. E cos’ho visto? Il nulla più assoluto. Purgatori ha fatto il solito minestrone di cose che non c’entrano nulla l’una con l’altra. Ha messo insieme l’invasione dei marziani di Orson Welles, la storia del finto alieno di Roswell, le missioni lunari, la morte di Paul McCartney, il rapimento di Aldo Moro, l’11 Settembre, la fialetta di Colin Powell, Hitler scappato in Sudamerica, “Elvis Presley è vivo”; mancava solo la “Terra piatta”, e il menù era completo.
    Fra l’altro, ringrazio: Purgatori ha anche inserito lo spezzone di un mio video, dando così un po’ di visibilità al mio canale. Bene, dopo tutto questo minestrone, mi son detto: vediamo un po’ cosa farà, il nostro eroe. Visto che la trasmissione si chiama “La Fabbrica delle Fake News”, vediamo un po’ come si fabbricano, queste fake news. E invece, niente: dopo il minestrone, Purgatori ha intervistato quello che secondo lui era un epidemiologo, Enrico Bucci, dell’università di Filadelfia. Ma in realtà, Bucci si è rivelato non essere affatto un epidemiologo. Sentite che figura: «Per prima cosa, smonto una fake news prima che diventi importante: io non sono un epidemiologo, sono un biologo chimico e mi occupo di analisi di dati complessi in bio-medicina». Povero Purgatori, ne calpesta una dietro l’altra… Non sa nemmeno con chi sta parlando. Comunque, a parte questa gaffe, il succo è che, nella trasmissione, non ha minimamente affrontato l’argomento fake news. Dopo il biochimico, Purgatori ha intervistato un archeologo (Valerio Massimo Manfredi), che ci ha spiegato che la Donazione di Costantino era un falso – come se per scoprirlo avessimo bisogno di lui, fra l’altro. E poi ha intervistato uno psichiatra (Paolo Crepet), che ci ha fatto il preciso ritratto clinico del fabbricatore di fake news. Ascoltate: «Il fabbricatore di fake news è uno che si mette lì, alle undici di sera…». Purgatori: «E ne inventa una». Crepet: «Se ne inventa una, non so… Con tutto il rispetto, magari fa un lavoro qualsiasi…».
    Il fabbricatore di fake news “è uno che si mette lì, alle undici di sera, e magari ne inventa una”. E dopo questa approfondita e rigorosa analisi scientifica, praticamente, la trasmissione è finita lì. Cioè: il tentativo – ormai classico – di associare le idiozie più disparate ai temi più seri; e poi, il nulla più assoluto. Questo non è giornalismo: questo è impressionismo mediatico, una pennellata e via. E’ il mordi e fuggi di chi, in realtà, non ha niente da dire. Molto più feroce, invece (e molto più subdolo) è stato il tentativo di Mentana di attaccare la cosiddetta galassia complottista, nel suo insieme. Sulla sua rivista online, “Open”, Mentana ha pubblicato un lunghissimo articolo, intitolato: “Coronavirus. Le fonti del movimento sovversivo Nuova Resistenza Italiana, che incita a violare la quarantena”. L’autore dell’articolo è David Puente, un debunker dell’ultima generazione che è diventato lo scudiero preferito di Mentana, per questo tipo di operazioni. Che cosa hanno fatto, in sostanza, con questo articolo? Non potendo attaccare noi direttamente, sono andati a prendere questo gruppo Facebook chiamato “Nuova Resistenza Italiana” (che io, fra l’altro, non conoscevo nemmeno), e hanno detto: loro incitano a uscire di casa, quindi a violare la legge; andiamo un po’ a vedere chi sono le loro fonti, da dove prendono le loro informazioni.
    Hanno quindi tentato di fare un percorso all’indietro, per cercare di collegare anche noi a quelli che loro definiscono “un movimento sovversivo”. Gli americani hanno un’espressione molto bella, per questo meccanismo; si chiama “guilty by association”, colpevole per associazione. Non puoi attaccare qualcuno direttamente, e allora lo accusi in qualche modo di essere collegato a persone che tu definisci come sovversive. Ora, andiamo a vedere più da vicino chi sarebbero, i colpevoli di questa malfamata associazione a delinquere. Per farci capire meglio come stanno le cose, David Puente ha fatto addirittura ricorso a una specie di mappa del crimine – un po’ come quando in televisione ti fanno vedere la mappa delle famiglie mafiose, nei documenti delle forze dell’ordine. E il primo della lista, di questi mafiosi, ovviamente è Claudio Messora. Vediamo qual è la sua colpa: «”Byoblu” di Claudio Messora ospita spesso personaggi controversi che riportano una “informazione alternativa al mainstream”». Oddio, questo è veramente un peccato mortale… Roba da metterlo subito al rogo, senza nemmeno processarlo. In realtà, la vera colpa di Messora è stata quella di aver intervistato Stefano Montanari. Vediamo il capo d’accusa di Montanari: «Stefano Montanari ha definito il coronavirus un “virus fasullo” che risulta innocuo e che il vaccino sarà una truffa colossale per “iniettarci qualunque cosa”».
    Quindi, Montanari non ha violato nessuna legge: ha semplicemente espresso la sua opinione (con la quale, fra l’altro, nessuno è obbligato a essere d’accordo). Io stesso ho intervistato Montanari tre giorni dopo, e con me ha ripetuto praticamente gli stessi concetti. Io non ero d’accordo con lui, l’ho detto chiaramente, ma gli ho comunque permesso di parlare – perché lo scopo del dibattito è proprio questo: confrontare opinioni diverse. Invece, il Patto per la Scienza di Burioni ha fatto addirittura un esposto contro Montanari, e nel frattempo ne ha approfittato anche per chiedere l’oscuramento di “ByoBlu” – così, en passant: mentre cerchiamo di silenziare il messaggio, proviamo anche a dare una bella legnata al messaggero. Un altro colpevole di crimini efferati, poi, è Giulietto Chiesa: «”Pandora Tv” di Giulietto Chiesa ospita personaggi controversi e teorici del complotto». Mamma mia! E’ pazzesco, quello che fa Giulietto Chiesa: “ospita personaggi controversi”, mettiamo subito al rogo anche lui.
    Puente, forse te lo sei dimenticato. Ma l’articolo 21 della Costituzione dice: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Quindi, qui se c’è qualche sovversivo sei tu, Puente, nel senso che tu vorresti sovvertire la Costituzione, impedendo a queste persone di parlare. Andiamo adesso a vedere quali sono le colpe specifiche attribuite da Puente alle persone intervistate da “Pandora Tv”. «Manlio Dinucci, che scrive per il “Manifesto”, ha tirato in ballo l’esercitazione Nato nota come “Defender Europe 2020″ e i soldati americani “senza mascherina”». Signor Dinucci, ma cosa fa?! Tira in ballo i soldati americani senza mascherina?! E’ impazzito? Non lo sa che “tirare in ballo” è espressamente proibito dal codice penale? In realtà cos’ha fatto, Dinucci? Ha semplicemente citato un video ufficiale, del Pentagono, nel quale si vedono i soldati americani che atterrano in Europa per le esercitazioni Nato, e si salutano e si abbracciano tranquillamente, senza mascherina. Qual è il peccato di Dinucci? Aver commentato un video ufficiale del Pentagono. Tutto qua.
    Un altro criminale intervistato da “Pandora Tv” è Maurizio Martucci, «gestore di Oasisana.com e autore su “Il Fatto Quotidiano”», che «pone la teoria del rapporto tra 5G e il nuovo coronavirus». Oddio, Martucci ha addirittura “posto una teoria”… che eresia! Pensate, del 5G non sappiamo praticamente niente, perché nessuno ci dice niente, veramente; sappiamo ancora meno, del coronavirus, però David Puente ha già capito che non ci può essere nessuna correlazione fra le due cose, per cui si sente di mettere all’indice chi la suggerisce. Ma nemmeno ai tempi dell’Inquisizione, lavoravano così: almeno, gli inquisitori, una base teorica ce l’avevano. Poi ancora: «Marcello Pamio, gestore del sito Disinformazione.it, è un sostenitore della Medicina Tradizionale Cinese». Orrore… la medicina tradizionale cinese?! E’ lì da quattromila anni, a insegnarci come curarci in modo natuale e olistico, ma non lo si può sostenere – magari perché non vende i prodotti di Big Pharma? Sarà per quello che a Puente non piace, la medicina tradizionale cinese? E poi: «Secondo Pamio, la paura abbassa le difese immunitarie». No, Puente: non è “secondo Pamio”, è secondo tutti. Lo sanno anche i paracarri, che la paura abbassa le difese immunitarie: sta scritto persino sulle agenzie di stampa (AdnKronos: “Coronavirus: stress, paura e ansia riducono le difese immunitarie”). Ma questo, Pamio non lo può dire: perché Don Rodrigo Puente de Torquemada ha deciso che non si può.
    Ancora: «Francesco Oliviero, medico iscritto all’ordine che segue la Medicina Tradizionale Cinese e l’omeopatia, sostiene che il virus non si combatte stando a casa». Quindi «Vincenzo D’Anna, senatore e presidente dell’ordine dei biologi, sostiene che il Covid-19 sia poco più che un’influenza e che sia una grande cantonata politica». Nuovamente, Puente: sono opinioni (c’è scritto “sostiene”). Sono discutibili fin che vuoi, ma sono perfettamente legittime. Articolo 21 della Costituzione: non è così difficile da memorizzare, provaci. E poi naturalmente c’è una angolino anche per me, nella mappa del crimine: «Massimo Mazzucco, protagonista di diversi video di fantascienza complottista è autore del video che accusa gli americani dell’epidemia Covid-19». Per quanto riguarda la “fantascienza complottistica”, Puente, ti comunico che il mio film “11 Settembre, la nuova Pearl Harbor” è uscito già da sette anni, ed è ancora lì che aspetta qualcuno che lo smonti. Finora, nessuno ci ha mai nemmeno provato: i tuoi amici debunker se ne tengono saggiamente alla larga. Però, se tu vuoi confrontarti con me sull’11 Settembre, io sono a tua disposizione – così vediamo chi dei due racconta “fantascienza”. E poi, dai, Mazzucco sarebbe autore del video che accusa gli americani dell’epidemia Covid-19? Io non ho accusato nessuno: non sono così stupido da farlo.
    Nel mio famoso video “E’ stato il pipistrello”, ho semplicemente messo in fila i diversi elementi a sostegno di questa teoria, che fra l’altro è stata suggerita dallo stesso governo cinese. Ma io stesso ho detto, alla fine, che non posso esserne sicuro. Ascolta bene quello che dico, alla conclusione del video: «Ora, in posso sostenere che sia questa, per forza, la spiegazione di tutto quello che sta succedendo. Io ho solo messo in fila tutta una serie di elementi, che portano ad una conclusione sensata. Se ce ne sono altre, cari giornalisti, ben vengano: fatevi avanti». Quindi vedi, Puente? Dici pure le bugie, nel tuo articolo. Io non ho mai accusato nessuno. Tu distorci le frasi altrui e racconti fake news, proprio mentre sostieni di volerle combattere. In sintesi, qui abbiamo un intero articolo basato sul nulla più assoluto. Dov’è, tutto questo complottismo sovversivo? Niente, non c’è. Solo parole vuote, solo aria tiepida. Come dicevo prima, questo articolo è un po’ come un quadro impressionista, come il puninismo: visto da lontano sembra dare l’impressione di qualcosa. Ma poi, se ti avvicini, scopri che sono solo dei puntini colorati. Vedi la lontano questa mappa di presunti criminali; poi ti avvicini, e ti accorgi che siamo solo persone normali, che cercano di fare al meglio il loro lavoro, e che non hanno mai minimamente violato la legge. Con una differenza, però: i quadri impressionisti lasciano comunque nell’aria un senso di leggerezza e di allegria estetica; mentre questo articolo, caro Puente, lascia nell’aria un pessimo odore. E’ l’odore della diffamazione, l’odore del cattivo giornalismo, l’odore della censura travestita da finta indagine sociale.
    A questo punto, qualcuno dirà: va be’, chi se ne frega. Puente è solo un pessimo giornalista. In fondo ce ne sono tanti, in giro – uno più, uno meno, non è che faccia una gran differenza. No: non è così semplice. Perché il nostro caro David Puente, l’autore di questo articolo-spazzatura, è proprio una delle punte di diamante della tarsk force governativa contro le fake news. Avete capito, di che tipo di gente ci stiamo mettendo in mano? Questi sarebbero quelli che si arrogano il diritto di decidere cos’è falso e cosa no, e vorrebbero farlo addirittura a livello governativo. In conclusione: stiamo per uscire, tutti, dal tunnel del coronavirus, e stiamo andando incontro a un periodo estremamente difficile – cruciale, direi – per le nostre libertà. Finita questa pandemia, cercheranno di approfittare in tutti i modi della nostra debolezza, sia mentale che economica, per cercare di rendere permanenti alcune misure che ci avevano presentato come temporanee, e soprattutto per cercare di introdurne di nuove.
    Non stupitevi, se per caso – in autunno – vi ritrovate che, per andare allo stadio, oppure a un concerto, bisognerà prima aver fatto tutta una serie di vaccinazioni obbligatorie (altrimenti, tutti buoni e zitti, a casa a guardare le partite in televisione o ad ascoltare i concerti sul telefonino). Per è questa, la prima cosa che le società farmaceutiche cercheranno di ottenere, da tutto questo questo casino del coronavirus: cercheranno di far passare le vaccinazioni di massa, fino a farle diventare obbligatorie per tutti. Pensate che io sia paranoico? Guardate qua: “Zingaretti, vaccini obbligatori nel Lazio per 2,5 milioni e mezzo di persone” (”Il Messaggero”). «Stiamo valutando per il prossimo anno, nel Lazio, di rendere obbligatorio il vaccino contro l’influenza a tutti gli over 65, a chi lavora nella sanità e in altre categorie di lavoro più esposte e di attività essenzali». Quindi, siccome le “attività essenziali” le decidono loro, moltissima gente – se vorrà andare a lavorare – dovrà farsi il vaccino obbligatorio.
    E’ lì che vogliono arrivare, le case farmaceutiche. Per loro, questa del coronavirus è un’occasione d’oro, quasi irripetibile. E naturalmente utilizzeranno la televisione (che loro pagano profumatamente) per martellarci il cervello, in modo da arrivare prima o poi a vaccinarci tutti, obbligatoriamente, per qualunque cosa. Con buona pace della Costituzione, che (articolo 32) dice: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», e aggiunge: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Invece, i limiti li violeranno eccome: grazie alle nostre paure e al nostro stato di confusione. Vedrete, con la scusa del coronavirus, quanti limiti cercheranno di violare. Cercheranno di introdurre, ad esempio, il tracciamento elettronico dei nostri movimenti col telefonino, esattamente come hanno fatto in Cina con i cittadini di Wuhan. Da noi non oseranno mai fare una cosa del genere, dite? L’Ansa: «Coronavirus: app in arrivo, volontaria e anonima. Il lavoro della task force istituita per studiare l’utilizzo di una app per il tracciamento dei contatti per evitare il diffondersi del coronavirus è alle fasi conclusive».
    Naturalmente, per ora ti dicono che è “volontaria e anonima”; però poi cosa ti succede, se un giorno scopri che – se tu non sei tracciato – magari non puoi salire sull’autobus, non puoi andare in biblioteca o non puoi entrare in un supermercato? O accetti la tracciatura, oppure te ne stai chiuso in casa a marcire, e al supermercato ci mandi tua cugina? Quindi sarà pure “volontario”, ma bisognerà vedere a quali ricatti saranno sottoposti, quelli che non vorranno accettare. Ricordate che una cosa è volontaria solo se uno può scegliere davvero liberamente, senza condizioni; altrimenti, si chiama ricatto. E il bello è che, con l’aiuto del mainstream, cercheranno di far passare questa schedatura di tipo poliziesco come una meravigliosa “opportunità”. Guardate: «La Ferrari userà app-tracciamento per dipendenti». Nella terza fase, dice l’articolo dell’Ansa, ci sarà «l’opportunità per ciascun collaboratore di servirsi di una app, con tracciamento dei contatti, per un supporto medico sanitario nel monitoraggio della sintomatologia del virus». L’opportunità… Dovremo anche ringraziarli, alla fine, questi angeli premurosi che ci vogliono seguire dappertutto. Naturalmente, «il piano è nato dalla collaborazione con un pool di virologi – tra cui il professor Roberto Burioni», il nostro benefattore universale.
    Ma non basta: con la scusa del coronavirus, presto troveranno anche il modo per entrarci in casa e portarsi via chi vogliono loro. Nuovamente: pensate che siano paranoie complottiste? Michael Ryan, direttore esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo scorso 23 marzo, durante una conferenza stampa ha detto: «Il contagio non è più nelle strade, ora è circoscritto ai gruppi familiari. Ora dobbiamo andare a guardare nelle famiglie, per trovare chi eventualmente è malato, per rimoverlo e isolarlo in un luogo sicuro e dignitoso». E questa è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che parla (non è la bocciofila di paese). Quindi, con la scusa del virus, vogliono poter entrare in casa vostra e portarvi via i fratelli, i genitori oppure i vostri figli, in modo “sicuro e dignitoso” (se lo riterranno opportuno). Poi tanti auguri, quando andate dal giudice per cercare di farveli restituire.
    Naturalmente, per arrivare a tutto questo hanno un bisogno assoluto di silenziare al più presto la libera informazione, altrimenti rischiano che ci siano troppe persone che protestano e si pongono delle domande – e questo non va bene. E non stiamo parlando solo del fronte sanitario, sia chiaro. Dopo il coronavirus, approfittando della confusione, ci sarà un tentativo globale di ridisegnare alla radice l’intera mappa del potere – naturalmente a favore delle élite e a discapito dei normali cittadini, su tutti i fronti. Ci installeranno il 5G dappertutto, senza nessun serio dibattito sulla sua pericolosità e senza nessuna garanzia scientifica sulla sua innocuità. E nuovamente, useranno le televisioni per invitare i loro esperti a raccontarci che non c’è nessun pericolo, e che il 5G è una manna perché aiuta i medici a comunicare meglio fra di loro (come se adesso i medici, per comunicare, usassero i segnali di fumo, e aspettassero con ansia l’arrivo del 5G). Ci seppelliranno sotto un debito di centinaia di miliardi, arrivati chissà da dove e con chissà quali clausole. E useranno le televisioni per raccontarci che va tutto bene e che dovremo essere felici, per tutti questi soldi che ci verranno prestati, salvo poi dover lavorare per i prossimi cinquant’anni per restituirli, ovviamente con interessi molto salati.
    E’ questa, la dittatura che ci aspetta nel prossimo futuro: la dittatura dell’informazione, che manda un messaggio unificato e non tollera nessun contraddittorio. In una democrazia, una voce alternativa all’informazione mainstream è assolutamente indispensabile. Le opinioni diverse sono il cuore stesso del progresso sociale. Senza quello, la democrazia muore. E si instaura la dittatura del pensiero unico. Non saremo più schiavizzati a livello fisico – come una volta, con le catene ai piedi – ma lo saremo a livello mentale, con le catene nel cervello (che è ancora peggio: perché, se controlli la mente delle persone, controlli molto più facilmente anche le loro azioni). Quindi, se noi verremo silenziati, non saremo più in grado di difendere voi, dalle restrizioni delle vostre libertà. E’ quindi fondamentale, in questo momento, far sapere che siamo in tanti e che simo tutti uniti. Dobbiamo mandare un messaggio, forte e chiaro: noi siamo uniti e compatti, e non siamo disposti a farci mettere la museruola da nessuno. Per questo, vi chiediamo di far circolare questo messaggio ovunque possibile. Non lasciate niente di intentato: non fermatevi, finché non avrete esaurito ogni possibile contatto, nella vostra agenda personale. Altrimenti, fra poco, verremo davvero tutti obbligati a inginocchiarci, senza più fiatare, di fronte al Ministero della Verità.
    (Massimo Mazzucco, video-appello trasmesso su “Contro Tv” e ripreso l’11 aprile 2020 su YouTube e su “Luogo Comune”. In coda, nel video l’appello è sottoscritto da Giulietto Chiesa, Marco Tosatti, Fulvio Grimaldi, Tiziana Alterio, Ivan Catalano, Fabio Frabetti, Raimondo Pische, Alessandra Devetag, Maurizio Blondet, Stefano Scoglio, Margherita Furlan, Davide Barillari, Patrizia Cecconi, Ugo Mattei, Marco Pizzuti, Corrado Malanga, Manlio Dinucci, Gustavo Alberto Palumbo, Marcello Pamio, Martino Chiorboli, Franco Fracassi, Leopoldo Salmaso, Gaia Pasi, Francesco Celani, Gabriele Sannino, Adriano Colafrancesco, Jeannie Toschi Marazzani Visconti, Enrica Perucchietti, Ugo Giannangeli, Roberto Germano, Tom Bosco, Lara Innocenzi, Roberto Quaglia, Giuseppe Turrisi. Tra i sottoscrittori del video-appello, Mauro Scardovelli afferma: «Stanno introducendo la censura, in Italia, che è vietatissima dall’articolo 21 della Costituzione. La censura infatti è tipica delle dittature: indica la fine della democrazia». Dal canto suo, Pietro Ratto propone «una task force uguale e contraria a quella istituita, per contrastare le fake news del sistema». Chiude la lista Claudio Messora, che definisce Mazzucco «uomo misurato, saggio, socratico: è il Socrate dell’informazione indipendente». Chiosa Messora: «Dato l’accerchiamento in atto, non è più il momento di essere tenui, cauti: è il momento di uscire allo scoperto e gridare forte che siamo liberi. Lo dice l’articolo 21, lo dice la Costituzione. E liberi vogliamo restare»).

    La tenaglia della censura sta per stringersi sulla Rete e sulle voci della libera informazione. I segnali ci sono già tutti. Questa voglia di censura si sta articolando su due fronti, precisi e distinti. Il primo ramo della tenaglia è la legittimazione del cosiddetto “giornalismo dei professionisti”, l’informazione mainstream, come unica fonte valida per ricevere informazioni affidabili. Il secondo ramo della tenaglia è la delegittimazione, uguale e contraria, delle voci della libera informazione. Noi siamo liberi, le grandi televisioni no: per vivere hanno bisogno degli sponsor pubblicitari. E se a uno sponsor un certo discorso non  piace, quel discorso in Tv non viene fatto. Sulle televisioni nazionali non vedrete mai, ad esempio, una seria e approfondita discussione sulla sicurezza dei vaccini, perché le case farmaceutiche sono tra i maggiori sponsor delle televisioni, e alle case farmaceutiche non fa piacere che si metta in discussione la sicurezza dei vaccini. Ecco perché da Fazio vedrete sempre e solo Burioni che pontifica a senso unico, ma non vedrete mai nessuno che gli fa un serio contraddittorio. Né vedrete mai una seria discussione sulla potenziale pericolosità del 5G: perché tra gli altri grandi sponsor delle televisioni ci sono le multinazionali della telefonia, a cui non fa piacere che venga messa in discussione la sicurezza delle loro tecnologie.

  • Magaldi: soldi a tutti, ma subito. Draghi saprebbe cosa fare

    Scritto il 14/4/20 • nella Categoria: segnalazioni • (19)

    Giuseppe Conte ha chiuso gli italiani in casa, per giunta lasciandoli senza soldi e gettando tutti nell’angoscia, a partire dalle fasce sociali più fragili. Se ora non riesce a ottenere neppure gli eurobond, faccia un favore al paese: tolga finalmente il disturbo, visto che non ha la stoffa per gestire l’Italia. Si avvicina l’ora di Mario Draghi? Imbucato tra i 5 Stelle nel 2018, Comte era stato pescato come premier-ombra del governo gialloverde, “re travicello” quasi senza poteri, schiacciato tra Di Maio e Salvini. Poi, quasi di colpo, l’ex “avvocato del popolo” (vicinissimo al Vaticano, più che al popolo) si è trovato in mezzo alla tempesta del coronavirus, facendo solo disastri. Beninteso: nessuno se l’è cavata benissimo, nel mondo, alle prese con il tuttora misterioso Covid-19. Ma una cosa è certa: l’Italia – paradossalmente indicata come modello, dall’ambigua Oms – ha sbagliato tutto lo sbagliabile. Alla vigilia, spiccavano le “profezie” televisive dei vari Burioni: tranquilli, siamo in una botte di ferro. Poi, lo stranissimo focolaio lombardo nel Lodigiano, la cui esplosività resta tuttora inspiegata. Ma era ancora tempo di brindisi sui Navigli, con Sala e Zingaretti. Poco dopo, l’errore capitale: sprangare l’intera Lombardia, lasciando però il tempo – a decine di migliaia di potenziali “untori” – di lasciare Milano e contagiare l’intero Stivale, isole comprese. Salvo poi imporre il coprifuoco a tutto il paese, fuori tempo massimo, per giunta colpevolizzando i cittadini e vessandoli con la decretazione d’emergenza, che molti giuristi considerano incostituzionale.
    Poche settimane, e la catastrofe-Conte si è espressa in tutta la sua potenza: italiani costretti in casa, e senza ancora aver visto un soldo. Anche alle aziende, solo promesse o annunci demenziali: come l’offerta di indebitarsi in banca. E dopo cinque settimane di quarantena nazionale, con la previsione di non riaprire nulla se non a partire dal 4 maggio, oggi nessuno sa ancora cosa succederà: né sul versante della calamità sanitaria, né su quello della devastante crisi economica che potrebbe schiantare il paese e innescare pericolose rivolte sociali. Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt (che sta attrezzando sportelli legali per assistere cittadini colpiti da sanzioni impugnabili) è sempre stato contrario all’imposizione delle restrizioni: «C’era tutto il tempo per fare almeno due cose: potenziare le terapie intensive e raccomandare agli anziani di restare al riparo, e non si è fatta né l’una né l’altra». Terza mossa: investire sul fronte scientifico. «Occorreva finanziare con la massima urgenza il lavoro dei nostri laboratori di ricerca, per trovare cure efficaci: e non lo si è fatto». Meglio il vicolo cieco della clausura, di fronte alla disperazione dei medici assediati dai pazienti, e senza i necessari posti letto in rianimazione. Domanda: cosa succederà, con la riapertura? «Se i contagi riprendessero a crescere e il virus dovesse malauguratamente riesplodere – si chiede Magaldi – il governo che farà? Tornerà a rinchiuderci tutti in casa?».
    Il dramma, secondo il presidente del Movimento Roosevelt, è proprio la mancanza assoluta di visione prospettica: «Serve una capacità almeno decennale di previsione: nel mondo globalizzato dobbiamo rassegnarci a convivere, con i virus, ma non è pensabile che ogni volta scatti la follia della quarantena, o che le restrizioni alle libertà diventino permanenti, con una sorveglianza sociale orwelliana in stile cinese». Serve una strategia complessiva: «Investimenti sulla sanità, dopo i tagli sciagurati imposti dall’austerity neoliberista, dando a ciascuno la certezza di essere curato nel migliore dei modi. E chiedendo alla medicina di tornare a fare anche molta prevenzione: occorre coltivare la salute, non solo limitarsi a fronteggiare le patologie in atto». Per tutto questo, naturalmente, servono soldi: tantissimi. Dove trovarli? «Lo ha spiegato Draghi nella sua recente lettera al “Financial Times”: bisogna rispolverare Keynes e Roosevelt, e quindi emettere miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito». Anche per questo, secondo Magaldi, i mitici eurobond evocati da Conte sarebbero solo una parte della soluzione. «Tanto per cominciare andavano varati nel 2010, per annullare lo spread. Ora certo andrebbero creati, meglio tardi che mai. Ma siamo sicuri che Conte riuscirà a imporli, a paesi come la Germania, notoriamente eterodiretti dall’oligarchia finanziaria neoliberista?».
    Ecco il punto: il capo del governo ne ha fatto una questione di principio, la sua linea del Piave, rispondendo a muso duro a Salvini e alla Meloni, che lo avevano accusato di aver già “svenduto” l’Italia, sottobanco, agli eurocrati del Mes. «Questo non è vero», chiarisce Magaldi: «Conte non ha ancora firmato alcun impegno vincolante o rischioso, per l’Italia». Per contro, non è ancora riuscito a portare a casa gli eurobond. «Se non ce la facesse, al prossimo vertice europeo – tra pochi giorni – dovrebbe concludere di non essere all’altezza, e quindi farsi finalmente da parte». E’ finito in un gioco più grande di lui? «Conte non sembra avere la statura necessaria: del resto, fin dall’inizio sembrava ambire a diventare un semplice “maggiordomo” delle tecnocrazie europee, come lo è il suo ministro Roberto Gualtieri – che lavora da sempre per il suoi “padroni”, non certo per il popolo italiano, e quindi andrebbe senz’altro licenziato». Un fuoriclasse come Mario Draghi, ovviamente, avrebbe ben altre capacità da mettere in campo. La prima: «Trovare il modo di assistere economicamente gli italiani in modo immediato, come ha chiarito nel suo intervento sul “Financial Temp”: non c’è più tempo, l’Italia sta per crollare e gli italiani sono sul punto di esplodere. Vanno aiutati subito, adesso. E Draghi, a differenza di Conte, saprebbe come farlo».
    Stiamo parlando del “nuovo” Draghi, il super-tecnocrate “pentito” della sua vita precedente, in cui è stato tra i massimi architetti del rigore finanziario europeo. Una svolta, la sua, che risale a quasi un anno fa: clamorose le riflessioni sulla possibilità di ricorrere anche al famoso “helicopter money”, moneta emessa alla bisogna (in modo virtualmente illimitato, e a costo zero), come consigliato dalla Modern Money Theory. In altre parole: capovolgere il dogma neoliberista della (falsa) “scarsità di moneta”, e tornare a impiegare lo Stato sovrano come leva strategica dell’economia privata. Era proprio necessario un cataclisma come il coronavirus, per far capire a tutti che un’Italia sull’orlo dell’abisso non può continuare a dipendere da prestiti concessi a carissimo prezzo? L’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt e allievo dello stesso maestro di Draghi, Federico Caffè, ha una sua soluzione: moneta nazionale, “non a debito”, da stampare subito per rimettere in piedi l’Italia. «Lo stesso Draghi, poi – aggiunge Magaldi – parla addirittura della necessità di azzerare i debiti pregressi, pubblici e privati, come si fa in caso di guerra». Il povero Conte, nel suo piccolo, si limita a chiedere gli eurobond. Se però non li ottenesse, a fine aprile, il suo destino potrebbe essere segnato: addio Palazzo Chigi. Chiosa Magaldi: «Resistiamo, perché presto verranno tempi migliori: ma dovremo conquistarceli».

    Giuseppe Conte ha chiuso gli italiani in casa, per giunta lasciandoli senza soldi e gettando tutti nell’angoscia, a partire dalle fasce sociali più fragili. Se ora non riesce a ottenere neppure gli eurobond, faccia un favore al paese: tolga finalmente il disturbo, visto che non ha la stoffa per gestire l’Italia. Si avvicina l’ora di Mario Draghi? Imbucato tra i 5 Stelle nel 2018, Conte era stato pescato come premier-ombra del governo gialloverde, “re travicello” quasi senza poteri, schiacciato tra Di Maio e Salvini. Poi, quasi di colpo, l’ex “avvocato del popolo” (vicinissimo al Vaticano, più che al popolo) si è trovato in mezzo alla tempesta del coronavirus, facendo solo disastri. Beninteso: nessuno se l’è cavata benissimo, nel mondo, alle prese con il tuttora misterioso Covid-19. Ma una cosa è certa: l’Italia – paradossalmente indicata come modello, dall’ambigua Oms – ha sbagliato tutto lo sbagliabile. Alla vigilia, spiccavano le “profezie” televisive dei vari Burioni: tranquilli, siamo in una botte di ferro. Poi, lo stranissimo focolaio lombardo nel Lodigiano, la cui esplosività resta tuttora inspiegata. Ma era ancora tempo di brindisi sui Navigli, con Sala e Zingaretti. Poco dopo, l’errore capitale: sprangare l’intera Lombardia, lasciando però il tempo – a decine di migliaia di potenziali “untori” – di lasciare Milano e contagiare tutto lo Stivale, isole comprese. Salvo poi imporre il coprifuoco al paese, fuori tempo massimo, per giunta colpevolizzando i cittadini e vessandoli con la decretazione d’emergenza, che molti giuristi considerano incostituzionale.

  • Cacciari: addio democrazia, il virus ci consegna ai più forti

    Scritto il 13/4/20 • nella Categoria: idee • (21)

    La storia non ha fini. Non ci attende la terra promessa né il suo rovescio, che è la catastrofe. Questa crisi irrompe nel mezzo di un processo già in atto da tempo e ne accelera straordinariamente i tempi. Aumenta la velocità con cui il sistema tecnico-scientifico si muove verso il centro della scena del mondo, liquidando la funzione preminente della politica e riducendo la spazio dell’autonomia del politico. La tecnica e la politica diventano un tutt’uno. Non si può dare l’una senza l’altra. Basta guardare come stanno gestendo la crisi tutti i paesi del mondo. I capi di Stato e gli scienziati: gli uni accanto agli altri. C’è chi pensa che l’arresto a cui ci ha obbligati il contagio sia un punto di svolta che può rifondare tutto, farci tornare sui nostri passi, immaginare un altro mondo possibile, costruire tutto daccapo. È un’illusione ottica. Siamo noi che ci siamo fermati, non i processi dentro cui siamo immersi da anni. Il trauma è un evento imprevedibile che ci tormenta, ripetendosi nell’inconscio. Un contagio globale, invece, era nell’ordine del possibile. E soprattutto, non è un incubo: è la realtà. Per comprendere il capitalismo, è più utile leggere Schumpeter che Freud. Il capitalismo è crisi. È distruzione e creazione. È contraddizione: discontinuità nella continuità. È conflitto. Salti improvvisi, movimenti forsennati, squilibrio. Non ha niente della serena linea retta con cui molti si figurano il movimento della storia.
    Lo potremmo paragonare all’undici settembre? Non è un evento che va letto nel breve periodo: la paura di prendere l’aereo, come accadde allora, oppure la paura di avvicinarsi all’altro, come dicono alcuni ora. Ci sarà una strepitosa accelerazione verso il capitalismo politico e una riduzione ai minimi termini degli spazi di rappresentanza della democrazia tradizionale. Se i nostri sistemi liberali non saranno capaci di salire all’altezza delle sfide di questo tempo, riorganizzando la propria vita completamente, la pagheranno cara. Lo Stato d’eccezione permanente spinge verso il decisionismo. Il modello cinese si potrebbe imporre su scala mondiale. Può cambiare il segno della globalizzazione? È un’ipotesi realistica. La globalizzazione è nata sotto la spinta degli Stati Uniti d’America. Oggi la Cina può diventare la nuova protagonista. È l’unico paese che si trova nella posizione di mettere in campo un colossale piano di ristrutturazione. Possiede parte del debito americano, e del nostro. Viceversa, nessun paese occidentale controlla il debito cinese. Ecco perché potremmo assistere a una grande svolta geopolitica.
    Uso il condizionale, perché la partita è aperta. I capitalismi politici sono diversi: c’è quello cinese, quello russo, quello americano. I caratteri sono molteplici. La competizione tra loro, violenta. La crisi accelererà anche il confronto tra di essi. Capiremo quali tra questi spazi imperiali ha le armi per affermarsi. L’Europa?  È un microbo, in questo scenario planetario. Il fatto che nemmeno di fronte a una situazione del genere abbia trovato la forza di reagire in maniera unitaria – dopo l’avvertimento della crisi dei debiti sovrani e dopo l’allarme della crisi migratoria – dimostra che non ha più cervello. L’Europa che si aggrappa alla difesa dell’avanzo commerciale tedesco, oppure all’autonomia di uno Stato semi-canaglia come l’Olanda, uscirà dalla crisi in una posizione ancora più subalterna, e si candida ad affidarsi alla benevolenza di questo o quell’altro impero. Il mio europeismo vacilla: se le cose continueranno ad andare così, sarò costretto anch’io a piangere sulle mie giovanili utopie e metterci una croce sopra. Perché ho giocato tutti i miei risparmi su Conte, che è uno dei più deboli nella debole Europa? Perché, se Conte fallisse, perderei comunque tutto. Il paese si sfascerebbe. Andremmo a nuove elezioni. Lo spread schizzerebbe a seicento punti percentuali. Esploderebbero conflitti sociali laceranti.
    Ecco l’illusione di Renzi e Salvini: credere che sia il momento di tirar fuori Draghi. Sono fuori tempo. I Draghi nascono dalla catastrofe di questo governo e da un appello disperato di Mattarella. Ora, è il momento di prepararci a una manovra finanziaria tremenda, sul modello di quella fatta da Giuliano Amato negli anni novanta. Se non saremo in grado di farla, senza casini, franerà tutto. Riaprire? Il governo non è stato ancora capace di articolare un discorso oltre lo state-tutti-a-casa. Io capisco i medici: è il loro mestiere. Il lavoro dei politici, però, è diverso. Dovrebbero disegnare uno scenario. Dire: “Adesso la situazione è questa. Ma noi abbiamo un piano per la ripresa. O, almeno, ci stiamo lavorando. Le modalità saranno le seguenti. Prima partirà questo, poi quello. Ovviamente, con tutte le misure di sicurezza necessarie”. Un paese non può sopravvivere a lungo se rimane chiuso. È la realtà. Si muore di coronavirus. Ma senza lavoro mi posso ammazzare. Cosa stiamo aspettando? Che non ci sia più un contagiato? Un morto? Che le rianimazioni siano vuote? Qual è l’orizzonte? Ecco cosa non è chiaro. Ma pensate che gli italiani abbiano ritrovato improvvisamente la fiducia nella politica? Obbediscono perché glielo dicono i medici. Appena la situazione cambierà, anche solo di una virgola, quando i problemi saranno di nuovo di scelta politica ed economica, vedrete come tornerà lo scontro. Non c’è nessuna rottura nella storia: le teste di cazzo sono rimaste proprio uguali, identiche a com’erano prima del coronavirus.
    (Massimo Cacciari, dichiarazioni rilasciate a Nicola Mirenzi per l’intervista “La casa è un inferno”, pubblicata dall’”Huffington Post” il 5 aprile 2020).

    La storia non ha fini. Non ci attende la terra promessa né il suo rovescio, che è la catastrofe. Questa crisi irrompe nel mezzo di un processo già in atto da tempo e ne accelera straordinariamente i tempi. Aumenta la velocità con cui il sistema tecnico-scientifico si muove verso il centro della scena del mondo, liquidando la funzione preminente della politica e riducendo la spazio dell’autonomia del politico. La tecnica e la politica diventano un tutt’uno. Non si può dare l’una senza l’altra. Basta guardare come stanno gestendo la crisi tutti i paesi del mondo. I capi di Stato e gli scienziati: gli uni accanto agli altri. C’è chi pensa che l’arresto a cui ci ha obbligati il contagio sia un punto di svolta che può rifondare tutto, farci tornare sui nostri passi, immaginare un altro mondo possibile, costruire tutto daccapo. È un’illusione ottica. Siamo noi che ci siamo fermati, non i processi dentro cui siamo immersi da anni. Il trauma è un evento imprevedibile che ci tormenta, ripetendosi nell’inconscio. Un contagio globale, invece, era nell’ordine del possibile. E soprattutto, non è un incubo: è la realtà. Per comprendere il capitalismo, è più utile leggere Schumpeter che Freud. Il capitalismo è crisi. È distruzione e creazione. È contraddizione: discontinuità nella continuità. È conflitto. Salti improvvisi, movimenti forsennati, squilibrio. Non ha niente della serena linea retta con cui molti si figurano il movimento della storia.

  • Usa, Russia e Cina: moneta mondiale, contro il coronavrius

    Scritto il 12/4/20 • nella Categoria: segnalazioni • (12)

    Tenetevi forte: sta per cambiare il mondo? Ovvio: sta già cambiando, sotto la sferza del tremendo “lockdown” imposto con la pandemia (mai avvenuto niente del genere, prima d’ora). Ma la possibile, vera notizia è un’altra. Se confermata, sarebbe di portata storica: sarebbe in arrivo la fine dell’attuale sistema finanziario, fondato sulla creazione occulta di moneta affidata alle banche, tramite il credito. A sparare la “bomba” è il giornalista Marco Saba, economista specializzato in contabilità forense. «Trump, Putin e Xi Jinping hanno lanciato il progetto di una moneta unica globale, digitale e svincolata dal sistema bancario». Fonte, il sito “Medium.com“: «Nel mezzo della crisi del coronavirus Donald Trump, Vladimir Putin e Xi Jinping, leader di Usa, Russia e Cina, hanno sorprendentemente deciso di unire le forze in una “conference call” per sviluppare un nuovo sistema monetario mondiale basato sulla tecnologia blockchain e sostenuto dall’oro», scrive “Medium.com” il 5 aprile, riportando le parole di Trump: «Stiamo fronteggiando la più grande sfida economica globale che l’umanità abbia mai dovuto affrontare: solo agendo a livello globale possiamo impedire all’umanità di scivolare in una spirale inarrestabile verso il basso». Per lo scrittore Luca Monti, ospite di “Forme d’Onda” il 9 aprile con Nicola Bizzi e Paolo Franceschetti, è virtualmente arrivata la fine del mondo. O meglio: la fine di un sistema plurisecolare, quello finanziario, ora degenerato nel “ricatto” monetario (Europa docet: l’Italia ne sa qualcosa).

  • Mafia, euro-rigore e Covid: tramonta il paradiso dei cretini

    Scritto il 11/4/20 • nella Categoria: idee • (7)

    Quattro mesi fa, a “Border Nights”, Gianfranco Carpeoro fece una dichiarazione clamorosa: Paolo Borsellino, assassinato a Palermo proprio mentre la Prima Repubblica stava crollando sotto i colpi di Mani Pulite, aveva fatto una scoperta sconcertante. E cioè: da anni, Cosa Nostra finanziava politici europei di prima grandezza, alcuni dei quali tuttora in auge in paesi come Francia, Germania e Olanda. Obiettivo: contribuire all’assetto oligarchico di un’Ue progettata per sottomettere le popolazioni, spingendo i governi (costretti all’austerity) a trasformarsi in arcigni esattori. Vittima predestinata, il Belpaese. Un grande disegno: indebolire le possibilità di tutti, tranne pochissimi. E se in tanti ormai hanno messo a fuoco la tragedia storica dell’ordoliberismo eurocratico che ha sventrato prima la Grecia e poi l’Italia, Borsellino – già all’inizio degli anni ‘90, in odore di Maastricht e tra il giubilo dei Romano Prodi di turno – ne aveva prima intuito e poi scoperto anche la componente mafiosa, cioè il ruolo finanziario (nella politica europea) di un player impresentabile come la criminalità organizzata. Un partner-ombra, oscuro e ambiguo quanto la catena di comando che il 19 luglio 1992 ordinò che venisse azionato il fatidico detonatore in via D’Amelio, facendo poi sparire subito la tristemente famosa “agenda rossa” da cui il magistrato non si separava mai.
    Un’esternazione, quella di Carpeoro, particolarmente attuale oggi, tra le miserevoli polemiche innescate a Merkelandia da “Die Welt”, che accusa la mafia di tifare per gli aiuti europei destinati a un’Italia che Conte ha sottoposto al coprifuoco, dopo aver lasciato “scappare” in tutta la penisola migliaia di potenziali “untori” provenienti dal focolaio iniziale, lombardo. Specularità inquietanti: alla “piccola” mafia italiana corrisponderebbe la grande cupola tecno-finanziaria della galassia neoliberale europea, il cui potenziale di fuoco fa impallidire quello dei colleghi nostrani, picciotti e boss. Che poi la tre due consorterie esistesse addirittura un legame diretto e operativo, a quanto pare – secondo Carpeoro – lo scoprì Borsellino, ereditando alcune intuizioni di Giovani Falcone sul ruolo delle “menti raffinatissime” (cioè non-corleonesi) dietro alla strategia della tensione inaugurata in Italia in modo sincronico, rispetto alla devastante stagione di Tangentopoli. L’argomento naturalmente resta controverso, arduo da dipanare e letteralmente proibitivo per moltissimi cervelli politici, come quelli che hanno monopolizzato il paese nel deprimente derby a puntate degli ultimi anni, prima i 5 Stelle contro il Pd, poi le Sardine contro Salvini. E ora a fischiare la fine del match è intervenuto l’arbitro più spietato, il coronavirus.
    La verminosa inflessibilità di Bruxelles – il Re Nudo che intende negare all’Italia qualsiasi vero sostegno finanziario, svincolato dal debito – oggi ammutolisce i tanti coristi del “ce lo chiede l’Europa”, che in questi decenni hanno sistematicamente applaudito lo smantellamento progressivo dell’ex quinta potenzia industriale del mondo. L’ipocrisia euro-cannibale si avvale della spettacolare perfidia dell’Olanda, utilizzata come Stato-canaglia in funzione anti-italiana. L’Olanda – accusa Carpeoro – si sta rivelando la fogna d’Europa: grazie al dumping fiscale che l’Ue le consente di attuare, drena risorse strategiche proprio a quell’Italia a cui si nega risolutamente ogni aiuto, persino in mezzo alla catastrofe del Covid-19. Domanda: se ne saranno accorti, gli italiani? Lo sanno che proprio l’Olanda è una delle sedi strategiche dell’ex Fiat, il colosso industriale lautamente foraggiato per decenni dallo Stato italiano e poi involatosi verso lidi fiscali più confortevoli, senza neppure garantire il futuro degli stabilimenti della Penisola? Si rendono conto, i connazionali, del fatto che le news a loro disposizione sono amministrate da network tra cui spiccano gli alfieri di “Repubblica”, pronti a demonizzare Salvini dopo aver perseguitato Berlusconi? E’ chiaro, ai lettori, che il titolare dell’intero Gruppo Espresso oggi si chiama John Elkann?
    Non fa prigionieri, la falce del coronavirus. Solo ieri, il paese era infestato da notizie funeree facenti capo a sigle come Ilva, Atlantia, Alitalia. Frantumi di un paese in via di dissoluzione, da trent’anni in avanzo primario: lo Stato costretto a incamerare, con le tasse, più soldi di quanti ne potesse fornire a famiglie e aziende, sotto forma di servizi. Uno squilibrio scandaloso, coperto dal coro del “ce lo chiede l’Europa”, con i suoi solisti – tanto simili ai simpatici tedeschi del “Welt” – sempre prontissimi a parlare solo di mafia, evasione fiscale e debito pubblico. Se quello era un tempio, un santuario di menzogne, adesso il tetto è crollato. Sessanta milioni di persone fremono, rinchiuse in casa dal protocollo “cinese” della quarantena infinita imposto dal nuovo padrone delle loro vite, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Milioni di connazionali sono ridotti alla disperazione: senza soldi, e con la quasi-certezza di non poter riaprire le loro attività. Lo spettacolo è inquietante: un intero paese nelle mani di un piccolo, oscuro premier venuto dal nulla, mai eletto da nessuno, ora costretto – almeno – a cercare di salvare la pelle, tenendo testa ai famelici squali europei. Decenni di finzioni si stanno sbriciolando, giorno per giorno, grazie alla drammatica severità del momento. Si scopre, di colpo, che è perfettamente possibile erogare centinaia di miliardi, creandoli dal nulla. Non lo si poteva fare, prima? Certo, ma non lo si voleva. Non ci saranno più poltrone comode, per i coristi: a quanto pare, questo non sarà più il paradiso dei cretini.
    (Giorgio Cattaneo, “Mafia, Ue, Covid: tramonta il paradiso dei cretini”, dal blog del Movimento Roosevelt del 10 aprile 2020).

    Quattro mesi fa, a “Border Nights”, Gianfranco Carpeoro fece una dichiarazione clamorosa: Paolo Borsellino, assassinato a Palermo proprio mentre la Prima Repubblica stava crollando sotto i colpi di Mani Pulite, aveva fatto una scoperta sconcertante. E cioè: da anni, Cosa Nostra finanziava politici europei di prima grandezza, alcuni dei quali tuttora in auge in paesi come Francia, Germania e Olanda. Obiettivo: contribuire all’assetto oligarchico di un’Ue progettata per sottomettere le popolazioni, spingendo i governi (costretti all’austerity) a trasformarsi in arcigni esattori. Vittima predestinata, il Belpaese. Un grande disegno: indebolire le possibilità di tutti, tranne pochissimi. E se in tanti ormai hanno messo a fuoco la tragedia storica dell’ordoliberismo eurocratico che ha sventrato prima la Grecia e poi l’Italia, Borsellino – già all’inizio degli anni ‘90, in odore di Maastricht e tra il giubilo dei Romano Prodi di turno – ne avrebbe prima intuito e poi scoperto anche la componente mafiosa, cioè il ruolo finanziario (nella politica europea) di un player impresentabile come la criminalità organizzata. Un partner-ombra, oscuro e ambiguo quanto la catena di comando che il 19 luglio 1992 ordinò che venisse azionato il fatidico detonatore in via D’Amelio, facendo poi sparire subito la tristemente famosa “agenda rossa” da cui il magistrato non si separava mai.

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