Archivio del Tag ‘Gabriele Del Grande’
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Fortress Europe: profughi del terrore, ora cosa sarà di loro?
I profughi arrivati in Italia dalla Libia sono già una massa di 23.000 persone, per lo più non libici ma intrappolati dalla guerra o addirittura “deportati” dal regime di Gheddafi come ritorsione dopo l’attacco della Nato. Stivati nei centri di accoglienza, non hanno nessuna possibilità di uscire dalla clandestinità, né di essere rimpatriati a spese dell’Italia, perché sono troppi. Che fine faranno? E cosa accadrà, ora, con il crollo di Tripoli e il caos che potrebbe regnare in un paese svuotato, pieno di civili terrorizzati e miliziani armati fino ai denti? Domande che Gabriele Del Grande, giornalista indipendente e creatore di “Fortress Europe”, monitor-web della “tratta degli schiavi” nel Mediterraneo, si pone ormai da anni, seguendo da vicino le rotte della disperazione che portano, via mare, all’Europa.
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La Ue: clandestino è il governo che incarcera i migranti
“Peruano clandestino, Mano Negra illegal”: se Manu Chao è stato il primo a tradurre in protesta – con un’orazione pop datata 1998 – l’insopportabile discriminazione del migrante costretto a diventare “desaparecido” in un Occidente senza diritti per chi viene dalla fame, dalla paura e dalla disperazione, il cantante franco-iberico non poteva aspettarsi che uno degli Stati fondatori dell’Unione Europea, celebrata patria delle libertà civili, arrivasse nel 2009 a proclamare reato la clandestinità, costringendo i profughi a incorrere nelle more della giustizia penale. Dopo due anni, mentre un’Italia riluttante bombarda la Libia e fa i conti col Nord Africa in rivolta, lo stop arriva da Bruxelles: vietato arrestare gli irregolari.
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Partire lontano: lasciateci sognare l’Europa
«Oh barca, amore mio, portami fuori dalla miseria. Partire lontano: nel mio paese mi sento umiliato, sono stanco e mi sono stufato». Il ritmo è rap, la melodia araba. Il brano è firmato dagli algerini Reda Taliani e 113. Racconta, come meglio non si potrebbe, quello che spinge i giovani tunisini sui barconi che approdano a Lampedusa: “partire lontano”, ovvero «andare via, evadere, come da una prigione, per vedere il mondo», dice Gabriele Del Grande, osservatore speciale dei migranti dal blog “Fortress Europe”. «Di canzoni così ce ne sono decine, dal Marocco all’Egitto. Ma su tutte spicca il grande successo di “Partir loin”», firmato da giovani: lasciateci andare, cantano, perché il mondo non è solo vostro.
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Fuga dalla Libia, strage in mare: ed è solo l’inizio
Trecento migranti caduti in mare, solo 53 recuperati: gli altri sono morti o dispersi, nelle acque tra Lampedusa e Malta. «Erano in gran parte eritrei e somali, scappati da Tripoli prima che la guerra arrivasse anche lì», scrive Gabriele Del Grande su “Fortress Europe”, il newsmagazine che compie un accurato monitoraggio dell’esodo. Una catastrofe: «Dagli anni Novanta, nel Canale di Sicilia hanno perso la vita almeno 4.500 persone». Gli ultimi naufraghi, scrive Del Grande, si erano appena imbarcati a Zuwarah sulla rotta libica per Lampedusa, che da un paio di settimane sembra essersi riaperta, «evidentemente con il consenso di Gheddafi e delle sue milizie».
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Libia, il razzismo ipocrita di chi diffida dei giovani ribelli
L’ultimo spettacolo di questi giorni è quello dei soci di Gheddafi – vecchi amici e alleati, clienti e fornitori – che si esercitano nel salire in cattedra per dare pagelle di democrazia agli insorti libici, generalmente chiamati “ribelli di Bengasi” e “separatisti della Cirenaica”, dimenticando che dal 17 febbraio si è sollevata tutta la Libia contro il dittatore, che oggi assedia ancora Misurata, terza città del paese vicinissima a Tripoli, dopo che le truppe del Colonnello hanno schiacciato nel sangue le rivolte esplose in tutto l’Ovest, da Zuara a Zawiya. E’ vero, ci sono anche i clan tribali, ma è una geografia ormai fluida: il fattore decisivo, sottolinea “Fortress Europe”, è il coraggio dei giovanissimi che sono scesi in piazza a mani nude contro il tiranno, prima ancora della diserzione delle prime unità territoriali delle forze armate, che ha trasformato la sollevazione popolare in guerra civile.
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Fortress Europe: fra i morti di Bengasi, ringraziando l’Onu
«I guanti di lattice di Salim sono sporchi di sangue. Non riesco a dimenticare la scena. Uno a uno sceglie i brandelli di carne tra i vetri in frantumi dell’auto, una Daewoo Nubira. Sono il cervello di Wahid Elhasi, spappolato dalla scheggia di una delle centinaia di bombe sganciate oggi dall’esercito di Gheddafi». Benvenuti a Bengasi, 15 marzo 2011. Firmato: Gabriele Del Grande. Giovane reporter indipendente, è una delle voci della capitale ribelle della Cirenaica. Per anni ha seguito l’agonia dei migranti lungo le rotte del deserto: Somalia, Eritrea, Senegal, Niger. Ha denunciato il crimine dei “respingimenti”, viaggiando coi dannati della terra. E ha visto molti di loro sparire: derubati, picchiati, violentati e uccisi nelle carceri libiche.
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Il Mare di Mezzo, l’orrore al tempo dei respingimenti
Una coraggiosa esplorazione sulle due sponde del Mare Mediterraneo lungo le rotte dei viaggiatori di ieri e di oggi: donne e uomini (e non di rado, bambini) che cercano un futuro e trovano una barriera di acciaio e pregiudizio, alla mercè di mercanti di esseri umani, feroci carcerieri e crudeli accordi internazionali, come quello tra Italia e Libia. E’ il tema del nuovo libro-denuncia di Gabriele Del Grande, fondatore di “Fortress Europe”, autore di “Mamadou va a morire” e del documentario “Come un uomo sulla terra”.
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Violenze sui profughi somali, ora i giudici indagano
Le immagini dei respingimenti in prima serata su “Presa Diretta” (RaiTre), due inchieste della magistratura siciliana, la condanna dell’Acnur, una denuncia alla Corte europea, il rapporto di Human Rights Watch, due interrogazioni parlamentari. «A cinque mesi dal primo respingimento, continuano a levarsi sempre più autorevoli voci critiche». Ma l’Italia, in risposta, «sa solo mentire, spudoratamente». Lo afferma nel suo ultimo rapporto “Fortress Europe”, la scomoda ong italiana che esegue un monitoraggio indipendente dei flussi di migranti, denunciando abusi e violenze a cui sarebbero sottoposti i profughi africani che tentano (inutilmente) di sbarcare in Sicilia.
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Io non respingo: no al patto anti-migranti con Gheddafi
Si chiama “Io non respingo” ed è una grande campagna di mobilitazione nazionale per esprimere la propria contrarietà ai respingimenti in atto nelle acque del Mediterraneo, in base al recente accordo Italia-Libia per il controllo dei migranti africani. Organizzata dall’Osservatorio sulle vittime dell’immigrazione “Fortress Europe”, che da anni tiene il conto delle persone scomparse nel tentativo di raggiungere le nostre coste, l’iniziativa scattata il 10 giugno propone decine di eventi in tutta Italia fino al 20 giugno, quando terminerà la visita di Stato del leader libico Gheddafi in Italia.
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Io non respingo: Gheddafi in Italia prenda nota
La storica visita del leader libico Muhammar Gheddafi, in Italia dal 10 al 20 giugno, si trasformerà in un’occasione speciale di protesta: “Io non respingo” è lo slogan della campagna nazionale lanciata dal network sociale “Fortress Europe”, che fa eco agli appelli dell’Onu e chiama a raccolta l’opinione pubblica italiana: «Mobilitiamoci per far sentire la nostra voce: diciamo no alla politica dei “respingimenti”, cioè delle deportazioni di migranti africani, molti dei quali rifugiati politici, nei campi di concentramento gestiti dalla polizia libica senza il necessario rispetto dei diritti umani».