Archivio del Tag ‘gigantismo’
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Altro che Torino-Lione, c’è da salvare un’Italia a pezzi
Quando un viadotto autostradale si sbriciola in un secondo seppellendo morti e feriti, tutte le parole sono inutili. Ma quelle di chi incolpa la pioggia, il fulmine, il cedimento strutturale, la tragica fatalità imprevedibile, il destino più cinico e più baro della “costante manutenzione”, sono offensive. Se l’ennesima catastrofe da cemento disarmato si potesse prevedere, lo accerteranno i tecnici e i giudici. Ma che si potesse prevenire già lo sappiamo, visto che il ponte Morandi aveva due gemelli italiani, di cui uno già a pezzi e l’altro in manutenzione: per tenere sotto osservazione il terzo non occorreva uno scienziato, bastava il proverbio “non c’è il 2 senza il 3”. Se “il monitoraggio era costante”, allora faceva schifo. Se non c’erano “avvisaglie”, è perché non erano state rilevate. Ora, come dopo ogni terremoto o alluvione di media entità e di enorme tragicità, rieccoci a far la conta dei morti e dei danni, mentre le “autorità” giocano allo scaricabarile. E i palazzinari e i macroeconomisti si fregano le mani per gli affari e gli effetti sul Pil della ricostruzione.Se il “governo del cambiamento” vuole cambiare qualcosa, deve partire proprio di qui. Cioè da zero. Con scelte di drastica discontinuità col passato: rivedere le concessioni ai privati che lucrano sui continui aumenti delle tariffe in cambio di manutenzioni finte o deficitarie; e annullare le grandi opere inutili, dal Tav Torino-Lione in giù, per dirottare le enormi risorse (anche ridiscutendone la destinazione con l’Ue) su piccole e medie opere di manutenzione, prevenzione e ammodernamento delle infrastrutture esistenti (finora ignorate perché la grandezza dei lavori e delle spese è direttamente proporzionale a quella delle mazzette). Da quando i partiti che hanno sgovernato finora hanno perso le elezioni e il potere, non fanno che esortare i successori a non disperdere il grande patrimonio ereditato. Invece proprio questo un “governo del cambiamento” deve fare: buttare a mare la pseudocultura dello “sviluppo” gigantista e della “crescita” faraonica; e invertire la scala dei valori e delle priorità.Il crollo di ieri ci dice che un ponte pericolante, figlio di un sistema marcio e corrotto, fa più danni di tutti i terroristi islamici, i migranti clandestini, le epidemie di morbillo e le altre “emergenze” farlocche o gonfiate che occupano l’agenda industrial-politico-mediatica. Se vuole cambiare seriamente, il governo si occupi di cose serie con politiche serie. Confindustria, Confcommercio, Confquesta, Confquellaltra e i loro giornaloni si metteranno a strillare? Buon segno: è a furia di dar retta a lorsignori che siamo finiti tutti sotto quel ponte.(Marco Travaglio, estratto dall’editoriale “Sotto i ponti” pubblicato dal “Fatto Quotidiano” il 15 agosto 2018 e ripreso da “Il Bene Comune Newsletter”).Quando un viadotto autostradale si sbriciola in un secondo seppellendo morti e feriti, tutte le parole sono inutili. Ma quelle di chi incolpa la pioggia, il fulmine, il cedimento strutturale, la tragica fatalità imprevedibile, il destino più cinico e più baro della “costante manutenzione”, sono offensive. Se l’ennesima catastrofe da cemento disarmato si potesse prevedere, lo accerteranno i tecnici e i giudici. Ma che si potesse prevenire già lo sappiamo, visto che il ponte Morandi aveva due gemelli italiani, di cui uno già a pezzi e l’altro in manutenzione: per tenere sotto osservazione il terzo non occorreva uno scienziato, bastava il proverbio “non c’è il 2 senza il 3”. Se “il monitoraggio era costante”, allora faceva schifo. Se non c’erano “avvisaglie”, è perché non erano state rilevate. Ora, come dopo ogni terremoto o alluvione di media entità e di enorme tragicità, rieccoci a far la conta dei morti e dei danni, mentre le “autorità” giocano allo scaricabarile. E i palazzinari e i macroeconomisti si fregano le mani per gli affari e gli effetti sul Pil della ricostruzione.
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Delli, Strasburgo: addio al Tav Torino-Lione, è aberrante
E fatela finita, con questa tragica pagliacciata della Torino-Lione: la linea Tav è obsoleta, inutile e dannosa. «Un’aberrazione, sotto ogni punto di vista». Parola dell’eurodeputata francese Karima Delli, presidente della commissione trasporti del Parlamento Europeo. «Chiedo una moratoria sul progetto Torino-Lione: va sospeso immediatamente. Vogliamo far viaggiare i Tir sui treni? Possiamo farlo da subito, utilizzando la linea ferroviaria che già esiste, e collega Italia e Francia attraverso la valle di Susa». Non a caso, il traforo del Fréjus è stato recentemente riammodernato (costo, 400 milioni di euro) proprio per consentire ai convogli ferroviari di trasportare sia gli autotreni che i container “navali”, della massima pezzatura. Perché insistere ancora, dopo trent’anni, su una follia come la Torino-Lione? Se lo domanda la Nelli, di fronte alla platea dei sindaci valsusini, ai quali promette di convincere i governi italiano e francese a mettere da parte la pazzia del secolo, la grande opera più inutile dell’intera storia europea. Maxi-opera fortemente avversata dalla popolazione, bocciata dai più autorevoli esperti universitari eppure letteralmente scomparsa dall’agenda politica: il grottesco Tav valsusino è sparito dalla campagna elettorale.«Francia e Italia hanno un’enorme sfida da affrontare: il cambiamento climatico, e tutto quel che ne consegue», premette Karima Nelli, europarlamentare di origine algerina, militante tra le fila dei Verdi francesi. «E quindi – aggiunge, ospite del movimento NoTav – non è possibile che due paesi ufficialmente impegnati sul fronte dell’emergenza climatica continuino a portare avanti dei progetti faraonici». Insiste: «Siamo due paesi amici e vicini, dovremmo avere gli stessi obiettivi. Sono venuta in valle di Susa perché non capisco perché ci si intestardisca in un progetto come il Tav Torino-Lione nel momento in cui, invece, c’è bisogno di proporre altre cose». Che dire, di questo progetto assurdo? «Innanzitutto è datato, è vecchio, ha troppi anni alle spalle da quando è stato concepito. Il Ventunesimo secolo – scandisce Karima Nelli – non è quello del gigantismo, ma della prossimità: è l’agire insieme agli abitanti, ai cittadini». Per questo, la giovane presidente della commissione di Straburgo ringrazia in particolare i sindaci della valle di Susa, «perché è il livello locale quello che permette veramente di fare dei progressi: è la comunità a rendere vivibile e democratico un territorio».In questi anni, osserva, il mondo ha avuto un’evoluzione: in particolare, le merci trasportate dalle ferrovie si sono estremamente ridotte. E quindi, «il progetto della Torino-Lione non corrisponde più alle esigenze della società attuale e alle sue necessità di trasporto». La situazione è radicalmente cambiata, continua Karima Nelli: «Se da un lato abbiamo la diminuzione del trasporto delle merci, dall’altro abbiamo problemi che sono diventati enormemente più importanti, primo fra tutti l’emergenza climatica». In più, «qualsiasi progetto faraonico è, innanzitutto, un grosso problema finanziario: i costi di realizzazione lievitano, senza limiti. Siamo passati da un costo di 12 miliardi, inizialmente previsto, e siamo ormai oltre i 26 miliardi. Certo, si parla del costo dell’opera nella sua globalità – ma se si facesse soltanto il tunnel, non si andrebbe da nessuna parte». L’idea di limitare la Torino-Lione al maxi-traforo da 54 chilometri, su cui è ripiegato tatticamente il governo Renzi, sembra infatti un semplice espediente per prendere tempo, di fronte alla carenza di fondi e alla tenace resistenza della valle di Susa, che non mai cessato di contestare un’opera giudicata pericolosa, costosissima e completamente inutile, salvo che il super-business speculativo dei suoi realizzatori.«Resta difficile capire come mai si vada ancora avanti con questo progetto dopo anni e anni di rapporti serissimi che lo contestano, e dopo il rapporto della Corte dei Conti Europea del 1998», afferma Karima Nelli. Sono decine gli studi finora prodotti: «Dicono tutti che questo progetto è un’aberrazione economica: costa troppo. E’ un’aberrazione sanitaria: provoca problemi per la salute. Ed è anche un’aberrazione idrogeologica: provoca l’ingente perdita di acque, e la perdita di acque avrebbe riflessi sia sulla salute umana che su quella dell’ambiente». Non solo: il progetto Tav Torino-Lione «è un’aberrazione anche dal punto di vista democratico: ci si chiede a cosa servano, questi organismi di controllo (che continuano a dire che ci sono tutti questi problemi), se poi non vengono ascoltati». Per cui, «fatti i dovuti bilanci, a questo punto bisogna chiedere il congelamento del progetto», dice la Nelli. Alternative? Immediatamente praticabili: «E’ il momento di utilizzare la linea esistente». Attenzione: «Siamo a favore del trasporto intermodale», che toglie i Tir dalle strade per caricarli sui treni. «Ma non tra 15 o 20 anni: adesso. E’ possibile farlo da subito, a vantaggio del pianeta e del clima, anche pensando alle future generazioni».La linea attuale, Torino-Modane, presenta la problematica tecnica della pendenza del tracciato, che rallenterebbe il trasporto pesante? Anche qui, attenzione: non facciamoci prendere in giro, perché «la pendenza del 30 per mille esiste solo per 100 metri di tratta, e quindi è un problema che è sicuramente possibile risolvere, senza per forza pensare a una linea nuova». Quindi, Karima Nelli chiede formalmente ai governi, italiano e francese, «la moratoria su questo progetto». Cestinare, finalmente, la Torino-Lione? «E’ giunto il momento di prendere in considerazione gli studi indipendenti finora realizzati ed eventualmente di farne di nuovi, ma che siano indipendenti». La presidente della commissione trasporti di Strasburgo annuncia di voler «lavorare seriamente coi ministri dei trasporti, italiano e francese, e con le commissioni trasporti dei due Parlamenti». La notizia, ovviamente, non è comparsa sui media mainstream, per i quali i NoTav (e i valsusini in generale) restano una tribù di scalmanati, e non un’avanguardia di italiani che, in nome della giustizia, tentano di difendere quel che resta della loro sovranità di cittadini.E fatela finita, con questa tragica pagliacciata della Torino-Lione: la linea Tav è obsoleta, inutile e dannosa. «Un’aberrazione, sotto ogni punto di vista». Parola dell’eurodeputata francese Karima Delli, presidente della commissione trasporti del Parlamento Europeo. «Chiedo una moratoria sul progetto Torino-Lione: va sospeso immediatamente. Vogliamo far viaggiare i Tir sui treni? Possiamo farlo da subito, utilizzando la linea ferroviaria che già esiste, e collega Italia e Francia attraverso la valle di Susa». Non a caso, il traforo del Fréjus è stato recentemente riammodernato (costo, 400 milioni di euro) proprio per consentire ai convogli ferroviari di trasportare sia gli autotreni che i container “navali”, della massima pezzatura. Perché insistere ancora, dopo trent’anni, su una follia come la Torino-Lione? Se lo domanda la Delli, di fronte alla platea dei sindaci valsusini, ai quali promette di convincere i governi italiano e francese a mettere da parte la pazzia del secolo, la grande opera più inutile dell’intera storia europea. Maxi-opera fortemente avversata dalla popolazione, bocciata dai più autorevoli esperti universitari eppure letteralmente scomparsa dall’agenda politica: il grottesco Tav valsusino è sparito dalla campagna elettorale.
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Terra ed energia: sì, un mondo alla rovescia è possibile
“Il mondo alla rovescia” è il nuovo libro di Michele Buono e Piero Riccardi, due giornalisti di quella che oggi è probabilmente la più interessante e sicuramente la più libera trasmissione televisiva italiana: “Report” (che torna domenica 11 ottobre su RaiTre). Edito dalle Edizioni per la Decrescita Felice, “Il mondo alla rovescia” non è il primo lavoro svolto in comune dai due autori. Questi, infatti, hanno realizzato assieme reportage, documentari ed inchieste giornalistiche. La loro più che trentennale esperienza li ha portati a collaborare, oltre che con “Report”, anche con “Mixer”, ed a realizzare speciali per il Tg1 e documentari per Rai Educational.
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Desertec, dal Sahara l’energia solare per l’Europa
Un investimento colossale: 400.000 miliardi di euro in dieci anni, per costruire centrali solari, termodinamiche ed eoliche, capaci di fornire elettricità all’Europa attraverso cavi ad alta tensione srotolati lungo il Mediterraneo. E’ il Desertec, progetto mastodontico per l’energia alternativa, frutto dell’alleanza siglata con il Club di Roma da alcuni giganti dell’economia tedesca, tra cui la Deutsche Bank, la Muenchener Rueca (assicurazioni), compagnie elettriche (E.on, Rwe) e il leader dell’elettronica, la Samsung. «La quantità di energia solare che arriva in Africa in sole sei ore – spiega Romina Arena su “Terranauta” – è pari a quella consumata dal mondo in un anno».