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Archivio del Tag ‘impoverimento’

  • L’Italia che ‘cresce’: code al Monte di Pietà e ai Compro Oro

    Scritto il 18/8/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Lunghe code di indigenti, al Monte di Pietà, che si impegnano per qualche euro: “La mia fede nuziale per pagare il funerale a mio marito”, titolava il “Corriere della Sera” già il 1° maggio. Con la pandemia da coronavirus – scrive “Senza Nubi”, in un post ripreso da “Mitt Dolcino” – cresce la ricerca di canali alternativi per trovare liquidità, con aumenti delle richieste che sfiorano il 40% nei primi sei mesi del 2020. «C’è sicuramente una netta accelerazione dei volumi, se andiamo a fare un confronto con lo scorso anno». Proprio sul fronte dei volumi, al 30 giugno, la crescita era aumentata del 39% sull’anno precedente, con oltre 10,6 milioni erogati nel periodo e un totale di pegni che ammonta a 13,3 milioni. «Il mercato, nel 2019, valeva fra i 900 milioni e il miliardo di euro, e solamente il 5% degli articoli finisce poi all’asta, mentre il 95% (ma oltre il 99% per la società del gruppo Banca Sistema) viene riscattato. Nel solo mese di maggio, tuttavia, è cresciuto del 18% il numero di operazioni registrate dal gruppo rispetto a febbraio».
    Che molta gente normale debba rivolgersi al Monte dei Pegni per tirare avanti, anche per cifre piccole, è un segno tangibile di quanto la popolazione italiana stia soffrendo, scrive “Senza Nubi”. Sempre più italiani si rivolgono al “Credito su Pegno” e ai “Compro Oro”. Complice la crisi legata al lockdown imposto all’Italia per l’epidemia di coronavirus, sono molti gli italiani che stanno cercando forme di credito alternative ai classici prestiti bancari o alla “cessione del quinto”. Negli ultimi mesi, a partire dal coprifuoco imposto da Conte – aggiunge il blog – è cresciuto nettamente il numero di persone che bussano al “Credito su Pegno” o che cerca di ottenere liquidità spicciola vendendo i propri oggetti preziosi ai “Compro Oro”. Banca Sistema, tramite la propria controllata Pronto Pegno, è fra i principali operatori italiani del settore, e di recente ha perfezionato anche l’acquisizione delle “attività di pegno” di Intesa Sanpaolo. Conferma Giuseppe Gentile, direttore di Pronto Pegno, partendo dai dati semestrali del gruppo: il trend sta letteralmente esplodendo, e a crescere sono «sia i pegni emessi che quelli rinnovati: se a marzo-aprile, con il lockdown, vedevamo solo un forte impulso sui nuovi pegni, a maggio e giugno abbiamo visto un’accelerazione anche dei rinnovi e dei riscatti».
    Nel 2019, quel mercato valeva fra i 900 milioni e il miliardo di euro, e soltanto il 5% degli articoli finiva all’asta, mentre il 95% (oltre il 99% per la società del gruppo Banca Sistema) veniva riscattato. «Dobbiamo vedere cosa succederà a ottobre», continua Gentile. Se gli effetti negativi della pandemia sull’economia dovessero prolungarsi, potremmo assistere a un’ulteriore crescita, dopo un luglio (che storicamente è un buon mese per questo tipo di attività) a +15%». Uno dei principali operatori italiani ed europei, Affide, non fornisce numeri aggiornati: nel solo mese di maggio, tuttavia, è cresciuto del 18% il numero di operazioni registrate dal gruppo, rispetto a febbraio. Un netto aumento delle attività, secondo il presidente di Antico (Associazione Nazionale Tutela Comparto dell’Oro), Nunzio Ragno, si registra anche presso i ‘Compro Oro’. «Rispetto al periodo pre-Covid – dice Ragno – c’è un aumento delle richieste del 30-40%, con un’impennata dovuta a una fase di ristrettezze economico-finanziarie». A spingere verso i “Compro Oro”, aggiunge Ragno, contribuiscono le quotazioni, ai massimi storici, del metallo prezioso: «Anche persone che non hanno bisogno di venderlo, ma che sono consapevoli di avere degli oggetti in disuso, lo propongono ai negozi o anche ai gioiellieri, magari sotto forma di permuta».

    Lunghe code di indigenti, al Monte di Pietà, che si impegnano per qualche euro: “La mia fede nuziale per pagare il funerale a mio marito”, titolava il “Corriere della Sera” già il 1° maggio. Con la pandemia da coronavirus – scrive “Senza Nubi“, in un post ripreso da “Mitt Dolcino” – cresce la ricerca di canali alternativi per trovare liquidità, con aumenti delle richieste che sfiorano il 40% nei primi sei mesi del 2020. «C’è sicuramente una netta accelerazione dei volumi, se andiamo a fare un confronto con lo scorso anno». Proprio sul fronte dei volumi, al 30 giugno, la crescita era aumentata del 39% sull’anno precedente, con oltre 10,6 milioni erogati nel periodo e un totale di pegni che ammonta a 13,3 milioni. «Il mercato, nel 2019, valeva fra i 900 milioni e il miliardo di euro, e solamente il 5% degli articoli finisce poi all’asta, mentre il 95% (ma oltre il 99% per la società del gruppo Banca Sistema) viene riscattato. Nel solo mese di maggio, tuttavia, è cresciuto del 18% il numero di operazioni registrate dal gruppo rispetto a febbraio».

  • Paltrinieri: l’Italia risorga, sarà lei a battere il Deep State

    Scritto il 10/8/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    «Altro che paese a rischio, l’Italia è una corazzata. Come ben detto da Banca d’Italia, fra denaro, titoli e asset fisici, il popolo italiano (non le banche) detiene 10.000 miliardi di euro di risparmi, 4 volte tanto il famigerato debito pubblico. Gli altri paesi sono messi al contrario: debito pubblico più basso ma cittadini super-indebitati. Quindi, per distruggerla bisogna portarla a uno stato di impoverimento pari a quello in cui, durante il regime fascista, la gente andava a donare le fedi per la patria. E l’unica maniera per contrastare questo disegno è rifondare tutto sulla base dell’unico collante esistente, lo spirito cattolico». Non usa mezze misure, Flavio Robert Paltrinieri, italoamericano, una vita da imprenditore e a capo di diverse società nel mondo e anche parte della task-force internazionale che vuole far rinascere la Democrazia Cristiana come una nuova Dc. E ci rivela la malattia e la cura, ovvero il disegno in atto da parte del cosiddetto Deep State e la maniera per smontarlo. Soprattutto, ci rivela che non sono gli Usa il simbolo del mondo libero che va distrutto, ma l’Italia. Ma cos’è, esattamente, il Deep State? E quando è iniziato lo strapotere della finanza internazionale?

  • Il complotto del virus: chi ha fatto bingo con la catastrofe

    Scritto il 01/8/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Nel documento che abbiamo pubblicato su “Luogo Comune”, intitolato “Il complotto del coronavirus” e costituito da 200 slide, si ipotizza la disseminazione intenzionale del virus. Riepiloghiamo, si legge, gli scopi del complotto portato avanti dall’élite mondiale. Ridurre le libertà civili e il diritto di assemblea e di manifestazione. Rendere legali sistemi di controllo sempre più pervasivi (telecamere, droni, app, spyware). Fomentare la guerra tra poveri, istigando collaborazionisti inconsapevoli. Prolungare lo shock il più a lungo possibile (quarantena, distanziamento sociale, mascherina). Lucrare direttamente, con la pre-conoscenza degli eventi, nel settore economico-finanziario: per esempio, quelli che hanno scommesso sul crollo delle Borse nella primavera 2020. Ricomprare a pochi spiccioli le aziende che falliranno. Avere disponibilità di folle impoverite, che accetteranno lavori a condizioni degradanti. Lucrare direttamente nel settore medico, imponendo l’obbligo di vaccinazione per il Covid.
    Sempre nel settore medico, lucrare estendendo l’obbligo di vaccinazione antinfluenzale. Aggiungo l’obbligo per tutti gli altri vaccini, perché tra un po’ arriverà il “passaporto vaccinale”, senza il quale non potremo più fare nulla. Ancora: portare a compimento vari progetti sospesi per l’interferenza nella società civile, cioè il tanto ricercato bavaglio alla Rete. Sono anni che si disperano per cercare un modo per metterci il bavaglio, e adesso – con la scusa del Covid – hanno creato le task-force contro le “fake new” sul Covid; poi il Covid andrà via, ma le task-force contro le “fake news” rimarranno, ovviamente, e quindi avranno trovato il modo di mettere il bavaglio alla Rete. Poi: installazione e attivazione del 5G senza rispettare il principio di precauzione. Quante volte abbiamo sentito dire: poverini, gli studenti a casa, che non potevano seguire la didattica a distanza perché non avevano una buona connessione; corriamo tutti a mettere il 5G, così il bambino avrà il cellulare all’orecchio sempre acceso, anche quando va in bagno a fare la pipì.
    Altri vantaggi del complotto: giustificare l’introduzione fattiva della moneta elettronica a discapito di quella fisica. Indebitare le nazioni verso le banche, con strumenti quali il Mes. Eccetera, eccetera. Questa “laundry list” di vantaggi è praticamente infinita, ed è proprio quello che ti porta a pensare come sia impossibile che siamo di fronte a un evento naturale, cioè che questo virus sia arrivato per caso, dal pipistrello. Fa felici talmente tante persone, ai livelli alti (quelli che si occupano del controllo della popolazione) che non può essere una coincidenza. Nessuno è così fortunato da fare tombola 27 volte di seguito con un solo virus. E’ chiaro, che c’è dietro qualcuno che l’ha voluto.
    (Massimo Mazzucco, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming “Mazzucco Live” del 25 luglio 2020 su YouTube, in relazione al dossier “Il complotto del coronavirus” pubblicato su “Luogo Comune” il 19 luglio 2020).

    Nel documento che abbiamo pubblicato su “Luogo Comune”, intitolato “Il complotto del coronavirus” e costituito da 200 slide, si ipotizza la disseminazione intenzionale del virus. Riepiloghiamo, si legge, gli scopi del complotto portato avanti dall’élite mondiale. Ridurre le libertà civili e il diritto di assemblea e di manifestazione. Rendere legali sistemi di controllo sempre più pervasivi (telecamere, droni, app, spyware). Fomentare la guerra tra poveri, istigando collaborazionisti inconsapevoli. Prolungare lo shock il più a lungo possibile (quarantena, distanziamento sociale, mascherina). Lucrare direttamente, con la pre-conoscenza degli eventi, nel settore economico-finanziario: per esempio, quelli che hanno scommesso sul crollo delle Borse nella primavera 2020. Ricomprare a pochi spiccioli le aziende che falliranno. Avere disponibilità di folle impoverite, che accetteranno lavori a condizioni degradanti. Lucrare direttamente nel settore medico, imponendo l’obbligo di vaccinazione per il Covid.

  • Della Luna: Conte e i frugali, una recita penosa. Ciao Italia

    Scritto il 23/7/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Nel Risorgimento l’unificazione d’Italia fu un progetto franco-britannico in funzione anti-germanica, coperto con ideali fabbricati privi di riscontro nei popoli coinvolti, giustificato e portato avanti da un clero intellettuale massonico-progressista. Questo progetto ha prodotto l’Italia, un organismo politico artificioso, fallimentare a causa della sua composizione, con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto impoverimento e violenze, dapprima, ai danni del Meridione, e poi una meridionalizzazione africaneggiante dello Stato e della politica ai danni del Settentrione. Simile per concetto e per effetti è il progetto dell’unificazione europea: creare un blocco in funzione di contenimento dell’Urss-Russia al servizio degli Usa, guidato dalla Franco-Germania, mettendo questa in condizioni di rastrellare le risorse dai paesi subalterni; il tutto ammantato da ideali fasulli, propagandati da un clero mercenario pseudo-intellettuale, massonico-progressista. Anche questo progetto ha prodotto un organismo artificiale, fallimentare a causa della sua composizione con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto e produce impoverimento e violenze, per ora ai danni dei paesi meridionali e a vantaggio di quelli egemoni del Nord.
    Nella corrente trattativa per i soccorsi all’Italia e ad altri paesi molto danneggiati dalla gestione della pandemia, vediamo Mark Rutte fare il poliziotto cattivo per consentire alla Merkel con Macron di fare il poliziotto buono – ma il disegno non è cambiato, è sempre quello predatore-accentratore sopra indicato, del famoso Piano Funk, ratio essendi della ‘costruzione europea’. Sarebbe una buona cosa se le condizioni richieste dai paesi rigoristi all’Italia per concederle prestiti e aiuti fossero condizioni idonee ad assicurare un uso produttivo, anziché partitico-clientelare-assistenziale-elettorale, di quei soldi, inclusa l’abolizione del demenziale reddito di cittadinanza, della moralmente giusta ma insostenibile Quota 100, dei criminali sprechi per i clandestini. Ma quelle condizioni paiono essere grecificanti: tagli agli investimenti, tasse più alte, servizi peggiori – quindi un colpo alla domanda interna per distruggere del tutto l’economia, e un colpo alle possibilità di aumento della produttività, per relegare l’Italia al ruolo di protettorato.
    Si auspica il compromesso, che può essere nei seguenti termini: i paesi virtuosi concedono a Conte e ai suoi una certa quantità di soldi da spendere in funzione elettorale, così da farlo restare in sella; e in cambio Conte accetta di aprire un pertugio per una futura Trojka e si accontenta di aiuti che la gente senta come già acquisiti, ma che saranno concretamente disponibili tra due o tre anni (tra allocazione europea e spendita in Italia passano anni, per ragioni tecnico-burocratiche). Vi è chi ipotizza, in caso di mancato accordo, la sostituzione di Conte con Draghi e il supporto di Berlusconi (reso pro-Mes e pro-Eu dalla speme di sentenze propizie contro Vivendi e dall’ottenuto permesso di acquisire il 15% di ProSiebenSat1, così da divenirne il primo azionista e da inserirla nel suo Media to Europe). Così acconciamente rilegittimato, il regime potrà evitare le elezioni (magari anche quelle amministrative di settembre, importando immigrati contagiatori e lasciandoli evadere dalla quarantena così da giustificare un nuovo lockdown) e completare la riforma in senso autoritario ed esterocratico dello Stato-protettorato italia (la minuscola è intenzionale).
    Un governo italiano culturalmente onesto e politicamente leale al paese chiamerebbe il bluff austro-olandese, spiegando che non ha senso ragionare in termini di risparmio di moneta, dato che la moneta oggi è creata a costo zero, essendo simbolica e non convertibile, e non costituendo obbligazione. E’ invece necessario usarla in modi validi, produttivi, al fine di prevenire inflazione monetaria e il diffondersi del parassitismo. Allora, se i virtuosi, ossia i ciarlatani economici, si incaponiscono sulle loro posizioni (in realtà, perché vogliono mettere l’Italia in ginocchio per costringerla a svendere i suoi ‘pezzi’ migliori ai loro ‘investitori’), nessun problema: l’Italia può, entro i vigenti trattati, generare moneta interna statale a costo zero, e smascherare così, assieme ai ciarlatani del risparmio, tutto il bluff delle regole finanziarie europee, del Mes, dei vincoli, del 3%, rendendo evidente la finzione criminale applicata dall’Unione alla Grecia a tutela dei banksters, con tutte le migliaia di morti che ha causato. E che causerà anche all’Italia. Altro che solidarietà europea: genocidio.
    (Marco Della Luna, “Il bluff genocida dei frugali”, dal blog di Della Luna del 20 luglio 2020).

    Nel Risorgimento l’unificazione d’Italia fu un progetto franco-britannico in funzione anti-germanica, coperto con ideali fabbricati privi di riscontro nei popoli coinvolti, giustificato e portato avanti da un clero intellettuale massonico-progressista. Questo progetto ha prodotto l’Italia, un organismo politico artificioso, fallimentare a causa della sua composizione, con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto impoverimento e violenze, dapprima, ai danni del Meridione, e poi una meridionalizzazione africaneggiante dello Stato e della politica ai danni del Settentrione. Simile per concetto e per effetti è il progetto dell’unificazione europea: creare un blocco in funzione di contenimento dell’Urss-Russia al servizio degli Usa, guidato dalla Franco-Germania, mettendo questa in condizioni di rastrellare le risorse dai paesi subalterni; il tutto ammantato da ideali fasulli, propagandati da un clero mercenario pseudo-intellettuale, massonico-progressista. Anche questo progetto ha prodotto un organismo artificiale, fallimentare a causa della sua composizione con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto e produce impoverimento e violenze, per ora ai danni dei paesi meridionali e a vantaggio di quelli egemoni del Nord.

  • Ma gli italiani hanno vissuto al di sotto delle loro possibilità

    Scritto il 11/7/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Uno dei vantaggi del mio lavoro è quello di girare spesso per le grandi città internazionali e di passarci anche diversi giorni, costretto a documentarmi e ad usare i servizi pubblici per risparmiare. Inoltre, caso vuole che alcune città ormai le abbia visitate più e più volte. E’ per questo che posso dire con assoluta serenità che il luogo comune per il quale  “l’Italia è il paese più bello del mondo” è il più veritiero che ci sia. Non c’entrano un tubo i ricordi personali, gli affetti, l’istinto e il cordone ombelicale: l’Italia è oggettivamente il paese più bello del mondo, e chi sostiene il contrario è perchè ne ha una conoscenza molto superficiale. Gi stranieri non si permetterebbero mai di dirlo; la stragrande maggioranza lo sa benissimo che il loro luogo d’origine, rispetto all’Italia, è una cloaca, e per quanto nazionalisti possano essere, mai sentirete dire che l’Italia non è bella. Sono appena tornato da Napoli, città che molti italiani e molti stranieri considerano un immondezzaio invivibile. C’ero stato almeno altre 6 volte. Il turismo del Golfo è quasi tutto straniero: i media hanno detto agli italiani che Napoli è pericolosa, che ti stuprano, che ti scippano coi motorini, che ti imbrogliano di sicuro e che è piena di immondizia. Dunque, al massimo ci si va con la gita della scuola, protetti da professori e touring operator, come fosse una crociera sul Nilo.
    Da adulti, con i bambini piccoli al seguito, invece, ci vanno quasi esclusivamente americani, inglesi, spagnoli (e chissà come mai). La realtà è che a Napoli sembra di essere dentro un film, e che ogni cosa è di una bellezza irripetibile. La mia guida alla città sotterranea – Francesco – quasi aveva le lacrime agli occhi mentre spiegava come i napoletani di tremila anni fa avessero costruito la città scavando nel tufo fino a 40 metri di profondità e portando blocchi di quintali in superficie, morendo a centinaia, salendo e scendendo nelle viscere della terra senza alcuna sicurezza. Ai Campi Flegrei, a Pompei, al castello del Maschio Angioino, dopo i racconti delle guide, ti dispiace di non essere napoletano. Ti sembra quasi di doverli invidiare. E sono tutte guide che raccontano aneddoti personali, fanno battute, uno si è messo anche a cantare. Al British, al Louvre, al Museo di Sissy, invece, sono solo capaci (al triplo del costo) di rifilarti una fottuta, impersonale e noiosissima audioguida coi numeretti da pigiare. E ho preso Napoli ad esempio solo perchè l’ho appena visitata e perchè viene dipinta sempre malissimo; ma cosa si potrebbe dire del resto d’Italia? Non basterebbero tutti i blog del mondo.
    A cosa è dovuta questa bellezza? Il paesaggio naturale, senza dubbio, ma allora anche la Grecia o la Spagna o la Tunisia dovrebbero essere così. E invece non lo sono manco per niente. La Tunisia o la Francia stanno all’Italia come una busta di fave sta a Belen Rodriguez, pur avendo anch’esse paesaggi naturali di pari dignità. Non è solo una questione di paesaggio, ma è soprattutto una questione di storia, di lavoro impiegato e di tanta ricchezza prodotta in questi secoli di civiltà e di fatiche dei nostri progenitori. Ancora oggi, la Pompei degli scavi archeologici è una città dalla struttura intelligente, molto più di tante cittadine – anche nuove – realizzate in giro per il mondo e invivibili per posizione e rete viaria. Come mai gli italiani avevano ponti, acquedotti, ville mastodontiche, fontane e strutture termali migliaia di anni fa, quando nel resto del mondo non c’era un emerito cazzo? Perchè erano ricchi… Non c’è un’altra risposta. Erano mediamente molto più ricchi e più colti di tutte le altre civiltà, anche di quella greca, per il semplice fatto che quella italiana durò molto più a lungo, se consideriamo – dopo i fasti dell’Impero Romano – anche il dominio mondiale della Chiesa, il Rinascimento e Venezia.
    Ancora oggi, dopo essere diventati colonia americana e dopo che ci hanno affamati, gli altri Stati non riescono a raggiungere un tale grado di bellezza. Il che, se pensiamo all’evoluzione tecnologica che c’è stata, ha davvero dell’incredibile. Eppure ci raccontano, con riferimento agli ultimi 50 anni, che solo per il fatto di avere un lavoro, un mutuo per la casa e la pensione, noi italiani “siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità”. Ma è vero proprio l’opposto: la civiltà più ricca del mondo, con le sue bellezze naturali, agricole, produttive e monumentali, ha permesso ai suoi cittadini solo un lavoro dipendente malpagato e una pensione. Questo significa vivere al di sotto delle proprie possibilità, e non al di sopra. Oggigiorno, il paese che al mondo offre la ricchezza maggiore ai suoi cittadini è la Svizzera. Parliamoci molto chiaramente: in Svizzera ci sono 4 mucche e 3 galline, e non necessariamente in quest’ordine. Ci sono scomode montagne e le città hanno edifici e monumenti risibili, rispetto ai nostri. Il successo della Svizzera è dovuto a 3 cose: sono democratici nel senso “greco” del termine (le decisioni le prendono assieme a livello locale: nemmeno in condominio puoi entrare, se il resto dei condomini ti giudica sfavorevolmente); sono fuori dall’Unione Europea; conoscono la finanza.
    Sul punto 1 e 3 arrancheremo sempre, ma il punto 2 sarebbe così facile da risolvere a nostro favore. Tornando però al tema, mi rendo conto che l’esempio “turistico” può apparire limitante: vogliamo allora passare all’agricoltura italiana? L’Italia è lo 0,5% della superficie del mondo, con 14 milioni di ettari coltivati su 800 milioni. Eppure rappresenta, senza se e senza ma, l’eccellenza dell’agroalimentare nel mondo. E’ l’unico luogo al mondo dove l’incontro tra i venti del mare dal Sud e quelli delle montagne del Nord produce un microclima unico. Abbiamo 7.000 specie di flora vascolare e di vegetali mangiabili (il secondo paese al mondo ne ha solo la metà, 3.300); abbiamo 58.000 specie animali (il secondo paese al mondo ne ha 20.000); abbiamo 1.200 vitigni autoctoni (il secondo ne ha 222), abbiamo 533 cultivar di ulivi (il secondo paese al mondo ne ha 70). E si potrebbe andare avanti. Però, per lo scemo del villaggio, viviamo “al di sopra delle nostre possibilità”. Vado avanti? Vado avanti. L’Italia è la seconda manifattura d’Europa. Con una moneta, l’euro, che è unica solo per lo schifo che fa, riusciamo comunque ad essere saldamente sul podio a fronte della concorrenza di altri 27 paesi. Come dite? La Germania produce di più?
    Già, i tedeschi ci battono, ma c’è un particolare che solo malafede e ignoranza possono trascurare: i tedeschi sono 80 milioni, mentre gli italiani 60. Detto diversamente, se proporzionassimo la produzione al numero di abitanti, anche in questo settore (dopo aver preso merda nel turismo e nell’agricoltura) i tedeschi mangerebbero la polvere. Chiudo con parole non mie, ma di Gianluca Baldini, parole sante che non posso che sottoscrivere come fossero mie: «A dispetto della retorica pro-austerità che ha accolto la narrazione distorta della storia degli ultimi anni, noi non abbiamo affatto vissuto “al di sopra delle nostre possibilità”, né in termini individuali, né considerando le finanze dello Stato. Questo mantra, tornato in auge dopo un’intervista rilasciata da Angela Merkel nel 2012 a “Bbc news” che apostrofava i Piigs come spendaccioni, trova spesso conforto nella fallace lettura della dinamica del debito pubblico esploso negli anni ’80 e viene condita con l’aneddotica abituale che descrive l’Italia come paese dei balocchi, in cui falsi invalidi, evasori totali e dipendenti pubblici nullafacenti vivono allegramente alle spalle della collettività».
    «L’Italia è stata ed è ancora oggi il paese con il più elevato livello di risparmio privato, tanto in termini monetari quanto sotto forma di patrimonio immobiliare. Tra i big players europei è il paese con il più basso debito privato e anzi, se escludiamo i paesi dell’ex Urss, possiamo dire che l’Italia è in assoluto il paese col più basso debito privato d’Europa e dunque dell’Occidente industrializzato. Se consideriamo questi dati e forniamo una lettura oggettiva alla dinamica del debito degli anni ’80, che è cresciuto per la componente interessi e non già per un aumento della spesa pubblica, e a ciò aggiungiamo che siamo il paese che da ormai 25 anni circa registra le migliori performance sui conti pubblici realizzando sistematicamente avanzi primari, possiamo concludere che siamo evidentemente l’unico paese che ha davvero vissuto al di sotto delle proprie possibilità. Il nostro risparmio privato basterebbe per pagare 5 volte il debito pubblico e 2,5 volte il debito complessivo (cioè pubblico+privato). Non credo esista un altro paese al mondo così affidabile da questo punto di vista».
    (Massimo Bordin, “Gli italiani hanno vissuto al di sotto delle loro possibilità”, da “Micidial” del 30 giugno 2020).

    Uno dei vantaggi del mio lavoro è quello di girare spesso per le grandi città internazionali e di passarci anche diversi giorni, costretto a documentarmi e ad usare i servizi pubblici per risparmiare. Inoltre, caso vuole che alcune città ormai le abbia visitate più e più volte. E’ per questo che posso dire con assoluta serenità che il luogo comune per il quale  “l’Italia è il paese più bello del mondo” è il più veritiero che ci sia. Non c’entrano un tubo i ricordi personali, gli affetti, l’istinto e il cordone ombelicale: l’Italia è oggettivamente il paese più bello del mondo, e chi sostiene il contrario è perché ne ha una conoscenza molto superficiale. Gi stranieri non si permetterebbero mai di dirlo; la stragrande maggioranza lo sa benissimo che il loro luogo d’origine, rispetto all’Italia, è una cloaca, e per quanto nazionalisti possano essere, mai sentirete dire che l’Italia non è bella. Sono appena tornato da Napoli, città che molti italiani e molti stranieri considerano un immondezzaio invivibile. C’ero stato almeno altre 6 volte. Il turismo del Golfo è quasi tutto straniero: i media hanno detto agli italiani che Napoli è pericolosa, che ti stuprano, che ti scippano coi motorini, che ti imbrogliano di sicuro e che è piena di immondizia. Dunque, al massimo ci si va con la gita della scuola, protetti da professori e touring operator, come fosse una crociera sul Nilo.

  • Il complotto dei bugiardi e la Nuova Frontiera che ci attende

    Scritto il 24/6/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Tutti a tifare viva Conte, abbasso Conte, forza Meloni, morte a Salvini. Ma chi se ne accorge, quando certe cose accadono e il mondo finisce per cambiare passo? Lì, per lì, in pochi: per decenni – dice un’autorità culturale come lo storico Alessandro Barbero – abbiamo creduto alla bufala del medioevo, un tunnel di secoli oscuri, quando invece non s’era mai vista, tutta insieme, una tale esplosione di progressi, conquiste, signorie illuminate e benessere socialmente percepito. Mille anni, di cui sappiamo ancora pochissimo. Una sola, grande certezza: tutto quello che credevamo di sapere, dice Barbero, era inesatto, se non falso. Indicatori esemplari: la leggenda barbarica dello jus primae noctis e, meglio ancora, quella del terrore millenaristico; a pochi mesi dal fatidico Anno Mille, si firmavano regolarmente carte e contratti pluriennali, come se il mondo non dovesse finire mai. E se questo vale per l’epoca medievale, oltre che per tanti altri periodi storici (di cui non esistono fonti dirette, ma solo storiografiche e quindi fatalmente soggettive), non potrebbe valere anche per oggi?
    Lo scorso 26 aprile l’Italia ha perso uno dei suoi osservatori più scomodi, Giulietto Chiesa: emarginato come complottista, quasi che i complotti non esistessero. Davvero? La Guerra del Vietnam esplose dopo l’incidente del Golfo del Tonchino; nel 1964, gli Usa accusarono la marina nordvietnamita di aver attaccato l’incrociatore statunitense Uss Maddox. Ci ha messo quarant’anni, la verità, a emergere: nel 2005, tramite la Nsa, l’intelligence di Washington ha finalmente ammesso che quello scontro navale non era mai avvenuto: era solo una fake news, per inscenare il casus belli. Molto più recentemente, siamo stati capaci di invadere l’Iraq, disastrando un’area che poi sarebbe diventata il brodo di coltura del cosiddetto terrorismo “islamico”, grazie alla maxi-bufala mondiale delle inesistenti armi di distruzione di massa in dotazione a Saddam Hussein. Era anche quella un’invenzione, rilanciata in mondovisione dalla “fialetta di antrace” agitata all’Onu da Colin Powell.
    La preparazione della realtà virtuale da somministrare al pubblico era stata accuratissima, come sempre. Il britannico Tony Blair, in primis, si era dato da fare per accreditare la bufala, in collaborazione con l’intelligence (anche italiana) che fabbricò la falsa pista del Nigergate, in base alla quale il regime di Baghdad – già armato dagli Usa contro l’Iran, anni prima – avrebbe cercato di approvvigionarsi di uranio in quel paese africano. Non che qualcuno possa rimpiangere (a parte molti iracheni, forse) un regime dispotico come quello di Saddam. Ma possibile che loro, i “padroni del discorso”, debbano ricorrere in modo sistematico alla manipolazione, fondata su clamorose menzogne, per ottenere il consenso necessario a supportare grandi cambiamenti? Non potrebbero autorizzare i nostri governanti a dire semplicemente la verità, ancorché sgradevole? Gliene manca il coraggio?
    Retropensiero: se tanto impegno viene profuso per raccontare il contrario del vero, non viene il sospetto che la nostra opinione in fondo conti parecchio, nonostante si cerchi di declassarla a fenomeno irrilevante? Certo, votiamo inutilmente: i partiti – tutti – poi si piegano sempre a direttive sovrastanti. Parla da sola la vicenda incresciosa dei 5 Stelle, che hanno tradito per intero le loro promesse elettorali. Idem, la storia tutta italiana dei recenti referendum: regolarmente celebrati, ma poi ignorati; il risultato quasi mai applicato, spesso annacquato se non aggirato e sostanzialmente azzerato. Eppure: se il cosiddetto potere ormai scavalca impunemente la democrazia, mortificandola e sterilizzandola nei suoi effetti, perché si affanna così tanto a imporci la sua narrazione disonesta? Non sarà che teme, nonostante tutto, che prima o poi possa insorgere una reazione, da parte del pubblico?
    Negli anni Ottanta, agli italiani è stato raccontato che era meglio che Bankitalia smettesse di finanziare direttamente lo Stato, a costo zero: era più trendy avvalersi della finanza privata speculativa, pagandole i salatissimi interessi che fecero esplodere di colpo il famoso debito pubblico. Negli anni Novanta, i medesimi narratori hanno cantato le magnifiche sorti e progressive della sottospecie deforme di Unione Europea fabbricata a Maastricht, quella che oggi impedisce all’Italia – devastata dalle conseguenze del lockdown – di rimettere in piedi le aziende che non riescono a riaprire o che chiuderanno tra poco, quelle che licenzieranno i dipendenti in autunno, quelle che scapperanno all’estero o, meglio ancora, si svenderanno agli attuali committenti esteri, specie tedeschi, prima di cedere il timone al capitale cinese o alla mafia nostrana, che già pregusta il banchetto.
    Tutti a ridere, nel 2020, quando Giulietto Chiesa scrisse – per primo – che non era possibile credere alla versione ufficiale dell’11 Settembre. Ora la voglia di ridere è passata, dopo che i pompieri di New York hanno cercato di far riaprire le indagini, in base alle loro testimonianze personali e alle evidenze scientifiche schiaccianti fornite dai tremila ingegneri e architetti americani del comitato “Verità sull’11 Settembre”: le torri di Manhattan non potevano crollare in quel modo, su se stesse e in pochi secondi, se non fossero state “minate” ben prima dell’impatto degli aerei. Una cosa però è la verità, e un’altra il suo sdoganamento. Tanto per cominciare, certe verità sono troppo indigeste: se anche venissimo scoperti, dicevano i nazisti, nessuno crederà mai che siamo stati capaci di inventarci una cosa come Auschwitz. E’ un fatto che la mente umana, semplicemente, non accetta. La prima risposta è invariabile: non può essere vero, mi rifiuto di crederlo.
    Il tempo è galantuomo, si dice; solo che se la prende comoda. Caso classico: John Kennedy, assassinato a Dallas nel 1963. Tuttora, le fonti manistream – da Wikipedia in giù – seguitano a incolpare Lee Harvey Oswald, presentato come una specie di squilibrato solitario, confinando nelle “ipotesi cospirazionistiche” la nuda verità dei fatti, fiutata da subito ma emersa solo quando l’allora numero due della Cia, Howard Hunt, scomparso nel 2007, ha confessato in punto di morte che quello di Dallas fu un complotto del Deep State, attuato attraverso varie complicità: la Cia, l’Fbi, la manovalanza della mafia di Chicago e ben tre futuri presidenti degli Stati Uniti (Lyndon Johnson, Richard Nixon e George Bush). A sparare a Kennedy non fu Oswald, ma il mafioso Chuck Nicoletti. Ma a far saltare il cervello al presidente della New Frontier fu il killer di riserva, James Files: reo confesso, tuttora detenuto per altri reati e mai interrogato, su quei fatti, da nessun magistrato.
    Di Kennedy ha riparlato due mesi fa il grande Bob Dylan, con l’epico brano “Murder Most Foul”. L’omicidio di Dallas messo in relazione addirittura con il coronavirus: come se la pandemia che ha paralizzato il mondo nascesse da una regia occulta, direttamente ispirata dagli eredi dei criminali al potere che organizzarono il complotto costato la vita a Jfk. Il 19 giugno è finalmente uscito “Rough and Rowdy Ways”, il disco che contiene la denuncia kennedyana: non si contano gli elogi che la grande stampa profonde per quest’opera musicale del 79enne Premio Nobel per la Letteratura, ma nessun giornalista s’è peritato di scavare tra le righe per decifrare il codice esoterico attraverso cui Dylan lancia un’accusa esplicita, accennando al 33esimo grado che contrassegnava i massoni oligarchici e reazionari che vollero spegnere il sogno di un mondo libero, giusto mezzo secolo fa.
    Quanto ci vorrà, ancora, prima che un nuovo Howard Hunt confessi il suo ruolo nella strage dell’11 Settembre? Meno di quanto si pensi, forse, calcolando la velocità della crisi in corso e il prestigio dei personaggi che, in vario modo – da Dylan a Mario Draghi, fino a Christine Lagarde e Joseph Stiglitz – si stanno mettendo di traverso, rispetto al copione (emergenza, dunque crisi) messo in scena a livello planetario con la presunta pandemia frettolosamente dichiarata da una strana Oms, supportata dalla Cina. Proprio l’Oms ha provato a imporre ovunque il modello Wuhan, lockdown e coprifuoco, anche a paesi come l’Italia: non avendo più sovrantià finanziaria, a differenza di Pechino, noi non ce lo possiamo proprio permettere, un blocco di tre mesi che già quest’anno costerà 15 punti di Pil e chissà quanti milioni di disoccupati. Questo, almeno, è quello che sta finalmente emergendo, giorno per giorno, agli occhi di tutti: non è stato un affare, rinunciare a Bankitalia. E non era d’oro, la promessa europea che i super-privatizzatori come Prodi avevano fatto luccicare.
    Unire i puntini? Non è mai facilissimo, specie in mezzo al frastuono assordante di un mainstream che tace l’essenziale e ridonda di gossip politico irrilevante. In primo e piano, ora e sempre, la superficie epidermica della realtà: viene esibita la rozzezza retorica e spesso inaccettabile di Donald Trump, mettendo in ombra il cuore del fenomeno. Un vero e proprio incidente della storia, che ha proiettato alla Casa Bianca un outsider incontrollabile, capace di imporre uno stop alla super-globalizzazione che ha schiantato i lavoratori americani. Istrionico, ambiguo, già aggregato ai democratici, nel 2016 Trump s’è travestito da repubblicano sui generis, riuscendo a fermare il pericolo pubblico numero uno, Hillary Clinton, grande sponsor della nuova guerra fredda contro la Russia. Poi Trump – teoricamente, “di destra” – ha fatto cose che la sinistra (americana ed europea) si poteva solo sognare, negli ultimi decenni: ha dimezzato le tasse e raddoppiato il deficit. Risultato: disoccupazione azzerata. Infine, ha imposto uno storico stop – con i dazi – alla creatura preferita dei globalizzatori atlantici più reazionari e guerrafondai: la Cina.
    Manco a dirlo, l’emergenza Covid è esplosa a Wuhan un minuto dopo il “niet” inflitto da Trump a Xi Jinping, facendo dilagare la crisi giusto alla vigilia delle presidenziali americane. Come dire: è in gioco qualcosa di enorme, due versioni del mondo. La prima ce l’hanno fatta intravedere anche i prestanome italiani del governo Conte, peraltro non ostacolati minimamente dall’altrettanto farsesca opposizione: lockdown e niente aiuti, repressione orwelliana, distanziamento, mascherine, panico amplificato (bare sui camion militari) e cure efficaci contro il Covid regolarmente oscurate, emarginando i medici che per primi erano riusciti a sconfiggere il nuovo morbo, trasformandolo in malattia normalmente curabile. La seconda ipotesi di mondo – quella per la quale morì Kennedy – è tutta da difendere e da ricostruire, dopo il “golpe” mondiale della finanza neoliberista che s’è inventata persino l’eurocrazia stracciona che impoverisce i popoli e oggi li avvelena, mettendoli l’uno contro l’altro. Di Nuova Frontiera, probabilmente, si può riparlare solo se rivince Trump: se invece perde, prepariamoci a farci spiegare da Bill Gates come sarà la nostra vita domani.
    (Giorgio Cattaneo, “Il complotto dei bugiardi e la Nuova Frontiera che ci attende”, dal blog del Movimento Roosevelt del 24 giugno 2020).

    Tutti a tifare viva Conte, abbasso Conte, forza Meloni, morte a Salvini. Ma chi se ne accorge, quando certe cose accadono e il mondo finisce per cambiare passo? Lì, per lì, in pochi: per decenni – dice un’autorità culturale come lo storico Alessandro Barbero – abbiamo creduto alla bufala del medioevo, un tunnel di secoli oscuri, quando invece non s’era mai vista, tutta insieme, una tale esplosione di progressi, conquiste, signorie illuminate e benessere socialmente percepito. Mille anni, di cui sappiamo ancora pochissimo. Una sola, grande certezza: tutto quello che credevamo di sapere, dice Barbero, era inesatto, se non falso. Indicatori esemplari: la leggenda barbarica dello jus primae noctis e, meglio ancora, quella del terrore millenaristico; a pochi mesi dal fatidico Anno Mille, si firmavano regolarmente carte e contratti pluriennali, come se il mondo non dovesse finire mai. E se questo vale per l’epoca medievale, oltre che per tanti altri periodi storici (di cui non esistono fonti dirette, ma solo storiografiche e quindi fatalmente soggettive), non potrebbe valere anche per oggi?

  • Morte dell’Italia: aziende svendute, messe ko dal lockdown

    Scritto il 20/6/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Si calcola che vi siano 250.000 aziende italiane, piccole e medie, tutte in difficoltà: tra qualche mese avrebbero convenienza a vendere la loro realtà a quelli per cui già lavorano e forniscono “pezzi” per grandi realizzazioni industriali. «Passeremmo così, nel giro di un trentennio circa, dalla “stagione delle privatizzazioni” alla “grande svendita”», avverte Gianluigi Da Rold. «È un disastro da evitare a tutti i costi». A questo punto, aggiunge Da Rold, gli Stati Generali non ricorderebbero neppure quelli del 1789, né quelli di Richelieu del 1650, ma quelli del 1302, «tenuti dal più catastrofico re dei Capetingi, Filippo IV, detto il “bello”, ma anche il simbolo dell’assolutismo più ignobile». In una ricognizione giornalistica sul “Sussidiario“, Da Rold – già storico inviato del “Corriere della Sera” – lancia l’allarme: se col passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica abbiamo svenduto l’hardware statale che fungeva da volano per l’economia, ora – di fronte all’inazione del governo Conte alle prese col disastro Covid – rischiamo di perdere anche il software, cioè il grande patrimonio nazionale rappresentato dalla manifattura di qualità: aziende che fanno gola al mercato, e che tra qualche mese potrebbero chiudere o essere cedute a prezzi di saldo.

  • Abbiamo un problema: siamo in guerra, ma non lo vediamo

    Scritto il 18/6/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Houston, abbiamo un problema. Il pubblico si spella le mani, pro o contro i suoi gladiatori di cartapesta, mentre là fuori impazza una specie di guerra mai vista, spaventosa, insidiosissima perché subdola: c’è in giro un killer, travestito da infermiere. Ha anche aperto una macelleria sfrontata, fino a ieri impensabile: e il peggio non è neppure la disinvoltura delle amputazioni senza anestesia (le pagine oscurate, i blog censurati, i video desaparecidos), ma il fatto che metà del pubblico sbeffeggi come vittimisti e inguaribili visionari gli autori delle denunce “bannate”, cancellate con un colpo di spugna. E’ il pubblico che trova normale che nell’anno 2020 dopo Cristo, non in Corea del Nord ma in un paese dell’Unione Europea, il governo istituisca una sorta di Ministero della Verità, senza vergognarsi di filtrare le informazioni destinate ai sudditi, a loro volta ben divisi in due ostinate tifoserie cementate da un rancore surreale, fuori luogo. Che il genere fantasy sia forse il più appropriato, per descrive l’attuale situazione psico-politica, lo suggerisce il lessico usato da un cardinale nel promuovere Donald Trump come “figlio della luce”, nemico del tenebroso Deep State che usa questa stranissima emergenza sanitaria per imprigionare il mondo nel cerchio magico della paura, oscurando l’orizzonte di una libertà democratica erroneamente data per scontata, ormai al sicuro per sempre.

  • Magaldi: avviso a Conte, in autunno la Rivoluzione Italiana

    Scritto il 12/6/20 • nella Categoria: idee • (3)

    E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».
    «E’ vero, le élite le progettano: ma poi le rivoluzioni le fa la gente, se capisce che deve scendere in strada al momento giusto. Che nel nostro caso si sta rapidamente avvicinando», assicura Magaldi. «Parlo di un riscatto nazionale, civile ed economico: in palio c’è l’Italia, esattamente come nel Risorgimento, di cui il 20 settembre 1870 rappresenta l’epilogo, con la conquista di Roma». Premessa: il presidente del Movimento Roosevelt, entità metapartitica nata nel 2015 per tentare di rimettere insieme i cocci della politica italiana, di massoneria se ne intende. «Il mondo in cui viviamo è stato interamente progettato da massoni: lo Stato diritto, le istituzioni laiche, il suffragio universale. La democrazia non ce l’ha portata la cicogna: è stata un’idea dei massoni che nel ‘700 rovesciarono l’Ancien Régime, in Francia e in America, dando inizio alla modernità politica». Queste cose, Magaldi le ha ricordate nel saggio “Massoni”, edito nel 2014 da Chiarelettere. Un bestseller italiano, trasformatosi in long-seller e – dice l’autore – costato il trono a Giorgio Napolitano, nientemeno, indicato come appartenente alla superloggia “Three Eyes”.
    Grande regista, Napolitano, dell’imbarazzante operazione (interamente massonica) che portò il “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi con l’incarico di inguaiare il paese, tagliando la spesa sociale e quindi determinando deliberatamente una crisi terribile, tale da far crollare il gettito fiscale fino a far esplodere il debito pubblico. Obiettivo: rendere l’Italia sempre più debole, facile preda dei suoi avidi “becchini”. Francia e Germania? «Non esattamente: si tratta di gruppi apolidi, supermassonici, che usano in modo cinico le istituzioni – Ue, singoli paesi – per i loro scopi inconfessabili, speculativi e privatistici. E’ un’élite sovranazionale, economicamente neoliberista e politicamente reazionaria, post-democratica». Di fronte a questo, avverte Magaldi, le antiche distinzioni ideali (destra-sinistra) non contano più niente, da quando – archiviate le ideologie – i politici della sinistra si sono rassegnati, proprio come quelli della destra, ad eseguire ordini impartiti dall’alto: dalla stessa élite senza patria che, dagli anni Settanta in poi, ha cominciato a “smontare” la democrazia sociale dei diritti in tutto l’Occidente, attraverso entità paramassoniche come la Trilaterale, fino ad arrivare, oggi, a guardare alla Cina come modello.
    Una società autoritaria, quella cinese, basata sulla sorveglianza orwelliana del cittadino-suddito. «Non a caso – fa osservare Magaldi – il disastro Covid è esploso a Wuhan all’indomani della cocente umiliazione inflitta a Xi Jinping dall’unico politico capace di opporsi al dilagare dell’egemonia di Pechino: Donald Trump, oggi infatti assediato dai manifestanti antirazzisti alla vigilia delle elezioni, e alle prese con la drammatica crisi economica indotta dal lockdown, che ha cancellato gli ottimi risultati ottenuti dalla Casa Bianca nel far volare l’economia americana». Beninteso: «Trump farebbe meglio ad ascoltare i manifestanti genuinamente indignati per lo scandalo del razzismo che serpeggia tra i poliziotti stratunitensi: una piaga rispetto alla quale, peraltro, lo stesso Barack Obama, primo presidente “nero”, in otto anni non ha fatto assolutamente niente». Ma attenzione: «I manifestanti violenti sono manipolati: imputano assurdamente a Trump l’omicidio di George Floyd».
    Ecco perché, aggiunge Magaldi, sarebbe da ciechi non scorgere i manovratori: a loro, del razzismo non importa nulla. «Vogliono solo impedire che Trump venga rieletto, perché ha osato sfidare la loro “creatura”, la Cina, e anche l’opaca Oms foraggiata da Pechino, braccio operativo del “terrorismo sanitario” che ha usato il Covid come un’arma», con obiettivi plurimi: mettere ko l’economia per indebolire i politici, e confiscare – in modo inaudito, in Occidente – le libertà democratiche nelle quali siamo cresciuti. E’ una specie di inferno, quello che si sta spalancando: qualcuno sta cercando di far apparire “normale” il coprifuoco, il distanziamento, la chiusura irreparabile di aziende e negozi. Scenario che in Italia si sta traducendo nella morte civile di interi settori strategici, come il turismo. «E se domani qualcuno si inventa un altro virus, fabbricandolo in laboratorio? Che facciamo: richiudiamo tutto?». Il primo a sentire puzza di bruciato è stato Bob Dylan: con la canzone “Murder Most Foul”, il grande cantautore (Premio Nobel per la Letteratura) a fine marzo ha messo in relazione la pandemia – e i “falsi profeti” del vaccino universale – con la cupola di potere che nel 1963 assassinò John Kennedy a Dallas. Addirittura?
    Ebbene sì. «Un’unica filiera – dice Magaldi – collega la fine dei Kennedy al manifesto “La crisi della democrazia”, promosso dalla Trilaterale di Kissinger: il primo a sdoganare il regime cinese con l’idea di farne un’alternativa, mostruosa, per un Occidente non più libero, e oggi infatti ricattato dalla paura grazie a un virus “cinese” che, in questo, è ancora più efficace del terrorismo “islamico”, anch’esso coltivato da menti massoniche». Magaldi sa di cosa parla: già “venerabile” della prestigiosa loggia romana Monte Sion del Grande Oriente d’Italia, oggi è il “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, circuito massonico progressista collegato con le superlogge sovranazionali più avanzate, sul piano dell’impegno sociale democratico, come la “Thomas Paine”. Altra notizia: a quel circuito appartiene lo stresso Dylan, «massone ultra-progressista, oggi sceso in campo in prima persona perché il pericolo che stiamo correndo è veramente grande: il mondo rischia di non essere più lo stesso, se gli oligarchi avranno mano libera nel gestire l’emergenza Covid a modo loro».
    La sensazione è che l’attacco sferrato – l’imposizione del lockdown “cinese”, l’avvento della nuova polizia sanitaria – sia un riflesso di autodifesa, da parte di un’élite che teme di perdere il potere. Parlano da sole le clamorose diserzioni in atto, ai piani alti, tutte annunciate con largo anticipo proprio da Magaldi: Mario Draghi e Christine Lagarde hanno abbandonato il fronte reazionario (dominio finanziario, privatizzazioni) e oggi parlano un’altra lingua, insieme alla stessa dirigenza del Fmi, fino a ieri schierata dalla parte del rigore. «Fine dell’austerity», raccomandò Draghi, a marzo, sul “Financial Times”: se non si inonda l’economia di miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito, il nostro sistema produttivo crollerà. «Oggi, gli unici soldi veri che l’Italia sta ricevendo sono quelli della Bce assicurati dalla “sorella” Lagarde», sfidando i falchi tedeschi. E’ così l’importante, l’Italia? Eccome: «Ci crediate o meno, è il luogo in cui si combattono e si combatteranno alcune battaglie decisive per la democrazia e la libertà, per il futuro della globalizzazione», assicura Magaldi.
    Spiegazione: fuggita la Gran Bretagna, in Ue – a parte il Belpaese – restano solo due grandi player, Germania e Francia: ma i rigidi assetti politici di Berlino e Parigi non consentono margini di manovra. Che l’Italia fosse l’unico laboratorio possibile, per riformare la governance continentale, lo si era già visto nel 2018, col Parlamento nel caos dopo il voto: il boom dell’incognita 5 Stelle, il Pd umiliato tra le macerie del renzismo (riformatore solo a chiacchiere) e l’impennata della Lega, ad archiviare l’obsoleto centrodestra. Come sarebbe andata a finire lo si capì da subito: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare», proclamò l’eurocommissario tedesco Günther Oettinger, «massone reazionario», mentre lo spread saliva prontamente. Poteri forti: «Fu Bankitalia – dice Magaldi – a convincere Mattarella a negare il ministero dell’econonia a Paolo Savona, che era lì apposta per provare a cambiare le regole che ci penalizzano da decenni». Il resto è cronaca: lo stesso Salvini la buttò in caciara enfatizzando il problema-migranti, per nascondere il fallimento gialloverde. «Lui e Di Maio dovettero ingoiare il rospo: a loro, Bruxelles non concesse neppure un irrisorio incremento del deficit».
    Unico accenno di riforma, l’alleggerimento fiscale vagheggiato dal leghista Armando Siri, messo però fuori gioco da un semplice avviso di garanzia. «Salvini si arrese, staccando la spina». Elezioni? Macché: i 5 Stelle – pur di non perdere la poltrona – si aggrapparono al «partito di Bibbiano», abbracciando uno Zingaretti che, fino a tre giorni prima, giurava: «Mai, con quei populisti». Cambiarono i suonatori, ma non lo spartito: ancora e sempre rigore, vigilato dall’emissario di turno dei soliti poteri (Roberto Gualteri, Pd, forgiato dall’eterna tecnocrazia di Bruxelles). Obiettivo: tirare a campare, in un’Italia sempre più precaria e impoverita, senza nessuna speranza nell’unica svolta politico-economica ormai drammaticamente indispensabile: la rottamazione della grande bugia neoliberista, del debito pubblico come colpa nazionale. «Il “fratello” Draghi si è ricordato delle sue origini, citando il New Deal di Roosevelt: senza un massiccio intervento statale, l’economia frana nella spirale della crisi». E’ la lezione di Keynes, oggi rispolverata dal fronte massonico progressista che si oppone alle restrizioni catastrofiche imposte con l’alibi del Covid, tra le mille opacità della gestione italiana della pandemia più strana e più sospetta della storia. Un disastro, per gli italiani. Ma per “Giuseppi”, una grande occasione.
    Il piccolo, oscuro “avvocato del popolo” – mai sentito nominare da nessuno, prima del 2018 – si è trasformato di colpo in mini-dittatore, miracolato dal coronavirus proprio quando il suo governicchio incolore stava per cadere. «Conte ha sbagliato tutto quello che poteva: ha agito in ritardo nel creare zone rosse e ha permesso la grande “fuga” dalla Lombardia contaminata, poi ha chiuso gli italiani in casa facendo crollare l’economia e in più li ha lasciati senza aiuti: c’è ancora chi aspetta la cassa integrazione». Su che pianeta vive, il Conte che l’11 giugno si è stupito di essere accolto in piazza al grido di “buffone”? Ci tiene proprio, a replicare le gesta delle varie Maria Antonietta della storia? Non si era accorto, che l’esaperazione popolare sta per esplodere? Cattive notizie, per “Giuseppi”: un sondaggio di inizio giugno svela che è Mario Draghi l’italiano che oggi riscuote più fiducia. «Credo che a volte la storia sia sarcastica, ironica, beffarda», commenta Magaldi. «Il Conte che convoca gli Stati Generali, richiamando la Francia del ‘700, non sa che quell’assemblea portò direttamente alla rivoluzione contro chi l’aveva convocata?».
    «La storia dell’appello agli Stati Generali non andrà a finire bene nemmeno stavolta», dice Magaldi in web-streaming su YouTube. Una pessima suggestione storica: «Chi li aveva convocati nel 1789 credeva di poter manipolare il popolo, fingendo di concedere una consultazione vasta per il bene collettivo: in realtà si volevano propinare le solite ricette, che non concedevano significative riforme – economiche, politiche e sociali». La storia si ripete? «A un sempre più stralunato Giuseppe Conte (e ai suoi consigliori ancor più stralunati, tanto per le questioni comunicative che per quelle economiche e legislative), quella storia avrebbe dovuto consigliare di scegliersi un altro titolo, per questa convocazione», aggiunge Magaldi. «Ma credo ci sia una sorta di “cupio dissolvi”: ognuno persegue il proprio destino – e questo vale anche per Giuseppe Conte e i suoi, che avranno un destino di disfatta. Dunque, se ci sono gli Stati Generali, andranno a finire come nel caso della Rivoluzione Francese. E’ davvero uno scivolone clamoroso: significa quasi attribuirsi in partenza un esito catastrofico, come quello degli Stati Generali parigini».
    Magaldi annuncia un ultimatim che il Movimento Roosevelt presenterà a Conte entro una decina di giorni: «Faremo una proposta precisa, facile da attuare in tempi brevissimi, per ognuno degli attuali ministeri: c’è bisogno di sostenere gli italiani, subito, con azioni chiare e immediate». Precisa Magaldi: «Noi siamo laici, non “tribali”: non ci interessa chi fa le cose che servono, l’importante è che le faccia». Conte? «Deve liberarsi – testualmente – di tutte le pervicaci e rapaci cazzate che vengono anche dal piano Colao». Privatizzare quel che ancora ci resta: «Tutte storie già viste, stroncate molto bene da Giulio Sapelli, ottimo economista italiano che tiene alta la fiaccola keynesiana: Sapelli ha ricordato che le proposte di Colao assomigliano alle cose che si insegnano nelle scuole per manager, mal digerite e certamente poco adatte alla realtà concreta». Se il governo si libererà «dalle elaborazioni irrisorie che verranno da questi Stati Generali», tanto meglio: «Non ci sarà bisogno, il 5 ottobre, di scendere in piazza». Il problema è anche come affrontarla, la piazza: Magaldi sta creando la Milizia Rooseveltiana, qualcosa che in Italia non sè ancora visto.
    «Sarà un teatro nonviolento ma fermo, scomodo e inflessibile nel denunciare quello che non va e nel proporre soluzioni ragionevoli». Milzia? Ovvio il riferimento, autoironico, al fascismo delle origini, specularmente capovolto a partire dallo slogan: “Dubitare, disobbedire, osare”, anziché “Credere, obbedire e combattere”. «Mobilitare il popolo è un’operazione complicata, difficile: la maggior parte dei manifestanti sono irrisori, nelle loro dimostrazioni di piazza». Magaldi pensa ai Gilet Arancioni di Pappalardo: «I media li sfottono, come se ormai fosse una follia il solo fatto di protestare civilmente. Ma gli obiettivi che indicano – riforme costituzionali, uscita dall’Ue e dalla Nato – richiedono decenni, a prescindere da come li si giudichi». Sul fronte opposto, c’è l’increscioso modello-Sardine: «Molto rumore per nulla: proposte irrisorie se non pericolose per la democrazia, come la pretesa della censura sui social per i ministri». Magaldi ha le idee chiare: «Non è più tempo di analisi, ma neppure di manifestazioni inutili: si sfila e si intonano cori, ma non si porta a casa niente. Vedrete: finiranno nel nulla anche le manifestazioni contro Trump».
    Da dove deriva, Magaldi, le sue sicurezze? Ovvio, dalle informazioni riservate di cui dispone: il back-office del grande potere, che oggi è spaccato in due. Da una parte il “partito del lockdown” e della polizia sanitaria, dall’altra i partigiani della democrazia. Gli uni hanno usato il sistema-Cina per forzare la mano e deformare l’Occidente, mentre i loro avversari hanno investito sul più impensabile degli alleati – l’orco Donald Trump – per sfrattare dai piani alti i supermassoni “golpisti”, travestiti da democratici. Esempi? I Clinton: Bill ha relagato i pieni poteri a Wall Street, stracciando il Glass-Steagall Act (voluto da Roosevelt mezzo secolo prima) che impediva alla finanza speculativa di mettere in pericolo in risparmio privato. Quanto a Hillary, ha orchestrato le bolle di sapone dei vari Russiagate, obbedendo al “partito della guerra”. Di mezzo c’è stata la strategia della tensione planetaria gestita, secondo Magaldi, dalla superloggia “Hathor Pentalpha” creata dai Bush: roba loro, l’11 Settembre. Bottino: il saccheggio del Medio Oriente, grazie all’alibi del terrosismo islamico.
    «Osama Bin Laden – ricorda Magaldi – fu reclutato da Zbigniew Brezisinski in funzione antisovietica ai tempi dell’invasione dell’Afghanistan. Quello che pochi sanno – aggiunge l’autore di “Massoni” – è che Bin Laden fu iniziato alla superloggia “Three Eyes”, la stessa di Brzesinki e Kissinger». Poi i Bush lo dirottarono nella “Hathor”, «che più tardi affiliò anche Abu-Bakr Al Baghdadi, a cui venne dato il compito di mettere in piedi l’Isis, le stragi in Iraq e in Siria, i sanguinosi attentati in Europa». Fu lì, dice sempre Magaldi, che la piramide del potere occulto iniziò a incrinarsi: allo stesso saggio “Massoni”, forte di 6.000 pagine di documenti riservatissimi, hanno contribuito “grandi pentiti” del fronte oligharchico. Massonicamente, Magaldi li comprende: «Se sei consapevole del fatto che è stata la tua organizzazione, a fondare la modernità a colpi di rivoluzioni, un bel giorno puoi anche pensare di farne quello che vuoi, del mondo che hai fabbricato». Grave errore: «Noi progressisti li chiamiamo contro-iniziati: hanno tradito l’impegno massonico, che è per il bene di tutti, non di pochi. La loro è una filosofia: si sentono appartenenti a una sorta di “aristocrazia dello spirito”, si credono gli unici autorizzati a decidere i destini dell’umanità».
    Per questo, Magaldi li definisce neoaristocratici: «Vorrebbero ereditare il potere assoluto dell’aristocrazia di un tempo, che proprio i massoni abbatterono – in Francia, peraltro, anche con il contributo di elementi della stessa aristocrazia, e persino del clero: le logge del ‘700 erano davvero interclassiste». Discorsi che potrebbero sembrare lunari, non avessimo di fronte un tizio come “Giuseppi”, che qualcuno continua a scambiare per un politico dotato di un qualche spessore, e che ora s’è messo in testa di convocare a settembre gli Stati Generali, come quelli che nel 1789 scavarono la fossa alla corte di Parigi. Magaldi è drasticamente esplicito: «C’è un lavoro possente, condotto ai piani alti: aspettatevi di tutto, nelle prossime settimane». Qualcosa, a dire il vero, s’è già visto: in tempo di pace, non sarebbero mai circolate intercettazioni come quelle che imbarazzano Renzi (i servizi italiani utilizzati per fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate) e che travolgono il capo dell’Anm, Palamara, impegnato a trescare col Pd per tagliare le gambe a «quella merda di Salvini», in una palude maleodorante di favori. Ma il bello deve ancora arrivare, assicura Magaldi: crolleranno pezzi interi di establishment.
    La partita italiana ha rilievo mondiale, insiste Magaldi: solo da qui si può pensare di scardinare l’attuale euro-sistema, che lascia Conte in mutande e gli italiani in bolletta persino di fronte al Covid. «Il governo va incalzato con proposte che non potrà rifiutare: soluzioni ragionevoli, da attuare subito». Giorno per giorno, gli italiani vedono la reale dimensione del dramma: il Mes è un piccolo imbroglio, il Recovery Fund resta un miraggio. Serve qualcuno che, finalmente, prenda il toro per le corna e pretenda quello che ci spetta: miliardi, per uscire dal coma. E non solo: va sfidato, una volta per tutte, il regime bugiardo dell’austerity. Nessuna legge economica vita di metter mano a una super-spesa pubblica, in tempi di crisi. Occorre agire. Se non ora, quando? «Il 5 ottobre, se Conte non ci avrà ascoltato, scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana», annuncia Magaldi. «Le nostre idee devono camminare sulle baionette (nonviolente) della nostra capacità rivoluzionaria, pacifica e gandhiana, che però si esercita in piazza».
    «Occorre mobilitare sempre più persone, in modo costante e veemente, che gridino il loro “basta”. Persone accigliate, severe. Persone che non hanno più voglia di ridere, perché c’è poco da ridere. Questo è un momento gravissimo, per le sorti dell’umanità e del popolo italiano». Non è più tempo di blog e video su YouTube, di manifestazioni innocue e velleitarie, di analisi acute e controcorrente. «Il punto vero è che poi, queste cose, devono diventano azione (nonviolenta), perché solo nell’azione ci si unisce, e si diventa popolo sovrano». L’azione vera – scandisce Magaldi – è quella di chi dice, «di fronte al potere, al popolo e a quei giornalisti che hanno ancora la schiena diritta», quali sono le cose che si potrebbero fare in uno, due o tre mesi. «La soluzione, oggi, non è nell’infinita analisi e nell’infinito racconto: arriva un momento, che è quello dell’azione». Per inciso: mezzo mondo sta osservando l’Italia, che finora a subito ogni imposizione ma sta cominciando ad agitarsi. Gli Stati Generali a settembre? Brutta storia: per Conte e Colao finirà malissimo, profetizza Magaldi. A una condizione: che a scendere in campo, finalmente, siano gli italiani. Non bastano, le élite democratiche: serve il popolo, per rivoluzionare la governance. Per chi non l’avesse ancora capito: la sgangherata Italia è l’epicentro di questo terremoto mondiale.

    E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».

  • Sieni: Conte sfascia l’Italia, ma per svegliarci (è un piano)

    Scritto il 28/5/20 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    Thank you, “Giuseppi”. Impresentabile, inadeguato, semplicemente inguardabile: l’uomo sbagliato, nel posto sbagliato. Intempestivo nell’arginare il Covid, spietato nell’imporre il lockdown più disastroso d’Europa, impotente di fronte alla necessità di rianimare l’economia asfissiata dalle restrizioni. Lui, il becchino del Belpaese, resterà nella storia grazie alla sua impresa: aver sabotato il sistema-Italia in pochi mesi, come nemmeno Mario Monti, mostrando il lato peggiore del potere. Molle come il burro di fronte agli arcigni esattori dell’Ue, ma durissimo coi cittadini – fatti inseguire anche coi droni, in aperta campagna, durante le settimane di “coprifuoco”. Una catastrofe firmata Conte: aiuti scarsissimi e in ritardo, migliaia di aziende che non riapriranno, interi settori messi in ginocchio (il solo turismo vale il 15% del Pil). Parola d’ordine: arrangiarsi. Nessun vero piano d’emergenza per l’economia, solo le briciole potenzialmente usuraie del Mes. Il resto, chiacchiere. Cos’è, esattamente, Giuseppe Conte? Un virus messo in circolazione per stendere l’Italia al tappeto? Al contrario: è l’uomo che sta facendo un favore immenso alla nazione, rendendo evidente la dimensione dell’orrore. Attenti: lo sta facendo di proposito. E’ parte di un piano, che punta al risveglio generale. Un giorno, insomma, diremo grazie a “Giuseppi”: si è sacrificato, indossando i panni del cattivo, per svegliare chi dorme e suscitare una reazione che porti al riscatto nazionale.
    E’ la tesi – molto suggestiva – che un ricercatore indipendente come Alessandro Sieni rilancia, sulla pagina Facebook, interpretando i “drop” che provengono dalla controversa sigla Q-Anon: una classica “false flag” per alimentare speranze illusorie, del tipo “arrivano i nostri”, o un reale piano dell’intelligence militare Usa vicina a Trump per “liberare” l’Occidente da quei settori del Deep State (finanziari, mediatici, ora anche sanitari) che hanno ingabbiato l’opinione pubblica e la politica nel labirinto di un pensiero unico orwelliano e totalitario? Sieni crede alla seconda ipotesi: ne è assertore convintissimo. «L’endorsement di Trump a Conte (27 agosto 2019) non ha ancora subito variazioni», premette Sieni. Se dovesse essere ritirato, «ciò rappresenterà il passaggio alla fase successiva dell’operazione», cioè: «Caduta di Conte e di questo governo». Obiettivo: «Completare gli step in progressione del progetto di smantellamento del Deep State, continentale e internazionale». L’evento, aggiunge Sieni, sarebbe «deciso da Trump nei tempi e nei modi che egli riterrà più opportuni, per il time-ticking in corso». Visto però che l’appoggio a “Giuseppi” non è ancora stato ritirato, per ora il “compito” di Conte resta invariato. Ovvero: «Tracciare e marcare il nemico: renderlo visibile, esporlo, in tutte le sue forme e derivazioni, agganciandolo alla sua figura istituzionale».
    E’ questo, sostiene Sieni, che Conte sta facendo: «Fungere da “catalizzatore” di tutto il Deep State (trasversale) per fare in modo che sia completamente visibile da tutti, senza più alcun dubbio e in maniera irreversibile». Tutto ciò, «per fare in modo che nel momento in cui verrà abbattuto, insieme a Conte cada anche il nemico, che nel frattempo si era saldamente ancorato alla sua figura». In altre parole: si innescherà «una reazione a catena, preparata attraverso il dissenso ormai dilagante», che fungerà da “motore” «per il recupero e ricovero delle sovranità (legislativa e monetaria) di quella che tornerà a configurarsi come nazione». Per sintetizzare il ruolo del “grande attore” Giuseppe Conte, Sieni ricorre a una battuta di Lady Macbeth: “Prendi l’aspetto del fiore innocente, ma sii il serpente sotto di esso”. E spiega: come pensate si possa distruggere, alla radice, un sistema che da secoli ha infiltrato la nostra società, occupando tutti i media, le istituzioni e le nazioni? «Come si possono creare le premesse perché tutto il marcio che ha pervaso il nostro paese (e non solo) sia finalmente esposto, creando le premesse per una riscossa travolgente, che parta dal popolo in maniera definitiva e irreversibile?». Risposta: basta osservare il disastro che sta facendo Conte, e come i media lo stiano supportando.
    Lo fa perché “nemico del popolo”? Errore: agisce in questo modo «per aprire (consapevolmente) la strada ad un abbattimento di ciò che egli promulga, proprio da parte del popolo, ormai disgustato in modo palese da quello che accade». In altre parole, un gioco sofisticato: per abbattere il “regime” serve un enorme consenso, che si può ottenere in un solo modo: facendo di tutto per easasperare gli italiani. «È il vostro dissenso, la vostra rabbia, la vostra disillusione, che si vuole ottenere», scrive Sieni. «E come vedete, lo si sta ottenendo. Tutto questo è il carburante che servirà a far partire il motore per il ripristino della sovranità: non solo in Italia, ma in tutta Europa». Lascia sgibottiti, l’analisi di Sieni? Per certi aspetti ricorda quella offerta due mesi fa da Gioele Magaldi, riguardo alla provocazione di Christine Lagarde, autrice di una ruvidissima dichiarazione (non richiesta) sul ruolo della Bce: «Non spetta a noi calmare gli spread», disse, deludendo chi si aspettava acquisizioni-record di titoli, da parte della Banca Centrale Europea, per arginare la falla-Covid. «Missione compiuta», sottolinea Magaldi: «Se oggi l’Italia non è ancora crollata lo si deve esattamente al “quantitative easing” della Bce, innescato proprio grazie all’indignazione iniziale per la sortita (freddamente calcolata) della “sorella” Lagarde, transitata – come Draghi – tra le fila della massoneria sovranazionale progressista».
    Giochi sottili: se il lupo ringhia, è per sollecitare una reazione che lo sconfigga. Vale addirittura anche per Conte? Alessandro Sieni ne è sicurissimo: Conte, sostiene, si sta “sacrificando” (facendo disastri su disastri) per mettere in evidenza il mostruoso futuro, distopico e orwelliano, che ci attenderebbe, se la “Cabala del Covid” dovesse affermarsi in modo definitivo. Un incubo: impoverimento di massa e vessazioni sociali, con tracciatura “zootecnica” degli ex cittadini, trasformati in sudditi. Stando all’esegesi dei messaggi cifrati di Q-Anon, saremmo nel campo dell’eterogenesi dei fini: io, Giuseppe Conte, mi aspetto che prima o poi vi ribelliate, visto che quello a cui vi sto sottoponendo non è tollerabile. Un altro osservatore indipendente come Nicola Bizzi, editore e storico, fa notare l’importanza di eventi che stanno facendo tremare l’establishment: le soffiate sul ruolo dei servizi italiani sotto i governi Renzi e Gentiloni (avrebbero fabbricato prove false sul Russiagate, contro Trump, su richiesta di Obama) e il terremoto che sta sbriciolando la credibilità dell’Anm, pronta a usare la magistratura per piegare “quella merda di Salvini”, cioè il politico che (sia pure in modo confuso) aveva sventolato la bandiera della sovranità nazionale, invocando anche un regime fiscale meno asfissiante. Ebbene, ragiona Bizzi: da dove credete che provengano, le informazioni riservate che oggi imbarazzano 007 deviati e “toghe rosse”, minacciando di far crollare un intero sistema di connivenze?
    Nella sovragestione politica del coronavirus, lo psichiatra Alessandro Meluzzi vede l’anticamera dell’inferno: inutili vaccini imposti anche col Tso, e poi il “guinzaglio” definitivo del microchip sottopelle, per registrare ogni nostra mossa, ogni sospiro, ogni singolo acquisto. La “soluzione finale” degli oscuri scienziati del controllo sociale, o – al contrario – l’ultimo disperato attacco di un sistema che ora teme di veder crollare il suo potere? Parla da sola la polemica di Trump contro la Cina e l’Oms finanziata da Bill Gates, a sua volta legato all’iper-vaccinista Anthony Fauci. Dagli States, persino un solitario come Bob Dylan ha speso il suo prestigio per denunciare i “falsi profeti” travestiti da filantropi, che spacciano il vaccino come un regalo ma hanno in mente un piano di dominio pericolosamente totalitario. Sempre negli Usa, lo stesso Robert Kennedy Junior (figlio di Bob) denuncia i maneggi della premiata ditta Gates & Fauci, con la copertura dell’Oms. Su un altro piano – economico-finanziario – si muove invece Mario Draghi, protagonista di una spettacolare conversione: fino a ieri severo guardiano dell’austerity, e oggi tornato alle posizioni keynesiane della sua formazione giovanile.
    La tesi di Super-Mario: lo Stato deve poter finanziare l’economia in modo illimitato, altrimenti il capitalismo collassa. Tradotto: fine del potere (abusivo) della grande finanza speculativa, che in questi decenni ha sottomesso la politica e ridotto la stessa democrazia a pura ritualità, del tutto irrilevante nella governance del pianeta. La realtà è ormai sotto gli occhi di tutti: mentre i tre supremi fondi d’investimento (Vanguard, State Street e BlakRock) controllano l’intera economia planetaria, un paese come l’Italia – tuttora membro del G8 – non ha le risorse necessarie a impedire che la tragedia sanitaria del coronavirus si trasformi in una catastrofe sociale ed economica: un crollo del Pil come quello annunciato (-15%) produrrebbe, dai prossimi mesi, un’ecatombe di portata incalcolabile, destinata a travolgere la vita di tutti, anche dei “ciechi” che si credono al riparo solo perché, finora, il dramma li ha soltanto sfiorati. Come si può mettere fine a tutto questo? In un solo modo, secondo Alessandro Sieni: facendo esplodere la crisi in tutta la sua devastante visibilità, secondo un’accurata regia che utilizza settori “lealisti” dell’intelligence per minare il terreno e mettere in imbarazzo i gestori del sistema, a cominciare dai grandi media, che in Italia oscurano i numeri reali del disastro, negando l’evidenza in modo sistematico.
    Mentre crescono i fenomeni di insofferenza sociale, che secondo svariati osservatori potrebbero cominciare a creare seri problemi di ordine pubblico, il paese non si è ancora ribellato in modo frontale: per esempio, assiste al delirio di Nicola Zingaretti che si prepara a imporre il vaccino antinfluenzale nel Lazio (un suicidio sanitario, denunciato dai medici laziali: l’interferenza virale li esporrebbe al Covid, privando il Lazio del personale sanitario). Nessuna ribellione, per ora, neppure di fronte al Ministero della Verità istituito dal piddino Andrea Martella per “filtrare”, in modo sfrontato e dittatoriale, le notizie sul coronavirus. la censura si è fatta impudente: il guru televisivo Burioni chiede l’oscuramento di “ByoBlu”, il video-blog più seguito dagli italiani, mentre Google tarocca i suoi algoritmi per nascondere le voci scomode, e YouTube toglie dalla circolazione i video più imbarazzanti, quelli dei medici che sostengono che il governo Conte abbia fatto il contrario di quello che doveva fare, per proteggere i cittadini da una pandemia ingigantia oltremisura dal terrorismo psicologico gonfiato dai media mainstream. Siamo a un passo dall’inferno evocato da Meluzzi? Al contrario, sostiene Sieni: quello è l’inizio della fine, l’ultimo colpo di coda di un “regime” morente, la cui natura oppressiva è resa finalmente evidente proprio grazie ai “demenziali” decreti di Conte, che affossano il paese.
    Secondo Sieni, “The Plan” è «la prima grande operazione globale volta al risveglio di quello spirito critico che così tanto spaventa i malati detentori del cosiddetto “potere». In sintesi, quella in corso – sotto copertura – sarebbe «l’unica operazione di congiungimento della ragione al sentire e del sentire alla ragione che abbia mai attraversato questo mondo». Si tratterebbe di «un’operazione iniziata molti secoli fa, e che si è fatto credere fosse stata interrotta». Molti secoli fa? Viene in mente lo sconvolgente saggio “L’altra Europa”, scritto da Paolo Rumor, avvocato vicentino e nipote del più volte ministro e premier Mariano Rumor. La fonte: il memoriale del padre, Giacomo Rumor, a lungo collaboratore del Siv, il servizio segreto del Vaticano, a partire dalle manovre per dar vita all’Unione Europea, già durante la Seconda Guerra Mondiale. La rivelazione contenuta nelle carte di Rumor? Un’unica struttura di potere avrebbe dominato il pianeta in modo ininterrotto, usando la leva finanziaria per piegare Stati, nazioni, economie. Oggi, questo potere – travestito da medico – sarebbe il protagonista della “Cabala del Covid”: un piano totalitario. La buona notizia – dice Sieni – è che il piano fallirà: perché si è messa in moto una coalizione mondiale di forze, abilissime nel dissimulare il loro operato. Doppi e tripli giochi: di cui, giura Sieni, fa parte a pieno a titolo anche il volutamente disastroso “Giuseppi”, al quale – non a caso – Donald Trump non ha ancora ritirato il suo stranissimo endorsement.

    Thank you, “Giuseppi”. Impresentabile, inadeguato, semplicemente inguardabile: l’uomo sbagliato, nel posto sbagliato. Intempestivo nell’arginare il Covid, spietato nell’imporre il lockdown più disastroso d’Europa, impotente di fronte alla necessità di rianimare l’economia asfissiata dalle restrizioni. Lui, il becchino del Belpaese, resterà nella storia grazie alla sua impresa: aver sabotato il sistema-Italia in pochi mesi, come nemmeno Mario Monti, mostrando il lato peggiore del potere. Molle come il burro di fronte agli arcigni esattori dell’Ue, ma durissimo coi cittadini – fatti inseguire anche coi droni, in aperta campagna, durante le settimane di “coprifuoco”. Una catastrofe firmata Conte: aiuti scarsissimi e in ritardo, migliaia di aziende che non riapriranno, interi settori messi in ginocchio (il solo turismo vale il 15% del Pil). Parola d’ordine: arrangiarsi. Nessun vero piano d’emergenza per l’economia, solo le briciole potenzialmente usuraie del Mes. Il resto, chiacchiere. Cos’è, esattamente, Giuseppe Conte? Un virus messo in circolazione per stendere l’Italia al tappeto? Al contrario: è l’uomo che sta facendo un favore immenso alla nazione, rendendo evidente la dimensione dell’orrore. Attenti: lo sta facendo di proposito. E’ parte di un piano, che punta al risveglio generale. Un giorno, insomma, diremo grazie a “Giuseppi”: si è sacrificato, indossando i panni del cattivo, per svegliare chi dorme e suscitare una reazione che porti al riscatto nazionale.

  • Grimaldi: virus e dittatura sanitaria, il vero sogno dell’élite

    Scritto il 10/4/20 • nella Categoria: idee • (13)

    Non voglio dire che il Covid-19 sia il risultato di una pianificazione lucida e programmata, per quanto ci sarebbero elementi che lo farebbero pensare (perché c’è una storia di crimini programmati lucidamente, con provocazioni mondiali per raggiungere certi fini, a partire dall’11 settembre al Golfo del Tonchino). Non abbiamo la possibilità di dire al pubblico che c’è stato un criminale disegno. Però quando il coltello è capitato nelle mani di chi sa maneggiarlo, lo hanno sempre utilizzato per i propri scopi. Si dovrebbe parlare di un complotto che fa uso di un virus che sconvolga il mondo e che ridisegni l’assetto geopolitico nonché il quadro dei rapporti di classe. La storia ci dirà che questo coltello verrà utilizzato per degli scopi che si sono sempre ripromessi le élite, cioè arrivare ad un potere assoluto, totalitario. Ristabilire un nuovo paradigma sociale, che veda una riduzione dell’autonomia dell’autodeterminazione da parte delle masse, e una concentrazione di potere e di ricchezza al vertice. Al vertice vediamo nuovi protagonisti, tutti quelli che hanno il controllo della salute come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i medici, i ricercatori. Una categoria laica che sta scalando le posizioni del potere e del prestigio prendendo il posto della Chiesa, che si è sempre data per fine il controllo su vita, salute e morte delle persone.

  • Gli anarchici: Covid, l’infame bancarotta del sistema-Italia

    Scritto il 01/4/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Di fronte a questa crisi, Stato e capitale stanno mostrando, con un’evidenza mai raggiunta prima, tutti i propri enormi limiti e la loro strutturale incapacità di tenere conto delle necessità e della salute delle persone. In Italia, le scelte politiche dei governi hanno costantemente tagliato la sanità pubblica (più che pubblica, statale). Parte delle poche risorse è stata dirottata verso la sanità privata, anche durante l’emergenza attuale. La contemporanea “regionalizzazione”, secondo un modello aziendalista-capitalista, ha poi reso questo servizio, che in teoria dovrebbe essere di carattere universale, fortemente differenziato tra regione e regione, tra regioni ricche e regioni povere. I pazienti sono diventati clienti e le cure prestazioni d’opera monetizzate in un quadro generale di competizione e profitto. Questa impostazione del servizio sanitario svela in questo momento drammatico il suo vero volto lasciandoci tutti in balìa della sua filosofia che non è certo quella della pietà umana e del riconoscimento dell’altro come un nostro simile bensì quella del calcolo delle esigenze materiali minime per il massimo profitto che si traducono ora nella carenza di strutture attrezzate, di personale assunto, di materiale di consumo nei magazzini.
    Il risultato è che i sempre più risicati fondi e il sempre più ridotto personale, già sfruttato al limite nell’ordinario, non lasciano margini per le situazioni di emergenza. Salvo poi ammettere che i posti in terapia intensiva si stanno esaurendo, il personale scarseggia, i respiratori non ci sono e sarà necessario effettuare delle scelte su chi curare. E tutto questo quando lo Stato sborsa senza batter ciglio 70 milioni di euro al giorno per spese militari. Con i 70 milioni spesi in uno solo dei 366 giorni di quest’anno bisestile si potrebbero costruire ed attrezzare sei nuovi ospedali e resterebbe qualche spicciolo per mascherine, laboratori di analisi, tamponi per fare un vero screening. Un respiratore costa 4.000 mila euro: quindi si potrebbero comprare 17.500 respiratori al giorno, molti di più di quelli che servirebbero ora. Abbiamo assistito in queste settimane a una totale cialtroneria del ceto politico nell’affrontare l’emergenza, con esponenti di tutte le aree che hanno affermato tutto e il contrario di tutto, invocando la chiusura e l’apertura a seconda di ciò che invocava l’avversario. Abbiamo visto il governo impugnare la chiusura delle scuole marchigiane salvo poi chiudere tutto il paese pochi giorni dopo, abbiamo visto opportunismi ributtanti e ora assistiamo alla retorica del “ce la faremo”.
    Se ce la faremo, non sarà certo grazie ai governi nazionale e regionali. Non sarà certo grazie alla massiccia militarizzazione di città e confini. Non sarà certo grazie alle imprese, che tramite Confindustria hanno gettato la maschera scegliendo esplicitamente il profitto. Lo hanno dichiarato in modo chiaro e netto, senza giri di parole, senza vergogna: non chiudiamo, la produzione deve andare avanti. Questo ha portato a scioperi spontanei in molte aziende, con le centrali sindacali a inseguire le lotte dei lavoratori che non hanno voluto cedere supinamente alle pretese padronali. L’inseguimento dei sindacati di regime ha raggiunto il traguardo del ridicolo protocollo siglato il 14 marzo, contenente solo obblighi per i lavoratori e solo raccomandazioni per le imprese. Questo disgustoso cinismo, questa fame di profitto unita al disprezzo per la salute di chi lavora, proprio perché espressi in un momento così eccezionale, non devono passare e lor signori ne devono rendere conto. Questa crisi la sta pagando soprattutto chi lavora in sanità ed è sotto la pressione continua di turni massacranti e dei crescenti casi di contagio e di morti fra il personale stesso.
    Nessun media mainstream ha ripreso la denuncia degli avvocati dell’associazione infermieri, un’istituzione che non ha nulla di sovversivo. Nella narrazione dominante infermiere ed infermieri sono descritti come eroi, purché si ammalino e muoiano in silenzio, senza raccontare quello che succede negli ospedali. Gli infermieri che raccontano la verità sono minacciati di licenziamento. A quelli che vengono contagiati non viene riconosciuto l’infortunio, perché l’azienda ospedaliera non sia obbligata a pagare indennizzi a chi si trova ogni giorno a lavorare senza protezioni o con protezioni del tutto insufficienti. Questa crisi la sta pagando chi ha un lavoro saltuario o precario, al momento senza reddito e senza nessuna certezza di riavere il lavoro a epidemia conclusa. La sta pagando chi si trova a casa in telelavoro a dover conciliare una presenza casalinga spesso molto complessa con bambini o persone da accudire e contemporanei obblighi produttivi. La sta pagando chi è costretto ad andare nel proprio luogo di lavoro senza nessuna garanzia per la salute. La sta pagando chi è povero, senza casa, chi sopravvive per strada o in un campo nomadi.
    La stanno pagando i lavoratori e le lavoratrici che hanno fatto scioperi spontanei contro il rischio di contagio e sono stati a loro volta denunciati per aver violato gli editti del governo, perché manifestavano in strada per la loro salute. La stanno pagando i reclusi nelle carceri dello Stato democratico che hanno dato vita a rivolte in 30 prigioni in difesa della propria salute. Durante le rivolte ci sono stati quattordici morti. Quattordici persone che – ci raccontano – sarebbero morte tutte per overdose da farmaci auto indotta. Quattordici persone sottomesse alla responsabilità di un sistema a cui forse non è parso vero di poter applicare con pugno di ferro altre misure di contenimento, non tanto dell’infezione ma dei carcerati stessi. In una situazione esplosiva a causa delle condizioni già ai limiti dell’umano che da anni – in modo strutturale e non eccezionale – si vivono all’interno delle carceri il governo ha pensato bene di bloccare ogni visita senza prendere misure efficaci a tutela della salute dei carcerati.
    Purtroppo sappiamo bene che una volta conclusa e superata questa fase di emergenza saranno sempre le stesse persone a rimetterci in termini di impoverimento e di ulteriore sfruttamento. Perché anche se nessuno di noi ha la sfera di cristallo, si può già prevedere che useranno la scusa della “ripresa”, del “risanamento economico”, del “superamento della crisi”, per comprimere sempre di più gli spazi di lotta nei posti di lavoro e le libertà civili e politiche. Non sarà certo una sorpresa se la retorica della “responsabilità” sarà utilizzata per affinare ulteriormente i dispositivi disciplinari e di controllo sociale, per limitare ancor di più la libertà di movimento, per limitare ancor di più la libertà di scioperare e manifestare, che ora è di fatto sospesa. Già adesso il numero dei denunciati per la violazione dei decreti supera quello dei contagiati. Su questo saremo chiamati a vigilare e agire senza tentennamenti. Siamo solidali con tutti coloro che in questo momento stanno rischiando la propria vita per salvarne altre, con tutto il personale in servizio negli ospedali, con chi lavora e sciopera per garantire condizioni di sicurezza per sé per gli altri, con tutti coloro che non possono permettersi di #restareacasa perchè una casa non ce l’hanno.
    Siamo solidali con chi ha paura perché teme per sé e per i propri cari. Siamo solidali con tutti coloro che si sono ammalati e sono stati strappati da casa senza poter avere contatti con i propri cari a causa dell’assenza di dispositivi di protezione, siamo solidali con tutti coloro che stanno morendo con cure palliative per l’assenza di strutture di emergenza adeguate e lo siamo anche con chi ha dovuto prendere delle decisioni in merito alle vite altrui su chi intubare e chi no nel disperato tentativo di ridurre il danno al minimo quando il danno è comunque certo. Non ci dimenticheremo di chi è la responsabilità di quello che accade oggi: è dei governi e degli Stati che hanno sacrificato la salute di noi tutti scegliendo il profitto, la guerra e il rafforzamento del loro potere. Ma non si illudano: le lotte non andranno in quarantena.
    (”Coronavirus ed emergenza: non ci dimentichiamo da quale parte della barricata siamo”, dichiarazione della Commissione di Corrispondenza della Fai, Federazione Anarchica Italiana, pubblicata su “Umanità Nova” il 20 marzo 2020).

    Di fronte a questa crisi, Stato e capitale stanno mostrando, con un’evidenza mai raggiunta prima, tutti i propri enormi limiti e la loro strutturale incapacità di tenere conto delle necessità e della salute delle persone. In Italia, le scelte politiche dei governi hanno costantemente tagliato la sanità pubblica (più che pubblica, statale). Parte delle poche risorse è stata dirottata verso la sanità privata, anche durante l’emergenza attuale. La contemporanea “regionalizzazione”, secondo un modello aziendalista-capitalista, ha poi reso questo servizio, che in teoria dovrebbe essere di carattere universale, fortemente differenziato tra regione e regione, tra regioni ricche e regioni povere. I pazienti sono diventati clienti e le cure prestazioni d’opera monetizzate in un quadro generale di competizione e profitto. Questa impostazione del servizio sanitario svela in questo momento drammatico il suo vero volto lasciandoci tutti in balìa della sua filosofia che non è certo quella della pietà umana e del riconoscimento dell’altro come un nostro simile bensì quella del calcolo delle esigenze materiali minime per il massimo profitto che si traducono ora nella carenza di strutture attrezzate, di personale assunto, di materiale di consumo nei magazzini.

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