Archivio del Tag ‘kebab’
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La lotteria dell’universo e i numeri sbagliati del pianeta
La verità. La verità è che siamo fuori di qualche trilione. Lo so, ammise il supremo contabile; ma il problema, come sempre, è politico. Occorre ben altro che il pallottoliere: servono narrazioni, e il guaio è che i narratori ormai scarseggiano. Il Supremo aveva superato i sessant’anni ed era cresciuto al riparo dei migliori istituti, poi l’avevano messo alla prova per vedere se sarebbe stato capace di premere il pulsante. Intuì che premere il pulsante era l’unico modo per restare a bordo, e lo premette. Quando poi vide la reale dimensione del dramma, ormai era tardi: c’erano altri pulsanti, da far premere ad altri esordienti. Si fece portare un caffè lungo, senza zucchero, e provò il desiderio selvaggio di tornare bambino. Rivide un prato senza fine, gremito di sorrisi e volti amici, tutte persone innocue. Devo proprio aver sbagliato mondo, concluse, tornando alla sua contabilità infernale.Il messia. Alla mia destra, aveva detto, e alla mia sinistra. Sedevano a tavola, semplicemente. Avevano sprecato un sacco di tempo in chiacchiere inconcludenti, e lo sapevano. Con colpevole ritardo, dopo inenarrabili vicissitudini dai risvolti turpemente malavitosi, si erano infine rimessi al nuovo sire, l’inviato dall’alto. Familiarmente, tra loro, lo chiamavano messia, essendo certi che avrebbe fatto miracoli e rimesso le cose al loro posto, ma non osavano consentirsi confidenze di sorta: ne avevano un timoroso rispetto. Quell’uomo incuteva soggezione, designato com’era dal massimo potere superiore. Non restava che ascoltarlo, in composto silenzio, assecondandolo in tutto e sopportandone la postura da tartufo. La sua grottesca affettazione si trasformava inevitabilmente, per i servi, in squisita eleganza. Gareggiavano, i sudditi, in arte adulatoria. Stili retorici differenti, a tratti, permettevano ancora di distinguere i servitori seduti a destra da quelli accomodati a sinistra.Tungsteno. L’isoletta era prospera e felice, o almeno così piaceva ripetere al governatore, sempre un po’ duro d’orecchi con chi osava avanzare pretese impudenti, specie in materia di politica economica, magari predicando la necessità di sani investimenti in campo agricolo. Il popolo si sentì magnificare le virtù del nuovo super-caccia al tungsteno, ideale per la difesa aerea. Ma noi non abbiamo nemici, protestarono. Errore: potremmo sempre scoprirne. Il dibattito si trascinò per mesi. I contadini volevano reti irrigue, agronomi, serre sperimentali, esperti universitari in grado di rimediare alle periodiche siccità. Una mattina il cielo si annuvolò e i coloni esultarono. Pioverà, concluse il governatore, firmando un pezzo di carta che indebitava l’isola per trent’anni, giusto il prezzo di un’intera squadriglia di super-caccia al tungsteno.Stiamo pensando. Stiamo pensando alla situazione nella sua inevitabile complessità, alle sue cause, alle incidenze coincidenti ma nient’affatto scontate. Stiamo pensando a come affrontare una volta per tutte la grana del famosissimo debito pubblico, voi capite, il debito pubblico che è come la mafia, la camorra, l’evasione fiscale, l’Ebola, gli striscioni razzisti negli stadi, la rissa sui dividendi della grande fabbrica scappata oltremare, l’abrogazione di tutto l’abrogabile. Perché abbiamo perso? Stiamo pensando a come non perdere sempre, a come non farvi perdere sempre. Stiamo pensando, compagni. E, in confidenza, di tutte queste problematiche così immense, così universali, così globalmente complicate, be’, diciamocelo: non ne veniamo mai a capo. Il fatto è che non capiamo, compagni. Non capiamo mai niente. Ma, questa è la novità, ci siamo finalmente ragionando su. Stiamo pensando. Una friggitoria di meningi – non lo sentite, l’odore?Unni. Scrosciarono elezioni, ma il personale di controllo era scadente e il grande mago cominciò a preoccuparsi, dato che i replicanti selezionati non erano esattamente del modello previsto. Lo confermavano a reti unificate gli strilli dei telegiornali, allarmati anche loro dall’invasione degli Unni. Non si capiva quanto fossero sinceri i loro slogan, quanto pericolosi. Provò il dominus ad armeggiare con i soliti tasti, deformando gli indici borsistici, ma non era più nemmeno certo che il trucco funzionasse per l’eternità. Vide un codazzo di Bentley avvicinarsi alla reggia e si sentì come Stalin accerchiato dai suoi fidi, nei giorni in cui i carri di Hitler minacciavano Mosca. Ripensò ai tempi d’oro, quando gli asini volavano e persino gli arcangeli facevano la fila, senza protestare, per l’ultimissimo iPhone.(Estratto da “La lotteria dell’universo”, di Giorgio Cattaneo. “Siamo in guerra, anche se non si sentono spari. Nessuno sa più quello che sta succedendo, ma tutti credono ancora di saperlo: e vivono come in tempo di pace, limitandosi a scavalcare macerie. Fotogrammi: 144 pillole narrative descrivono quello che ha l’aria di essere l’inesorabile disfacimento di una civiltà”. Il libro: Giorgio Cattaneo, “La lotteria dell’universo”, Youcanprint, 148 pagine, 12 euro).La verità. La verità è che siamo fuori di qualche trilione. Lo so, ammise il supremo contabile; ma il problema, come sempre, è politico. Occorre ben altro che il pallottoliere: servono narrazioni, e il guaio è che i narratori ormai scarseggiano. Il Supremo aveva superato i sessant’anni ed era cresciuto al riparo dei migliori istituti, poi l’avevano messo alla prova per vedere se sarebbe stato capace di premere il pulsante. Intuì che premere il pulsante era l’unico modo per restare a bordo, e lo premette. Quando poi vide la reale dimensione del dramma, ormai era tardi: c’erano altri pulsanti, da far premere ad altri esordienti. Si fece portare un caffè lungo, senza zucchero, e provò il desiderio selvaggio di tornare bambino. Rivide un prato senza fine, gremito di sorrisi e volti amici, tutte persone innocue. Devo proprio aver sbagliato mondo, concluse, tornando alla sua contabilità infernale.
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Ex avvocato, ora lavapiatti. E chiudono 50 aziende al giorno
Renzi ha appena ieri fatto una dichiarazione delle sue, una di quelle trovate geniali che lo caratterizzano (come quella famosa, secondo cui l’Italia è più ricca perché sono aumentati i risparmi dei depositi in banca, trascurando il non lieve particolare che sono aumentati i depositi, sì, ma di coloro che guadagnano cifre sopra al milione di reddito, e in questi “depositi a risparmio” devono essere considerati anche i depositi effettuati dai multimilionari). La notiziona è che ci sono 415.000 posti di lavoro in più; un’impresa epica, perché è pari alla metà di quel milione di posti di lavoro che promise Berlusconi, e per cui costui fu criticato e preso in giro da tutti. Pensate un po’ che meraviglia. Berlusconi promise un milione di posti di lavoro, senza mantenere la promessa. Renzi, senza aver fatto analoghe promesse, ha realizzato la metà del risultato, senza particolare sforzo.Che ci siano 415.000 lavoratori in più è senz’altro vero. Infatti, considerato che dai dati forniti da “Il Sole 24 Ore”, e di quelli che ci danno le varie categorie professionali, risulta che il reddito medio delle categorie dei professionisti (avvocati, notai, ingegneri, geometri, consulenti del lavoro e commercialisti, psicologi) è diminuito del 50% dal 2008 ad oggi.Nel 2012 sono 9.000 i professionisti che si sono cancellati dall’albo ed erano 6.000 i cassaintegrati dipendenti di studi professionali; nel 2013 e 2014 sono aumentati ancora, e nel 2015 i dati non sono definitivi ma, solo nella categoria professionale degli avvocati, a giugno 2015 se ne erano cancellati 4.000 (quindi presumibilmente ad oggi saranno circa il doppio). Va ancora peggio il settore imprenditoriale; nel Veneto si registrano migliaia di chiusure all’anno, in tutta Italia falliscono circa 50 imprese al giorno, quindi a fine anno saranno circa 30.000 le aziende che avranno chiuso i battenti.In altre parole. Si, è vero che ci sono 415.000 posti di lavoro in più. Ma perchè, tra imprese fallite e professionisti che hanno chiuso l’attività, molti si sono ridotti a fare gli impiegati nei call center, o a diventare rappresentanti di prodotti con pagamento a percentuale, o perchè hanno stipulato contratti di lavoro determinato per 15/20 giorni. Considerando che nel numero dei nuovi occupati ci sono anche i contratti a tempo, voglio fare un esempio personale: mi sono cancellato dall’albo degli avvocati nel 2014, quindi rientro in quei 9.000 professionisti in meno; in compenso quest’estate ho lavorato 15 giorni come lavapiatti nel ristorante di una mia amica, che mi ha fatto un regolare contratto di assunzione. Quindi risulto tra i 415.000 nuovi posti di lavoro del 2015, per quei quindici di lavoro nel ristorante. E se fossi stato assunto per due volte in due posti diversi risulterei ben due volte nella statistica.A me questa cosa non sembra proprio corretta e mi piacerebbe essere tirato fuori dal numero dei nuovi contratti di lavoro. Idem per quel mio amico che, invece, è stato assunto per 15 giorni come guardia privata presso un’abitazione. E un altro ha fatto ben due giorni di lavoro come falegname ad una festa di paese per montare il palco, anche lui con regolare contratto di due giorni. Un altro mio collega, anche lui cancellato dall’albo degli avvocati, prenderà invece la somma di 50 euro al giorno per fare il Babbo Natale in un centro commerciale, anche lui con regolare contratto di lavoro. Invece un mio compagno dei tempi dell’università, detto Black and Decker, che non si è mai laureato, fa il gigolò e guadagna molto di più di quanto guadagnavo io ai tempi d’oro della mia professione. Ah, ma mentre scrivo rifletto che purtroppo lui non fa statistica, perché il suo è tutto guadagno in nero.Ecco… mettiamola così: il calcolo esatto io non so farlo, però direi che da una sommaria statistica in mio possesso i posti di lavoro non sono proprio 415.000 ma al massimo 414.996.Al di là di questo piccolo aggiustamento alla statistica, che certamente non inficia il dato positivo delineato da Renzi, il quadro è comunque positivo (è infatti sempre Renzi che ha detto: «Ma non preoccupiamoci troppo dei dati… 0.8, 0.7, 0.6, non è tanto quello che conta… l’importante è che il segnale positivo c’è»). Direi che saremo però vicini ai tempi di una ripresa definitiva, appena gli evasori totali, come il mio amico Black and Decker, verranno scovati e consegnati finalmente alla giustizia. Qualche giorno fa, uscendo di casa, sono andato prima in lavanderia e poi a comprare una bombola di gas; la lavanderia aveva chiuso, e il consorzio agrario pure (pare con un fallimento di qualche milione di euro); andando a lavorare ad Ancona, quest’anno, come tutti gli anni mi sono recato nella pizzeria dove andavo a mangiare di solito: chiusa. Idem per il negozio di kebab che era l’altro mio luogo preferito: chiuso anche lui. Ieri Stefania è uscita di casa e ha trovato il cartello “chiuso” sul bar storico del paese in cui vive; un bar aperto da decenni. State sereni. L’Italia riparte e avanti tutta!!!(Paolo Franceschetti, “I nuovi posti di lavoro non sono 415.000 ma 414.996”, dal blog di Franceschetti del 12 dicembre 2015).Renzi ha appena ieri fatto una dichiarazione delle sue, una di quelle trovate geniali che lo caratterizzano (come quella famosa, secondo cui l’Italia è più ricca perché sono aumentati i risparmi dei depositi in banca, trascurando il non lieve particolare che sono aumentati i depositi, sì, ma di coloro che guadagnano cifre sopra al milione di reddito, e in questi “depositi a risparmio” devono essere considerati anche i depositi effettuati dai multimilionari). La notiziona è che ci sono 415.000 posti di lavoro in più; un’impresa epica, perché è pari alla metà di quel milione di posti di lavoro che promise Berlusconi, e per cui costui fu criticato e preso in giro da tutti. Pensate un po’ che meraviglia. Berlusconi promise un milione di posti di lavoro, senza mantenere la promessa. Renzi, senza aver fatto analoghe promesse, ha realizzato la metà del risultato, senza particolare sforzo.
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Barbera, menta e kebab: nel cuore meticcio di Torino
Dal Cottolengo all’ex cimitero di San Pietro in Vincoli, dal Balôn all’Arsenale della Pace, dal Ponte Mosca sulla Dora Riparia alla chiesa di San Gioacchino fino a piazza della Repubblica, grande cuore multietnico di Porta Palazzo. Si chiama “Barbera, menta e kebab” l’ultima formula, tutta torinese, per esplorare il “ventre” profondo, arabo e africano, della città: otto itinerari guidati, attraverso Borgo Dora e il Balôn, promossi dall’Ecomuseo Urbano della settima Circoscrizione, con l’animazione del Teatro della Caduta.
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Diario: nella casbah di Torino, per vincere la paura
Paura degli immigrati? Niente di meglio, per vincerla, che traslocare «nella tana del lupo», ovvero il quartiere di Porta Palazzo, a Torino, dove in pochi isolati convivono 55 etnie, attorno al più grande mercato multietnico d’Europa. E dove, nei vicoli dietro le bancarelle, territorio delle baby-gang, prospera il maggiore supermarket piemontese della droga. Un anno all’inferno, tra scippi e violenze, risse e rapine quotidiane. Per poi scoprire che, a distanza ravvicinata e prese le dovute cautele, Porta Palazzo «è una gran confusione di genti e di cose, di esasperazioni e di speranze». Non proprio un paradiso, ma uno spettacolo: di colori, lingue, profumi, voci e storie.