Archivio del Tag ‘Larry Ellison’
-
Gli 8 super-miliardari? Dei poveretti, confronto ai Rothschild
Gli 8 super-ricchi della Terra? Poveracci, in confronto ai Rotschild. I media, è vero, hanno strombazzato la ricerca di Oxfam International, da cui risulta che la ricchezza degli 8 principali miliardari supera quella della metà povera della popolazione mondiale, 3,6 miliardi di individui. Al vertice dei “magnifici otto” c’è Bill Gates, il patron della Microsoft, con 75 miliardi di dollari. Poi lo spagnolo Amancio Ortega, della catena di abbigliamento Zara, con 67 miliardi. Quindi il finanziere Warren Buffett (60,8 miliardi) e il messicano Carlos Slim Helu, che ha messo insieme 50 miliardi con telefonia e finanza, tabacco e petrolio. Al quinto posto figura Jeff Bezos di Amazon (45,2 miliardi), seguito da Mark Zuckerberg, a cui Facebook ha fruttato 44,6 miliardi. Chiudono la lista un altro Re Mida del digitale come Larry Ellison di Oracle, con 43,6 miliardi, e un campione di Wall Street come Michael Bloomberg, coi suoi 40 miliardi. Sommate insieme, le loro ricchezze valgono 426,2 miliardi di dollari. Ma la vera notizia riguarda appunto i famosissimi, leggendari e vituperati Rotschild, da sempre in cima a tutte le classifiche della letteratura complottista. Loro sarebbero ben più ricchi: con un patrimonio cinque volte più grande di quelli dei “magnifici otto” messi assieme, cioè pari a 2 trilioni, duemila miliardi di dollari.Naturalmente, scrive Maurizio Blondet nel suo blog, è ovvio che nel novero dei primi otto non compaia il nome Rotschild. Per varie ragioni: «Qui non abbiamo a che fare con persone fisiche, ma con una dinastia, i cui membri presiedono a fiduciarie private a capitale fisso – niente società per azioni (scalabili), ma solo aziende familiari, accuratamente sottratte ai mercati finanziari “goyim”», cioè non-ebrei, «e partecipazioni incrociate». Insomma, quella dei Rotschild sarebbe ancora «la struttura instaurata dal capostipite del 18mo secolo, Mayer Amschel Rotschild». Basato in Germania, l’augusto antenato sparse i suoi cinque figli nelle diverse capitali europee, ciascuno munito di capitale e conoscenze per aprirvi una banca d’affari: Parigi e Francoforte, Londra, Vienna e Napoli (che allora era la capitale di uno degli Stati dalle finanze più prospere). «E’ stata dunque la prima multinazionale del credito, che profittò delle guerre europee scatenate dalla Rivoluzione giacobina e da Napoleone. Prestando agli Stati che la guerra indebitava (tipicamente, all’impero austro-ungarico e a quello britannico), da cui accettava titoli e buoni del Tesoro, e cogliendo tutte le buone occasioni per prendere il controllo finanziario delle più diverse industrie, a corto di liquidità».Il figlio che ebbe maggior successo, continua Blondet, fu quello che si stabilì a Londra, Nathan Meyer Rotschild: sposò Hanna Barent Cohen, da cui ebbe 7 figli e una cospicua dote finanziaria. «Nel 1811, durante le guerre napoleoniche, finanziò di fatto lo sforzo bellico britannico quasi da solo – senza trascurare di finanziare in segreto anche il Bonaparte». Il 18 luglio 1815, aggiunge Blondet, fu un corriere della Rothschild & Sons a informare il governo britannico che a Waterloo le cose si mettevano male per Napoleone: «Il governo non ci credette, e allora Nathan stette al gioco: si mise a svendere titoli del debito inglese, come se sapesse che presto sarebbero stati carta straccia. Gli altri ricchi inglesi, nel panico, lo imitarono, e la Borsa collassò». Mani anonime (agenti dei Rotschild) avevano già fatto incetta di titoli a prezzi da liquidazione: così, quando arrivò la notizia che a Waterloo Napoleone aveva davvero perso, «Nathan era il padrone della London Stock Exchange». La notizia pazzesca, dice sempre Blondet, è che, ancora nel 2015, il Regno Unito stava restituendo a rate i capitali ottenuti in prestito dai Rotschild nell’800.«Oggi, le ricchezze della dinastia restano inimmaginabili», sostiene Blondet. «Riesce in gran parte a dissimularle con il metodo delle ditte non quotate, dove non si pubblicano bilanci, dove lavorano e sono impiegati direttamente i membri della famiglia», con «matrimoni fra consanguinei ed eredi che continuano a collaborare strettamente». Va da sé che, «da due secoli, non è mai apparso alla luce un litigio fra i parenti, che abbia prodotto un frazionamento di ricchezze, capitali e imprese: non a caso il motto della famiglia, sotto lo scudo rosso, è (in latino) “Concordia, Integritas, Industria”». Oltre alla finanziaria N.M. Rotschild & Son di Londra e all’Edmond de Rotschild Group in Svizzera, la dinastia «ha incalcolabili partecipazioni in istituti di credito, nel settore immobiliare, minerario ed energetico». Quanto ai vigneti che l’uno o l’altro membro della famiglia ha in Francia, in Sudafrica, in California e in Australia, be’, «sono attività da tempo libero».Parlare dei Rotschild, però, non è mai semplice. Le loro partecipazioni che contano, in termini di investimenti globali, non sono affatto visibili. «Non è chiaro se i Rotschild siano oggi quello che fu la ditta di Nathan, che divenne praticamente il banchiere centrale d’Europa, coprendo debiti pubblici e salvando banche nazionali, ma anche finanziando infrastrutture pubbliche durante la rivoluzione industriale». Sicché, ammette Blondet, non si può valutare se dice il vero il sito “Investopedia”, che ha provato a fare una valutazione approssimativa, decretando (senza specificare i cespiti e le attività) che la ricchezza controllata dalla dinastia ammonterebbe a 2 trilioni di dollari. Una fortuna immensa, maturata però attraverso secoli, benché connessa alla famigerata creazione bancaria di denaro e debito. Quello dei baby-miliardari di oggi, in fondo, è un boom assai più strabiliante: Facebook è nato solo nel 2004.Gli 8 super-ricchi della Terra? Poveracci, in confronto ai Rothschild. I media, è vero, hanno strombazzato la ricerca di Oxfam International, da cui risulta che la ricchezza degli 8 principali miliardari supera quella della metà povera della popolazione mondiale, 3,6 miliardi di individui. Al vertice dei “magnifici otto” c’è Bill Gates, il patron della Microsoft, con 75 miliardi di dollari. Poi lo spagnolo Amancio Ortega, della catena di abbigliamento Zara, con 67 miliardi. Quindi il finanziere Warren Buffett (60,8 miliardi) e il messicano Carlos Slim Helu, che ha messo insieme 50 miliardi con telefonia e finanza, tabacco e petrolio. Al quinto posto figura Jeff Bezos di Amazon (45,2 miliardi), seguito da Mark Zuckerberg, a cui Facebook ha fruttato 44,6 miliardi. Chiudono la lista un altro Re Mida del digitale come Larry Ellison di Oracle, con 43,6 miliardi, e un campione di Wall Street come Michael Bloomberg, coi suoi 40 miliardi. Sommate insieme, le loro ricchezze valgono 426,2 miliardi di dollari. Ma la vera notizia riguarda appunto i famosissimi, leggendari e vituperati Rothschild, da sempre in cima a tutte le classifiche della letteratura complottista. Loro sarebbero ben più ricchi: con un patrimonio cinque volte più grande di quelli dei “magnifici otto” messi assieme, cioè pari a 2 trilioni, duemila miliardi di dollari.
-
Sbrighiamoci a morire, l’immortalità è solo per loro
Confondere il corpo umano con la merce, oltre che un orrore, può rivelarsi una dolorosa illusione. Eppure non può passare inosservata la notizia diffusa da alcuni media statunitensi come “Newsweek” o “Bloomberg”, secondo cui i miliardari stanno mettendo fretta e milioni di dollari alla ricerca della vita semi-eterna. Per loro, ovviamente. Bill Maris, manager di Google Ventures, ha ricevuto l’incarico di investire ben 425 milioni di dollari per finanziare studi contro l’invecchiamento, mentre Larry Elison, big boss di Oracle, considera “incomprensibile” la nozione della propria fine. Peter Thiel, patron del sistema di pagamenti PayPal, ha stanziato 3,5 milioni di dollari ad una fondazione privata per un progetto di riparazione e rigenerazione delle cellule. Dalle nostre parti il pensiero corre alle note incursioni di Berlusconi sul terreno dell’intervento sulle cellule per rallentarne l’invecchiamento. Gli scopi e i contorni di questa vicenda, come noto, corrono al confine tra la politica e il pecoreccio.Eppure questa illusione di poter vivere più a lungo, ma soprattutto molto più di tanti altri, ci dà la cifra di cosa significhi la prevalenza degli interessi privati su quelli collettivi, o meglio dell’appropriazione privata della produzione sociale, direbbe il grande barbone di Treviri. Nell’epoca in cui nella produzione sociale sono entrati a pieno titolo il “vivente” e la natura, per i grandi capitalisti anche il corpo umano non può che essere merce. Incluso il loro, ma a condizione che sia meno deteriorabile di quello di tutti gli altri. Vivere più a lungo, sogno ma anche incubo di ogni essere umano, come ci ricorda Simon De Beauvoir nel suo splendido “Tutti gli uomini sono mortali”, diventa così paradigmatico di un XXI Secolo in cui la disuguaglianza è tornata ad essere un valore e l’uguaglianza un disvalore.Sul nostro giornale abbiamo spesso evocato il “Dovete morire prima” come aspirazione neanche più troppo nascosta delle classi dominanti nel loro rapporto con le classi subalterne. Meccanismi concreti come l’innalzamento dell’età pensionabile, peggioramento delle condizioni di lavoro e abbassamento degli standard sanitari, indubbiamente puntano a ridurre quelle aspettative di vita cresciute nell’ultimo secolo ma oggi ritenute un “costo inaccettabile” (vedi i recenti documenti del Fmi). Su scala mondiale, dove nonostante le disuguaglianze l’aspettativa di vita era riuscita a crescere anche nei paesi meno sviluppati, non mancano i tentativi di intervento per ridurre la popolazione ritenuta in eccesso. Il caso storico è quello della Russia dove l’instaurazione del capitalismo, dopo la dissoluzione dell’Urss, ha portato ad una brusca riduzione della popolazione, un caso unico in un paese non investito da una guerra.Il problema è serio, estremamente serio, come hanno dimostrato alcuni interventi al recente forum di Bologna dedicato al “piano inclinato” su cui gli imperialismi hanno collocato il mondo in cui viviamo. Fabbriche completamente automatizzate, in cui la presenza del lavoro umano è ridotta a poche unità, rendono infatti eccedente molta forza lavoro, quel capitale umano – decisivo comunque per l’estrazione del plusvalore – che il capitalismo vorrebbe rendere variabile irrilevante e totalmente subalterna. Ma una umanità piena di capitale umano in eccesso sarebbe piena di uomini e donne ingombranti, non più funzionali al sistema produttivo e all’estrazione di valore, gente che oggi vive più a lungo di quanto sia utile al sistema dominante e che, ovviamente , avanza richieste ed esigenze per mantenersi in vita nel modo migliore possibile in società che hanno prodotto sistemi di cura e prevenzione adeguati allo scopo.Dunque per prima cosa le classi dominanti stanno dichiarando che non esiste più un diritto universale ed egualitario alla salute. La privatizzazione de facto dei sistemi sanitari (anche in Italia ed anche nelle ex regioni “rosse”, come sottolinea Ivan Cavicchi su “Il Manifesto”) attua questo primo step verso una società brutalmente gerarchizzata. Si cura chi può e chi può di più si cura meglio.Talmente meglio che, potendoselo permettere, può alimentare l’illusione di poter vivere più a lungo degli altri. Anzi, per molti aspetti a scapito degli altri, visto che la concentrazione della ricchezza in poche mani non può che avvenire in sottrazione della ricchezza collettiva. Fino a qualche decennio fa “il sistema” aveva fatto sì che lo sviluppo allargasse e distribuisse in qualche modo la ricchezza prodotta, anche sotto forma di servizi sociali universali. Ma oggi che allo sviluppo si è sostituito solo il “demone della crescita”, questo allargamento si è sempre più ridotto, così come le risorse disponibili dentro un globo che, per sua definizione è uno spazio limitato.Da questa consapevolezza del limite e dei limiti, le classi dominanti si guardano bene dal ricavarne una logica redistributiva delle risorse e della ricchezza disponibile, al contrario accentuano la centralizzazione, a tutti i livelli. E se tra queste risorse c’è anche il vivente e il capitale umano, viene applicata la medesima logica. “Mors vostra, vita nostra”, ci dicono. Fino ad alimentare l’idea che per alcuni si possa allungare la vita media oltre il limite fisiologico finora consentito. Ma, detto fra noi, dieci, quindici anni più si potranno anche rimediare, ma non evitano l’alzheimer. Ci troviamo così di fronte ad un cambio di passo anche sul terreno del conflitto sociale e di classe. Se negli anni del “modello sociale europeo” le classi subalterne entravano in campo rivendicando ed anche ottenendo quote di redistribuzione della ricchezza, oggi che questa possibilità viene negata sul lavoro come sulla salute da misure concrete. Come ci si approccia ad una lotta di clase che per molti aspetti somiglia a quella per la sopravvivenza? Qualcuno diceva che la “rivoluzione non è un pranzo di gala”. Sarà dunque il caso di cominciare a pensare, collettivamente e non invidualmente, al come sedersi a tavola senza complessi di inferiorità e liberi dalla sensazione di dover essere ancora la cena per il Mondo di sopra. Insomma: “Mors vostra, vita nostra?”.(Sergio Cararo, “La vita e la morte al supermercato”, da “Contropiano” dell’11 marzo 2015).Confondere il corpo umano con la merce, oltre che un orrore, può rivelarsi una dolorosa illusione. Eppure non può passare inosservata la notizia diffusa da alcuni media statunitensi come “Newsweek” o “Bloomberg”, secondo cui i miliardari stanno mettendo fretta e milioni di dollari alla ricerca della vita semi-eterna. Per loro, ovviamente. Bill Maris, manager di Google Ventures, ha ricevuto l’incarico di investire ben 425 milioni di dollari per finanziare studi contro l’invecchiamento, mentre Larry Ellison, big boss di Oracle, considera “incomprensibile” la nozione della propria fine. Peter Thiel, patron del sistema di pagamenti PayPal, ha stanziato 3,5 milioni di dollari ad una fondazione privata per un progetto di riparazione e rigenerazione delle cellule. Dalle nostre parti il pensiero corre alle note incursioni di Berlusconi sul terreno dell’intervento sulle cellule per rallentarne l’invecchiamento. Gli scopi e i contorni di questa vicenda, come noto, corrono al confine tra la politica e il pecoreccio.