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Auto blu: ma perché comprare banali Audi, anziché Alfa?
Ma perché scandalizzarsi per il costo delle auto blu, e non invece per il tipo di modelli acquistati? Più precisamente: perché i carabinieri devono viaggiare a bordo delle francesi Renault Clio e le scorte di Stato devono usare le berline tedesche Audi? Ve le vedete, Francia e Germania, fare incetta di auto italiane? No, ovviamente: per le loro flotte ufficiali, usano solo i rispettivi marchi nazionali. Appello al governo, da “Scenari Economici”: possibile che un paese produttore come l’Italia sia l’unico ad aver smesso di rifornirsi solo “in casa”, per le auto blu e quelle “grigie”, cioè in dotazione alla pubblica amministrazione? L’auto italiana sarà anche in crisi, ma non è che manchi la scelta: se la Fiat dispone delle comode Tipo e di fuoristrada Jeep, l’Alfa Romeo esibisce una berlina accattivante come la Giulia, mentre la Maserati – Ghibli, Levante, Quattroporte – non teme rivali, in fatto di supercar extra-lusso. Perché allora rivolgersi all’estero, si domanda Guido da Landriano, rinunciando quindi a una sana ricaduta positiva sul nostro Pil industriale e dunque sull’occupazione del nostro paese? E dire che se ne spendono, di soldi: si parla di 170 milioni, che potrebbero finire interamente nel made in Italy.A tener banco in questi giorni, scrive Landriano, sono gli ultimi bandi per rinnovare le flotte. Le auto blu sono le vetture di rappresentanza vere e proprie: 380 auto blindate per 48 milioni e mezzo di euro (berline blindate, fuoristrada blindati e altri veicoli; bando scaduto lo scorso 28 gennaio). Poi ci sono le cosiddette “auto grigie” a noleggio, in tutto sette lotti per un valore complessivo di 120 milioni di euro. Di queste vetture, 1.500 sono destinate alle forze di polizia (costo, quasi 40 milioni di euro). Va bene non esagerare, con la spesa per le flotte di rappresentanza, ma il problema – sottolinea “Scenari Economici” – è che questi beni, probabilmente, rischiano di essere acquistati all’estero, con componenti non costruite in italia e quindi alcuna ricaduta interna sul sistema-Italia. «A parte un po’ di componentistica – scrive Guido da Landriano – queste auto non portano nulla all’economia italiana, e nemmeno all’immagine dell’Italia». Tanto più che, secondo l’analista, le dilaganti Audi hanno «il design più banale e brutto visto in Europa dai tempi della Nsu Prinz». Alzi la mano che gli riesce a rintracciare qualche innovazione stilistica nei vari modelli che Audi e Mercedes sfornano in fotocopia da anni.Bei tempi, quando le pattuglie della polizia e dei carabinieri sfrecciavano alla guida delle vecchie, rombanti Giulia e poi Alfetta. «Erano prodotte all’interno dello Stato, da un’azienda di Stato, per cui la ricaduta economica era immediata». Come prestazioni, poi – aggiunge Landriano – le Alfa «non avevano nulla da invidiare alle omologhe tedesche dell’epoca», come il Maggiolone o il furgone Westfalia, sempre della Volkswagen. «In un momento in cui è necessario aiutare la produzione industriale italiana – aggiunge “Scenari Economici” – Di Maio non dovrebbe scandalizzarsi per l’acquisto di auto di servizio dello Stato», ma piuttosto «chiedersi quale sia il vantaggio per la crescita e per l’industria italiana in questo momento». Tempi duri, infatti: «Si parla di scomparsa sicura del marchio Lancia e di quasi completa scomparsa del marchio Fiat, con la riduzione ai minimi termini delle produzioni in Italia (il piano Marchionne sembra proprio tramontato con lui)». A maggior ragione: se la Fiat è “scappata” a Detroit, non sarebbe opportuno trattenere in Italia almeno la fetta di mercato riguardate le flotte pubbliche?«Dato che si parla di mobilità ecologica, e visto che poche case europee sembrano interessate veramente al suo sviluppo – aggiunge Landriano – forse sarebbe tempo di rivedere da zero le politiche industriali e valutare una produzione “in house” per la pubblica amministrazione che sia il perno per lo sviluppo di un’auto ecologicamente sostenibile, magari studiata come parte dell’economia circolare». Un appunto ad personam, dedicato al vicepremier grillino nonché ministro dello sviluppo economico: cambi politica, Di Maio, e trovi «il coraggio di intraprendere nuove strade». L’idea di concordare la produzione di un modello, o almeno di una versione dedicata allo Stato, non sembra poi così peregrina. E soprattutto, lo implora Guido da Landriano, almeno «smettiamola di comprare queste orride, squallide, banali Audi!».Ma perché scandalizzarsi per il costo delle auto blu, e non invece per il tipo di modelli acquistati? Più precisamente: perché i carabinieri devono viaggiare a bordo delle francesi Renault Clio e le scorte di Stato devono usare le berline tedesche Audi? Ve le vedete, Francia e Germania, fare incetta di auto italiane? No, ovviamente: per le loro flotte ufficiali, usano solo i rispettivi marchi nazionali. Appello al governo, da “Scenari Economici”: possibile che un paese produttore come l’Italia sia l’unico ad aver smesso di rifornirsi solo “in casa”, per le auto blu e quelle “grigie”, cioè in dotazione alla pubblica amministrazione? L’auto italiana sarà anche in crisi, ma non è che manchi la scelta: se la Fiat dispone delle comode Tipo e di fuoristrada Jeep, l’Alfa Romeo esibisce una berlina accattivante come la Giulia, mentre la Maserati – Ghibli, Levante, Quattroporte – non teme rivali, in fatto di supercar extra-lusso. Perché allora rivolgersi all’estero, si domanda Guido da Landriano, rinunciando quindi a una sana ricaduta positiva sul nostro Pil industriale e dunque sull’occupazione del nostro paese? E dire che se ne spendono, di soldi: si parla di 170 milioni, che potrebbero finire interamente nel made in Italy.