Archivio del Tag ‘Michael Jackson’
-
Bob Dylan, messaggio: John Kennedy, contro il coronavirus
The Greatest, si auto-celebrò il giovane Cassius Marcellus Clay, non ancora Muhammad Alì. Figlio di un pittore di insegne pubblicitarie. Figlio adottivo del ladro che gli rubò la bicicletta nuova, che il padre – il pittore di insegne – gli aveva appena regalato, per il suo compeanno. E figlio anche di Joe Martin, il poliziotto di Louisville a cui baby-Cassius si rivolse, in lacrime, per il terribile furto. Va bene ragazzo, domani passa in ufficio per la denuncia. Ma se poi lo incontri, il ladro, sei capace di spaccargli la faccia? No, scosse la testa, sconsolato, il piccolo Cassius. E allora, gli disse Joe, ti aspetto nella mia palestra di boxe. Fu il primissimo passo, per poi diventare The Greatest. Mike Porco, from Italy (Calabria, per la precisione) era il nome del gestore del Gerde’s Folk City, la birreria del Village dove il giovanissimo Bobby si beveva le serate, di birra in birra, ascoltando gli strimpellatori che vi si esibivano. Un giorno si fece avanti: anch’io so suonare qualcosa. Mike lo mise alla prova, nel pomeriggio, mentre le ragazze lustravano il pavimento. Chiamò John Lee Hooker, che era atteso nei giorni seguenti. Poi gli comprò dei jeans puliti.Venne la sera fatidica, e andò tutto bene. John Lee Hooker disse a Mike Porco che il ragazzino del Minnesota se la cavava bene, con la sua armonica. Allora Mike gli regalò una serata morta, tutta per lui. Non c’era nessuno, nel pubblico, tranne un tizio un po’ sbronzo. L’indomani si capì che il tizio assonnato aveva un nome altisonante, Robert Shelton. Il suo giornale, il “New York Times”, annunciava che al Gerde’s era nata una stella. Virtualmente, nel suo campo, The Greatest. Ora che il mondo trema per il virus e seppellisce i suoi caduti, ecco che l’uomo del Minnesota fa un’uscita in solitaria e mondiale, nel suo stile, con una ballad regalata a tutti, urbi et orbi, lunga minuti 17. Un’omelia lentissima e dolcissima, in morte di John Kennedy e di tutta l’innocenza planetaria che morì insieme a John Kennedy, con tutte le speranze di un’umanità che sembrava si stesse pericolosamente risvegliando. Una sciarada di capolavori uno sull’altro, di nomi leggendari e memorabili, promesse, spettacolari acrobazie mai viste prima, e mai più viste. La consapevolezza del momento: la musica, in fondo all’anima del mondo, in quel miracoloso attimo in cui divenne musica persino la politica.Era semplicemente troppo, suggerisce la ballata. Ma se io sono ancora qui tra voi, alla mia età – dice l’autore, il menestrello – allora ve lo racconterò. Non è possibile dimenticare l’accaduto, non è possibile che non torni a vivere. Non è possibile non essere inondati dall’eco di quel lampo, di quell’istante irripetibile. Bisogna renderlo immortale, resuscitarlo tra i caduti del coronavirus, e trasformarlo in arma formidabile. Conosce l’arte di qualsiasi Antigone, l’autore. Gli han conferito pure il Premio Nobel, alla gloria dei suoi settantanove anni a maggio. Parla di sacrifici umani, la morte più cattiva. Evoca numeri ben noti al chiaroscuro, il 6 e il 9. E non teme di menzionare il 33, citando la crocifissione filmata da Zapruder sulla Dealey Plaza. Che è come dire: so chi è stato. Certo che sa chi è stato, il ragazzo di Duluth. L’ha capito da un pezzo. E sa anche che è gente della stessa razza che, tanti anni dopo, ha fatto crollare le Twin Towers. Sa anche che sono ancora loro, sempre gli stessi, a trafficare oggi col coronavirus. Lo dice a modo suo, con la sublime reticenza dei grandissimi, uscendosene con la sua ballad su John Kennedy, esattamente adesso, come se Jfk fosse una specie di sciamano, di talismano contro il male.Dal menestrello può solo imparare, il cinema, a sceneggiare vita e morte – only a matter of minutes, tra il prima e il dopo, e il mentre – quando si spappola la fisica e ogni singola molecola, ogni porzione del cervello di John Kennedy sembra tornare qui tra noi, a raccontare – con letizia misteriosa – lo splendore sterminato di chi osa guardare il mondo con amore, l’invincibile segreto che oggi più che mai viene in soccorso dell’umanità smarrita, terrorizzata dalla pandemia. L’elencazione ellittica, specialità retorica di aedi raffinati, sdraia la ballad in mezzo a nostalgie, tra monumenti museali dell’America che fu – con un’unica eccezione, Freddie Mercury, citato come per lasciare un segno a chi volesse coglierlo, bianco come lo strano guanto dell’ectoplasma Michael Jackson – we are the World, remember? We are the World, sicuro. Noi, non loro. E’ questo che sussurra la ballad sterminata del ragazzo del Nord, “Murder Most Foul”, chiedendo a tutti di specchiarsi per un attimo in quel cervello esploso a Dallas, lungo la New Frontier di tanti anni fa, quando una neve nera cominciò a cadere. Questo è il momento, sembra dire. Sapete, spetta a noi. Ora, di nuovo, tutto può accadere.(Giorgio Cattaneo, 5 aprile 2020. Il brano “Murder Most Foul” è stato pubblicato sul sito di Bob Dylan il 27 marzo 2020, accompagnato da queste parole: «Mettetevi al sicuro, state attenti, e che Dio sia con voi»).The Greatest, si auto-celebrò il giovane Cassius Marcellus Clay, non ancora Muhammad Alì. Figlio di un pittore di insegne pubblicitarie. Figlio adottivo del ladro che gli rubò la bicicletta nuova, che il padre – il pittore di insegne – gli aveva appena regalato, per il suo compleanno. E figlio anche di Joe Martin, il poliziotto di Louisville a cui baby-Cassius si rivolse, in lacrime, per il terribile furto. Va bene ragazzo, domani passa in ufficio per la denuncia. Ma se poi lo incontri, il ladro, sei capace di spaccargli la faccia? No, scosse la testa, sconsolato, il piccolo monello. E allora, gli disse Joe, ti aspetto nella mia palestra di boxe. Fu il primissimo passo, per poi diventare The Greatest. Mike Porco, from Italy (Calabria, per la precisione) era il nome del gestore del Gerde’s Folk City, il locale del Village dove il giovanissimo Bobby si beveva le serate, di birra in birra, ascoltando gli strimpellatori che vi si esibivano. Un giorno si fece avanti: anch’io so suonare qualcosa. Mike lo mise alla prova, nel pomeriggio, mentre le ragazze lustravano il pavimento. Lo propose a John Lee Hooker, che era atteso nei giorni seguenti. Quindi, in vista dell’evento, gli procurò dei jeans puliti.
-
Magaldi: Michael Jackson massone, ucciso per una canzone
«Se ci fossero ancora Roosevelt e Martin Luther King, queste cose non succederebbero». Chi l’ha detto? Michael Jackson, nientemeno. Anzi: lo ha cantato, nel brano “They don’t care about us” (non gliene frega niente, di noi). «Era il 1995, e probabilmente quei versi gli sono costati la vita», avverte Gioele Magaldi, esponente italiano del network massonico progressista internazionale nonché presidente del Movimento Roosevelt. “Testa scuoiata, testa morta: cibo per cani, tutti”. Noi e loro, l’élite. Osò ribellarsi, l’ex divo di plastica, intonando un martellante inno alla rivolta – memorabile il videoclip girato in una favela brasiliana, tra gli ultimi della terra, sotto l’occhiuta sorveglianza della polizia, presentata come il braccio armato degli oligarchi. Tema, l’ingiustizia sociale planetaria. Ovvia la citazione del reverendo King. Assai meno scontata – in bocca a “Jacko” – la seconda citazione: quella di Franklin Delano Roosevelt, il presidente del New Deal. Svelare l’arcano è meno difficile del previsto, se si tiene conto che l’autore di “Thriller” e “Billie Jean” faceva parte – addirittura dal 1975, pare – della massoneria di Prince Hall, la comunione iniziatica dei grandi artisti afroamericani, da James Brown a Ray Charles, incluso l’immenso Louis Armstrong.Sul tema è intervenuto anche Gianfranco Carperoro, “rooseveltiano” quanto Magaldi, per spiegare un paio di cose. La prima: Prince Hall fu la risposta massonica dei neri, esclusi dalla massoneria bianca americana. «E cosa potevano fare per esprimersi, i neri, nell’America segregazionista? Cantare, naturalmente: far parlare la loro musica». Seconda notizia: Jackson fu assassinato perché il potere aveva capito che l’ex Peter Pan del pop mondiale poteva diventare pericoloso, se avesse convertito i suoi milioni di fan alla causa sociale contro questa globalizzazione a senso unico, dei ricchi contro i poveri. Michael Jackson massone? Ebbene sì, rivelano Magaldi e Carpeoro: fu avvicinato dal grande produttore Quincy Jones. Motore culturale della black music, la leggendaria Motown Records di Detroit: la vera fonte della Prince Hall Freemansonry. «Difenderemo la sua memoria», avverte Magaldi, «di fronte a una denigrazione spregevole come quella del documentario “Leaving Neverland”, che Robert Redford ha purtroppo presentato al Sundance Festival». Il regista, Dan Reed, si concentra solo sui presunti abusi sessuali che Michael Jackson avrebbe perpetrato nei confronti di due bambini di 7 e 10 anni, oggi trentenni: Wade Robson e James Safechuck. Conferma Gabriele Antonucci, su “Panorama”: «Lascia davvero perplessi la scelta di intervistare solo i due protagonisti e i loro stretti familiari, con primi piani, lacrime di prammatica e musichette d’atmosfera».Il film, scrive Antonucci, «non offre quella pluralità di voci e quell’approfondimento che sono elementi indispensabili a ogni documentario degno di questo nome». Inoltre, aggiunge “Panorama”, «a fronte di accuse gravissime, appare davvero incredibile che il regista non si sia premurato di ascoltare o di riportare la versione dei fatti di uno dei rappresentanti legali o della fondazione che cura gli interessi di Jackson: il diritto alla difesa, in caso di accuse penalmente rilevanti, è costituzionalmente garantito in ogni Stato occidentale, in Usa come in Italia». Dal lungometraggio, di una durata parossistica (4 ore), «non sono emerse prove concrete che diano credibilità alle testimonianze», aggiunge Antonucci. C’è solo «uno sfilacciato taglia e cuci di immagini e dichiarazioni, il cui unico obiettivo è screditare Michael Jackson». Il regista Marcos Cabotà, presente alla “prima”, stronca il lavoro di Reed con queste parole: «Non riesco a credere a una sola parola delle due “vittime”. Cattiva recitazione. A volte, vergognosa. La regia e i testi sono addirittura peggio». Jackson uscì indenne dai processi per pedofilia: innocente, per la giustizia Usa. Ma i giornali ridussero l’happy end a poche righe: niente a che vedere con l’inferno di titoli a tutta pagina, “sparati” per dare risalto alle infamanti accuse.La prima piovve addosso all’eccentrico artista nel 1993, quando Evan Chandler, un ex dentista di Los Angeles (radiato dall’albo), raccontò che Jackson avrebbe abusato di suo figlio Jordan. Lo scandalo costò carissimo al cantante, impegnato in un tour planetario: anziché denunciarlo per tentata estorsione, “Jacko” sborsò a Chandler una cifra imprecisata, ma il suo sponsor – la Pepsi – rescisse il contratto. Poi l’accusa crollò: Evans, al telefono con l’avvocato, spiegò che voleva semplicemete vendicarsi: la sua ex moglie e Michael Jackson, che erano molto amici, si erano rifiutati di prestargli dei soldi. Non era finita: il piccolo Jordan denunciò suo padre per tentato omicidio. E nel 2009, cinque mesi dopo la morte di Jackson, Evan Chandler si uccise sparandosi alla testa, in una camera d’albergo. Ma i guai per il re del pop riesplosero nel 2003, quando Jackson fu addirittura arrestato per molestie ai danni del giovanissimo Gavin Anzo, malato di cancro e assistito dalla popstar. Nel 2005, però, Jackson fu assolto con formula piena (mai commesso reati), mentre la madre di Gavin fu condannata per frode fiscale. Ma intanto la demolizione pubblica era stata devastante: Michael Jackson era ridotto a un fantasma. E proprio mentre si stava finalmente riprendendo, con in programma il grande rientro sulle scene, a Londra, fu improvvisamente tolto di mezzo.Lo stesso Carpeoro mette in relazione il caso Jackson con l’ex produttore dei Beatles, il geniale Phil Spector. Fu lui, dice, a presentare a Michael Jackson il dottor Conrad Murray, cioè il medico poi condannato per avergli somministrato la dose letale di Propofol, il 25 giugno 2009, a tre settimane dai concerti di Londra. Murray era in contatto con Spector, assicura Carpeoro, e lo stesso Spector aveva inutilmente chiesto a “Jacko” che gli cedesse i diritti dei Beatles, che Michael aveva acquisito. Dopo una lunga lite proprio su quei diritti era stato ucciso John Lennon: l’assassino, Mark David Chapman, dichiarò di aver agito obbedendo “al demonio”. Satanismo? Sempre Carpeoro collega Spector anche alla morte di Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, uccisa alla vigilia della presentazione del film “Rosemary’s baby”. E’ la storia – terribile – di un bambino “consacrato a Satana”. «Il film – rivela Carpeoro – era la trasposizione dell’infanzia dello stesso Spector, figlio di genitori satanisti. Spector l’aveva confidata a Polanski, che però non avrebbe mai dovuto farne un film». Per l’omicidio di Sharon Tate finì all’ergastolo Charles Manson, anche lui in contatto con Spector: il produttore gli aveva promesso di farne una rockstar. Prima di morire, Manson chiese di incontrare Spector. Ma il produttore (a sua volta in carcere, per l’omicidio della sua compagna) si rifiutò di riceverlo.Michael Jackson era davvero diventato così ingombrante? Qualcuno decise di causarne addirittura la morte, dopo aver tentato di distruggerlo sul piano dell’immagine con accuse devastanti, poi rivelatesi infondate? Ne è convinto Gioele Magaldi, che avvisa: alla fine la verità verrà a galla, sul complotto di cui è rimasto vittima il “fratello” Michael Jackson. Movente: la paura che “Jacko” mettesse in piazza gli abusi dell’élite globalista. Una macchinazione di cui il documentario “Leaving Neverland” sembra l’ennesimo capitolo, postumo, per provare – ancora una volta – a spegnere la memoria dell’artista che 24 anni fa gettò il suo guanto di sfida al potere neoliberista, con quelle parole indimenticabili. “They don’t care about us”: viviamo in un mondo dominato da oligarchi; gente a cui non importa niente, di tutti noi. “E questo non succederebbe, se fossero vivi Roosevelt e Martin Luther King”. Magaldi l’ha precisato nel suo saggio “Massoni”: l’apostolo nero della lotta antisegregazionista, assassinato due mesi prima di Bob Kennedy, era un massone progressista esattamente come Roosevelt, di estrazione rosacrociana come il “Papa buono”, Giovanni XXIII. Ed è proprio allo spirito dei Rosa+Croce che Magaldi si ispira, anche in nome del “fratello” Michael, nel ribadire che il nostro mondo ha bisogno di una rivoluzione dell’uguaglianza fondata sui diritti, come quella invocata nel ‘600 negli storici appelli rosacrociani, da cui poi nacque il socialismo europeo. Prima o poi, verrano fuori anche i nomi di chi ha deciso che Michael Jackson dovesse morire, dopo aver citato Roosevelt e King?«Se ci fossero ancora Roosevelt e Martin Luther King, queste cose non succederebbero». Chi l’ha detto? Michael Jackson, nientemeno. Anzi: lo ha cantato, nel brano “They don’t care about us” (non gliene frega niente, di noi). «Era il 1995, e probabilmente quei versi gli sono costati la vita», avverte Gioele Magaldi, esponente italiano del network massonico progressista internazionale nonché presidente del Movimento Roosevelt. “Testa scuoiata, testa morta: cibo per cani, tutti”. Noi e loro, l’élite. Osò ribellarsi, l’ex divo di plastica, intonando un martellante inno alla rivolta – memorabile il videoclip girato in una favela brasiliana, tra gli ultimi della terra, sotto l’occhiuta sorveglianza della polizia, presentata come il braccio armato degli oligarchi. Tema, l’ingiustizia sociale planetaria. Ovvia la citazione del reverendo King. Assai meno scontata – in bocca a “Jacko” – la seconda citazione: quella di Franklin Delano Roosevelt, il presidente del New Deal. Svelare l’arcano è meno difficile del previsto, se si tiene conto che l’autore di “Thriller” e “Billie Jean” faceva parte – addirittura dal 1975, pare – della massoneria di Prince Hall, la comunione iniziatica dei grandi artisti afroamericani, da James Brown a Ray Charles, incluso l’immenso Louis Armstrong.
-
Pietà per Michael Jackson, viveva come se fosse già morto
A dieci anni dalla morte di Michael Jackson, un film in uscita mette a soqquadro la memoria della pop star e getta lunghe ombre di pedofilia sulla sua controversa figura. Due ex-adolescenti lo accusano di abusi sessuali e il mondo nuovamente si divide tra i suoi perduranti fan e i suoi detrattori, i suoi famigliari e i suoi accusatori, mentre fioccano denunce e querele. Non entrerò nel merito della questione, ma mi soffermerò sul mito di questo cantante. Quando morì, nel 2009, Michael Jackson era già morto da tempo immemorabile e passava la sua vita di cadavere ad amministrare la sua sontuosa decomposizione, il suo mito e le sue apparizioni. Mandava videoclip dall’aldilà, a volte canzoni, spargeva aneddoti e immagini sconcertanti, in una danza scatenata, musicale e farmaceutica, sanitaria e giudiziaria, intorno alla sua bara. Studiava da morto da parecchi anni, annunciava tumori e paralisi, simulava morti e resurrezioni, e dissimulava le malattie troppo banali come la vitiligine, esibiva mutazioni raccapriccianti e malattie genetiche esclusive, come si addice agli dei; ma la sua divinità non sprigionava l’aura dell’immortalità, era una morte prolungata per ripararsi dalla vita, le sue offese e le sue invadenze.Non era mai capitato ma ci fu un mercato nero per procurarsi a caro prezzo un invito ai suoi funerali; e mai espressione come mercato nero fu più azzeccata per indicare un traffico di soldi illeciti intorno al funerale di un nero pentito. Funerali rinviati per gestire la gigantesca dimensione del cordoglio, a più di dieci giorni dalla morte. Fu un’icona e un prototipo di chi si rivolge alla tecnica e ai farmaci per manipolare la vita e risolvere i problemi che un tempo affidava alla religione, alla filosofia e al mito. Non esprimo giudizi morali di condanna per la sua vita né giudizi musicali di celebrazione davanti al suo corpo irriconoscibile, al suo naso ridotto ad una presa elettrica, alle sue labbra simili alla fessura di un bancomat, a un viso sfigurato che perde quel che Lévinas riteneva essere l’inalterabile specificità di una persona: il volto. Non aveva volto, Jackson. Quel che gli era rimasto addosso era una specie di mascherina estetico-funeraria, un incrocio tra il visage dall’estetista e la cera mortuaria da obitorio. Non voglio soffermarmi sulle accuse di pedofilia che lo hanno accompagnato anche in vita e tantomeno abbracciare gli alibi dei suoi fan che ebbe un’infanzia difficile e da ricco finanziò opere benefiche in favore dell’infanzia.Sbianchettandosi in quel modo orrendo tradì la sua identità e quella di tutti i neri della terra. Offese la negritudine. Quel suo essere un Ogm umano, geneticamente modificato per sfuggire alla sua identità, quel suo razzismo biologico, masochista, contro la sua origine, suscita un’infinita, irredimibile pietà. Quel suo stuprarsi la vita, resettare l’origine e la memoria, rivelava pena e strazio di vivere. E la sua immensa ricchezza, la sua straordinaria fama, non alleviavano quella pena, semmai la ingigantivano, la facevano più clamorosa e cosmica, fino a renderlo il testimonial planetario della condizione umana che volta le spalle al cielo e alla terra, cioè alla vita e all’immortalità, per vivere una gloriosa parodia di morte prolungata, uno spettacolo di agonia anestetizzata. Alla sua morte pensarono di asportargli il cervello per capire di che era morto. Ma al di là del referto medico, chi studia l’animo umano in rapporto alla vita e al suo svanire già lo sa. Jackson è morto di rifiuto della condizione umana e terrena, rifiuto della realtà, del mondo, orrore della vita e dei suoi limiti, ricusazione del fato.È martire della società postumana, transgenica e transumana, che si illude di sopravvivere alla vita rinunciando a viverla, che si sottrae agli urti, all’invecchiamento e alla realtà per preservarsi pura e incontaminata in una surreale esistenza asettica che coincide con un’eutanasia. Fuori dall’età che avanza, fuori dal mondo. Terrore di contatti con gli umani. Odori umani troppo umani, schifo per le cose e per i cibi, cordone sanitario per ripararsi dalla vita e da quella rude e primitiva verità che è la natura. Figli nati senza incontro carnale, senza eros; della vita resta solo un’icona incorporea. E per sottrarsi alle passioni umane, analgesici e anoressia. Jackson era la proiezione su maxischermo di una condizione mentale diffusa tra chi vuol modificare la sua vita e allontanarsi dalla natura, dalla finitudine, dal declino: tatuaggi e chirurgie, pillole e lifting, alcol e droga, diete e radicali modifiche del proprio look, perché si soffre la propria identità, voglia di autocrearsi e di sottrarsi al carcere del proprio corpo. Antiche eresie, religioni gnostiche degenerate, paradisi artificiali che somigliano all’inferno. La cura di sé sfocia nell’imbalsamazione già da vivo.Il suo simulacro è quella cassa a ossigeno scelta per la toilette funeraria. E la sua location più appropriata era quella sua villa che si chiamava non a caso Neverland e che, non a caso, non riescono a vendere. La terra che non c’è per una vita che non c’era. Neverlife. Il simbolo più efferato di questa condizione postumana è il suo stomaco: era vuoto di cibi e pieno di pillole e sostanze contro il dolore, contro la depressione, contro l’ansia, contro i contagi. Nel suo stomaco si raccoglieva come un’urna il male occidentale, i suoi fantasmi, la sua paura di invecchiare, di morire, di soffrire, di contagiarsi, di finire in solitudine e di restare incarcerati nei limiti della condizione umana. Un rifiuto del destino, un odio del fato, che è stato fatale. Neverlife è l’epitaffio più sensato per titolare la compilation della sua vita. Ha speso la vita a organizzare il suo funerale. Non infierite ora a dieci anni dalla morte riesumando la sua vera o presunta pedofilia. Abbiate pietà di quell’uomo che si inflisse già da morto la pena di una vita sontuosa in fuga da se stesso, dal mondo, dagli umani.(Marcello Veneziani, “Michael Jackson, il nero pentito”, da “La Verità” del 17 marzo 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani).A dieci anni dalla morte di Michael Jackson, un film in uscita mette a soqquadro la memoria della pop star e getta lunghe ombre di pedofilia sulla sua controversa figura. Due ex-adolescenti lo accusano di abusi sessuali e il mondo nuovamente si divide tra i suoi perduranti fan e i suoi detrattori, i suoi famigliari e i suoi accusatori, mentre fioccano denunce e querele. Non entrerò nel merito della questione, ma mi soffermerò sul mito di questo cantante. Quando morì, nel 2009, Michael Jackson era già morto da tempo immemorabile e passava la sua vita di cadavere ad amministrare la sua sontuosa decomposizione, il suo mito e le sue apparizioni. Mandava videoclip dall’aldilà, a volte canzoni, spargeva aneddoti e immagini sconcertanti, in una danza scatenata, musicale e farmaceutica, sanitaria e giudiziaria, intorno alla sua bara. Studiava da morto da parecchi anni, annunciava tumori e paralisi, simulava morti e resurrezioni, e dissimulava le malattie troppo banali come la vitiligine, esibiva mutazioni raccapriccianti e malattie genetiche esclusive, come si addice agli dei; ma la sua divinità non sprigionava l’aura dell’immortalità, era una morte prolungata per ripararsi dalla vita, le sue offese e le sue invadenze.
-
Manson: mi condannate a morte, ma siete più morti di me
Ho passato la mia vita in carcere. Ho sempre visto la gente del mondo libero come i buoni e la gente nelle prigioni come i cattivi. Sono sempre stato in galera e sono rimasto stupido, osservando il vostro mondo crescere, senza riuscire a capirlo, senza capire le cose che voi fate. Ho fatto del mio meglio per tirare avanti nel vostro mondo. Ho fatto tutto ciò che ho potuto per andare d’accordo con voi, e non ho ordinato a nessuno di voi di fare nulla di più di quello che voleva fare. Quello che voglio è essere in pace, qualunque cosa comporti. Ma questo non me lo permettete. Perché il vostro mondo è fatto di immondizia ai lati della strada, e io sono una delle vostre immondizie. Ora volete uccidermi. Ma io sono già morto, lo sono stato per tutta la mia vita. Io vivo nel mio mondo, e sono il re del mio mondo, anche se è un immondezzaio, se è nel deserto o da qualunque altra parte. Voi potete uccidere il corpo, ma non potete uccidere l’anima. L’anima è sempre là, all’inizio e alla fine: non potete fermarla, è più grande di me. Nella mia mente io vivrò per sempre, e nella mia mente io ho sempre vissuto. Sono solo quello che avete costruito. Vi aspettate di spezzarmi? Impossibile, mi avete spezzato anni fa. Stavo seduto in cella quando il tipo mi apriva la porta e diceva: vuoi uscire? Io lo guardavo e dicevo: e tu, vuoi uscire? Tu sei in prigione, tutti voi siete in prigione. La legge che è in voi è peggiore della legge che è in me.Voi avete reso i vostri bambini quello che sono. Questi bambini che vengono da voi con i coltelli sono i vostri bambini, glielo avete insegnato voi. Dite quanto sono cattivi e assassini i vostri bambini, ma glielo avete insegnato voi. Voi avete reso i vostri bambini quello che sono. Ai bambini spiegate che cosa non devono fare nella speranza che escano e lo facciano, cosicché voi possiate giocare il vostro gioco con loro. Ai soldati insegnate ad uccidere, e loro vanno e uccidono; poi li processate e li mettete in prigione perché hanno ucciso. Se un soldato va sul campo di battaglia ci va rischiando la sua vita, ma questo gli dà il permesso di prenderne una? Non ho niente contro nessuno di voi. Non posso giudicare nessuno di voi. Ma penso che sia il momento buono perché voi tutti cominciate a guardarvi, e giudichiate le bugie nelle quali vivete. Voi non siete voi, siete solo dei riflessi; siete riflessi di tutto ciò che credete di sapere, di tutto quello che vi è stato insegnato. I vostri genitori vi hanno detto che cosa siete, vi hanno costruito prima che voi aveste sei anni, e quando eravate a scuola e vi facevate il segno della croce e giuravate fedeltà alla bandiera, loro in realtà vi intrappolavano, perché a quell’età voi non conoscevate nessuna menzogna finché quella menzogna non fu riflessa su di voi.E’ sbagliato non avere denaro, è sbagliato pagare in ritardo le rate della macchina, è sbagliato rompere la Tv, è sbagliato, è sbagliato… voi continuate, lo ammucchiate nella vostra mente, voi siete bastonati da tutto ciò e dalla vostra confusione. Ognuno di voi è solo un riflesso degli altri. Voi non mi sembrate veri. Mi sembrate il composto di ciò che qualcuno vi ha detto che siete. Voi vivete per le opinioni degli altri: non siete sicuri di come siete, e vi chiedete se sembrate a posto. Prendete un’altra alka seltzer e un’altra aspirina, e sperate di non dover pensare alla verità. Perché? Perché? Perché? I vostri perché vengono da vostra madre, vostra madre vi insegna i perché. Voi continuate a chiedere, e lei continua a dirvi i suoi perché. E vi riempite il vostro piccolo cervello di perché. Voi proiettate paura, e cercate qualcosa su cui proiettarla. Quando siete piccoli tenete la bocca chiusa, e quando qualcuno vi dice “seduto” voi vi sedete, finché non capite che lo potete colpire. E se lo capite vi alzate, lo colpite e dite a lui di sedersi. L’ira che riflettete su di me è l’ira che avete nei vostri confronti. Io sono voi. Voi siete il mio sangue. Voi siete mio fratello: è per questo che non posso combattervi.Non mi interessa come vi sembro, non mi interessa cosa pensate di me. E non mi interessa sapere cosa farete di me. Non avete alcuna idea di quello che state facendo, e voi state facendo ciò che fate solo per denaro. Non passerà molto tempo prima che vi uccidiate tutti da soli, perché siete tutti pazzi. Siete tutti assassini: uccidete cose migliori di voi. L’essere umano non esisterà ancora per molto tempo. Dio vi chiederà di prendervi le vostre responsabilità. Dovreste tutti guardarvi attorno, affrontare i vostri bambini e cominciare a seguirli e ascoltarli. Ma siete troppo sordi, muti e ciechi, per fermare ciò che state facendo. Ma va bene. Va tutto bene. Non fa davvero nessuna differenza, perché comunque stiamo andando tutti nello stesso posto. Tutto è perfetto. Voi avete portato sul banco dei testimoni il tizio che è contrario ad uccidere. E gli state chiedendo di uccidervi, di giudicarvi: perché voi tutti sapete, e io so che voi sapete, e voi sapete che io so che voi sapete. Quindi, chiudiamo il cerchio.(Charles Manson, discorso pronunciato in tribunale poco prima della condanna a morte, il 29 marzo 1971, poi commutata in ergasolo).Manson era accusato della strage di Cielo Drive, a Los Angeles, quando – il 9 agosto 1969 – in una villa furono assassinati Sharon Tate e quattro suoi amici. A carico di Manson, per la legge americana, anche il doppio omicidio di Leno LaBianca e sua moglie. Nato a Cincinnati il 12 novembre 1934, Manson è morto il 19 novembre 1917 dopo aver trascorso 46 anni dietro le sbarre. Nel blog “Petali di Loto”, Paolo Franceschetti ricorda che non gli fu permesso di pronunciare davanti alla corte, ma solo di fronte al giudice, il suo celebre discorso di commiato – l’ultimo atto del processo, prima della sentenza. Aver negato all’imputato la possibilità di rivolgersi alla corte (forse nel timore che cambiasse idea sulla sua colpevolezza), secondo l’avvocato Franceschetti costituì un’irregolarità formale, nella procedura giudiziaria. La condanna di Manson è tuttora controversa, e le prove della sua colpevolezza sono tutt’altro che granitiche.Il saggista Gianfranco Carpeoro mette in relazione Manson, allora aspirante rocker, con l’ex produttore discografico dei Beatles, il geniale Phil Spector, amico del regista Roman Polanski. Al regista, sostiene Carpeoro, Spector raccontò la storia della sua vita: i suoi genitori, satanisti, lo avevano “consacrato al diavolo”. Polanski avrebbe ripreso la vicenda nel film “Rosemary’s baby”, facendo infuriare Spector: fino al punto da spingerlo a far assassinare la moglie di Polanski, Sharon Tate? Sempre secondo Carpeoro, lo stesso Spector (ora in carcere per un altro omicidio) sarebbe legato sia all’assassinio di John Lennon che a quello di Michael Jackson. Lennon, ucciso dal giovane Mark David Chapman (che dirà che fu “il demonio” a spingerlo a sparare), si era rifiutato di cedere a Spector i diritti delle canzoni dei Beatles. Più tardi, Spector chiese di avere quei diritti da Michael Jackson, che nel frattempo li aveva acquistati. Jackson morì per l’iniezione letale praticatagli dal dottor Conrad Murray (condannato per l’omicidio). «Era stato proprio Spector – sostiene ancora Carpeoro – a fare in modo che Murray diventasse il medico di Michael Jackson».Secondo la ricostruzione di Carpeoro, è possibile che qualcun altro – non Manson – abbia commesso la strage di Cielo Drive nel ‘69. Ed è probabile che il mandante abbia chiesto a Manson e alla sua banda di inoltrarsi nella villa (lasciando impronte digitali ovunque) dopo che gli omicidi erano stati compiuti. E’ noto che Spector conosceva Manson, e che gli aveva promesso di aiutarlo a emergere, come musicista. Una volta in carcere, Manson non ha mai ammesso di aver compiuto la mattanza di Los Angeles, dando però la sensazione di non dire tutto quello che forse sapeva, al riguardo. Negli ultimi anni, dal carcere, ha chiesto di incontrare Spector – che però si è rifiutato di vederlo. Nel 2014, il legale di Spector ha annunciato che l’ex produttore musicale, ormai quasi ottantenne, ha perso definitivamente l’uso della parola.Ho passato la mia vita in carcere. Ho sempre visto la gente del mondo libero come i buoni e la gente nelle prigioni come i cattivi. Sono sempre stato in galera e sono rimasto stupido, osservando il vostro mondo crescere, senza riuscire a capirlo, senza capire le cose che voi fate. Ho fatto del mio meglio per tirare avanti nel vostro mondo. Ho fatto tutto ciò che ho potuto per andare d’accordo con voi, e non ho ordinato a nessuno di voi di fare nulla di più di quello che voleva fare. Quello che voglio è essere in pace, qualunque cosa comporti. Ma questo non me lo permettete. Perché il vostro mondo è fatto di immondizia ai lati della strada, e io sono una delle vostre immondizie. Ora volete uccidermi. Ma io sono già morto, lo sono stato per tutta la mia vita. Io vivo nel mio mondo, e sono il re del mio mondo, anche se è un immondezzaio, se è nel deserto o da qualunque altra parte. Voi potete uccidere il corpo, ma non potete uccidere l’anima. L’anima è sempre là, all’inizio e alla fine: non potete fermarla, è più grande di me. Nella mia mente io vivrò per sempre, e nella mia mente io ho sempre vissuto. Sono solo quello che avete costruito. Vi aspettate di spezzarmi? Impossibile, mi avete spezzato anni fa. Stavo seduto in cella quando il tipo mi apriva la porta e diceva: vuoi uscire? Io lo guardavo e dicevo: e tu, vuoi uscire? Tu sei in prigione, tutti voi siete in prigione. La legge che è in voi è peggiore della legge che è in me.
-
La Cina è sovrana nella moneta: per questo vincerà sempre
Canton, Shanghai, guardatele, fanno sembrare Ny e Chicago robetta da Sant’Arcangelo di Romagna o Urbino. Si tratta di città che, si badi bene, solo pochi anni or sono erano accumuli di baracche e qualche palazzaccio di cemento. Poi tutti sapete che la Cina nel tempo in cui Usain Bolt corre i 100 metri è diventata la seconda economia del pianeta. Come ho detto e scritto fino ad annoiare me stesso, nulla, neppure un granello di libero mercato che gli idioti come Boldrin, Giannino e Padoan predicano ancora qui – tipo patetici manichini zombie dimenticati sul set di “Thriller” di Michael Jackson nel 1982 – nulla, dicevo, di libero mercato ha sostenuto un’esplosione, inimmaginabile nella storia dell’economia, come quella cinese. Dietro c’è, chiaro e semplice, uno Stato sovrano nella moneta che ha detto ai mercati: “Hey, siamo qui, abbiamo Renminbi con cui ripagarvi all’infinito, li stampiamo noi! Pagheremo poco i lavoratori ma fino a un certo punto, perché poi Pechino li proteggerà sempre (e poi hanno 3.000 miliardi di dollari in valuta estera, se proprio volete stare tranquilli, ma anche se no, non importerebbe)”.Tutto andava bene, per forza. Ma poi ci fu un crollo, in Cina. E indovinate, ma indovinate! quando il crollo è avvenuto? Quando il cosiddetto libero mercato ha infettato la Cina dalla porta di servizio. Ecco la storia. I soliti speculatori privati, cinesi e stranieri, attirati dal Tesoro di Atlantide cinese, si sono messi a prendere in prestito somme immense da finanziatori illegali chiamati “underground margin lenders” su cui Pechino non poteva avere controllo. Tutti ’sti soldi sporchi sono finiti a gonfiare le solite “bolle di Borsa o immobiliari” (stessa storia degli Usa 2000-2007, del Portogallo, dell’Irlanda, della Spagna, dell’Islanda…), e nel 2015 Pechino e tutto l’apparato comunista fino alla Banca Centrale della Cina (Boc) si ritrovano con uno tsunami che non avevano previsto. Crolla la Borsa, nel nord-est del paese sono comparse intere città grandi come Milano con milioni di palazzi costruiti dai privati speculatori e totalmente deserti, banche con insegne grandi come cartelloni di Bruce Springsteen ma dove mai si sedette un singolo impiegato, aeroporti con 14 piste di decollo e intere divisioni dei vigili del fuoco ma dove mai è decollato o decollerà un singolo aereo.Vi chiederete, ma se un governo centrale con moneta sovrana ha potere di fuoco infinito, allora perché Pechino non è intervenuto a finanziare questa Hiroshima creata da ’sti investitori illegali? E non li ha arrestati e ficcati nelle notoriamente non carine carceri cinesi? La risposta è che il governo cinese non è scemo, fa la Mmt. Lui, Pechino, non spreca valuta e tempo per rimediare alla disoccupazione causata dai ladroni del libero mercato. Ha preso la gran parte dei cittadini allora turlupinati dal libero mercato e li ha messi a lavorare nei lavori di Stato. Cioè immense imprese statali che producono e vendono, eccome se vendono. Naturalmente se andate a vedere cosa scrivevano “Bloomberg”, la “Bbc”, il “Wall Street Journal”, o “Reuters”, fra il 2015 e il 2016, ohhh!, ecco: “Il debito pubblico cinese che finanzia la disoccupazione è esploso e porterà Armageddon alla Cina!”. E’ successo per caso? No, no, no. Dai, non perdiamo tempo, la Mmt in questi dettagli non sbaglia mai, la Cina non sbaglia, non sono Giuliano Amato (conato). Non è successo un cazzo. La Cina è ancora lì e anzi…Pechino ha sniffato l’aria al volo, e nel giro di pochi mesi l’immenso apparato comunista ha saputo decidere ciò che per il pollitalici polli di Palazzo Chigi avrebbe richiesto forse un secolo? O due? Pechino in poche settimane ha di nuovo aperto le borse della Boc e ha rifinanziato, attenti, quello che è il più massiccio spostamento d’investimenti della storia umana, cioè dalla fabbrica o dal cantiere che furono la prima ondata di salvezza statale, li ha spostati nella high tech, nella Ai, nei semiconduttori, nei materiali come gli Oleds e i Cobots. E, indovinate? Gli stipendi reali in Cina nel 2106-2017 sono cresciuti del 7% e l’inflazione è allo 0,8%. In Italia sono cresciuti dello 0,3% e l’inflazione è all’1,40%, quasi il doppio della Cina. Certo, la Cina non è il paradiso del lavoro. Interi settori industriali cinesi hanno dovuto chiudere quando l’Europa è collassata sotto il peso dell’economicidio dell’euro, trascinandosi dietro tutto l’Est europeo, che anch’esso come la Ue comprava dalla Cina. Ma un interessante studio della “Bbc” ci dimostra che anche nei casi peggiori, dove i lavoratori cinesi furono costretti dalle crisi occidentali a tornare alle campagne perché licenziati, essi hanno avuto una sopravvivenza familiare degna, inimmaginabile in Italia o in Germania. E sapete perché? Di nuovo: le aziende cinesi arrivano anche nelle province più sperdute, e con prestiti garantiti dalla Boc statale, investono anche sui piccolissimi contadini.Ecco come. Essendo le province più arretrate della Cina, ehm, arretrate, i lavoratori che vi ritornano perché licenziati dalle mega-industrie delle mega-città, possono fiorire semplicemente portando il loro ‘know how’ fra le campagne e in villaggi di mondi sperduti. Creano mini-aziende, esportano mini-tecnologia in edilizia o manifatturiero, ma sono pagati con soldi stampati dalla Boc, mica da Fata Turchina (ditelo a un licenziato delle ceramiche di Faenza se questo gli è possibile, fare mattonelle a Conselice da solo). Ora vi dico una cosa, che non so quanti di voi possano capire, perché bisogna aver girato gli slums del Centro America, dell’Africa, della Siria, come feci io quando potevo, per capirlo. Uno dei fenomeni più abietti della povertà umana è proprio la migrazione dalle campagne alle città, sempre finita appunto in immensi slums di atroce degrado. In Cina il fenomeno è esattamente l’opposto. La migrazione campagnola cinese nelle città, dati della Fao e di Oxfam, ha prodotto in maggioranza (non tutta, ovvio) la più grande esplosione di ricchezza sia per le aziende che per i lavoratori mai vista al mondo. Invece i 130 milioni di pakistani, gli 80 milioni di etiopi, i 901 milioni di indiani ed eserciti di contadini siriani, hanno solo trovato miserie inimmaginabili nella loro città. Perché?La risposta: perché nessuno dei governi sopraccitati – Pakistan, Etiopia, India, Siria – ha mai capito la Mmt, e nessuno di loro ha mai, come la Cina, abbracciato il fantasma (sbraitato in Occidente) del deficit di bilancio per aiutare il loro poveri. La Cina, e la Boc, sì, invece lo hanno fatto. Poi, per carità, Pechino non è retta da Gesù Bambino, per nulla, ma almeno sull’economia sta manovrando da Dio in terra, poche balle, e ora ancora meglio… Siamo sempre con uno Stato a moneta sovrana, la Cina, ok? Può stamparla e investire dove gli pare. Questo Stato – ovvio, sempre la Cina – ha propri esportatori privati, e in genere questi hanno sempre bussato alle porte di Usa e Ue. L’Ue oggi è putrefatta, e gli Usa fanno la retorica Trump del “basta comprare cinese”. Xi-Jinping, leader supremo di Pechino, lo aveva capito da anni, e cosa ha fatto? Ecco: ha sborsato moneta di Stato sovrana e riserve in dollari per rendere sufficientemente ricche le nazioni attorno alla Cina – Laos, Thailandia, Cambogia, Birmania e Australia – affinché queste poi divenissero mercati che comprano cose cinesi. Semplice. Lo Stato usa la sua moneta, che crea dal nulla, per favorire il suo settore privato, di cittadini e aziende (Barnard lo diceva a “La Gabbia”, sul sito, in conferenze, eccetera).Lo hanno per caso fatto quei nazi-tonti della Merkel con la Grecia, col Portogallo o con altri paesi? No, hanno fatto il contrario e ora l’economia tedesca si contrae così, leggete Eurostat: «Il rischio di finire in miseria è aumentato per i lavoratori in 7 Stati Ue su 10. Peggio dell’Italia fa solo la Germania. Tra i lavoratori tedeschi il medesimo rischio è aumentato di oltre 5 punti percentuali». Ma di più! Il Premio Nobel della Pace Aung San Suu Kyi, birmana dissidente e detenuta per decenni, oggi guida il suo paese come ministro nella transizione alla democrazia, e con chi colloquia? Con la moneta sovrana della Cina (be’, magari, Aung, un’occhiata ai diritti umani in Cina, una come te poteva darla…). Ma sapete, i diritti umani senza investimenti e salari sono aria fritta. Credo che Aung faccia bene. Poi la Cina di Mr. Xi “con lo Stato non si scherza un cazzo” Jinping, l’altro giorno ha beccato uno speculatore cinese, un Soros con occhi a mandorla, e ha visto che lucrava troppo. Si chiama Yao Zhenhua, era il padrone di un gigante assicurativo privato cinese chiamato Baoneng. Lo ha preso per il colletto e gli ha letteralmente detto: “Ciccio, tu lucri troppo sui nostri cittadini, ora per 10 anni tu non lavori più. Passi lunghi e ben distesi, ciccio”. E Yao, coda fra le gambe, è in ferie per 10 anni e sta muto. Fine. Ecco cosa può fare una moneta sovrana anche in una zona geoglobale che fino a ieri era letteralmente alla fame, a mangiare radici, ma oggi è la seconda economia del mondo. Domani sarà la prima, con moneta sovrana. Noi Ue? Dai… rileggete tutto.(Paolo Barnard, “La Cina, magari”, dal blog di Barnard del 9 aprile 2017).Canton, Shanghai, guardatele, fanno sembrare Ny e Chicago robetta da Sant’Arcangelo di Romagna o Urbino. Si tratta di città che, si badi bene, solo pochi anni or sono erano accumuli di baracche e qualche palazzaccio di cemento. Poi tutti sapete che la Cina nel tempo in cui Usain Bolt corre i 100 metri è diventata la seconda economia del pianeta. Come ho detto e scritto fino ad annoiare me stesso, nulla, neppure un granello di libero mercato che gli idioti come Boldrin, Giannino e Padoan predicano ancora qui – tipo patetici manichini zombie dimenticati sul set di “Thriller” di Michael Jackson nel 1982 – nulla, dicevo, di libero mercato ha sostenuto un’esplosione, inimmaginabile nella storia dell’economia, come quella cinese. Dietro c’è, chiaro e semplice, uno Stato sovrano nella moneta che ha detto ai mercati: “Hey, siamo qui, abbiamo Renminbi con cui ripagarvi all’infinito, li stampiamo noi! Pagheremo poco i lavoratori ma fino a un certo punto, perché poi Pechino li proteggerà sempre (e poi hanno 3.000 miliardi di dollari in valuta estera, se proprio volete stare tranquilli, ma anche se no, non importerebbe)”.
-
Trump e le donne: la cara, vecchia macchina del fango
Se c’è qualcuno che ancora non ha capito quale sia l’importanza del cosiddetto “media news cycle”, ovvero il ciclo giornaliero delle news americane, vorrei offrirgli questa breve riflessione. Io per abitudine guardo la “Cnn” almeno un’ora al giorno. Nell’arco di quell’ora, infatti, mi rendo conto di quale sia il ciclo particolare delle news di quel giorno (dopo un’ora le notizie cominciano a ripetersi, e a meno di eventi eccezionali non cambiano più fino al giorno dopo). Partiamo quindi dal clamoroso scoop del “Washington Post”, che venerdì 7 ottobre ha reso pubblico il video del 2005 nel quale Donald Trump si vantava di poter fare alle donne tutto quello che vuole, “perché tanto lui è famoso”. Non appena compresa l’importanza della notizia Trump è corso ai ripari, e nel giro di 8 ore (venerdì sera) ha pubblicato su Facebook un video nel quale “si scusava” per quelle dichiarazioni, giustificandosi con il fatto che «però Bill Clinton ne racconta di molto peggio, quando andiamo insieme a giocare a golf».Il sabato mediatico è quindi trascorso a decidere se le scuse di Trump fossero sufficienti (e sincere), oppure no. Poi c’è stato il confronto diretto con la Clinton, domenica sera, e l’argomento ha occupato una sana mezz’ora del dibattito a reti unificate. Durante questo dibattito il moderatore, Anderson Cooper, ha avuto l’astuzia di chiedere a Trump se le sue fossero state «soltanto vanterie», oppure se avesse fatto davvero quelle brutte cose alle donne. Trump è caduto nella trappola e ha negato di averle fatte veramente, dicendo che in fondo si trattava solo di “locker room talk” (discorsi da spogliatoio, tipicamente maschili). A partire da lunedì, quindi, hanno iniziato ad uscire allo scoperto diverse donne che accusavano Trump di averle molestate sessualmente nel corso degli anni. Il focus del “news cycle” si è quindi spostato su ciascuna di queste donne, e sulla credibilità delle loro accuse. Trump sosteneva che fossero state pagate per mentire, mentre le donne sostenevano di essere state realmente molestate.Siamo andati avanti così per diversi giorni, con nuove donne che uscivano allo scoperto praticamente ogni giorno, ciascuna riempiendo il “news cycle” con la propria vicenda personale. Ad oggi siamo arrivati a 9 donne diverse che accusano Trump di averle molestate sessualmente. E ora che il filone delle accusatrici sembra estinguersi, l’argomento è passato in mano agli sportivi. Proprio mentre scriviamo queste righe, alla “Cnn” stanno intervistando diversi sportivi famosi, i quali si fingono offesi e indignati dalle parole di Trump. «Non è vero che negli spogliatoi facciamo questi discorsi», dicono gli eroi nazionali del baseball e del basket: «Noi siamo persone serie, rispettiamo le donne e negli spogliatioi parliamo soprattutto di sport». Certo, come no. E ‘l mi babbo è Michael Jackson. Grazie quindi a questo mix di ipocrisia politically correct e di mastodontico spin mediatico, siamo arrivati al decimo giorno consecutivo in cui sulle televisioni americane non si parla d’altro che delle molestie sessuali di Trump. Guardate che non è affatto poco, per una nazione che sceglierà il proprio presidente fra meno di tre settimane.(Massimo Mazzucco, “L’importanza del news cycle sui media americani”, dal blog “Luogo Comune” del 16 ottobre 2016).Se c’è qualcuno che ancora non ha capito quale sia l’importanza del cosiddetto “media news cycle”, ovvero il ciclo giornaliero delle news americane, vorrei offrirgli questa breve riflessione. Io per abitudine guardo la “Cnn” almeno un’ora al giorno. Nell’arco di quell’ora, infatti, mi rendo conto di quale sia il ciclo particolare delle news di quel giorno (dopo un’ora le notizie cominciano a ripetersi, e a meno di eventi eccezionali non cambiano più fino al giorno dopo). Partiamo quindi dal clamoroso scoop del “Washington Post”, che venerdì 7 ottobre ha reso pubblico il video del 2005 nel quale Donald Trump si vantava di poter fare alle donne tutto quello che vuole, “perché tanto lui è famoso”. Non appena compresa l’importanza della notizia Trump è corso ai ripari, e nel giro di 8 ore (venerdì sera) ha pubblicato su Facebook un video nel quale “si scusava” per quelle dichiarazioni, giustificandosi con il fatto che «però Bill Clinton ne racconta di molto peggio, quando andiamo insieme a giocare a golf».
-
Chi ha ucciso Sharon Tate, John Lennon e Michael Jackson
Prima la morte di Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, massacrata in una villa in California. Un crimine costato l’ergastolo all’ambiguo Charles Manson, ritenuto il guru di una setta satanica. Poi la tragica fine di John Lennon, il leader dei Beatles, freddato a colpi di pistola da un fanatico. E infine quella di Michael Jackson, morto in circostanze mai del tutto chiarite, dopo un’iniezione praticatagli dal medico personale. Morti clamorose e in qualche modo collegate tra loro, anche se nessuno lo potrà dimostrare. Lo sostiene l’avvocato Gianfranco Carpeoro, studioso di esoterismo e simbologia, massone con alle spalle importanti relazioni internazionali. Nella sua ipotesi di accusa, Carpeoro punta il dito contro il celeberrimo produttore musicale Phil Spector, attualmente in carcere per omicidio. E spiega: fu Spector ad allontanare Polanski dalla moglie, organizzandogli un viaggio in Europa, e poi a incastrare Manson, ritenuto il colpevole dell’omicidio. Spector era il produttore dei Beatles, voleva i loro diritti ma Lennon si oppose e lo cacciò. Divorzio fatale? Poi i diritti vennero acquistati da Michael Jackson, a cui proprio Spector fornì il medico che gli fu accanto al momento del decesso.Intervistato da “Forme d’onda”, trasmissione radio su web che si occupa di misteri irrisolti, Carpeoro punta il dito contro Phil Spector, di recente al centro di una scomoda ricostruzione cinematografica interpretata da Al Pacino. E’ stato il responsabile morale di tanti delitti eccellenti? «Spector è stato un satanista», sostiene Carpeoro, «nonché un produttore musicale straordinario, geniale». Il suo misterioso carisma avrebbe però spinto molte star – da Brian Ferry a David Bowie, da Freddy Mercury a Elton John – a respingere le sue offerte di collaborazione. Inventore della tecnica del “Wall of Sound”, Spector fu pioniere del suono dei gruppi femminili degli anni Sessanta come le Crystals e le Ronettes, e realizzò più di 25 singoli da classifica solo tra il 1960 e il 1965. Più tardi lavorò con Tina Turner e i Ramones, collaborò alla realizzazione di “Let it be” dei Beatles e al “Concert for Bangla Desh” di George Harrison, rispettivamente vincitori di Oscar e Grammy.«Phil Spector conosceva anche Charles Manson», l’ex giovane sbandato che – tra un arresto e l’altro – sognava di diventare una rockstar. «Sicuramente – aggiunge Carpeoro – gli avrà promesso di aiutarlo a coronare il suo sogno: per questo gli avrà chiesto di raggiungere la villa di Los Angeles, lasciando tracce della sua presenza, poco dopo la strage costata la vita a Sharon Tate». Lo stesso Spector, continua Carpeoro, «aveva organizzato il viaggio in Europa di Polanski, impegnato col film “Rosemary’s Baby”», che racconta di un “patto col diavolo” per avere successo: «In realtà era un film ispirato proprio a Spector, che aveva capito tutto». La moglie del regista, l’attrice Sharon Tate, fu massacrata a coltellate la sera dell’8 agosto 1969 insieme ad altre quattro persone, secondo la polizia da membri della “Charles Manson’s Family”, il gruppo di esaltati che circondava il guru.Sul posto furono rilevate le tracce dello stesso Manson, arrestato e condannato a morte (pena poi commutata in ergastolo con l’abrogazione della pena capitale in California). Secondo Carpeoro, a Manson fu chiesto un sacrificio, per depistare le indagini, in cambio del futuro aiuto per la sua ipotetica carriera musicale, non appena fosse stato scagionato. Una volta in carcere, completamente abbandonato a se stesso, Manson intuì di essere finito in trappola. «Eppure non parlò mai: finora si è ben guardato dall’accusare qualcun altro». Il suo avvocato morì in circostanze strane? «Forse, Manson gli aveva raccontato la verità. Ha visto la fine che ha fatto e quindi si è convinto a tenere la bocca chiusa».Dal mancato musicista Manson, sepolto vivo in una cella (per la giustizia americana è lui il colpevole della morte di Sharon Tate) ad una delle più famose popstar del secolo, John Lennon. «I Bealtles erano in crisi, da quando John Lennon e Yoko Ono avevano preso ad abusare dell’Lsd, che veniva fornita loro da Spector», racconta Carpeoro. «Le cose non facevano che peggiorare da quando, tra loro, era comparso il produttore: decisero di liquidarlo, dopo il duro scontro finale che proprio John Lennon ebbe con lui, anche perché Spector pretendeva di acquisire i diritti delle loro canzoni». Una decina d’anni dopo, Lennon è stato ucciso a colpi di pistola l’8 dicembre 1980 all’ingresso della sua casa di Manhattan. L’omicida, Mark David Chapman, appena tre ore dopo il fermo rilasciò una dichiarazione delirante, nella quale citava il protagonista del “Giovane Holden”, il capolavoro di Salinger, e il demonio. «Sono sicuro – disse – che una grossa parte di me sia Holden Caulfield, il resto di me dev’essere il diavolo».Fu sempre Spector, aggiunge Carpeoro, a introdurre a Hollywood il dottor Conrad Murray, condannato a 4 anni di carcere per “omicidio involontario” dopo le cure praticate al cantante la sera in cui morì, il 25 giugno 2009. «Michael Jackson era entrato nella massoneria di potere degli Stati Uniti», riferisce Caroeporo, «ma dopo un po’ si era allontanato da quel mondo e aveva lanciato segnali precisi, come la canzone “They don’t care about us” che denuncia l’incredibile sistema carcerario americano, e aveva fatto allusioni all’11 Settembre». Jackson, inoltre, si era rifiutato di cedere i diritti sulle canzoni dei Beatles, che aveva acquisito dopo lo scioglimento del gruppo inglese. E’ noto che Spector, quei diritti, li avrebbe voluti per sé, al punto da litigare violentemente con John Lennon. Oggi, Phil Spector, duramente provato dal carcere (è stato condannato nel 2009 per la morte della modella e attrice statunitense Lana Clarkson) avrebbe perso la facoltà di parola. Muto, come Charles Manson, in prigione ormai da decenni. Tragedie a catena, dalle quali alla fine non si salva nessuno: «E’ il tipico esito del satanismo», conclude Carpeoro, «che travolge chiunque pensi di stringere patti con chissà chi, facendo del male agli altri e alla fine a se stesso».Prima la morte di Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, massacrata in una villa in California. Un crimine costato l’ergastolo all’ambiguo Charles Manson, ritenuto il guru di una setta satanica. Poi la tragica fine di John Lennon, il leader dei Beatles, freddato a colpi di pistola da un fanatico. E infine quella di Michael Jackson, deceduto in circostanze mai del tutto chiarite, dopo un’iniezione praticatagli dal medico personale. Morti clamorose e in qualche modo collegate tra loro, attraverso singolari “coincidenze”. Lo sostiene l’avvocato Gianfranco Carpeoro, studioso di esoterismo e simbologia, massone con alle spalle importanti relazioni internazionali. Nella sua ricostruzione, Carpeoro evoca la figura del celeberrimo produttore musicale Phil Spector, attualmente in carcere per omicidio. E spiega: fu Spector ad allontanare Polanski dalla moglie, organizzandogli un viaggio in Europa. Nel delitto fu incastrato Manson, che era in contatto con Spector. Lo stesso Spector era il produttore dei Beatles, voleva i loro diritti ma Lennon si oppose e lo cacciò. Da allora, tra Spector e Lennon fu guerra. Poi i diritti vennero acquistati da Michael Jackson, a cui proprio Spector aveva fornito il medico che gli fu accanto nelle ultime ore, causandone il decesso.
-
Non è stato un incidente: chiedetevi perché sono morti
Cos’hanno in comune Olof Palme, Patrice Lumumba, la principessa Diana, il dottor David Kelly, Robin Cook, Yasser Arafat, Slobodan Milosevic e Hugo Chavez? E i musicisti che si sono opposti alla macchina da guerra occidentale, come ad esempio Jimi Hendrix, Jim Morrison, Bob Marley, John Lennon e Michael Jackson? Potrebbero essere stati uccisi anche per le loro teste, oltre che per le loro voci troppo indipendenti? Nonostante le prove indichino che sì, sarebbe possibile, pochissime persone sono disposte ad avventurarsi da quelle parti, compresi i tanti professionisti il cui compito sarebbe invece quello di farlo. E questo gli assassini lo sanno benissimo. Le prove (sia forensi che confidenziali) che sono state accumulate nel corso dei decenni, indicano che le morti di decine di influenti figure pubbliche occidentali, che si credeva fossero naturali o frutto di sfortunati incidenti, erano invece degli omicidi politici.Senza quasi eccezione, questi omicidi erano stati progettati e realizzati da forze che si nascondevano nelle zone grigie dei servizi segreti militari dei paesi Nato, scrive Tony Gosling su “Rt” in un servizio ripreso da “Come Don Chisciotte”. Per secoli, le parti in conflitto erano ben consce di come “un’onesta carneficina” sul campo di battaglia fosse la cosa migliore da fare, «ma dopo due guerre mondiali e l’insediamento dei filo-nazisti fratelli Dulles al Dipartimento di Stato Usa e alla Cia, tutto questo è cambiato: il complesso militar-industriale che essi hanno contribuito a creare è stato reso pressoché inattaccabile», grazie al mondo «colossale e segreto» delle comunicazioni strategiche, «più correttamente definito come “industria della propaganda”». La verità è che «viviamo in un’epoca in cui i media occidentali sono stati virtualmente fagocitati dagli interessi bancari e militari». E la Nato, che dovrebbe avere carattere difensivo, «grazie ai suoi eserciti ed ai suoi contractor privati (che fomentano carneficine in tutto il mondo)» è diventata una sorta di “Napoleone nucleare”, «che sta rendendo sempre più vicino il giorno in cui queste meravigliose armi potrebbero essere nuovamente utilizzate».La regola, aggiunge Gosling, è che «vanno bene solo i politici malleabili e “approvati” dalle multinazionali». Gli altri, vengono sabotati o addirittura eliminati fisicamente. «Per cominciare, sono stati assassinati i veri combattenti per la libertà, come ad esempio il congolese Patrice Lumumba». Un ufficiale dell’intelligence britannica in pensione, Daphne Park, ha ammesso solo nel 2013 che Lumumba fu quasi certamente assassinato dallo MI6, lo spionaggio inglese. Il laburista Robin Cook, ex ministro degli esteri britannico, si dimise subito prima dell’invasione militare dell’Iraq, nel marzo 2003. Negli anni successivi, preparandosi a guidare i laburisti nell’inevitabile dopo-Blair, aveva regolarmente condannato le azioni del premier e di Bush. Un giorno, nell’agosto 2005, mentre camminava con la moglie sulla montagna di Ben Stack, fu colpito da un “attacco di cuore”. Un elicottero militare che si esercitava in quella zona lo caricò a bordo per portarlo in ospedale. «Alla moglie Gaynor e ad un “misterioso soccorritore” che si trovava a passare da quelle parti non fu concesso di accompagnarlo», scrive Gosling. «Si dice che Cook sia morto in elicottero, nel volo verso l’ospedale».Il leader laburista predecessore di Blair, John Smith, morì anch’egli a causa d’un improvviso attacco di cuore. Molti – rileva il giornalista di “Rt” – sospettarono che la morte in realtà fu “indotta”, come sostenne ad esempio un fotografo che aveva parlato con le persone che erano in ospedale, quando Smith fu dichiarato morto. «I politici britannici tuttavia, restarono in silenzio, per timore di sconvolgere la sua famiglia». Dal Regno Unito al Medio Oriente: «E’ ormai chiaro che anche il leader palestinese Yasser Arafat fu avvelenato, probabilmente dagli israeliani, con il polonio radioattivo, proprio come la spia russa (e scrittore) Alexander Litvinenko». Uno studio di Frances Mossiker dimostra che l’uso segreto del polonio prova il ritorno in auge, negli ambienti elitari, di quelle azioni fuorilegge che, a titolo d’esempio, contribuirono a fomentare, a suo tempo, la Rivoluzione Francese. Altro caso, quello di Slobodan Milosevic: nel 2006, dopo aver cominciato a difendersi in modo determinato, anche l’ex presidente jugoslavo fu vittima di un “attacco di cuore”. Si sospetta però che sia morto a causa dell’avvelenamento del suo cibo, nella cella che occupava presso il Tpi, il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, una corte che «dovrebbe costituire un esempio luminoso per tutto il mondo» ma invece «rappresenta solo una versione farsesca della giustizia», con verdetti che obbediscono ai diktat Nato. «Dopo l’esperienza di Milosevic, si può capire perché i detenuti potrebbero fare lo sciopero della fame, quando arrivano all’Aja».Altra situazione ricorrente, l’incidente stradale: «Con i computer di bordo a comando diretto, di cui sono dotati molti veicoli moderni, gli incidenti d’auto sono diventati terribilmente facili da creare», spiega Gosling. La principessa Diana era sopravvissuta al famoso incidente dell’agosto del 1997, visto che la relazione dell’ambulanza indicata uno stato di coma molto lieve, ma molti «ritengono che la sua scomparsa sia avvenuta a causa del viaggio in ambulanza verso l’ospedale, che fu particolarmente lento». Poi ci sono le “coincidenze” di tipo sanitario: «Hugo Chavez morì di cancro nel 2013, dopo che molti leader sudamericani si erano ammalati della stessa malattia, grossomodo nello stesso periodo. Tanto per citarne qualcuno, il presidente argentino Cristina Fernandez de Kirchner, i presidenti brasiliani Lula e Dilma Rouseff e anche il presidente del Paraguay, Fernando Lugo». Facili sospetti, considerati «tutti i composti cancerogeni ben conosciuti dall’uomo di oggi, dalle sostanze radioattive alla diossina». Non ci vuole molta immaginazione per inventarsi un cocktail letale da somministrare all’ignara vittima. E non tutti sono coriacei come Fidel Castro, che si considera scampato a non meno di 600 attentati organizzati dalla Cia.Un capitolo sterminato riguarda la misteriosa morte delle rockstar, al culmine della loro (spesso brevissima) vita spericolata. Credevamo che se la fossero cercata, visto «il loro malsano appetito per le droghe e per la vita estrema», ma ora emergono anche motivazioni politiche, continua Gosling: Alex Constantine, nel libro “The Covert War Against Rock”, spiega che alcuni di loro – come la leggenda della chitarra Jimi Hendrix, veterano del Vietnam e contrario a quella guerra – furono visti come una minaccia per lo sforzo bellico». Si sospetta che Jim Morrison, il cui corpo fu spostato quasi certamente da una discoteca ad un bagno, sia stato assassinato nell’ambito di un preciso programma della Cia, conosciuto come “Cointelpro”. Con un seguito a livello mondiale, alla guida dei Doors, Morrison «era particolarmente pericoloso per l’establishment militare», anche perché suo padre George era un ammiraglio: «Comandante della flotta statunitense nel Golfo del Tonchino, era responsabile del progetto per gli attacchi “false flag” contro le navi americane, simulando che provenissero dal Vietnam del Nord». Le bugie dell’ammiraglio George Morrison, proposte in tutto il mondo, divennero la base per giustificare la guerra del Vietnam. Non era rassicurante che in famiglia ci fosse un figlio come Jim, strenuo oppositore di quel conflitto.L’affermazione “la polizia non considera questa morte come sospetta” sembra essere diventata la tipica firma inglese sugli omicidi del 21° secolo, una formula perfetta per sviare le indagini. E’ stata impiegata per “spiegare” la morte di un testimone-chiave, Sean Hoare, che doveva deporre nel luglio del 2011 contro Andy Coulson, portavoce del premier David Cameron. Il secondo testimone era David Smith, “suicidatosi” nell’ottobre del 2013. «Fu per anni l’autista di Jimmy Savile, forse il peggior pedofilo mai esistito in Gran Bretagna, molto amico del primo ministro conservatore Margaret Thatcher e del Principe Carlo». Per Gosling, «il fallimento della stampa, che ha mancato di interrogarsi su queste due morti, è pari solo all’indebolimento del sistema (una volta robusto) costituito dai coroner indipendenti, il cui lavoro, nell’ultimo millennio, è stato quello d’indagare su tutte le morti sospette. Ma, se sono onesti, i coroner vengono fermati». Il coroner di Bristol, Paul Forrest, dichiarò al “Bristol City Council” che i corpi si stessero “accumulando” negli obitori: fu prima sospeso e poi licenziato, sostituito da un collega più accomodante.Un’altra specializzazione dei killer-ombra consiste nel «seppellire per conto del Fmi i migliori documentaristi del mondo», continua Gosling, citando il caso della Libia: per vent’anni i media hanno ripetuto che Gheddafi doveva essere deposto, senza mai ricordare che, dopo aver liberato i libici dal debito con Fondo Monetario Internazionale, il Colonnello «stava guidando un movimento pan-africano per introdurre una moneta continentale, l’“African Gold Dinar”, che prometteva di liberare l’intero continente dal Fmi». Non mancarono testimonti attenti: nel 1996, “Channel 4 Dispatches” trasmise un documentario prodotto da “Fulcrum Tv”, e intitolato “Murder in St. James”. «Quel documentario – ricorda Gosling – dimostrava che la poliziotta londinese Yvonne Fletcher fu uccisa da un colpo che quasi certamente non proveniva dall’ambasciata libica, come invece sosteneva il governo britannico, ma da un edificio posto sull’altro lato della piazza, affittato dai servizi di sicurezza britannici».Allo stesso modo, nel 1994 la “Hemar Enterprises” realizzò, per la stessa emittente, “The Maltese Double Cross”, che accusava la Cia di aver manomesso la scena del crimine, «con la seria possibilità che sia stata essa stessa ad aver posto la bomba a bordo del volo “Pan Am 103”, che esplose mentre transitava sul cielo di Lockerbie, in Scozia, nel 1988». Lo scopo possibile? Uccidere agenti che stavano tornando negli Stati Uniti e che dovevano riferire su operazioni relative al traffico illegale di droga. Hemar Allan Francovich, produttore e regista della “Hemar Enterprises”, realizzò una serie di documentari che svelava le operazioni “coperte” della Cia. Manco a dirlo, morì per un “attacco di cuore” in circostanze misteriose, nell’area doganale dell’aereoporto di Houston, nel 1997. Dunque non furono i libici, come pare ormai certo, a uccidere la poliziotta Yvonne Fletcher, né fu l’agente libico Abdelbaset al-Megrahi a posizionare la bomba a bordo del volo “Pan Am 103”, esploso a Lockerbie.«Nessuna di queste accuse è stata provata», e tutta la stampa di Londra «ha cancellato dalla memoria collettiva i due documentari della “Channel 4 Dispatches”, che dimostravano la veridicità delle versioni alternative». Così, «negando i fatti descritti in quei documentari e garantendo che niente di simile potrà mai essere nuovamente trasmesso, i media di Londra hanno posto il paese su un percorso verso il totalitarismo». E’ accaduto anche negli Usa dopo l’11 Settembre e in Gran Bretagna dopo gli attentati del 2005 a Londra: i documentari “Loose Change” e “Ludicrous Diversion” sono stati diffusi solo su Internet. Nel frattempo, il boia occulto è sempre all’opera, come dimostrano gli omicidi del biologo David Kelly, dipendente del Ministero della Difesa britannico e coinvolto nella questione delle armi biologiche in Iraq, e del crittografo Gareth Williams in forza al Government Communications Head-Quarters (Gchq). Omicidi «negati ai più alti livelli della politica, della polizia e della magistratura», grazie ai quali «si è diffuso un clima di paura, in cui chi pone troppe domande rappresenta una “minaccia” e può aspettarsi di essere “trattato allo stesso modo”».Le istituzioni elitarie e gli stessi media – accusa Gosling – sono farciti di codardi e fenomeni da baraccone: «Anche se non sanno come si fa a governare un paese, le élite occidentali sanno però benissimo come si fa ad uccidere». Conclude il giornalista di “Rt”: «La prossima volta che vedrete un politico, un musicista o un opinionista che sfida il “consensus” Nato-Israele e che cade nel fiore degli anni, ricordate a voi stessi che l’aspettativa di vita queste vittime era più lunga che mai, se non avessero lanciato la sfida. E non aspettatevi che la polizia o i media nazionali pongano tutte le domande del caso ai “poteri costituiti”: non è compreso nel loro stipendio». In compenso, ci sono i documentari su Internet, realizzati da autori coraggiosi e capaci di denunciare i peggiori crimini. Non ci resta che condividerli «con il resto del mondo, con i poliziotti onesti e con il meglio di ciò che resta del giornalismo investigativo».Cos’hanno in comune Olof Palme, Patrice Lumumba, la principessa Diana, il dottor David Kelly, Robin Cook, Yasser Arafat, Slobodan Milosevic e Hugo Chavez? E i musicisti che si sono opposti alla macchina da guerra occidentale, come ad esempio Jimi Hendrix, Jim Morrison, Bob Marley, John Lennon e Michael Jackson? Potrebbero essere stati uccisi anche per le loro teste, oltre che per le loro voci troppo indipendenti? Nonostante le prove indichino che sì, sarebbe possibile, pochissime persone sono disposte ad avventurarsi da quelle parti, compresi i tanti professionisti il cui compito sarebbe invece quello di farlo. E questo gli assassini lo sanno benissimo. Le prove (sia forensi che confidenziali) che sono state accumulate nel corso dei decenni, indicano che le morti di decine di influenti figure pubbliche occidentali, che si credeva fossero naturali o frutto di sfortunati incidenti, erano invece degli omicidi politici.
-
Whitney, icona di vetro: non si esce vivi dagli anni ‘80
“Non si esce vivi dagli Anni Ottanta”. Lo cantavano gli Afterhours, mentre Enzo Jannacci parlava di «brutta musica fatta solamente con la batteria». Certi miti potevano brillare unicamente in quel decennio-parentesi. Lo sta scontando Sinead O’ Connor. Ha avuto modo di accorgersene Michael Jackson. E non poteva uscirne viva Whitney Houston. Non poteva sopravvivere, né sopravviversi. Figlia di Cissy Houston (corista delle Sweet Inspirations), cugina di Dionne Warwick. Aretha Franklin per madrina, non per maestra: non ne è mai stata erede. Non ci ha provato musicalmente, preferendo il pop al rischio; e in ogni caso non se ne è data il tempo.
-
Bob Dylan, un disco di Natale per sfamare i poveri
A ferragosto, la polizia del New Jersey lo aveva fermato per strada, scambiandolo per un vecchio vagabondo. «Sono Bob Dylan», ha spiegato, ma gli agenti non gli hanno creduto e l’hanno scortato all’albergo dove aveva lasciato i documenti. Ai poveri, comunque, Dylan stava pensando: si intitola “Christmas in the Heart”, Natale nel cuore, il disco natalizio che la Columbia Records lancerà il 13 ottobre. Babbo Natale d’eccezione, il menestrello di Duluth devolverà i proventi in beneficenza: le royalties andranno all’organizzazione “Feeding America”, che conta di utilizzarle per nutrire 1,4 milioni di famiglie indigenti, almeno durante le festività natalizie. «E’ una tragedia che la gente vada ancora a letto affamata»