Archivio del Tag ‘Nuova Caledonia’
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Francia, male oscuro: si suicidano le Guardie Repubblicane
Il 5 novembre, nel Parco dell’Hôtel de Matignon, sede del primo ministro francese, è stato trovato morto l’ennesimo gendarme della Guardia Repubblicana, l’equivalente dei corazzieri in Italia. Si tratta di un gendarme di 45 anni, probabilmente suicida – scrive Guido da Landriano su “Scenari Economici” – dato che la sua arma d’ordinanza è stata trovata di fianco a lui. Il problema non è il caso singolo, ma il fatto che, dall’inizio dell’anno, sono ben 31 i suicidi fra le guardie, secondo la rivista specializzata “L’Essor”. Ora, ragiona Landriano, le guardie repubblicane sono 2.800 (i corazzieri, meno di 800), per cui risulta un tasso di suicidi superiore al 1% nel 2018. E non siamo neanche a fine anno. Nel 2017 i suicidi furono 17, mentre nel 2016 ben 25. «Sicuramente il lavoro della Guardia Repubblicana non è facile, ma oltre 1% di suicidi in 11 mesi è una media elevatissima: lo sarebbe in qualsiasi reparto militare, perfino in tempo di guerra». Si può parlare di stress, rileva “Scenari Economici”, ma probabilmente qualcosa non va. «Secondo una ricerca, il 62% dei militari francesi vorrebbe lasciare l’esercito, ma anche questo non spiega un tal numero di suicidi».Il caso di Alexandre Benalla, il super-protetto di Macron, ha evidenziato come «vantaggi e carriere non vengano distribuite sulla base del merito o del lavoro, ma delle preferenze personali», e questo «può aver aumentato la frustrazione dei gendarmi». Oppure, insiste Guido da Landriano, «c’è un malessere più profondo, più segreto, che non si è ancora scoperto». Secondo “L’Essor”, l’ennesima morte di un militare della Guardia Repubblicana (sul posto di lavoro) non può certo passare inosservata. L’ufficio del primo ministro specifica che il gendarme deceduto era stato assegnato ai servizi di videosorveglianza del comando militare. La Procura di Parigi ha messo sotto sequestro l’Ispettorato generale della Gendarmeria Nazionale. L’inchiesta dovrebbe fornire maggiori informazioni sulle cause della morte della guardia. In viaggio in Nuova Caledonia, il primo ministro Edouard Philippe ha inviato le sue condoglianze alla famiglia del militare, esprimendo «il suo sostegno ai compagni del gendarme defunto» da parte di tutto lo staff di Palazzo Matignon.«Questo dramma – scrive “L’Essor” – arriva un mese dopo la pubblicazione, su Internet, di una lettera che denuncia le condizioni di lavoro dei gendarmi all’Hôtel de Matignon». Posta anonima, firmata semplicemente “i gendarmi della compagnia di sicurezza dell’Hôtel Matignon”. La denuncia: pessime condizioni di lavoro all’interno di questa unità. La lettera evoca in particolare un «profondo malessere» e deplora «una stanchezza generale e un superlavoro». Immediata l’indagine interna per accertare le difficoltà segnalate, ma il gendarme morto – scrive sempre la rivista francese – non era tra i commilitoni già ascoltati dalla commissione. Il malessere della guardia d’onore francese sembra riflettersi anche nelle forze armate, dove – rileva “Zone Militaire” – quasi una recluta su tre ormai getta la spugna dopo il primo anno nell’esercito, mentre secondo un sondaggio Dicod, addirittura, il 62% dei militari giovanissimi sarebbe intenzionato a restituire la divisa già dopo il periodo di prova.Voglia di fuga dalle stellette: «Quelli con un’anzianità di 11 a 20 anni, siano essi ufficiali o sottufficiali, sono i più numerosi (70%) a considerare un altro futuro nel civile. Inoltre, la marina è la più colpita, con l’81% dei suoi soldati professionisti che pensa di partire. Seguono l’aeronautica (72%), l’esercito (67%) e la gendarmeria nazionale (52%)». Diversa la situazione per i militari sotto contratto, di cui “solo” il 46% dice di considerare la possibilità di lasciare l’esercito. Ad ogni modo, aggiunge “Zone Militaire”, questa percentuale del 62% dei soldati in carriera che meditano di lasciare l’esercito è «un punteggio particolarmente alto, che riflette un fenomeno di logoramento». Per Guido da Landriano, comunque, il “male” della Francia non è solo superficiale: è profondo. L’attuale guida del paese «trovi una soluzione, o lasci spazio a chi la può trovare».Il 5 novembre, nel Parco dell’Hôtel de Matignon, sede del primo ministro francese, è stato trovato morto l’ennesimo gendarme della Guardia Repubblicana, l’equivalente dei corazzieri in Italia. Si tratta di un gendarme di 45 anni, probabilmente suicida – scrive Guido da Landriano su “Scenari Economici” – dato che la sua arma d’ordinanza è stata trovata di fianco a lui. Il problema non è il caso singolo, ma il fatto che, dall’inizio dell’anno, sono ben 31 i suicidi fra le guardie, secondo la rivista specializzata “L’Essor”. Ora, ragiona Landriano, le guardie repubblicane sono 2.800 (i corazzieri, meno di 800), per cui risulta un tasso di suicidi superiore al 1% nel 2018. E non siamo neanche a fine anno. Nel 2017 i suicidi furono 17, mentre nel 2016 ben 25. «Sicuramente il lavoro della Guardia Repubblicana non è facile, ma oltre 1% di suicidi in 11 mesi è una media elevatissima: lo sarebbe in qualsiasi reparto militare, perfino in tempo di guerra». Si può parlare di stress, rileva “Scenari Economici”, ma probabilmente qualcosa non va. «Secondo una ricerca, il 62% dei militari francesi vorrebbe lasciare l’esercito, ma anche questo non spiega un tal numero di suicidi».
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Reclus: la strage degli animali prepara guerra e genocidio
Il reduce della Comune di Parigi ha scritto acutamente circa il processo che permette agli esseri umani di commettere la violenza sugli animali, «un processo che potremmo chiamare di socializzazione specista», afferma Hochschartner. La reazione inorridita di un bambino di fronte allo sfruttamento degli animali «svanisce nel tempo, cedendo davanti alla perniciosa influenza dell’educazione quotidiana», ha dichiarato Reclus. «I genitori, gli insegnanti, in modo ufficiale o amichevole, i medici, per non parlare del singolo potente che noi chiamiamo “tutti”, lavorano tutti quanti insieme per “indurire” il carattere del bambino rispetto a questo alimento a quattro zampe che, tuttavia, ama come facciamo noi, e sente come noi».Forse anticipando il lavoro di scrittori come Joan Dunayer, Reclus ha riconosciuto il ruolo dei giochi linguistici nel negare o razionalizzare lo sfruttamento degli animali. «Gli animali sacrificati per l’appetito dell’uomo sono stati sistematicamente e metodicamente resi orrendi, informi, e sviliti in intelligenza e valore morale», ha scritto Reclus. «Anche il nome degli animali è stato trasformato, il cinghiale viene utilizzato come grossolano insulto, la massa di carne che vediamo sguazzare nelle piscine rumorose è talmente ripugnante da guardare che evitiamo ogni somiglianza tra il nome della bestia e quello dei piatti che se ne ricavano». Naturalmente, Reclus credeva nel collegamento tra la violenza sugli animali e quella contro gli esseri umani: «C’è poi così tanta differenza tra il corpo morto di una giovenca e quello di un uomo?».«Gli arti mozzati, le interiora mescolate uno con l’altro, sono molto simili», scrive Reclus. «Il massacro del primo rende facile l’omicidio del secondo, soprattutto quando fuori squilla l’ordine di un leader, o da lontano arriva la parola del maestro incoronato, “essere senza pietà”». Elisée Reclus è morto nel 1905 all’età di 75 anni. «Si dice che i suoi ultimi giorni siano stati resi particolarmente felici dalla notizia della rivoluzione popolare in Russia», secondo Camille Martin e John P. Clark. «Morì poco dopo aver sentito della rivolta dei marinai sulla corazzata Potemkin».Si illude, chi crede che macellare un vitello sia poi tanto diverso dal massacrare un cristiano: e non capisce che l’assuefazione alla strage quotidiana degli animali ci “prepara” all’indifferenza verso l’omicidio, la guerra, il genocidio. Parola di Elisée Reclus, anarchico francese e geografo nonché vegetariano militante: aveva, per l’epoca, idee molto progressiste riguardo ai diritti degli animali. Servendo come membro della milizia, partecipò attivamente alla rivolta che diede vita alla mitica Comune di Parigi del 1871, storica ribellione della classe operaia che lo stesso Marx definì «il presagio glorioso di una nuova società». Dopo la sua cattura da parte delle forze governative, Reclus venne inizialmente deportato in Nuova Caledonia, remoto arcipelago al largo delle coste dell’Australia. Ma grazie all’intervento dei suoi sostenitori, che secondo alcune fonti includevano anche Charles Darwin, una nuova sentenza ridusse la distanza del confino, permettendogli di vivere in Svizzera.