Archivio del Tag ‘Paul Joseph Watson’
-
Houellebecq: l’Europa non esiste, e la libertà sta finendo
L’Europa non esiste: è solo un incubo, dal quale ci sveglieremo. E La gamma di opinioni consentite, quelle cioè che le persone sono autorizzate a esprimere in pubblico, è in costante diminuzione. Lo afferma uno scrittore di culto come Michel Houellebecq, il cui recente bestseller “Sottomissione”, che mette in guardia la Francia da una “conquista islamica”, è stato pubblicato il giorno del massacro di Charlie Hebdo. Houellebecq è stato a sua volta preso di mira per avere sostenuto verità impopolari, ricorda Paul Joseph Watson su “InfoWars”, in una nota tradotta da “Voci dall’Estero”. Lo scrittore sarebbe tra le vittime di «una sorta di dittatura esercitata dal politicamente corretto». Secondo Houellebecq, inoltre, non esiste alcun popolo europeo che possa dare vita ad alcuno Stato democratico: in una parola, riassume “Voci dall’Estero”, l’idea di Europa unita è stata semplicemente «un’idea stupida», rivelatasi mostruosa come un brutto sogno e destinata a svanire. Lo stesso Watson avverte: Houllebecq «suona un campanello d’allarme per la libertà di parola». In un pezzo scritto per “Harper’s”, lo scrittore francese denuncia lo strangolamento della libertà di opinione. «Gli americani non sono più disposti a morire per la libertà di stampa», scrive. Ma scusate, «quale libertà di stampa?». E aggiunge: «Fin da quando avevo dodici anni ho visto la gamma di opinioni consentite sulla stampa restringersi costantemente».Lo stesso Houellebecq denuncia una nuova «battuta di caccia», in Francia, contro lo scrittore conservatore Éric Zemmour, autore di “The French Suicide”, che sostiene che la società francese sia stata fortemente danneggiata dal neoliberismo, dall’Islam e dall’ossequio al “politicamente corretto”. Recentemente, ricorda Watson su “InfoWars”, proprio Zemmour «ha fronteggiato una marea di critiche per aver avvertito che in Francia era in corso una “colonizzazione al contrario”, dovuta ai decenni di immigrazione di massa, causata dal disprezzo di sé della nazione». Nel 2002, aggiunge Watson, lo scrittore era stato addirittura portato in giudizio per odio razziale – e in seguito assolto – per avere dichiarato in un’intervista che l’Islam è «la religione più stupida». Inoltre, a periodi alterni, ha dovuto ricorrere a una scorta armata «dopo avere ricevuto minacce contro la sua vita da parte di terroristi islamici». Una storia che ricorda le gravissime intimidazioni cui fu sottoposto a partire dal 1988 Salman Rushdie, autore indiano naturalizzato britannico, “colpevole” di aver scritto il romanzo “I versi satanici”, che gli attirò la “fatwa” dell’ayatollah Khomeini. Il traduttore in italiano dell’opera, Ettore Capriolo (non protetto da nessuna scorta), nel ‘91 fu pugnalato – in modo non mortale – nella sua abitazione milanese.All’epoca però l’Europa era lontanissima da quella attuale: non si erano ancora visti gli effetti del crollo dell’Urss e mancava ancora un decennio all’11 Settembre e alle guerre che avrebbe innescato, attraverso cui l’Occidente avrebbe devastato i paesi islamici. Va da sé che il fenomeno migratorio verso il vecchio continente non fosse paragonabile, per dimensioni, all’attuale esodo. In un altro passo del suo articolo per “Harper’s”, sempre Houellebecq nota che l’Europa storicamente è sempre stata in lotta contro l’Islam, e che «quella lotta è semplicemente tornata in primo piano». L’autore francese, aggiunge Watson, «si aspetta anche che l’Unione Europea si dissolva e che la Francia diventi nuovamente un paese indipendente». Houellebecq è esplicito: «La mia convinzione – scrive – è che in Europa non abbiamo né una lingua comune, né valori comuni, né interessi comuni: in una parola, sono convinto che l’Europa non esiste, e che non costituirà mai un popolo né sosterrà una possibile democrazia (vedi l’etimologia del termine), semplicemente perché non vuole costituire un popolo». Letteralmente, chiosa Houellebecq, «l’Europa è solo un’idea stupida che si è gradualmente trasformata in un brutto sogno, dal quale alla fine ci sveglieremo».La provocazione di Houellebecq va inquadrata nella polemica montante contro il “regime mainstream” del politically correct, rispetto al quale si moltiplicano segnali di insofferenza come quelli espressi dai movimenti politici classificati come populisti e neo-sovranisti, irritati dal modello post-democratico dell’Ue che sta producendo l’attuale Disunione Europea. Quanto alla polemica con l’Islam, in cui riecheggia lo “scontro di civiltà” evocato da Oriana Fallaci, non si precisa quello che la storia dimostra: e cioè che è stata l’Europa cristiana, con le Crociate, a muovere guerra al mondo musulmano (che all’epoca dava protezione anche agli ebrei, ferocemente perseguitati dai cattolici). Se la rabbia anti-occidentale (palpabile in molti paesi arabi) è dovuta allo spietato colonialismo anglo-francese, è noto che deriva estremistica dell’Islam (fino al terrorismo, Al-Qaeda e Isis) fu deliberatamente progettata dall’intelligence Usa. Quanto alla Francia che secondo Houellebecq dovrebbe giustamente tornare sovrana, sarebbe ora che rendesse sovrane anche 14 sue ex colonie africane, che mantiene sottomesse e a cui spilla ogni anno, scandalosamente, 500 miliardi di euro.L’Europa non esiste: è solo un incubo, dal quale ci sveglieremo. E La gamma di opinioni consentite, quelle cioè che le persone sono autorizzate a esprimere in pubblico, è in costante diminuzione. Lo afferma uno scrittore di culto come Michel Houellebecq, il cui recente bestseller “Sottomissione”, che mette in guardia la Francia da una “conquista islamica”, è stato pubblicato il giorno del massacro di Charlie Hebdo. Houellebecq è stato a sua volta preso di mira per avere sostenuto verità impopolari, ricorda Paul Joseph Watson su “InfoWars”, in una nota tradotta da “Voci dall’Estero”. Lo scrittore sarebbe tra le vittime di «una sorta di dittatura esercitata dal politicamente corretto». Secondo Houellebecq, inoltre, non esiste alcun popolo europeo che possa dare vita ad alcuno Stato democratico: in una parola, riassume “Voci dall’Estero”, l’idea di Europa unita è stata semplicemente «un’idea stupida», rivelatasi mostruosa come un brutto sogno e destinata a svanire. Lo stesso Watson avverte: Houllebecq «suona un campanello d’allarme per la libertà di parola». In un pezzo scritto per “Harper’s”, lo scrittore francese denuncia lo strangolamento della libertà di opinione. «Gli americani non sono più disposti a morire per la libertà di stampa», scrive. Ma scusate, «quale libertà di stampa?». E aggiunge: «Fin da quando avevo dodici anni ho visto la gamma di opinioni consentite sulla stampa restringersi costantemente».
-
Fonti Usa: Siria, l’attacco coi gas è opera di Israele e sauditi
Il giornalista pluripremiato che indagò sul caso Iran-Contra, Robert Parry, sostiene che l’attacco con armi chimiche in Siria sia stato lanciato da una base congiunta saudita-israeliana per le operazioni speciali situata in Giordania, secondo quanto gli hanno riferito le sue fonti di intelligence. Gli analisti dei servizi segreti Usa hanno stabilito che un drone è stato responsabile dell’attacco e «alla fine sono giunti a ritenere che il volo sia stato lanciato in Giordania da una base per operazioni speciali saudita-israeliana a sostegno dei ribelli siriani», secondo la fonte. «La ragione sospettata per l’uso del gas velenoso era quella di creare un incidente che avrebbe rovesciato l’annuncio dell’amministrazione Trump di fine marzo sul fatto che non stesse più cercando la rimozione del presidente Bashar al-Assad», scrive Parry. Come evidenziammo già nel 2013, dopo un altro attacco con armi chimiche presso Al-Ghouta che venne attribuito ad Assad, i ribelli ammisero spontaneamente al corrispondente della “Associated Press” Dale Gavlak che erano stati riforniti delle armi dall’Arabia Saudita, ma avevano «maneggiato le armi in modo improprio e fatto partire le esplosioni».Il retroterra professionale di Parry conferisce credibilità alle informazioni. A suo tempo aveva dato copertura informativa allo scandalo Iran-Contra per l’“Associated Press” e per il settimanale “Newsweek” e successivamente fu insignito del premio George Polk per il suo lavoro sulle questioni di intelligence. La tesi secondo cui l’incidente ha costituito un’operazione “false flag” intesa a creare una giustificazione per degli attacchi aerei è stata ventilata anche dall’ex parlamentare Ron Paul così come da numerose altre voci di spicco, compreso lo stesso Vladimir Putin, che ha continuato a mettere in guardia sul fatto che i ribelli potrebbero ora mettere in scena un incidente simile a Damasco per pungolare gli Stati Uniti al rovesciamento di Assad. A chiunque si attribuisca la responsabilità dell’attacco, ciò non toglie nulla all’orrore di questo evento e al fatto che persone innocenti e bambini siano morti. Nel riscontrare quanto sia pesante nelle asserzioni ma priva di prove vere e proprie, Parry ha respinto la relazione di quattro pagine pubblicata dal Consiglio di Sicurezza Nazionale e diffusa dal presidente Trump, che accusa il governo siriano per l’attacco chimico.Il libro bianco afferma che «non possiamo rilasciare pubblicamente tutte le notizie di intelligence disponibili su questo attacco a causa della necessità di proteggere fonti e metodi», anche se, come sottolinea Parry, «in situazioni altrettanto tese in passato, i presidenti Usa hanno rilasciato dati sensibili di intelligence per dare man forte alle asserzioni del governo Usa, tra cui la divulgazione dei voli di spionaggio U-2 da parte di John F. Kennedy nel corso della crisi missilistica cubana del 1962 e la rivelazione di Ronald Reagan sulle intercettazioni elettroniche dopo l’abbattimento sovietico del volo 007 della Korean Airlines nel 1983». Parry ha sfidato l’amministrazione Trump a rendere le sue prove disponibili pubblicamente, ma ha anche chiesto lumi sul motivo per cui sia il direttore della Cia, Mike Pompeo, sia il direttore della National Intelligence, Dan Coats, non apparivano in una foto rilasciata dalla Casa Bianca, che mostra il presidente e una dozzina dei suoi consiglieri monitorare l’attacco missilistico del 6 aprile da una stanza nella sua tenuta di Mar-a-Lago in Florida. «Data la casistica sporadica in cui dal presidente Trump si ottengono i fatti correttamente, lui e la sua amministrazione dovrebbero fare uno sforzo in più per presentare prove inconfutabili a sostegno delle sue valutazioni, non solo insistendo sul fatto che il mondo deve “fidarsi di noi”», conclude Parry.(Paul Joseph Watson, “Fonti intelligence Usa: l’attacco chimico in Siria partito da base saudita”, da “Infowars” del 13 aprile 2017, tradotto e ripreso da “Megachip”).Il giornalista pluripremiato che indagò sul caso Iran-Contra, Robert Parry, sostiene che l’attacco con armi chimiche in Siria sia stato lanciato da una base congiunta saudita-israeliana per le operazioni speciali situata in Giordania, secondo quanto gli hanno riferito le sue fonti di intelligence. Gli analisti dei servizi segreti Usa hanno stabilito che un drone è stato responsabile dell’attacco e «alla fine sono giunti a ritenere che il volo sia stato lanciato in Giordania da una base per operazioni speciali saudita-israeliana a sostegno dei ribelli siriani», secondo la fonte. «La ragione sospettata per l’uso del gas velenoso era quella di creare un incidente che avrebbe rovesciato l’annuncio dell’amministrazione Trump di fine marzo sul fatto che non stesse più cercando la rimozione del presidente Bashar al-Assad», scrive Parry. Come evidenziammo già nel 2013, dopo un altro attacco con armi chimiche presso Al-Ghouta che venne attribuito ad Assad, i ribelli ammisero spontaneamente al corrispondente della “Associated Press” Dale Gavlak che erano stati riforniti delle armi dall’Arabia Saudita, ma avevano «maneggiato le armi in modo improprio e fatto partire le esplosioni».
-
Golpe Usa: stanno cercando di rubare la vittoria a Trump
L’arte della menzogna sembra ormai la vera specialità di Barack Obama. E ora è ufficiale: sta tentando di rovesciare Donald Trump, cancellando il verdetto delle urne. Pressioni inaudite sui “grandi elettori”, riuniti il 19 dicembre a Washington per confermare l’elezione del presidente, rischiano di trasformare «una formalità, una tranquilla giornata di democrazia» in una sorta di colpo di Stato, avverte Marcello Foa, citando uno dei più autorevoli commentatori americani, Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan. Craig Roberts denuncia apertamente il tentativo di golpe attraverso la Cia, che nei giorni scorsi ha fabbricato il caso delle presunte infiltrazioni di hacker russi nelle elezioni statunitensi, come documenta Michael Snyder, che denuncia l’assedio a cui lo staff di Obama e Hillary sta sottoponendo i parlamentari chiamati a ratificare il risultato elettorale. Un clima inaudito, dice Foa, confermato anche dal “Washington Post”: «I grandi elettori di ogni Stato, che dovrebbero semplicemente ribadire il risultato delle urne, stanno ricevendo incredibili pressioni al fine di indurli a non votare per Trump», definito un nemico dell’America al soldo dei russi.«Sono letteralmente bombardati di email e di telefonate in cui si evidenzia la pericolosità di Trump e in cui vengono evidenziati i rischi dell’America», scrive Foa sul “Giornale”, «mentre la Cia, l’Fbi e ovviamente Obama continuano a denunciare le interferenze russe nell’elezione nel tentativo, vano, di dimostrare che l’elezione non era regolare». Tentativo vano, insiste Foa, perché fino ad oggi non è stata presentata alcuna prova. Il significato della manovra, senza precedenti, è fin troppo chiaro: «Le élite globaliste che hanno governato l’America e indirettamente il mondo occidentale, stanno per uscire dalla stanza dei bottoni, visto che il magnate non ha piazzato i loro uomini nei dicasteri chiave», sottolinea Foa. «Quell’élite sta tentando di tutto per impedire che Trump entri davvero alla Casa Bianca e ribalti la politica estera e di sicurezza perseguita finora, a cominciare dai rapporti con la Russia e dalla lotta all’Isis, e corregga quella sulla globalizzazione incentivando la riscoperta di un “patriottismo imprenditoriale” sugli investimenti e sui posti di lavoro».Attenzione: quel che sta avvenendo in queste ore «è gravissimo ed è assolutamente incompatibile con i principi democratici», aggiunge Foa. «Speriamo che i “grandi elettori” non si lascino suggestionare», perché «se davvero Trump venisse rovesciato prima ancora di entrare in carica, gli Stati Uniti perderebbero qualunque legittimità di fronte al proprio popolo e al mondo». Alle élite importa poco? «A noi sì, tantissimo». Impressionante il succedersi degli eventi, nella ricostruzione che lo stesso Michael Snyder fornisce su “The Economic Collapse”, in un post ripreso da “Megachip”: «Donald Trump potrebbe ritrovarsi legalmente derubato della sua elezione il 19 dicembre, quando il collegio elettorale esprimerà il proprio voto, oppure il 6 gennaio, quando il Congresso si riunirà in seduta plenaria per contare questi voti». In questo momento, scrive Snyder, «gli apparati di potere sono nel panico completo e sembrano essersi accordati sul fatto che “l’interferenza russa nelle elezioni” sarà il pretesto che si propongono di utilizzare per cercare di sottrarre la presidenza a Trump».Obiettivo dei “golpisti”: «Convincere i membri del collegio elettorale, che dovrebbero essere vincolati al voto per Trump, affinché diano invece la loro preferenza a qualcun altro». E se questo non dovesse funzionare, «si sono già poste le basi affinché i voti del collegio elettorale possano essere potenzialmente invalidati quando il Congresso si riunirà in seduta plenaria per contare questi voti, il 6 gennaio». Un gruppo di 10 grandi elettori, scrive Snyder, ha già inviato una lettera al direttore della National Intelligence, James Clapper, chiedendo di «essere informati sui tentativi russi per interferire nelle elezioni di novembre». Questo gruppo è capeggiato dalla figlia di Nancy Pelosi, Christine. Inoltre, l’entourage della Clinton sta pubblicamente sostenendo la necessità che i membri del collegio elettorale vengano sottoposti ad un “briefing di intelligence” sulle interferenze russe, prima del loro voto. E il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha affermato che «Donald Trump ha chiesto alla Russia di hackerare i suoi oppositori», e ha quindi «beneficiato della malevola attività cibernetica dei russi». Come se non bastasse, il leader della maggioranza al Senato, Mitch McConnell, ha annunciato che è favorevole ad una indagine «sull’interferenza elettorale russa», che sarebbe apprezzata dai senatori Chuck Shumer, Jack Reed, John McCain e Lindsey Graham, a detta degli interessati.Stesso improvviso attimismo alla Camera: il deputato David Cicilline ha esortato i “grandi elettori” a prendere in considerazione, prima di esprimere il loro voto, «l’entità delle interferenze straniere nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, che potrebbero averne influenzato il risultato finale». E il collega Jim Himes ha definito Donald Trump «un pericolo per la repubblica». La rivista “Time”, aggiunge Snyder, sta apertamente facendo pressioni sui membri del collegio elettorale affinché votino per qualcun altro. E l’ex direttore generale della Cia «ha baldanzosamente dichiarato che i tentativi russi di alterare il risultato delle elezioni presidenziali di novembre sono stati “l’equivalente politico dell’11 Settembre”». Non è tutto: Bob Baer, ex agente della Cia, ha parlato di recente alla “Cnn” dove ha pubblicamente chiesto nuove elezioni se, a causa delle interferenze russe, fosse provata l’illegittimità della prima votazione. Un altro “ex operativo” della Cia e già candidato presidenziale, Evan McMullin, ha affermato che Trump «non è un americano leale», perché i suoi orientamenti non sono abbastanza anti-russi.Nella contesa si schiera anche l’“Huffington Post”, che «sta spacciando una decisione della Corte federale, risalente al 1995, come un precedente che potrebbe essere usato per sottrarre la presidenza a Donald Trump ed offrirla ad Hillary Clinton, se un tribunale scoprisse che le interferenze russe hanno alterato il risultato elettorale». Il responsabile per le comunicazioni di Hillary Clinton, Jennifer Palmieri, ha dichiarato che «uno Stato straniero» ha cercato di penetrare nel suo account Gmail qualche giorno prima delle elezioni. Lo stesso Obama, infine, ha ordinato all’intelligence di raccogliere tutte le prove possibili sulle interferenze elettorali russe e di consegnare a lui le suddette prove prima del termine del suo mandato. «La maggior parte dei sostenitori di Trump non si rende conto di quanto tutto questo sia serio», aggiunge Snyder. «Il potere in carica odia Trump nel modo più assoluto e vuole trovare un modo per impedire il suo insediamento». In altre parole: «Vogliono una giustificazione per poter negare la presidenza a Donald Trump e per questo stanno trasformando questa “interferenza russa sulle elezioni” in un problema, il più grosso possibile». Il che è anche ridicolo, come ha puntualizzato Paul Joseph Watson, che dice: «Noi per primi abbiamo interferito con elezioni straniere per molti, molti anni».«Non è affatto divertente – continua Watson, rivolto ai “golpisti” – che tutti voi democratici, che vi lamentate delle influenze straniere, non abbiate avuto obiezioni di sorta sul fatto che l’Arabia Saudita finanziasse la campagna elettorale della Clinton. Non avevate problemi a prendere tutti quei soldi da George Soros, vero? Non avevate problemi con il Dipartimento di Stato di Obama che rovesciava il governo dell’Ucraina. Non avevate problemi con l’interferenza di Obama nel referendum del Regno Unito sulla permanenza nell’Ue». Una cosa è certa: l’establishment battuto a novembre farà davvero di tutto per scippare la vittoria di Trump. Se fosse possibile convincere 37 “grandi elettori” repubblicani a votare per qualcun altro, piuttosto che per Trump, questo rimanderebbe la questione alla Camera dei Rappresentanti, «e non è chiaro che cosa farebbe questo ramo del Parlamento in un simile scenario», scrive Snyder. «Se Trump non fosse fermato a livello di collegio elettorale, c’è però la possibilità che possa venir sabotato quando il Congresso si riunirà in sessione plenaria, il 6 gennaio, per la conta dei voti elettorali». Di fronte a obiezioni scritte sui voti di singoli Stati, il Parlamento sarà chiamato a pronunciarsi in mondo vincolante. Annullando le elezioni? «Non so se questo succederà», dice Snyder. Ma, «se Donald Trump fosse derubato del risultato elettorale, la cosa getterebbe probabilmente l’intera nazione nel caos». Scenario possibile? Assolutamente sì: «Penso che, a questo punto, le élites preferirebbero rischiare il tutto e per tutto, pur di tenere Donald Trump fuori dalla Casa Bianca».L’arte della menzogna sembra ormai la vera specialità di Barack Obama. E ora è ufficiale: sta tentando di rovesciare Donald Trump, cancellando il verdetto delle urne. Pressioni inaudite sui “grandi elettori”, riuniti il 19 dicembre a Washington per confermare l’elezione del presidente, rischiano di trasformare «una formalità, una tranquilla giornata di democrazia» in una sorta di colpo di Stato, avverte Marcello Foa, citando uno dei più autorevoli commentatori americani, Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan. Craig Roberts denuncia apertamente il tentativo di golpe attraverso la Cia, che nei giorni scorsi ha fabbricato il caso delle presunte infiltrazioni di hacker russi nelle elezioni statunitensi, come documenta Michael Snyder, che denuncia l’assedio a cui lo staff di Obama e Hillary sta sottoponendo i parlamentari chiamati a ratificare il risultato elettorale. Un clima inaudito, dice Foa, confermato anche dal “Washington Post”: «I grandi elettori di ogni Stato, che dovrebbero semplicemente ribadire il risultato delle urne, stanno ricevendo incredibili pressioni al fine di indurli a non votare per Trump», definito un nemico dell’America al soldo dei russi.
-
Oggi teorie cospirative, domani verità: lo dice la storia
Forse, la prima vera operazione “false flag” dell’epoca moderna fu “l’incidente di Gleiwitz”, provocato dai nazisti nel 1939 vicino alla frontiera orientale: indossate le uniformi dell’esercito polacco, unità delle SS attaccarono una stazione radio tedesca per poi dare la colpa alla Polonia. Durante il blitz, le SS trasmisero un breve messaggio di propaganda in polacco. Poi uccisero dei prigionieri di un campo di concentramento vestiti con uniformi polacche e li lasciarono sulla scena, per far apparire l’incidente come un atto di aggressione progettato da Varsavia. Il giorno successivo, quando la Germania invase il paese confinante dando inizio alla Seconda Guerra Mondiale, Hitler citò l’episodio come uno dei pretesti. Nove giorni prima dell’incidente, Hitler aveva detto ai suoi generali: «Provvederò a un casus belli per la propaganda. La sua credibilità non ha importanza. Al vincitore non verrà chiesto se ha detto la verità». Anche se il termine “teoria del complotto” è diventato un dispregiativo usato contro chiunque metta in discussione la versione ufficiale degli eventi, innumerevoli esempi in tutta la storia delle cospirazioni hanno confermato i peggiori sospetti.«L’idea che i governi e le agenzie di intelligence svolgano atti di terrorismo sotto falsa bandiera è stata a lungo derisa dai media del sistema come una teoria della cospirazione, nonostante ci sia una pletora di casi storicamente documentati». Paul Joseph Watson e Alex Jones ne citano almeno dieci, famosi o famosissimi. Come l’Operarazione Ajax, che nel 1953 rovesciò il governo di Mohammed Mossadeq in Iran. La Cia ha ammesso il proprio ruolo nel golpe solo dopo mezzo secolo, nel 2013. Bilancio dell’attività terroristica: almeno 300 civili uccisi. Altra clamorosa “false flag”, lo scontro navale dell’estate del 1964 nel Golfo del Tonchino, che fornì il pretesto per la guerra del Vietnam. Peccato che nessuno sparò mai un solo colpo di cannone contro la flotta statunitense. Eppure, il 4 agosto 1964, il presidente Lyndon Johnson andò in televisione e disse al paese che il Vietnam del Nord aveva attaccato delle navi americane: «I ripetuti atti di violenza contro le forze armate degli Stati Uniti devono ricevere una risposta», dichiarò.Il Congresso approvò subito la Risoluzione del Golfo del Tonchino, che fornì a Johnson l’autorità per condurre operazioni militari contro il Vietnam del Nord. Nel 1969, oltre 500.000 soldati stavano già combattendo nel sud-est asiatico. «Johnson e il suo segretario alla difesa, Robert McNamara, avevano ingannato il Congresso e il popolo americano», scrivono Watson e Jones in un post su “Infowars”, tradotto da “Come Don Chisciotte”. «In realtà, il Vietnam del Nord non aveva attaccato la Uss Maddox, come il Pentagono aveva sostenuto, e la “prova inequivocabile” di un “non provocato” secondo attacco contro la nave da guerra degli Stati Uniti era uno stratagemma». Interamente all’insegna della “false flag” fu l’Operazione Gladio, cioè «il terrore sponsorizzato dallo Stato e imputato alla sinistra». In piena guerra fredda, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Cia e la britannica Mi6 collaborarono assieme alla Nato nell’Operazione Gladio per creare un esercito clandestino, o “stay behind”, al fine di combattere il comunismo nel caso di una invasione sovietica dell’Europa occidentale. Ben presto, però, la rete difensiva anti-Urss si trasformò in un esercito terrorista incaricato di intimidire l’opinione pubblica dell’Europa occidentale.«Gladio – precisano Watson e Jones – trascese rapidamente la sua missione originaria e divenne una rete terroristica segreta composta da milizie di destra, elementi della criminalità organizzata, agenti provocatori e unità militari segrete». Le forze armate “stay behind” erano attive in Francia, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia, Germania, e Svizzera. La “strategia della tensione”, quella che straziò l’Italia per due decenni, «venne progettata per far figurare i gruppi politici di sinistra europei come terroristici e per spaventare la popolazione, inducendola così a votare per governi autoritari». Dalla bomba di piazza Fontana a quella dell’Italicus, dai misteri del sequestro Moro (eseguito dalle Brigate Rosse ma “assistito” da una rete invisibile di protezione, anche all’insaputa degli stessi brigatisti), fino alla strage della stazione di Bologna: un retroterra torbido, popolato da servizi segreti molto opachi, infiltrati da organismi come la P2 di Licio Gelli, potente loggia massonica “deviata”, in collaborazione con gruppi neofascisti (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale), impiegati come manovalanza per le stragi. In ultima analisi, rilevano Watson e Jones, l’Operazione Gladio «ha causato la morte di centinaia di persone in tutta Europa». Secondo Vincenzo Vinciguerra, ex terrorista di Gladio all’ergastolo per l’assassinio di un poliziotto, la ragione di “stay behind” era semplice: l’organizzazione era stata progettata «per costringere la gente, i cittadini italiani, a pretendere dallo Stato maggiore sicurezza. Questa è la logica politica che sta dietro tutte le stragi e gli attentati che restano impuniti, perché lo Stato non può condannare se stesso o dichiararsi responsabile di quanto è accaduto».Alla guerra segreta contro il regime comunista di Fidel Castro a Cuba appartiene invece l’Operazione Northwood: nell’ambito dell’Operazione Mangusta della Cia, «lo stato maggiore Usa propose all’unanimità di realizzare azioni terroristiche sponsorizzate dallo Stato all’interno degli Stati Uniti». Il piano, aggiungono Watson e Jones, «prevedeva l’abbattimento di aerei americani dirottati, l’affondamento di navi americane e l’uccisione di cittadini americani, a colpi di arma da fuoco, per le strade di Washington». Lo scandaloso piano «includeva anche lo scenario di un disastro alla Nasa, che prevedeva la morte dell’astronauta John Glenn». Il presidente John Fitzgerald Kennedy, ancora vacillante dopo l’imbarazzante fallimento della Cia per l’invasione di Cuba alla Baia dei Porci, «respinse il piano nel marzo del 1962». E pochi mesi dopo, lo stesso Kennedy «negò all’autore del piano, il generale Lyman Lemnitzer, un secondo mandato come militare di rango più alto della nazione». Poco dopo, nel novembre del 1963, Kennedy fu assassinato a Dallas, in Texas.Si chiama invece “Fast and Furious” l’operazione in cui «il governo Obama ha fornito armi ai signori messicani della droga con l’apparente scopo di seguirne le tracce al fine di distruggere le gang». Secondo Watson e Jones, «era in realtà parte di un piano cospirativo per demonizzare il secondo emendamento», cioè il diritto del cittadino americano di portare armi. I documenti ottenuti da “Cbs News” nel dicembre 2011 dimostrano che gli agenti speciali dell’Atf avevano discusso su come avrebbero potuto collegare le armi coinvolte nelle violenze in Messico ai negozianti di armi degli Stati Uniti, al fine di far approvare normative più restrittive sul controllo delle armi. Una fonte della polizia ha detto a “Cbs News” che le email indicano che l’Atf ha “montato” il caso, come parte di una manovra politica: «È come se l’Atf avesse creato o incrementato il problema, in modo da poter essere proprio lei a fornire la soluzione». Quanto alla droga, i narcos non sono solo messicani o colombiani: la stessa Cia «è stata implicata in operazioni di traffico di droga in tutto il mondo, anche a livello nazionale, in particolare durante l’affare Iran-Contras».«Con la benedizione della Cia», i miliziani che dall’Honduras contrastavano i guerriglieri di dinistra del Salvador e del Nicaragua «contrabbandarono negli Stati Uniti cocaina che venne poi distribuita come droga di prima qualità a Los Angeles, e i cui profitti furono poi versati ai Contras». Michael Ruppert, allora agente della polizia di Los Angeles, ha anche testimoniato di aveva assistito al traffico di droga della Cia. «I boss della droga messicani, come Jesus Vicente Zambada Niebla, hanno perfino dichiarato pubblicamente di esser stati ingaggiati dal governo Usa per operazioni di traffico di droga». Per Watson e Jones, «c’è un voluminoso corpo di prove che conferma che la Cia e i giganti bancari degli Stati Uniti sono i maggiori players in un commercio mondiale di droga del valore di centinaia di miliardi di dollari l’anno», come confermano anche le informazioni pubblicate da svariati osservatori, tra cui Gary Webb, su autorevoli blog d’inchiesta come “Prison Planet”. Banchieri e droga? Sì, e anche sigarette: secondo la Bbc, le aziende americane del tabacco sono state “prese con le mani nel sacco” nell’ingegnerizzare deliberatamente le “bionde”, additivandole con prodotti chimici che ne incrementano artificialmente la dipendenza. Per Clive Bates, direttore di “Ash” (Action on Smoking and Health), la scoperta ha messo alla luce «uno scandalo in cui le aziende del tabacco deliberatamente utilizzano additivi per rendere i loro dannosi prodotti ancora peggiori».Poi c’è lo sterminato capitolo dello spionaggio, fino alla sorveglianza di massa dell’National Security Agency. «Negli anni ‘90, quando gli attivisti anti-sorveglianza e i personaggi dei media stavano mettendo in guardia sulla vasta operazione di spionaggio della Nsa, vennero trattati come teorici paranoici della cospirazione», riordano Watson e Jones. «Ben più di un decennio prima delle rivelazioni di Snowden», l’agenzia di intelligence «era impegnata a intercettare e registrare tutte le comunicazioni elettroniche di tutto il mondo nel quadro del programma “Echelon”». Sorveglianza globale: “Echelon” era in grado di intercettare «ogni chiamata internazionale via telefono, fa, e-mail o trasmissione radio del pianeta». Nel 1999, il governo australiano ha ammesso di farvi parte, assieme a Stati Uniti e Gran Bretagna. In cabina di regia, già allora, c’era la Nsa. Un dossier del Parlamento Europeo risalente al 2001 afferma: «In Europa, tutte le comunicazioni e-mail, telefono e fax sono regolarmente intercettate», dall’agenzia smascherata da Snowden.Vastissimo, infine, il capitolo delle morti in apparenza accidentali. Non è solo cinema: nell’arsenale degli 007, anche il “dardo invisibile” che provoca l’infarto cardiaco. Ne parlò il Senato degli Usa già nel 1975, durante una testimonianza sulle attività illegali della Cia: «Fu rivelato che l’agenzia aveva sviluppato un’arma a dardi che causa un attacco di cuore». Nella prima udienza televisiva, svolta nella sala Caucus del Senato, intervenne Frank Church, senatore dell’Idaho e presidente della commissione d’inchiesta sul caso Watergate. «Church mostrò una pistola a dardi velenosi della Cia, rivelando così che la commissione era venuta a conoscenza del fatto che l’agenzia aveva violato un ordine presidenziale diretto, conservando uno stock di tossine di molluschi che sarebbe stato sufficiente a uccidere migliaia di persone», come conferma ancora oggi una pagina web del sito ufficiale del Senato statunitense. Il veleno penetra nel sangue e provoca l’arresto cardiaco. Al massimo, la vittima percepisce il fastidio di una puntura di zanzara. Veleno micidiale e invisibile: tutto ciò che resta è un puntino rosso sulla pelle. «Una volta che il danno è fatto, il veleno denatura rapidamente, in modo che nell’autopsia è molto improbabile rilevare che l’infarto è stato provocato da qualcosa di diverso da cause naturali».Forse, la prima vera operazione “false flag” dell’epoca moderna fu “l’incidente di Gleiwitz”, provocato dai nazisti nel 1939 vicino alla frontiera orientale: indossate le uniformi dell’esercito polacco, unità delle SS attaccarono una stazione radio tedesca per poi dare la colpa alla Polonia. Durante il blitz, le SS trasmisero un breve messaggio di propaganda in polacco. Poi uccisero dei prigionieri di un campo di concentramento vestiti con uniformi polacche e li lasciarono sulla scena, per far apparire l’incidente come un atto di aggressione progettato da Varsavia. Il giorno successivo, quando la Germania invase il paese confinante dando inizio alla Seconda Guerra Mondiale, Hitler citò l’episodio come uno dei pretesti. Nove giorni prima dell’incidente, Hitler aveva detto ai suoi generali: «Provvederò a un casus belli per la propaganda. La sua credibilità non ha importanza. Al vincitore non verrà chiesto se ha detto la verità». Anche se il termine “teoria del complotto” è diventato un dispregiativo usato contro chiunque metta in discussione la versione ufficiale degli eventi, innumerevoli esempi in tutta la storia delle cospirazioni hanno confermato i peggiori sospetti.