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Archivio del Tag ‘persecuzioni’

  • I Minoici in America: come occultare Atlantide e i Titani

    Scritto il 06/6/21 • nella Categoria: Recensioni • (Commenti disabilitati)

    E se tutto questo improvviso agitarsi attorno all’ultimo tabù, quello degli Ufo, nascondesse anche la paura per qualcosa che potrebbe accadere nel 2024, con l’ingresso di Plutone in Acquario, che per gli astrologi significa “rivoluzione”, cambio di passo epocale per il pianeta? Non è che i protagonisti dell’attuale ultimo show, la cosiddetta “disclosure aliena” (perfetta per archiviare l’altro spettacolo planetario, quello del Covid) hanno il fondato timore che, esattamente fra tre anni, lo spazio possa riservare sorprese indesiderabili, per gli odierni dominatori della Terra? Ragionando ad alta voce a “L’Orizzonte degli Eventi”, sul canale YouTube di “Border Nights”, Nicola Bizzi la butta lì: c’è chi pensa sia possibile che, proprio nel 2024, tornino dalle nostre parti quelli che la tradizione mitologica ha chiamato Titani. Ovvero: “divinità” che sarebbero approdate 90.000 anni fa alle nostre latitudini, provenienti dal sistema solare di Tau-Ceti.
    Ne parla Esiodo nella Titanomachia racchiusa nella Teogonia: i Titani sarebbero stati sfrattati 20.000 anni fa dopo aver perso una “grande guerra cosmica” con altre entità, che poi si sarebbero fatte conoscere come dèi olimpici nell’Ellade, e con nomi diversi in altri continenti. E perché mai sarebbero così importanti, i Titani come Prometeo, Atlante e Poseidone? Perché sarebbero stati i nostri “padri”, nientemeno: i discendenti di Giapeto ci avrebbero “fabbricati” geneticamente 80.000 anni fa, dando origine all’Uomo di Cro-Magnon, nei territori – non ancora sommersi e non ancora frazionati in arcipelago – del più mitico dei continenti scomparsi: Atlantide. Un’area vastissima, probabilmente estesa dalle Azzorre alle Svalbard, con le sue propaggini orientali non distanti da Gibilterra. Era comodo, il “continente perduto”, per raggiungere sia l’America che il Mediterraneo.
    Bene, e chi lo dice? Chi la racconta, questa storia? Platone, innanzitutto: nel Crizia, soprattutto nel Timeo e poi forse anche nell’Ermocrate, altro dialogo del sommo filosofo greco (andato smarrito o addirittura mai scritto, solo pensato). Però l’esistenza di Atlantide la davano per scontata anche autori come Tucidide e Tertulliano, Diodoro Siculo, Strabone, Plinio il Vecchio, Seneca: per loro era storia, non leggenda. Lo ricorda lo stesso Bizzi, nel monumentale saggio “I Minoici in America”, che ripercorre “le memorie di una civiltà perduta”. Dettaglio: anche tramite Solone, suo avo, Platone attinge le sue informazioni dall’Egitto, dove i sacerdoti avrebbero conservato il ricordo ancestrale dei primissimi colonizzatori venuti dal mare: la Stirpe del Leone, che avrebbe disseminato le rive del Nilo di piramidi e sfingi dalla testa leonina.
    Se l’origine “titanica” dell’umanità occidentale è una radicata convinzione della tradizione misterica eleusina, non suffragata però da documenti originali e fonti dell’epoca, Nicola Bizzi – con lo sguardo dello storico, monitorando attentamente l’archeologia – dimostra il clamoroso oscuramento, più che sospetto, della maggiore civiltà mediterranea che gli eleusini considerano di origine “atlantidea”: l’Impero Minoico di Creta. La tesi esposta: i “popoli del mare” risalenti a quel tempo (lelegi, pelasgi, egei e, infine, cretesi e troiani) restano “scomodi”, da studiare; si tende a sminuirne il ruolo, proprio per non dover approfondire la loro provenienza. Da dove venivano, le genti che seppero erigere i palazzi di Festo e Cnosso millenni prima dell’età greca?
    Erano provetti navigatori, presenti in Egitto ben prima dei faraoni. Guerrieri, mercanti, formidabili architetti. Una civiltà stranamente avanzata, in possesso di una lingua come il Lineare A. La progenie dei Minosse si era espansa in tutto il Mare Nostrum, fino all’Anatolia e al Mar Nero, anche se si stenta sempre a evidenziare le sue tracce. Mezza Europa, poi – dalla Sardegna alle Isole Britanniche – mostra i segni di una cultura affine, megalitica, che “specchia il cielo con le pietre” riproducendo costellazioni, esattamente come poi faranno le culture precolombiane dell’America centro-meridionale. C’era un mondo molto più vasto, nel 3000 avanti Cristo, di quello che la storiografia ufficiale (sempre più spiazzata dai ritrovamenti recenti, come quello di Göbekli Tepe in Turchia) sia tuttora disposta a riconoscere? C’era stato un Grande Prima, che poi è stato meticolosamente occultato fino ai nostri giorni?
    Purtroppo, premette Bizzi, l’archeologia resta ingessata nelle sue ataviche pigrizie: continua a non ammettere (con un atteggiamento ben poco scientifico) la necessità di incrociare i propri dati con quelli di altre discipline. Per esempio: solo nel 2014, i geofisici hanno finito di capire che la Terra è stata terremotata da un doppio schianto apocalittico, di origine cometaria: la prima onda d’urto nel 10800, la seconda nel 9600 avanti Cristo. Il che – annota lo storico – corrisponde con la datazione (tradizionale, eleusina) dell’inabissamento di Atlantide. Una sorta di spaventoso Grande Reset, dal quale quella civiltà sarebbe poi risorta – dopo il “diluvio” – arrivando a rifiorire nel Mediterraneo fino all’altro cataclisma, l’esplosione del vulcano Santorini (attorno al 1600) che decretò il declino irreversibile dei Minoici, la cui ultima battaglia – la Guerra di Troia, che Omero narra nell’Iliade – verso il 1250 avrebbe messo fine all’ultimo capitolo dei popoli di origine “titanica”, non indoeuropea.
    In realtà, alle fonti eleusine è dedicato solo l’ultimo capitolo de “I Minoici in America”, in cui Bizzi esibisce inediti documenti custoditi dai discendenti italiani di quella corrente culturale, che si vuole originata dall’apparizione a Eleusi (alle porte di Atene) della dea Demetra: nel 1216, caduta Troia, la dea avrebbe rivelato alla comunità eleusina (di origine minoica) la sua vera storia, preannunciando un lunghissimo esilio, le persecuzioni in arrivo (puntualmente verificatesi, da Teodosio in poi) e infine un ritorno, da parte delle divinità “titaniche”. Chi è appassionato ai risvolti meta-storici, spesso classificati come mitologici, noterà certe ricorrenti ridondanze: per gli eleusini, Demetra veniva da Enna, in Sicilia, mentre Virgilio (nell’Eneide) affiderà al troiano Enea il ruolo di fondatore di Roma. La radice “En”, avverte Bizzi, significa “inizio”. E proprio En’n era il nome dell’isola maggiore del leggendario arcipelago perduto nell’Atlantico.
    Loro, gli Ennosigei, avrebbero egemonizzato le Sette Grandi Isole del Mar d’Occidente: da un loro geroglifico (”Hath-Lan-Thiv-Jhea”) il nome Atlantide, che in antico suonerebbe “la Grande Madre venuta dal mare”, a sottolineare l’impostazione matriarcale delle origini. Per gli eleusini, dice Bizzi, non è un caso che – sconfitti i Titani – le nuove divinità “usurpatrici” abbiano imposto culti dogmatici e schemi sociali basati sul potere patriarcale. Sempre secondo l’autore, il corpus sapienziale eleusino (il Tesoro del Tempio e gli Hierà) riuscì a sopravvivere in clandestinità grazie a Nestorio il Grande, leggendario Pritan degli Hierofanti eleusini, che lo fece sparire prima che a Eleusi facessero irruzione i Goti di Alarico, invitati dai vescovi cristiani perché mettessero le mani su tutti quei rotoli. Come se il culto “titanico” dovesse sparire dalla scena, per cancellare la memoria dell’imbarazzante origine atlantica? Operazione riuscita solo a metà, se è vero che l’ombra di Eleusi – mille anni dopo – riuscì ad allungarsi sul Rinascimento italiano, ispirando svariate signorie italiane a cominciare da quella medicea.
    Va però precisato che “I Minoici in America” non è un libro a tesi: attraverso 600 pagine di trattazione documentata, densa di citazioni puntualissime e corroborata da una bibliografia scientifica imponente, Nicola Bizzi si concentra soprattutto sugli studi dei ricercatori di oggi, pronti e denunciare le falle più vistose dell’archeologia ufficiale. Si mettono così a nudo le lacune e le contraddizioni di una narrazione che sembra voler parlare il meno possibile di Creta e dei suoi regnanti, delle loro fondamentali conquiste agevolate dalle superiori conoscenze di cui erano in possesso. Una su tutte – quella metallurgica – avrebbe permesso al Mediterraneo di entrare nell’Età del Bronzo, attingendo di colpo a un’enorme quantità di rame, ben superiore a quella disponibile a Cipro.
    «E’ stato stimato che oltre un milione di tonnellate di rame sia stato estratto, da ignoti minatori e per un periodo continuativo di circa mille anni, in migliaia di pozzi e gallerie sull’Isle Royal e sulla penisola Keweemaw, nello Stato americano del Michigan, nella zona dei Grandi Laghi al confine con il Canada». Lo si legge nell’incipit del capitolo “Le miniere minoiche del Michigan”: la datazione al radiocarbonio dei resti delle travi di legno utilizzate nelle gallerie risale fino al 3700 avanti Cristo. Secondo punto: per l’odierna mineralogia, che consente di determinare il “Dna” dei metalli e dunque la loro provenienza, il rame di Creta corrisponde esattamente a quello del Michigan. Terzo punto: come si naviga (a vela e a remi) dall’Egeo al Lago Superiore? Lo spiegano benissimo i tanti navigatori, antichi e poi medievali, che dall’America andavano e venivano tramandandosi rotte segrete e gelosamente custodite, dai tempi dei fenici e, prima ancora, dell’Impero dei Minosse.
    Dopo “Da Eleusi a Firenze” (e in attesa di “Da Eleusi a Washington”), chi apprezza le indagini di Bizzi non potrà che trovare appagante l’immersione tra le pagine di quest’ultimo prezioso lavoro, capace di incrociare dati ufficiali, riscontri mitologici e testimonianze archeologiche “scomode”, lungo una narrazione sempre avvincente e scorrevole malgrado l’esorbitante abbondanza di note, citazioni e riferimenti bibliografici estremamente accurati,  classici e contemporanei. L’impressione è quella di percorrere una storia parallela, i cui punti cardinali coincidono con quelli convenzionali, facendogli però cambiare segno: come se davvero una specie di grande segreto proteggesse scoperte scoraggiate in ogni modo, dalle navi minoiche cariche di lingotti alle città (greche) rinvenute nella selva amazzonica da esploratori coraggiosi, poi spariti nel nulla. Non c’è bisogno di fantasticare sugli eventuali Ufo “titanici” del 2024, per interrogarsi sulla domanda di fondo a cui Bizzi prova a rispondere: perché tanto accanimento, nel secolare “cover up” archeologico sui Minoici?
    (Il libro: Nicola Bizzi, “I Minoici in America e le memorie di una civiltà perduta”, Edizioni Aurora Boreale, 616 pagine, 30 euro).

    E se tutto questo improvviso agitarsi attorno all’ultimo tabù, quello degli Ufo, nascondesse anche la paura per qualcosa che potrebbe accadere nel 2024, con l’ingresso di Plutone in Acquario, che per gli astrologi significa “rivoluzione”, cambio di passo epocale per il pianeta? Non è che i protagonisti dell’attuale ultimo show, la cosiddetta “disclosure aliena” (perfetta per archiviare l’altro spettacolo planetario, quello del Covid) hanno il fondato timore che, esattamente fra tre anni, lo spazio possa riservare sorprese indesiderabili, per gli odierni dominatori della Terra? Ragionando ad alta voce a “L’Orizzonte degli Eventi“, sul canale YouTube di “Border Nights”, Nicola Bizzi la butta lì: c’è chi pensa sia possibile che, proprio nel 2024, tornino dalle nostre parti quelli che la tradizione mitologica ha chiamato Titani. Ovvero: “divinità” che sarebbero approdate 90.000 anni fa alle nostre latitudini, provenienti dal sistema solare di Tau-Ceti.

  • La New Age vi ha fritto il cervello, ora è tempo di lottare

    Scritto il 19/5/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Devo fare una comunicazione abbastanza forte, ora, a tutti coloro i quali si occupano di spiritualità: compagni, colleghi, amici, fratelli e sorelle. Se qualcuno si sentirà toccato, meglio. E mi prendo anche tutta la responsabilità, da sciamano e coach spirituale, di ciò che dico. E cercherò di farlo nel modo come al solito più  chiaro possibile, e senza mezzi termini. La maggior parte di voi è fuori di testa, e siete pure pericolosi. E adesso vi spiego perché. Vi state rifugiando “nella luce” e state fuggendo da ciò che stà arrivando: negandolo. Per polarità, lo alimentate. E vi state parando il culo, dietro a concetti spirituali: corretti, ma completamente distorti. “Stiamo nel flusso”, “Non alimentiamo pensieri negativi”, “Pensate alla luce”, “Tutto andrà bene”, “Facciamo cerimonie”, “Le guide mi hanno detto…”, “Arrivano gli angeli o gli alieni a salvarci”, “Aspettiamo il ritorno del Cristo…”. Mio Dio: sei tu, il Cristo. Quando il Cristo cacciò i mercanti dal tempio non lo fece con amorevolezza. Non era “nel flusso”? No, certo che lo era… un flusso di calci: perfetto.
    Quando il Signore Krishna manda Arjuna a combattere contro i suoi cugini, e lui dubita che sia la cosa giusta, cosa gli dice il Krishna? “Stai a casa, andra tutto bene”?! No, cazzo: gli dice che deve armarsi di coraggio, perché i suoi cugini sono malvagi e vanno fermati. Si chiama: giustizia. Al mondo esiste, la malvagità: accettalo. Tutto ha un scopo? Certo: quello della malvagità è di farti alzare il culo dalla “zona comfort” e di compiere una scelta. Il monaco guerriero della filosofia zen? Il guerriero tolteco?! Questa spiritualità non va bene? Ma la New Age vi ha fritto il cervello: non sapete più usare l’energia maschile. La state giudicando: credete che uno, solo perché si scalda, “è in reazione”. Se davanti a certe cose “in reazione” non ci vai, sei morto. Vi faccio un esempio pratico. Problema Uno: vedi un tizio per strada che stupra una ragazza; cosa fai? 1. Fai dei mantra o mediti, perché l’universo scelga il bene supremo; 2. Lo lasci fare, perché “tutto è nel flusso”, e quindi è perfetto; 3. Il bene e il male sono concetti e quindi magari è la lezione Dharmica/Karmica in linea con la sua evoluzione. 4. Ti metti ad urlare “polizia!”, lo prendi a calci, chiami i passanti e cerchi di salvare la ragazza.
    Risposta: nei casi 1, 2 e 3 non sì è “spirituali”, si è dementi. Nel caso 4 si fa semplicemente la scelta giusta, data dal buon senso. Problema 2: vedi che un manipolo di pochi uomini assetati di potere stanno corrompendo il mondo per portarlo alla distruzione, e stanno uccidendo con debito, crisi, povertà, pandemie, veleni e inquinanti, e stanno portando in particolare l’Italia verso una dittatura plutocratica, e in mezzo a una pandemia globale stanno attaccando tutti i diritti costituzionali. Che fai? Stai “nel flusso”? Li fermi a colpi di mantra? Rimani “nella luce”? Pensate forse che in Tibet i più grandi lama del mondo abbiamo fermato l’esercito cinese coi mantra? No. Infatti ora il Tibet è annesso alla Cina, e il Dalai Lama è in esilio dal 1954. Il problema non è ciò che accade fuori: il problema è come scegli di reagire a ciò che accade fuori. Non puoi scappare, dal mondo. Nel mondo esiste la dualità, e tu sei chiamato a scegliere quale parte decidi di servire. Puoi servire il bene oppure il male. Perché l’universo è Uno, ed è tutto perfetto, ma la realtà manifesta è duale. E la non-scelta è l’ignavia dei conigli.
    Il sistema stesso ha creato la New Age e queste credenze “spirituali” per togliervi il potere personale. Se nella spiritualità manca il coraggio, non è spiritualità. Se manca la passione, non è spiritualità. Se manca la verità, non è spiritualità. Se mancano l’aiuto e la dedizione al prossimo, non è spiritualità. Se la spiritualità è rivolta a solo a te stesso, non è spiritualità: ve la state solo raccontando. Il Dharma del pianeta è capire se governerà il bene oppure il male. E questo lo devono stabilire 7 miliardi di persone, con le loro scelte: qui, adesso, nei prossimi mesi e anni. Adesso, oggi, sono sotto attacco tutti i vostri diritti: libertà di scelta terapeutica, libertà di opinione, sovranità popolare, libera circolazione, libertà di espressione, libertà di pensiero religioso o spirituale, diritto alla salute, diritto alla democrazia, diritto alla privacy, libertà di stampa. I vostri diritti umani sono stati pagati col sangue dei vostri avi, e non state facendo nulla per difenderli.
    Che cosa ha fatto il Mahatma Gandhi davanti all’esercito britannico? È andato a casa? Ha pensato solo a se stesso? Ha detto al popolo indiano che non dovevano focalizzarsi sul “pensiero negativo” degli inglesi? Gli ha detto che sarebbe arrivato Krishna a tirarli via dai guai? Gli ha detto che la schiavitù era per il loro bene supremo? Gli ha detto che dovevano “stare nel flusso”? No. Gli ha dato coraggio. Gli ha aperto gli occhi. Gli ha detto la verità. Gli ha detto che poteva esserci un futuro migliore. Ma poteva arrivare solo se avessero trovato la forza dentro di loro. Non ha sparato un solo colpo: hanno fatto massa critica. Ma oggi le uniche entità che fanno massa critica sono le Sardine, gli acefali pilotati dal sistema stesso. In questo momento storico, dovreste essere tutti lì a denunciare questo sistema oppressivo, a far sentire la vostra voce, a informare le persone, a infomarvi voi per primi su cosa sta accadendo, e difendere quegli scienziati che stanno difendendo ciò in cui credete, e che vengono radiati e denunciati.
    Dovreste essere lì a difendere quei canali online che diffondono verità diverse da quelle del regime, e che rischiano l’oscuramento. Dovreste difendere e promuovere la Costituzione, impugnare la Carta dei Diritti Umani, creare movimenti per la verità: perché senza verità non esiste nessuna coscienza (ve la state raccontando). Uniamoci. Facciamo sentire che ci sono quasi 10 milioni di persone, tra operatori e simpatizzanti, che gravitano nel mondo olistico e sprirituale. Creiamo movimenti per i diritti umani, per la Terra e la Natura, per la medicina naturale e alternativa. Questo è il momento di tirare fuori tutto quello che avete appreso finora, e di portarlo nel mondo. Finché eviterete di vedere cosa sta accadendo davvero, e vi rintanate come topi, farete quella fine.
    (Enrico Balugani, “La piaga della spiritualità oggi”, messaggio pubblicato sulla sua pagina Facebook “Olomind” già il 6 maggio 2020, un anno fa. Balugani si definisce “Shaman” e “Spiritual Coach”).

    Devo fare una comunicazione abbastanza forte, ora, a tutti coloro i quali si occupano di spiritualità: compagni, colleghi, amici, fratelli e sorelle. Se qualcuno si sentirà toccato, meglio. E mi prendo anche tutta la responsabilità, da sciamano e coach spirituale, di ciò che dico. E cercherò di farlo nel modo come al solito più  chiaro possibile, e senza mezzi termini. La maggior parte di voi è fuori di testa, e siete pure pericolosi. E adesso vi spiego perché. Vi state rifugiando “nella luce” e state fuggendo da ciò che stà arrivando: negandolo. Per polarità, lo alimentate. E vi state parando il culo, dietro a concetti spirituali: corretti, ma completamente distorti. “Stiamo nel flusso”, “Non alimentiamo pensieri negativi”, “Pensate alla luce”, “Tutto andrà bene”, “Facciamo cerimonie”, “Le guide mi hanno detto…”, “Arrivano gli angeli o gli alieni a salvarci”, “Aspettiamo il ritorno del Cristo…”. Mio Dio: sei tu, il Cristo. Quando il Cristo cacciò i mercanti dal tempio non lo fece con amorevolezza. Non era “nel flusso”? No, certo che lo era… un flusso di calci: perfetto.

  • Sumeri, fenici e romani in America: la nostra vera storia

    Scritto il 16/5/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Chi siamo? Da dove veniamo? Dobbiamo imparare dai bambini: loro si chiedono sempre il perché di tutto. Io amo Platone, il suo metodo dialogico. Maieutica, in greco, significa ostetricia: farti nascere, stimolarti a trovare le risposte dentro di te. Nessuno di noi ha la verità in tasca, ma ognuno ha la capacità di arrivare a individuare una verità possibile. Il termine “verità” probabilmente è troppo grande, da usare. Però possiamo parlare di menzogna, questo sì. Da storico, ho sempre voluto indagare nei retroscena, della storia e della realtà che viviamo. E mi sono reso conto che tutto ciò che ci è stato insegnato è stato sempre finalizzato ad un solo obiettivo: il mantenimento dello status quo, il potere di chi comanda. Triste realtà: la storia la scrivono sempre i vincitori. I vinti, chiunque siano – i Troiani sconfitti dagli Achei, i Greci sconfitti dai Persiani, gli abitanti dell’Amazzonia sconfitti dalla deforestazione – non riescono mai a scriverla, la verità: vengono ridotti al silenzio. Sbagliatissimo: perché la ricostruzione del nostro passato riguarda tutti noi, sia i vincitori che i vinti, quelli che non hanno avuto la parola. E l’insegnamento della storia è sempre stato finalizzato a salvaguardare il potere di chi ha vinto.
    Quante bugie ci hanno raccontato, a partire dalla preistoria? Come ci sono state raccontate, le origini dell’umanità? Quante mistificazioni sono state perpetrate? In materia di storia e archeologia, lo Smithsonian Institute è una delle principali istituzioni culturali degli Stati Uniti, dove gestisce decine di musei. Ebbene, di recente è stato condannato da un tribunale federale americano, dopo una serie di denunce, per aver deliberatamente distrutto – nel corso di svariati decenni – migliaia di reperti archeologici “scomodi”. Perché mai distruggere un reperto archeologico? Perché tutto quello che va a infrangere il paradigma dominante è tabù: è vietato. Quest’anno c’è stata una censura terribile, su Internet, che continua tuttora. Ora, abbiamo a che fare con una situazione particolare: e chi mi conosce sa bene che, da un anno, sto combattendo una battaglia per la verità. Perché ci stanno raccontando parecchie bugie, su tanti fronti. Bugie sempre finalizzate al potere, al controllo, al dominio sulle masse. E la censura, purtroppo, fa parte di questo gioco: come nei tempi antichi, e poi nel medioevo e oltre.
    Fino al Sei-Settecento è rimasta il vigore la cosiddetta Santa Inquisizione: se personaggi come Galileo se la sono cavata abiurando, altri – come Giordano Bruno – hanno pagato con la vita il loro impegno a sostenere delle verità che il potere pretendeva di negare, di nascondere. E’ bene studiare, quindi, la vera origine e il reale percorso delle grandi civiltà. Ma soprattutto, è importante capire perché ci hanno imposto dei dogmi. Come mai la storia è piena di dogmi? Vengono chiamati “paradigmi”, ma in realtà sono veri e propri dogmi di fede. Io mi sono poi laureato in storia, ma la mia grande passione è sempre stata l’archeologia. Eppure faticavo: già ai tempi dell’università io ragionavo con la mia testa, e mi scontravo con i docenti. Mi dicevano: guarda che queste cose non le puoi dire. Non mi hanno mai detto: le tue osservazioni sono sbagliate. Macché: implicitamente mi davano ragione; ma mi spiegavano che certe cose non le potevo dire, perché infrangevano il famoso paradigma. Si deve sempre diffidare di chi pretende di essere un dispensatore di verità, da accettare come dogmi di fede.
    Si deve poter parlare di tutto: anche di Atlantide, e di altri continenti perduti. Perché mai, specie nella nostra civiltà occidentale, ci è sempre stato negato di conoscere un certo passato? Ho partecipato sul campo a tanti scavi archeologici (in Turchia, in Iran, in vari altri paesi) e conosco bene l’ambiente dell’archeologia. In effetti, tutto quello che non è coerente con i paradigmi vigenti, viene deliberatamente nascosto. Ci sono migliaia di reperti “scomodi” che sono stati distrutti. Ci sono siti “scomodi” che sono stati ricoperti e nascosti, addirittura vietandone l’accesso. E ci sono migliaia di reperti archeologici che vengono tuttora nascosti negli scantinati dei musei. E c’è un perché: danno fastidio. Potrebbero portare le persone a riflettere su altre sfaccettature della verità. Attraverso le civiltà antiche, ad esempio, si può arrivare a capire come si sono imposte le grandi religioni monoteistiche. Non voglio urtare la suscettibilità di nessuno, il mio atteggiamento è di grande rispetto; faccio però notare che Ebraismo, Cristianesimo e Islam hanno un comportamento dogmatico, esclusivistico.
    Io parlo di tutto: anche di come un’antica civiltà, di impronta matriarcale (presente in Europa fino alla tarda Età del Bronzo), sia stata poi soppiantata da una nuova cultura, di tipo patriarcale, che ha stravolto completamente gli antichi schemi della società. Anche questo viene generalmente omesso, dalla storiografia: viene taciuto, perché “scomodo”. Ancora oggi, infatti, ci troviamo in una società patriarcale, e quindi è diventato scomodo (quasi eretico) parlare di quello che c’era prima, e spiegare perché l’antica società matriarcale sia stata sostituita con il modello patriarcale. La Guerra di Troia è stata una delle vicende più epocali della storia antica. Molti pensano che sia stata semplicemente una guerra commerciale, per il controllo del traffico marittimo tra l’Egeo e il Mar Nero. Niente di più falso: quella fu una guerra di religione, e di cultura. Fu veramente l’apice dello scontro fra matriarcato e patriarcato. La civiltà troiana era fondata sul matriarcato e sul culto delle antiche divinità, gli dèi Titani, mentre gli avversari incarnavano una società patriarcale e bellicosa. Gli Achei si scontrarono con Troia per eliminare una cultura avversa.
    Il paradigma dominante deforma la storiografia anche riguardo al lungo arco del medioevo, a partire da quelle che sono state considerate eresie. Come mai il Cristianesimo ha considerato eretiche tante altre dottrine? Come mai è stata perseguitata quella che è stata chiamata stregoneria? Alludo a decine di migliaia di donne: non particavano magia, non celebravano oscuri rituali; semplicemente, praticavano ancora un rapporto simbiotico con le forze della natura (come già le loro antenate, per millenni). Conoscevano le proprietà curative delle erbe, secondo una tradizione millenaria: perché sono state torturate e condannate al rogo come streghe? Bisogna riflettere, su tutti questi sconvolgenti aspetti del nostro passato: perché purtroppo non riusciremmo mai a comprenderlo a fondo, il presente che viviamo, e nemmeno il futuro che ci attende, se non conosciamo davvero il nostro passato, cioè tutti gli errori che abbiamo commesso, e soprattutto tutti gli inganni che ci hanno propinato.
    Vogliamo parlare di quella che è considerata la scoperta dell’America? Il mio ultimo libro si intitola “I Minoici in America e le memorie di una civiltà perduta”. A scuola ci hanno insegnato che l’America è stata scoperta da Cristoforo Colombo nel 1492. Una data simbolica, con la quale si vuole chiudere il medioevo e far iniziare l’età moderna. Ma poi, prove alla mano (dati archeologici), ci accorgiamo che in America ci sono andati tutti, prima di Colombo. Nel Gran Canyon del Colorado hanno trovato addirittura delle tombe egizie. Ovunque, in Brasile, le rocce sono piene di incisioni in lingua fenicia. Un manoscritto custodito nella biblioteca di Rio de Janeiro documenta il ritrovamento di un’antica città greca. Se andiamo in Messico, nel sito di Comalcalco (nella regione del Chiapas), sembra di essere a Ostia antica: è l’unica città dell’area Maya non edificata con pietre, ma con mattoni, secondo le tecniche edilizie romane. Mattoni con impressi i marchi dei fabbricanti, come usavano i costruttori romani (ci sono pure i loro nomi, infatti).
    Sempre in Messico sono state trovate delle teste di terracotta prettamente romane. Monete romane sono state trovate ovunque, nel territorio americano. Addirittura, un capo indiano dell’importante tribù dei Nasi Forati, sconfitto nel 1878 dal neonato esercito degli Stati Uniti, prima di essere costretto a trasferirsi in una riserva insieme al suo popolo, volle donare un omaggio al generale che l’aveva battuto sul campo: era il ciondolo che portava al collo, con – incastonata – una tavoletta in terracotta di origine sumera, scritta in caratteri cuneiformi. La sua tribù se l’era tramandata, di generazione in generazione, da millenni. Questa tavoletta – oggi esposta in un museo, in America – è stata tradotta. E’ una banalissima tavoletta d’archivio, che contiene una transazione commerciale: è la ricevuta d’acquisto di alcune capre, comprate per compiere un sacrificio propiziatorio alla vigilia di un lungo viaggio. Quindi, qualcuno – in Mesopotamia – ha comprato delle capre e le ha sacrificate, forse per propiziare la fortuna in vista del lungo viaggio che stava per intraprendere; ma questo viaggio l’ha portato dall’altra parte dell’Oceano, insieme alla ricevuta d’acquisto delle capre: quella tavoletta è finita in America.
    In Bolivia, negli anni ‘80, è stato scoperto un grande vaso rituale in pietra, per libagioni e offerte votive, che al proprio interno ha iscrizioni in sumero: cuneiforme sumerico, come quello della tavoletta del navigatore. Gli esempi analoghi sono centinaia. In Canada, ad esempio, è pieno di iscrizioni celtiche. Poi sappiamo – perché è documentato – di una flotta salpata da Portovenere, vicino a La Spezia, nel 1442: una flotta di navi fiorentine, comandata da Amerigo Vespucci (non quello che conosciamo: era suo nonno, e anche lui si chiamava Amerigo). Il 4 luglio di quell’anno, questa flotta arrivò all’estuario del fiume San Lorenzo, sulla costa atlantica del Canada, cinquant’anni prima del viaggio di Colombo. Di queste cose non troverete notizia, nei libri di storia, perché l’America era uno dei massimi segreti di Stato della famiglia Medici, che a Firenze iniziarono a importare l’oro americano: erano bravi banchieri, sapevano il fatto loro. Io ho trovato le prove di quel viaggio, e anche i nomi delle navi (che erano sette) e dei loro comandanti. La data di arrivo è stata tramandata, dai padri costituenti degli Stati Uniti: la festività del 4 Luglio non l’hanno creata a caso, ma in ricordo dell’arrivo delle navi fiorentine in America.
    (Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate nella video-conferenza “Ripensare la storia”, su YouTube il 1° aprile 2021, a cura della Libera Università di Nuova Pedagogia, presso cui lo stesso Bizzi, storico e editore di Aurora Boreale, terrà un corso on line di storia “divergente”, dal titolo “Ripensare la storia: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo”. Un ciclo di 15 incontri per riflettere e per comprendere le nostre origini e il nostro ruolo su questo pianeta, immaginando anche il futuro che ci attende. Per informazioni sulle modalità di partecipazione al corso, basta inviare un’mail a: nuovapedagogia@gmail.com).

    Chi siamo? Da dove veniamo? Dobbiamo imparare dai bambini: loro si chiedono sempre il perché di tutto. Io amo Platone, il suo metodo dialogico. Maieutica, in greco, significa ostetricia: farti nascere, stimolarti a trovare le risposte dentro di te. Nessuno di noi ha la verità in tasca, ma ognuno ha la capacità di arrivare a individuare una verità possibile. Il termine “verità” probabilmente è troppo grande, da usare. Però possiamo parlare di menzogna, questo sì. Da storico, ho sempre voluto indagare nei retroscena, della storia e della realtà che viviamo. E mi sono reso conto che tutto ciò che ci è stato insegnato è stato sempre finalizzato ad un solo obiettivo: il mantenimento dello status quo, il potere di chi comanda. Triste realtà: la storia la scrivono sempre i vincitori. I vinti, chiunque siano – i Troiani sconfitti dagli Achei, i Greci sconfitti dai Persiani, gli abitanti dell’Amazzonia sconfitti dalla deforestazione – non riescono mai a scriverla, la verità: vengono ridotti al silenzio. Sbagliatissimo: perché la ricostruzione del nostro passato riguarda tutti noi, sia i vincitori che i vinti, quelli che non hanno avuto la parola. E l’insegnamento della storia è sempre stato finalizzato a salvaguardare il potere di chi ha vinto.

  • Magaldi: ora Draghi cambi musica, sulla gestione Covid

    Scritto il 20/4/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Mario Draghi sta finalmente progettando di mettere l’Italia sulla strada della crescita e dell’uscita definitiva dall’austerity. «Il robusto ricorso al deficit per rilanciare l’economia dimostra la volontà di abbandonare senza timori la lunga stagione del rigore europeo, anche se molti giornalisti – che continuano a interrogarsi sulle necessarie “coperture” finanziarie – non hanno ancora capito che il vento è cambiato, da quando la Bce con Christine Lagarde ha iniziato ad agire come “prestatrice di ultima istanza”, sorreggendo le economie nazionali, fino a portare a zero i tassi d’interesse». Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: «Il ricorso al debito pubblico (strategico, per l’occupazione) dimostra l’infondatezza dell’artificioso paradigma neoliberista, che attraverso la manipolazione degli spread e le speculazioni delle agenzie di rating imputava all’Italia un “eccesso di debito” senza mai tenere conto della reale solvibilità del paese, che resta una delle maggiori potenze industriali del mondo e vanta un robustissimo risparmio privato».
    Pur scontento dei “ristori” finora erogati, «del tutto insufficienti», Magaldi vede l’Italia di Draghi allineata allo sforzo “rooseveltiano” degli Usa, che annunciano il dispiegamento di ingentissimi investimenti pubblici. «Di concerto con Janet Yellen, titolare del Tesoro – aggiunge Magaldi – l’Italia sta anche mettendo a punto un progetto di tassazione universale a carico delle multinazionali, per abolire il “dumping” fiscale dei colossi economici: un altro modo per restituire forza agli Stati, riequilibrando la disponibilità delle risorse». Magaldi trova incoraggiante la prospettiva illuminata da Draghi, che già un anno fa aveva proposto l’azzeramento dei debiti pregressi, pubblici e privati, «come si dovrebbe fare in tempo di guerra». Dolenti note, invece, sul fronte sanitario: «Resta purtroppo in vigore il coprifuoco, insieme ad altre assurde restrizioni, anche se le riaperture – anticipate all’indomani del 25 aprile, non a caso – rappresentano un messaggio eloquente, sul piano simbolico».
    Per il presidente “rooseveltiano”, soprattutto, «Draghi dovrà decidersi a cambiare paradigma, anche a proposito del Covid, in vista del prossimo autunno». Accanto ai vaccini («non obbligatori, né in alcun modo vincolanti») deve essere predisposto un protocollo nazionale per le terapie domiciliari: è noto infatti che alcuni farmaci e le cure domestiche precoci «sono in grado di abbattere drasticamente i numeri dei ricoveri e quindi dell’emergenza, mettendo fine al “terrorismo sanitario” che ha a lungo dominato la narrazione della pandemia». Magaldi, intanto, vorrebbe le immediate dimissioni del ministro della salute, il pessimo Roberto Speranza: «Emergono prove della sua reticenza, anche di fronte alle indagini della magistratura sulle bruttissime pagine di “malasanità” di cui è responsabile il suo ministero: in un altro paese, il ministro si sarebbe già dimesso».
    Perché invece l’inguardabile Speranza resta al suo posto? «Perché Draghi, in modo cavalleresco – risponde Magaldi – intende rispettare la richiesta di Mattarella, che insieme a D’Alema ne aveva caldeggiato la riconferma». Durerà? «Al di là delle frasi di circostanza – chiosa Magaldi – Mario Draghi non stima affatto l’incapace Speranza, rivelatosi completamente inadeguato: lascerebbe la carica, nonostante l’appoggio di Mattarella, qualora le indagini in corso ne rendessero ulteriormente imbarazzante e insostenibile la permanenza alla guida di quel ministero, oggi così decisivo per la “ripartenza” del paese». Naturalmente, aggiunge Magaldi, non è un caso che il dicastero sia occupato proprio da Speranza: «L’esponente di Leu è noto per il servilismo: il “burattino” ideale per personaggi come il suo politico di riferimento, cioè il massone reazionario D’Alema, che – con il governo Conte, anche attraverso Arcuri – ha legato l’Italia a precise filiere cinesi, nel quadro psico-politico che vorrebbe trasformare il coronavirus in un pretesto per la confisca della democrazia, della libertà e dei diritti».
    Infine, Gioele Magaldi attacca frontalmente Sigfrido Ranucci e il giornalista Giorgio Mottola, che nella puntata di “Report” andata in onda il 12 aprile su Rai Tre «hanno nuovamente operato un grossolano linciaggio mediatico nei confronti di Cecilia Marogna e del cardinale Giovanni Angelo Becciu, nonostante l’ampia riabilitazione giudiziaria della Marogna, esperta di intelligence presentata come opaca millantatrice, a metà strada tra Vaticano, servizi segreti e massonerie». “Report” avrebbe sostanzialmente ignorato lo stesso riavvicinamento tra Becciu, a sua volta riabilitato, e Papa Francesco, accortosi della ingiusta persecuzione mediatica subita dal cardinale. A Cecilia Marogna, inoltre, “Report” ha imputato il tentativo a accreditarsi come liberatrice di padre Pierluigi Maccalli, missionario rapito in Mali, poi liberato dietro il compenso di svariati milioni di euro. «Falso: la Marogna ha solo detto che avrebbe potuto far liberare padre Maccalli pagando un riscatto molto inferiore».
    Come molti altri organi della stampa mainstream italiana – dice Magaldi, presentato erroneamente come esponente del Grande Oriente d’Italia – anche “Report” pecca di superficialità, prestandosi a campagne tendenziose, allusive e vagamente diffamatorie. «Lungi dall’emendarsi dall’aver inferito sulla Marogna, scarcerata dopo 17 giorni di cella a San Vittore dopo che le autorità giudiziarie italiane hanno definito illegale il suo arresto, “Report” ha evitato accuratamente di sfiorare il tema retrostante, di cui nessuno osa parlare: e cioè l’infame business dei rapimenti in Africa, dove spesso i rapitori e i “liberatori” giocano ad alzare il prezzo del riscatto, prolungando la detenzione degli ostaggi, grazie alla complicità di settori dell’intelligence». Conclude Magaldi: «Anziché parlare a sproposito di massoneria, “Report” farebbe meglio a confessare quali poteri massonici hanno ispirato l’ultima inchiesta: se non li farà Ranucci – avverte – i nomi li farò io, in modo che il pubblico italiano sappia quali sono le fonti (massoniche) da cui “Report” si fa condizionare».

    Mario Draghi sta finalmente progettando di mettere l’Italia sulla strada della crescita e dell’uscita definitiva dall’austerity. «Il robusto ricorso al deficit per rilanciare l’economia dimostra la volontà di abbandonare senza timori la lunga stagione del rigore europeo, anche se molti giornalisti – che continuano a interrogarsi sulle necessarie “coperture” finanziarie – non hanno ancora capito che il vento è cambiato, da quando la Bce con Christine Lagarde ha iniziato ad agire come “prestatrice di ultima istanza”, sorreggendo le economie nazionali, fino a portare a zero i tassi d’interesse». Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: «Il ricorso al debito pubblico (strategico, per l’occupazione) dimostra l’infondatezza dell’artificioso paradigma neoliberista, che attraverso la manipolazione degli spread e le speculazioni delle agenzie di rating imputava all’Italia un “eccesso di debito” senza mai tenere conto della reale solvibilità del paese, che resta una delle maggiori potenze industriali del mondo e vanta un robustissimo risparmio privato».

  • Kazari ashkenaziti, l’ebraismo asiatico su cui Israele tace

    Scritto il 18/4/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.
    Le fonti collocano l’origine della tradizione ebraica in Medio Oriente, in Palestina, in parte anche in Egitto. Ci sono connessioni dirette tra il popolo ebraico e figure come il faraone Akhenaton e personaggi come Mosè. E’ stata invece volutamente occultata l’origine storica di quella grande parte dell’ebraismo che appartiene alla cultura ashkenazita. Le origini non risalgono all’area siro-palestinese (il Regno di Giudea), ma ad un’area geografica diversa e distante, identificabile con il territorio di quello che è storicamente conosciuto come l’Impero Kazaro. Numerose le fonti: cronache arabe, persiane, bizantine e russe (Principato di Kiev). E’ un argomento raramente studiato, cui si tende a non dare risalto, anche per una serie di ragioni politiche. L’Impero Kazaro si sviluppò in un’aera che va dal Caucaso all’odierna Ucraina, la Crimea, le steppe del Kazakhstan e l’Uzbekistan settentrionale: un territorio vastissimo. Trae origini dalle migrazioni di una serie di popoli che, nei primi secoli della nostra era, abitavano l’area della cosiddetta Asia Centrale.
    Erano popolazioni in una certa misura discendenti dall’antico popolo degli Sciti, storicamente stanziato sull’odierna costa dell’Ucraina e in Crimea, e in parte da popolazioni turcomanne, inizialmente nomadi, stanziate in quest’area già dal III-IV secolo dopo Cristo. Popolazioni storicamente note come Göktürk (”turchi blu”: una caratteristica totemica). Questo ramo delle popolazioni turcomanne, molto affine agli attuali ungheresi e agli unni (che molto interagirono con gli ultimi secoli dell’Impero Romano), attorno al V secolo dette origine a una prima grande forma statale, una struttura organizzata che venne chiamata Kaganato, che deriva dal termine Kagan (”Re dei Re”). Questo primario Kaganato dei Göktürk entrò inizialmente in guerra con tutte le potenze vicine, specie la Cina. Tutta la parte orientale del Kaganato venne sottomessa dai cinesi e annessa ai territori del Celeste Impero. La parte occidentale, destinata a sopravvivere più a lungo, conobbe varie traversie, fino a che non cadde sotto l’egemonia di una particolare dinastia, quella degli Hashina: nome identificato da importanti linguisti americani come derivante dall’antica lingua scita.
    Risolti i problemi col potente e ingombrante vicino cinese, il Kaganato entrò in rotta di collisione con altre potenze, in primis l’Impero Bizantino (cristiano), e poi con la nascente e preponderante potenza islamica. Siamo ormai nel VII secolo: l’Islam aveva appena iniziato la sua opera di espansione e dominio, e il territorio dei kazari (particolare civiltà turcomanna, di religione politeista con caratteristiche sciamaniche) fu progressivamente attaccato dagli arabi, che avevano già occupato la Persia. Dell’affascinante mitologia di fondazione del clan degli Hashina parla Diego Marin, nel libro “Il sangue degli Illuminati”. Quel clan «era considerato il prescelto dal dio celeste Tengri, associabile all’antico dio delle tempeste Teshup», o anche allo stesso Zeus.
    Gli Hashina veneravano i propri antenati con cerimonie annuali, che si concludevano in un luogo particolare, chiamato “la Caverna Ancestrale”, da cui si riteneva che lo stesso clan Hashina fosse fuoriuscito. «Il mito racconta la storia di un bambino, l’unico sopravvissuto a un massacro tribale. Famiglia e amici erano stati sterminati. Lui solo era riuscito a scappare, rifugiandosi in una grotta nelle vicinanze. Qui aveva incontrato una lupa, di nome Hasena». La lupa lo aveva adottato (come Romolo e Remo, allattati e salvati). «Una volta cresciuto, il bambino ebbe un’unione sessuale con la lupa, che avrebbe dato alla luce ben 10 figli, tutti gemelli, uno dei quali poi passato alla storia come il capostipite degli Hashina». La lupa Hasena è ancora ben viva, nella tradizione mitologica di tutti i popoli di origine turcomanna, dalla Turchia all’Asia Centrale (Turkmenistan, Tagikishan, Uzbekistan, Kazakhstan, fino agli uiguri dello Xinjang cinese).
    Ancora oggi, la lupa Hasena è il simbolo di partiti nazionalisti turchi: oggi musulmani, non hanno mai rinunciato a questa raffigurazione mitologica ancestrale che vede nella lupa Hasena l’origine dei turchi, la loro madre. Tornando ai kazari: erano in continuo stato di guerra coi vicini bizantini e arabo-persiani. Poi nell’VIII secolo vengono attaccati attraverso la Persia, vengono sottomessi, e il Kagan dell’epoca, Bulan, accetta di convertirsi formalmente all’Islam. La tregua però dura poco: i kazari contrattaccano, battono gli arabo-persiani e recuperano il loro territorio. Bulan abiura alla fede islamica e, simultaneamente, avviene un fatto incredibile, probabilmente ispirato da ragioni geo-strategiche e interessi commerciali: nel 740 dopo Cristo decide di convertirsi all’ebraismo, imponendo la conversione anche ai sudditi. Un fatto che ha segnato la storia, perché questo impero (che aveva svariati milioni di abitanti) diventa di religione ebraica, pur restando molto lontano dalla culla dell’ebraismo – l’area siro-palestinese – essendo esteso tra il Caucaso, la Crimea e le steppe del Kazakhstan.
    Sempre scondo le ricerche di Diego Marin, questa conversione sarebbe stata suggellata dal matrimonio tra il principe Bihar Sabriel (figlio di Bulan) e una donna di tradizione ebraica, di nome Serak, che sarebbe stata figlia di Juda Zachai, rabbino di Babilonia, appartenente al casato reale di Marsutra e quindi discendente del primo “esiliarca” di Babilonia. Sarebbe dunque stato questo ramo della tradizione ebraica a favorire la misteriosa conversione dei kazari. Divenuto ebraico, il Kaganato prospera per un po’, soprattutto grazie al commercio, ma poi va a scontrarsi nuovamente con tutti i vicini: bizantini, Impero Arabo e soprattutto con il recente Principato dei Rus’. Quella del Principato di Kiev, primo nucleo embrionale della futura Russia, non è un’origine slava, ma nordica (vichinga, norrena): furono soprattutto mercanti norreni (o variaghi, che dir si voglia) a insediarsi nell’attuale Russia settentrionale, per poi fondare – calando verso sud – l’embrione della futura potenza russa.
    Il Principato di Kiev, peraltro, era legato a tradizioni sciamaniche. Eppure, Kiev venne appoggiata subito da Bisanzio, nel tentativo di contrastare il Kaganato kazaro. E alla fine, dopo una serie di guerre, con personaggi come Oleg di Kiev e Sviatoslav I, l’Impero Kazaro venne sconfitto: furono occupate le fortezze principali e la stessa capitale, e il vastissimo territorio si disgregò attorno al 960. Da lì, nacquero le prime migrazioni dei kazari verso l’Europa, e il loro insediamento nella valle del Reno. Si dice che “ashkenazita” significhi “tedesco”, e che Ashkenaza fosse una regione franco-tedesca nella Renania. Subito, l’ex Impero Kazaro venne sottomesso dal nascente Stato russo, che non era ancora cristiano: la cristianizzazione della Russia (fatto curioso) fu concomitante con la caduta dell’Impero Kazaro. Il principe Vladimir di Kiev (figlio si Sviatoslav, conquistatore dell’Impero Kazaro) fu il primo regnante russo – in realtà, di origine vichinga – a convertirsi formalmente al cristianesimo. Conversione molto esaltata dai cristiani ortodossi: Vladimir fu santificato, in quanto fondatore del cristianesimo in quella che era la Rus’.
    Dopo aver sconfitto il potente Impero Kazaro, Vladimir venne avvicinato dagli emissari della Kazaria, che gli suggerirono di convertirsi all’ebraismo. Rifiutò, perché non voleva convertirsi alla religione di un popolo che aveva appena sottomesso. Al che, emissari dell’Impero Arabo (sempre in cambio di alleanze) gli proposero di convertirsi all’Islam. Vladimir rifiutò ancora, spiegando che non avrebbe potuto imporre al suo popolo di rinunciare alle bevande alcoliche. Il principe di Kiev sarebbe poi invece rimasto folgorato dagli emissari bizantini – si racconta – di fronte allo splendore delle chiese cristiane di Costantinopoli. Un racconto chiaramente agiografico. In realtà queste curiose conversioni, da quella del kazaro Bulan all’ebraismo a quella di Vladimir al cristianesimo, sono sempre state frutto di accordi geopolitici: la motivazione non era esattamente spirituale. Così la Russia divenne cristiana, e quello che era il primo, grande impero ebraico (al di fuori del territorio siro-palestinese) si disperse.
    Iniziò una prima diaspora della popolazione. Ma la vera diaspora non fu causata dal Principato russo di Kiev, che coi kazari mantenne relazioni commerciali e quindi non aveva alcun interesse a disperdere quelle popolazioni appena sottomesse. Qualche secolo dopo, nel 1200, i kazari vennero attaccati dall’Orda d’Oro di Gengis Khan: furono i mongoli, a fare terra bruciata. Travolsero lo stesso Principato di Kiev e sottomisero buona parte del mondo allora conosciuto. Non si limitavano a conquistare e assoggettare: radevano al suolo le città e sterminavano tutti gli abitanti. L’impressionante invasione mongola ha cambiato la storia, e ha stravolto la nascente potenza islamica: la Baghdad dell’epoca era la culla mondiale della conoscenza, l’Islam illuminato aveva fondato una delle più importanti biblioteche della storia, pari a quella di Alessandria d’Egitto. La famosa Casa della Sapienza di Baghdad conteneva l’intera letteratura del mondo, e venne distrutta dai mongoli.
    Di fronte all’urto dei mongoli, quindi, solo dopo il 1200 i kazari cominciarono a emigrare in massa verso la Russia, la Polonia, la Germania e l’intera Europa orientale, dove cominciarono a chiamarsi ashkenaziti, fino a raggiungere poi anche paesi dell’Europa occidentale, come l’Italia e la Francia. Gli ebrei di origine ashkenazita sono riconoscibili: hanno la carnagione molto chiara e parlano lo yiddish anziché l’ebraico. Nata proprio nell’Est Europa, quella yiddish è una lingua interessantissima, tuttora molto parlata. Ha avuto influenze slave e germaniche, e al suo interno conserva moltissimi vocaboli di origine turcomanna. L’yiddish è la lingua madre di un grande artista come Marc Chagall, reinterpretata da un grande musicista come Moni Ovadia.
    Invece, gli ebrei sefarditi sono in buona parte di origine spagnola, però hanno una diretta connessione con l’aria siro-palestinese. In più, a cavallo dei Pirenei (col disfacimento dell’Impero Romano) era nato anche il Principato di Settimania, importante realtà statale ebraica con caratteristiche sefardite. Dopo la cacciata degli ebrei dalla penisola iberica, a opera della cattolica dinastina castigliana, ci fu un’altra diaspora (sefardita). Una “diaspora di ritorno”, che interessò tutto il Nord Africa e tutta l’Europa. Quanto agli ashkenaziti, arrivati in epoca medievale in Italia e in Germania, generarono importanti famiglie che – si dice – oggi dominano il pianeta. E’ un’ipotesi da molti sostenuta, tutt’altro che infondata. Ancora all’inizio del 1300, comunque, gli ashkenaziti costituivano solo il 3% della popolazione ebraica mondiale. Raggiunsero il massimo dell’espansione agli inizi del ‘900: nei primi anni Trenta erano diventati il 92% degli ebrei, che oggi in tutto il mondo sono 12-13 milioni.
    Agli albori del ‘900, avviene un fatto curioso, citato da Mauro Biglino. La grande stampa internazionale anglosassone comincia ad “annunciare” l’imminente strage, in Europa, di 6 milioni di ebrei. Ne scrivono insistenza il “Sun”, il “New York Times”, l’”Atlanta Constitution”, la “Gazzetta di Montreal”. Si chiede ospitalità, in Palestina, per 6 milioni di ebrei che, specie nell’Est Europa, sarebbero allo stremo e starebbero soffrendo un “olocausto europeo”. Dal 1915, quindi, quando Hitler era ancora un ragazzotto, c’era chi “sapeva” che 6 milioni di ebrei sarebbero morti? Poi arriva Hitler, che nel “Mein Kampf” parla di “due stirpi”, quella degli Ariani e quella del Serpente, e infine la Shoah stermina 6 milioni di ebrei. E’ un dato che deve fare riflettere, anche se si tratta di cifre simboliche che hanno una valenza esoterica (parlo dei dati citati da Biglino, cioè i 6 milioni evocati dalla stampa prima della Shoah).
    Questo utilizzo di numeri è chiaramente funzionale alla nascita e allo sviluppo del movimento sionista, che ha sempre avuto interesse a catalizzare questi dati, per poi agire politicamente fino a creare l’attuale Stato di Israele, che rappresenza la realizzazione del programma politico di Theodor Herzl. Certo è curiosa, all’inizio del ‘900, la ripetizione di quella cifra (6 milioni), che secondo me ha proprio una valenza simbolico-esoterica. Indubbiamente, nella Russia zarista non c’era una situazione felice, per le popolazioni ebraiche ashkenazite, perseguitate dal potere imperiale. Ci furono molti pogrom, ma certo non massacri dall’estensione paragonabile alla Shoah. Oltretutto, in alcune aree come l’attuale Bielorussia, la maggior parte della popolazione era di origine ebraica: sarebbe stato un controsenso, l’annientamento completo di una consistente fetta della popolazione.
    Insomma, sono questioni su cui riflettere: ma anche facilmente strumentalizzabili. Io poi mi occupo prevalentemente di storia antica, e non voglio entrare nel merito delle cifre: ci sono storici che se ne sono occupati in modo autorevole. Certo, resta il fatto che la stampa internazionale è andata avanti per cinquant’anni, prima di Hitler, a parlare di quei famosi 6 milioni. Qualcuno si stupisce che la popolazione ebraica sia sopravvissuta in modo quasi stabile, sia alle persecuzioni pre-hitleriane che alla stessa Shoah. Ma ripeto: quelli evocati a inizio ‘900 sono numeri “anti-storici”, essenzialmente simbolici. Oggi si sostiene che una parte degli ebrei ashkenaziti sia riuscita, tramite la finanza, a costituire veri e propri imperi, arrivando a condizionare la politica economica di tutti gli Stati del mondo, a partire dagli Usa fino all’ultima creazione europea, l’euro? Ora, si ripete, potenze come quella incarnata da Soros sono impegnate in manipolazioni finanziarie globali. E se ieri la stampa dava conto di certi fenomeni, oggi del mondo ebraico si parla poco, specie dal punto di vista della finanza. Soprattutto, non si approfondisce.
    Io consiglio un libro inattaccabile, scritto da un professore di religione ebraica di un’università americana, uno storico: si chiama Norman Finkelstein. Il suo libro, “L’industria dell’Olocausto”, storicamente ben documentato, spiega esattamente, nel dettaglio, come la questione della Shoah sia stata interpretata e utilizzata per finalità tutt’altro che religiose o morali – ma per finalità politiche ed economiche – dal movimento sionista. Chiaramente, viene utilizzata una discriminante storica, che giocoforza si è venuta a creare. Nel 1945, in modo simbolico, questa discriminante opera una divisione: il mondo prima della Shoah e il mondo dopo la Shoah. I giornali degli anni Venti e Trenta avevano un’altra libertà di espressione, perché dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale è nata una sorta di tabù storico, di velo, di ininterpretabilità. Norman Finkelstein questa cosa la denuncia in modo molto forte. E spiega come poi, in realtà, nell’immediato dopoguerra non vi fosse tutta questa retorica dell’Olocausto: è una retorica, dice, che è stata portata avanti dalla politica israeliana in concomitanza con le prime guerre con il mondo arabo, in particolare la Guerra dei Sei Giorni (giugno 1967).
    Fu allora che la vulgata dell’Olocausto, in una chiave molto particolare, è stata spinta e accelarata, fino a diventare una sorta di dogma intoccabile. In realtà la storia è fatta di interpretazioni e ricerche: uno storico dovrebbe sempre avere le mani libere, per analizzare i documenti e confrontarsi. In questo caso, invece, sono stati imposti dei tabù, come fossero dogmi di fede. E questo è sinceramente anti-storico, anti-scientifico: non ha senso. Tutto questo, però, non è assolutamente dovuto alla cultura ebraica, che è una delle culture più belle da studiare (una delle più interessanti, con cui confrontarsi). Questo atteggiamento di chiusura è invece dovuto all’azione di alcuni gruppi di famiglie, che hanno utilizzato a proprio uso e consumo determinate tradizioni, decidendo che cosa dovesse diventare storico e che cosa dovesse diventare un tabù storico. Hanno utilizzato queste questioni per propri fini, politici ed economici: il che, come si vede, non rappresenta affatto la variegata ricchezza culturale del mondo ebraico, che è fatto di voci diversissime tra loro.
    Il problema semmai è il sionismo: un movimento anche pericoloso, creato e fondato da ashkenaziti, che ha preteso anche la manipolazione della storia a proprio vantaggio. Esistono moltissimi ebrei che sono fortemente anti-sionisti, e addirittura temono il sionismo. Nello stesso Stato di Israele gli ebrei sefarditi sono una minoranza, oggi, e in alcuni casi vengono addirittura discriminati, anche se in Occidente non se ne parla. La stessa rimozione storica dell’Impero Kazaro, che per secoli controllò enormi estensioni di territorio, è dovuta al fatto che tutte le popolazioni che da esso sono derivate, e che poi hanno portato alla nascita dell’ebraismo ashkenazita, non hanno una diretta discendenza dall’area siro-palestinese. La mancanza di un filo diretto con la Palestina è diventata un altro tabù storico: un’altra questione da non affrontare, perché va a delegittimare la nascita dello Stato di Israele.
    (Nicola Bizzi, video-intervento “L’Impero Kazaro e le origini dimenticate”, da “Come Don Chisciotte” del 1° novembre 2020. Storico, autore di saggi sorprendenti come “Da Eleusi a Firenze”, Bizzi è l’editore di Aurora Boreale).

    C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.

  • Morte di Stato e vaccino obbligatorio: firmato, Draghi

    Scritto il 06/4/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Un anno intero di nefandezze non è bastato, a Giuseppe Conte, per avvicinarsi al record immediatamente centrato, invece, da Mario Draghi: l’obbligo vaccinale per il Covid, al momento limitato al personale sanitario. Virtualmente illegale: viola l’articolo 32 della Costituzione: nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge l’hanno fatta (o meglio, un decreto), che sua volta infrange tutte le convenzioni in vigore, che vietano di imporre un Tso con farmaci ancora sperimentali. Non manca il lato comico: autorevoli scienziati, alcuni dei quali spesso ospiti in televisione, hanno spiegato che la persona vaccinata resterebbe comunque contagiosa. A che scopo, quindi, imporre la vaccinazione a medici e infermieri? Un ossimoro: in teoria, è più probabile che in ospedale un paziente venga contagiato da un medico vaccinato, prima che da un dottore che abbia evitato di subire la vaccinazione.
    A monte, dovrebbe vigere la legge del buonsenso: perché mai ricorrere parossisticamente al vaccino, per un malattia facilmente curabile da casa, se presa per tempo? Uno dei medici virtuosi, di cui l’Italia dovrebbe andare orgogliosa, è il dottor Mariano Amici, di Roma: ha curato e guarito non meno di 2.000 pazienti Covid. Bilancio: tutti guariti, nessun ricovero. Di morti, nemmeno a parlarne. Intervistato da Massimo Mazzucco e Fabio Frabetti di “Border Nights”, protesta: obbligare medici e infermieri a vaccinarsi contro il Covid è un sopruso bell’e buono, un ricatto a cui non resta che opporsi con la disobbedienza civile: se in migliaia incrociassero le braccia, dice il dottore, voglio vedere come farebbero, a mandare avanti gli ospedali. Ai pazienti, un consiglio: andare dal proprio medico di base e chiedere che vi esenti dalla vaccinazione. Impossibile? Allora si chieda al medico di certificare di essere idonei al vaccino e di non correre pericoli: nessun medico firmerebbe mai un simile certificato, perché sa che le stesse case produttrici non garantiscono l’innocuità dei vaccini Covid, nati solo qualche mese fa. Vaccini la cui stessa efficacia, peraltro, è più che incerta.
    Mariano Amici sa come domare il Covid, senza ricoverare nessuno: per questo è stato insolentito, in televisione, nei programmi di Giletti e di Formigli. Addirittura, Bruno Vespa si è augurato che venga radiato dall’Ordine dei Medici. Si trova infatti sotto procedimento disciplinare: imperdonabile, un medico che salva 2.000 pazienti, in un’Italia che prima ha impedito le autopsie sui cadaveri delle vittime classificate Covid, nella primavera 2020, e poi ha disposto che i corpi venissero cremati, escludendo in via definitiva la possibilità di un esame autoptico, quando ancora i medici non avevano trovato le opportune contromisure. Si tratta di uno scandalo democratico, che puzza di dittatura: i medici salva-vita sono centinaia, e vengono ignorati o perseguitati. E il governo Draghi preferisce restare nel paradigma della menzogna e follia, mentre i pazienti continuano a morire perché non curati a casa, e ricoverati spesso fuori tempo massimo. In un paese civile, i responsabili di questa strage andrebbero immediatamente fermati, messi in condizione di non nuocere più, e finalmente processati.

    Un anno intero di nefandezze non è bastato, a Giuseppe Conte, per avvicinarsi al record immediatamente centrato, invece, da Mario Draghi: l’obbligo vaccinale per il Covid, al momento limitato al personale sanitario. Virtualmente illegale, perché viola l’articolo 32 della Costituzione: nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge l’hanno fatta (o meglio, un decreto), ma a sua volta infrange tutte le convenzioni internazionali in vigore in Italia, che vietano di imporre un Tso con farmaci ancora sperimentali. Non manca il lato comico: autorevoli scienziati, alcuni dei quali spesso ospiti in televisione, hanno spiegato che la persona vaccinata resterebbe comunque contagiosa. A che scopo, quindi, imporre la vaccinazione a medici e infermieri? Un ossimoro: in teoria, è più probabile che in ospedale un paziente venga contagiato da un medico vaccinato, prima che da un dottore che abbia evitato di subire la vaccinazione.

  • Eversione incompleta: niente impeachment a Trump

    Scritto il 14/2/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Battuto col favore delle tenebre dall’oceano di voti postali riconteggiati dai computer Dominion: schede arrivate anche fuori tempo massimo e grazie a regole elettorali cambiate all’ultimo minuto, in barba alla Costituzione di alcuni Stati-chiave. Ora lo ammettono, su “Time”, i manovratori a lungo rimasti nell’ombra come Mike Podhorzer, dirigente sindacale Afl-Cio. Potenti “illusionisti”, finanziati con mezzi larghissimi: rivendicano di aver congegnato una vasta “operazione” per escludere Donald Trump e insediare alla Casa Bianca l’esile Joe Biden, eletto in anticipo dagli stessi media che avevano tolto il diritto di parola al presidente degli Stati Uniti, per la prima volta nella storia. Il partito repubblicano, complice della manovra, sa che Trump – poi massacrato per lo sgangherato assalto a Capitol Hill, largamente infiltrato – potrebbe scalare il Gop o addirittura svuotarlo, cambiando per sempre il tradizionale bipolarismo americano, avendo con sé almeno 75 milioni di elettori che si sentono defraudati da un voto percepito come non trasparente.
    I repubblicani però non hanno osato tradire Trump al punto da sostenere l’impeachment promosso dai baroni finto-progressisti come Nancy Pelosi. Così il Senato ha respinto l’ultima congiura contro l’uomo che, intanto, in Florida ha aperto l’Ufficio dell’Ex Presidente, non avendo mai ammesso la regolarità del risultato attribuito a Biden. Così ora The Donald festeggia: «La mia avventura politica è appena iniziata», avverte. Se fosse passato l’impeachment, il secondo che ha dovuto subire (caso unico, nella storia), non avrebbe potuto ricandidarsi nel 2024. Secondo tutti i sondaggi, la maggioranza degli americani è convinta che il risultato delle presidenziali sia stato tutt’altro che nitido: lo ammette anche una percentuale di elettori “dem”, ostili a Trump e insofferenti di fronte alla sua retorica. Nessuno infatti dimentica le immagini della campagna elettorale: folle straripanti ai comizi di Trump. Deserti invece i raduni del fantasmatico Biden, che peraltro – stando ai conteggi, stranamente sospesi nella notte – avrebbe poi colto un quasi-plebiscito, surclassando addirittura la popstar Obama.
    Al netto dei molti errori che Trump ha commesso nell’ultimo anno, resta in bocca il sapore amaro di una frode concepita da un Deep State eversivo, deciso a cancellare la libertà democratica sequestrando le elezioni. Trump ha sicuramente sottovalutato l’emergenza-Covid, lasciando che la sua gestione securitaria e psico-terroristica restasse nelle mani di personaggi come Anthony Fauci, sommo sacerdote di Big Pharma, alleato dei più acerrimi nemici di Trump, dall’iper-vaccinista Bill Gates a George Soros, grande vecchio della manipolazione politically correct. Prima ancora, Trump si era mostrato troppo timido di fronte agli abusi razzisti della polizia (che hanno armato la speculazione neofascista di Antifa, poi trasformatasi in violentissima strategia della tensione, con morti e feriti nelle strade). Accanto a sé, Trump ha tollerato la presenza dei gruppuscoli del suprematismo bianco, che hanno allarmato i moderati, così come gli appelli dell’ultra-tradizionalista monsignor Viganò (accorati, ma “medievali” nel loro millenarismo manicheo e reazionario) gli hanno alienato il voto dei cattolici progressisti.
    C’è chi valuta Donald Trump come uno dei migliori presidenti della storia statunitense, se si guarda al bilancio del suo quadriennio: ha azzerato la disoccupazione ricorrendo al deficit e tagliando le tasse, ha fatto letteralmente volare l’economia, ha risollevato lavoratori e classe media con misure quasi “socialiste”, di stampo keynesiano. Altro dato statistico, clamoroso: non ha avviato nessuna nuova guerra (vero record, per un presidente americano). Nonostante cio – o forse, proprio per questo – è stato letteralmente fatto a pezzi dal sistema mediatico, dominato dalla finanza che controlla Big Tech. Un ostracismo indegno di una democrazia, culminato con la censura spudoratamente imposta da televisioni e social media. Il grande merito di Trump, al di là della sua ruvida oratoria nazional-populista, sta nell’aver reso manifesto – e dalla Casa Bianca, addirittura – il male oscuro che minaccia il pianeta, ora anche manipolando l’epidemia di Wuhan nel modo indicato dagli oligarchi che a Davos hanno disegnato il loro ideale Great Reset, basato sulla retrocessione del cittadino al rango di suddito, senza più libertà.
    Si sottolinea, tra i meriti storici di Trump, quello di aver imposto l’alt alla dilagante egemonia dell’impero mercantile cinese, sdoganato dal gruppo di Kissinger già negli anni Settanta come possibile modello alternativo all’Occidente: massima efficienza economica, ma senza diritti democratici. Oggi, la sovragestione dell’amministrazione Biden conferma in modo bipartisan la politica strategica di Trump: non è più pensabile lasciare libertà di azione al regime di Pechino, l’unico che ha tratto enormi vantaggi (anche economici) dalla crisi pandemica, orchestrata da un’Oms filo-cinese. Per contro, il team che utilizza Biden come “presidente eletto” sta già esasperando le tensioni con la Russia, anche manovrando l’ex quasi-neonazista Navalny, secondo il collaudato modello-Ucraina, quello della “rivoluzione colorata” che ha arricchito la famiglia Biden con operazioni di estremo squallore, a cominciare dall’impero petrolifero Burisma affidato all’inquietante Hunter Biden.
    In un mondo letteralmente sfigurato dall’opaca gestione di un virus dall’origine misteriosa, al quale si pretende di rispondere solo con campagne vaccinali a tappeto (basate non su veri vaccini, ma su vettori genetici sperimentali e poco rassicuranti), ci si domanda quale ruolo potrà assumere, il grande perseguitato Donald Trump, a cui – si scopre – guardano con grandi aspettative ingenti masse di popolazione, non solo statunitensi. Con modalità forse anche ingenue, ci si attende una sorta di rigenerazione generale del pianeta, su base democratica, mettendo fine allo strapotere della menzogna mediatica che ha pervertito la realtà in stile orwelliano. Lascerà il segno, il fatto che a “picconare” il sistema sia stato il presidente degli Stati Uniti, trattato come un criminale dalle facce di bronzo che, quand’erano al governo, fingevano di non vedere le imprese mediorientali dell’Isis. Già, perché – come sa bene chi osserva le cronache – con l’avvento di Trump, il terrorismo “islamico” si era praticamente estinto, anche in Europa.
    L’apoteosi è stata raggiunta con la monumentale frode elettorale delle presidenziali 2020: centinaia di migliaia di schede-fantasma avrebbero costruito il “successo” di Biden, tale da certificare la fine della giustizia e della democrazia elettorale negli Stati Uniti. Scandalosi anche i dinieghi della Corte Suprema, che non ha mai accettato di pronunciarsi nel merito delle contestazioni: i ricorsi sono stati tutti respinti solo sulla base di rilievi procedurali. Per seppellire lo scandalo “occorreva” un contro-choc, come appunto l’assalto al Parlamento, utilizzato per tentare di cancellare Trump dall’anagrafe politica americana. L’operazione però è fallita, nonostante il tentativo – vagamente totalitario – di negare a Trump e ai suoi supporter anche il diritto alla rabbia, per la frode subita. Tutto il resto, naturalmente, rimane sul tappeto: se il gruppo che utilizza Biden come “presidente eletto” continuerà a cancellare i caposaldi dell’azione di Trump, a cominciare dalla politica fiscale, l’America dei dimenticati (maggioritaria, a quanto pare) tornerà prestissimo a far sentire la sua voce.

    Battuto col favore delle tenebre dall’oceano di voti postali riconteggiati dai computer Dominion: schede arrivate anche fuori tempo massimo e grazie a regole elettorali cambiate all’ultimo minuto, in barba alla Costituzione di alcuni Stati-chiave. Ora lo ammettono, su “Time”, i manovratori a lungo rimasti nell’ombra come Mike Podhorzer, dirigente sindacale Afl-Cio. Potenti “illusionisti”, finanziati con mezzi larghissimi: rivendicano di aver congegnato una vasta “operazione” per escludere Donald Trump e insediare alla Casa Bianca l’esile Joe Biden, “eletto” in anticipo dagli stessi media che avevano tolto il diritto di parola al presidente degli Stati Uniti, per la prima volta nella storia. Il partito repubblicano, complice della manovra, sa che Trump – poi massacrato per lo sgangherato assalto a Capitol Hill, largamente infiltrato – potrebbe scalare il Gop o addirittura svuotarlo, cambiando per sempre il tradizionale bipolarismo americano, avendo con sé almeno 75 milioni di elettori che si sentono defraudati da un voto percepito come non trasparente.

  • Crollerà il sistema-Cina, e prima ancora il falsario Biden

    Scritto il 01/2/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    «La mia previsione è che, prima ancora di un collasso automatico del partito comunista cinese, ci sarà un collasso di Biden e della sua ignobile baracca entro breve». Una “profezia” firmata da Valdo Vaccaro, che si definisce “libero ricercatore e filosofo della salute”. Le verità – annuncia, sul suo blog – stanno venendo fuori in tutta la loro formidabile forza dirompente. «Non è peraltro possibile che un paese come l’America resti in balia di governanti ottusi e disonesti, di ladri di voti e di gente disposta a consegnare il paese al miglior offerente. Questo può succedere per le repubbliche delle banane e per i paesi satelliti come l’Italia, totalmente schiava dei burocrati europei, delle grandi banche, dei Bill Gates, della massoneria deviata, del Bilderberg e del Vaticano. Non può riguardare un paese leader mondiale». Oggi, premette Vaccaro, esiste un vuoto silenzioso e tombale: «Alla Casa Bianca si sono soltanto dei fantasmi. Stanno cadendo in pezzi i vari traditori della patria, come la Pelosi e il Cuomo in prima linea, assieme ai vari Fauci e Bill Gates, con buona pace del cosiddetto sinistrismo di maniera, messo in ridicolo dal un grande e indimenticato artista del calibro di Giorgio Gaber».
    In questi giorni, scrive l’analista, 334 milioni di abitanti – cioè l’intera popolazione americana – non sono soltanto divisi e disorientati dopo la sbornia elettorale e dopo tutta la sceneggiata di Capitol Hill e dell’Inauguration Day, ma hanno anche la netta sensazione di trovarsi tutto d’un tratto «orfani di un autentico e affidabile conduttore, di un vero presidente». Il che non è esattamente rassicurante. Con il super-boicottato Donald Trump, detestato dai “dem” e dal mainstream, da Big Web e Big Tech, dal Deep State neoliberista e dall’establishment infiltrato dal sistema-Cina, «l’America aveva un presidente carismatico, serio, attivo, rispettato, amato da una grossa fetta della popolazione che conta, quella che studia e che lavora». La verità è Trump ha consegnato al suo paese (e non solo) un lascito straordinario, sostiene Vaccaro. Persino gli americani che gli erano contro, in queste ultime settimane «hanno iniziato a percepire alcune cose basilari». Si sono accorti che ha evitato nuove guerre, ha rivitalizzando l’economia, ha subito false accuse. Infine: gli sono state rubate le elezioni, che aveva stravinto.
    «Tutti d’accordo poi su un fatto innegabile, e cioè che Donald Trump ci ha messo l’anima per difendere il paese: ha lavorato sodo per la medium class e la working class americana, mettendo in secondo piano le corporations, le grandi banche e Wall Street. In questo modo ha ridato lustro e dignità internazionale al paese, facendo degli Stati Uniti un posto gradevole e speciale in cui vivere». Attenzione, avverte Vaccaro: persino i cinesi (intesi come popolo) avrebbero nostalgia di The Donald. «Trump sta ricevendo messaggi di supporto da tutto il mondo, ma a sorprendere è il supporto inatteso e massiccio da parte della popolazione cinese, residente in Cina e fuori dalla Cina». Aggiunge Vaccaro: potrebbe anche aver temporaneamente perso o rinunciato al suo trono mondiale, ma rimane un faro «per una massa di persone perseguitate dalla peggiore peste esistente, che si chiama censura, dittatura, diritti umani sotto i tacchi».
    Dalla Cina, Vaccaro coglie una frase rivelatrice: “Legally he is still the President of Usa”. E’ sempre lui, il presidente legittimo. «We want freedom of speach», furono le ultime parole del dottor Li Wengliang, morto dopo aver denunciato l’origine “ingegnerizzata” del Covid. Sul fronte opposto, invece, Joe Biden non esitato a far vedere di che pasta è fatto: il gettarsi a firmare subito «i suoi “anti-provvedimenti”, mirati soltanto a disfare l’intera impostazione trumpiana, lo ha reso ancora più penoso di quanto non appaia normalmente». Nella sua prima settimana ha sottoscritto ben 37 ordini esecutivi, un record assoluto. Nel frattempo, la “Cnn” «ha rimosso la conta dei dati Covid», prima «presente 24 ore su 24 a bordo schermo», mentre l’Oms «ha ammesso che i test Pcr non sono affidabili e ha introdotto nuove linee-guida che faranno calare i falsi positivi: che coincidenze». A essere «penoso quanto Biden», sostiene Vaccaro, è l’intero team neo-presidenziale. Nessuno dimentica l’imbarazzante Hunter Biden, «coinvolto in traffici illeciti e provati, prima in zona russa e ora in zona cinese». Ma la stessa vicepresidente, Kamala Harris, non gode affatto di particolari simpatie, nemmeno tra i “dem”, visto che alle primarie incassò appena il 2% di voti, prima di ritirarsi miseramente.
    «Una Kamala Harris di origini indo-jamaicane, ma che per queste elezioni è magicamente diventata afroamericana, per guadagnare punti “brownie”». Si spaccia infatti per paladina dei neri, «ma durante la sua carriera da procuratrice ha tenuto in carcere migliaia di afroamericani oltre la data scarcerazione per sfruttarli come manodopera a basso costo, come rinfacciatole da Tulsi Gabbard», coraggiosa outsider tenuta ai margini del partito democratico. E’ noto inoltre che la stessa Harris avrebbe fatto carriera grazie alla relazione interessata con l’anziano amante Willie Brown, «politico corrotto “dem” ed ex sindaco di San Francisco». Galoppa la nostalgia per il Puzzone? Il vecchio zombie Joe Biden «è partito col piede sbagliato incespicando clamorosamente: ha fatto appello all’unità del paese, ma operando invece per dividerlo di netto». Tutto questo, mentre gli americani stanno apprendendo giorno dopo giorno il contenuto dei documenti declassificati, «come le false accuse di Hillary Clinton nel Russiagate», reiterate con la complicità dell’Fbi.
    Anche per questo, sintetizza Vaccaro, la gente è infastidita e frustrata: «Non si sente per niente rappresentata da questa falsa presidenza». E sullo sfondo, cresce l’allarme Cina. Già il mese scorso, John Ratcliffe, già direttore del Dni (Department of National Intelligence), aveva ammonito il Congresso sul fatto che la Cina non sia un paese normale: è manovrato da un Pcc che tende non a integrarsi, ma piuttosto a dominare il pianeta, imponendo le sue regole. «Il mondo deve ancora rendersi conto che questo è un regime autoritario, che se ne strafrega dei diritti umani delle persone e dei popoli che assoggetta». Lo si è visto da come perseguita le minoranze, come quella degli Uyghuri e la stessa fiorente comunità di Hong Kong, che è cinese e internazionale. Prima il partito e lo Stato, tutto il resto non conta niente: in pratica, l’esatto opposto di ciò che ha fatto grande l’America, un tempo patria della libertà (di pensiero, di opinione, di stampa e di impresa). Le cose, secondo Vaccaro, potrebbero precipitare: Pechino vuole Taiwan, e potrebbe innescare una crisi mondiale.
    «La Cina ha appena varato una legge che la rende sovrana del Mar Cinese Meridionale, che in realtà non è cinese ma appartiene a una schiera di paese asiatici». Questa legge permette alla guardia costiera cinese di colpire qualsiasi imbarcazione straniera che si trovi ai limiti di quelle che ora considera come sue acque territoriali. Se la geopolitica asiatica minaccia di sfuggire di mano, la nuova Casa Bianca sembra una certezza negativa: Joe Biden, «imbarazzante e catastrofico», ha rilanciato il super-barone di Big Pharma, Anthony Fauci, ricucendo con l’Oms e con Bill Gates. Ultima perla: ha designato come ministro dell’agricoltura Tom Vilsack, detto “Mister Monsanto”, dal nome della multinazionale (Bayer-Monsanto) leader mondiale nella produzione di Ogm e pesticidi, tra cui il mefitico glifosato. Ed ecco serviti, con una sola mossa, i “cretini di sinistra” che avevano tifato per Biden (e Greta, sua grande supporter) come ipotetico campione “green”. D’accordo: ma la Cina?
    Vaccaro intravede ombre cinesi anche negli ultimi eventi, dai maxi-brogli elettorali alla tragica pagliacciata di Capitol Hill. Non si tratta solo di “rozzi” comunisti, premette il blogger, molto seguito dal pubblico italiano “alternativo” al mainstream. I cinesi sono anche «astuti conquistatori, capaci di ricorrere a tutti i trucchi del mestiere», maestri di «sotterfugi e stratagemmi», in quanto successori ed eredi di personaggi come Sun Tzu (600-500 avanti Cristo, autore de “L’arte della guerra”). Vaccaro cita anche il mongolo Genghis Khan (1162-1227) e lo stesso Tamerlano (1336-1405), imperatore di Samarcanda. «Hanno il concetto del dominio e della prevalenza nel sangue, nel loro stesso Dna». Mamma li turchi? Non che fossero da meno, i condottieri cristiani: quelli cattolici, poi, hanno letteralmente sterminato le popolazioni sudamericane. Il problema, semmai – sottolinea Gioele Magaldi, autorevole politologo e massone progressista – deriva dall’élite massonica di stampo reazionario che, negli anni ‘70, ha sdoganato frettolosamente l’impero maoista per farne una specie di Mostro di Frankenstein, neo-capitalista (e quindi florido) ma ancora dittatoriale.
    Vaccaro cita un analista statunitense come Seth Holehouse, convinto del fatto che, nel giro di uno o due anni – nonostante Xi Jinping faccia la voce grossa – il Pcc «subirà un clamoroso collasso, implodendo dall’interno sotto la pressione ormai incontenibile del suo stesso popolo». Tradotto: «I comunisti sono arrivati davvero al culmine delle loro possibilità e non hanno più grandi sbocchi». Beninteso: «Hanno fatto cose eccellenti ed egregie dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e della espansione verso il mondo esterno». Al tempo stesso, però, «hanno commesso errori gravissimi sul piano interno, andando oltre i limiti e sciupando i vantaggi raggiunti». In altre parole, «hanno scoperto le gioie e i tranelli del capitalismo e dell’imperialismo», e così «si sono illusi di poterla fare franca dovunque e comunque», confidando nella forza militare e finanziaria. L’errore fondamentale, secondo Holehouse, è stato quello di aver sottovalutato l’importanza dei valori umani davanti agli occhi del mondo.
    «Hanno pensato di poter comprare tutto e tutti con una valanga di yuan inflazionati, compromettendo in quesi ultimi tempi le loro relazioni col mondo esterno, sia sul piano economico-politico che su quello diplomatico», sostiene l’analista americano. Massimo emblema della recente “dismisura” cinese, secondo Vaccaro, «la faccenda del virus Covid ingegnerizzato e sfuggito di mano». La verità? Accora avvolta nelle tenebre della censura. «Credo che siano in una situazione molto peggiore di quella che essi intendono raccontare». Poi, oltre alle «pessime relazioni con la maggioranza del popolo cinese», c’è anche «una gravissima frattura all’interno del Politburo tra diverse fazioni», mentre una buona metà della popolazione cinese (700 milioni di persone) sarebbe «in condizioni di fame e di povertà». Una situazione paradossale e incerta, che per Vaccaro non può durare ancora per molto: «Il bubbone è pronto a scoppiare. Al di là di ogni apparenza e di ogni voce grossa, sono sull’orlo della disfatta».
    Nessuno ha la sfera di cristallo per capire cosa accadrà domani, ma la carenza di orientamento «si fa sentire in modo drammatico, non soltanto all’interno degli Stati Uniti e della stessa Cina, ma sul piano planetario». La questione virale gioca un ruolo basilare, sottolinea Vaccaro, avendo sconvolto le sicurezze delle persone. «Tutti prigionieri e ostaggio dei virologi, prima ancora che della Cina. Tutti in attesa spasmodica, smodata e ridicola di un vaccino che immunizzi, che risolva, che liberi dall’incubo, mentre è sicuro che qualsiasi vaccino e qualsiasi cura medica non farà altro che aggravare la situazione, accorciare la vita e ingrossare le tasche delle imprese chimiche e farmaceutiche», scrive Vaccaro. «Implorare la Pfizer, l’AstraZeneca e le altre multinazionali perché si sbrighino a produrre e fornire più vaccini mi pare non solo un’azione autolesiva, ma delirante e allucinante».
    Sta davvero per franare, la Cina? «Non credo che si debba aspettare il cadavere del partito comunista cinese sulla sponda dello Yangtze, contando sulla provvidenza divina», dice ancora Valdo Vaccaro. «Più sensato darsi da fare per informare la gente, renderla edotta, renderla responsabile». Meglio tendere una mano pietosa a Xi Jinping per farlo cadere prima possibile, accorciandone la possibile agonia con «una spallata a quel regime», come ha cercato di fare Trump sostenendo i ribelli di Hong Kong. A proposito: «Il presidente Trump è più vivo che mai: rimane una figura carismatica eccezionale e unica, nelle presenti circostanze». Non caso, resta «un punto di riferimento della lotta di liberazione e di emancipazione dei cinesi dalla propria dittatura interna». Questione di tempo, ribadisce Vaccaro: tra non molto cadrà in pezzi prima «la banda Biden», e poi «la banda nazi-comunista» con la quale Donald Trump ha ingaggiato una sfida planetaria, destinata a prolungarsi ben oltre il falso verdetto delle presidenziali truccate. Una frode che ormai pesa, in modo vistoso, sull’umore di oltre metà degli americani.

    «La mia previsione è che, prima ancora di un collasso automatico del partito comunista cinese, ci sarà un collasso di Biden e della sua ignobile baracca entro breve». Una “profezia” firmata da Valdo Vaccaro, che si definisce “libero ricercatore e filosofo della salute”. Le verità – annuncia, sul suo blog – stanno venendo fuori in tutta la loro formidabile forza dirompente. «Non è peraltro possibile che un paese come l’America resti in balia di governanti ottusi e disonesti, di ladri di voti e di gente disposta a consegnare il paese al miglior offerente. Questo può succedere per le repubbliche delle banane e per i paesi satelliti come l’Italia, totalmente schiava dei burocrati europei, delle grandi banche, dei Bill Gates, della massoneria deviata, del Bilderberg e del Vaticano. Non può riguardare un paese leader mondiale». Oggi, premette Vaccaro, esiste un vuoto silenzioso e tombale: «Alla Casa Bianca si sono soltanto dei fantasmi. Stanno cadendo in pezzi i vari traditori della patria, come la Pelosi e il Cuomo in prima linea, assieme ai vari Fauci e Bill Gates, con buona pace del cosiddetto sinistrismo di maniera, messo in ridicolo dal un grande e indimenticato artista del calibro di Giorgio Gaber».

  • Il Cts non ha mai chiesto ristoranti chiusi: è stato Conte

    Scritto il 18/1/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Con la pubblicazione del verbale del Comitato Tecnico Scientifico dello scorso 17 ottobre viene a cadere l’ennesima bugia propalata dal premier Giuseppe Conte e dal suo ministro della salute, Roberto Speranza, e salta fuori l’incredibile prepotenza usata nei confronti di ristoratori e titolari di bar e pub. Contrariamente a quanto detto pubblicamente, infatti, non sono stati gli scienziati a proporre le chiusure serali dei locali, come avrebbe poi deciso un Dpcm pochi giorni dopo». Lo scriveva Franco Bechis sul “Tempo” già lo scorso 1° dicembre, esaminando i documenti emersi sulla storia dell’emergenza italiana che ha letteralmente devastato il paese, provocando la morte di 400.000 aziende in pochi mesi. «Il Cts infatti riteneva validi i protocolli in base ai quali i ristoratori avevano messo in sicurezza i locali, e semmai – scrive Bechis – proponeva controlli più rigidi sul rispetto delle prescrizioni fornite a maggio». Ovvero: «Più controlli per pizzicare i furbetti, ma cena al ristorante possibile a tutti».
    Notizia ancora più interessante, se riletta all’indomani della protesta “Io Apro” promossa il 15 gennaio da migliaia di locali costretti alla chiusura serale, puntualmente finita nel mirino dei censori: riaprire a cena non significa essere solo «pericolosi imbecilli», ha scritto Peter Gomez del “Fatto Quotidiano”, ma anche «crinminali», in quanto “untori”: per Gomez, evidentemente, il coronavirus è pericoloso a cena, ma non a pranzo (quando ai ristoranti, nelle zone gialle, è consentita l’apertura a mezzogiorno). «Per ciò che concerne il settore della ristorazione, il Cts rimarca il rigoroso rispetto e controllo delle misure già più volte indicate dal Cts ed oggetto delle norme attualmente in vigore», scriveva l’organismo di indirizzo il 17 ottobre, citando «distanziamento, prevenzione degli assembramenti, obbligo nell’uso della mascherina negli esercizi commerciali e di ristorazione». Il Cts raccomandava «intensificazione della vigilanza e delle azioni di contrasto», che a suo parere dovevano «essere rese più agevoli nella loro possibilità di adozione (esempio: obbligo di affissione del numero massimo di clienti che è possibile accogliere negli esercizi)».
    Sottolinea il direttore del “Tempo”: il Comitato Tecnico-Scientifico non era affatto propenso a chiudere i ristoranti. «Il Cts – si legge infatti nel documento “desecretato” – suggerisce la coerenza della limitazione già prevista dalle raccomandazioni vigenti per i contesti domestici relativa al numero massimo di persone che possono condividere il medesimo tavolo all’interno dei locali di ristorazione». Dunque, per gli scienziati – ribadisce Bechis – quei locali potevano restare aperti», sia pure “in sicurezza”. «E’ stato solo il governo a decidere diversamente, mostrando l’ennesimo atto immotivato e quindi persecutorio nei confronti delle partite Iva, che a loro non vanno proprio a genio». Il che dimostra la natura squisitamente politica del lockdown, non motivata da esigenze sanitarie: insieme a cinema, teatri e palestre, proprio i bar e i ristoranti rappresentano i caposaldi quotidiani di quella socialità che i gestori della crisi sembrano voler abolire, in favore del cupo clima di isolamento sociale prodotto dal distanziamento universale, che colpisce anche la scuola e il lavoro dipendente. Quanto al lavoro autonomo, l’Italia è prossima al collasso: il solo settore che comprende ristorazione e turismo rappresenta il 15% del Pil. Un colpo mortale al sistema-paese, neppure giustificato dalle raccomantazioni scientifiche del Cts.

    «Con la pubblicazione del verbale del Comitato Tecnico Scientifico dello scorso 17 ottobre viene a cadere l’ennesima bugia propalata dal premier Giuseppe Conte e dal suo ministro della salute, Roberto Speranza, e salta fuori l’incredibile prepotenza usata nei confronti di ristoratori e titolari di bar e pub. Contrariamente a quanto detto pubblicamente, infatti, non sono stati gli scienziati a proporre le chiusure serali dei locali, come avrebbe poi deciso un Dpcm pochi giorni dopo». Lo scriveva Franco Bechis sul “Tempo” già lo scorso 1° dicembre, esaminando i documenti emersi sulla storia dell’emergenza italiana che ha letteralmente devastato il paese, provocando la morte di 400.000 aziende in pochi mesi. «Il Cts infatti riteneva validi i protocolli in base ai quali i ristoratori avevano messo in sicurezza i locali, e semmai – scrive Bechis – proponeva controlli più rigidi sul rispetto delle prescrizioni fornite a maggio». Ovvero: «Più controlli per pizzicare i furbetti, ma cena al ristorante possibile a tutti».

  • Pavidi e ciechi, rassegnati alla “democratura” del Covid

    Scritto il 13/1/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    L’Italia non s’è desta: gli italiani sono rassegnati a subire all’infinito ogni genere di vessazione incostituzionale. Restrizioni devastanti, quelle inflitte con la scusa del Covid: pericolose per la democrazia, inefficaci contro la pandemia ma in compenso disastrose per il tessuto economico del paese. E’ una denuncia precisa, quella che il Movimento Roosevelt affida a due avvocati, Pierluigi Winkler e Ivo Mazzone, che intervengono insieme al presidente, Gioele Magaldi, per fotografare l’emergenza civile (sociale, economica, politica e giuridica) che sta investendo l’Italia da ormai quasi un anno. «Uno strumento come il decreto non può intervenire sui diritti fondamentali: per quello serve una legge», premette Winkler, che del sodalizio “rooseveltiano” è uno dei vicepresidenti. «La sostanza non cambia – dice l’avvocato Mazzone – se si passa dal Dpcm al decreto legge, che va convertito in legge entro 60 giorni: se nel frattempo emetto decreti su decreti, mi sottraggo alla possibilità di controllo della legalità democratica, del Parlamento o della Corte Costituzionale».

  • Bergoglio coi Rothschild, Soros e il Great Reset di Davos

    Scritto il 25/12/20 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    Donald Trump annuncia di aver raggiunto la più grande vittoria elettorale di sempre, nella storia degli Stati Uniti, con qualcosa come 74 milioni di voti: la frode contestata a Biden tramite «brogli di proporzioni mostruose» non sarebbe stata solo una beffa, ma un vero e proprio attentato alla dimensione democratica del paese. Mentre Trump mobilita la base in vista della battaglia legalitaria che dovrebbe culminare il 6 gennaio, con il rifiuto parlamentare di convalidare il risultato “truccato” da Biden, grazie all’abuso del voto postale e alla manipolazione che sarebbe stata realizzata dai dispositivi elettronici Dominion attraverso il software Smartmatic, l’influente George Soros ha appena nominato a capo della sua Open Society Foundation proprio il presidente di Smartmatic Voting System: si tratta di Lord Mark Malloch-Brown, alto funzionario delle Nazioni Unite. Se i media hanno già “deciso” che il nuovo presidente americano sarebbe Biden (in realtà non ancora eletto: il voto espresso dai suoi grandi elettori il 14 dicembre non conta nulla, data l’opposizione di Trump), dalla parte di Biden, Soros e colleghi sembra schierarsi anche Jorge Mario Bergoglio. Duramente attaccato da Mike Pompeo per aver concesso a Pechino il potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina, Papa Francesco ha formalizzato un’alleanza in Vaticano con il Council for Inclusive Capitalism, organismo promosso da Lynn Forester de Rothschild, «grande amica di Hillary Clinton e di Jeffrey Epstein», l’uomo che ricattava i potenti tramite favori sessuali a base di minorenni.

  • Conte, Merkel e gli zombie che “Politico” scambia per eroi

    Scritto il 09/12/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in jount-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa”.
    Una galleria di zombie, che “Politico” scambia per esseri politicamente viventi, nonché capaci di decisioni autonome: come se non esistessero nemmeno, i poteri che dominano il mondo, che oggi lo stanno mettendo alla frusta come in tempo di guerra (e che, per inciso, presiedono alla somministrazione editoriale delle notizie destinate al gregge). La simpatica macellaia Angela Merkel, reginetta del rigore e affamatrice di mezza Europa, Grecia in primis, dopo i brillanti esordi come spia della Stasi, feroce polizia politica della Germania Est (”Le vite degli altri”, al cinema), su “Politico” rifulge, abbagliante, in tutto il suo splendore. «Dopo quasi 16 anni come cancelliera, Angela Merkel è destinata a ritirarsi dopo le elezioni tedesche dell’autunno 2021», singhiozzano i redattori di “Politico”, «con un record segnato dalla stabilità piuttosto che dall’ambizione». In confronto ad Angela, Batman e Superman non sono nessuno: «Negli ultimi dieci anni e mezzo, la Merkel è stata la mano ferma attraverso una serie di cataclismi, dalla Grande Recessione e dalla crisi dell’Eurozona al Covid-19». Che tempra: «Ha tenuto insieme l’Europa di fronte alla Brexit e alla belligeranza di Donald Trump», quel noto mascalzone, «diventando, per processo di eliminazione, il “leader del mondo libero”, di fatto, quando Washington si è ritirata».
    Al ritratto “giornalistico” manca solo l’incoronazione imperiale, ma soltanto perché il Sacro Romano Impero non è ancora stato nominalmente istituito. Quanto al culto merkeliano, niente paura: l’altare, come si legge, è bell’e pronto. E alla destra della divinità siede già la regina dei “dreamer”, la quasi altrettanto divina Ursula, che infatti «vuole rendere di nuovo grande l’Europa». E come? Presto detto: la prima voce citata da “Politico” è «il rafforzamento dei diritti Lgbt», la cui fragilità – com’è noto – ha determinato la grande crisi europea, la morte per denutrizione dei bambini greci, le spietate politiche di rigore, i tagli alla sanità e alle pensioni, l’esplosione del precariato e della disoccupazione. Insieme al “diritti Lgbt” è citata l’altra grande sfida che assilla gli europei nel 2020, ovvero «la lotta al razzismo». A seguire: «La garanzia di un salario minimo a tutti i lavoratori europei, la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% e la creazione di un’Unione Europea della Sanità che darebbe alla burocrazia dell’Ue maggiore influenza su una prerogativa nazionale ferocemente custodita». C’è da mettersi a piangere dalla commozione, vero? Meglio tenere il fazzoletto a portata di mano, allora, perché “Politico” riesce a superare se stesso nel celebrare il primo ministro italiano, amatissimo dai poteri che contano.
    «Il coronavirus ha devastato l’Italia, ma per Conte, almeno politicamente, è stato un vantaggio»: almeno questo, “Politico” lo ammette. Comunque, «se l’Italia è troppo grande per fallire, Giuseppe Conte è l’uomo che l’Europa spera sarà in grado di continuare a sostenerla». Eccoci al punto: “Giuseppi” sarebbe la pedina su cui puntano i massimi poteri, quelli che muovono i fili delle marionette Angela & Ursula. La tesi di “Politico”: ha fatto benissimo, Conte, a imporre all’Italia il brutale lockdown di marzo e aprile: così facendo ha infatti costretto l’Ue a provare «vergogna», al punto da indurre i cattivoni di Bruxelles a metter mano al portafogli con una pioggia di miliardi (di cui non s’è ancora vista nemmeno l’ombra: l’Italia infatti sta in piedi solo grazie alla generosità di Christine Lagarde, ma la signora della Bce è relegata in posizione assai defilata, tra i benefattori). Del resto, “Politico” bada al sodo: di Conte apprezza «il suo stile cliché italiano fiammeggiante», e cioè il fatto di «presentarsi alle riunioni a bordo di una Maserati, in un abito neo-dandy, cercando di flirtare con Angela Merkel». Certo, “Giuseppi” dovrà guardarsi dall’invidia dei paesi “frugali” (che infatti friggono, di fronte allo spettacolo dell’improvvisa ricchezza degli italiani, trasformati in nababbi). E dovrà anche «gettare qualche osso» ai suoi avversari «di estrema destra», cioè «Salvini e l’ascendente Giorgia Meloni».
    La leader di Fratelli d’Italia figura al terzo posto tra i “disgregatori” europei, contrapposti a valorosi “doers” come Orban, Macron, Erdogan e il “bluffer” Boris Johnson. La piccola Giorgia («sono italiana, sono cristiana») è presentata come «leader appena incoronata dell’estrema destra europea», al punto che ora sembra «pronta a diffondere», in tutto il continente, «la sua capacità di distruggere senza autodistruggersi» (in questo, seconda solo al coronaviurs). Tra i biechi disgregatori figura il russo Pavel Durov, reo di aver creato un social media come Telegram, capace di fare concorrenza a WhatsApp, ovvero di «fare a pezzi le persone», divenendo uno strumento del Male. «Telegram è anche il modo in cui i teorici della cospirazione tedeschi di “QAnon” e i manifestanti anti-maschera organizzano marce a Berlino». Capito, che guaio? Ma niente paura, già si ode l’avanzata dei cavalieri del Bene, cioè le piattaforme immacolate come Facebook e Twitter, le quali «cercano di reprimere la disinformazione e l’incitamento alla violenza». A proposito di disinformazione e omissioni: è grande come una casa, la maggiore “dimenticanza” di quegli sbadati di “Politico”: nel loro pantheon europeo è clamorosamente vuota la poltrona di uno dei personaggi più influenti del pianeta, Mario Draghi. Strano, no?
    Proprio Draghi, già sommo pontefice dell’euro-potere, si macchiò nel 2019 del peggiore dei crimini: rinnegò le sue malefatte e si mise a bocciare le politiche “fallimentari” dei suoi ex sodali, cioè i morti viventi, gli ectoplasmi, i camerieri e i maggiordomi che oggi “Politico” finge di scambiare per statisti decisivi per il futuro europeo. Compreso il più fantasmatico di tutti, il nostro anonimo “Giuseppi”, con il suo stile «cliché italiano fiammeggiante»: senza i poderosi acquisti della Bce, non avrebbe potuto sfoggiare a lungo la Maserati e la pochette, menando ancora il can per l’aia dopo un anno di supercazzole sui “ristori”. E se è stata la Bce ad acquistare camionate di Btp a costo zero, lo si deve anche e soprattutto al grande assente, nel pantheon di “Politico”: quel Draghi che a marzo, sul “Financial Times”, aveva messo in chiaro che vent’anni di politica europea (cioè di Angela Merkel e sudditi) andrebbero gettati al macero, pena la morte civile di un continente tuttora in mano ai prestanome di un’associazione a delinquere che ha organizzato a tavolino l’inesistente “scarsità di denaro”, a scopo predatorio e di dominio. E quindi: come lo si sarebbe potuto invitare, l’imbarazzante Draghi, tra i Magnifici del 2021? E se si fosse messo a dire la verità, come sta facendo da un anno e mezzo a questa parte? Volete mettere, lo sconcerto?
    La voglia di ridere, se mai ci fosse, svanirebbe comunque velocemente nello scoprire che il Tribunale Islamico di “Politico” mette nel mirino anche una scrittrice, nientemeno: si tratta di Joanne Kathleen Rowling, celeberrima creatrice di Harry Potter, relegata tra i reprobi “disgregatori”. Sembra di rivivere, sia pure in modo incruento, l’epoca della “fatwa” scagliata dall’ayatollah Khomeini contro Salman Rushdie, autore dei “Versi satanici” che secondo i teocrati dell’Iran insolentivano il Profeta. Merita dunque la condanna a morte anche la Rowling? Certo, il suo crimine è scioccante: ha osato contestare uno dei massimi dogmi della nuova religione, cioè la sacralità dei diritti civili (Lgbt) utilizzata per oscurare i diritti sociali e quindi annullare il futuro dei giovani, dando loro l’illusione di essere liberi, anche se quella sessuale è l’unica vera libertà che ormai viene loro lasciata. L’accusa mossa all’autrice di Harry Potter è spaventosa: “transbofia”. Roba da plotone d’esecuzione. Quello di “Politico”, per ora si esercita sulla Rowling. Ma solo a un demente potrebbe sfuggire qual è il vero bersaglio: noi, la nostra libertà di opinione. All’avvento del totalitarismo nazista, Bertolt Brecht si affrettò a lasciare la Germania. Con lui Theodor Adorno, Herbert Marcuse, Erich Fromm. Non è mai un bel posto, quello dove si mettono alla berlina i filosofi e gli scrittori. E il Verbo di “Politico”, sotto forma di carta straccia digitale, è un avvertimento maleodorante: essere eretici, d’ora in poi, costerà caro.
    (Giorgio Cattaneo, “Conte, Merkel e gli zombie che ‘Politico’ scambia per nostri amici”, dal blog del Movimento Roosevelt dell’8 dicembre 2020).

    «Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in joint-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa“.

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