Archivio del Tag ‘politicizzazione’
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Giannuli: Palamara e la giustizia-vergogna, dalle Br in poi
Il caso Palamara mi obbliga ad affrontare un tema che, per la verità, avevo già in qualche modo incrociato in testi scritti: il problema dell’ordinamento giudiziario nel nostro paese. Lo scandalo è sotto gli occhi di tutti: dalle intercettazioni si ricava che il presidente nazionale dell’associazione magistrati usa espressioni del tipo “Salvini ha ragione, ma dobbiamo fermarlo”. Sapete bene che idea ho di Salvini e della Lega: lungi da me l’idea di difendere politicamente Salvini. Però difendo il suo diritto, il suo ruolo di esponente politico e di parlamentare. Io non condivido niente, delle proposte di Salvini. E sono dell’idea che, in alcuni casi, abbiano rilievo di carattere penale; sono stato fra quelli che si sono schierati perché fosse giudicato da un tribunale regolare. Però, l’idea che un magistrato – e quale magistrato: di quelli che hanno avuto spicco, importanza – dica “dobbiamo fermare Salvini”, questo no. Non è compito tuo, fermare ne Salvini né nessuno. Un magistrato che dice una cosa del genere è indegno di appartenere all’ordine giudiziario. E va radiato immediatamente. Qualsiasi cittadino ha diritto di sapere di essere giudicato da un magistrato che avrà le sue opinioni politiche (non è che il magistrato non ne debba avere), ma che sappia giudicarlo con equilibrio e senza tener presente le opinioni politiche del giudicato.
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Giudici pieni di difetti: fine di Magistratura Extraterrestre
Sorpresa: la magistratura non è extraterrestre. Le scoperte e gli scandali del Csm-Anm stanno semplicemente mostrando all’opinione pubblica l’ovvio, ossia che il potere giudiziario (con le prerogative e l’autogoverno della magistratura) viene esercitato in modo terrestre. Cioè viene talvolta, e soprattutto ai suoi vertici, adoperato come tutti gli altri poteri: in modo occulto, illegittimo, associato, per fare interessi di parte non dichiarati (individuali o di gruppo), inclusa la smodata sete di potere di alcuni, incluso lo scambio di servizi con fazioni politiche, anzi con una particolare parte politica: il cosiddetto collateralismo. Queste scoperte e questi scandali, insomma, svolgono un’operazione di demitizzazione della Giustizia terrena, togliendole l’iniziale maiuscola, e riportando la percezione della figura del magistrato a quella di uomo normale, che si comporta normalmente. Soprattutto quando si tratta di quelli che vogliono comandare sugli altri loro colleghi. Le scoperte e gli scandali tolgono, a chi può sostenerne psicologicamente la perdita, un mito di cui il sistema di potere si è ampiamente servito per rilegittimarsi, per eliminare personaggi e partiti scomodi, e soprattutto per coprire il piano generale di cessione degli interessi nazionali a potentati esteri (1992, Britannia Party, Mani Pulite).E’ per quell’uso speciale, che fu creato il mito della Giustizia Extraterrestre e che divampò il giustizialismo tra gente che non rifletteva sul fatto che, fino al giorno prima, la medesima Giustizia aveva lasciato procedere pressoché indisturbato l’andazzo della corruzione, che era noto a tutti coloro che si occupavano di pubbliche amministrazioni; quindi se si era decisa a intervenire, non era certo per virtù sua. Beato il popolo che non ha bisogno di eroi – anche se gli eroi vi sono stati e vanno onorati. Gli ingenui veri e finti oggi proclamano che bisogna erigere un muro per separare la magistratura dalla politica. Ma moltissimi magistrati, specie quelli più attivi nel loro sindacato Anm, sono politicizzati da sempre e non rinunceranno mai a far politica da magistrati: il fatto stesso che l’Anm è composta di correnti, cioè di fazioni, che portano avanti non teorie filosofiche, ma interessi e idee politiche diverse, dimostra che i magistrati (italiani) sono così. Assieme al fatto che molti magistrati hanno sempre dichiarato di avere idee e obiettivi politici e di volersi coordinare tra loro per realizzarli. Sono dati storici e inveterati. Realtà che non si azzerano per legge. L’attività giudiziaria, perlomeno in Italia, sarà sempre esercitata con condizionamenti politici – l’importante è saperlo e poterlo dire. L’idea del muro è invece, palesemente, una sciocchezza.Il migliore controbilanciamento allo strabordare in politica e agli altri abusi del potere giudiziario, forse anzi l’unico possibile, è proprio la demistificazione di quel potere, la diffusione pubblica della conoscenza, il fatto che l’opinione pubblica e i mass media lo percepiscano nella sua realtà umana, e non più come una garanzia angelica di legittimità o di correzione del sistema, dato che non lo è, essendo interno al sistema, alla sua cultura di potere, e non un quid qualitativamente indipendente da esso. Una volta tolta quest’aura mitica, questa funzione psicologica abnorme che ha favorito e spesso ispirato gli abusi, fino a vere e proprie campagne giudiziarie decennali di interdizione contro certi politici scomodi, gli abusi del potere giudiziario saranno ben più riconoscibili al pubblico, più rischiosi per chi li compie, meno efficaci per la lotta politica, anzi potranno andare a vantaggio di chi li subisce. Insomma, saranno sensibilmente scoraggiati. Di fronte all’arresto o all’incriminazione di un uomo politico scomodo, non si reagirà più unicamente e automaticamente presumendo che questi sia colpevole, ma discutendo anche delle possibilità alternative, compreso il killeraggio giudiziario.Utile a prevenire abusi politico-strumentali del potere giudiziario, nonché i processi portati avanti senza disturbarsi a ricercare le prove, sarebbe invece, oltre alla separazione delle carriere, e a un controllo-revisione dell’esame di concorso a magistrato, una limitata riforma del codice di procedura penale, che suggerivo nel mio “Le Chiavi del Potere” (2003); in sintesi: 1. Trasformare il principio di presunzione di non colpevolezza in presunzione di innocenza; 2. Stabilire esplicitamente che, quando l’accusa si basa su prove indirette, il giudice debba assolvere ogniqualvolta una versione dei fatti che escluda la commissione del reato o la colpevolezza sia compatibile con i fatti provati direttamente; 3. Stabilire esplicitamente l’assoluta nullità dei provvedimenti cautelari, dei decreti di citazione a giudizio, delle ordinanze di rinvio a giudizio, delle sentenze di condanna che non enuncino specificamente e concretamente gli atti di cui è accusato l’imputato (se singolo) o ciascuno degli imputati singolarmente (se è contestato il concorso nel reato); 4. Stabilire esplicitamente l’inammissibilità, a pena di nullità, delle presunzioni di grado secondo e superiore.I Pm sarebbero così incentivati a concentrarsi sui reati reali e sull’onesta e doverosa (seppur faticosa e noiosa) ricerca della prova, anziché affidarsi a congetture, contando che i loro colleghi giudicanti, poi, per spirito di corpo, le accettino come prove, in barba al principio di onere della prova e di presunzione di non colpevolezza. Inoltre, il non potersi più dedicare a processi senza vere prove li indurrebbe a occuparsi maggiormente di crimini molto gravi e in cui le prove sono facilmente acquisibili, come quelli delle bande criminali di spacciatori, estorsori, magnaccia che imperversano sul territorio pressoché indisturbate, occupandone intere porzioni, mentre sarebbe spesso facile individuare e arrestare i loro accoliti, e stranamente non lo si fa.(Marco Della Luna, “Fine di Magistratura Extraterrestre”, dal blog di Della Luna del 16 giugno 2019).Sorpresa: la magistratura non è extraterrestre. Le scoperte e gli scandali del Csm-Anm stanno semplicemente mostrando all’opinione pubblica l’ovvio, ossia che il potere giudiziario (con le prerogative e l’autogoverno della magistratura) viene esercitato in modo terrestre. Cioè viene talvolta, e soprattutto ai suoi vertici, adoperato come tutti gli altri poteri: in modo occulto, illegittimo, associato, per fare interessi di parte non dichiarati (individuali o di gruppo), inclusa la smodata sete di potere di alcuni, incluso lo scambio di servizi con fazioni politiche, anzi con una particolare parte politica: il cosiddetto collateralismo. Queste scoperte e questi scandali, insomma, svolgono un’operazione di demitizzazione della Giustizia terrena, togliendole l’iniziale maiuscola, e riportando la percezione della figura del magistrato a quella di uomo normale, che si comporta normalmente. Soprattutto quando si tratta di quelli che vogliono comandare sugli altri loro colleghi. Le scoperte e gli scandali tolgono, a chi può sostenerne psicologicamente la perdita, un mito di cui il sistema di potere si è ampiamente servito per rilegittimarsi, per eliminare personaggi e partiti scomodi, e soprattutto per coprire il piano generale di cessione degli interessi nazionali a potentati esteri (1992, Britannia Party, Mani Pulite).
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Se i grillini capissero quale infamia è stata inflitta a Siri
Gli operatori politici devono tener conto essenzialmente dei loro interessi e della realtà. L’interesse dei capi grillini (le cui mosse in economia sono state molto dannose) è di portare la competizione con la Lega sul piano bella moralità politica e della giustizia per farsi più forti e più belli agli occhi del loro elettorato attuale e potenziale. La realtà di cui tener conto è che l’elettorato, soprattutto quello di riferimento del Movimento 5 Stelle, è sprovveduto ed emotivo, assetato di colpevoli cui imputare un malandare le cui cause vere non può capire. L’operazione ha fatto risalire il Movimento nei sondaggi, e scendere la Lega. Realisticamente, nell’interesse del suo partito, Siri forse si doveva dimettere subito, proprio per tenere conto dei limiti cognitivi ed emotivi della base popolare, la quale, vivendo mentalmente in un mondo immaginario, non vede le ragioni per cui Siri dovrebbe, al contrario, nell’interesse di tutti e della legalità costituzionale (sempre che non vi siano ragioni ulteriori in senso contrario rispetto a quelle rese note sinora) restare al suo posto.Le ragioni sono le seguenti. In primo luogo, Siri, ad oggi non è accusato ma solo indagato; il pubblico ministero non ha ancora esercitato l’azione penale, il giudice delle indagini preliminari non lo ha ancora rinviato a giudizio, e forse verrà addirittura disposta l’archiviazione della sua posizione. Nessun personaggio istituzionale è stato finora rimosso in una tale situazione. In secondo luogo, anche se fosse già imputato, dovrebbe applicarsi la presunzione di non colpevolezza, perché essa è un principio di civiltà giuridica irrinunciabile. In terzo luogo e in generale, il sistema giudiziario italiano non è affidabile perché è tra i meno efficienti al mondo, a livello dell’Africa nera. In quarto luogo, notoriamente il potere giudiziario è in parte politicizzato e non di rado viene strumentalizzato per la lotta partitica soprattutto nell’approssimarsi di elezioni.In quinto luogo, se si dà al pm (che talora agisce per scopi politici) il potere di causare le dimissioni degli eletti dal popolo, si sovverte il principio democratico, subordinandolo alle decisioni insindacabili di un soggetto che non è nemmeno responsabile delle sue azioni, oltre a non avere mandato elettorale. Ciò è peggio di qualsiasi cosa dal punto di vista costituzionale, è peggio persino dal lasciare in una carica istituzionale un personaggio che sia stato definitivamente condannato: è peggio perché è sovversivo del principio fondamentale della democrazia. Se l’elettorato grillino capisse questa cosa elementare, se capisse quindi il carattere illegale e la portata profondamente eversiva della rimozione di Siri, si rivolterebbe contro Giggino ed esigerebbe le dimissioni di Conte, che ha deciso e firmato quella rimozione, assumendosene la responsabilità politica.Quanto sopra vale per i processi in generale, mentre per il caso di Siri in particolare dobbiamo considerare i due procedimenti penali che lo interessano. Il primo è quello in cui ha patteggiato una pena per l’accusa di bancarotta fraudolenta. Il patteggiamento non è una valida ragione perché si dimetta. Infatti, in primo luogo, il patteggiamento non è un’ammissione o un accertamento di reato. In secondo luogo, il motivo per cui Siri ha patteggiato potrebbe essere che, di fatto, i processi per bancarotta fraudolenta in Italia spesso vengono gestiti in modo illegale, ossia ti accusano e ti condannano anche in assenza della prova che tu abbia commesso una distrazione patrimoniale o un qualsiasi altro fatto specifico. Oppure, nei casi in cui vi sono più amministratori della impresa fallita, succede che spesso vengono condannati tutti e senza andare a vedere chi abbia fatto che cosa, applicando una sorta di responsabilità oggettiva-collettiva, e spesso in assenza di prove delle responsabilità personali e dei fatti specifici, in totale violazione del principio di personalità della responsabilità penale, dell’onere della prova e della presunzione di non colpevolezza. Può darsi che Siri fosse innocente e abbia patteggiato per evitare di subire cose simili.L’altro procedimento penale che interessa Siri, quello ancora in fase di indagini preliminari e riguardante supposti rapporti con la criminalità organizzata, ancor meno dovrebbe essere considerato come necessitante le sue dimissioni. Infatti, in primo luogo, la mafia in Italia è stata portata dentro le istituzioni dagli americani durante l’invasione dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, come ricostruiscono numerosi studi storici, e da allora essa fa parte istituzionalmente dello Stato italiano: ci piaccia o no, lo Stato italiano è uno Stato-mafia (come altri). Anzi, da allora le varie mafie, camorre, ‘ndranghete hanno aumentato gradualmente il loro potere economico e politico, il loro controllo sul territorio e su buona parte dei collegi elettorali del Meridione, sì che governare senza un accordo con esse (a livello locale come a Roma) è impossibile; e la pretesa che i governi italiani combattano la criminalità organizzata – quella grande e non quella minore, quella che taglieggia i bottegai o spaccia per strada – è assurda oggettivamente anche se creduta popolarmente e vendibile alle masse elettorali.Ancor più importante: molti studi economici e sociologici evidenziano come, su scala mondiale, la criminalità organizzata è divenuta estremamente potente sul piano politico e addirittura possa soppiantare i governi, girando somme enormi riveniente da traffici illeciti (droga, armi, riciclaggi). Su questa enorme liquidità, che per il 60% circa si ricicla nelle banche statunitensi, si regge la stabilità di interi sistemi bancari del “mondo libero”. In conclusione, lo scandalizzarsi per (l’ipotesi di) contatti tra qualche personaggio politico o istituzionale e ambienti affaristici della criminalità organizzata, è pura ipocrisia o grave ingenuità. Peraltro, via via che si fanno istituzionali, le mafie, pur conservando il loro scopo di profitto e controllo politico, modificano i loro metodi e diventano per così dire civili. La mafia burocratica, la mafia ministeriale, la mafia legislativa, la mafia giudiziaria assomiglia ben poco alla mafia dagli stereotipi, alla mafia della coppola e della lupara; è una mafia in doppiopetto, felpata, che spende molto per legittimarsi e uccide moderatamente, che controlla i mass media, che modella l’opinione pubblica e la sua percezione del mondo, che in sostanza si è assimilata alla gestione normale del potere politico e al suo stile usuale (salvo mantenere modalità vetero-mafiose in campi come l’esazione fiscale nostrana).In fondo, l’organizzazione criminale di tipo mafioso altro non è che una forma molto efficiente, e pertanto vincente, di organizzazione e gestione di interesse e potere. Per questo si afferma e dilaga e soppianta altre istituzioni e controlla i cartelli delle materie prime, dell’informazione, e soprattutto del credito, della moneta, del rating. È una realtà pragmatica, che è errato inquadrare e giudicare limitativamente con categorie giuridiche, morali e emotive, per quanto essa possa essere ripugnante emotivamente e moralmente. Nella sua auto-narrazione, il sistema si professa come fondato su precisi principi: la trasparenza e sincerità, la conformità a etica e legge, la democraticità dell’azione politico-istituzionale. Ma questi principi sono solo la verniciatura della realtà, la quale funziona in modo completamente indipendente da essi. Essi hanno a che fare con la realtà solo nel senso che sbandierarli serve a nasconderla.La violazione delle regole legali e dei principi morali, assieme all’inganno, è funzionale e indispensabile per il profitto e per il potere. Però, nella narrazione per il popolo, il malandare delle cose e le ingiustizie non possono essere attribuiti a questa realtà, perché si disturberebbe il consenso, bensì a capri espiatori (gli ebrei, i comunisti, i fascisti, il nemico di classe, gli infedeli, etc.). Ogni sistema di potere completa la sua propria auto-narrazione aprendo, al proprio interno, uno spazio di dialettica consentita, onde ciascuno possa trovare il colpevole per lui più verosimile per le ingiustizie e per il malandare (il liberismo, il socialismo, l’Europa, gli euroscettici, etc.) e possa aderire a un partito che promette di risolvere i mali sconfiggendo quel colpevole. In questo modo, si produce e mantiene il consenso popolare, detto democrazia.(Marco Della Luna, “Il sacrificio democratico di Siri”, dal blog di Della Luna del 10 maggio 2019).Gli operatori politici devono tener conto essenzialmente dei loro interessi e della realtà. L’interesse dei capi grillini (le cui mosse in economia sono state molto dannose) è di portare la competizione con la Lega sul piano bella moralità politica e della giustizia per farsi più forti e più belli agli occhi del loro elettorato attuale e potenziale. La realtà di cui tener conto è che l’elettorato, soprattutto quello di riferimento del Movimento 5 Stelle, è sprovveduto ed emotivo, assetato di colpevoli cui imputare un malandare le cui cause vere non può capire. L’operazione ha fatto risalire il Movimento nei sondaggi, e scendere la Lega. Realisticamente, nell’interesse del suo partito, Siri forse si doveva dimettere subito, proprio per tenere conto dei limiti cognitivi ed emotivi della base popolare, la quale, vivendo mentalmente in un mondo immaginario, non vede le ragioni per cui Siri dovrebbe, al contrario, nell’interesse di tutti e della legalità costituzionale (sempre che non vi siano ragioni ulteriori in senso contrario rispetto a quelle rese note sinora) restare al suo posto.