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Archivio del Tag ‘Qe’

  • E bravo Draghi, che ricompra i titoli dei suoi amici bankster

    Scritto il 09/2/15 • nella Categoria: segnalazioni • (2)

    «Le ricche istituzioni finanziarie che hanno acquisito a prezzi bassi il travagliato debito pubblico di Grecia, Italia, Portogallo e Spagna ora ne vendono i titoli alla Bce a prezzi elevati». Ecco a chi serve il “quantative easing” di Mario Draghi, «ex dirigente della Goldman Sachs», come ricorda Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan. Sono loro, i grandi padroni dell’élite finanziaria, i primi a rallegrarsi all’annuncio che la Banca Centrale Europea avrebbe emesso 720 miliardi di euro all’anno «con cui acquisire crediti inesigibili dalle grandi banche, collegate politicamente». Come negli Stati Uniti, «l’alleggerimento quantitativo (Qe) serve ad arricchire chi è già ricco. Non ha alcun altro scopo». E attenzione: il mercato finanziario è cresciuto «nonostante il livello di recessione, la disoccupazione in gran parte dell’Europa nonché l’austerità imposta ai cittadini». Aumenta, il business finanziario, «in previsione del fatto che gran parte dei 60 nuovi miliardi di euro che saranno creati ogni mese troverà la sua strada nelle quotazioni dei capitali: la liquidità alimenta il mercato borsistico», arricchendo ulteriormente l’1% dei possessori di titoli. «La Federal Reserve e la Bce hanno riportato l’Occidente al tempo in cui un gruppetto di aristocratici era padrone di tutto».
    «Le Borse – continua Craig Roberts in un post tradotto da “Megachip” – sono bolle gonfiate dalla creazione di moneta della banca centrale». E dato che le banche centrali «sono gestite dai ricchi per i ricchi», questo dimostra che «la corruzione può prevaricare i principi di base per un periodo indeterminabile». Craig Roberts lo spiega in un libro del 2012, “The Failure of Laissez Faire Capitalism and Economic Dissolution of the West” (“Il fallimento del capitalismo liberista e il deterioramento economico dell’Occidente”). Ecco lo schema: «Prima la Goldman Sachs ha ingannato i finanziatori con prestiti esagerati (“overlending”) al governo greco, poi suoi ex dirigenti hanno assunto il controllo degli affari finanziari della Grecia e costretto all’austerità la popolazione per evitare perdite a carico dei creditori stranieri». Questo, continua Craig Roberts, «ha stabilito un nuovo principio in Europa, che il Fondo Monetario Internazionale ha inesorabilmente applicato ai debitori dell’America Latina e del Terzo Mondo». Il principio è che «quando i creditori stranieri commettono errori e prestano in eccesso ai governi stranieri, caricandoli di debiti, gli errori dei banchieri sono rimediati derubando le popolazioni povere. Pensioni, servizi sociali e pubblico impiego sono tagliati, risorse preziose vengono svendute agli stranieri per pochi spiccioli e il governo è costretto a sostenere la politica estera statunitense».
    Lo chiarisce in modo inequivocabile John Perkins in “Confessioni di un sicario dell’economia”, edito da Minimun Fax nel 2004. Perkins descrive perfettamente il processo: «Se non avete letto il libro di Perkins – dice Craig Roberts – avete solo una vaga idea di come sono corrotti e senza scrupoli gli Stati Uniti. Infatti, Perkins dimostra che l’eccesso di prestiti è fatto apposta per preparare il paese al saccheggio. Questo è ciò che Goldman Sachs ha fatto in Grecia», anche i greci «hanno impiegato molto tempo per accorgersene». A quanto pare, il 36,5% della popolazione è stato svegliato da un aumento della povertà, della disoccupazione e dei suicidi. «Tale cifra, poco più di un terzo dei voti, è bastata a portare al potere “Syriza” nelle elezioni greche appena concluse e a cacciare il corrotto partito “Nuova Democrazia”, che ha sempre venduto il popolo greco alle banche estere». Tuttavia, aggiunge Craig Roberts, il 27,7% dei greci «ha votato per il partito che ha sacrificato il popolo greco ai bankster, i banchieri gangster». E questo perché «anche in Grecia, un paese abituato a manifestazioni popolari nelle strade, una percentuale significativa della popolazione ha subìto un lavaggio del cervello sufficiente a farla votare contro i suoi stessi interessi».
    “Syriza” potrà fare qualcosa? «Si vedrà, ma probabilmente no», dice Craig Roberts: altro discorso se Tsipras avesse ottenuto il 60-70% dei voti, «ma una maggioranza del 36,5% non rappresenta un paese compatto, consapevole della propria condizione e spoliazione per mano di ricchi banchieri gangster». Il voto dimostra che una percentuale significativa dei greci appoggia ancora il saccheggio estero del paese. «Inoltre, “Syriza” è contro i pezzi grossi: le banche tedesche e olandesi che detengono i crediti verso la Grecia e i governi che sostengono le banche; l’Ue che usa la crisi del debito pubblico per distruggere la sovranità dei singoli paesi membri della stessa unione; Washington che sostiene il potere sovrano dell’Ue sui singoli paesi, in quanto è più facile controllare un solo governo piuttosto che un paio di decine». I media della grande finanza stanno già avvertendo “Syriza”: non metta in pericolo la sua adesione all’euro e non abbandoni il modello di austerità imposto ai cittadini greci con la complicità di “Nuova Democrazia”.
    Potrebbero minacciare di espellere Atene dall’Eurozona? «È una cosa di cui la Grecia dovrebbe rallegrarsi». «Uscire dall’Ue e dall’euro – scrive Craig Roberts – è la cosa migliore che possa capitare alla Grecia, perché un paese senza una propria moneta non è un paese sovrano, è uno Stato vassallo di un altro potere. Un paese senza una propria moneta non può finanziare i propri bisogni». Infatti, anche se è membro dell’Unione Europea, «il Regno Unito ha mantenuto la sua propria moneta e non è soggetto a controllo da parte della Bce». Insiste Craig Roberts: «Un paese senza il suo denaro è impotente, è niente. Se gli Stati Uniti non avessero il proprio dollaro, non avrebbero nessuna importanza sulla scena mondiale. L’Unione Europea e l’euro sono stati solo trucchi e inganni. I paesi hanno perso la loro sovranità, alla faccia dei concetti occidentali di “autogoverno”, “libertà”, “democrazia”: tutti slogan senza contenuto. In tutto l’Occidente non troviamo nient’altro che persone derubate da quell’1% che controlla i governi».

    «Le ricche istituzioni finanziarie che hanno acquisito a prezzi bassi il travagliato debito pubblico di Grecia, Italia, Portogallo e Spagna ora ne vendono i titoli alla Bce a prezzi elevati». Ecco a chi serve il “quantative easing” di Mario Draghi, «ex dirigente della Goldman Sachs», come ricorda Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan. Sono loro, i grandi padroni dell’élite finanziaria, i primi a rallegrarsi all’annuncio che la Banca Centrale Europea avrebbe emesso 720 miliardi di euro all’anno «con cui acquisire crediti inesigibili dalle grandi banche, collegate politicamente». Come negli Stati Uniti, «l’alleggerimento quantitativo (Qe) serve ad arricchire chi è già ricco. Non ha alcun altro scopo». E attenzione: il mercato finanziario è cresciuto «nonostante il livello di recessione, la disoccupazione in gran parte dell’Europa nonché l’austerità imposta ai cittadini». Aumenta, il business finanziario, «in previsione del fatto che gran parte dei 60 nuovi miliardi di euro che saranno creati ogni mese troverà la sua strada nelle quotazioni dei capitali: la liquidità alimenta il mercato borsistico», arricchendo ulteriormente l’1% dei possessori di titoli. «La Federal Reserve e la Bce hanno riportato l’Occidente al tempo in cui un gruppetto di aristocratici era padrone di tutto».

  • Mitchell: deficit altissimi o morte, spiegatelo a Tsipras

    Scritto il 08/2/15 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Syriza parla in parte di liberare la Grecia dal giogo della Troika ma ha un insieme di proposte che sono reciprocamente incoerenti. Potrebbero servire a “uscire dall’angolo” e a ridistribuire un po’ i redditi, ma ciò di cui c’è bisogno è un imponente rilancio di redditi nazionali che può venire solamente da un imponente aumento della spesa. Il settore non governativo non fornirà le ingenti risorse di spesa per modificare la situazione. Non ci può essere una situazione a favore della crescita se queste regole fiscali della Ue sono riaffermate in ogni modo. La crisi finanziaria globale ha provato che l’impatto degli effetti ciclici sugli equilibri fiscali (cioè la perdita di entrate fiscali dovute alla perdita di occupazione e produzione) erano sufficienti a far violare la soglia del 3%. Queste violazioni hanno portato all’imposizione dell’austerità fiscale. Inoltre, la maggior parte dei paesi dell’Eurozona non saranno capaci di conseguire i necessari importi dei loro deficit fiscali (per favorire la crescita) nella situazione attuale che impedisce alla Bce – il monopolista di emissione dell’euro – di attuare tali deficit.
    Paesi come la Grecia ne hanno già abbastanza dei mercati di titoli privati necessari, con le regole attuali, per finanziare i deficit. Quindi, perché non invocare un cambiamento delle regole che permettano alla Bce di comportarsi in pieno come un soggetto emittente di moneta? La ragione è ovvia. La Germania non lo permetterebbe mai, ed essa comanda l’Eurozona. Quel programma ha mostrato incondizionatamente che attraverso l’acquisto di titoli specifici nel mercato secondario (per aggirare le regole dei Trattati) la Bce potrebbe escludere i privati dal mercato dei titoli e controllare i rendimenti dei titoli a qualsiasi tasso essa scelga. E’ stata una lezione salutare della potenza dell’emettitore di moneta. Il problema è che la Bce ha insistito affinché l’austerità fiscale sia imposta e perseguita come condizione per l’acquisto sui mercati secondari del debito di un paese “assediato”. Quindi hanno controllato i rendimenti e gestito i mercati privati ma allo stesso tempo hanno disfatto le economie in questione.
    Sospetto che la “tolleranza” tedesca di questa settimana sull’annuncio del Qe di Draghi sia limitata. Sanno che finché i deficit fiscali sono obbligati a non crescere e l’austerità è mantenuta il Qe non servirà granché a stimolare la crescita. Ma se il Qe fosse stato combinato con un’espansione su larga scala dei deficit fiscali di vari paesi, mirati alla creazione di lavoro nel settore pubblico e allo sviluppo delle infrastrutture, allora la “tolleranza” tedesca (attualmente concessa a denti stretti) svanirebbe presto e si innescherebbe una crisi politica. I tedeschi vincerebbero in quanto i francesi e gli italiani non hanno “gli attributi” per affermare la loro sovranità nazionale. Non ho dubbi che questo messaggio politico è un tentativo sincero di instillare ottimismo. Sono d’accordo che un cambiamento consistente nella politica Greca è necessario e Syriza sembra intenzionato a raggiungere questo cambiamento. Ma è veramente questo il cambiamento necessario? Ne dubito – e mi dispiace dirlo, visto che ho amici nel movimento di Syriza.
    Primo, non credo all’idea che Syriza sia un partito radicale. I suoi discorsi pubblici e i propositi con cui guiderà il popolo greco non sono per niente radicali e lo vedranno operare in accordo alle regole mainstream (neoliberiste) che sono decise e difese da Bruxelles. Syriza non sta proponendo un ritorno alla sovranità valutaria. Piuttosto sta proponendo che Bruxelles sia morbida con la Grecia per un po’ e fissa una parte delle attività pubbliche come parte di un alleggerimento concordato delle condizioni di rimborso. Ciò non è radicale. Ciò assicura che la Grecia rimanga nell’Eurozona, le cui dinamiche sono dominate dalla Germania, che ha un’economia non confrontabile con l’economia greca e la rende un partner “impossibile” con cui stare in una unione valutaria comune. Parlano di “andare dai mercati” (mercati privati di titoli) per finanziare la spesa governativa. Questo è alquanto mainstream. Pensiamoci per un attimo. I fondi di salvataggio della Troika sono attualmente offerti a tassi più bassi di quelli che la Grecia otterrebbe nei mercati privati di titoli. E sarebbe fare l’interesse della gente esporsi a costi di finanziamento più alti?
    Mentre ci potrebbero essere buone ragioni per ridistribuire i correnti esborsi fiscali sui vari interessi in competizione, il fatto fondamentale è che il deficit pubblico greco deve salire in maniera consistente – multipli del limite attuale del 3% contenuto nel Patto di Stabilità e Crescita. Perseguire una politica fiscale neutra per aiutare la gente stimolerà solo parzialmente la spesa totale del paese. La realtà è che la Grecia ha bisogno di uno stimolo pubblico che è ben al di là di qualsiasi cosa sia ammessa con le regole attuali. Mantenendo una posizione di sostegno all’obiettivo del pareggio di bilancio non si fornisce una risposta a un simile tema. Ma i greci possono risolverlo in una singola decisione – lasciare l’Eurozona e ripristinare la sovranità monetaria. Le affermazioni di Dragasakis precludono questa alternativa.
    La sola ragionevole conclusione è che gli obiettivi espressi da Syriza non sono reciprocamente coerenti. Non possono raggiungere le originarie aspirazioni di maggior crescita e aumento dei redditi ed equità mentre permettono a Bruxelles di dominare la quantità dei loro deficit fiscali. Non possono raggiungere i loro obiettivi con un tasso di cambio fisso (o tasso di cambio non indipendente) con la Germania come partner nell’unione monetaria. Le loro promesse politiche si amplificano con la popolazione sofferente. Ma la realtà è che la popolazione non viene informata da forze progressiste sul danno auto-inflitto che comporta il mantenere l’euro come valuta. Non ritengo Syriza la soluzione, dato che tendono verso il centro (che in realtà è la destra). Ma sarei molto contento di scoprire che mi sbaglio!
    (Bill Mitchell, estratto di un recente intervento sulle elezioni in Grecia, ripreso dal sito “MeMmt.info” il 27 gennaio 2015. Il professor Mitchell è un economista sovranista dell’Università di Newcastle, Australia).

    Syriza parla in parte di liberare la Grecia dal giogo della Troika ma ha un insieme di proposte che sono reciprocamente incoerenti. Potrebbero servire a “uscire dall’angolo” e a ridistribuire un po’ i redditi, ma ciò di cui c’è bisogno è un imponente rilancio di redditi nazionali che può venire solamente da un imponente aumento della spesa. Il settore non governativo non fornirà le ingenti risorse di spesa per modificare la situazione. Non ci può essere una situazione a favore della crescita se queste regole fiscali della Ue sono riaffermate in ogni modo. La crisi finanziaria globale ha provato che l’impatto degli effetti ciclici sugli equilibri fiscali (cioè la perdita di entrate fiscali dovute alla perdita di occupazione e produzione) erano sufficienti a far violare la soglia del 3%. Queste violazioni hanno portato all’imposizione dell’austerità fiscale. Inoltre, la maggior parte dei paesi dell’Eurozona non saranno capaci di conseguire i necessari importi dei loro deficit fiscali (per favorire la crescita) nella situazione attuale che impedisce alla Bce – il monopolista di emissione dell’euro – di attuare tali deficit.

  • Barnard: cosa sono gli speculatori e quanto male ci fanno

    Scritto il 20/1/15 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    «Welcome to the crazed world of “The Masters of the Universe”». Benvenuti nel mondo allucinante dei “Padroni dell’Universo”. E’ un’espressione coniata a Wall Street dai collaboratori del super-speculatore John Meriwether, padrone dell’hedge fund Ltcm, una macchina per fare soldi fittizi truffando con numeri fittizi per miliardi di dollari l’intero mondo. Lavoravano, questi avvoltoi, con una tale feroce maniacalità che all’apice del successo e delle piramidi di coca che gli passarono nel sangue, una notte stapparono un rosso da 7.000 dollari a bottiglia e gridarono: «Siamo i Padroni dell’Universo!». Ltcm collassò nell’orgia finanziaria suicida nel 1998, e si rischiò il collasso della finanza mondiale. Dopo di loro, l’America e l’Europa si accorsero del pericolo nucleare che ’sta gente rappresentava, e corsero ai ripari: ne crearono di peggio.

  • Stampano moneta e comprano noi, poveri euro-fessi

    Scritto il 04/12/14 • nella Categoria: idee • (3)

    Stampare moneta per l’economia reale, contro lo strapotere del sistema finanziario. Moneta funzionale, emessa direttamente dallo Stato o dalla “banca centrale di emissione”, di cui il potere pubblico assuma il governo. Obiettivo: fornire «tutto il denaro necessario a fare gli investimenti pubblici diretti», destinati a incentivare «occupazione, domanda interna, adeguamento infrastrutturale, innovazione scientifico-tecnologica, assicurando al contempo l’impossibilità del default». Per Marco Della Luna, è esattamente ciò che servirebbe per «uscire dall’attuale recessione-deflazione, dopo il fallimento ormai visibile delle ricette dell’austerità e del quantitative easing, difese oramai soltanto da soggetti in malafede e per interesse». Di fronte alla possibilità di creazione monetaria, il neoliberismo obietta: non si può immettere moneta a piacimento nell’economia, perché ci deve essere un rapporto tra quantità di moneta e quantità di beni, altrimenti la moneta si svaluta o si generano bolle speculative, mobiliari e immobiliari. L’alternativa? Ce l’abbiamo sotto gli occhi, e si chiama disastro.
    Se la moneta aggiuntiva viene usata per aumentare la produzione, quindi l’offerta di beni e servizi, allora non vi sarà inflazione monetaria (ossia aumento generalizzato dei prezzi), mentre vi sarà un aumento della ricchezza prodotta e del reddito, oltre che dell’occupazione. Certo, aggiunge Della Luna, questa moneta in più «bisogna spenderla bene, e una classe dirigente avida e idiota, come tale selezionata, non lo può fare». Se invece la moneta aggiuntiva viene usata per acquistare titoli finanziari e immobili, «allora vi sarà una salita dei valori delle Borse e degli immobili, e questo fa piacere a tutti gli investitori mobiliari e immobiliari». E se anche vi fosse, come conseguenza dell’immissione monetaria, una certa inflazione iniziale, «questa aiuterebbe i debitori (cioè gli Stati, molte imprese, molti privati) e danneggerebbe i creditori non indicizzati all’inflazione, mentre stimolerebbe le spese che oggi vengono differite perché si prevede un calo o una costanza dei prezzi, il che alimenta la deflazione». Quindi, nel complesso, «dopo la presente deflazione, una certa inflazione o reflazione sarebbe benefica».
    Oggi, continua Della Luna, il grosso dell’offerta monetaria è assorbito dal settore finanziario-speculativo, ossia da “prodotti” finanziari separati dall’economia reale (produzione, consumi). Sono “prodotti” producibili all’infinito, fino alla saturazione del mercato, cioè all’esaurimento «dell’abilità di collocarli, rifilarli o sbolognarli ai clienti ingenui, allorquando una bolla sta per scoppiare». Problema: questo settore dell’economia assorbe il grosso dell’offerta monetaria, «lasciando a secco della fisiologica liquidità il mercato dei beni-servizi reali e degli investimenti per produrli». Ed ecco il paradosso di oggi: «Da un lato un’esorbitante creazione-offerta di moneta, che le banche centrali creano e mettono a disposizione, in quantità enormi, non dell’economia reale ma delle banche universali per le loro speculazioni finanziarie, improduttive anzi distruttive, e dall’altro una carestia di moneta nell’economia reale, cui le medesime banche (in Italia) fanno sempre meno credito, con conseguente declino-insufficienza di domanda solvibile e di possibilità di investimento e occupazione – onde la deflazione».
    In altre parole, l’offerta di moneta «è eccessiva per il settore finanziario, da cui viene continuamente alimentata, mentre è gravemente insufficiente per quello reale, a cui viene continuamente ridotta». Primo passo: non solo «separare le banche di credito e risparmio da quelle speculative», ma anche «fare in modo che la liquidità del settore produttivo, dell’economia reale (quello da cui dipendono gli stipendi, il cibo, i servizi) sia assicurata e protetta dalle interferenze e distrazioni del settore finanziario, molto più grosso e turbolento». Della Luna Parla di «anemizzazione monetaria dell’economia reale», con detentori di liquidità che “tesaurizzano” gli investimenti anche all’estero, mentre il prelievo fiscale imposto dal Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità, drena altro denaro dal sistema-Italia, insieme al regime di austerity europea che impone «la realizzazione forzata di avanzi primari del bilancio pubblico e il pagamento di alti interessi a detentori esteri di titoli del debito pubblico». Domanda: «In una situazione di recessione interna e fuga verso l’estero di imprenditori, lavoratori qualificati e capitali, che cosa potrebbe essere più demenziale che imporre tasse al paese per sostenere il debito pubblico di paesi in crisi (Spagna, Grecia) al fine puntellare una valuta, l’euro, che ostacola le esportazioni e induce la deindustrializzazione del paese?».
    «Eppure gli italiani hanno dato fiducia persino a chi ha fatto questo», continua Della Luna. «Si aggiunga, infine, a questo museo degli orrori dell’imbecillità politica, o dell’alto tradimento istituzionale – se preferite – il fatto che la deprivazione-anemizzazione monetaria del paese, di cui sopra, fa sì che gli asset produttivi migliori – industria, commercio, finanza, alberghi, terreni agricoli pregiati – si deprezzino e vengano massicciamente comperati da soggetti-capitali finanziari stranieri, e che quindi il reddito generato da questi asset esca dal reddito nazionale italiano, divenendo reddito dei paesi che li comperano». E l’auto-privazione monetaria, che produce tutti questi mali, non è che un trucco: perché la moneta sovrana «è solo un simbolo e non ha costi o limiti di produzione intrinseci», e i paesi stranieri che rastrellano le nostre migliori aziende «lo possono fare appunto perché fanno la scelta opposta all’auto-privazione monetaria, ossia perché scelgono di produrre a costo zero grandi masse di moneta-simbolo». Che dire: «Il quadro dell’idiozia totale è perfetto. Non resta che ringraziare i nostri governanti nazionali ed europei e le nostre banche centrali, e lusingarci per tutti i consensi, i voti, le tasse e gli onori che continuiamo tributare loro».

    Stampare moneta per l’economia reale, contro lo strapotere del sistema finanziario. Moneta funzionale, emessa direttamente dallo Stato o dalla “banca centrale di emissione”, di cui il potere pubblico assuma il governo. Obiettivo: fornire «tutto il denaro necessario a fare gli investimenti pubblici diretti», destinati a incentivare «occupazione, domanda interna, adeguamento infrastrutturale, innovazione scientifico-tecnologica, assicurando al contempo l’impossibilità del default». Per Marco Della Luna, è esattamente ciò che servirebbe per «uscire dall’attuale recessione-deflazione, dopo il fallimento ormai visibile delle ricette dell’austerità e del quantitative easing, difese oramai soltanto da soggetti in malafede e per interesse». Di fronte alla possibilità di creazione monetaria, il neoliberismo obietta: non si può immettere moneta a piacimento nell’economia, perché ci deve essere un rapporto tra quantità di moneta e quantità di beni, altrimenti la moneta si svaluta o si generano bolle speculative, mobiliari e immobiliari. L’alternativa? Ce l’abbiamo sotto gli occhi, e si chiama disastro.

  • Gangster al governo, brogli d’oro per salvare il dollaro

    Scritto il 01/12/14 • nella Categoria: segnalazioni • (4)

    Truccano il prezzo dell’oro, giocando al ribasso e colpendo l’economia e i risparmiatori, solo per proteggere il dollaro, cioè la grande speculazione finanziaria. Peggio ancora: controllati e controllori sono le stesse persone. In un sistema sano, dovrebbero finire in galera. Lo affermano Paul Craig Roberts e Dave Kranzler: la finanza americana è un colossale imbroglio, scrivono, e cospira contro l’economia reale, a cominciare da quella degli Stati Uniti, aziende e famiglie. Sono accusa i “bankster” delle famigerate “bullion bank”, soprattutto Jp Morgan, Hsbc, ScotiaMocatta, Barclays, Ubs e Deutsche Bank: «Agendo probabilmente per conto della Federal Reserve, hanno sistematicamente spinto al ribasso il prezzo dell’oro», dal settembre del 2011. «Tenere basso il prezzo dell’oro serve a proteggere il dollaro Usa da una esplosione incontrollata dell’aumento del valore del dollaro e dei debiti in dollari». Certo, la domanda di oro continua a salire. Ma il prezzo viene tenuto basso col trucco dei “futures”: il prezzo dell’oro non è determinato dal mercato fisico, ma dalle scommesse speculative sul prezzo che si vuole stabilire.
    «Praticamente tutte le scommesse effettuate sul mercato dei “futures” sono pagate in contanti, in moneta e non in oro», spiegano Craig Roberts e Krnzler. Così, «il pagamento in contanti dei contratti serve a spostare dal mercato fisico al mercato monetario il luogo in cui si determina il prezzo dell’oro». E’ il terreno perfetto per manpolazoni d’ogni genere.
    L’ultima macchinazione orchestrata? E’ legata alla Fed, per esempio, che ha deciso di far salire il picco del tasso di cambio del dollaro dopo aver annunciato la fine del “quantitative easing”. Appena la banca centrale Usa ha dichiarato che avrebbe smesso di stampare dollari per sostenere il prezzo delle obbligazioni, ha dato mandato alle banche di far scendere il prezzo dell’oro con nuove vendite “naked”, cioè “allo scoperto”. Funziona così: enormi quantità di contratti a termine “scoperti”, cioè solo di carta, vengono stampati per essere buttati, tutti in una volta, sul mercato dei “futures” nei momenti in cui il mercato tende a salire. «Aumentando l’offerta di “oro di carta”, le vendite di enormi quantità  servono a far scendere il prezzo dei “futures”, ed è il prezzo del “future” che determina il prezzo a cui le quantità fisiche dei lingotti possono essere acquistate».
    Stesso schema in Giappone, dove il prezzo dell’oro – su pressione di Washington – è stato fatto crollare per compensare l’effetto del nuovo massiccio programma di “Qe”. Obiettivo: impedire che l’oro si valorizzasse come bene-rifugio, a scapito della speculazione finanziaria. «L’annuncio del Giappone di voler creare moneta all’infinito avrebbe dovuto provocare un rialzo del prezzo dell’oro. Quindi, per evitare questa prevedibile risalita, alle 3 di notte – ora occidentale – mentre era in corso un intenso scambio di “futures” dell’oro, il mercato dei “futures” elettronico (Globex) è stato investito da una improvvisa vendita di 25 tonnellate di contratti Comex di “oro di carta”, allo scoperto, facendo scendere immediatamente il prezzo dell’oro a 20 dollari. «Nessun venditore onesto avrebbe buttato via il proprio capitale con una vendita di quel genere, in quel modo». Il prezzo dell’oro si è stabilizzato con un lieve rialzo, ma alle 8 del mattino – ora della costa orientale Usa – 20 minuti prima della apertura del New York Futures Market (Comex), sono state messe in vendita altre 38 tonnellate di oro in “futures di carta e allo scoperto”, sempre per far scendere il prezzo del lingotto. «Anche in questo caso, nessun investitore onesto si sarebbe liberato di una quantità tanto enorme di suoi beni personali, cancellando così improvvisamente la sua propria ricchezza».
    Il fatto che il prezzo dell’oro sia determinato in un mercato di carta – in cui non c’è nessun limite di quantità nel creare la carta su cui scrivere i contratti – produce lo strano risultato che la domanda di lingotti di oro fisico si trovi in un mondo fuori dal tempo, senza rapporti con la produzione reale, e quindi il prezzo può continuare a scendere, annotano Craig Roberts e Kranzler. «La domanda asiatica è pesante, in particolare quella dalla Cina, e le aquile d’argento e d’oro stanno volando via dagli scaffali della zecca degli Stati Uniti in quantità da record. Le scorte dei lingotti si stanno esaurendo, ma i prezzi dell’oro e dell’argento continuano a scendere giorno dopo giorno». Spiegazione: «Il prezzo del lingotto non è determinato in un mercato reale, ma in un mercato truccato, fatto solo di carta,  in cui non c’è nessun limite alla quantità e alla possibilità di creare “oro di carta”». Cinesi, russi e indiani «sono ben lieti che autorità americane corrotte, con questo sistema, rendano loro possibile acquistare sempre maggiori quantità di oro a prezzi sempre più bassi». Infatti, «un mercato truccato è proprio quello che ci vuole per gli acquirenti di lingotti, così come è proprio quello che ci vuole per le autorità Usa che si sono impegnate a proteggere il dollaro da un aumento del prezzo dell’oro».
    Certo, «una persona onesta potrebbe pensare che esista una incompatibilità tra una forte domanda per un bene che può essere fornito solo in quantità vincolata e un contemporaneo calo del suo prezzo». Il fenomeno è più che anomalo: «Una situazione del genere dovrebbe suscitare l’interesse degli economisti, dei media finanziari, delle autorità finanziarie e delle commissioni del Congresso». Tutto tace, invece. «Dove sono le class action delle compagnie delle miniere d’oro contro la Federal Reserve, e contro le banche che custodiscono i lingotti, e contro tutti quelli che stanno danneggiando gli interessi delle società minerarie con contratti di vendita “allo scoperto” a breve?». Sottolineano Craig Roberts e Kranzler: «La manipolazione dei mercati, soprattutto sulla base di informazioni privilegiate, è illegale e altamente immorale. La vendita allo scoperto – “naked” – sta causando danni agli interessi delle miniere. Una volta che il prezzo dell’oro sarà portato sotto i 200 dollari l’oncia, molte miniere diventeranno antieconomiche. Dovranno chiudere. I minatori diventeranno disoccupati. Gli azionisti perderanno soldi. Come si può continuare a mantenere un prezzo a questo livello, ovviamente truccato, e continuare a manipolarlo?».
    La risposta, scrivono Craig Roberts e Kranzler, è che «il sistema politico e finanziario degli Stati Uniti è stato inghiottito da un sistema di corruzione e criminalità», nientemeno. «La politica della Federal Reserve di brogli sui prezzi delle obbligazioni e dell’oro per dare liquidità alla speculazione del mercato azionario ha danneggiato l’economia e decine di milioni di cittadini americani, solo per proteggere le quattro mega-banche dai loro errori e dai loro crimini». Attenzione: «Questo uso privato della politica pubblica non ha precedenti nella storia». E’ puro banditismo. «I responsabili devono essere arrestati e mandati sotto processo e dovrebbero contemporaneamente essere citati per danni». Il guaio è che, accanto alle mega-banche, sono implicate le stesse autorità Usa, che «pagano S&P per mantenere un valore artificiale del cambio del dollaro e per trovare la liquidità necessaria per sostenere i titoli azionari e obbligazionari, particolarmente quest’ultimo tanto artificiosamente alto che i risparmiatori ricevono dalle banche un interesse reale negativo sui loro risparmi investiti in obbligazioni». Tutto abusivo, e pericoloso, perché il sistema finanziario è fuori dalla realtà dell’economia: «Quando le autorità non riusciranno più a tenere in piedi il castello di carte, il crollo del castello sarà completo».
    «La costruzione di questo castello di carta – accusano Craig Roberts e Kranzler – è la prova della complicità degli economisti, dell’incompetenza dei mezzi finanziari e della corruzione delle autorità pubbliche e delle istituzioni private. I capi di una manciata di mega-banche responsabili di tutto questo problema sono le stesse persone che siedono al Tesoro degli Stati Uniti, alla Fed di New York e nelle agenzie che controllano la finanza degli Stati Uniti. Stanno usando il loro potere di controllo sulla politica pubblica per proteggersi e per proteggere le loro imprese dai loro stessi comportamenti insensati». Dettaglio: «Il prezzo di questa protezione è tutto sulle spalle dell’economia e degli americani che pagano le tasse, e il prezzo da pagare sta continuando a salire». Ok, l’America sarà anche la patria dell’economia, vista la quantità di Premi Nobel. Questo però non spiega «come gli economisti americani non abbiano notato che il prezzo dell’oro, dell’argento, delle azioni e delle obbligazioni emesse negli Stati Uniti non abbiano nessun rapporto con la realtà economica del paese. L’incompatibilità tra mercati e realtà economica non disturba, comunque, né i politici né gli economisti, che fanno solo gli interessi del governo e dei gruppi di interesse loro alleati». Il risultato? «E’ un’economia ridotta a un castello di carte», gestita da personaggi che «dovrebbero stare in galera, anziché al governo».

    Truccano il prezzo dell’oro, giocando al ribasso e colpendo l’economia e i risparmiatori, solo per proteggere il dollaro, cioè la grande speculazione finanziaria. Peggio ancora: controllati e controllori sono le stesse persone. In un sistema sano, dovrebbero finire in galera. Lo affermano Paul Craig Roberts e Dave Kranzler: la finanza americana è un colossale imbroglio, scrivono, e cospira contro l’economia reale, a cominciare da quella degli Stati Uniti, aziende e famiglie. Sono accusa i “bankster” delle famigerate “bullion bank”, soprattutto Jp Morgan, Hsbc, ScotiaMocatta, Barclays, Ubs e Deutsche Bank: «Agendo probabilmente per conto della Federal Reserve, hanno sistematicamente spinto al ribasso il prezzo dell’oro», dal settembre del 2011. «Tenere basso il prezzo dell’oro serve a proteggere il dollaro Usa da una esplosione incontrollata dell’aumento del valore del dollaro e dei debiti in dollari». Certo, la domanda di oro continua a salire. Ma il prezzo viene tenuto basso col trucco dei “futures”: il prezzo dell’oro non è determinato dal mercato fisico, ma dalle scommesse speculative sul prezzo che si vuole stabilire.

  • Mersch, Bce: abbiamo rubato ai poveri per dare ai ricchi

    Scritto il 18/11/14 • nella Categoria: segnalazioni • (2)

    Le due maggiori banche centrali del mondo, la Fed americama e l’europea Bce, «hanno causato un aumento di povertà senza precedenti nella storia», sostiene Paolo Barnard, che denuncia «il più grande trasferimento di ricchezza dai poveri ai ricchi dall’esistenza della civiltà». E’ stato realizzato «con immani trasferimenti di liquidità alle banche (con la patetica scusa che poi le banche avrebbero prestato ad aziende e famiglie)». Sono quei trasferimenti che negli Usa sono chiamati Qe, “quantitative easing”, e da noi Ltro e Omt. Tutto sbagliato, ora lo ammettono anche alla Bce: lo ha ribadito pubblicamente, a Zurigo, il banchiere centrale  Yves Mersch, membro dell’esecutivo della Bce: «Tassi d’interesse molto bassi finiscono per arricchire chi specula in finanza, mentre puniscono i depositi degli ordinari risparmiatori: questo può portare a diseguaglianza sociale sempre maggiore fra ricchi e poveri». Insieme a Warren Mosler (Modern Money Theory), Barnard lo è andato ripetendo negli ultimi cinque anni: la politica di Qe affidata alle banche non avrebbe raggiunto l’economia reale e anzi avrebbe colpito i risparmi.
    Era chiaro, scrive oggi Barnard nel suo blog, che «quei trilioni di dollari o euro sarebbero tutti finiti o in speculazioni di Borsa – arricchendo i soliti miliardari – o ad abbassare i tassi d’interesse a zero, uccidendo i guadagni di centinaia di milioni di piccoli risparmiatori che contavano proprio su quegli interessi dei loro titoli di risparmio per fare un gruzzoletto. Ed è successo. Ok. Io l’ho detto in Tv, scritto, urlato». Ma non è tutto: «La cosa che ora a noi fa ribollire il sangue è che sul più immane crollo dell’economia europea dai tempi di Carlo Magno, arrivano questi tecnocrati delle banche centrali a dire che… in effetti hanno sbagliato, e indirettamente che avevamo ragione noi. Grazie, tante! Dopo che avete devastato centinaia di milioni di famiglie, lavoro e piccole aziende, che vi prenda fuoco l’auto con voi dentro legati. E che bruci piano». Yves Mersch ora denuncia quei “tassi d’interesse molto bassi”? Ma sono stati «da loro scientemente voluti», proprio per “punire gli ordinari risparmiatori”, cioè «noi sfigati cittadini e pensionati».
    Aggiunge lo stesso Mersch: «E cosa abbiamo imparato dalle nostre politiche monetarie sulla distribuzione della ricchezza, dei redditi e dei consumi? Mentre la maggioranza delle famiglie conta sui suoi salari per campare, una minoranza riceve guadagni dai suoi business e dalla finanza». Se le politiche monetarie espansive (proprio quelle della Bce di oggi) «arricchiscono i profitti più che gli stipendi, allora gli industriali ne beneficeranno in modo enorme a scapito dei salariati», ammette Mersch. «Quindi le nostre politiche monetarie causeranno una montante diseguaglianza sociale fra ricchi e poveri». Barnard protesta: «“Causeranno”? L’avete già fatto, bastardi, e oggi fate i discorsini socialmente solidali?». Per Barnard, la politica monetaria che l’élite ha affidato alla Bce non è stata “un errore”, ma criminalità consapevole. Denunce a lungo cadute nel vuoto e non raccolte dagli italiani, «povere anime perse fra i ladri di polli della Casta o Grillo che fa boati gastrici. Poverini: la Casta gli ruba le uova del pollaio, mentre l’Eurozona gli ruba la casa con tutto quello che c’è dentro. Ma sapete gli italiani, poverini».

    Le due maggiori banche centrali del mondo, la Fed americama e l’europea Bce, «hanno causato un aumento di povertà senza precedenti nella storia», sostiene Paolo Barnard, che denuncia «il più grande trasferimento di ricchezza dai poveri ai ricchi dall’esistenza della civiltà». E’ stato realizzato «con immani trasferimenti di liquidità alle banche (con la patetica scusa che poi le banche avrebbero prestato ad aziende e famiglie)». Sono quei trasferimenti che negli Usa sono chiamati Qe, “quantitative easing”, e da noi Ltro e Omt. Tutto sbagliato, ora lo ammettono anche alla Bce: lo ha ribadito pubblicamente, a Zurigo, il banchiere centrale  Yves Mersch, membro dell’esecutivo della Bce: «Tassi d’interesse molto bassi finiscono per arricchire chi specula in finanza, mentre puniscono i depositi degli ordinari risparmiatori: questo può portare a diseguaglianza sociale sempre maggiore fra ricchi e poveri». Insieme a Warren Mosler (Modern Money Theory), Barnard lo è andato ripetendo negli ultimi cinque anni: la politica di Qe affidata alle banche non avrebbe raggiunto l’economia reale e anzi avrebbe colpito i risparmi.

  • Barnard: fuga dai nostri bond, lo spread tornerà a ucciderci

    Scritto il 14/11/14 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    Dai giorni di Monti, quando Berlusconi fu suicidato dalla Bce, abbiamo tutti visto lo spread e i tassi d’interesse che l’Italia paga sui suoi titoli di Stato abbassarsi man mano. E naturalmente tutti i buffoni del “Corriere” o del “Sole 24” ad attribuire il merito a Mario Macellaio-umano Monti, a Letta, alle riforme, a Renzi, all’Italia che obbedisce al rigore ecc. Pagliacciate, menzogne da conati. L’unico, e ripeto L’UNICO l’unico, motivo per cui lo spread è calato assieme agli interessi sui titoli di Stato in Italia (e altrove), sono state le dichiarazioni del defunto Draghi che promise ai Mercati di intervenire “senza limiti” (“whatever it takes”) per sostenere l’euro e il valore di qualsiasi titolo in euro. Quindi avrebbe fatto sortilegi come il Ltro, Omt, Tltro, Abs Purchases e, alla fine, un bel Quantitative Easing all’americana, il Qe! Ok, hanno detto gli investitori dei Mercati, se questa è la promessa ottima occasione: oggi compriamo un titolo Eurozona a 10, poi quando la Bce spara quelle cartucce il titolo ci va a 30 e ci facciamo su una fortuna!
    Ok, compriamoli, e tanti, subito, anche quelli italiani, a man bassa. E siccome la regola è che più si comprano titoli di Stato più si abbassano  gli interessi che quello Stato ci paga sopra, allora abbiamo visto scendere lo spread e appunto gli interessi da pagare. La marmaglia di puzze parlamentari o governative italiane non HA NESSUN MERITO non ha nessun merito in questo, ZERO zero. Ma adesso arrivano quelli seri, i Veri Padroni – non le puzzette renziane alla Poletti e Padoan, Serra e scemi assortiti (inclusi i giornalisti) – ma Goldman Sachs e Morgan Stanley a pubblicare un rapporto dove semplicemente si dice che, mentre appunto fino a oggi il Mercato ha dato il lancio di Omt, Tltro, Abs Purchases e Qe (il regalino di Natale ai Mercati) come certo all’80-100%, per cui ci compravano i titoli di Stato a quintalate…… No signori, non sarà così per una bella serie di serissime ragioni (fra cui il “no” della Germania). Firmato Goldman Sachs e Morgan Stanley. Ops.
    E siccome hanno ragione, quando finalmente i Mercati capiranno che non ci sarà nessun regalino di Natale per la montagna di titoli di Stato italiani e spagnoli che stanno comprando, semplicemente li butteranno al cesso svendendoli come pazzi. E, siccome ho detto che la regola è che più si comprano titoli di Stato più si abbassano  gli interessi che quello Stato ci paga sopra, vale anche la regola contraria: più si svendono titoli di Stato più SI ALZANO si alzano gli interessi che quello Stato ci paga sopra, e schizza su lo spread. Quindi, cari amici che siete tutti attenti alla popò di piccione dello Sblocca Italia, i Vampiri dello spread e dei tassi alle stelle torneranno e ci taglieranno la gola ancora. Disoccupazione, deficit negativo alle stelle, aziende a puttane, agenzie di rating che ci macellano ecc. ecc. Ma come sempre un boato gastrico di Grillo ci salverà. Per non dire gli 80 euro al mese. Knock, knock… is there anybody out there?
    (Paolo Barnard, “Lo spread tornerà e vi taglierà la gola”, dal blog di Barnard del 1° novembre 2014).

    Dai giorni di Monti, quando Berlusconi fu suicidato dalla Bce, abbiamo tutti visto lo spread e i tassi d’interesse che l’Italia paga sui suoi titoli di Stato abbassarsi man mano. E naturalmente tutti i buffoni del “Corriere” o del “Sole 24” ad attribuire il merito a Mario Macellaio-umano Monti, a Letta, alle riforme, a Renzi, all’Italia che obbedisce al rigore ecc. Pagliacciate, menzogne da conati. L’unico, e ripeto l’unico, motivo per cui lo spread è calato assieme agli interessi sui titoli di Stato in Italia (e altrove), sono state le dichiarazioni del defunto Draghi che promise ai Mercati di intervenire “senza limiti” (“whatever it takes”) per sostenere l’euro e il valore di qualsiasi titolo in euro. Quindi avrebbe fatto sortilegi come il Ltro, Omt, Tltro, Abs Purchases e, alla fine, un bel Quantitative Easing all’americana, il Qe! Ok, hanno detto gli investitori dei Mercati, se questa è la promessa ottima occasione: oggi compriamo un titolo Eurozona a 10, poi quando la Bce spara quelle cartucce il titolo ci va a 30 e ci facciamo su una fortuna!

  • Macché patrimoniale, il lavoro rinasce con moneta sovrana

    Scritto il 10/11/14 • nella Categoria: idee • (1)

    Finanziare la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due volte. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro: per uscire dalla crisi, infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato, senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
    Secondo Marco Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario, cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi: autorizzando le banche a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo ai mercati finanziari di ricattare gli Stati mediante l’acquisto del debito pubblico, nel momento in cui – in Italia dagli anni ‘80 – si è vietato alla banca centrale di continuare a finanziare il governo, cioè i cittadini, emettendo moneta a costo zero. Ora, con l’euro, siamo all’incubo elevato a sistema. A tutto questo siamo giunti con l’inganno: «Celare all’opinione pubblica questi semplici termini del problema, fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle classi dominanti che lo hanno costruito e ne stanno beneficiando». Il nuovo compito della politica? Assicurarsi che le pecore siano tosate all’infinito, senza protestare.
    Menzogne, disinformazione, minaccia, psicologia sociale della paura: «I mezzi a disposizione di una classe dominante per far accettare alle classi inferiori le crescenti diseguaglianze di ricchezza e di diritti sono molteplici». Primo: «Nascondere le diseguaglianze o le loro cause», e poi «farle sentire giustificate (dal merito, dalle leggi del mercato, dalla competitività, dalle capacità». Se non basta, si può «reprimere la protesta sociale attraverso strumenti giuridici e polizieschi». E poi «indurre paura, allarme, conflitti (shock economy, divide et impera». Si arriva così a «impiantare un paradigma divide-et-impera, in cui ognuno è imprenditore di se stesso e in competizione con gli altri», un ambiente nel quale «non può nascere consapevolezza di classe e di conflitto». Si tratta di «abituare la gente, gradualmente, a nuove condizioni peggiorative». Il nuovo standard, la diseguaglianza “fisiologica”, «ha già prodotto riforme che la sanciscono e recepiscono anche sul piano formale e giuridico in termini di sottoposizione, mediante trattati internazionali e riforme interne, dalla sfera politica, pubblica, partecipativa a quella finanziaria, privata, capitalistica».
    Estinto l’interesse pubblico, resta solo quello affaristico privato. Un risultato politico epocale, al quale si è arrivati grazie a una poderosa pedagogia della menzogna, attraverso cui depistare l’opinione pubblica dalle vere cause della crisi. L’economia reale soffre per mancanza di credito e liquidità? Anziché emettere l’ossigeno della valuta, le autorità monetarie hanno inculcato la fobia delle bolle finanziarie come alibi per chiudere i rubinetti. I soldi – tanti, a tassi bassissimi – li hanno dati solo alle banche, per le speculazioni finanziarie e l’acquisto di derivati. E’ lo schema del “quantitative easing” angloamericano e della Ltro, “long term refinancing operation”, della Bce. «Il risultato voluto era prevedibile, previsto, ed è puntualmente arrivato: praticamente pochi o nulli benefici per l’economia reale». Tutti colpevoli, dai ministri delle finanze al Fmi, dai banchieri centrali all’Ue: perché si rifiutano di creare moneta destinata all’economia produttiva? «Ovvio: perché quest’operazione da un lato avrebbe successo, farebbe ripartire l’economia, e si capirebbe che tutto gira intorno a chi ha il potere esclusivo di creare moneta». Il sostegno monetario all’economia reale toglierebbe ai banchieri «il loro potere monopolistico sulle società, smascherando al contempo il loro comportamento essenzialmente distorsivo, antisociale e parassitario».
    Questo è il disastro da cui discende la cosiddetta crisi. E invece «si è raccontato alla gente che è la spesa pubblica, la spesa per il settore pubblico, ciò che costituisce il problema, il male dell’economia, e che quindi bisogna tagliare servizi pubblici, privatizzare, vendere i beni collettivi, licenziare i pubblici dipendenti, aumentare le tasse cioè fare la cosiddetta austerità, nascondendo così la vera causa del dissesto dei conti pubblici». In realtà sono stati i banchieri che «hanno usato i conti pubblici, cioè i governi, per chiudere i buchi da loro stessi scavati a fini di profitto privato». In Italia è successo col Monte dei Paschi di Siena. Ma la tragedia a monte è la progressiva scarsità di moneta a partire dal 1981, storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia. Da allora, «i detentori del debito pubblico italiano sono principalmente soggetti finanziari». Nuove tasse? Ci provò Monti, tagliando le gambe al settore immobiliare provocandone il crollo, determinante per la cronicizzazione della recessione. E oggi sono i sindacati che chiedono altre tasse per uscire dal tunnel?
    L’atteggiamento della sinistra sindacale, benché giustamente motivato dalla rabbia sociale contro le palesi diseguaglianze alimentate dal governo Renzi, non aiuta a risolvere il problema. «Tutto questo insieme di menzogne e di false rappresentazioni della realtà, somministrato in modo martellante al popolo, serve a fargli accettare una politica tributaria e finanziaria che consente di trasferire sempre più denaro dal contribuente e dalla spesa per la società alle tasche di banchieri e finanzieri attraverso sia gli interessi sul debito pubblico, che gli aiuti di Stato alle banche, che gli stanziamenti multimiliardari in favore di organismi di sostegno alle banche come il Mes», conclude Della Luna. «In sostanza, quindi, lo schema politico è il seguente: compiere operazioni che generano profitto e instabilità; alimentare l’instabilità e usarla per creare allarme sociale; dare di questa situazione una falsa spiegazione alla gente, che la disponga ad accettare non solo i peggioramenti avvenuti, ma anche ulteriori sacrifici in termini sia economici che di diritti anche politici, come necessari per evitare il disastro; usare questi sacrifici per arricchirsi ulteriormente». Ecco perché l’oligarchia si oppone all’unica possibile soluzione democratica: libera emissione di moneta pubblica per sostenere il sistema economico, aziende e posti di lavoro.

    Finanziare la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due volte, protesta Marco Della Luna. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro: per uscire dalla crisi, infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato, senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.

  • Marchionne ci ha fregati tutti, è avanti di vent’anni

    Scritto il 30/10/14 • nella Categoria: idee • (2)

    Era circa il 1500 quando io avvisai il popolo bue italiano, e le scimmiette cagnetti del M5S e del “Fatto Quotidiano” sugli Inversion Deals e la Fiat. Pazienza dai, non si può ribadire in eterno l’anagrafe del pollaio puzzoso coi galletti-chiccirichì dei blog dei soliti noti “informatori” italiani. Stiamo sui fatti. La Fiat è oggi guidata da un uomo, Marchionne, che ha una testa stratosferica, ha pochi rivali al mondo nella comprensione del capitalismo industriale e finanziario. Poi è una merda, perché mente agli operai italiani in modo vomitevole: «Recupereremo i posti di lavoro degli stabilimenti italiani», ha detto, quando sa benissimo che ogni singola mossa Fiat va nella direzione di kosovizzare quegli stabilimenti, cioè di mantenerli aperti solo se la base salariale italiana verrà depressa a livello albanese con annessi diritti sindacali (cosa cui penserà il Pd – leggi punto B). In ogni caso le mosse di Marchionne sono state geniali:
    A) Un Inversion Deal fra i più spettacolari del mondo, cioè la sede in Olanda e le tasse si pagano in Gran Bretagna. L’Italia, da cui quelle merde degli Agnelli hanno ciucciato il ciucciabile per quasi un  secolo a spese di milioni di disgraziati e del Tesoro, si fotta. Good Bye e neppure un grazie. B) Ha capito che fra mezz’ora la Cina produrrà roba tipo le Panda o Punto 20 volte più accessoriate e venti volte meno costose della Fiat, e ha compreso che lì non esiste gara. La Fiat deve buttarsi sul mercato alto del lusso, Suv, high-performance (Maserati) super technology software-driven vehicles, che la Cina non saprà fare per altri 40 anni. C) Con Chrysler, che per ora tira sui bull markets delle equities, Marchionne piazzerà sulla borsa di NY le azioni degli azionisti Fiat che col diritto di recesso decidono di non partecipare alla nuova avventura, zero problemi. Dopo l’alluvione di liquidità del Qe di Bernanke i compratori sono garantiti, quindi il nostro non ci perderà nulla (e forse ci screma un profitto).
    D) Poi ha piazzato, fra le minuscole righe di quei contratti di 6.000 pagine, una clausoletta che si chiama “garantire a certi soci il voto doppio”, e indovinate chi sono i principali? Ma gli Agnelli ovvio, cioè la loro finanziaria Exor, tanto per non dimenticarsi mai di chi è il padrone. E) Ha capito che l’Eurozona – cioè l’alchimia criminosa di un progetto Neofeudale franco-tedesco naufragato nelle fogne assieme al peggior banchiere centrale mai esistito, Draghi, e dove gli inglesi si sono tenuti accortamente fuori (con tutta la City!) –  conta già, come mercato, come conta un bagnino di Rimini nel consiglio d’amministrazione della Sony Corp. E quindi, viaaaaa….. ciao ciao! Un capolavoro. Marchionne è una merda, ma cazzo ha una testa che ne avessimo anche solo tre così noi “attivisti” (puzzoni) avremmo già vinto da 30 anni. Onore al merito.
    (Paolo Barnard, “Non si può non ammirare Marchionne: bugiardo, criminale, ma una mente avanti 20 anni a tutti”, dal blog di Barnard del 24 agosto 2014).

    Era circa il 1500 quando io avvisai il popolo bue italiano, e le scimmiette cagnetti del M5S e del “Fatto Quotidiano” sugli Inversion Deals e la Fiat. Pazienza dai, non si può ribadire in eterno l’anagrafe del pollaio puzzoso coi galletti-chiccirichì dei blog dei soliti noti “informatori” italiani. Stiamo sui fatti. La Fiat è oggi guidata da un uomo, Marchionne, che ha una testa stratosferica, ha pochi rivali al mondo nella comprensione del capitalismo industriale e finanziario. Poi è una merda, perché mente agli operai italiani in modo vomitevole: «Recupereremo i posti di lavoro degli stabilimenti italiani», ha detto, quando sa benissimo che ogni singola mossa Fiat va nella direzione di kosovizzare quegli stabilimenti, cioè di mantenerli aperti solo se la base salariale italiana verrà depressa a livello albanese con annessi diritti sindacali (cosa cui penserà il Pd – leggi punto B). In ogni caso le mosse di Marchionne sono state geniali:

  • Ciao America, in 13 anni da Washington soltanto disastri

    Scritto il 08/10/14 • nella Categoria: idee • (1)

    Il declino degli Stati Uniti sta ormai galoppando, anche se i media raccontano che l’America avrebbe ritrovato salute economica e fiorente mercato del lavoro. Dicono anche che gli Usa si siano dotati di un futuro energetico veramente roseo e che continuino a essere un modello per l’Europa e per il mondo. Certo, gli indici di Borsa sono alle stelle, ma questo non significa che una società e un’economia siano uscite dalla crisi: il record, si legge su “Leap 2020”, è l’effetto della politica monetaria dei “soldi facili” praticata dalla Fed, mentre gli investitori «non trovano altri investimenti che non siano quelli sui sopravvalutati titoli azionari e sull’ingannevole finanza innovativa». L’America? E’ in bilico: «La smisurata arroganza di una nazione che considera se stessa “il paese di Dio”, la “numero uno” su tutte le cose di questo mondo, l’araldo di tutti i valori dell’umanità, sta spingendo gli Stati Uniti verso un abisso». Lo conferma la geopolitica: caos totale in Medio Oriente, dopo 13 anni di impegno militare diretto. Per non parlare della folla sfida lanciata alla Russia in Ucraina.
    La crisi ucraina, continua “Leap 2020”, ha le sue radici nella politica americana basata sul “contenimento della Russia”, che risale a un telegramma inviato da George Kennan, ambasciatore a Mosca, il 22 febbraio 1946. Kennan esprimeva la convinzione che, sul lungo termine, la pace con la Russia sarebbe stata impossibile, perché quel paese stava ancora cercando di ampliare la sua sfera d’influenza. Ora, «sarebbe profondamente preoccupante se chi è al potere a Washington non fosse in grado di cogliere la differenza tra l’Unione Sovietica sotto Stalin e la Russia di oggi sotto Putin», sopravvissuta al crollo dell’Urss e alle amputazioni territoriali, strategiche e demografiche. Inoltre, l’economia di Mosca «fu notevolmente compromessa dal programma “riformatore” del Fmi ispirato dagli Stati Uniti, che le fece perdere gran parte della sua ricchezza nazionale, con le famigerate privatizzazioni riservate alla nascente “classe degli oligarchi”». Oggi la Russia è circondata, «sia dall’alleanza militare avversa (la Nato, che si era fortemente ampliata) che dal blocco economico europeo, presente finanche all’interno del suo stesso ex territorio, il Baltico».
    L’obiettivo del “contenimento” in versione 2014 è legato essenzialmente a motivazioni di tipo economico: «L’aspirazione dei funzionari americani è quella di aprire l’Ucraina ai prodotti americani, di impossessarsi del suo immenso patrimonio agricolo (la speculazione si sta gettando sul settore alimentare) e delle sue grandi società, e di aprire infine il mercato energetico europeo al gas ed al petrolio di scisto americano». Ma gli Usa, sostiene “Leap 2020”, non dispongono neppure dei mezzi militari per un confronto con Putin. E scontano ancora tutti i fallimenti a catena degli ultimi 13 anni: «L’Afghanistan continua a essere destabilizzato ed è ancora il primo produttore di oppio al mondo, in Iraq l’autorità del governo centrale è implosa, mentre in Siria la lotta contro il dittatore Assad (che è ancora al potere) ha generato un nemico ancor più feroce, l’Isis». Morale: «Tutto ciò a cui i funzionari americani hanno dato inizio, negli ultimi tredici anni, si è trasformato in un disastro». E il conto è salato: da 4 a 6 miliardi di dollari, secondo gli analisti di Harvard, solo nel 2014.
    «Ormai da molti anni gli Stati Uniti non sono più la superpotenza in grado di risolvere qualsiasi problema attraverso una campagna militare», sostiene “Leap 2020”. «La causa è da ricercare innanzitutto nello squilibrio tra ambizione e sforzo, e subito dopo nella mancanza di risorse: e visto che il potere globale degli Stati Uniti è stato costruito sul potere militare, questo paese è ormai solo l’ombra di quello che era stato». Non è sorprendente, quindi, che il governo americano abbia riscoperto l’utilità della Nato per muovere le sue pedine in Ucraina: «Ha messo in atto un’enorme pressione sui governi dei paesi membri, perché essi aumentino il loro budget militare, ma l’esito è stato abbastanza incerto». L’obiettivo di effettuare nuove spese militari per un importo pari al 2% del Pil di ogni singolo paese, in effetti, è stato spalmato su un periodo che arriva fino al 2024. La Germania, inoltre, ha ulteriormente ridimensionato il proprio impegno. E la decisione di creare una forza d’attacco rapido, composta da 3.000-5.000 soldati, «impallidisce davanti ad un esercito russo pari a 1,15 milioni di soldati e a 2 milioni di riservisti pronti a combattere». La forza Nato, inoltre, avrebbe solo un equipaggiamento leggero, «in ossequio all’idea, veramente geniale, che tutto ciò permetterà ai soldati di schivare più facilmente i 6.500 carri armati russi».
    Nel confronto con la Russia, secondo “Leap 2020” la Nato «è come un’ape davanti a un orso», prova del fatto che «i funzionari americani hanno perso qualsiasi senso della realtà». Così, «il “colpo di stato” orchestrato dall’Occidente ha fatto perdere legittimità al governo centrale ucraino nei riguardi della popolazione di lingua russa, e ha quindi aperto la strada all’acquisizione dell’Ucraina Orientale da parte della Russia, probabilmente sotto forma di un’ampia autonomia all’interno di uno Stato Federale Ucraino, sottoposto ad una forte influenza russa». Analogamente a quanto già avvenuto in Medio Oriente, la politica e il comportamento del governo degli Stati Uniti, «basati sull’infallibilità delle strategie e sull’onnipotenza dell’America», hanno gettato nel caos un’intera regione, rafforzando in fin dei conti «le forze che si opponevano agli Stati Uniti».

    Il declino degli Stati Uniti sta ormai galoppando, anche se i media raccontano che l’America avrebbe ritrovato salute economica e fiorente mercato del lavoro. Dicono anche che gli Usa si siano dotati di un futuro energetico veramente roseo e che continuino a essere un modello per l’Europa e per il mondo. Certo, gli indici di Borsa sono alle stelle, ma questo non significa che una società e un’economia siano uscite dalla crisi: il record, si legge su “Leap 2020”, è l’effetto della politica monetaria dei “soldi facili” praticata dalla Fed, mentre gli investitori «non trovano altri investimenti che non siano quelli sui sopravvalutati titoli azionari e sull’ingannevole finanza innovativa». L’America? E’ in bilico: «La smisurata arroganza di una nazione che considera se stessa “il paese di Dio”, la “numero uno” su tutte le cose di questo mondo, l’araldo di tutti i valori dell’umanità, sta spingendo gli Stati Uniti verso un abisso». Lo conferma la geopolitica: caos totale in Medio Oriente, dopo 13 anni di impegno militare diretto. Per non parlare della folla sfida lanciata alla Russia in Ucraina.

  • Di finanza si muore: ed ecco la bolla finale della Bce

    Scritto il 04/10/14 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    Le bolle finanziarie obbediscono a una legge ferrea: più crescono e più si avvicina la loro fine. Così, annunciando misure per sostenere la bolla, Mario Draghi ne ha appena avvicinato lo scoppio. Le misure annunciate sono la riduzione del tasso Bce allo 0,05%, un “Quantitative Easing” (Qe) nella forma di acquisti di cartolarizzazioni (“Asset-Backed Securities”) e di “covered bonds” da parte della Bce a cominciare dal quarto trimestre. Poi un’altra ondata di Ltro, prestiti di fatto gratis alle banche. L’ultima misura è chiamata “funding for lending” e dovrebbe servire ad aumentare il credito al settore produttivo. «In realtà fallirà l’obiettivo», secondo “Movisol”, «come lo ha fallito il modello originale, applicato in Gran Bretagna». L’intento della Bce è descritto con franchezza in uno studio di 104 pagine pubblicato dallo stratega di Deutsche Bank, Jim Reid, l’11 settembre: il sistema finanziario, scrive Reid, è un’unica, gigantesca bolla, che deve essere continuamente pompata per non collassare.
    «Negli ultimi due decenni, l’economia globale è passata da una bolla all’altra con eccessi che non sono mai stati pienamente rivelati. Invece, una politica aggressiva ha incoraggiato il rifinanziamento con nuove bolle. Ciò ha discutibilmente fatto del sistema finanziario moderno, così come lo conosciamo, una preoccupazione costante», si legge nel rapporto. La bolla è ora “migrata” nel mercato obbligazionario, ed è diventata «una condizione necessaria per mantenere in piedi il superindebitato sistema finanziario». Non c’è più un luogo dove migrare, visto che ora la bolla è nelle mani dei governi e delle banche centrali, i prestatori di ultima istanza, e perciò «pensiamo che questa bolla vada mantenuta per assicurare la solvibilità dell’attuale sistema finanziario». Prevedibilmente, azioni e obbligazioni sono salite dopo l’annuncio di Draghi. Secondo alcune fonti, non sono solo i privati a speculare, ma le stesse banche centrali starebbero acquistando “futures” e altri titoli derivati per sostenere direttamente il mercato.
    Mentre non è certo quale sarà la domanda di Ltro, il pezzo forte della Bce è il programma di acquisto di Abs. Il 12 settembre lo stesso Juncker ha dichiarato che una delle priorità della nuova Commissione Europea sarà rivitalizzare il mercato Abs. La Bce si è avvalsa della consulenza del colosso statunitense BlackRock, a sua volta grande possessore di titoli Abs, delineando quindi un «leggero conflitto di interessi». Ma la Bce, avverte “Movisol”, non vuole rischiare in proprio: «Sta già pensando di scaricare il peso degli Abs tossici sulle spalle del contribuente». Benoit Coeure, membro dell’esecutivo di Francoforte, ha chiarito: perché un programma di acquisti di Abs raggiunga tutto il suo potenziale, i governi devono garantire almeno parte del debito. «L’Europa si trova ad affrontare una scelta fondamentale se vuole muoversi verso un mercato Abs che abbia la stessa profondità e la liquidità del mercato americano», ha detto Coeure in un’intervista alla rivista “Risk”, distribuita dalla Bce.
    «Per raggiungere questo obiettivo», aggiunge Coeure, «il mercato delle cartolarizzazioni richiederà una quantità significativamente maggiore di sostegno pubblico di quella attuale». In altre parole, riassume “Movisol”, «la Bce pompa la bolla finale, in parte stampando soldi, in parte con soldi pubblici (i contribuenti), in una mossa futile e disperata che non impedirà alla bolla di scoppiare ma piuttosto ne accelererà la fine». Nel frattempo, «la recessione nell’Ue sta rivelandosi una depressione». Infatti, «la disoccupazione di massa ha raggiunto livelli da anni Trenta e in alcuni casi le istituzioni democratiche sono state compromesse irreversibilmente». E’ il “capolavoro” della moneta non-sovrana, che mette in crisi gli Stati e le economie nazionali, obbligandole a elemosinare credito presso il mercato finanziario internazionale attraverso il sistema bancario privato. E la Bce è il gestore dell’euro-regime, il braccio armato della grande crisi. «Liberiamoci del pilota pazzo ai comandi!», conclude “Movisol”.

    Le bolle finanziarie obbediscono a una legge ferrea: più crescono e più si avvicina la loro fine. Così, annunciando misure per sostenere la bolla, Mario Draghi ne ha appena avvicinato lo scoppio. Le misure annunciate sono la riduzione del tasso Bce allo 0,05%, un “Quantitative Easing” (Qe) nella forma di acquisti di cartolarizzazioni (“Asset-Backed Securities”) e di “covered bonds” da parte della Bce a cominciare dal quarto trimestre. Poi un’altra ondata di Ltro, prestiti di fatto gratis alle banche. L’ultima misura è chiamata “funding for lending” e dovrebbe servire ad aumentare il credito al settore produttivo. «In realtà fallirà l’obiettivo», secondo “Movisol”, «come lo ha fallito il modello originale, applicato in Gran Bretagna». L’intento della Bce è descritto con franchezza in uno studio di 104 pagine pubblicato dallo stratega di Deutsche Bank, Jim Reid, l’11 settembre: il sistema finanziario, scrive Reid, è un’unica, gigantesca bolla, che deve essere continuamente pompata per non collassare.

  • Soldi solo agli speculatori, così gli Usa ci fregano sempre

    Scritto il 10/9/14 • nella Categoria: segnalazioni • (2)

    Le due maggiori banche centrali del mondo, la Fed e la Bce, Yellen e Draghi, hanno deciso di fare entrambe la più fottuta puttanata che una Bc possa fare in assoluto. Prima la Fed, che adesso dovrebbe smetterla, ora la Bce. Hanno iniettato miliardi su miliardi nelle banche a tassi ridicoli o comprandogli i titoli di Stato che avevano nelle riserve in quantità oceaniche. Risultato: zero per la gente e il lavoro, zero per le aziende, proprio un emerito cazzo, ma soldi a prezzi stracciati per gli speculatori per speculare. L’ho detto a “La Gabbia”, La7, ma lo hanno scritto milioni di analisti nel mondo. Ora che succede? Le Borse si sono gonfiate con acquisti frenetici oltre ogni realtà, stanno gonfiandosi da 64 mesi consecutivamente, e non era solo Hyman Minsky che ce lo diceva anni fa, ma la realtà di oggi ce lo dice: quando un gonfiore così accade, poi fa il botto, SEMPRE, SEMPRE E SEMPRE, perché non riflette, come detto, il mondo reale, ma solo i soldi regalati a prezzi stracciati dalle banche centrali agli speculatori. E tutto esplode in merda (dopo che i soliti noti hanno fatto miliardi e i solidi idioti, voi, ci hanno perso investimenti e lavoro). Ma non solo…
    Il mercato dei Junk Bonds aziendali si è gonfiato fino alla Luna, poi si è sgonfiato e sono cazzi ora per ’ste aziendine, che non trovano più liquidità e? e?…. LI-CEN-ZIA-NO; il valore dei titoli di Stato dei paesi europei cosiddetti Piigs è schizzato alle stelle con rendimenti sotto le scarpe, ma attenzione che nessuna di queste tre cose riflette il reale valore delle Borse, delle aziende, né dei titoli in oggetto, sempre per lo stesso motivo: sono soldi investiti grazie “ai soldi regalati a prezzi stracciati dalle banche centrali agli speculatori”. Cioè? Una colossale bolla speculativa come quella del 2001-2007 che poi è esplosa frantumando il pianeta. Di nuovo. Non abbiamo imparato un cazzo, NIENTE! Poi quella verruca pustolosa della Camusso, una delle più ignoranti presenze in Italia dal 1861, protesterà per i licenziamenti… Una colossale bolla speculativa su cui s’innestano alcune altre variabili alla dinamite. Ohhhhh! Che belle notizie! (tanto alle scimmie-cani italiani, al 99,99%, frega un cazzo. Scimmie-cani che siano della curva ultras Lazio, quelli che “governo ladro”, o che leggano il “Fatto Quotidiano”).
    Allora: in ’sto macello pronto a esplodere sotto al sedere di tuo figlio di 5 anni, s’innesta Obama che è senza ombra di dubbio il più bastardo presidente Usa da sempre, quello che ha permesso il più grande trasferimento di ricchezza dal 99% all’1% nella storia dell’umanità (e doveva essere un negro a essere così? Povero M.L. King “I have a dream”…). Obama fa la guerra di sanzioni commerciali con Putin, che significa che fra tutte le economie del mondo quella che va più in merda è proprio… LA NOSTRAAAA! Cioè l’Europa! Geniale. Come ci fottono sempre gli Usa, eh? Magistrali. Ma per chi scrivo io? Per gente che domattina sta con gli occhi da cefalo bollito incollati al “Fatto Quotidiano” o a “Repubblica” sulla Boschi o su Galan. Mentre il Vero Potere gli fotte il tratto rettale-sigmoideo over and over and over again fino alla morte. Giusto, santamente giusto. Siete idioti (ok, meno tu e quell’altro e tuo cugino)… come la Camusso, che dirà…
    (Paolo Barnard, “Questa finanza te la becchi dove sai. Sorry”, dal blog di Barnard del 13 agosto 2014).

    Le due maggiori banche centrali del mondo, la Fed e la Bce, Yellen e Draghi, hanno deciso di fare entrambe la più fottuta puttanata che una Bc possa fare in assoluto. Prima la Fed, che adesso dovrebbe smetterla, ora la Bce. Hanno iniettato miliardi su miliardi nelle banche a tassi ridicoli o comprandogli i titoli di Stato che avevano nelle riserve in quantità oceaniche. Risultato: zero per la gente e il lavoro, zero per le aziende, proprio un emerito cazzo, ma soldi a prezzi stracciati per gli speculatori per speculare. L’ho detto a “La Gabbia”, La7, ma lo hanno scritto milioni di analisti nel mondo. Ora che succede? Le Borse si sono gonfiate con acquisti frenetici oltre ogni realtà, stanno gonfiandosi da 64 mesi consecutivamente, e non era solo Hyman Minsky che ce lo diceva anni fa, ma la realtà di oggi ce lo dice: quando un gonfiore così accade, poi fa il botto, sempre, sempre e sempre, perché non riflette, come detto, il mondo reale, ma solo i soldi regalati a prezzi stracciati dalle banche centrali agli speculatori. E tutto esplode in merda (dopo che i soliti noti hanno fatto miliardi e i solidi idioti, voi, ci hanno perso investimenti e lavoro). Ma non solo…

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