Archivio del Tag ‘Radio Cusano Campus’
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Fassina: sinistra neoliberista, teme i minibot e tifa spread
«Minibot? C’è stata una strumentalizzazione inaccettabile sul fatto che siano la premessa per uscire dall’euro. E’ un racconto sbagliato che fa il gioco della Lega e di chi vuole lo sfascio. E poi ci sono larga parte della classe dirigente e parte dell’opposizione che sono tornate a fare il tifo per lo spread, perché quello che non sono riusciti a fare a livello elettorale, cioè far cadere il governo, vogliono farlo attraverso i mercati». Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su “Radio Cusano Campus”, da Stefano Fassina, deputato di “Liberi e Uguali” e consigliere comunale di Roma. L’ex viceministro dell’economia del governo Letta attacca anche la sinistra: «Chi dice certe cose o è in malafede o è inconsapevole. Si alimenta un clima molto negativo, così. C’è timore, strumentalità e subalternità culturale da parte della sinistra, perché, ahimè e non solo in Italia, larga parte della sinistra rimane prigioniera di un pensiero unico neoliberista che la porta a contrastare qualunque ipotesi, anche sensata, di apertura di qualche breccia rispetto a un quadro asfissiante». E spiega: «Il minibot è un titolo di Stato definito “mini” perché, a differenza del valore ordinario dei buoni ordinari del Tesoro, è di taglio più piccolo».«Attenzione alle strumentalizzazioni, però. L’obiettivo della mozione in Parlamento riguardava il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese, che notoriamente hanno dei ritardi cronici, molto spesso causa della morte delle stesse piccole imprese. Non è una moneta parallela, è un titolo di Stato – continua Fassina – che su base volontaria può essere utilizzato come metodo di pagamento di un debito commerciale che è già stato fatto. Visco ha dichiarato la sua contrarietà ai miniboti definendoli sempre “debito”? Certo che sono debito, ma è un debito che è stato già fatto, non è un ulteriore debito. Il debito commerciale esiste già e prima o poi la pubblica amministrazione lo deve pagare, solo che viene scaricato sulle imprese. Coi minibot invece il debito, che è dello Stato, viene riconosciuto allo Stato. E, ripeto, resta un’opzione su base volontaria».Fassina puntualizza: «Si tratta di una mozione che dà delle indicazioni al governo, non di una norma di legge che è stata approvata. Se, rispetto a una proposta molto circoscritta, che non ha assolutamente l’obiettivo di portare l’Italia fuori dall’euro, i principali quotidiani italiani gridano al fatto che si sta uscendo dall’euro, è evidente che tutto questo non aiuta il paese. La classe dirigente “consapevole”, oltre a criticare le risse, le incapacità e le favole del governo gialloverde, dovrebbe fare un discorso di verità che ponga a Bruxelles e a Berlino nodi strutturali – conclude – cioè questioni di fondo, che andrebbero affrontati da chiunque governi. E invece prevale un conformismo, anche culturale, e una strumentalità politica che, alla fine, fanno male anche a coloro che le utilizzano, perché, dopo questo governo, chi sarà all’esecutivo si troverà di fronte agli stessi vincoli e agli stessi nodi che continueranno a soffocare il paese».(Gisella Ruccia, “Minibot, Fassina: passo per uscita euro? Strumentalizzazione inaccettabile, sinistra subalterna a neoliberismo”, dal “Fatto Quotidiano” del 3 giugno 2019).«Minibot? C’è stata una strumentalizzazione inaccettabile sul fatto che siano la premessa per uscire dall’euro. E’ un racconto sbagliato che fa il gioco della Lega e di chi vuole lo sfascio. E poi ci sono larga parte della classe dirigente e parte dell’opposizione che sono tornate a fare il tifo per lo spread, perché quello che non sono riusciti a fare a livello elettorale, cioè far cadere il governo, vogliono farlo attraverso i mercati». Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su “Radio Cusano Campus”, da Stefano Fassina, deputato di “Liberi e Uguali” e consigliere comunale di Roma. L’ex viceministro dell’economia del governo Letta attacca anche la sinistra: «Chi dice certe cose o è in malafede o è inconsapevole. Si alimenta un clima molto negativo, così. C’è timore, strumentalità e subalternità culturale da parte della sinistra, perché, ahimè e non solo in Italia, larga parte della sinistra rimane prigioniera di un pensiero unico neoliberista che la porta a contrastare qualunque ipotesi, anche sensata, di apertura di qualche breccia rispetto a un quadro asfissiante». E spiega: «Il minibot è un titolo di Stato definito “mini” perché, a differenza del valore ordinario dei buoni ordinari del Tesoro, è di taglio più piccolo».
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Magaldi: ipocrita De Bortoli, bussò alla super-massoneria
«Ferruccio De Bortoli dimostra ancora una volta una grande ipocrisia: conosce benissimo i mondi massonici, sia quelli caserecci che quelli sovranazionali. Lui stesso, come Renzi, ha cercato più volte, senza riuscirci, di essere ammesso ai salotti massonici di alto profilo». Parola di Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che rivela l’esistenza di 36 Ur-Lodges, superlogge internazionali, che funzionano da “back-office” del vero potere. «Sia chiaro, non è affatto un disonore cercare di essere accolti in quei circoli», premette Magaldi, intervistato da Gianluca Fabi ai microfoni di “Radio Cusano Campus”. Il problema, semmai è la mancanza di franchezza: nel suo libro “Poteri forti, o quasi”, l’ex direttore del “Corriere della Sera” e del “Sole 24 Ore” parla di massoneria e banche, da Mps a Banca Etruria, da cui la polemica su Maria Elena Boschi, che avrebbe interessato Unicredit per tentare di salvare la banca toscana di cui il padre era vicepresidente. «Giusto parlare di conflitto d’interessi quando si compie qualcosa di sbagliato, non quando si cerca di tutelare risparmiatori e posti di lavoro», taglia corto Magaldi, che rimprovera a De Bortoli di “fare le pulci” ai toscani senza però rivelare nulla sui suoi rapporti con la vera massoneria di potere, il mondo delle Ur-Lodges.Massoneria e banche? Mps, per esempio: «Tra massoni veri e presunti», dichiara Magaldi, «gli unici due che avrebbero dovuto essere ben vigilati sono due massoni di altissimo grado: Mario Draghi, all’epoca governatore di Bankitalia, e Anna Maria Tarantola», poi ministro del governo Monti, «allora a capo della vigilanza di Bankitalia, che non vigilò affatto sulle operazioni Antonveneta e Mps». Esponenti entrambi non della piccola massoneria nazionale, «provinciale», ma del vero circuito del grande potere, quello delle superlogge. La massoneria oggi chiamata in causa perché ne parla De Bortoli? «Qui entriamo nel paradosso, nella surrealtà», continua Magaldi, ricordando che a suo tempo il direttore del “Corriere” parlò di “odore stantio di massoneria” per descrivere i rapporti intorno a Renzi. Errore ottico: «Non era importante indagare tra i rapporti caserecci e di piccolo calibro del padre di Renzi in Toscana, ma andavano cercate altre aree: Renzi si muoveva a New York e bussava alle porte di ben altri templi». Lo stesso Magaldi ne parlò apertamente a “Linkiesta” già nel settembre 2014: «Nessuno ha notato la coincidenza tra la pubblicazione dell’editoriale di De Bortoli e la contemporanea presenza di Matteo Renzi alla sede newyorkese del Council on Foreign Relations».Il potente Cfr, “santuario” dell’élite atlantica, è definito «solidissimo sodalizio paramassonico istituito nel 1921, mentre nel 1920 era stato fondato il suo omologo britannico, il Royal Institute of International Affairs o Chatham House». Entrambe queste associazioni paramassoniche, rivela Magaldi, furono create su iniziativa della Ur-Lodge “Leviathan”, espressione dei circuiti supermassonici reazionari. Entrambe, sia il Cfr che il Riia, «continuano ad essere controllate e gestite da massoni, con la presenza ancillare e subalterna di paramassoni servizievoli, ossia di membri “profani” del jet-set politico, economico-finanziario, mediatico, diplomatico, militare e culturale internazionale, i quali ancora non hanno avuto un’iniziazione massonica presso il circuito elitario ed ambitissmo delle Ur-Lodges, ma aspirano ad averla». In gergo si chiamano “bussanti”: ruolo che, secondo Magaldi, accomuna Renzi e De Bortoli, entrambi lasciati – per ora – fuori dalla porta. Naturalmente De Bortoli non ne fa cenno, però torna a evocare il tema della massoneria “casereccia” anche in televisione, da Lilli Gruber, per poi essere richiamato alla franchezza da Massimo Cacciari, che gli risponde: ma vogliamo parlare allora dei reticolati massonici francesi e internazionali che hanno costruito in modo artificiale l’operazione Macron?Il neo-inquilino dell’Eliseo, che ha voluto celebrare la vittoria elettorale «ai piedi della piramide del Louvre fatta erigere dal massone Mitterrand», è senz’altro figlio di un’operazione massonica raffinata, conferma Magaldi: si tratta però di capire di quale segno sia, anche se la storia del suo mentore, il supermassone reazionario Jacques Attali, tra gli architetti dell’oligarchia Ue, si è finora mosso in una direzione non certo progressista. Che Macron sia massone, comunque, non è un segreto (né un problema) per nessuno, in Francia, dove la massoneria – dai tempi di Napoleone, che importò da Charleston il Rito Scozzese e dall’Egitto la simbologia delle piramidi – si confronta apertamente con la politica: «I candidati alle presidenziali vanno tranquillamente a fare audizioni nella sede del Grande Oriente di Francia, e una volta eletti – quando non sono massoni – tributano il loro omaggio ai vertici delle comunioni massoniche francesi, talvolta dichiarando di essersi consultati con loro anche per decisioni importanti dal punto di vista geopolitico, strategico, economico». Il tutto, alla luce del sole: «Negli Usa, nel Regno Unito e in altre democrazie occidentali, il discorso pubblico sulla massoneria è molto più sereno e pacato». Il problema, ribadisce Magaldi, è l’Italia: «Da noi c’è questo verminaio, perché l’opinione pubblica di massoneria non sa nulla, i giornalisti ancor meno, e gli intellettuali, gli editori, i direttori di giornali – che invece ne sanno – fanno finta di non sapere».«Ferruccio De Bortoli dimostra ancora una volta una grande ipocrisia: conosce benissimo i mondi massonici, sia quelli caserecci che quelli sovranazionali. Lui stesso, come Renzi, ha cercato più volte, senza riuscirci, di essere ammesso ai salotti massonici di alto profilo». Parola di Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che rivela l’esistenza di 36 Ur-Lodges, superlogge internazionali, che funzionano da “back-office” del vero potere. «Sia chiaro, non è affatto un disonore cercare di essere accolti in quei circoli», premette Magaldi, intervistato da Gianluca Fabi ai microfoni di “Radio Cusano Campus”. Il problema, semmai è la mancanza di franchezza: nel suo libro “Poteri forti, o quasi”, l’ex direttore del “Corriere della Sera” e del “Sole 24 Ore” parla di massoneria e banche, da Mps a Banca Etruria, da cui la polemica su Maria Elena Boschi, che avrebbe interessato Unicredit per tentare di salvare la banca toscana di cui il padre era vicepresidente. «Giusto parlare di conflitto d’interessi quando si compie qualcosa di sbagliato, non quando si cerca di tutelare risparmiatori e posti di lavoro», taglia corto Magaldi, che rimprovera a De Bortoli di “fare le pulci” ai toscani senza però rivelare nulla sui suoi rapporti con la vera massoneria di potere, il mondo delle Ur-Lodges.