LIBRE

associazione di idee
  • idee
  • LIBRE friends
  • LIBRE news
  • Recensioni
  • segnalazioni

Archivio del Tag ‘scandali’

  • Putin, l’alieno e il terrorismo “democratico” dell’Occidente

    Scritto il 09/3/22 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Tutti a parlare di Russia e Ucraina, naturalmente: senza mai ricordare, però, che l’Occidente “democratico” ha sempre disatteso gli accordi con Mosca, cioè essenzialmente la promessa di non estendere la Nato verso Est. Basterebbe questo, a chiudere la questione: e invece si procede con la solita nebbia di guerra, criminalizzando Putin, proprio mentre il succitato Occidente “democratico” – dopo due anni di follia Covid – ora provvede a massacrare i suoi civili, in questa guerra asimmetrica, anche con lo schianto dell’economia planetaria, già visibile a partire dall’impazzimento dei prezzi. Tutti esperti di Ucraina, oggi – come se a qualcuno importasse qualcosa, dei popoli ucraini – senza vedere che l’orrendo copione dei bombardamenti non è che il sequel dei tanti che l’hanno preceduto: come il terrorismo “islamico” (dall’11 Settembre all’Isis), il terrorismo finanziario (dalla morte civile della Grecia al golpe bianco in Italia), il terrorismo climatico “gretino” e ovviamente il recentissimo terrorismo sanitario. Identici gli obiettivi: generare panico, creare insicurezza sociale, revocare diritti e libertà, impoverire e quindi indebolire la popolazione, ottenere obbedienza e sottomissione.
    I media nostrani oggi si esercitano nel tiro al bersaglio contro l’autocrate che da oltre vent’anni è a capo della “democratura” russa, leader del grande paese che – unico – in questi decenni si è regolarmente opposto, come ha potuto, alla marea dilagante del terrorismo occidentale, sorretto in modo orwelliano da giornali e televisioni che hanno semplicemente smesso di fare informazione. La Russia è rimasta estranea al terrorismo militare in Medio Oriente, scatenato dall’Occidente “democratico” in modo diretto o attraverso manovalanza jihadista; è infine intervenuta in modo risoluto in Siria, contro l’Isis, per salvare il regime alleato di Damasco e impedire che i tagliagole raggiungessero rapidamente il Caucaso. Aggredito dal neoliberismo occidentale dopo il collasso dell’Urss, il sistema russo – conformatosi allo standard economico globale – non ha però esposto i suoi cittadini agli spaventosi stress inflitti alla popolazione europea e statunitense; al contrario: lo storico consenso tributato a Putin si spiega anche con il fatto di aver risollevato l’economia nazionale, decuplicando il reddito medio e sottraendo alla povertà milioni di russi, dopo il disastro delle turbo-privatizzazioni occidentali risalenti all’epoca di Eltsin.
    Il personaggio oggi dipinto come tirannico dittatore, scontatamente sanguinario già in quanto slavo e probabilmente anche impazzito, è lo statista che – al mondo – si è maggiormente impegnato nel fare argine contro il terrorismo “islamico” teleguidato dalle capitali occidentali. E’ l’uomo che – con il veto opposto dalla Russia – ha appena impedito all’Onu di varare una risoluzione folle, che avrebbe elevato il cambiamento climatico al rango di “minaccia per la sicurezza nazionale” degli Stati. Uno snodo burocratico, l’avallo delle Nazioni Unite, che avrebbe probabilmente accelerato l’autoritarismo tecnocratico che, in nome della tutela dell’ambiente (ma usando il clima, come se fosse davvero l’umanità a determinarne le variazioni), punta a imporre nuove regole, non negoziabili, a tutti gli abitanti – non del pianeta intero, ovviamente: i fortunati siamo sempre noi, cittadini dell’Occidente “democratico”. La Russia è riuscita a distinguersi e brillare, agendo cioè senza diventare nostra complice, anche riguardo all’ultima stagione terroristica, quella sanitaria: ha rifiutato la “dittatura” dei lockdown, non ha imposto nessun ricatto e nessun Tso alla popolazione. E ha offerto al mondo, a tempo di record e gratuitamente, il primo preparato vaccinale anti-Covid.
    Queste sono le ultime, storiche mosse del regime che oggi viene presentato come una oscura dittatura. Un establishment ibrido, che avrebbe voluto essere più europeo che eurasiatico, contro il quale l’Occidente sta scatenando tutte le sue armi: lo spettro missilistico della Nato in Est Europa, i neonazisti ucraini schierati sul terreno e, soprattutto, la spaventosa guerra economica decretata per volere dei poteri che nel 2020 hanno insediato alla Casa Bianca nientemeno che l’oligarca Joe Biden, in mezzo alla fanghiglia della scandalosa frode elettorale ai danni di Donal Trump. Se una certa élite ha sempre mirato a schiacciare i sudditi, mal sopportando i rari lampi di democrazia reale (fioriti soprattutto nel Novecento, quando al capitalismo occidentale occorreva ancora una classe media prospera e ottimista), viene da domandarsi quale sia la ragione della devastante, vorticosa accelerazione degli ultimi due decenni. Una progressione letteralmente esplosa nella primavera 2020 con l’operazione “psico-pandemica”, che ora è stata sostituita dalla guerra classica, regionale, amplificata però dalla ferocia economica del globalismo senza frontiere.
    Chi non disdegna di inoltrarsi nella cosiddetta “esopolitica”, cioè l’ipotetica interferenza aliena nelle faccende terrestri (niente di diverso, peraltro, dallo scenario raffigurato dalle letterature antiche, con le “divinità” impegnate a disputarsi territori e popoli), oggi si domanda se tutta questa fretta – all’improvviso – non sia dovuta anche al timore di eventuali “sbarchi”, sul nostro pianeta, che secondo alcune fonti sarebbero attesi a partire dal 2024. A raggiungere la Terra – questa la teoria – sarebbero forze ostili a quelle, non terrestri, che attualmente deterrebbero il controllo occulto delle superpotenze. Il tema è vasto e, ovviamente, più che controverso. Semplici suggestioni? Forse non più, o comunque non del tutto, da quando – a partire dal 2019 – lo stesso apparato militare occidentale ha avviato una sorta di “disclosure”, ammettendo ufficialmente l’esistenza degli Ufo. C’è chi si è spinto oltre: per il generale israeliano Haim Eshed, l’Occidente farebbe parte – da almeno trent’anni – di una Federazione Galattica, dotata di basi condivise (sulla Terra, sulla Luna, su Marte e su altri corpi del Sistema Solare). In parallelo, sono pervenute dichiarazioni precise da parte di fonti massoniche, che hanno riferito di accordi con alieni dalla seconda metà del secolo scorso.
    Tutto questo può sembrare surreale, in un 2022 letteralmente sventrato dall’esplosione della guerra in Ucraina, con il suo infame corollario di sofferenze. Ma non si può fare a meno di metterle in fila, le notizie: la catena di comando che ha provocato la Russia al punto da spingerla all’invasione è la stessa che aveva orchestrato il terrorismo sanitario, e prima ancora il terrorismo “islamico”, il terrorismo finanziario e il terrorismo climatico, sdoganando nel frattempo – prima attraverso la fantascienza, poi con le ammissioni ufficiali del Pentagono – l’esistenza del “problema” extraterrestre, che forse è davvero il grande segreto sul quale, a breve, non si potrà più tacere. E’ per questo, dunque, che qualcuno – lassù – ha deciso di gettare l’umanità, in modo sempre più rapido, in una spirale di panico che sembra destinata a non avere fine? Sono semplici domande, queste, che però è la stessa cronaca recente, ormai, ad autorizzare. L’inaudita “schiavizzazione” delle popolazioni, specie quelle residenti in aree ancora formalmente democratiche, serve forse a ridurne il potenziale reattivo, in vista di eventi che nessun politico attuale sarebbe in grado, domattina, di presentare ad alta voce?
    Certo, oggi nessuno potrebbe sbilanciarsi in argomentazioni di questo tenore: sarebbe preso per matto da chiunque, tranne che dagli ufologi o dagli studiosi di religioni antiche. Ma, se proprio l’Occidente “democratico” sta dando ancora una volta il peggio di sé, mentendo innanzitutto alla sua popolazione, non si può che prendere nota delle miserevoli condizioni in cui versa il sistema-Italia, con il suo governo fantoccio (fellone, ma ultra-autoritario) e la sua politica ormai clinicamente morta. I missili e le cannonate nelle pianure ucraine irrompono nelle case di famiglie piegate dal ricatto, tra persone rassegnate a lavorare, viaggiare e vivere solo a patto di avere in tasca il lasciapassare digitale. Uno strumento di dominio, che di sanitario non ha proprio nulla, imposto in perfetto stile cinese e con il pretesto di una patologia curabilissima. Malattia per la quale, però, le terapie sono state prima negate e poi ostacolate, umiliando la scienza e tradendo nel modo più vile il patto di lealtà che, in un paese democratico, avrebbe dovuto vincolare i governanti ai governati.
    Il primo dovere, infatti, non dovrebbe essere quello di proteggere la popolazione? In alcuni Stati degli Usa, in Australia e Nuova Zelanda, in Europa – ma in Italia in particolare – è avvenuto esattamente il contrario: la popolazione è stata esposta a grandi pericoli, è stata fuoriviata dalla disinformazione, è stata ipnotizzata e terrorizzata per due anni. E ora, svanita anche l’ultima parvenza di pseudo-emergenza, viene mantenuta sotto la pressione coercitiva, forse permanente, del lasciapassare, che poi sarebbe solo il preambolo – secondo i piani – per l’eliminazione del contante e l’adozione esclusiva della moneta digitale, cioè del controllo definitivo sull’economia delle famiglie. Che cosa sarà, dell’Italia, ora che l’intera Europa sarà travolta dal massacro socio-economico delle sanzioni comminate alla Russia? Il nostro è l’unico paese che, a quanto pare, non riesce a eleggere un presidente della Repubblica diverso dal precedente. Poi ci sono i politici: Salvini spernacchiato in Polonia, Di Maio che dà dell’“animale” a Putin. E c’è l’inqualificabile Draghi, che riesce a farsi giustamente canzonare persino dall’orrido Zelensky.
    «Per riuscire a parlare con Draghi vedrò di spostare l’agenda della guerra», ha twittato l’ucraino, dopo che il primo ministro italiano aveva snobbato un appuntamento telefonico, perdendo così anche l’ultimo treno per assurgere al ruolo di possibile mediatore (ruolo che, fino a ieri, non sarebbe stato affatto sgradito a Putin). E invece si sono bruciati i ponti, in ossequio al padrone americano. Ormai siamo oltre: l’Italia – il paese delle mascherine e del Green Pass Rafforzato – ha appena inviato armamenti all’Ucraina, paese belligerante. Così, dall’8 marzo 2022 – per la prima volta nella storia, probabilmente – la Russia ha inserito anche noi nella lista nera dei “paesi ostili”. Mario Draghi pare stia quindi per firmare il più disastroso suicidio nazionale (si spera solo economico) degli ultimi decenni. Ma niente paura: ci resta sempre il campionato di calcio, insieme al cabaret dei talkshow in cui sono sempre i famosi virologi di ieri a spiegare al popolo bue come vanno le cose, in Ucraina. Effetti collaterali: e se la guerra di Putin finisse – anche – per cambiare il mondo, mettendo fine all’ipocrisia dei tanti terrorismi domestici? Nessuno può prevedere gli eventi: c’è solo da augurarsi che le armi tacciano al più presto. Certo però che, dal radar del futuro, questa Italia sembra davvero sparita: un paese fantasma, finito, affollato di sudditi imbrogliati, derubati e inebetiti.
    (Giorgio Cattaneo, 9 marzo 2022).

    Tutti a parlare di Russia e Ucraina, naturalmente: senza mai ricordare, però, che l’Occidente “democratico” ha sempre disatteso gli accordi con Mosca, cioè essenzialmente la promessa di non estendere la Nato verso Est. Basterebbe questo, a chiudere la questione: e invece si procede con la solita nebbia di guerra, criminalizzando Putin, proprio mentre il succitato Occidente “democratico” – dopo due anni di follia Covid – ora provvede a massacrare i suoi civili, in questa guerra asimmetrica, anche con lo schianto dell’economia planetaria, già visibile a partire dall’impazzimento dei prezzi. Tutti esperti di Ucraina, oggi – come se a qualcuno importasse qualcosa, dei popoli ucraini – senza vedere che l’orrendo copione dei bombardamenti non è che il sequel dei tanti che l’hanno preceduto: come il terrorismo “islamico” (dall’11 Settembre all’Isis), il terrorismo finanziario (dalla morte civile della Grecia al golpe bianco in Italia), il terrorismo climatico “gretino” e ovviamente il recentissimo terrorismo sanitario. Identici gli obiettivi: generare panico, creare insicurezza sociale, revocare diritti e libertà, impoverire e quindi indebolire la popolazione, da cui esigere timorosa obbedienza e piena sottomissione.

  • Laboratorio Italia: come trasformare gli uomini in topi

    Scritto il 12/2/22 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    “To live in a land where justice is a game” (Bob Dylan, “Hurricane”, 1976). Non si può che morire di vergogna, per il fatto di vivere in una terra dove, ormai, la giustizia è un gioco. E dove “they try to turn a man into a mouse”, provano a trasformare l’essere umano in topo: non Rubin Carter, il famoso pugile finito in carcere, ma proprio tutti. Il rumore di ceppi e catene si è fatto assordante, lungo i meandri stucchevoli nella neolingua sanitaria che pretende di assoggettare i cervelli e i corpi, sottendendo la fine – sostanziale – di uno Stato di diritto che invece esiste ancora, e per il momento arma la mano di centinaia di avvocati combattivi. Sopravvive tuttora la Costituzione entrata in vigore nel 1948, benché amputata brutalmente una decina d’anni fa con l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio. Una Carta ora ritoccata anche con l’ambigua indicazione, teoricamente nobile ma contigua al verbo “gretino”, sulla tutela dell’ambiente (possibile alibi per chissà quali altre torsioni, future o imminenti).
    Quanto è lontana, da tutto questo, la remotissima America in cui un cantautore carismatico – con una semplice canzone di denuncia – poteva contribuire a restituire la libertà a un atleta finito in cella in quanto afroamericano, per un rigurgito tardivo di razzismo? A contendersi la Casa Bianca, all’epoca, erano Gerald Ford e Jimmy Carter. Oggi il mondo sa che l’inquilino di Pennsylvania Avenue è un anziano diroccato e forse mentalmente presente solo a intermittenza. Un ometto debolissimo, piazzato su quella poltrona da maneggi informatici scandalosamente enormi, su cui le autorità giudiziarie non hanno mai voluto fare piena luce. Un presidente facente funzioni, interamente manovrato da altri, cui oggi tocca misurarsi – in mezzo a gaffe ormai leggendarie – con un personaggio come Vladimir Putin, tra praterie di missili puntati. Il vecchio film, la guerra, sembra un fantasma che ritorna, un vampiro inestinto: solo che stavolta il cittadino medio non riesce ad afferrarne neppure il sapore più superficiale, preso com’è da tutti gli altri assilli che, da due anni, lo inchiodano al baratro di precarietà nel quale la vita di tutti è letteralmente precipitata, in Occidente.
    Lo stesso Bob Dylan, in pieno terrore pandemico (marzo 2020) ha voluto mettere l’accento sul “murder most foul”, il più disgustoso degli omicidi – quello di John Fitzgerald Kennedy – come sciagurato evento-chiave della seconda parte del secolo, conclusosi davvero solo l’11 settembre 2001 con la sua coda di orrori: l’Iraq e l’Afghanistan, le bombe al fosforo sui civili di Falluja e su quelli di Gaza, Obama e le altre carneficine “regionali” (dalla Libia alla Siria), i tagliagole dell’Isis in azione in Medio Oriente e nelle capitali europee. E’ durata pochissimo, la ricreazione, perché sulla scena ha fatto irruzione il coronavirus-chimera di Wuhan: la globalizzazione della schiavitù psicologica e non solo, con il suo corredo di strumentazioni distopiche. Il “false prophet” dell’ultimo Dylan è uno scheletro che brandisce una siringa, suonando alla porta di casa come per consegnare un regalo ben impacchettato. Nel disco (“Rough and rowdy ways”) manca solo l’estremo omaggio, il corollario: la schedatura definitiva mediante pass vaccinale, e senza neppure la cortesia di un vero vaccino.
    Il mistero più fitto continua ad aleggiare sui sieri genici C-19: graziosamente, in prima battuta, Pfizer aveva provato a sostenere che sarebbe stato possibile rivelare la loro reale composizione soltanto fra 70 anni. Nel frattempo, le agenzie europee della farmacovigilanza parlano di oltre 30.000 morti sospette e 3 milioni di persone finite nei guai dopo l’inoculo: sembra il bilancio di una guerra, non certo quello di una campagna vaccinale. Nonostante ciò, probabilmente, sfugge la vera ragione che motiva i renitenti, che sono milioni: a farli desistere dal subire l’iniezione è essenzialmente l’atteggiamento ricattatorio di un potere che si è macchiato di un crimine gravissimo, rifiutandosi ostinatamente di approntare terapie efficaci, sollecitamente segnalate dai medici. Questo, si immagina, ha contribuito a causare la morte di migliaia di persone: pazienti non curati, lasciati a casa a marcire da soli in modo da poter poi essere ricoverati, gonfiando in tal modo i numeri televisivi dell’emergenza. Dovrebbe essere intuitivo comprendere il “no” di tanti italiani: com’è possibile accettare di ottenere una sorta di libertà condizionata, a patto di sottoporsi al Tso, se questo è imposto da autorità tanto inaffidabili e pericolosamente sleali?
    Il caso italiano fa scuola: se è vero che l’uragano psico-politico-sanitario si è abbattuto essenzialmente sull’Occidente, è vero anche che nessun altro paese ha dovuto vivere i supplizi inflitti all’Italia, in termini di vessazioni e distorsioni dell’ordinamento democratico. Perfettamente speculare anche l’acquiescenza della maggioranza dei cittadini-sudditi, ormai rassegnati a subire qualsiasi arbitrio, da parte della voce del padrone (non importa quale). Mentre gli altri paesi occidentali si stanno scrollando di dosso la dittatura sanitaria, nella patria del potere vaticano si usa ancora obbedir tacendo: il governo prolunga oltremisura le restrizioni e ritarda in modo esasperante le cosiddette riaperture, con l’aggravante del Tso esteso in modo pressoché generalizzato. Le discriminazioni sono diventate persecutorie, varcando la soglia degli uffici pubblici, di molti negozi, persino degli sportelli bancari e delle Poste. Questo, per ora, è lo spettacolo offerto da Mario Draghi, destinato a entrare nella storia: esattamente come il Britannia e la svendita del paese negli anni ‘90, come il “whatever it takes” concesso solo dopo la morte civile della Grecia e la capitolazione di Italia e Spagna.
    Un vero statista, ovviamente, avrebbe innanzitutto messo mano al problema numero uno: lo ha fatto Boris Johnson, nel Regno Unito, fungendo da apripista per svariati paesi, dalla Spagna alla Danimarca. La Francia annuncia la fine del Green Pass entro marzo? Niente paura: il bis-ministro Speranza (in quota alla Fabian Society, che gli italiani non conoscono) va avanti imperterrito con lo squallore settimanale delle Regioni “colorate”, come se davvero fossimo in presenza di un’emergenza ospedaliera. La verità è tristissima: qualcuno, lassù, ha deciso che l’Italia dovesse essere l’area-test per il nuovo ordine sanitario. Le major ordinarono a Obama di procedere, e Renzi rispose: scelsero l’Italia, come paese-cavia per gli obblighi vaccinali, conoscendone il ventre molle (politico) e la solidità dello storico tutore che risiede Oltretevere, il network tentacolare che traffica anche coi cinesi, coi vaccini e coi tamponi. A proposito: non è certo uno scherzo, smontare da un giorno all’altro l’albero della cuccagna. Chiunque ci provasse, va da sé, forse potrebbe anche temere persino per la sua incolumità fisica. Non a caso si è stranamente affollato, il cimitero degli scienziati che avevano osato sdrammatizzare il problema, offrendo soluzioni tempestive e convincenti.
    Dopo aver bellamente elevato a sistema l’esercizio del ricatto, oggi il signor Draghi – a un anno dall’intronazione – può ben fregiarsi del titolo di grande demolitore: come se fosse sempre lui, il fondo, il vero detentore della specialità rottamatoria. Ci aspetta una crisi socio-economica dai risvolti potenzialmente spaventosi? Ovvio: per un anno intero, il governo (in questo, identico al precedente) ha letteralmente sventrato interi settori vitali, dal commercio al turismo, passando per la scuola, i trasporti, la cultura, lo spettacolo. Come da copione, fa notare qualcuno: l’inferno dei tanti è il paradiso dei pochissimi, quelli che infatti orchestrano la sinfonia di Davos. Non andrà tutto bene? Già. Ma non andrà completamente in porto, a quanto a pare, neppure la conversione definitivamente “cinese” della latitudine occidentale: il grande caos è agitato dallo scontro, sotterraneo e non, di possenti forze contrarie. Se la catastrofe è grandiosamente globale, comunque, l’Italia riesce a brillare di luce propria: nessun altro paese ha usato così bene il Covid per terremotare il proprio tessuto socio-economico.
    Tornano alla mente i tempi (oscuri, ma non quanto l’attuale) dei tentati golpe e delle stragi nelle piazze: poteri sovrastanti, che manovrano silenziosamente. Il target non è cambiato: l’Italia, gli italiani. A cui lo show offre le prodezze di Sanremo e le carezze che il gesuita Bergoglio dispensa a Greta Thunberg, la ragazzina davanti a cui si genuflette Draghi insieme al ministro Cingolani. Mala tempora: tanti connazionali, ormai, si sentono già esodati: e infatti stanno programmando l’espatrio, verso lidi meno inospitali. Chi può permetterselo, sta seriamente pensando di lasciare il paese: tale è il disgusto che provocano le sue autorità politiche, ma anche la deprimente sottomissione della maggioranza ostile e buia, annichilita dalla paura e fuoriviata dalla disinformazione di regime. Perché proprio l’Italia? Perché proprio l’erede dell’impero che Ottaviano Augusto volle far discendere dal troiano Enea, cioè dalla Creta dei Minosse che la mitologia dipinge come atlantidea? Perché proprio l’Italia, dominata per quasi due millenni dal medesimo potere confessionale, retrivo e oscurantista?
    Qualcuno intanto si diverte, amaramente, a constatare la strettissima osservanza vaticana delle massime cariche istituzionali: gli inquilini di Palazzo Chigi e del Quirinale, più il neo-presidente della Corte Costituzionale (altro personaggio, Giuliano Amato, rimasto nel cuore degli italiani). Ecco, appunto: gli italiani. Forse sono proprio loro, che mancano all’appello. Dove sono? Facile: eccoli là, in fila per il tampone. Fino a quando? Il palazzo comincia a parlare di allentamenti primaverili: ma chi si fida più, di quelle lingue biforcute? Se lo stanno godendo appieno, il grande spettacolo della schiavizzazione strisciante: in fila per tre, con la brava mascherina sulla faccia. Medici, psicologi e sociologi si esercitano in previsioni apocalittiche: parlano di danni, fisici e mentali, incalcolabili. Sembrano gli effetti di un immane esperimento sulfureo: scoprire fino a che punto si può “trasformare un uomo in un topo”. In Italia, ovviamente. Come sempre.
    (Giorgio Cattaneo, 12 febbraio 2022).

    “To live in a land where justice is a game” (Bob Dylan, “Hurricane”, 1976). Non si può che morire di vergogna, per il fatto di vivere in una terra dove, ormai, la giustizia è un gioco. E dove “they try to turn a man into a mouse”, provano a trasformare l’essere umano in topo: non Rubin Carter, il famoso pugile finito in carcere, ma proprio tutti. Il rumore di ceppi e catene si è fatto assordante, lungo i meandri stucchevoli nella neolingua sanitaria che pretende di assoggettare i cervelli e i corpi, sottendendo la fine – sostanziale – di uno Stato di diritto che invece esiste ancora, e per il momento arma la mano di centinaia di avvocati combattivi. Sopravvive tuttora la Costituzione entrata in vigore nel 1948, benché amputata brutalmente una decina d’anni fa con l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio. Una Carta ora ritoccata anche con l’ambigua indicazione, teoricamente nobile ma contigua al verbo “gretino”, sulla tutela dell’ambiente (possibile alibi per chissà quali altre torsioni, future o imminenti).

  • Uomini e topi: si può immaginare qualcosa di più sordido?

    Scritto il 25/11/21 • nella Categoria: idee • (1)

    Si può immaginare qualcosa di più sordido, in un paese occidentale, dell’impudenza con cui il tecno-burocrate più pericoloso d’Europa finge di intervenire in materia sanitaria al solo scopo di ottenere la sottomissione dei sudditi, dopo essersi rifiutato – letteralmente – di adottare misure essenziali per la protezione della popolazione, raccomandate da centinaia di medici? Caduti anche gli ultimi veli della grande finzione politico-pandemica, il punto dirimente – la scandalosa, perdurante rinuncia ad adottare opportuni protocolli terapeutici domiciliari, per un’affezione normalmente curabile da casa – mette a nudo il reale intento del potere internazionale che sta utilizzando l’Italia come cavia e come battistrada. Obiettivo: provare ad archiviare quel che resta della democrazia liberale, in Occidente, con le sue Costituzioni antifasciste, come quella italiana, messa a guardia di uno Stato di diritto che, nella sostanza, sembra non esistere quasi più.
    L’oltraggiosa, ipocrita narrazione incarnata dal tecno-bankster di ieri propone un orizzonte sterilizzato e disanimato, un’economia della disciplina destinata a bestiame d’allevamento, sottoposto alle condizionalità “cinesi” della buona condotta: attraverso la forzata digitalizzazione a punteggio resa tendenzialmente permanente, alcuni ex cittadini saranno “più uguali” degli altri. A stroncare il dissenso silenziando la verità provvedono i grandi media, che paiono tornati ai fasti dell’Ancien Régime (i tempi d’oro del crimine indisturbato, quando si poteva dire impunemente che “la mafia non esiste”). In tanti hanno atteso – vanamente, finora – un sussulto, dalla parte della magistratura, o almeno uno scatto di dignità proveniente dal fronte della politica. Nulla di tutto ciò. Al contrario: si tessono trame per portare al Quirinale proprio l’uomo che ha infine commissariato apertamente il paese, per conto di poteri che gli italiani non conoscono. La partita è planetaria, costellata di bluff e doppi giochi. Ma gli italiani – ora lo vedono – sono soli.
    Sono soli gli insegnanti che finora avevano resistito all’imposizione mendace, spacciata per salvifica. Sono soli i militari e gli agenti delle forze dell’ordine, a loro volta – uno su cinque, si calcola – decisi a non subire quella che interpretano come una violazione abusiva, probabilmente anche rischiosa, ma soprattutto inaccettabile perché palesemente inutile. Sono soli tutti gli altri italiani, tutte le altre categorie professionali: capiscono che i prossimi saranno loro, a dover subire il ricatto. Solo un cieco potrebbe non vedere quello che sta accadendo: i sieri genici sperimentali, acquistati a tonnellate, non hanno alcuna efficacia nel tutelare il corpo umano dall’affezione che ha letteralmente ipnotizzato l’Occidente dalla primavera 2020. Non solo: uno sguardo alla geografia rivela come gli attuali guai sanitari – “pandemici” e non – investano proprio le aree dove più largamente è stata imposta la profilassi genica, cioè l’Europa e il Nord America (con l’eccezione degli Stati “trumpiani”, come Texas e Florida, dove la somministrazone dei sieri è stata irrisoria).
    Mentre il filosofo e politologo Massimo Cacciari esprime il suo radicale dissenso, di fronte alla deriva civile e giuridica in corso, un’economista come Ilaria Bifarini – autrice del saggio “Il Grande Reset” – oggi arriva a interrogarsi sulla possibile, vera natura (recondita, inconfessabile) dell’ostinazione autoritaria nel voler infliggere – a tutti, prima o poi – il fatidico inoculo del siero genico: non sarà – si domanda – che possa avere un qualche fondamento, il timore avanzato da chi parla apertamente di “depopolamento” della componente occidentale della popolazione mondiale, magari attraverso una campagna (mascherata) di vera e propria sterilizzazione di massa, visto l’incomprensibile ricorso al trattamento genico anche per i bambini? Di nuovo: la carta geografica rivela come il disastro “virale” stia letteralmente travolgendo paesi come Israele e persino l’enclave di Gibilterra, dove i “vaccinati” sono il 100%.
    Per contro, dal problema sembrano sostanzialmente escluse vaste aree del mondo: i paesi arabi, l’India e molte aree dell’Asia, lo stesso Giappone, l’intera Africa, buona parte della Cina e persino la Russia (il boom di “contagi” dichiarati, di cui parla la stampa nostrana, in realtà è relativo quasi solo all’estrema Siberia; e il caso di Mosca, cioè l’enfatizzazione dell’emergenza, deriverebbe essenzialmente dal ruolo politico del sindaco della capitale, ostile a Putin – che finora si è opposto al paradigma “pandemico”, cinese e occidentale, al quale sono invece allineati la Casa Bianca e i leader europei). In altre parole: il dramma – fondato sulla non-politica sanitaria e sulla rinuncia alle terapie precoci – investe proprio i paesi sottoposti a tappeto alla campagna genica di massa. Nel mirino, quindi, anche l’Australia e la Nuova Zelanda, anch’esse abitate dall’“uomo bianco occidentale”, vera e propria vittima sacrificale – a quanto pare – del delirio inarrestabile a cui stiamo assistendo.
    A fare da bersaglio sono i paesi avanzati, industriali, in cui i media – sfidando il ridicolo – usano ancora il termine “immunizzazione” come sinonimo di “vaccinazione”, sempre fingendo di non sapere che quelli in distribuzione non sono affatto vaccini, non immunizzano proprio nessuno e però vengono proposti come unica soluzione possibile per prevenire una patologia facilmente risolvibile con farmaci ordinari. E’ proprio lo scempio della verità a far temere il peggio, da parte dei più pessimisti: molti analisti affermano ormai di sentirsi in pericolo, vedendo violate le loro residue prerogative democratiche. Libertà e diritti? Tranquillamente calpestati, per decreto, sulla scorta di una spudorata menzogna. Una narrazione ormai totalitaria e divisiva, aggressiva, minacciosa, che oggi – in Italia – diventa formalmente intimidatoria, per bocca dell’oligarca sistemato a Palazzo Chigi con il mandato (visibile) di applicare alla lettera le disposizioni dell’Unione Europea per mettere fine alla diversità socio-economica italiana.
    Chi non manca di parlare di “eterogenesi fini” noterà che proprio l’aggressività autoritaria del governo-fantasma sta aprendo gli occhi a milioni di italiani: le ultimissime restrizioni sfornate dal Consiglio dei Ministri potrebbero anche essere interpretate come un gesto quasi disperato, da parte di un potere frustrato dalla tenace resistenza di vasti strati della popolazione, regolarmente criminalizzati e insultati dai media. Non si tratta solo dei tantissimi renitenti all’inoculo: rabbia e amarezza animano anche chi non perdona, al governo, di aver imposto misure alle quali ci si è piegati contro la propria volontà. Misure considerate arbitrarie, potenzialmente pericolose e – soprattutto – completamente inutili, sul piano sanitario, inflitte ignorando colpevolmente le altre misure (utili, essenziali, fondamentali) raccomandate dai medici che, a partire dal 2020, hanno regolarmente guarito – da casa – decine di migliaia di cittadini colpiti dall’affezione influenzale che sembra essersi impossessata del mondo occidentale.
    Al netto degli ipocondriaci e degli ingenui, qualcuno riesce a non vedere – nell’introduzione di restrizioni presentate per l’ennesima volta come solo temporanee – l’instaurazione di una sorta di regime, fondato sul controllo assoluto dei comportamenti e sulla fine sostanziale delle libertà democratiche, con buona pace degli amatissimi diritti umani? Sembrano quasi umoristiche, le motivazioni addotte dal prestigiosissimo primo ministro: scongiurare nuovi lockdown, evitare di far collassare un’altra volta l’economia. Un romanzo come “Uomini e topi”, capolavoro letterario del comunista americano John Steinbeck, potrebbe offrire spunti universali: a che serve lavorare come topi (cinesi), se in cambio occorre smettere di vivere come liberi essere uomini? Interrogativi drastici, ormai diffusissimi: fin dove si arriva, lungo la strada che nel Novecento fu lastricata di lugubri dittature?
    La sensazione è quella di essere di fronte a un cambio epocale di civiltà: uomini e topi non possono più coesistere come prima, alla pari, neppure volendolo. Gli scienziati la chiamerebbero “speciazione”: è il divorzio evolutivo che, a un certo punto, separa il prima dal dopo. Qualcosa di profondamente antropologico e forse irreversibile: l’atto d’imperio comporta l’obbligo di accettarlo o meno. L’aspetto probabilmente più sinistro, in questa immane tragedia, è l’ostinata rimozione della verità: a una intera comunità, in altre parole, non si può chiedere di entrare in un’altra dimensione, se questa è fondata sulla più vile e spregevole falsificazione dei fatti. Passeranno certamente alla storia, i falsificatori: non saranno dimenticati. E se ora stringono il cappio attorno al collo di milioni di persone per salvare, come sostengono, il sacro fatturato natalizio, la cosa migliore che si possa fare – replicano alcuni resistenti – è proprio l’astensione: dal lavoro e dai consumi. Sarebbe un atto squisitamente politico e anche morale, da parte degli esseri umani: far sapere che non intendono lasciarsi trasformare in topi.
    (Giorgio Cattaneo, 25 novembre 2021).

    Si può immaginare qualcosa di più sordido, in un paese occidentale, dell’impudenza con cui il tecno-burocrate più pericoloso d’Europa finge di intervenire in materia sanitaria al solo scopo di ottenere la sottomissione dei sudditi, dopo essersi rifiutato – letteralmente – di adottare misure essenziali per la protezione della popolazione, raccomandate da centinaia di medici? Caduti anche gli ultimi veli della grande finzione politico-pandemica, il punto dirimente – la scandalosa, perdurante rinuncia a varare opportuni protocolli terapeutici domiciliari, per un’affezione normalmente curabile da casa – mette a nudo il reale intento del potere internazionale che sta utilizzando l’Italia come cavia e come battistrada. Obiettivo: provare ad archiviare quel che resta della democrazia liberale, in Occidente, con le sue Costituzioni antifasciste, come quella italiana, messa a guardia di uno Stato di diritto che, nella sostanza, sembra non esistere quasi più.

  • Venere al Quirinale: la grande lezione di Nandra Schilirò

    Scritto il 15/11/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Da una parte un potere che sembra impazzito di paura, al punto da togliere la parola ai cittadini nelle piazze, e dall’altra una donna che lo fronteggia. Una donna che parla del Vangelo della Maddalena e del Graal gnostico, tra rose e gigli e sciarpe rosa, davanti a decine di migliaia di donne accorse da tutta Italia a piazzale Michelangelo, il belvedere che domina la Firenze dei Medici con la sua Primavera del Botticelli e la Nascita di Venere. In tanti si sono cimentati nel ricamare amenità esegetiche nel tentativo di scoprire “cosa c’è dietro” il fenomeno Schilirò – l’ombra dei Rosacroce, di qualche divinità indiana – senza peraltro peritarsi di esprimere umana solidarietà, prima ancora che civile sostegno, a un alto funzionario della polizia di Stato messo da parte come una sorta di intruso imbarazzante. Una carriera-lampo, quella dell’avvocato Nunzia Alessandra Schilirò, vicequestore aggiunto di Roma fino al momento del fatale discorso dal palco di piazza San Giovanni contro l’infame Green Pass, il lasciapassare di cui il mondo democratico si vergogna, domandandosi cosa mai stia avvenendo, davvero, nell’Italia di Draghi e Bergoglio.
    Una funzionaria modello, “Nandra” Schilirò: pluri-premiata sul lavoro e dalla società civile, regolarmente spedita in televisione a illustrare tanti casi brillantemente risolti. Una scrittrice, anche: il suo romanzo “La ragazza con la rotella in più”, edito da ByoBlu, stava già in cima alle classifiche, ben prima dei recenti clamori della cronaca. Silenzio, da parte di tanti opinion maker, di fronte allo scandaloso ostracismo che ha colpito il valoroso commissario-donna, insolentito dai cani da guardia del regime e, per buon peso, messo pure alla berlina – come “gatekeeper in gonnella” – dalle menti più creative del nostrano complottismo ruspante. Sta diventando una valanga, il tam-tam tutto femminile che diffonde l’atto di consapevolezza promosso dalla manifestazione “Venere Vincerà”, ridicolmente ostacolata persino dal black-out delle telecomunicazioni. Boicottaggio riuscito: niente diretta video, per la manifestazione, in una città dove si è arrivati persino a blindare il Battistero del Duomo rendendo inaccessibile la Porta del Paradiso, meta di recenti meeting di preghiera.
    Sul “Corriere della Sera”, le solite grandi firme televisive si sono esercitate a insultare Robert Kennedy, trattando come un mentecatto il nipote di Jfk: come si permette di venire a Milano a spiegarci come dovremmo vivere? Ma la grande paura era concentrata su Firenze, cioè su “Nandra” Schilirò, nei panni simbolici che rinviano a un eventuale archetipo: quello della donna (madre) che smette di avere paura e quindi osa levarsi in piedi contro il Reame del Terrore che ha sostituito il vero con il falso e la scienza con la frode, in ossequio al dogma marmoreo che sta provando a strangolare il pianeta intero, come se avesse i minuti contati e fosse imminente il finimondo. Mentre i passacarte che siedono al governo e in Parlamento non pensano ad altro che al prossimo inquilino del Quirinale, Nunzia Alessandra Schilirò pensa ai bambini di 5 anni, che la Menzogna Ufficiale ha ora messo nel mirino, nell’ultimo disperato giro di valzer di un film dell’orrore che sembra non avere fine. Ecco il punto: sta a noi, soltanto a noi, scrivere i titoli di coda. Come? Restando a casa: adesso. Non ci volete più, nel vostro mondo? Bene: non ci avrete. Ecco perché inquieta tanto, la giovane donna che insegna a uscire dal tunnel della paura, dalla fabbrica nazionale dell’ignoranza e dell’odio.

    Da una parte un potere che sembra impazzito di paura, al punto da togliere la parola ai cittadini nelle piazze, e dall’altra una donna che lo fronteggia. Una donna che parla del Vangelo della Maddalena e del Graal gnostico, tra rose e gigli e sciarpe rosa, davanti a decine di migliaia di donne accorse da tutta Italia a piazzale Michelangelo, il belvedere che domina la Firenze dei Medici con la sua Primavera del Botticelli e la Nascita di Venere. In tanti si sono cimentati nel ricamare amenità esegetiche nel tentativo di scoprire “cosa c’è dietro” il fenomeno Schilirò – l’ombra dei Rosacroce, di qualche divinità indiana – senza peraltro peritarsi di esprimere umana solidarietà, prima ancora che civile sostegno, a un alto funzionario della polizia di Stato messo da parte come una sorta di intruso imbarazzante. Una carriera-lampo, quella dell’avvocato Nunzia Alessandra Schilirò, vicequestore aggiunto di Roma fino al momento del fatale discorso dal palco di piazza San Giovanni contro l’infame Green Pass, il lasciapassare di cui il mondo democratico si vergogna, domandandosi cosa mai stia avvenendo, davvero, nell’Italia di Draghi e Bergoglio.

  • Bifarini: lockdown climatici, ora siamo davvero in pericolo

    Scritto il 09/10/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Nel Grande Reset siamo arrivati a una fase successiva, rispetto a quella sanitaria. Siamo entrati dentro una nuova narrazione. Quella sanitaria, basata sul terrore costante della malattia, della morte, va avanti ormai da circa 20 mesi, nonostante abbia raggiunto enormi risultati, inaspettati. Pensiamo che è stato istituito un Green Pass, un lasciapassare di Stato, quindi è stata legittimata la discriminazione, l’apartheid di Stato. Sono stati sdoganati concetti che mai avremmo pensato che sarebbero stati accettati dalla popolazione, come appunto questa discriminazione senza precedenti nella nostra storia moderna, se non nei tempui bui del secolo scorso. Pensiamo alla telemedicina, al telelavoro, alla teledidattica; la narrativa pandemica ha raggiunto enormi risultati, e ora è pronta alla seconda fase: ad alimentarsi di nuove paure e di nuove crisi.
    Nel mentre, la narrazione del terrore sanitario non sparirà completamente; continuerà e si intreccerà con delle nuove emergenze: inedite, finora, anche se in realtà prospettate da lungo periodo. Va avanti, intanto, questa vaccinazione di massa, che ha raggiunto risultati molto importanti. La narrazione dell’emergenza pandemica, ripeto, non sparirà del tutto: si andrà dileguando, affievolendo, per lasciare il posto a queste nuove narrazioni del terrore; però ce la ritroveremo sempre, a mio parere, come sottofondo, o comunque come qualcosa che si potrebbe ripresentare di volta in volta. Ormai è stata instillata una psicosi di massa, una forma ossessiva per cui siamo tutti potenzialmente untori, malati e a rischio di virus (che in realtà sono sempre esistiti, nella storia dell’uomo). Ma improvvisamente si è deciso quasi di chiudere l’uomo dentro una campana di vetro per impedirgli qualsiasi contatto.
    Abbiamo dovuto rinunciare alla stretta di mano, ma anche al sorriso: è quasi impossibile avere uno scambio con un’altra persona senza poter guardare il suo volto. Pensiamo ai bambini: ne vediamo tantissimi che hanno la mascherina, e magari – indotti dai genitori – pensano che sia qualcosa di divertente, come un gioco; invece è qualcosa che verrà interiorizzato, nella loro psiche, e avrà ripercussioni sulle loro relazioni e sulla loro formazione. Venti mesi sono lunghissimi: pensiamo anche alle persone che continuano a girare con la mascherina in luoghi dove non c’è nessun rischio di contagio. Ci sono forme psicotiche di “evitamento sociale” che si sono accentuate. Ma questa psicosi verrà continuamente alimentata e riproposta: ci sono stati diversi annunci, molto chiari, per cui siamo entrati in un’Era Pandemica.
    Ci sono già delle previsioni come quella della Spars 2025-2028, quindi una nuova pandemia; inoltre c’è tutto il business della vaccinazione, che ormai si è innescato e di certo non si può fermare. E ora, come dicevo, stiamo passando da un lockdown di tipo sanitario a possibili lockdown di altra natura: ci sarà sempre il sottofondo dell’allarme sanitario, ma ci stiamo dirigendo verso una nuova narrativa. E’ la narrativa della crisi, del terrorismo (alimentato dal mainstream) sulla questione climatica. Abbiamo già visto come, dal punto di vista delle materie prime e delle risorse energetiche, ci troviamo di fronte a una crisi: sono già aumentati in modo notevole i prezzi di gas e carbone, sono aumentati (a causa dell’inasprimento dei nuovi standard) i costi per le emissioni di CO2 per le attività industriali. E questo sta creando una crisi, in ambito energetico, che potrebbe essere davvero esplosiva, tale da creare un effetto-domino su tutta l’economia.
    Abbiamo già le prime avvisaglie in Cina, dove il governo sta pianificando lockdown energetici. Alcune città cinesi, inizialmente quelle dell’Est ma poi anche città come Pechino e Shangai, sono state lasciate – volutamente – senza luce, senza illuminazione, senza elettricità. Addirittura hanno chiuso persino le fabbriche, e quindi questo sta creando una serie di ripercussioni a livello economico e di esportazioni, con ricadute su tutta la filiera di approvvigionamento e sull’intera economia mondiale, che tanto dipende dalla Cina. Situazioni analoghe si stanno vivendo e materializzando anche in Germania: un video che circola sul web, diffuso dalla Tv tedesca, mostra una donna anziana che si trova a dover fronteggiare un blackout energetico, trovando un metodo per riscaldarsi riunendo anche i vicini di casa. Queste sono proprio le fasi preparative a quelle che potranno essere le nuove emergenze.
    Lockdown energetici: se ne parla anche in Italia. Un quotidiano come “La Stampa” sta aprendo le cosiddette Finestre di Overton: ha fatto già dei titoli che ipotizzano un Natale senza luce, un inverno a lume di candela. E questo è davvero qualcosa di inquietante, che potrebbe materializzarsi quanto prima. Tutto per una crisi energetica che ha alla base una questione climatica, proprio perché sono stati inaspriti gli standard per le quote di emissioni di CO2: l’obiettivo è la neutralità, ossia “zero emissioni” (sono gli obiettivi della famosa Agenda 2030). Non è solo un impegno dell’Unione Europea: in realtà è un’agenda mondiale, condivisa. Possiamo far risalire la sua pianificazione al Club di Roma, che produsse quello che possiamo considerare un documento-chiave per interpretare la natura del Grande Reset. Sto parlando del famoso studio, pubblicato nel 1972, sui “limiti dello sviluppo”.
    Lo studio fu poi demandato al Mit (il Massachusetts Institute of Technology di Boston) per uno studio molto dettagliato e scrupoloso per determinare quali sarebbero i limiti dello sviluppo. Quello studio del 1972, di circa 200 pagine, è diventato un bestseller tradotto in trenta lingue e venduto in 12 milioni di copie, in tutto il mondo. Se ne è discusso tantissimo, da parte dell’opinione pubblica: per la prima volta, quello studio dichiara come, proseguendo con l’attuale modello di sviluppo economico e demografico (quello di allora, perlomeno), l’umanità sarebbe destinata al collasso entro il XXI Secolo. Viene quindi applicato un modello matematico di tipo informatico, che ricorre allo strumento delle simulazioni. La sintesi è netta: se non riducono tutte le variabili che interagiscono tra loro (ossia: la crescita della popolazione mondiale, la crescita economica e l’inquinamento), si arriverà a una catastrofe irrimediabile, alla quale l’uomo non saprà far fronte.
    Quindi viene auspicata una decrescita della popolazione, considerata fuori controllo già allora (1972), quando la popolazione mondiale era circa la metà di quella odierna. Sempre secondo quello studio, la crescita della popolazione avrebbe per forza comportato una crescita dell’inquinamento, e dunque un collasso del sistema naturale. Dopo vent’anni quello studio è stato aggiornato: vengono ribaditi i concetti principali e si dichiara che i parametri sono stati addirittura superati. Quindi inizia un’escalation di appelli e l’introduzione di misure sempre più orientate a contenere il riscaldamento clinmatico, che diventa il tema dei temi, l’obiettivo principale di tutti i consessi internazionali e dei gruppi di potere, a discapito di una tutela dell’ambiente e della riduzione dell’inquinamento (che potremmo tutti condividere). E invece: il riscaldamento climatico e il contenimento della popolazione mondiale diventano le priorità ineludibili.
    Abbiamo visto come, in Europa, questo approccio malthusiano abbia effettivamente portato, soprattutto in paesi come l’Italia, a una decrescita della popolazione. Occorre tempo, perché si abbiano i risultati di questa pianificazione, ma ora siamo davvero giunti a una fase di denatalità. Addirittura abbiamo avuto anche l’avviso dell’Istat, una sorta di “spoiler”: l’istituto di statistica ci ha appena detto che l’Italia è un paese da 32 milioni di abitanti. E l’obiettivo è proprio questo: raggiungere uno stato in cui l’uomo è visto come un essere che inquina, come ha detto lo stesso ministro Cingolani; dato che l’uomo ha un’impronta ecologica, la popolazione mondiale deve essere contenuta, così come il modello di crescita non può più continuare a seguire il corso dello sviluppo che ha seguito finora.
    Lo stesso Club di Roma auspica quella che definisce “una rivoluzione copernicana delle menti”. In altre parole, la progettazione del Grande Reset di oggi risale in qualche modo a cinquant’anni fa. Quello studio del 1972 è stato una linea-guida. Pensiamo che il Club di Roma fu fondato da Aurelio Peccei, già amministratore delegato della Olivetti, la cui Fondazione pare che abbia finanziato poi la Casaleggio. Pensiamo anche che quello studio fu commissionato e pagato dalla Volkswagen, poi coinvolta nello scandalo del “Dieselgate”. Se si legge quel documento, vi si ritrovano i concetti (e anche le espressioni) che sono alla base della nuova narrazione dominante: cioè questo senso di urgenza, la tesi secondo cui ogni anno perso è quasi un crimine contro l’umanità. Gli autori esortano ad adottare un cambio radicale di mentalità, investendo tutta l’opinione pubblica.
    E solo attraverso la consapevolezza della gravità di quello che starebbe per accadere si potrà raggiungere l’obiettivo. Solo allora le persone potranno agire di conseguenza. Quindi aleggia continuamente questo spettro di una catastrofe imminente, che può essere scongiurata soltanto con un cambio radicale, drastico, e che richiede sacrifici, da parte dell’umanità. Vediamo quindi che la narrazione è la stessa, rispetto a quella proposta oggi. Poi ci sono anche frange di fanatici dell’ecologismo, che addirittura auspicherebbero un ritorno al livello pre-industriale della popolazione. C’è anche chi auspica che la stessa Inghilerra torni a 2 milioni di abitanti: sono eco-totalitaristi, eco-nazisti a tutti gli effetti.
    Nei giorni scorsi, abbiamo visto Draghi e Cingolani interagire con Greta Thunberg quasi con deferenza. Greta non è certamente una scienziata né una super-esperta in materia: è lampante tutta l’ipocrisia e il carattere contradditorio di questa narrativa. Si dice che Greta soffra di disturbi dello spettro autistico, che tendono a produrre comportamenti ripetitivi e stereotipati. Non a caso, vediamo come questa ragazza si esprima per slogan, con un’esasperazione che le è stata indotta, inculcata, di cui probabilmente non si rende nemmeno conto. Ma gli slogan che lei ripete sono, appunto, quelli del Club di Roma, che poi hanno improntato tutte le ricerche e tutte le politiche successive. Ossia: “La casa sta andando in fiamme, siamo di fronte a un disastro; voi non fate nulla di concreto, è ora di agire, non c’è più tempo”.
    Sono slogan che fanno presa, sulle masse. E quindi, cinicamente: quale migliore interprete, di una ragazzina che soffre di questo disturbo, e che quindi probabilmente non si renderà mai conto di essere stata manipolata? Quella della narrazione di Greta è una retorica così consunta da lasciare stupefatti, nel vedere come invece continui a far presa sull’opinione pubblica. Non a caso, alla ragazzina svedese con la sindrome di Asperger (che la rende indifesa e quindi inattaccabile: sarebbe un tabù offendere una ragazzina che ha problemi comportamentali) è stata ora affiancata l’altra icona, Vanessa, la ragazza di colore che viene dall’Africa. Quindi abbiamo tutti gli stereotipi della retorica inclusivista: si predica l’equità e, per raggiungerla – ci dice sempre il Club di Roma – occorre eliminare l’ostacolo della crescita demografica. E’ davvero una narrazione stucchevole, piena di melassa.
    La deferenza di Draghi e Cingolani non è nei confronti di Greta, ma – chiaramente – nei confronti del piano di cui lei è una chiara espressione, una marionetta (credo anche ignara: Greta è un puro prodotto mediatico). La deferenza è verso questo piano: che è ben preciso e si sta sviluppando ormai concretamente. La catastrofe preannunciata dovrebbe avverarsi entro il XXI Secolo: per cui non abbiamo più tempo, secondo i cosiddetti filantropi e secondo le menti di questo Green Reset. Di fatto, l’obiettivo è quello: avere una società con un nuovo modello, che sia di decrescita (infelice, più che felice). Una decrescita economica e anche demografica, tutta improntata al contenimento del riscaldamento climatico, che la scienza mainstream oggi imputa all’azione antropica.
    Tacitati gli scienzati che contestano questa tesi, e nonostante il fatto che l’aumento della temperatura terrestre sia minimo, tutto sarà improntato alla narrazione del controllo del riscaldamento climatico. Tutta un’economia verrà trasformata, e i rapporti umani subiranno una svolta verso una digitalizzazione, considerata più “green”. Ma allo stesso tempo, e qui si chiude il cerchio, la digitalizzazione – dei rapporti umani, dell’economia, della moneta, della sanità (con la telemedicina), della didattica, delle nostre identità (con l’identità digitale) – ci mette sempre di più in pericolo. Ai lockdown sanitari potranno aggiungersi blackout energetici, lockdown climatici e (come abbiamo appena visto) blackout informatici. Riguardo a questi ultimi, gli episodi divenuti sempre più frequenti: nei mesi scorsi il caso di SolarWinds (un’azienda americana di software), poi Colonial Pipeline (azienda petrolifera, sempre Usa), quindi il caso della Regione Lazio, e ora il blackout di Facebook. La popolazione mondiale, ormai assuefatta all’uso di Internet e dei social, viene messa davanti alla sua fragilità: da un momento all’altro, tutto ciò potrebbe venir meno.
    Dobbiamo stare attenti: al di là del fatto che probabilmente non sapremo mai il motivo alla base delle 6 ore di sospensione di Facebook, non dobbiamo cadere nelle strumentalizzazioni del mainstream stesso; perché c’è chi afferma che, senza la Rete, saremmo tutti più sereni. Non è così, ovviamente: proprio grazie all’utilizzo dei social, infatti, abbiamo potuto costruire delle reti, limitando il dominio monopolistico del mainstream. Ora il web subisce la censura, che prima non era presente: e anche la censura dei social fa parte del Grande Reset. E’ detto in modo esplicito: i social hanno un ruolo importante, nella limitazione delle famigerate “fake news”; quindi, la sospensione di Internet e della libera informazione è un obiettivo dichiarato. Pensiamo anche al momento in cui saremo tutti digitalizzati, e tutto dipenderà da Internet e dalla nostra connessione; ogni cosa: la nostra identità digitale, la nostra stessa moneta.
    Ecco, pensiamo a un caso di blackout: arriverebbe a disconnettere l’uomo stesso, che in questo nuovo corso (di Reset totale) diventa un’entità digitale che può essere accesa o spenta secondo una programmazione – che può essere spacciata per incidente o può essere un incidente effettivo (non lo sapremo mai, di fatto). Però ci troviamo sempre nell’ambito delle profezie auto-avveranti. E non a caso che a luglio ci sta stata la simulazione del Cyber Polygon 2021, aperta dallo stesso Klaus Schwab, che ha detto: «Occorre vaccinare anche Internet, perché un evento pandemico informatico potrebbe far sembrare il Covid una sciocchezza». Quindi, cerchiamo di andare oltre le apparenze. Purtroppo, abbiamo visto – a nostre spese – che tutta la narrazione del mainstream è sempre mendace e ingannevole.
    (Ilaria Bifarini, dichiarazioni rilasciate a Carlo Savegnago sul canale YouTube “Il Vaso di Pandora” il 7 ottobre 2021. Economista, Bifarini è autrice del bestseller “Il Grande Reset”. «La vorticosa velocità dei cambiamenti oggi in atto – dice Savegnago – non ci lascia il tempo di pensare, e quindi di capire cosa sta davvero avvenendo»).

    Nel Grande Reset siamo arrivati a una fase successiva, rispetto a quella sanitaria. Siamo entrati dentro una nuova narrazione. Quella sanitaria, basata sul terrore costante della malattia, della morte, va avanti ormai da circa 20 mesi, nonostante abbia raggiunto enormi risultati, inaspettati. Pensiamo che è stato istituito un Green Pass, un lasciapassare di Stato, quindi è stata legittimata la discriminazione, l’apartheid di Stato. Sono stati sdoganati concetti che mai avremmo pensato che sarebbero stati accettati dalla popolazione, come appunto questa discriminazione senza precedenti nella nostra storia moderna, se non nei tempi bui del secolo scorso. Pensiamo alla telemedicina, al telelavoro, alla teledidattica; la narrativa pandemica ha raggiunto enormi risultati, e ora è pronta alla seconda fase: ad alimentarsi di nuove paure e di nuove crisi.

  • Magaldi: l’orrido Green Pass e lo spettro del lockdown-bis

    Scritto il 05/8/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Invitare a non vaccinarsi equivale a un invito a morire: perché, se non ti vaccini, muori. Non è l’uscita estemporanea di un cabarettista, o di un demente conclamato. Anche perché il “demente” in questo caso, risponderebbe al nome di Mario Draghi. Uno scivolone o un’oscura minaccia? Pochi giorni dopo, è seguita la strana morte del dottor Giuseppe De Donno, uomo-simbolo della risposta medica al Covid, mediante adeguata terapia. L’avvocato Paolo Franceschetti, coraggioso dietrologo e autore del saggio “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa”, accende una spia sulla seconda ipotesi, la peggiore: i supermassoni come Draghi sono abituati a pesarle, le parole; sicché, quell’infelice uscita potrebbe anche suonare come una sorta di “avvertimento”? Nel mirino, secondo Franceschetti, potrebbe finire chiunque (medico, scienziato di fama) dovesse battersi contro il delirio dell’obbligo vaccinale, che si vorrebbe imporre – di fatto – attraverso la trappola del Green Pass, fondata sul ricatto e la discriminazione sociale.
    Niente affatto: quella di Draghi è stata semplicemente una disastrosa gaffe. Lo sostiene Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” e leader del Movimento Roosevelt. Dopo aver svelato l’esistenza del network mondiale delle superlogge, rappresentate come livello superiore di potere (non piramidale ma conflittuale, lacerato nello scontro perenne tra reazionari e libertari), Magaldi – a capo del Grande Oriente Democratico, collegato al circuito dei supermassoni “progressisti” – spezza una lancia a favore dell’ex banchiere centrale, che (non da oggi) avrebbe abbandonato i vecchi sodali dell’ordoliberismo per approdare tra le fila del fronte massonico internazionale che ieri si opponeva al rigore di bilancio, e oggi all’Operazione Corona. Sintetizza Magaldi, ai microfoni di “Border Nights”: lo scopo del piano psico-terroristico mondiale che ha paralizzato l’Occidente non è mai stato il “depopolamento” del pianeta, ma semmai un brutale, mostruoso test per verificare fino a che punto si sarebbe spinta l’obbedienza (cieca) di masse spaventate da una presunta pandemia, in nome della quale sospendere diritti e libertà.
    Magaldi conferma la sua scommessa su Draghi: siede a Palazzo Chigi – dice – essenzialmente con un obiettivo, e cioè rimettere in piedi l’Italia sul piano economico. Ed è proprio a questo, sostiene Magaldi, che serve il maldestro, inaccettabile Green Pass: nella testa di Draghi, quantomeno, il “lasciapassare” avrebbe la funzione di evitare, nelle prossime settimane, l’ennesimo lockdown, che il premier vuole scongiurare ad ogni costo. Il suo primo obiettivo, oggi, è quello di resistere alle micidiali pressioni cui sarebbe sottoposto, anche da segmenti del suo stesso esecutivo. Chi sono? Veri e propri terminali italiani del grande potere oligarchico mondiale, quello che s’è inventato l’Ue dei diktat (al posto di una vera Unione Europea) dopo aver affidato al sistema-Cina il ruolo di rottamatore della democrazia occidentale, sull’onda di un boom economico che sarebbe stato ampliamente gonfiato da regole truccate, industriali e commerciali.
    In altre parole: persino l’osceno Green Pass sarebbe un estremo tentativo di limitare i danni, cioè le chiusure indiscriminate motivate dal consueto terrorismo sanitario, in vista della presunta crescita dei contagi grazie all’ennesima, inevitabile “variante” di un ipotetico virus che, come ora ammesso anche dagli Usa, non è mai stato neppure isolato in laboratorio. A rendere ancora meno credibile l’esistenza clinica del SarsCov2 sono gli stessi tamponi rinofaringei, che rappresentano il business del secolo: sottoposto ad “amplificazioni” folli (e sconsigliatissime, dagli inventori del test), il campione biologico “pesca” tracce molecolari di virus precedenti, che poi vengono classificati “coronavirus” senza alcun controllo scientifico. Del resto, ormai, tutto sembra follia: gli stessi contagi (chiamati “casi”, e quasi tutti asintomatici) vengono ancora considerati il problema, anziché la soluzione, che è l’immunità di gregge; ed è ovvio che sono proprio le profilassi geniche sperimentali (ridicolmente chiamate “vaccini”) a prolungare all’infinito la vita del virus influenzale, che aggira fisiologicamente gli ostacoli evolvendo attraverso progressive mutazioni, che danno luogo alle cosiddette varianti.
    Ultra-scandaloso, quindi, il perdurante silenzio istituzionale sulle normali cure che annullanno la pericolosità (molto modesta) dell’anomala sindrome influenzale esplosa già nel 2019: è ormai noto che a finire all’ospedale siano state migliaia di persone non curate, abbandonate per giorni nelle loro case senza una visita medica né un farmaco appropriato. Nonostante ciò, neppure il governo Draghi osa mettere in discussione il criminale paradigma sanitario che ha prodotto la strage di massa, falcidiando gli ultra-ottantenni già alle prese con gravi patologie. E dopo i tamponi falocchi, si è passati – inesorabilmente, come anticipato dal “profeta” Massimo Mazzucco – ai non-vaccini genici, di fatto imposti come unica soluzione possibile, di fronte a un problema trasformato in incubo dal sistema politico-mediatico occidentale. La situazione (politica, non sanitaria) è così grave – sembra dire Magaldi – che neppure Draghi, candidatosi a far uscire l’Italia dal coma – è in grado di porre fine al tragico imbroglio, dovendo puntare intanto a tenere in piedi il paese, imponendosi su chi vorrebbe richiuderlo.
    Può non piacere, l’indigesta lucidità dell’analisi di Magaldi, comunque coerente con la narrazione offerta in questi anni: siamo stati per decenni alla mercé di poteri occulti che non hanno esitato a demolire le Torri Gemelle, pur di inaugurare un ininterrotto film dell’orrore che ha messo in scena guerre e stragi, carneficine planaterie e spaventose pantomime come quelle dell’Isis. E’ lo stesso potere che, solo nel 2018, sbarrava la strada a Paolo Savona e negava al governo gialloverde un pur minimo incremento del deficit. E’ il potere che, con Conte – avallato anche da Bergoglio – agli italiani ha imposto il lockdown “cinese” e poi addirittura una pazzia come il coprifuoco. A chi denuncia come un supremo pericolo la presenza a Palazzo Chigi del Grande Tecnocrate, l’uomo del Gruppo dei Trenta fondato dai Rockefeller, il “rooseveltiano” Magaldi (che denunciò apertamente Draghi, insieme a Napolitano, per il funesto avvento di Monti nel 2011) oggi ricorda che Letta, Renzi e Gentiloni non fecero altro che eseguire i dettami della stessa agenda montiana, che il libro “Massoni” descrive come opera di supermassoni determinati a schiacciare il nostro paese.
    E’ un fatto: a Palazzo Chigi non siedono più i soliti maggiordomi, alla Conte. A dirigere il ponte di comando c’è un peso massimo del potere mondiale: uno che, le regole, è abituato a dettarle. E’ davvero lì per cambiarle da cima a fondo, come auspica (e crede) Magaldi, arrivando a incidere – domani – su una possibile riforma finalmente democratica della stessa governance Ue? Se questa è la posta in gioco, si possono comprendere – non giustificare – i tatticismi sanitari che, nella scacchiera del potere, lasciano ancora al suo posto persino un rinomato spaventapasseri come il ministro della sanità. Certo, stavolta la maxi-bomba sganciata non si è limitata ai tremila morti delle Twin Towers, alle vittime irachene e siriane, al martirio europeo della Grecia. Stavolta la biopolitica maneggiata nelle officine di Davos punta dritto al cuore dell’Occidente, provando a trasformare in un pallido ricordo le conquiste democratiche del Novecento. Scatta la caccia all’uomo: il Green Pass inaugura potenzialmente una forma di apartheid, da parte di un regime che continua a non fare nulla per curare i malati. Il che obbliga i non-dormienti a prendere posizione, ora e per sempre, accanto ai tanti medici coraggiosi che non hanno mai tradito il Giuramento di Ippocrate.
    Corsi e ricorsi: qualsiasi potere, nell’imporre misure impopolari, evoca sempre un pericolo peggiore. Teoria e pratica del Male Minore: quella che finora, dall’inizio della psico-sciagura chiamata Covid, ha preteso il suicidio socio-economico in cambio di chissà quale beneficio futuro, utilizzando una narrazione follemente bugiarda. Quella narrazione è ancora pienamente al governo del paese: chi si batte per la verità viene ignorato, oscurato, emarginato e perseguitato. Fioriscono i complottismi, anche quelli più fantasiosi? E’ il minimo che ci si possa aspettare, se l’establishment garantisce un tasso di sincerità che si aggira attorno allo zero. Lo stesso Mario Draghi pensa di poter continuare a fingere di credere alla Grande Menzogna (non certo inventata da lui) per avere il tempo di rianimare l’Italia, costringendo Francia e Germania a cambiare spartito, in Europa? Se è un calcolo preciso, resta da vedere quanto sarà indovinato. Nel frattempo, diverrà evidente anche il bilancio della lesione sociale indotta dalla prolungata rinuncia alla conquista della verità: ormai, almeno un italiano su tre a diffida dell’ennesimo commissariamento, che Draghi ha il “merito” di rendere drammaticamente evidente.

    Invitare a non vaccinarsi equivale a un invito a morire: perché, se non ti vaccini, muori. Non è l’uscita estemporanea di un cabarettista, o di un demente conclamato. Anche perché il “demente” in questo caso, risponderebbe al nome di Mario Draghi. Uno scivolone o un’oscura minaccia? Pochi giorni dopo, è seguita la strana morte del dottor Giuseppe De Donno, uomo-simbolo della risposta medica al Covid, mediante adeguata terapia. L’avvocato Paolo Franceschetti, coraggioso dietrologo e autore del saggio “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa”, accende una spia sulla seconda ipotesi, la peggiore: i supermassoni come Draghi sono abituati a pesarle, le parole; sicché, quell’infelice uscita potrebbe anche suonare come una sorta di “avvertimento”? Nel mirino, secondo Franceschetti, potrebbe finire chiunque (medico, scienziato di fama) dovesse battersi contro il delirio dell’obbligo vaccinale, che si vorrebbe imporre – di fatto – attraverso la trappola del Green Pass, fondata sul ricatto e la discriminazione sociale.

  • Addio Italia: se siamo all’apartheid, la democrazia è finita

    Scritto il 23/7/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    E’ semplice: basta cedere su un punto cruciale (la verità) e la rovina sarà garantita. La verità omessa è questa: il Covid è curabilissimo, da casa. La menzogna: il “vaccino” (che vaccino non è) resta l’unica soluzione. Falso: la terapia genica sperimentale introdotta nel 2021, che mai sarebbe stata autorizzata se si fosse ammessa l’esistenza delle normali terapie, non solo non riduce affatto i contagi, che di per sé oltretutto non significano nulla; il “non-vaccino” è anche la corda con cui impiccare quel che resta della democrazia italiana. Addio giustizia, diritti, libertà, privacy. Addio economia, addio socialità. Addio cinema e teatro, addio bar e ristoranti. Addio Italia. Imperdonabile, la scelta di Mario Draghi: puntare tutto solo sul “non-vaccino”, trascurando in modo sciagurato le terapie. L’associazione medica “Ippocrate” ha appena presentato il suo bilancio, dopo 60.000 pazienti Covid curati e guariti da casa: nessun ricovero, nessuna vittima. Lo scandalo: l’Italia non ha ancora adottato un protocollo come quello di “Ippocrate”.

  • Trump, battaglia contro la censura universale del regime

    Scritto il 09/7/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Donald Trump sembra quasi patetico, nell’annunciare la sua guerra legale contro Facebook, Twitter e Google. Naturalmente ha ragione da vendere: dai grandi social è stato escluso in modo pazzesco, completamente arbitrario, mentre era ancora in carica come presidente degli Stati Uniti. Twitter lo ha bannato a vita, Facebook fino al 2023. Tutto questo, mentre il voto postale (adottatato in massa grazie al panico da Covid) e le macchine di Dominion Voting Systems provvedevano a conteggiare magicamente le schede per la “vittoria” di Joe Biden, l’uomo che all’ultimo G7 ha annunciato un’epocale “rivoluzione” nella tassazione delle multinazionali, incluse le Big Tech. E’ così punitiva, la riforma fiscale verso i padroni del web, che le grandi major festeggiano: hanno scoperto che, in Europa, pagherebbero ancora meno tasse (il dovuto sarà molto inferiore all’Ires richiesta alle Pmi italiane, spiega il “Fatto Quotidiano”, che rileva come l’economista francese Thomas Piketty definisca «scandaloso» l’accordo emerso dal G7, strombazzato come un successo).
    La situazione appare decisamente comica: il potere atlantico, che spedisce navi da guerra del Mar Nero per infastidire la “democratura” di Putin, cui imputa orribili violazioni dei diritti umani, è lo stesso che pratica la tortura a Guantanamo, tiene in carcere Julian Assange e permette che venga silenziato – come in un qualsiasi regime dittatoriale – il politico che, secondo oltre metà degli elettori statunitensi (si vedano i sondaggi Gallup) è stato vittima di inaudite frodi elettorali, nell’autunno 2020. Brogli così vasti da determinare lo “scippo” delle presidenziali? Lo affermano le prove prodotte dalla difesa di Trump, ma mai valutate nel merito: le autorità giudiziarie (Corte Suprema) si sono finora rifiutate di analizzare il materiale, opponendo un diniego motivato da ragioni solo formali e procedurali, non sostanziali, dunque non basate sull’analisi della documentazione fornita dai legali di Trump. E dall’alto di questa incresciosa mortificazione della democrazia, senza la piena legittimità che solo la trasparenza conferisce, l’establishment di Washington assiste alla protesta legale di Trump contro la censura di cui è vittima, agendo come un qualsiasi privato cittadino.
    Se il Circo Biden e le Big Tech sono “più uguali” degli altri, come il Napoleone della Fattoria degli Animali, resta il fatto che Donald Trump è decisamente “meno uguale” di loro: tutta la stampa italiana ripete infatti che l’ex presidente è stato silenziato per le sue “istigazioni all’odio e alla violenza”, oltre che per le “false accuse sui brogli elettorali” e per “l’invito ad assaltare il Campidoglio”. Qualcuno se ne può davvero stupire, nel Meraviglioso Mondo del Covid in cui si ignorano le terapie per sdoganare i “vaccini genici” con procedura d’emergenza, operazione resa possibile solo fingendo che non esistessero cure? Idem per la Green Card e per la Terribile Variante Delta, grazie a cui già si incolpano gli incorreggibili non-vaccinati, compresi gli insegnanti, in un paese che minaccia di “stanare” i renitenti, casa per casa, dopo aver imposto un abuso come l’obbligo, per i sanitari, di sottoporsi all’inoculo delle terapie geniche sperimentali spacciate per “vaccino”. Trump si lamenta per essere stato oscurato? Sui social lo sono tutti, se appena si toccano certi temi. E meno male che siamo in democrazia: liberi di dire tutto quel che si vuole, tranne che la verità.

    Donald Trump sembra quasi patetico, nell’annunciare la sua guerra legale contro Facebook, Twitter e Google. Naturalmente ha ragione da vendere: dai grandi social è stato escluso in modo pazzesco, completamente arbitrario, mentre era ancora in carica come presidente degli Stati Uniti. Twitter lo ha bannato a vita, Facebook fino al 2023. Tutto questo mentre, grazie anche al voto postale (adottato in massa sfruttando il panico da Covid), le macchinette di Dominion Voting Systems provvedevano a conteggiare magicamente le schede per la “vittoria” di Joe Biden, l’uomo che all’ultimo G7 ha annunciato un’epocale “rivoluzione” nella tassazione delle multinazionali, incluse le Big Tech. E’ così punitiva, la riforma fiscale verso i padroni del web, che le grandi major festeggiano: hanno scoperto che, in Europa, pagherebbero ancora meno tasse (il dovuto sarebbe molto inferiore all’Ires richiesta alle Pmi italiane, spiega il “Fatto Quotidiano“, che rileva come l’economista francese Thomas Piketty abbia definito «scandaloso» l’accordo emerso dal G7, strombazzato come un successo).

  • Cabras: l’Occidente esalta i diritti ma perseguita Assange

    Scritto il 18/6/21 • nella Categoria: idee • (1)

    La prigionia e la libertà di JulianAssange costituiscono una questione cruciale del moderno Occidente. Quando Ernesto Balducci parlò dell’incontro dell’Europa con le popolazioni delle Americhe che c’erano prima di Colombo disse che «l’Uomo incontrò se stesso e non si riconobbe». Nacque cinque secoli fa una strana alienazione e doppiezza dell’Occidente, vero propulsore di meravigliose Carte dei diritti umani e capace nel contempo di perpetrare orribili genocidi. Anche oggi, con Assange, le libertà politiche occidentali incontrano se stesse e non si riconoscono. Il giornalismo occidentale incontra se stesso e non si riconosce. La giustizia democratica incontra se stessa e non si riconosce. Invece, riconoscere libertà politica, di parola, riconoscere la giustizia è ancora possibile. Da undici anni, Julian Assange è al centro di un caso diplomatico e giuridico. Nel 2006 aveva fondato il sito WikiLeaks con l’obiettivo di offrire uno spazio libero ai “whistleblower” disposti a pubblicare documenti sensibili e compromettenti, in forma anonima e senza la possibilità di essere rintracciati.
    Il sito ha fatto da palestra per il più efficace giornalismo investigativo degli ultimi anni, rivelando segreti e scandali, relativi, tra gli altri, a guerre, loschi affari commerciali, episodi di corruzione e di evasione fiscale. L’uomo che oggi langue da troppo tempo in una prigione britannica ha contribuito ad aumentare la consapevolezza di larghi strati della pubblica opinione mondiale rispetto a governi, uomini di potere, grandi lobby, reti di relazioni ed eventi, ben oltre la narrazione ufficiale. La sua Wikileaks ha consentito alla democrazia contemporanea di superare e mostrare i limiti del giornalismo tradizionale. Lasciare che Assange sia soggetto alle sue dure condizioni carcerarie è l’attentato definitivo – oltre che alla sua persona – al giornalismo investigativo, in un mondo che vede le leve dell’informazione in sempre meno mani. Avere invece un’informazione coraggiosa aiuta i parlamenti nel correggere i comportamenti opachi di vari governi.
    Parliamo di un dissidente che ha segnato a livello planetario un’epoca nuova nella tensione fra lo scrutinio democratico delle decisioni dei poteri di governo e la Ragion di Stato. La sua cattività pone un problema drammatico alla coscienza politica di tutto l’Occidente. Assange ha dato coraggio alla pratica del “whistleblowing” e dell’obiezione di coscienza, fino a farla riconoscere nelle leggi e nei codici etici a tutti i livelli. Niente retorica vuota sulla democrazia dal basso, Assange ha fatto una cosa pratica: un sistema che valorizzava il controllo dal basso e la democratizzazione dell’informazione nell’ambito di una rivoluzione tecnologica con un grande potenziale di liberazione per individui e popoli. La storia coraggiosissima di Julian Assange esige che sia riconosciuto il valore e il rango politico del suo attivismo, da sempre minacciato con ogni mezzo, che sia salvaguardata la sua incolumità, che non ci siano forzature politiche nelle procedure a cui sarà sottoposto.
    Si è fatto molti nemici, certo. Anche fra i giornalisti. Ce ne sono che si proclamano perfino difensori dei diritti umani. Ma, siccome una parte di loro li viola tutte le sere, privando la gente di una informazione decente, ovviamente non ama i disturbatori della quiete del Potere. C’è quello che condanna Assange dicendo che «gli Stati hanno bisogno delle loro zone d’ombra». C’è chi lo condanna perché ha rivelato segreti di Stato. C’è chi lo qualifica come agente di potenze nemiche. Chi afferma che è un «personaggio ambiguo». Assange non piace insomma a quella parte di giornalisti che non fanno tanto i giornalisti, quanto gli addetti alle pubbliche relazioni del Potere. Figuriamoci se possono assolverlo. Insomma, in troppi stanno zitti e lasciano che la minaccia colpisca tutti coloro che vorranno dire la verità. È normale che i governi e i potenti abbiano qualcosa da nascondere (che ci vuoi fare?); ma il compito dell’informazione, ineludibile, è quello di andare a scoprire i loro nascondigli e di rivelarli al pubblico, ai popoli. E se non lo fa, l’informazione, cessa di essere tale. Non è il momento di stare allineati e coperti.
    In oltre 15 anni, WikiLeaks ha diffuso più di 10 milioni di documenti classificati. Possiamo dire che ci sono 10 rivelazioni di Assange che hanno cambiato il modo di vedere il potere e li voglio elencare per inquadrare l’esatta dimensione di questa opera: gli archivi di Guantánamo; le notizie segrete sulle guerre e le torture, dall’Afghanistan e all’Iraq; i dispacci diplomatici dello scandalo Cablegate; i video sui civili bersagliati a Baghdad; i documenti dell’agenzia Stratfor sulla sorveglianza totale; le rivelazioni sui negoziati dei grandi accordi commerciali che diminuivano il peso delle democrazie a favore delle multinazionali; le magagne di tante e fortissime corporation dominanti; l’uso dello spionaggio globale come strumento geopolitico che ha diminuito la forza delle cancellerie europee; la messa a nudo del potere del clan dei Clinton e delle sue connessioni saudite; l’analisi spietata e dati alla mano dello strapotere del Big Tech nel determinare la morte della privacy per miliardi di individui.
    La mozione ricorda lo stato attuale delle condizioni di Assange. È una persecuzione contro una persona e una ritorsione contro il progetto WikiLeaks, ma rappresenta anche un brutto precedente per attivisti, giornalisti e “whistleblower” ovunque nel mondo. La sua detenzione – i cui presupposti erano già stati respinti nel 2015 dal Gruppo di lavoro dell’Onu sulla Detenzione Arbitraria e rivelatasi anche avvenire in condizioni gravosamente severe – nonché le eventualità di estradizione e persecuzione a vita negli Usa, sono uno scandalo denunciato dalle organizzazioni per i diritti umani. Nel novembre 2019 il relatore Onu sulla tortura ha dichiarato che Assange avrebbe dovuto essere rilasciato e la sua estradizione negata. Il Consiglio d’Europa ha fatto propria la dichiarazione. Nel dicembre 2020 lo stesso relatore Onu sulla tortura, oltre a rinnovare l’appello per l’immediata liberazione di Assange, ha chiesto, senza esito, che questi venisse almeno trasferito dal carcere ad un contesto di arresti domiciliari.
    Il 5 gennaio 2021 la giustizia britannica ha negato l’estradizione di Assange agli Stati Uniti per motivi di natura medica. Nonostante tutto, Assange è ancora detenuto in durissime condizioni nella prigione di Belmarsh. La mozione è semplice e impegna il governo a fare di tutto – anche in aderenza alle convenzioni internazionali e specificatamente alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – affinché le autorità britanniche garantiscano la protezione e l’incolumità di Julian Assange e non procedano alla sua estradizione. Questo significa, di fatto, riconoscergli lo status di rifugiato politico e la protezione internazionale. Sarà un contributo alla libertà in grado di trovare le giuste vie diplomatiche senza morire di troppa prudenza. Viva la libertà! Viva Julian Assange!
    (Pino Cabras, “Riconoscere a Julian Assange lo status di rifugiato politico”; intervento alla Camera il 14 giugno 2021. Stretto collaboratore di Giulietto Chiesa, eletto deputato nel 2018 con i 5 Stelle, Cabras è oggi esponente del movimento “L’Alternativa c’è”).

    La prigionia e la libertà di JulianAssange costituiscono una questione cruciale del moderno Occidente. Quando Ernesto Balducci parlò dell’incontro dell’Europa con le popolazioni delle Americhe che c’erano prima di Colombo disse che «l’Uomo incontrò se stesso e non si riconobbe». Nacque cinque secoli fa una strana alienazione e doppiezza dell’Occidente, vero propulsore di meravigliose Carte dei diritti umani e capace nel contempo di perpetrare orribili genocidi. Anche oggi, con Assange, le libertà politiche occidentali incontrano se stesse e non si riconoscono. Il giornalismo occidentale incontra se stesso e non si riconosce. La giustizia democratica incontra se stessa e non si riconosce. Invece, riconoscere libertà politica, di parola, riconoscere la giustizia è ancora possibile. Da undici anni, Julian Assange è al centro di un caso diplomatico e giuridico. Nel 2006 aveva fondato il sito WikiLeaks con l’obiettivo di offrire uno spazio libero ai “whistleblower” disposti a pubblicare documenti sensibili e compromettenti, in forma anonima e senza la possibilità di essere rintracciati.

  • Mafia, finanza e slot machines: l’ultimo scandalo italiano

    Scritto il 16/6/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Moralmente, non riesco più a esercitare questa professione. Sono stanco di essere considerato come un delinquente. Quello che mi pesa di più è che la gente ha ragione. Sono un dipendente dello Stato, costretto a queste regole ignobili. E se voglio continuare a fare questo lavoro, sono obbligato a essere il braccio armato di uno Stato criminale». L’uomo che parla – con viso coperto e voce travisata – è un noleggiatore di slot machines. Apre una video-denuncia realizzata da Claudio Testa, imprenditore del settore, che squarcia il velo sull’ultimo scandalo italiano, quello delle macchinette da gioco presenti nei bar e nelle tabacchierie: la guerra sporca contro la “ludopatia”, che ha portato alla chiusura delle sale gioco (sprangate a partire dal lockdown 2020) nasconde un disegno imbarazzante. Far crollare il settore privato legato ai “dispositivi da intrattenimento” (150.000 operatori coinvolti, oltre 100 miliardi di fatturato e 5 miliardi di tasse) avvantaggia intanto la criminalità organizzata. E soprattutto: spiana la strada alla grande finanza internazionale, pronta a fare un sol boccone dell’intero comparto.
    E’ la cronaca a parlare, coi numeri. Gamma Bidco, società controllata da fondi gestiti da Apollo Management IX – scrive “Finanza Report” – ha annunciato che Gamenet Group, controllata al 100% dalla società, ha concluso l’acquisizione del 100% della partecipazione detenuta da International Game Technology in Lottomatica Scommesse e Lottomatica Videolot Rete, tra gli operatori leader nel mercato italiano dell’online, delle scommesse sportive e delle “gaming machines”. «Con circa 1,6 miliardi di ricavi e 22 miliardi di raccolta nel 2019, la nuova Lottomatica diventa il primo player nel mercato regolamentato italiano del gioco». Attraverso Lottomatica, dunque, i finanziatori di Apollo (uno dei maggiori fondi d’investimento del pianeta) ereditano una base di clienti online di circa 800.000 giocatori, più una rete in franchising di 3.000 punti-scommesse. E questo, oltre a 1.400 sale giochi, 13.600 tabaccherie e bar, nonché 120 sale da gioco di proprietà. Dall’altra parte della strada, invece, il settore dei piccoli imprenditori sta morendo: strangolato da regole statali folli, che oltretutto depredano gli stessi giocatori, unici al mondo a essere spennati così tanto.
    «Sopra la gente lo Stato campa, sotto lo Stato la gente crepa», premette Claudio Testa, parafrasando un vecchio adagio popolare. Serve a lanciare un appello, “Io non apro”, che fa il verso a quello dei ristoratori oppressi dalle restrizioni-Covid. «Sono stato tra i promotori di “Io Apro”», chiarisce Testa, che spiega: «Un ristoratore poteva forzare la legge e tenere aperto nonostante i divieti, invece una sala gioco non può: per funzionare, deve avere i terminati collegati al sistema, che è statale. E quindi dico ai noleggiatori: non riaprite. Se non entra più un euro, in quelle macchinette, lo Stato sarà costretto a rinegoziare tutte le clausole, vergognose, che hanno portato il settore sull’orlo del collasso». Nel video, Claudio Testa propone immagini eloquenti, come quelle delle manifestazioni svoltesi a Roma e Milano lo scorso 12 febbraio, con 10.000 persone nelle piazze per chiedere di “liberare il gioco legale”. E’ lo stesso Nicola Porro a chiarire: «Aver bloccato il gioco legale non solo ha tolto 5 miliardi di introiti alle casse dello Stato, ma ha reso molto più forte il gioco illegale, gestito dalla mafia che campa sul gioco d’azzardo».
    Lo sottolinea anche Federico Cafiero de Rao, procuratore nazionale antimafia: «Giocare attraverso percorsi illegali significa sovvenzionare la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta», oltretutto derubando i giocatori: «In caso di vincita non si ha certezza di avere il risultato sperato». Sul tema insistono anche “Le Iene”, su Italia1: «Mentre le sale da gioco restano chiuse e 150.000 lavoratori fanno la fame, quelle illegali prosperano e la criminalità ringrazia». Ma se è così facile lucrare sul gioco illegale – sottolinea Claudio Testa – è perché, in Italia, le regole del “gioco lecito” sono semplicemente indecenti. Lo spiega benissimo “Achille”, l’operatore mascherato: «Ogni giocatore sa benissimo che, con gli apparecchi da intrattenimento, non si vince: difatti è un luogo comune definirli “macchinette mangiasoldi”». Attenzione: il problema è italiano. «Queste macchinette dovevano far divertire i giocatori, ma in Italia non l’hanno mai fatto. Gli apparecchi presenti in bar, tabaccherie, circoli e sale da gioco – identificati nell’articolo 110, comma 6, del Tulps (il Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) nacquero a condizione che restituissero una percentuale di vincita, a favore degli utilizzatori, non inferiore al 75% del “giocato”. Nel resto mondo, invece, la percentuale oscilla tra l’84 e il 96%».
    Capito? Siamo partiti con uno svantaggio che penalizzava i giocatori italiani, fino al 21% di differenziale. La quota-vincita doveva essere attorno al 90%, e invece era stata bloccata al 75%. Ma peggio: «Ora il gioco non paga oltre il 65%». E a chi va quel 35% non pagato al giocatore, ricavato abbassando le percentuali di vincita? «Non certo alla filiera del “gioco lecito”», assicura Testa. «E chi ha fatto le spese di questa scelta scellerata? Sempre e solo il povero giocatore». Il caso italiano è famigerato, nel mondo: per i produttori mondiali di questi apparecchi, spiega “Achille”, un margine di remunerazione delle vincite inferiore all’84% riduce o elimina definitivamente il carattere di intrattenimento (da un apparecchio che, invece, nasce proprio per intrattenere). E quando il “gioco lecito” non è più intrattenimento, diventa gioco d’azzardo. «E’ il governo», protesta in una piazza romana Antonia Campanella, «ad aver fatto sì che l’intrattenimento si trasformasse in gioco d’azzardo». Come? «Aumentando sempre di più i prelievi, la tassazione».
    «Siamo tassati sul “giocato”, siamo tassati sulle vincite: se un cliente vince deve lasciare il 20% allo Stato. E la beffa – aggiunge Antonia – è che il governo ha aumentato due volte la tassazione quando gli esercizi erano chiusi per il lockdown e le altre restrizioni introdotte con il Covid». Un sospetto fondato: «Probabilente questo gioco piace così tanto, al governo, che lo vuole prendere tutto per sé». Conferma, sempre a “Le Iene”, un rappresentante del Consorzio Noleggiatori Italiani: «Il 70-80% dell’introito degli apparecchi va nelle tasche dello Stato: lo stesso “reddito di cittadinanza”, in parte, è stato finanziato proprio dall’aumento della tassazione sui nostri apparecchi». Si domanda Claudio Testa: «Il legislatore era forse inconsapevole, fin dall’inizio, di imporre parametri ben diversi da quelli stabiliti nel resto del mondo?». Lo stesso “Achille”, il noleggiatore, gli ha confidato che i produttori mondiali di slot machines si sono rifiutati di tarare al 75% le vincite per le macchinette destinate all’Italia: «Sarebbe come chiedere alla Fiat di fabbricare auto senza i freni. Infatti in Italia non esistono produttori di slot, ma solo assemblatori».
    Poche voci, nel mondo della politica, sembrano pronte a pronuciarsi con franchezza su questa situazione: «Il governo vi disistima, ha un pregiudizio etico verso di voi», dice Andrea Ruggeri (Forza Italia) rivolto agli operatori scesi in piazza a Roma. Riassume la stessa Antonia Campanella: «Hanno fatto il Decreto Dignità e ci hanno calunniato in tutti i modi, come se fossimo il male assoluto». Il noleggiatore, l’esercente e l’operatore di sala – assicura Claudio Testa – vorrebbero un altro rapporto, con il giocatore. «Siamo stanchi di amministrare questo settore in questo modo», protesta “Achille”. «Gli apparecchi di intrattenimento sono diventati lo strumento di un disegno criminoso, che va a discapito (e non a tutela) dei giocatori». Ci rimettono anche gli operatori, aggiunge Testa, che illumina un altro dei lati oscuri di questa storia: quello creditizio. «Le banche – racconta – stanno stranamente chiudendo i conti correnti delle aziende che operano nel “gaming”. Ma così, le aziende non possono più versare il Preu (Prelievo Erariale Unico, oggi pari al 24% del giocato): e se all’erario non si versa il Preu, si incorre nel reato di peculato contro lo Stato». Come non chiamarla persecuzione?
    Uno degli stratagemmi perversi (ipocriti) utilizzati in questa “guerra sporca” contro le slot machines è la recente crociata contro la ludopatia, cioè la dipendenza dal gioco. «La dipendenza – sintetizza la psichiatra Sarah Viola – è la sostituzione della relazione con l’altro con un oggetto. Qualsiasi oggetto: alcol, droghe, sesso, shopping, device elettronici, gioco». Protesta Claudio Testa: «Se vogliamo davvero contrastare la ludopatia, perché non combattiamo tutti gli altri giochi, tipo “gratta e vinci” e Superenalotto? E a proposito: perché non indaghiamo anche sulle percentuali di vincita dei “gratta e vinci”? Forse non lo sapete, ma oggi sono intorno al 35%». La beffa è dimostrata, sostiene Claudio: «Comprando un blocco di “gratta e vinci” da 500 euro, un tempo si vincevano 400-420 euro. Oggi, acquistando lo stesso blocco da 500 euro, il “gratta e vinci” restituisce mediamente 120-130 euro. E non è ludopatia anche quella del “gratta e vinci”?». Ancora: «Perché combattere la ludopatia ma non le altre dipendenze come l’alcol, il fumo, lo shopping compulsivo, i device elettronici?».
    Ricapitolando: anche invocando la guerra contro la ludopatia, lo Stato picchia duro proprio sulle slot machines, dopo il massacro sociale dei lockdown e proprio adesso un colosso finanziario come Apollo si getta su Lottomatica, o meglio su un settore che sembra ormai decotto, alla frutta. Perché spendere un miliardo per comprarsi tutto il settore Vlt e Slot di Lottomatica? «Questi potentissimi investitori hanno “capito” che gestire direttamente un business da 103 miliardi di euro, che rende il 35%, potrebbe risultare un buon affare: piatto ricco, mi ci ficco». Piatto ancora più ricco se, per inciso, venissero eliminati gli attuali intermediari: cioè l’intera filiera italiana del settore (esercenti, noleggiatori, operatori di sala). Domanda: a questo serve lo sforzo attuale di portarli verso la chiusura? «Per raggiungere questo obiettivo, i fondi d’investimento potrebbero chiedere l’appoggio di presidenti di Regione e politici vari, anche sindaci, che magari alla fine “spunterebbero” qualcosa per questa loro collaborazione: vi pare inverosimile?».
    «E come potrebbero partecipare, alla demolizione della filiera, questi amministratori pubblici?» Semplice, secondo Testa: «Inventandosi la “lotta alla ludopatia”, naturalmente solo quella indotta delle slot machines, presentata come problema sanitario e dunque di competenza delle amministrazioni regionali e locali». La psichiatra sembra confortare questa ipotesi: «A far scattare la dipendenza è proprio l’assenza dell’oggetto del desiderio, la sua disponibilità non immediata», dice Sarah Viola. «Più allontani il soggetto dall’oggetto da cui dipende, più il desiderio aumenta. Più frapponi ostacoli tra il soggetto e l’oggetto della sua dipendenza, più il desiderio cresce. E’ chiaro, dunque, che proibire non fa altro che aumentare la dipendenza». Sarà anche per questo che, in posti come il Lazio – si domanda Claudio Testa – si sono inventati il Distanziometro? «Entro il 30 agosto 2021, tutti gli esercizi con “slot” dislocati nel raggio di 500 metri da “luoghi sensibili” (chiese, scuole, case di cura) dovranno chiudere». Da un’indagine Eurispes apprendiamo che, in pratica, «significa costringere alla chiusura il 97,8% degli esercizi con apparecchi da intrattenimento».
    Protesta Claudio Testa, esasperato: «Che senso ha, dopo 14 mesi di chiusura, riaprire (forse) a giugno, per poi chiudere definitivamente ad agosto?». Vero, si parla di una eventuale proroga di 12 mesi: «Ma varrebbe come l’ultima sigaretta concessa al condannato a morte: l’effimero piacere che però non annulla il fatale esito finale». E inoltre: «Che senso ha chiudere il Lazio quando puoi andare a giocare in Umbria, in Toscana, in Abruzzo, in Campania? Vogliamo incentivare il turismo ludico?». La verità è che gli operatori del settore «sono considerati una nullità: neppure inseriti nella road map delle riaperture». E dunque «perché continuare a uccidere l’economia di intere famiglie, per conto di una organizzazione – foss’anche lo Stato – che umilia e ignora questi lavoratori?». E non dimentichiamolo: «Chi ha deciso di trasformare il divertimento in gioco d’azzardo, abbassando le percentuali di vincita? Il legislatore, il Monopolio di Stato, i politici. Non certo il concessionario, il noleggiatore, l’esercente, l’operatore di sala».
    Le conseguenze della stretta sulle slot machines sono scontate e drammatiche: «Se le sale slot legali rimangono chiuse, poi restano aperte quelle in cui le macchinette non sono collegate al sistema di controllo dei Monopoli di Stato. E quindi, se il software è modificato e i giocatori perdono più del dovuto, non se ne accorgono e vengono letteralmente spennati. Certo, sull’apparecchio c’è il marchio “Gioco Legale e Responsabile”: ma la macchinetta è scollegata». A proposito, si domanda Claudio Testa: quanto è “responsabile” abbassare i parametri di vincita, al punto da trasformare un apparecchio di intrattenimento in uno strumento da gioco d’azzardo? Poi ovviamente «i gestori illegali eludono le tasse, staccando le loro macchine dalla rete dei Monopoli». Ma come valutarli, se concedessero maggiori possibilità di vincita? Sarebbero meno scorretti dello Stato? E’ evidente che si rasenta la follia, in una situazione in cui giocatori e operatori sono «vessati, discriminati, offesi, umiliati, depredati e istigati a compiere una reazione compulsiva». Con il più i rischi sociali legati alla situazione attuale: «Con la crisi, e quindi le difficoltà economiche per tante famiglie, il gioco d’azzardo aumenta sempre».
    Come uscirne? Facendo sciopero, propone il promotore di “Io non apro”: i noleggiatori avrebbero il potere di interrompere la catena. Claudio Testa chiede una trattativa per rinegoziare tutto: da cesinare i parametri e le regolamentazioni imposte a un settore colpito da limitazioni al limite del persecutorio, tramite leggi nazionali, regionali e norme a volte solo comunali, mirate a colpire solo e sempre una parte della filiera, quella delle slot machines. «Se i noleggiatori incrociassero le braccia, tutto il business passerebbe nelle mani della criminalità organizzata: a quel punto, se lo Stato non intervenisse, avremmo la prova del fatto che è connivente». Insiste Testa: «Noleggiatori ed esercenti non vogliono più che i giocatori si rovinino, per colpa di queste logiche imposte dal sistema. Vogliono più vincite per i giocatori, quindi più divertimento, più denaro giocato, più consumazioni per i bar. E meno dipendenza, quindi meno costi sanitari per lo Stato, meno drammi familiari, minor interesse nel settore da parte della criminalità e di quegli investitori speculativi, inclusi gli amministratori locali che vorebbero entrare a far parte anche loro del grande business del “gioco lecito”».
    Nel video, pubblicato su YouTube e anche sul canale Telegram @ioNONaproGiocoLecito, Claudio Testa pretende il risarcimento totale dei danni finora subiti con le chiusure: «Non vogliamo i “ristori”, che sono elemosine, ma veri e propri indennizzi, secondo la regola assicurativa del “danno emergente e lucro cessante”. E dato che il profitto è cessato per colpa di decisioni del governo, ora è il governo a dover risarcire interamente i danni che ha procurato». Un appello: «Cari noleggiatori: interrompere la vostra attività dimostrerà la vostra ferma intenzione di mettere fine a questa “azione a delinquere” per conto del sistema. E se poi lo Stato subentrerà con forme di gestione diretta, allora si capirà chi è il vero “criminale”». Per dirla con lo slogan di “Io non apro”: “Gioco lecito, game over”. Ovvero: «Stop alla criminalità, alla ludopatia, alla discriminazione, e sì all’intrattenimento». Claudio Testa fa sul serio: «Da questo momento il Re è nudo», dice. «La dea bendata, stavolta, vuole aprire gli occhi».

    «Moralmente, non riesco più a esercitare questa professione. Sono stanco di essere considerato come un delinquente. Quello che mi pesa di più è che la gente ha ragione. Sono un dipendente dello Stato, costretto a queste regole ignobili. E se voglio continuare a fare questo lavoro, sono obbligato a essere il braccio armato di uno Stato criminale». L’uomo che parla – con viso coperto e voce travisata – è un noleggiatore di slot machines. Apre una video-denuncia realizzata da Claudio Testa, imprenditore del settore, che squarcia il velo sull’ultimo scandalo italiano, quello delle macchinette da gioco presenti nei bar e nelle tabacchierie: la guerra sporca contro la “ludopatia”, che ha portato alla chiusura delle sale gioco (sprangate a partire dal lockdown 2020) nasconde un disegno imbarazzante. Far crollare il settore privato legato ai “dispositivi da intrattenimento” (150.000 operatori coinvolti, oltre 100 miliardi di fatturato e 5 miliardi di tasse) avvantaggia intanto la criminalità organizzata. E soprattutto: spiana la strada alla grande finanza internazionale, pronta a fare un sol boccone dell’intero comparto.

  • Aborti e commercio di feti, vescovi Usa accusano Biden

    Scritto il 28/5/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Il Vaticano difende Joe Biden contro le proteste avanzate dall’arcivescovo di San Francisco, Salvator Cordileone, e dall’arcivescovo del Kansas, Joseph Neumann, in relazione alle posizioni pro-aborto della coppia Biden-Harris». A incendiare la polemica non è solo il tema etico (pro o contro l’interruzione di gravidanza), ma il vero e proprio «traffico di feti, smembrati mentre sono ancora vivi», che rappresenterebbe una pagina oscura dietro al business farmaceutico: pagina che il Texas ha appena deciso di chiudere per sempre. Ne parla Roberto Mazzoni in un ampio video-reportage sulla controversia che sta dividendo i cattolici americani, turbati dalla “disinvoltura abortista” di Biden, formalmente cattolico, e della sua vice Kamala Harris, protetta da Barack Obama. Secondo Mazzoni, giornalista stanziato in Florida e autore di ottimi servizi dagli Usa durante le presidenziali 2020, molti vescovi americani si starebbero rendendo conto del fatto che non sia stata felice la scelta di puntare su Biden, secondo presidente cattolico nella storia statunitense dopo John Fitzgerald Kennedy.
    Per essendo stato appoggiato dal Vaticano, e indirettamente anche dai vescovi Usa con una lettera inviata a tutti gli elettori, «Biden sta dando seguito a una serie di politiche che renderanno obbligatorio l’aborto finanziato dallo Stato anche in strutture gestite da cattolici». Ad aprire le danze, ricorda Mazzoni, è stato il 20 gennaio il cardinale di Los Angeles, José Horacio Gomez, presidente della Cei statunitense: «Il nostro nuovo presidente ha promesso di sostenere certe politiche che favorirebbero la diffusione di malignità morali e che minacciano la vita a la dignità umana, in modo più grave nell’area dell’aborto, della contraccezione, del matrimonio e del gender», aggiungendo: «E’ una grande preoccupazione per la libertà della Chiesa e per la libertà dei fedeli di vivere secondo la propria coscienza». Una dichiarazione all’acqua di rose, dice Mazzoni, rispetto a quella del commentatore cattolico Rodney Pelletier: «Joe Biden e Kamala Harris hanno dimostrato un impegno senza sosta verso l’infanticidio e verso la distruzione della famiglia, costringendo le persone a tradire le proprie coscienze per sostenere la cosiddetta ideologia transgender».
    L’arcivescovo di Chicago, cardinale Blase Cupich, aveva già censurato il commento di Gomez classificandolo come «mal concepito» e pubblicato «senza una consultazione collegiale interna, che è la prassi consueta per dichiarazioni che rappresentano i vescovi». Roberto Mazzoni osserva che il cardinale Cupich «si è autonominato portavoce negli Usa per il Papa». Il polemico antiabortista Gomez aveva ventilato l’idea che i vescovi scrivessero a Biden per invitarlo ad astenersi dal ricevere la comunione, aggiunge Mazzoni, ma l’iniziativa è stata bloccata dal cardinale Luis Francisco Ladaria, “prefetto” dei gesuiti. «Sarebbe fuorviante – ha scritto Ladaria – se una tale dichiarazione desse l’impressione che l’aborto e l’eutanasia costituiscano da soli le uniche questioni gravi dell’insegnamento morale e sociale cattolico che richiedono l’intervento della Chiesa», precisando: «Ogni affermazione della conferenza episcopale relativa ai leader politici cattolici dovrebbe essere contestualizzata nella più ampia cornice della dignità di ricevere la comunione da parte di tutti i fedeli, anziché da parte della sola categoria dei politici».
    Chiaro: non ci sarà nessuna “scomunica”. E i vescovi disposti ad accettare le posizioni “cattolicamente incompatibili” di Biden – scrive Mazzoni – sono pronti a usare tutta la loro autorità per prendere di mira i sacerdoti anti-abortisti. «Nessuna tempesta è insidiosa quanto una calma perfetta, e nessun nemico è pericoloso quanto la totale assenza di nemici», disse  Sant’Ignazio di Loyola, ex militare spagnolo e fondatore della Compagnia di Gesù, che Mazzoni – tra il serio e il faceto – propone come ideale “maestro” dello stesso Biden, ricordando che Papa Clemente XIV disse di aver “firmato la sua condanna” nel 1773 dopo aver firmato lo scioglimento dei geusiti. «Nove mesi dopo era morto: e da allora non c’è più stato un solo Papa che si sia chiamato Clemente». Me se sulla Compagnia di Gesù si abbattono spessissimo gli strali più grossolani del complottismo, secondo Mazzoni «Joe Biden e la sua amministrazione hanno fatto tesoro dell’insegnamento gesuita», nel senso che «stanno facendo di tutto per creare nemici anche immaginari nella società americana, come ad esempio la discriminazione contro i gender e il razzismo fasullo».
    In materia di aborto, segnala lo stesso Mazzoni, la questione negli Usa «tocca un enorme business, che gira intorno al mondo della sanità e delle case farmaceutiche». Il progetto federale degli aborti statunitensi, promosso da Joe Biden e dal suo partito, finanzia la società Planned Parenthood. «Si tratta di un’organizzazione privata che è stata coinvolta in numerosi scandali che coinvolgono pratiche disumane sui feti e la vendita di parti del feto per ricerca medica». Il padre di Bill Gates, William Gates senior, è stato parte del Cda di Planned Parenthood, nonché il creatore della illustre Bill e Melinda Gates Foundation (che nel solo 1999 ha donato 1,73 miliardi proprio a Planned Parenthood, la quale li ha utilizzanti in Sud America per combattere la violenza basata sui gender»). La stessa Melinda Gates si è  particolarmente dedicata all’eguaglianza “gender”, e ha anche ricevuto la Medaglia della Libertà da Barack Obama nel 2016, mentre l’anno seguente il governo francese le ha tributato la Legion d’Onore.
    Che non tutto sia impeccabile, nella storia degli aborti “farmaceutici”, lo dimostrerebbe un video esibito da Mazzoni, girato in incognito da un giornalista investigativo che – parlando con due dirigenti della Planned Parenthood – ha finto di essere interessato all’acquisto di porzioni di feto. Il video è introdotto da uno spezzone di intervista, in cui Tucker Carlson (di “Fox News”) chiede alla dottoressa Dawn Laguens, vicepresidente esecutivo di Planned Parenthood, che cosa senta, quando si accorge che sta ancora battendo, il cuore del feto che sta per essere soppresso. Lei risponde con sicurezza: prende seriamente il lavoro medico, che viene svolto in modo compassionevole. Nel servizio compaiono altri due sanitari della rete abortista: DeShawn Taylor (Arizona) e Deborah Nucatola, direttore senior dei servizi medici di Planned Parenthood Federation of America, la struttura che coordina le varie cliniche affiliate. Il video “clandestino”, sottolinea Mazzoni, «mostra chiaramente come il feto venga smembrato di proposito e come venga spesso ucciso con una sostanza chimica, la digossina, affinché non opponga resistenza all’estrazione».
    Nel caso venisse estratto ancora vivo, ricorda Mazzoni, per la legge dell’Arizona dovrebbe essere trasportato all’ospedale, ma – in quelle immagini “rubate” – DeShawn «dice che basta fare attenzione a chi c’è nella stanza, lasciando intendere che preferisce non portarcelo e uccidere il feto fuori dall’utero contravvenendo alla legge». Greg Abbott, governatore repubblicano e cattolico del Texas, ha appena firmato la nuova legge che proibisce l’aborto, nello Stato, dopo che il battito del feto diventa distinguibile: questo, precisa Mazzoni, vorrebbe dire in alcuni casi impedire l’aborto dopo la sesta settimana. «La sede texana di Planned Parenthood ha dichiarato che questa legge è una delle più estreme nella nazione». Il senatore texano Bryan Huges, che ha partecipato alla preparazione della legge, dichiara: «Il Texas Heartbeat Act è la più potente legge pro-life nella storia del Texas, e sarà un modello per tutta la nazione». Per Chelsey Youman, della Human Coalition Action, è un passo storico: «Grazie a questa legge, l’anno prossimo verranno salvate circa 50.000 vite umane nel solo Stato del Texas».

    «Il Vaticano difende Joe Biden contro le proteste avanzate dall’arcivescovo di San Francisco, Salvator Cordileone, e dall’arcivescovo del Kansas, Joseph Neumann, in relazione alle posizioni pro-aborto della coppia Biden-Harris». A incendiare la polemica non è solo il tema etico (pro o contro l’interruzione di gravidanza), ma il vero e proprio «traffico di feti, smembrati mentre sono ancora vivi», che rappresenterebbe una pagina oscura dietro al business farmaceutico: pagina che il Texas ha appena deciso di chiudere per sempre. Ne parla Roberto Mazzoni in un ampio video-reportage sulla controversia che sta dividendo i cattolici americani, turbati dalla “disinvoltura abortista” di Biden, formalmente cattolico, e della sua vice Kamala Harris, protetta da Barack Obama. Secondo Mazzoni, giornalista stanziato in Florida e autore di ottimi servizi dagli Usa durante le presidenziali 2020, molti vescovi americani si starebbero rendendo conto del fatto che non sia stata felice la scelta di puntare su Biden, secondo presidente cattolico nella storia statunitense dopo John Fitzgerald Kennedy.

  • Magaldi: Draghi e l’inferno, una guerra nata 50 anni fa

    Scritto il 19/5/21 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Mario Draghi non ha avuto (ancora) il coraggio politico di attaccare il paradigma-Covid, creato per sottomettere la popolazione. Un piano partorito da una gestione di potere che, secondo alcuni, risale al golpe che il neoliberismo commissionò al “fratello” Kissinger l’11 settembre 1973, con l’ordine impartito in Cile al massone Pinochet di abbattere Salvador Allende, “venerabile maestro” della loggia di cui il generale golpista era il numero due, il “primo sorvegliante”. Secondo Bob Dylan – in base alla sofisticata esegesi fornita da Gioele Magaldi, che rivela l’identità massonica dello stesso cantautore, Premio Nobel – il piano ebbe inizio ancora prima, per la precisione il 22 novembre 1963 a Dallas, con l’assassinio in mondovisione di John Fitzgerald Kennedy. Numeri: 11 e 22, in una ridondanza che porta dritti a un altro 11 settembre, quello del 2001, quando lo stesso potere (che Magaldi definisce massonico ma rinnegato, contro-iniziatico e neo-aristocratico) passò alla penultima fase della globalizzazione, quella “a mano armata”, basata su guerre imperiali innescate da stragi “false flag”, sotto falsa bandiera, condotte sotto la supervisione di servizi segreti “distratti” quanto basta per alimentare il mito del terrorismo islamico.
    Può non piacere, Magaldi, quando ricorda che l’atroce Roberto Speranza (di cui ha invocato ripetutamente le dimissioni) è solo un burattino di Massimo D’Alema, artefice del mini-cartello elettorale “Liberi e Uguali” rappresentato in origine da altri due esponenti della massoneria, l’ex presidente del Senato (il “fratello” Pietro Grasso), e l’ex presidente della Camera (la “sorella” Laura Boldrini). D’Alema? Altro super-grembiulino reazionario come Monti, come Napolitano e come lo stesso Prodi, vicinissimo (anche lui) al redditizio potere cinese “inventato” dal club di Kissinger come modello alternativo e iper-efficiente (prospero, ma non democratico) per mettere in crisi il modello occidentale e la sua irrinunciabile libertà, non certo portata in dono dalla cicogna – come ama ripetere Magaldi – ma costata sangue, durante le rivoluzioni europee e il Risorgimento italiano, per abbattere lo strapotere del Papa e del Re. Libertà, uguaglianza e fraternità: gli ideali della Rivoluzione Francese (massonica, anche quella) come fondamento della nascita degli Stati Uniti d’America con Washington, e poi – prima con Roosevelt e poi con i Kennedy – fonte inesauribile della sete di giustizia sociale che, nel dopoguerra, plasmò l’Occidente nel quale siamo cresciuti, basato sul rispetto dei diritti umani e sociali.
    D’accordo, uno si domanda – in mezzo al gossip favolistico del mainstream media, ancora impegnato a contare “casi” e “contagi” – ma tutto questo “che c’azzecca”, con il Covid e il governo Draghi? C’entra eccome, sostiene Magaldi, che riassume: tenete d’occhio il grande potere massonico-reazionario che dagli anni ‘80 impose il neoliberismo a tutto l’Occidente, e poi concesse alla Cina vantaggi sleali, per consentirle imporsi come superpotenza commerciale. Quel potere supermassonico fece piazza pulita di ogni ostacolo: in Italia liquidò un genio della finanza keynesiana come Federico Caffè (maestro di Draghi), assassinò in Svezia Olof Palme (campione del welfare europeo e leader di un socialismo liberale pronto a impegnare lo Stato per salvare i posti di lavoro), quindi si liberò della Prima Repubblica italiana (corrotta, ma sovranitaria) e in Medio Oriente fece assassinare uno statista del calibro di Yitzhak Rabin, deciso a impedire che il conflitto israelo-palestinese restasse in eterno l’alibi perfetto, e ipocrita, per qualsiasi inconfessabile guerra sporca, coi dividendi regolarmente suddivisi in parti uguali tra gli oligarchi degli opposti estremismi.
    E va bene, ma Draghi e il Covid? Sorride, Magaldi: il disastro ha almeno mezzo secolo di vita, e qualcuno pretenderebbe, in modo infantile, una soluzione rapida? La sua tesi: due anni fa, lo stesso Draghi (e altri, inclusa l’attuale presidente della Bce, Christine Lagarde) abbandonarono il club degli oligarchi per approdare ai lidi della supermassoneria “progressista”, roosveltiana e keynesiana. Avete presente, che cosa significa? Nel 2011, lo stesso Draghi – dopo aver disastrato l’Italia con le super-privatizzazioni commissionate a Prodi e D’Alema – contribuì alla caduta del legittimo governo di Silvio Berlusconi, ovvero dell’ultimo parlamentare che gli italiani abbiano insediato a Palazzo Chigi. Tutto il resto è post-democrazia: Monti e Letta, lo stesso Renzi, Gentiloni, e infine il prestanome Conte, modesta pedina di un certo club vaticano previdentemente infiltrata tra i  5 Stelle che nel 2018 i sondaggi davano vincenti.
    Il mondo a cui è stata inflitta la piaga-Covid (libertà confiscata, grazie al pretesto di una presunta pandemia pericolosissima) è quello a qui, solo nel 2018, in Italia, Sergio Mattarella osò negare a Paolo Savona la poltronissima di ministro dell’economia, visto che faceva paura a un’Europa che – per bocca del tedesco Günther Oettinger, che Magaldi definisce massone reazionario – aveva l’arroganza di spiegare, sovrastando il Quirinale, che sarebbero stati “i mercati” a spiegare agli italiani come votare, la volta seguente, gettando nella spazzatura la Lega e 5 Stelle, tigri di carta eppure temute dall’oligarchia che utilizza Bruxelles (cioè la finta Unione Europea, mai esistita) per i suoi scopi verminosamente privatistici, finanziari, di bottega. Quello terremotato dalla gestione “terroristica” del Covid è un pianeta reduce da mille manipolazioni operate dal medesimo potere, che non ha esitato ad “asfaltare” la Grecia riducendola alla fame, per poi umiliare l’Italia (bersagliata dalle Ong che usano i migranti come clava politica) negandole un misero 2,4% di deficit.
    Poi, appunto, è arrivato l’infarto: l’ultima fase del piano, nato mezzo secolo fa. Dopo Kissinger, dopo Reagan e la Thatcher, dopo Blair e i Clinton, dopo Bin Laden e servizi segreti annessi, dopo i “signor no” della Commissione Europea e le stragi collaterali dell’Isis, ecco l’apoteosi: il vàirus. Il capolavoro della paura, il sogno degli oligarchi: tutti in casa, fingendo che non esistano terapie efficaci. Un anno di delirio: lockdown e zone rosse, coprifuoco, menzogne a reti unificati, oscuramento e boicottaggio (criminale) delle cure salva-vita, cancellate – massimo scandalo – per arrivare alla procedura di autorizzazione d’emergenza dei “vaccini genici”, approntati in pochi mesi, non autorizzabili in presenza di terapie alternative ed efficienti, come quelle – una decina – messe a punto da tanti, valenti medici italiani. Neppure loro avevano capito la vera posta in gioco, e dunque la reale dimensione del dramma? Non sapevano, gli illusi, che questo potere – corruttivo, dittatoriale, stragista – avrebbe calpestato e cancellato le loro ricette, nate per salvare decine di migliaia di vite umane?
    Non illudetevi, dice Magaldi, che l’origine delle “incomprensibili storture” della gestione Covid siano da imputare alla semplice bulimia affaristica di Big Pharma. Certo, esiste anche quella: sono in gioco centinaia di miliardi. Ma i soldi sono solo un business collaterale, sappiatelo. Quello vero, il primo – sostiene l’autore di “Massoni” – è ben più preoccupante: ha a che fare con la fine della nostra libertà. Siamo a un bivio della storia, ed è bene saperlo.  Il club di Magaldi, tanto per dire, era tra quelli che sostennero Trump contro la Clinton. Di fronte al disastro elettorale delle presidenziali 2020, con le inedite accuse di brogli, quel network non si è dato per vinto, e ha costetto Biden a trattare. Tema: uscire dall’allucinazione degli ultimi cinquant’anni. Lo stesso Draghi – che fa parte della partita – non s’impunta sul ricatto dei vaccini, cui è condizionato (di fatto) il ritorno alla normalità? Non pretende la necessaria trasparenza? Capitelo, chiede Magaldi: un passo alla volta. Il che, francamente, è preoccupante. Tradotto: si tratta di fronteggiare l’inferno, e di attrezzarsi (con pazienza) per sconfiggerlo, un po’ alla volta, con sapienza. Sapendo che le sofferenze dei giusti non potranno finire subito, perché il nemico è potentissimo. In Germania, dove Angela Merkel ha gettato la maschera, la polizia può entrare nelle case senza nessun mandato. Come dire: la notte, purtroppo, è ancora lunga.

    Mario Draghi non ha avuto (ancora) il coraggio politico di attaccare il paradigma-Covid, creato per sottomettere la popolazione. Un piano partorito da una gestione di potere che, secondo alcuni, risale al golpe che il neoliberismo commissionò al “fratello” Kissinger, con l’esito dell’11 settembre 1973: l’ordine impartito in Cile al massone Pinochet di abbattere Salvador Allende, “venerabile maestro” della loggia di cui il generale golpista era il numero due, il “primo sorvegliante”. Secondo Bob Dylan – in base alla sofisticata esegesi fornita da Gioele Magaldi, che rivela l’identità massonica dello stesso cantautore, Premio Nobel – il piano ebbe inizio ancora prima, per la precisione il 22 novembre 1963 a Dallas, con l’assassinio in mondovisione di John Fitzgerald Kennedy. Numeri: 11 e 22, in una ridondanza che porta dritti a un altro 11 settembre, quello del 2001, quando lo stesso potere (che Magaldi definisce massonico ma rinnegato, contro-iniziatico e neo-aristocratico) passò alla penultima fase della globalizzazione, quella “a mano armata”, basata su guerre imperiali innescate da stragi “false flag”, sotto falsa bandiera, condotte sotto la supervisione di servizi segreti “distratti” quanto basta per alimentare il mito del terrorismo islamico.

  • Page 1 of 54
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
  • 6
  • 7
  • 8
  • 9
  • 10
  • ...
  • 54
  • >

Libri

UNA VALLE IN FONDO AL VENTO

Pagine

  • Libreidee, redazione
  • Pubblicità su Libreidee.org

Archivi

Link

  • Border Nights
  • ByoBlu
  • Casa del Sole Tv
  • ControTv
  • Edizioni Aurora Boreale
  • Forme d'Onda
  • Luogocomune
  • Mazzoni News
  • Visione Tv

Tag Cloud

politica Europa finanza crisi potere storia democrazia Unione Europea media disinformazione Ue Germania Francia élite diritti elezioni mainstream banche rigore sovranità libertà lavoro tagli euro welfare Italia sistema Pd Gran Bretagna oligarchia debito pubblico Bce terrorismo tasse giustizia paura Russia neoliberismo industria Occidente pericolo Cina umanità globalizzazione disoccupazione sinistra movimento 5 stelle futuro verità diktat sicurezza cultura Stato popolo Costituzione televisione Bruxelles sanità austerity mondo