Archivio del Tag ‘scelta’
-
Ratto: noi idioti, posseduti dalla tecnologia nostra padrona
È assolutamente essenziale che, in una società che si voglia dire veramente libera e composta da uomini e non da manichini, venga sempre mantenuta da chi governa la possibilità, per tutti i cittadini, di poter delinquere e infrangere le leggi. Forse gli idioti che gestiscono il sistema non lo hanno capito. O forse, invece, lo hanno capito benissimo. E a essere idioti son tutti gli altri. Fatto sta che è così. È assolutamente così. Dopo aver perso il controllo su di noi, sul nostro corpo, sulle nostre passioni, sulle nostre reazioni, ora stiamo via via perdendo anche il controllo sui nostri mezzi. Le macchine circolano da sole, posteggiano da sole, frenano da sole. La casa è gestita da una mignotta elettronica, che di nome fa la coniugazione al femminile del computer di “2001 Odissea nello Spazio”, e che ci accende le luci, ci spegne la caldaia, ci prepara il caffè, ascolta quel che diciamo al vicino e poi informa Google circa le prossime pubblicità da spedirci via mail. Tutto ciò che ci circonda è “smart”, nel senso che ci assicura la comodità di non preoccuparci di parecchi dettagli a cui, invece, provvedono direttamente i nostri stessi aggeggi. Dettagli da poco, per carità.. Questioni che, banalmente, hanno a che fare con tutte le piccole scelte quotidiane che, finora, facevamo da soli. E a cui, adesso, pensano direttamente le mille cose che acquistiamo, credendo illusoriamente di possederle.E proprio come diceva quel deficiente durante una pubblicità di non so più quale compagnia telefonica, la “libertà” che possiamo meritarci sta ormai consistendo, sempre più, nel “non dover scegliere”. In nome di una criminale, liberticida “sicurezza”, in un mondo in cui le cose ci spiano e ci possiedono, esultiamo ebeti di fronte alle automobili che rispettano da sole i limiti di velocità, impedendoci di trasgredirli. Di fronte alle telecamere che scoraggiano qualsiasi illegalità, facendo leva sul deterrente del controllo a distanza. Alle transazioni di denaro e ai conti in banca sistematicamente “monitorati” da Equitalia, per impedir qualsiasi tentazione di evasione fiscale. Noi esultiamo, sì. Diciamo: io mica ho niente da nascondere. Diciamo: è più sicuro. È più comodo..! E il processo va avanti; e andrà avanti così. Le cose ci si scaraventeranno contro. Al prossimo giro i cruscotti delle nostre automobili ci stamperanno in faccia le multe ad ogni nostra infrazione. Poi, semplicemente, si arresteranno a ogni rosso. O si metteranno d’accordo tra loro, su chi di volta in volta abbia la precedenza all’incrocio… E noi saremo liberi! Liberi di chattare anche durante il viaggio. Di postare foto del cazzo mentre la macchina ci porta in ufficio, eccetera eccetera.C’è solo un particolare. Un piccolissimo particolare. Idioti come dei secchi vuoti, privi di memoria (perché a ricordare ci penserà già l’agenda elettronica), totalmente incapaci di ragionare (perché a ciò provvederà già il computer), derubati dell’imbarazzo angosciante del dover scegliere (perché le nostre macchine, ormai, lo faranno per noi), sprovvisti definitivamente di qualsiasi controllo sulle nostre pulsioni e di qualunque capacità di rispettar le regole (perché milioni di impedimenti elettronici avranno provveduto a prevenire a monte qualsiasi illegittimità), noi saremo definitivamente trasformati in oggetti. In quegli stupidi strumenti che, un tempo, eravamo noi a controllare. E a quel punto, o il controllo elettronico su di noi saprà essere perfetto, assoluto, totalizzante, capace di determinare qualsiasi nostra azione e prevenir qualunque irregolarità, oppure, al primo baco nel sistema, ci scaglieremo addosso gli uni contro gli altri. Sbranandoci ferocemente, senza pietà.(Pietro Ratto, “L’essenziale possibilità di delinquere”, dal blog “Bosco Ceduo” del 30 maggio 2019. Scrittore, saggista, filosofo, insegnante e musicista, Ratto ha fondato il sito “In-contro/storia”. Accanto a romanzi come “Il treno” e “Senet”, ha pubblicato apprezzati saggi di storia e attualità, indagando risvolti scomodi come quello sulla Papessa Giovanna nel volume “Le pagine strappate”, ora edito con Youcanprint. Tra i libri più letti si segnala “L’Honda anomala” (Bibliotheka Edizioni) sul rapimento Moro, insieme a “I Rothschild e gli altri. Dal governo del mondo all’indebitamento delle nazioni, i segreti delle famiglie più potenti del mondo”, edito da Arianna come “Rockefeller e Warburg. I grandi alleati dei Rothschild. Le famiglie più potenti della terra”. Per l’editrce Dissensi, Ratto ha scritto “La storia dei vincitori e i suoi miti”, sottotitolo: “Da Giovanna d’Arco al delitto Moro, da Cristoforo Colombo ai Rothschild, mille anni tutti da riscrivere”).È assolutamente essenziale che, in una società che si voglia dire veramente libera e composta da uomini e non da manichini, venga sempre mantenuta da chi governa la possibilità, per tutti i cittadini, di poter delinquere e infrangere le leggi. Forse gli idioti che gestiscono il sistema non lo hanno capito. O forse, invece, lo hanno capito benissimo. E a essere idioti son tutti gli altri. Fatto sta che è così. È assolutamente così. Dopo aver perso il controllo su di noi, sul nostro corpo, sulle nostre passioni, sulle nostre reazioni, ora stiamo via via perdendo anche il controllo sui nostri mezzi. Le macchine circolano da sole, posteggiano da sole, frenano da sole. La casa è gestita da una mignotta elettronica, che di nome fa la coniugazione al femminile del computer di “2001 Odissea nello Spazio”, e che ci accende le luci, ci spegne la caldaia, ci prepara il caffè, ascolta quel che diciamo al vicino e poi informa Google circa le prossime pubblicità da spedirci via mail. Tutto ciò che ci circonda è “smart”, nel senso che ci assicura la comodità di non preoccuparci di parecchi dettagli a cui, invece, provvedono direttamente i nostri stessi aggeggi. Dettagli da poco, per carità.. Questioni che, banalmente, hanno a che fare con tutte le piccole scelte quotidiane che, finora, facevamo da soli. E a cui, adesso, pensano direttamente le mille cose che acquistiamo, credendo illusoriamente di possederle.
-
Vaccini, strage di militari: la verità della commissione difesa
Uranio impoverito? Pochissime righe sui media mainstream, frettolosamente archiviate. Articoli spesso comparsi solo nella versione web dei quotidiani, con titoli fuorivianti del tipo “oltre mille i marinai malati”. In realtà i militari italiani colpiti da gravi patologie sono almeno 4.000, cui si aggiungono 340 soldati deceduti. E’ il “bollettino di guerra” stilato dalla commissione difesa presiduta dal senatore Gian Pietro Scanu, già sottosegretario alle riforme, non ricandidato dal Pd alle elezioni del 4 marzo. Clamorosa la sua denuncia sulle “strage silenziosa” dei militari italiani, spesso impegnati nelle missioni all’estero. «Particolarmente vergognoso il silenzio dei media sui vaccini somministrati ai militari», afferma Patrizia Scanu, del Movimento Roosevelt. «Insieme all’esposizione all’uranio impoverito, proprio i vaccini rappresentano l’altra sospetta fonte delle gravissime patologie segnalate dal lavoro della commissione». Denuncia confermata da Ivan Catalano, vicepresidente della commissione, deputato eletto coi 5 Stelle e poi passato al gruppo misto, ora impegnato in un confronto pubblico, a Torino, proprio con Patrizia Scanu. Obiettivo: rimediare alle gravi omissioni della stampa su un argomento che investe migliaia di famiglie italiane, a cominciare da quelle dei militari in servizio.Oltre a riconoscere il nesso fra tumori ed esposizione all’uranio impoverito, sottolinea “Blasting News”, la relazione finale della commissione difesa «evidenzia come la pratica vaccinale sia uno dei fattori alla base dei decessi che hanno colpito le truppe italiane». Troppe morti, e troppi giovani soldati alle prese con il cancro: «In particolare, l’attenzione è stata posta sull’esposizione dei militari a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, sull’uso di munizioni contenenti uranio impoverito, sulla dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti a seguito di esplosione di materiale da guerra e ad eventuali interazioni». L’inchiesta è durata cinque anni e ha visto coinvolti 30 parlamentari italiani, supportati da un team scientifico con il compito di fornire il supporto medico necessario per ricercare le cause che hanno portato alla morte i militari italiani. Un dossier che fa decisamente riflettere, «in quanto proprio le vaccinazioni militari sono state identificate come uno dei fattori che hanno portato all’insorgere di gravi patologie nei militari italiani e ai decessi di alcuni», aggiunge il newsmagazine, segnalando che la relazione integrale è liberamente disponibile sul sito di Catalano.Come già evidenziato nella relazione intermedia del luglio 2017, scrive la commissione, la vaccinazione comporta di rischi precisi: problemi di immunodepressione, iperimmunizzazione, autoimmunità e ipersensibilità. Affermazione che «ha trovato conferma dall’analisi dei documenti pubblici dei vaccini, quali fogli illustrativi e schede tecniche». In particolare, le stesse case farmaceutiche «chiedono l’applicazione di opportune precauzioni all’impiego del vaccino e, tra l’altro, la verifica dello stato di salute del vaccinando». Nel suo documento, la commissione d’inchiesta chiede quindi «l’adozione del principio di precauzione, dal momento che non si può escludere un nesso di casualità fra la profilassi vaccinale, così come è attualmente praticata fra i militari, e le reazioni avverse, denunciate dalle stesse case farmaceutiche». La commissione chiede inoltre vaccini monodose e monovalenti, che siano anche vaccini “puliti” (ossia privi delle sostanze tossiche attualmente utilizzate nella loro produzionei). E inoltre: somministrazione delle vaccinazioni presso la sanità pubblica, con protocolli militari, esami pre-vaccinali e un’attiva sorveglianza post-vaccinale.Di fatto, le raccomandazioni formulate dalla commissione difesa contengono le medesime richieste avanzate dai genitori italiani contrari all’obbligo vaccinale (legge Lorenzin) e favorevoli invece alla libera scelta di vaccinare o meno i propri figli. Dal canto suo, Patrizia Scanu ha seguito da vicino i lavori della commissione, studiando a fondo – più in generale – anche il “terremoto” dell’obbligo vaccinale che ha mandato in crisi i genitori italiani. Per il Movimento Roosevelt, contrario al decreto Lorenzin («metodo inaccettabile, imposizione non motivata da vere emergenze sanitarie»), Patrizia Scanu ha condotto uno studio approfondito e imparziale sulla materia. Conclusione: un conto è consigliare il ricorso ai nuovi vaccini (con tutte le precauzioni del caso) e un altro è obbligarie le famiglie, dato che in Italia non ci sono epidemie preoccupanti. Inaudito, poi, il silenzio dei media sulla catastrofe sanitaria che ha colpito i militari: una reticenza che, secondo Patrizia Scanu, viola l’articolo 21 della Costituzione, che recita: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Serve trasparenza, innanzitutto: a fronte di una situazione così minacciosa per la democrazia, conclude Patrizia Scanu, occorre reagire: «Il popolo italiano è fatto di cittadini, non di sudditi». E i cittadini, compresi i militari e le loro famiglie, «hanno diritto di sapere».(Ivan Catalano esporrà le conclusioni della commissione difesa insieme a Patrizia Scanu in un incontro pubblico promosso a Torino dal Movimento Roosevelt il 24 marzo 2018, nella sala del Comune di Torino in via De Sanctis 12 – Salone 1, blocco A, alle ore 20,30. L’incontro sarà filmato dal video-blog “ByoBlyu” diretto da Claudio Messora).Uranio impoverito? Pochissime righe sui media mainstream, frettolosamente archiviate. Articoli spesso comparsi solo nella versione web dei quotidiani, con titoli fuorivianti del tipo “oltre mille i marinai malati”. In realtà i militari italiani colpiti da gravi patologie sono almeno 4.000, cui si aggiungono 340 soldati deceduti. E’ il “bollettino di guerra” stilato dalla commissione difesa presiduta dal senatore Gian Pietro Scanu, già sottosegretario alle riforme, non ricandidato dal Pd alle elezioni del 4 marzo. Clamorosa la sua denuncia sulle “strage silenziosa” dei militari italiani, spesso impegnati nelle missioni all’estero. «Particolarmente vergognoso il silenzio dei media sui vaccini somministrati ai militari», afferma Patrizia Scanu, del Movimento Roosevelt. «Insieme all’esposizione all’uranio impoverito, proprio i vaccini rappresentano l’altra sospetta fonte delle gravissime patologie segnalate dal lavoro della commissione». Denuncia confermata da Ivan Catalano, vicepresidente della commissione, deputato eletto coi 5 Stelle e poi passato al gruppo misto, ora impegnato in un confronto pubblico, a Torino, proprio con Patrizia Scanu. Obiettivo: rimediare alle gravi omissioni della stampa su un argomento che investe migliaia di famiglie italiane, a cominciare da quelle dei militari in servizio.
-
La sfida dell’eresia, dai Catari al mondo del pensiero unico
“Airesis”: scelta, contraria al dogma. A cosa servono, gli eretici? Spesso, a far fare passi da gigante, al mondo. La nonviolenza di Gandhi di fronte alla brutalità coloniale inglese. L’eroica tenacia di Nelson Mandela, ai lavori forzati per aver denunciato il delirio sociale di un paese africano per soli bianchi. Può vincere, l’eresia? Forse alla distanza, aprendo una crepa innanzitutto culturale, per poi scavare nella coscienza di ciascuno. Sul piano politico, invece, generalmente gli eretici vengono sconfitti, e il più delle volte ci rimettono la pelle. Martin Luther King sognava un’America fraterna, senza più discriminazioni razziali. Yitzhak Rabin osò immaginare un Medio Oriente libero dall’odio e dall’orrore. Sacco e Vanzetti? Fritti sulla sedia elettrica per aver lottato contro un sistema ingiusto. Thomas Sankara voleva un’Africa nuova, sollevata dal giogo finanziario del debito occidentale. Sono caduti tutti, ma oggi siedono in un pantheon intoccabile: in un certo senso, sono ancora qui. Non è possibile cancellare l’immagine del giovane Cassius Clay che getta nel fiume Hudson la medaglia olimpica conquistata a Roma, dopo esser stato respinto – perché “negro” – da un ristorante di New York. Il dissidente compie sempre qualche gesto simbolico, che costringe l’umanità a pensare. A ragione o a torto, l’eretico rischia in prima persona. Si ribella a un dogma imposto, cioè al non-pensiero di un mondo senza libertà.In questa Italia frastornata da una campagna elettorale stanca e mediocre, condizionata dal dogmatismo neoliberista del pensiero unico imposto da Bruxelles, serpeggia la tentazione di una sorta di diserzione di massa, mentre cresce – silenziosamente – una minoranza sempre meno sparuta di cittadini che si fanno domande, si documentano in proprio e si riuniscono, consultando esperti, nel fondato sospetto che qualsiasi versione ufficiale – dai vaccini alla geopolitica fino alla storiografia, passando per l’esegesi biblica dottrinaria – sia sempre inattendibile, incompleta, reticente. E’ un panorama, questo, nel quale fioriscono iniziative impensabili, fino a dieci anni fa: come la lusinghiera campagna di crowdfunding per finanziare, dal basso, il documentario “Bogre”, girato da Fredo Valla tra Bulgaria, Italia, Catalogna e soprattutto Occitania. Un viaggio affascinante, che ripercorre le remote geografie della più importante eresia del medioevo, cioè il Cristianesimo “dualistico” interpretato dai bogomili nei Balcani e poi dai càtari, i “bulgari” travolti dalla Crociata Albigese nella contea di Tolosa, per poi essere annientati da settant’anni di spietate persecuzioni ad opera dell’Inquisizione. Una tragedia che causò la rovina socio-economica della terra dei Trovatori, che alla fine del 1100 era tra le regioni europee più prospere e avanzate, più libere e tolleranti.Fu un trauma, per lo sviluppo armonico dell’Europa: lo sostiene una scrittrice a sua volta “eretica” come Simone Weil, secondo cui proprio la brutale repressione dell’eresia càtara – gli assedi e le stragi, il terrore scatenato dagli inquisitori – alimentò nel continente la generale rassegnazione al culto della forza, alla guerra come esito inevitabile di qualsiasi conflitto, fino al supremo orrore dell’abominio nazista. Chi è l’eretico? E’ uno che si alza in piedi e dice, semplicemente: non sono d’accordo. E spiega il perché. Chi lo ascolta, sa che sta rischiando il carcere, magari la vita. Il coraggio dell’eretico ricorda a tutti, inevitabilmente, che le versioni dei fatti sono sempre almeno due, mai una sola. Se invece l’ideologia è unica, per di più non proposta pacificamente ma imposta in modo dogmatico (cioè con l’esplicito divieto di metterne in discussione i fondamenti) allora l’umanità è in pericolo, si disumanizza, si divide in buoni e cattivi. Sotto il governo di Raimondo VI, conte di Tolosa, sul finire del 1100 poteva capitare di assistere, nelle chiese, ad avvincenti dispute teologiche tra parroci cattolici e predicatori càtari, di fronte alla platea dei fedeli: oggi, nel 2018, è praticamente impossibile che alla televisione abbia accesso qualche vero “eretico”, radicalmente critico nei confronti del sistema socio-economico che ci viene presentato come l’unico possibile.Quella del Catarismo è una storia spesso denegata, che le burocrazie religiose tendono a sminuire, come fosse un fantasma scomodo. Lo è: ma per il potere in generale e non solo per la Roma di allora, se è vero che l’Inquisizione inaugurò la prima vera forma di terrorismo totalitario, ostacolato – per reazione – dalla rivolta armata dei cavalieri “Faidits”, i primi guerriglieri della storia europea. Uno schema che poi non ha fatto che ripetersi, in modo tragicamente sistematico. Vaticano medievale e càtari? Ruoli e maschere di quasi mille anni fa. Più che la casacca indossata, in fondo può contare un gesto destinato a rimanere vivo: come l’immensa pietà per gli sconfitti, che risuona tra i versi cavallereschi della Canzone della Crociata, scritti da cattolici. E l’ultimo “perfetto” càtaro d’Occitania, Guilhelm Belibàsta, a un passo dalla morte sul rogo arrivò a perdonare (e a tentare di convertire) l’uomo che l’aveva tradito, consegnandolo ai carnefici. E questa l’umanità che il film “Bogre” cercherà di riesumare, dopo otto secoli di oblio, tra le pieghe di vicende solo in apparenza lontane da noi. L’eresia è una domanda, che costringe a interrogarsi. E’ il contrario dell’odio, che teme le domande e ama le guerre, vietando ai soldati di pensare. Rileggere l’avventura dei càtari può servire a scoprire di cos’è stata capace, l’umanità, prima di arrendersi al comodo letargo delle verità imposte.(E’ possibile aderire alla campagna di crowdfunding del documentario “Bogre” attraverso la piattaforma “Produzioni dal basso”; in cambio, si potrà ricevere il film in anteprima).“Airesis”: scelta, contraria al dogma. A cosa servono, gli eretici? Spesso, a far fare passi da gigante, al mondo. La nonviolenza di Gandhi di fronte alla brutalità coloniale inglese. L’eroica tenacia di Nelson Mandela, ai lavori forzati per aver denunciato il delirio sociale di un paese africano per soli bianchi. Può vincere, l’eresia? Forse alla distanza, aprendo una crepa innanzitutto culturale, per poi scavare nella coscienza di ciascuno. Sul piano politico, invece, generalmente gli eretici vengono sconfitti, e il più delle volte ci rimettono la pelle. Martin Luther King sognava un’America fraterna, senza più discriminazioni razziali. Yitzhak Rabin osò immaginare un Medio Oriente libero dall’odio e dall’orrore. Sacco e Vanzetti? Fritti sulla sedia elettrica per aver lottato contro un sistema ingiusto. Thomas Sankara voleva un’Africa nuova, sollevata dal giogo finanziario del debito occidentale. Sono caduti tutti, ma oggi siedono in un pantheon intoccabile: in un certo senso, sono ancora qui. Non è possibile cancellare l’immagine del giovane Cassius Clay che getta nel fiume Hudson la medaglia olimpica conquistata a Roma, dopo esser stato respinto – perché “negro” – da un ristorante di New York. Il dissidente compie sempre qualche gesto simbolico, che costringe l’umanità a pensare. A ragione o a torto, l’eretico rischia in prima persona. Si ribella a un dogma imposto, cioè al non-pensiero di un mondo senza libertà.
-
Barnard: dovete lasciarci votare la casella “Nessuno di voi”
Il voto, così come inteso nel dettato costituzionale dei paesi come l’Italia, non è libero. Ripeto: non è libero. Perché? Perché si tratta di un sistema ingannevole che offre al cittadino una sola scelta, e non l’altra scelta, che sarebbe in assoluto la più importante. E questo è stato pensato dal Potere per rendere quasi impossibile sbarazzarsene. Quando votiamo, possiamo fare una cosa sola: confermare il sistema partitico disponibile, cioè scegliere dentro una gabbia di partiti oltre ai quali non v’è altra possibilità. Quella gabbia si chiama Il Potere, Sinistra, Centro e Destra. Possiamo giostrarci all’interno di essa, ma non uscire da essa. Non possiamo cioè fare l’altra cosa, la più cruciale, quella che ci renderebbe veramente liberi: sfiduciare il sistema partitico disponibile, cioè mandarlo a spasso tutto intero, per far spazio ad altro. Il Potere, come ho già scritto in passato, ci ha oggi costretti dentro un pollaio puzzolente dove siamo incastrati nella scelta fra lo Schifo e l’Orrore. Per fare un esempio: siamo obbligati a votare lo schifoso centrosinistra italiano (che include l’appendice decomposta della sinistra), se no ci becchiamo l’orrore del centrodestra di Berlusconi. La parte avversa è costretta a votare lo schifo del Cavaliere per non beccarsi quello che per loro è l’orrore del Pd. E questa è la fine della Storia.Così siamo incastrati per sempre a votare, in realtà, solo il meno peggio di un panorama in sé comunque orribile. Non ci è data la possibilità di pensare a un altro panorama, a un’altra politica, proprio a un altro modo di gestire la vita pubblica, perché votandolo – cioè qualunque piccola formazione fuori dallo Schifo – verremmo accusati di favorire l’Orrore. Alla fine, badate bene, quando ci viene concesso molto, quando ci pensiamo fortunati, è perché all’interno di quella gabbia puzzolente viene permessa la presenza di un partito cosiddetto ‘nuovo’, che suona ‘nuovo’, ma che non lo è assolutamente. Questo è accontentarsi delle briciole. Perché vi accontentate delle briciole? Allora, la via d’uscita per fottere il Potere e questo suo schema diabolico è quella di ottenere che il voto sia veramente libero, e cioè che con esso il cittadino non sia solo costretto a confermare il Potere come sopra descritto, ma che lo possa anche sfiduciare, tutto e per intero, cioè non votarlo pur recandosi alle urne come tutti gli altri, e comunque usando il proprio diritto al voto.Questo si ottiene con una legge di modifica costituzionale che permetta al cittadino che non vuole più rassegnarsi alla tragica scelta fra Schifi e Orrori, di recarsi alle urne e apporre una croce sulla scheda nell’apposita casella “Nessuno di voi”, a fianco degli altri simboli. Questo voto andrà contato esattamente come gli altri voti, e si dovrà tradurre in seggi vuoti in Parlamento. Così un anno avremo il 4% del Parlamento vuoto, sedie vuote. Più avanti potrebbero diventare il 22%, o il 40%. Si saprà in tal modo che il 4 o il 22 o il 40 per cento degli italiani non ci sta più, e la loro ribellione sarà visibile a tutti e riconosciuta dalla Costituzione del paese con pari dignità delle altre scelte, e non tacciata di qualunquismo di quelli che sono andati al mare. Tutto questo fino a che quella quota di cittadini non sarà soddisfatta dalla presenza sulla scena politica di una vera alterativa, cioè di un orizzonte veramente aperto, e non più di rimpasti cosmeticamente abbelliti fatti dal vecchio putridume di Schifi e Orrori. E il Potere sarà fottuto, perché non ci controllerà più nella sua gabbia.(Paolo Barnard, “Ecco come non votare”, post pubblicato sul blog di Barnard del 2009 e riproposto il 24 gennaio 2018).Il voto, così come inteso nel dettato costituzionale dei paesi come l’Italia, non è libero. Ripeto: non è libero. Perché? Perché si tratta di un sistema ingannevole che offre al cittadino una sola scelta, e non l’altra scelta, che sarebbe in assoluto la più importante. E questo è stato pensato dal Potere per rendere quasi impossibile sbarazzarsene. Quando votiamo, possiamo fare una cosa sola: confermare il sistema partitico disponibile, cioè scegliere dentro una gabbia di partiti oltre ai quali non v’è altra possibilità. Quella gabbia si chiama Il Potere, Sinistra, Centro e Destra. Possiamo giostrarci all’interno di essa, ma non uscire da essa. Non possiamo cioè fare l’altra cosa, la più cruciale, quella che ci renderebbe veramente liberi: sfiduciare il sistema partitico disponibile, cioè mandarlo a spasso tutto intero, per far spazio ad altro. Il Potere, come ho già scritto in passato, ci ha oggi costretti dentro un pollaio puzzolente dove siamo incastrati nella scelta fra lo Schifo e l’Orrore. Per fare un esempio: siamo obbligati a votare lo schifoso centrosinistra italiano (che include l’appendice decomposta della sinistra), se no ci becchiamo l’orrore del centrodestra di Berlusconi. La parte avversa è costretta a votare lo schifo del Cavaliere per non beccarsi quello che per loro è l’orrore del Pd. E questa è la fine della Storia.
-
Maggiani: mi manca Pertini, la sua fede onesta nel futuro
Sono passati trent’anni e più e Pertini è ancora lì che mi manca. Ho amato quell’uomo come lo hanno amato milioni di suoi concittadini, l’ho amato per le loro stesse ragioni, per le ragioni del suo antipodo Indro Montanelli, “Non è necessario essere socialisti per amare Sandro Pertini. Tutto ciò che egli dice e fa odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Ma non è questo che me lo fa mancare in modo così struggente, colmo di nostalgia. Mi manca di Sandro Pertini la sua giovinezza. Certo che era vecchio di anni, ma quello anagrafico è stato un particolare di nessuna importanza, ha “preso” il Quirinale che era ancora un ragazzo, a quel tempo lo ero anch’io. Aveva addirittura il portamento della giovinezza, e dietro quei suoi occhialacci aveva il suo sguardo. Aveva della giovinezza la sfacciata sincerità, la sincerità come una sfida, come un gesto di baldanza anche contro l’evidenza, e il candore della malizia proprio come un ragazzo.E la forza, la prestanza, delle idee, mai troppo complicate o ombreggiate, mai troppo prudenti; naturalmente era irascibile, scontroso e affettuoso in modo grandioso, nel modo gradasso dei ragazzi che fa così innamorare le ragazze. Naturalmente fumava come una ciminiera, fumava come se non ci fosse domani, perché per un ragazzo in effetti non c’è domani se il domani è quello dei vecchi, di decadenza e malattia e estinzione, il domani della gioventù è l’avvenire. L’ottuagenario Sandro Pertini era madido di avvenire, aveva tanto di quell’avvenire per le mani che gliene avanzava abbastanza anche per me e per la Repubblica intera. Ecco quello che mi manca di più di quell’uomo, e di me, che la sua, e la mia, gioventù avesse un tale potere da essere la gioventù della Nazione, che la Repubblica potesse ancora essere la giovane repubblica colma di avvenire.Disse Sandro Pertini nel suo ultimo discorso da presidente ai giovani cittadini d’Italia: …E se non volete che le vostre giornate scorrano grigie e monotone, date una nobile ragione alla vostra esistenza. Scegliete voi liberamente, come liberamente scegliemmo noi nella nostra adolescenza. Fate la vostra scelta purché essa presupponga il principio di libertà, se non volete incamminarvi su una strada che vi porterebbe a rovina sicura.(Maurizio Maggiani, “Pertini”, da “Il Secolo XIX” del 25 settembre 2016, articolo ripreso dal sito ufficiale di Maggiani).Sono passati trent’anni e più e Pertini è ancora lì che mi manca. Ho amato quell’uomo come lo hanno amato milioni di suoi concittadini, l’ho amato per le loro stesse ragioni, per le ragioni del suo antipodo Indro Montanelli, “Non è necessario essere socialisti per amare Sandro Pertini. Tutto ciò che egli dice e fa odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Ma non è questo che me lo fa mancare in modo così struggente, colmo di nostalgia. Mi manca di Sandro Pertini la sua giovinezza. Certo che era vecchio di anni, ma quello anagrafico è stato un particolare di nessuna importanza, ha “preso” il Quirinale che era ancora un ragazzo, a quel tempo lo ero anch’io. Aveva addirittura il portamento della giovinezza, e dietro quei suoi occhialacci aveva il suo sguardo. Aveva della giovinezza la sfacciata sincerità, la sincerità come una sfida, come un gesto di baldanza anche contro l’evidenza, e il candore della malizia proprio come un ragazzo.
-
Chemioterapia? No, grazie: non guarisce e uccide prima
“Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale”, recita il Giuramento di Ippocrate. Quanti medici lo rispettano? E che dire degli oncologi che prescrivono la chemioterapia, così come i governi che li obbligano a seguire il protocollo anti-cancro basato su chemio e radioterapia? Poco nota al grande pubblico è la vasta ricerca condotta per 23 anni dal professor Hardin Jones, fisiologo dell’Università della California, presentata già nel 1975 a Berkeley. Oltre a denunciare l’uso di statistiche falsate, Jones prova che i malati di tumore che non si sottopongono alle terapie canoniche sopravvivono più a lungo. Il professor Jones dimostra che le donne malate di cancro alla mammella che hanno rifiutato le terapie convenzionali mostrano una sopravvivenza media di 12 anni e mezzo, quattro volte superiore a quella (di appena 3 anni) raggiunta dalle donne che accettano le cure complete. Un’altra ricerca, pubblicata su “The Lancet”, rivela che, su 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi, la vita media di quelli trattati con la chemio è stata di 75 giorni, contro i 120 dei pazienti non trattati.Se queste ricerche sono veritiere, osserva Marcello Pamio, autore di “Cancro SpA, leggere attentamente le avvertenze”, una persona malata di tumore ha statisticamente una percentuale maggiore di sopravvivenza se non segue i protocolli terapeutici ufficiali. «Con questo non si vuole assolutamente spingere le persone a non farsi gli esami», ma si vogliono fornire semplicemente «informazioni che normalmente vengono oscurate». Informazioni spesso decisive per trovare la giusta terapia. «La scelta è sempre e solo individuale: ogni persona deve assumersi la propria responsabilità, deve prendere in mano la propria vita. Dobbiamo smetterla di delegare il medico, lo specialista, il mago, il santone che sia. Nessun altro deve poter decidere al posto nostro». Tra le cose che normalmente il sistema sanitario non ci racconta, oltretutto, c’è l’auto-guarigione: un’altissima percentuale di individui è affetta (senza saperlo) da tumori “in situ”, neutralizzati e resi inoffensivi dall’organismo. Lo ha spiegato Luigi De Marchi, psicologo clinico, autore di saggi conosciuti a livello internazionale: moltissimi di noi convivono con tumori inoffensivi, “incapsulati” all’interno del corpo.Parlando con un amico anatomo-patologo del Veneto sui dubbi dell’utilità delle diagnosi e delle terapie anti-tumorali, De Marchi si sentì rispondere: «Sapessi quante volte, nelle autopsie sui cadaveri di vecchi contadini delle nostre valli più sperdute, ho trovato tumori regrediti e neutralizzati naturalmente dall’organismo: era tutta gente che era guarita da sola del suo tumore ed era poi morta per altre cause, del tutto indipendenti dalla patologia tumorale». Ma allora, si domandò De Marchi, la tanto conclamata diffusione delle patologie cancerose negli ultimi decenni è solo un’illusione ottica? E’ prodotta dalla diffusione delle diagnosi precoci di tumori che un tempo passavano inosservati e regredivano naturalmente? «E se il tanto conclamato incremento della mortalità da cancro fosse solo il risultato dell’angoscia di morte prodotta sia dalle diagnosi precoci e dal clima terrorizzante degli ospedali, sia della debilitazione e intossicazione del paziente prodotte dalle terapie invasive, traumatizzanti e tossiche della medicina ufficiale?». Dubbio atroce: l’angoscia da diagnosi infausta e l’avvelamento da chemioterapia possono sabotare la capacità di auto-guarigione?«Con quanto detto da Luigi De Marchi – confermato anche da autopsie eseguite in Svizzera su cadaveri di persone morte non per malattia – si arriva alla sconvolgente conclusione che moltissime persone hanno (o avevano) uno o più tumori, ma non sanno (o sapevano) di averli», continua Pamio sul sito di “Arianna”, editrice specializzata in informazione alternativa, anche medica. Dall’indagine autoptica elvetica, eseguita su migliaia di persone decedute in incidenti stradali, è risultato qualcosa di sconvolgente: il 38% delle donne tra i 40 e 50 anni presentava un tumore al seno, il 48% degli uomini sopra i 50 anni aveva un tumore alla prostata, e il 100% delle donne e uomini sopra i 50 anni presentava un tumore alla tiroide. Attenzione: tutti tumori “in situ”, cioè incapsulati dal corpo e resi innocui. «Nel corso della vita è infatti “normale” sviluppare tumori: la stessa medicina sa bene che sono migliaia le cellule tumorali prodotte ogni giorno dall’organismo. Vengono distrutte o fagocitate dal sistema immunitario, se l’organismo funziona correttamente». Molti tumori regrediscono o rimangono incistati per lungo tempo, quando la forza risanatrice di ognuno è libera di agire. E se invece l’organismo viene gravemente debilitato da farmaci invasivi?Il più pericoloso è proprio la chemioterapia, il cui principio terapeutico è brutalmente semplice: si usano sostanze chimiche altamente tossiche per uccidere le cellule cancerose.Tuttavia, «non essendo in grado di distinguere le cellule sane da quelle neoplastiche (impazzite)», cioè i tessuti tumorali da quelli sani, «questa feroce azione mortale colpisce e distrugge l’intero organismo vivente». In altre parole, «si sono dimenticati di dirci che queste sostanze di sintesi sono dei veri e propri veleni». Racconta una paziente: «Il fluido altamente tossico veniva iniettato nelle mie vene. L’infermiera che svolgeva tale mansione indossava guanti protettivi perché se soltanto una gocciolina del liquido fosse venuta a contatto con la sua pelle l’avrebbe bruciata». Corollario: giorni interi in preda al vomito, perdita dei capelli, debilitazione catastrofica. «Ero una morta che camminava». Un malato di tumore viene avvertito che la chemio gli provocherà (forse) nausea, vomito e perdita dei capelli, ma siccome la chemio è l’unica cura ufficiale riconosciuta «si devono stringere i denti e firmare il consenso informato, cioè si sgrava l’azienda ospedaliera da qualsiasi responsabilità».In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità ha stampato un fascicolo dal titolo “Esposizione professionale a chemioterapici antiblastici” per tutti gli addetti ai lavori, infermieri e medici che maneggiano fisicamente le fiale per la chemio. Sfogliando l’elenco dei veleni che compongono il cocktail letale, c’è de restare secchi. Ad esempio, gli “antraciclinici” sono “potenzialmente mutageni e cancerogeni” e possono produrre “cardiomiopatia cronica”, mortale nel 50% dei casi. Altra sostanza, la “procarbazina”: anch’essa cancerogena e mutagena, è anche teratogena (malformazione nei feti) e il suo impiego è associato a un rischio del 5-10% di leucemia acuta, che aumenta per i soggetti trattati anche con radioterapia. Un altro documento, sempre del ministero della sanità (commissione oncologica nazionale), avverte i sanitari del pericolo dell’esposizione ai veleni chemioterapici: «Si parla espressamente dei rischi per operatori e pazienti». Testualmente: «Nonostante numerosi chemioterapici antiblastici siano stati riconosciuti dalla Iarc (International Agency for Research on Cancer) e da altre autorevoli agenzie internazionali come sostanze sicuramente cancerogene o probabilmente cancerogene per l’uomo, a queste sostanze non si applicano le norme del Titolo VII del D.lgs n. 626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”».«Infatti, trattandosi di farmaci – continua il documento ministeriale – non sono sottoposti alle disposizioni previste dalla Direttiva 67/548/Cee e quindi non è loro attribuibile la menzione di R45 “Può provocare il cancro” o la menzione R49 “Può provocare il cancro per inalazione”». Quindi queste sostanze, nonostante provochino il cancro, non possono essere etichettate come cancerogene (R45 e R49) semplicemente perché sono considerate “farmaci”. L’agenzia, scrive Pamio, è arrivata a queste definizioni prevalentemente attraverso la valutazione del rischio “secondo tumore”, che nei pazienti trattati con chemioterapici antiblastici può aumentare con l’aumento della sopravvivenza. «Infatti, nei pazienti trattati per neoplasia è stato documentato lo sviluppo di tumori secondari non correlati con la patologia primitiva». Massima allerta anche alla voce “smaltimento”: «Tutti i materiali residui dalle operazioni di manipolazione dei chemioterapici antiblastici (mezzi protettivi, telini assorbenti, bacinelle, garze, cotone, fiale, flaconi, siringhe, deflussori, raccordi) devono essere considerati rifiuti speciali ospedalieri». Vanno bruciati in inceneritore, a 1000 gradi, e non senza rischi: «La termossidazione, pur distruggendo la molecola principale della sostanza, può comunque dare origine a derivati di combustione che conservano attività mutagena».È pertanto preferibile «effettuare un trattamento di inattivazione chimica (ipoclorito di sodio) prima di inviare il prodotto ad incenerimento», conclude il ministero, secondo cui sono un pericolo anche le urine dei pazienti sottoposti al trattamento: «Dovrebbero essere inattivate prima dello smaltimento, in quanto contengono elevate concentrazioni di principio attivo». Nemmeno si trattasse di scorie nucleari: ma che razza di sostanze chimiche sono mai queste? «L’amara conclusione, che si evince dall’Istituto Superiore di Sanità, è che l’oncologia moderna per curare il cancro utilizza delle sostanze chimiche che sono cancerogene (provocano il cancro), mutagene (provocano mutazioni genetiche) e teratogene (provocano malformazioni nei discendenti)», scrive Pamio. «C’è qualcosa che non torna: perché ad una persona sofferente dal punto di vista fisico, psichico e morale, debilitata e sconvolta dalla malattia, vengono iniettate sostanze così tossiche?».Parlano chiaro i bugiardini dei farmaci velenosi, come le “mostarde azotate”. Incredibile ma vero, scrive sempre il ministero, queste sostanze-killer «furono prodotte per la prima volta negli anni ’20 e ’30 come potenziali armi chimiche». Particolarmente imbarazzante, oggi, il bilancio dell’oncologia dopo quarant’anni di inutile accanimento chemioterapico: oltre a non guarire dal tumore, i pazienti vengono intossicati e subiscono la proliferazione di tumori secondari, provocata proprio da componenti per “armi di distruzione di massa”, loro somministrate per via endovenosa. E’ il business del secolo, accusano i critici: non è un caso che Big Pharma si premuri di gettare discredito sulle terapie alternative, ormai sempre più diffuse viste le elevate possibilità di guarigione che sembrano offrire, senza peraltro compromettere l’organismo. Chemioterapia? No, grazie. «Per “curare” il tumore oggi vengono utilizzati degli “agenti vescicanti”, prodotti militari usati nelle guerre chimiche», conclude Marcello Pamio. «Anche se la ”guerra al cancro” viene portata avanti con ogni mezzo dall’establishment, ritengo che ci sia un limite a tutto».“Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale”, recita il Giuramento di Ippocrate. Quanti medici lo rispettano? E che dire degli oncologi che prescrivono la chemioterapia, così come i governi che li obbligano a seguire il protocollo anti-cancro basato su chemio e radioterapia? Poco nota al grande pubblico è la vasta ricerca condotta per 23 anni dal professor Hardin Jones, fisiologo dell’Università della California, presentata già nel 1975 a Berkeley. Oltre a denunciare l’uso di statistiche falsate, Jones prova che i malati di tumore che non si sottopongono alle terapie canoniche sopravvivono più a lungo. Il professor Jones dimostra che le donne malate di cancro alla mammella che hanno rifiutato le terapie convenzionali mostrano una sopravvivenza media di 12 anni e mezzo, quattro volte superiore a quella (di appena 3 anni) raggiunta dalle donne che accettano le cure complete. Un’altra ricerca, pubblicata su “The Lancet”, rivela che, su 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi, la vita media di quelli trattati con la chemio è stata di 75 giorni, contro i 120 dei pazienti non trattati.