Archivio del Tag ‘sceneggiata’
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Ha vinto l’astensionismo: manca la verità che serve all’Italia
Qualcuno può credere davvero che Matteo Salvini, con alle spalle il 17% degli italiani, possa sfidare il “mostro tecnocratico” di Bruxelles trovando finalmente il coraggio di rivendicare più deficit, rinunciando al devastante aumento dell’Iva atteso per l’autunno? Al di là dei clamori mediatici e del trionfalismo fuori luogo del capo della Lega, va ricordato che l’ex Carroccio ha rimediato sì un largo successo, ma il peso del suo 34% va dimezzato se si tiene conto dell’astensionismo record: quasi un italiano su due ha disertato le urne. Al netto, Salvini ha raccolto 8 milioni di voti, mentre nel 2014 l’allora lanciatissimo Renzi ne ottenne oltre 11 milioni (più del 40% dei suffragi, e con un’affluenza superiore al 70%). Cos’è mancato, oggi? Una narrazione veritiera dell’eterna crisi italiana, in relazione al potere abusivo dell’Unione Europea. Cinque anni fa, Renzi stravinse sull’onda – non esattamente virtuosa – dell’elemosina degli 80 euro. Ma ancora non era nato il “governo del cambiamento”, che avrebbe avuto il merito, se non altro, di inserire finalmente il problema-Europa nell’agenda politica ufficiale del paese. Fino a sei mesi fa, tutti i sondaggi accreditavano il neonato esecutivo Conte di un consenso di almeno il 60%. Oggi, un italiano su due è rimasto a casa. E i gialloverdi sono ridiventati minoranza, nel paese.Quella di Luigi Di Maio è la maschera che meglio racconta il tracollo del 26 maggio, figlio di una delusione che ha assunto proporzioni catastrofiche. Troppe rinunce, fino ai veri propri tradimenti. Per esempio, il silenzio del governo – dopo gli iniziali proclami – sulle responsabilità dei Benetton nella tragedia di Genova. Per non parlare del voltafaccia in Puglia sul gasdotto Tap, o dell’ipocrisia della ministra grillina della sanità, Giulia Grillo, che ha beffato gli elettori free-vax convalidando l’obbligo vaccinale varato da Beatrice Lorenzin. Ma il capolavoro dei pentastellati è il reddito di cittadinanza, ridotto a tragica farsa: un’esigua “card” per lo shopping di pochissimi, anziché il vantato reddito universale (fruttato il plebiscito elettorale del 2018 al Sud, isole comprese). In più, temendo la concorrenza leghista, Di Maio ha imbracciato l’arma sleale del giustizialismo per azzoppare Armando Siri, l’inventore della Flax Tax, cioè l’unica misura che avrebbe permesso al governo di sventolare ancora la bandiera anti-rigore grazie a cui Lega e 5 Stelle avevano fatto il pieno, alle ultime politiche.Dove si sarebbe andati a parare, comunque, lo si poteva vedere da subito: Lega e 5 Stelle si sono piegati, già alla nascita dell’esecutivo, al diktat di Mattarella (ispirato da Draghi) per vietare a Paolo Savona l’ingresso al dicastero dell’economia. E Savona, secondo i piani, doveva essere il cervello del riscatto italiano nei confronti di Bruxelles. La vertenza con l’Ue si è trasformata in avanspettacolo, con la sceneggiata del deficit. La richiesta avrebbe dovuto sforare abbondantemente il mitico 3% di Maastricht, invece il governo s’è limitato a un penoso 2,4%. Per poi tornare a Roma con le pive nel sacco, mazziato e cornuto, rassegnato ad accontentarsi del 2,04. Una spesa troppo esigua per sperare che potesse risollevare il Pil in tempo utile, rilanciando l’economia. Di qui il degradante ripiego degli ultimi mesi, da parte di Lega e 5 Stelle: beccarsi a vicenda su questioni irrilevanti, giusto per distrarre l’opinione pubblica dal vero male italiano. Oggi Salvini promette di rimediare, cominciando – con un anno di ritardo – a fare quello che avrebbe dovuto fare dall’inizio, cioè contestare Bruxelles? Qualunque cosa decida, il capo della Lega, sa perfettamente che il governo non ha più con sé la maggioranza degli italiani. Stendendo un velo pietoso sull’opposizione (che si limita a sperare nell’arrivo di Draghi), la realtà dice che oggi gli elettori manifestano un disagio immenso: manca chi racconti al paese la verità sulla crisi determinata dall’Ue, e su come finalmente uscirne. Salvini ha convinto meno di due italiani su dieci. Un po’ poco, per affrontare la madre di tutte le battaglie.Qualcuno può credere davvero che Matteo Salvini, con alle spalle il 17% degli italiani, possa sfidare il “mostro tecnocratico” di Bruxelles trovando finalmente il coraggio di rivendicare più deficit, rinunciando al devastante aumento dell’Iva atteso per l’autunno? Al di là dei clamori mediatici e del trionfalismo fuori luogo del capo della Lega, va ricordato che l’ex Carroccio ha rimediato sì un largo successo, ma il peso del suo 34% va dimezzato se si tiene conto dell’astensionismo record: quasi un italiano su due ha disertato le urne. Al netto, Salvini ha raccolto 8 milioni di voti, mentre nel 2014 l’allora lanciatissimo Renzi ne ottenne oltre 11 milioni (più del 40% dei suffragi, e con un’affluenza superiore al 70%). Cos’è mancato, oggi? Una narrazione veritiera dell’eterna crisi italiana, in relazione al potere abusivo dell’Unione Europea. Cinque anni fa, Renzi stravinse sull’onda – non esattamente virtuosa – dell’elemosina degli 80 euro. Ma ancora non era nato il “governo del cambiamento”, che avrebbe avuto il merito, se non altro, di inserire finalmente il problema-Europa nell’agenda politica ufficiale del paese. Fino a sei mesi fa, tutti i sondaggi accreditavano il neonato esecutivo Conte di un consenso di almeno il 60%. Oggi, un italiano su due è rimasto a casa. E i gialloverdi sono ridiventati minoranza, nel paese.
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Macché migranti: via l’Italia dalla Libia, il vero piano Macron
Altro che migranti. Dietro lo scontro Francia-Italia c’è il piano di Macron per mettere l’Italia fuori dalla Libia, a partire dal summit di Vienna di fine giugno. Lo sostiene un analista geopolitico come Giulio Sapelli, sul “Sussidiario”, all’indomani dello scontro fra Roma e Parigi sulla nave Aquarius carica di migranti, da cui l’aggettivo “vomitevole” utilizzato sal partito di Macron per definire la nuova politica italiana incarnata da Matteo Salvini. «La politica estera è un gioco di specchi», premette Sapelli: è fatta di miraggi, «dove ciò che appare non è ciò che è», tanto più «laddove lo spazio di potenza è stretto, ossia non si svolge tra cieli e terre immense, l’uno dall’altra lontano». Questo, sostiene Sapelli, «spiega la differenza tra la politica estera e la relazione di potenza tra gli Usa e la Russia, o tra gli Usa e la Cina: si solcano oceani, si parla attraverso cavi sottomarini e satelliti, senza vedersi l’un l’altro se non con le tecnologie». Tutto è diverso, invece, quando lo spazio della politica di potenza è stretto, ossia tra nazioni confinanti, tra mari condivisi, dove ci si può vedere e parlare a viva voce, o con un viaggio che dura una manciata di ore. Faccia a faccia, come sono Italia e Francia, «tutti i fondamenti della potenza si presentano insieme: dal potere politico al potere economico, in un intreccio fortissimo ma che spesso non appare così evidente».