Archivio del Tag ‘spaventapasseri’
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La farsa Covid sta per finire, solo l’Italia resta nell’incubo
Le imminenti elezioni amministrative (valore, da uno a cento: zero) avrebbero in compenso l’effetto di conferire una parvenza di normalità democratica al nuovo stile di vita imposto dal regime di Mario Draghi? Il conto alla rovescia verso l’orwelliano 15 ottobre sembra lastricato di intoppi e di franose retromarce: parla da sola la cessione a “paesi del terzo mondo” di qualcosa come 45 milioni di dosi geniche (“vaccinali”, le chiamano), mentre la stessa Aifa ha convalidato le terapie a base di anticorpi monoclonali. Fa notizia il permesso – restituito ai genitori – di entrare liberamente nelle scuole, senza “lasciapassare”. E non può sfuggire il vistoso ridimensionamento delle sanzioni ricattatorie ai danni dei lavoratori sprovvisti di Green Pass; non possono più essere sospesi, come ricorda Nicola Bizzi a “L’Orizzonte degli Eventi”: «Rischiano al massimo di restare senza stipendio, ma solo per venti giorni; poi hanno il diritto di vederselo restituire con gli interessi». Tutto dice che la Grande Paura potrebbe avere i mesi contati: è evidente che si va facendo sempre più insostenibile, la narrazione della “pandemia politica” del secolo, viste anche le crepe che si stanno aprendo, destinate a diventare voragini.«Ricorda a tutti, sempre, che uniti vinceremo: perché l’amore è verità, e trionfa sempre». Queste le parole che Nunzia Alessandra Schilirò ha rivolto a Michele Giovagnoli, protagonista di uno straordinario tour (“Agorà d’Amore”) nelle piazze italiane. «Rendetevi conto del coraggio di quella donna, che è vicequestore di Roma: un grado equiparabile a quello di tenente colonnello dei carabinieri». Lo ricorda Matt Martini sempre a “L’Orizzonte degli Eventi”: ormai la verità sta per diventare una valanga, se è vero che persino il mainstream (da Freccero a Giletti, passando per Mieli e Travaglio, Mario Giordano, Barbara Palombelli e tanti altri) sta aprendo finalmente le finestre per far entrare l’aria pulita della realtà, dopo quasi due anni di asfissia “infodemica”. Guai a chi accusa queste voci di fare “gatekeeping”, avvertono Bizzi e Martini: la paranoia del peggior complottismo acceca chi non riesce a vedere cosa sta davvero accadendo. E cioè: anche l’Italia – ultima ruota del carro, in Occidente – si sta preparando a uscire dall’incubo, nonostante le potenti forze che hanno deciso di cacciarcela, con Conte, e che ora vorrebbero tenercela fino a chissà quando, con il “lasciapassare” introdotto dallo sconcertante Draghi.«Si sono accorti di aver fatto il passo più lungo della gamba, imponendo restrizioni che rischiano di far collassare il paese». Lo sostengono gli osservatori de “L’Orizzonte degli Eventi”: «Si è arrivati addirittura a spegnere le telecamere di sicurezza, sulle autostrade, per evitare di mostrare gli ingorghi (documentatissimi) provocati dalla protesta silenziosa dei camionisti». E’ Matt Mattini (co-autore di “Operazione Corona”, edito da Aurora Boreale ed elogiato da Freccero in un’intervista a “La Verità”) a mettere a fuoco il punto di svolta: quasi tutta l’Europa si sta preparando a salutare la stagione degli spaventapasseri, in Italia incarnata dall’infelice figura del bis-ministro Speranza, ventriloquo di D’Alema (legato alla Cina, come Prodi) nonché esponente della Fabian Society. Se da noi tengono ancora banco le supercazzole dei virologi televisivi e dei tromboni del Cts, il resto d’Europa ha messo la freccia, imboccando la corsia di sorpasso. Nemmeno la Francia di Macron – lieta di esportare la Roma la “Porta dell’Inferno” di Rodin, da inaugurare proprio il 15 ottobre alle Scuderie del Quirinale – ha avuto il coraggio di imporre un Green Pass così severo, come ha ricordato “Nandra” Schilirò dal palco di piazza San Giovanni.L’ultimissima notizia – segnala Martini – riguarda il Portogallo: il paese ha appena decretato la fine di ogni restrizione Covid. Un gesto clamoroso, che fa seguito alla retromarcia (per via giudiziaria) della Spagna e alla storica fermezza del Nord Europa, dove Danimarca e Norvegia hanno imboccato la direzione tracciata dalla Svezia (niente lockdown, niente “lasciapassare” medievali), grazie all’impegno della casa regnante di Stoccolma e, pare, dell’influente massoneria svedese. La Germania? «Potrebbe accodarsi, magari nel giro di un mese». Quanto all’Est Europa, è come sfondare una porta aperta: i paesi del Gruppo di Visegrad non vogliono saperne, di Green Pass, e il presidente della Croazia (come ricordato da Pino Cabras) ha manifestato il proprio sgomento per l’incredibile posizione dell’Italia. Come in alto, così in basso: Martini invita a osservare l’atteggiamento “schizofrenico” della Gran Bretagna, che si è lasciata alle spalle ogni autoritarismo all’italiana. Merito di Boris Johnson, che ha invertito la rotta “rigorista”, ma non solo. Di mezzo, a quanto pare, ci sarebbe anche una famiglia dal cognome importante: Rothschild.Se da una parte il ramo inglese della dinastia è dominato da Evelyn Rothschild, collegata a Bill Gates tramite l’Imperial College nel segno della “dittatura sanitaria”, osserva Martini, dall’altra – sempre tra le ramificazioni britanniche del potente casato – si segnala la diserzione dichiarata dalla filiera di Jacob Rothschild, impegnata a supportare la fuoriuscita del Regno Unito dall’incubo fabbricato nel 2020 a partire da Wuhan. Una fuga in avanti distopica, apertamente invocata a Davos e magistralmente interpretata, attraverso l’Oms, dal sistema-Cina e dal Deep State americano che fa capo ai democratici, fino ad arrivare all’Italia di Conte e di Draghi, passando per il Vaticano. Cartina di tornasole della farsa: la disparità che investe l’Australia, dove le peggiori misure restrittive vessano gli abitanti dello Stato di Melbourne (le cui autorità poliche sono vicinissime a Pechino) mentre il resto dell’immenso paese frequenta bar e ristoranti senza più nemmeno le mascherine. «Il fatto stesso che la Norvegia abbia declassato ufficialmente il Covid, ora considerato una semplice “influenza” – chiosa Martini – fa capire l’entità della frode scientifica che ci è stata propinata». Una storia che tiene ancora banco quasi solo nel Draghistan italiano, dove però la popolazione – grazie anche ai medici-coraggio – sta dando segni quotidiani di risveglio.Le imminenti elezioni amministrative (valore, da uno a cento: zero) avrebbero in compenso l’effetto di conferire una parvenza di normalità democratica al nuovo stile di vita imposto dal regime di Mario Draghi? Il conto alla rovescia verso l’orwelliano 15 ottobre sembra lastricato di intoppi e di franose retromarce: parla da sola la cessione a “paesi del terzo mondo” di qualcosa come 45 milioni di dosi geniche (“vaccinali”, le chiamano), mentre la stessa Aifa ha convalidato le terapie a base di anticorpi monoclonali. Fa notizia il permesso – restituito ai genitori – di entrare liberamente nelle scuole, senza “lasciapassare”. E non può sfuggire il vistoso ridimensionamento delle sanzioni ricattatorie ai danni dei lavoratori sprovvisti di Green Pass; non possono più essere sospesi, come ricorda Nicola Bizzi a “L’Orizzonte degli Eventi”: «Rischiano al massimo di restare senza stipendio, ma solo per venti giorni; poi hanno il diritto di vederselo restituire con gli interessi». Tutto dice che la Grande Paura potrebbe avere i mesi contati: è evidente che si va facendo sempre più insostenibile, la narrazione della “pandemia politica” del secolo, viste anche le crepe che si stanno aprendo, destinate a diventare voragini.
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La missione di Draghi e l’inferno dell’ipocrisia pandemica
Ristoranti riaperti ma solo se hanno tavoli all’esterno: per cenare come ai vecchi tempi, come se fossimo in un paese libero, bisognerà attendere un altro mese, fino al 1° giugno. Non solo: permane una “legge di guerra” come l’infame coprifuoco, nell’Italia delle Regioni “colorate”, dove – per passare da un territorio all’altro, se di diverso “colore” – i sudditi dovranno esibire un certificato che dimostri che sono stati vaccinati o che sono appena risultati negativi al tampone. C’è qualcosa di serio, in tutto questo? No: i non-cerebrolesi ormai sanno che i tamponi non sono attendibili, e che i cosiddetti “vaccini Covid” (terapie geniche ancora sperimentali) non garantiscono affatto che il soggetto vaccinato non sia più contagioso. E nonostante questo, il governo ne ha imposto l’inoculo al personale sanitario: violando la Costituzione, oltre che il Codice di Norimberga che vieta i Tso con farmaci non collaudati. E addio diritti umani, dunque. Ma il governo Draghi non doveva dire basta, a tutto questo? Non doveva farla finita, dopo un anno di “arresti domiciliari” imposti da Conte, Speranza, D’Alema e soci, in linea con i compagni di merende del potere cinese?
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Bizzi: la farsa-Covid è finita, grazie a Putin e ai Rothschild
Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.Così si sgonfiano i numeri dell’emergenza: ci crede il Piemonte, prima Regione italiana ad adottare il protocollo-base che il ministero della sanità si è finora rifiutato di fornire ai medici di famiglia. Niente più panico, dunque. I primi a raccomandare l’opposto della linea adottata dai governi occidentali erano stati i luminari che un anno fa sottoscrissero la Dichiarazione di Great Barrington, negli Usa: bisogna lasciarlo correre, il virus, per raggiungere in fretta l’immunità di gregge, stando pronti a usare i farmaci giusti per curare (a casa, presto e bene) chi si ammala. I vaccini? Non indispensabili. Parola dei maggiori epidemiologi del mondo, quelli che per primi affrontarono l’Ebola. Unica accortezza: proteggere anziani e malati, tenendoli isolati (loro sì), ma evitando assolutamente i lockdown e ogni forma di distanziamento, pena il trascinarsi del Covid per anni. Recenti studi pubblicati da “Science” e “Nature” lo confermano: se ci si contagia a milioni, il Sars-Cov-2 diventa progressivamente innocuo, come un banale raffreddore.Se è così, perché mai abbiamo sbagliato tutto – distanziando, chiudendo, ospedalizzando – per un anno intero? «Non è stato affatto un errore, ma una scelta deliberata». Lo sostiene Nicola Bizzi, storico ed editore di Aurola Boreale, co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”. Nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi”, condotta sul canale YouTube di “Border Nights” insieme a Tom Bosco e Matt Martini, Bizzi sintetizza: l’anonimo “sequestro” del pianeta, in virtù di una semplice sindrome influenzale (sia pure pericolosa, se non curata tempestivamente) faceva parte di un piano preciso, coltivato da élite oscure. L’altra notizia è che questo piano mostruoso è tecnicamente fallito: già a novembre, dice Bizzi, i “golpisti” hanno trattato la resa, accettando un esito diverso: la “pandemia” sarebbe terminata a fine aprile. Ultima concessione, il lauto business dei vaccini. Poi, la ritirata: cioè l’annuncio che il virus sarebbe stato sconfitto. «L’alternativa sarebbe stata un Processo di Norimberga, per crimini contro l’umanità».In altre parole: sbrigatevi a vendere i vostri inutili vaccini, ancora per qualche mese, e poi toglietevi di torno. Credibile? Per Bizzi, assolutamente sì: «Fate caso ai segnali che provengono dal mondo che conta, quello della finanza: stranamente, da settimane, le agenzie di rating prevedono la fine della pandemia entro aprile e il grande rilancio di settori come il turismo e l’immobiliare». Eppure, per i media, siamo ancora alle prese con il peggio. «Appunto: i media si adegueranno rapidamente». Non potendo ammettere che i numeri dell’emergenza erano gonfiati, oltre che propiziati dal pazzesco rifiuto di curare i pazienti in modo tempestivo, a casa, ora parleranno dell’effetto miracoloso dei vaccini. «Una recita, ampiamente prevista e concordata coi vincitori». Chi sono? «Una parte dell’élite mondiale, che non ha mai approvato il Grande Reset disegnato a Davos, il progetto di schiavizzazione dell’umanità». Nomi? Uno, enorme: «I Rothschild: hanno contrastato la cordata di Bill Gates e Fauci, della Cina, dell’Oms. Evidentemente, quel tipo di Great Reset contrastava coi loro interessi».Non solo: Bizzi – che vanta importanti relazioni col mondo dell’intelligence – parla di una storica “guerra” all’interno della stessa, potente massoneria sovranazionale: una fazione importante si sarebbe opposta con ogni mezzo al “totalitarismo sanitario”, che secondo i “falchi” «doveva durare fino a tutto il 2023, cancellando per sempre diritti, libertà e democrazia». Se quel piano è fallito – sottolinea Bizzi – lo dobbiamo in gran parte alla Russia di Vladimir Putin: «Col suo vaccino Sputnik, che è sostanzialmente un antinfluenzale, si è portata dietro tre quarti del mondo, dall’India al Sudamerica». Abile, Putin: «Ha usato la Bielorussia come apripista. Ricordate? Il presidente Lukashenko – immediatamente aggredito con la solita “rivoluzione colorata” finanziata da Soros – denunciò il tentativo di corruzione da parte di Oms e Fmi: avrebbero coperto di soldi la Bielorussia, se avesse accettato di attuare il lockdown “come l’Italia”. Una denuncia che non è rimasta inascoltata».Putin, il presidente che Joe Biden ha appena definito «un assassino», ha messo fine per primo allo stato d’emergenza, abolendo ogni forma di distanziamento: «La scorsa settimana ha celebrato a furor di popolo la riunificazione con la Crimea: nel più grande stadio di Mosca c’erano duecentomila persone strette l’una all’altra, mano nella mano, e senza mascherina». Messaggi eloquenti, in mondovisione: «E’ il segnale: l’incubo ha le settimane contate, ormai, anche in Occidente, che – attenzione – resta di gran lunga l’area del mondo più colpita: sia in termini sanitari che in termini economici. E non credo proprio sia un caso». Alla luce del Bizzi-pensiero, le traduzioni nostrane sembrano più agevoli: Mario Draghi, che ha adottato la sottigliezza del soft-power, ha pubblicamente elogiato lo stesso Speranza (la maschera del rigore) irritando moltissimi italiani, ormai insofferenti di fronte al “regime” sanitario delle restrizioni. Ma ecco che, in capo a pochi giorni, proprio Speranza comincia a intonare la nuova canzone (”ne usciremo presto”) che, secondo Bizzi, era stata concordata già a novembre, nelle segrete stanze del grande potere: quello che poi, a cascata, spiega anche ai Roberto Speranza cosa dire, e quando.Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.
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Cure precoci: la svolta, malgrado il ministro Speranza
Le prossime settimane non saranno facili, avverte Roberto Speranza, dopo 365 giorni e 52 settimane tutt’altro che allegre, per gli italiani. Sarebbe bello, aggiunge, poter annunciare il ritorno alla vita, e invece tocca rassegnarsi (ancora) alla clausura. No, signor ministro: non ci siamo. Sarebbe bello, semmai, poter finalmente dire – sia pure con almeno sei mesi di ritardo – che ormai abbiamo trovato il modo di uscire dai guai. Sarebbe splendido poter comunicare agli italiani che ora siamo attrezzati, meglio tardi che mai, di fronte alla calamità Covid. Come? Nel modo più semplice: abilitando i medici di base a intervenire subito sui pazienti, ai primissimi sintomi, senza cioè aspettare che si aggravino, al punto da dover ricorrere alla respirazione assistita, in ospedale. E’ francamente sconcertante che i medici del territorio non siano ancora stati istruiti su come procedere, mediante un opportuno protocollo. Ed è surreale che il ministro della salute – dopo un anno intero trascorso a fare non si sa bene cosa – abbia il cattivo gusto di ripresentarsi in pubblico, con la stessa faccia, a ripetere quello che diceva esattamente un anno fa.Si chiama coazione a ripetere: è qualcosa che presuppone, se si è in buona fede, una specie di cortocircuito cognitivo, intellettuale. E’ in buona fede, l’infelice Speranza? Sembrerebbe di sì, visto che ha speso l’estate 2020 a scrivere un libro auto-celebrativo, anziché degnarsi almeno di rispondere ai (tanti) medici italiani che gli si erano rivolti, nei mesi precedenti, per segnalargli terapie efficaci – in fase precoce – nel frattempo sperimentate con successo. Farmaci in grado di “spegnere” l’incendio Covid nei primi giorni, quando il paziente è ancora a casa. La cura quindi non prevede il ricovero: dunque, nessuno stress emergenziale su una struttura ospedaliera resa fragile da decenni di tagli scellerati. Clamoroso il caso dei 30 specialisti italiani che già ad aprile scrissero inutilmente a Speranza per avvisarlo dell’efficacia dei cortisonici: il pupillo di Bersani non si curò nemmeno di rispondere “grazie, leggerò”. Due mesi dopo, i sanitari inglesi raggiunsero le stesse conclusioni: i cortisonici funzionano. E in quel caso il governo di Londra li ascoltò, eccome. Così, riscossero persino il plauso – non scontato – dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.Sono questi gli Oscar, i Nobel che Roberto Speranza ha collezionato, dopo un anno trascorso al ministero della sanità: basterebbero a suggerirgli di rassegnare dignitosamente le dimissioni. Per un presumibile scrupolo morale, nei mesi scorsi fece ritirare dalle librerie il suo libro “Perché guariremo”, immaginabile summa clinico-politica su come uscire indenni dalle pandemie, dall’alto dello scranno ministeriale di un paese che vanta centomila vittime e il record europeo di danni socio-economici da Covid. Alcuni medici in prima linea, come quelli di associazioni come “Ippocrate”, si sono rassegnati a curare i pazienti in modo gratuito e volontaristico, vista la latitanza delle istituzioni sanitarie. E oggi ribadiscono: è essenziale intervenire subito, evitando di abbandonare i pazienti per giorni nelle loro case, perché il Covid può evolvere velocemente facendo danni spesso irreparabili. Lo si è visto negli ospedali: i migliori rianimatori non sono sempre riusciti a utilizzare l’elevato potenziale delle terapie intensive per salvare soggetti, anziani e non solo, ricoverati in condizioni ormai gravemente compromesse.Fare presto: questa, dicono i sanitari, è la chiave vincente. Non per far sparire il Covid dalla circolazione: nessuno maneggia la bacchetta magica. Si tratta però di statistica: avremmo evitato almeno il 60% dei ricoveri. Cifre mostruose: se confermate, basterebbero a cancellare il grande terrore alimentato per un anno intero da cattivi politici e cattivi giornalisti, sempre disattenti di fronte alle notizie positive provenienti dal mondo medico, a sua volta mandato troppo spesso allo sbaraglio, senza mezzi adeguati, di fronte all’invasione dei pronto soccorso. A sottolineare l’importanza decisiva della tempestività è anche un luminare come Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano: ha messo a punto una sorta di protocollo che garantisce di ridurre radicalmente il problema, con la semplice somministrazione domiciliare – purché precoce – di normali farmaci antinfiammatori. La grande notizia è che il nuovo governo, guidato da Mario Draghi, sembra intenzionato a percorrere finalmente la strada giusta, cioè questa: predisporre un protocollo nazionale basato sulle cure precoci da prescrivere a casa. Obiettivo garantito: tagliare di netto la pressione sugli ospedali e trasformare il Covid in quello che è, cioè una malattia il più delle volte regolarmente curabile, se affrontata per tempo.Non è più di moda, la canzone funebre intonata ininterrottamente, per un anno, dagli spaventapasseri di Giuseppe Conte, impegnati a recitare ogni sera la medesima litania tombale destinata ai telespettatori ipnotizzati dalla paura. I medici che hanno imparato a guarire dal Covid ammettono che un anno fa l’esecutivo può esser stato colto di sorpresa, ma aggiungono che – se si fosse fatto tesoro delle scoperte maturate sul campo, in poche settimane – oggi conteremmo decine di migliaia di vittime in meno. Il Sars-Cov-2 è un virus mutante e altamente contagioso: si spera che, nell’immediato, i vaccini “genici” in circolazione possano almeno frenarlo, consentendo di allentare la stretta sociale e rianimare l’economia, di cui interi settori (come il turismo, la cultura, la ristorazione) sono letteralmente allo stremo. Allo scopo, lo stesso Draghi ha appena licenziato uno degli uomini-simbolo del disastro italiano, Domenico Arcuri, ricorrendo addirittura a un militare, il generale Figliuolo, per rimediare almeno alla catastrofica inefficienza del piano vaccinale di Conte, allineando cioè acquisizioni di scorte e somministrazioni celeri.Se ora Draghi recluterà Remuzzi (o qualcuno della sua scuola), in attesa di poter quantificare alla distanza l’effettiva efficacia della copertura vaccinale, si presume che accadrà questo: nel frattempo, i pazienti Covid saranno finalmente curati subito, e la maggior parte di loro guarirà in pochi giorni restando a casa. A quel punto, riascoltare Roberto Speranza nell’edizione marzo 2021 (rassegnarsi al lockdown, ancora) sarà come rivedere un film dell’orrore, pieno di farneticazioni minacciose e inconcludenti come le ciance inutilmente spese, per un anno intero, al capezzale dell’Italia, trasformata in malato terminale. “Così guariremo” sarebbe il titolo (corretto) del libro che Speranza non ha saputo scrivere: guariremo – non è più un mistero, ormai – con i farmaci giusti prescritti nelle prime ore, restando a casa e mettendo fine all’incubo. E magari tornando anche in montagna a sciare: ma solo tra un anno, visto lo scherzetto che il Ministro della Paura ha combinato alle aziende del turismo invernale, bloccate a poche ore dalla riapertura promessa. L’arcano, semmai, riguarda il luogo segreto al quale Roberto Speranza attinge per trovare il coraggio di ripresentarsi in televisione, oggi, a ripetere che non c’è niente da fare, che dobbiamo continuare a soffrire. Senza speranza, appunto.(Giorgio Cattaneo, “Cure precoci: la svolta, malgrado il ministro senza speranza”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 marzo 2021).Le prossime settimane non saranno facili, avverte Roberto Speranza, dopo 365 giorni e 52 settimane tutt’altro che allegre, per gli italiani. Sarebbe bello, aggiunge, poter annunciare il ritorno alla vita, e invece tocca rassegnarsi (ancora) alla clausura. No, signor ministro: non ci siamo. Sarebbe bello, semmai, poter finalmente dire – sia pure con almeno sei mesi di ritardo – che ormai abbiamo trovato il modo di uscire dai guai. Sarebbe splendido poter comunicare agli italiani che ora siamo attrezzati, meglio tardi che mai, di fronte alla calamità Covid. Come? Nel modo più semplice: abilitando i medici di base a intervenire subito sui pazienti, ai primissimi sintomi, senza cioè aspettare che si aggravino, al punto da dover ricorrere alla respirazione assistita, in ospedale. E’ francamente sconcertante che i medici del territorio non siano ancora stati istruiti su come procedere, mediante un opportuno protocollo. Ed è surreale che il ministro della salute – dopo un anno intero trascorso a fare non si sa bene cosa – abbia il cattivo gusto di ripresentarsi in pubblico, con la stessa faccia, a ripetere quello che diceva esattamente un anno fa.
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Pericolosi dementi: odiano Salvini e ignorano De Donno
Strano paese, questo: il governo fa come se non esistesse, il medico di Mantova che ha scoperto come annullare la minaccia del coronavirus. Mezzo mondo fa la corte al professor Giuseppe De Donno, che ha trovato l’uovo di Colombo: se nelle vene di un malato si inietta il plasma di un soggetto guarito, il male scompare alla velocità della luce. Grosso guaio, per chi aveva scommesso sulla Peste Bubbonica 2.0, di durata pressoché infinita. Un flagello abbastanza spaventoso da trasformare i cives in pecore, dispostissime domani a subire un vaccino di massa, obbligatorio (che grandi virologi ritengono perfettamente inutile, dato il carattere mutante dei virus Rna). Ma il Covid-19 è perfetto, per lanciare il vaccino come rimedio ineludibile. E a sua volta, sostiene il criminologo Alessandro Meluzzi, la vaccinazione non è che la premessa del vero obiettivo: il microchip universale da inserire sottopelle, che trasformerebbe gli esseri umani in unità sorvegliate h-24, attraverso lo strettissimo monitoraggio che registrerebbe in tempo reale ogni loro mossa. Tutto questo, grazie a infrastrutture informatiche invasive e forse anche pericolose per la salute, come la misteriosa rete 5G che avanza incontrastrata, in Italia, grazie al Movimento 5 Stelle ora al governo con il Pd, l’euro-partito “tedesco” del Rigor Montis.Imbavagliati dalle mascherine che li trasformano in automi coatti, spaventati dall’autorità e disinformati in modo spietato e grottesco da giornali e televisioni, gli italiani per ora assistono agli eventi. Uno su tutti: il crollo dell’economia. Lo ha imposto il governo-fantasma del ventriloquo Conte, che ha confiscato la libertà democratica per restare avvinghiato all’emergenza (che si augura eterna) per non dover fare i conti con i disastri che ha combinato, le promesse a vuoto e i ritardi incresciosi, dai mitici 600 euro alla cassa integrazione, fino alla patetica “preghiera” rivolta alle banche, nel paese in cui l’ex Fiat (migrata all’estero) pretende subito 6,3 miliardi di aiuti, innanzitutto per sé. Ci sarebbe da metter mano a un piano di rilancio epocale, disperatamente necessario già prima della pandemia, ma i pallidi arconti di Palazzo Chigi e i vari prestanome insediati nei ministeri non sanno letteralmente che pesci pigliare: “ispirati” dalle centinaia di anonimi tecnocrati a cui hanno ceduto le leve di comando, sperano che il regime di psicosi duri il più possibile, sotto la sferza della nuova polizia sanitaria, ma sanno che prima o poi – da settembre, al massimo – i nodi verranno al pettine. Dettaglio illuminante: la decisione di Mattarella di non consentire a Conte altri sei mesi di stato d’emergenza. Come dire: questo mediocre teatro di attori cialtroni e minacciosi è durato anche troppo.Sconcerta la presa che questo potere autoritario esercita ancora, su vastissimi strati di cittadini: ad esempio, non vengono pretese le dimissioni immediate del presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che annuncia di voler “stanare casa per casa” i contagiati, quasi fossero untori della peste e non invece portatori di un virus che secondo l’Istitito Superiore di Sanità ha ucciso soltanto persone anziane e malate. Un virus che certo non fa più paura a Mantova e Pavia, gli ospedali che lo hanno “disarmato” ricorrendo agli anticorpi sviluppati dai pazienti guariti. E dove viene svolta, la sperimentazione governativa per testare ufficialmente quello che già si conosce, ovvero la validità del metodo-Mantova? A Pisa, dove – secondo De Donno – l’ospedale ha finora affrontato un solo caso di coronavirus. Il posto giusto, parrebbe, per far naufragare la cura risolutiva, secondo il sistema già collaudato, per i tumori, con la terapia Di Bella. Il ragazzetto che ufficialmente esercita il ruolo di ministro della sanità, tale Roberto Speranza (già capogruppo del Pd bersaniano che consegnò l’Italia alla Premiata Macelleria Monti e al pareggio di bilancio in Costituzione) ha l’aria di essere una semplice comparsa, in uffici dominati dall’eminente figura di Walter Ricciardi, player italiano di quella stessa Oms, finanziata dal vaccinocrate Bill Gates, che gli Usa accusano di aver “incubato” il coronavirus a Wuhan.Che i segni di follia costellino i giorni italiani del Covid lo dimostra l’astio, perdurante e surreale, nei confronti di un personaggio politico modestissimo come Matteo Salvini, che nel 2018 ebbe il piccolo merito di denunciare l’ipocrita business politico, italiano e internazionale, realizzato sulla pelle dei migranti. Lo stesso Salvini ebbe però il grandissimo demerito di aver ceduto su tutto il resto, in primis l’intransigenza Ue sulla richiesta di deficit, fino alle pressioni del super-potere che utilizzò i soliti 5 Stelle per convalidare, con Giulia Grillo, l’aberrante obbligo vaccinale improvvisamente esteso a 10 vaccinazioni, senza alcuna motivazione medica, pena l’esclusione dei bambini dalle scuole dell’infanzia. Il piccolo eroe del Papeete, ribattezzato “il cazzaro verde” dal greve propagandista Scanzi, aveva esordito malissimo, ingoiando senza fiatare il “niet” di Mattarella sulla nomina di Paolo Savona all’economia. Dipinto come un mostro razzista e xenofobo, praticamente fascista, Salvini si era difeso dall’assedio (mediatico e giudiziario, prima che politico) ricorrendo all’inchino rituale di fronte al totem di Israele, con il consueto cerimoniale: omaggiare le vittime della Shoah, trascurando le nefandezze del governo Netanjahu contro i palestinesi. Ora qualcosa sembra sul punto di rompersi: su chat di magistrati emergono espressioni come “quella merda di Salvini”, al punto da spingere il capo dello Stato a esprimere solidarietà verso il leader leghista.Ma il punto è un altro: ed è l’odio implacabile di cui il “cazzaro verde” rimane vittima, anche in pieno tsunami-coronavirus. Lo si legge nel mare mosso dei social, ottimo sismografo dei sentimenti collettivi, intasato di insulti e polemiche avvelenate. Quanto sarebbe costata la liberazione di Silvia Romano? “Meno di 49 milioni”, è la pronta risposta degli haters del “cazzaro”, disposti a bersi la bufala secondo cui la Lega avrebbe davvero “rubato” quei soldi. La verità la sintetizza Luca Telese, mai tenero coi leghisti: attraverso una sentenza che non ha precedenti in Italia, la magistratura (cioè, colleghi dei magistrati che ammettono di aver cercato di fermare “quella merda di Salvini”) ha semplicemente decretato, a posteriori, che la Lega non avrebbe avuto diritto ai finanziamenti annuali, nel frattempo pervenuti e regolarmente spesi per l’attività politica, in modo trasparente. Tutto questo, per via di remote malversazioni imputate all’epoca di Bossi (peraltro di entità infinitamente minore: solo mezzo milione di euro, a quanto pare), quando l’allora oscuro Salvini era un semplice consigliere comunale. Non pochi specialisti del diritto hanno considerato quella sentenza un’anomalia giuridica: quando infatti la Lega di Salvini riceveva regolarmente quei 49 milioni (la somma dei rimborsi di svariate tornate elettorali) era perfettamente autorizzata a incassarli.Ripetere oggi che la Lega (e quindi l’odiato “cazzaro”) avrebbe “rubato” 49 milioni, è patetico, a prescindere dall’opinione politica, anche pessima, che si possa avere del discutibilissimo ex ministro dell’interno, capace di performance imbarazzanti e indimenticabili, come quando – vestito da poliziotto – andò all’aeroporto ad accogliere l’ex terrorista Cesare Battisti, estradato dal Sudamerica. Preoccupante, parlare di 49 milioni “rubati”. E ancora più allarmante se un’idiozia simile la si ripete mentre il paese sta collassando, vessato dai suoi strani carcerieri e minacciato da un futuro che più buio non potrebbe essere. Torna in mente l’allegoria manzoniana dei capponi di Renzo, che non trovano di meglio che scannarsi tra loro anche un attimo prima di finire in padella. A Rivoli, grosso centro dell’hinterland torinese, è stata letteralmente scuoiata viva, per settimane, una donna malaccorta, vicesindachessa (in quota Lega, ecco il guaio), protagonista di un’uscita infelice sul presunto abuso politico del 25 Aprile. A crocifiggerla, con petizioni e tam-tam di ogni genere, sui social, gli autoproclamati Eredi Unici e Universali dei Partigiani. Italiani “di sinistra”, anch’essi prigionieri dei decreti Conte: eppure, benché relegati agli arresti domiciliari, la Liberazione l’hanno celebrata dai balconi, cantando Bella Ciao, senza lontanamente domandarsi come avrebbero reagito, gli amati partigiani, di fronte a inaudite restrizioni delle libertà imposte forzando proprio la Costituzione antifascista.Il problema? L’identità leghista, e quindi “cazzara”, della povera vicesindachessa. Certo, lo stesso Salvini è l’ultimo a potersi lamentare del clima di brutale intolleranza che regna nel paese, avendo lui stesso dato un enorme contributo all’imbarbarimento dei costumi politici. Ma è possibile che i suoi tanti odiatori non vedano quanto sia piccolo, Salvini, di fronte all’immensità del problema totalitario chiamato coronavirus? Viene addirittura il sospetto che la mano invisibile che ha aiutato Salvini ad emergere, ospitandolo per anni il televisione, volesse proprio questo: gonfiare una rana di fatto innocua per il potere europeo, ma abbastanza spaventevole per i gonzi italiani che ancora non hanno capito che qualcuno sovragestisce abilmente l’affare planetario del Covid. Per questo Salvini resta perfetto, ancora oggi, come spaventapasseri: distrae gli ingenui dal vero problema, dai veri decisori. Se l’è anche cercata, Salvini, persino in Emilia: la decisione di molestare al citofono un tunisinino, trattandolo come uno spacciatore, resterà negli annali dei suicidi politici. E il peggio è che il beneficiario del suicidio, l’incolore Bonaccini, oggi passa quasi per eroe: funziona alla grande, l’odio verso Salvini, per sdoganare l’idea – vagamente hitleriana – di chi pensa di “stanare casa per casa” gli italiani che non risponderanno signorsì al Ministero della Verità.Chi ancora perde il suo tempo a odiare Salvini, mentre il paese crolla e l’orizzonte della libertà si allontana di giorno in giorno, non spende una parola di indignazione per l’ignobile “task force” istituita dal piddino Martella per censurare l’informazione sul Covid. Chi detesta il “cazzaro” non protesta perché Fabio Fazio, anziché il salvatore De Donno, invita a ripetizione Roberto Burioni: un tizio che nel suo Patto per la Scienza (firmato da Grillo, Renzi e Mentana) anticipò i tempi duri che stiamo vivendo, con la pretesa – messa per iscritto – di pilotare i fondi destinati alla ricerca. E’ lo stesso Burioni che, per silenziare uno scienziato eretico (Stefano Montanari) ha chiesto alla magistratura di spegnere “ByoBlu”, il video-blog più seguito dagli italiani. Eppure, gli haters se la prendono con Salvini (non con Burioni o Fazio), e parteggiano per l’imbarazzante Bonaccini (non per l’eroe nazionale De Donno). Ma se in questo si volesse scorgere una simmetria, si sbaglierebbe: perché nemmeno Salvini si batte per De Donno e contro Burioni. Gli italiani sono soli: questa è la verità. E a milioni, ancora, si accaniscono contro falsi nemici. Cosa sarebbe successo, se Berlusconi avesse imposto anche solo da decima parte dei diktat di Conte? E se lo avesse fatto Salvini, addirittura? Va tutto bene, invece, se i Pieni Poteri se li prende “l’avvocato del popolo”, lo yesman fabbricato dalla peggiore baronia universitaria e protetto dal Vaticano, imbucato oculatamente tra i 5 Stelle un attimo prima che gli elettori, nel 2018, ne decretassero il trionfo.Cosa bisogna pensare, degli elettori che nel 2018 diedero fiducia all’ingenuo Speranza, agli scalpitanti grillini, all’economista di sinistra Alberto Bagnai rassegnato a candidarsi con la Lega vista l’impossibilità di praticare teorie di sinistra nello zoo renziano e zingarettiano? Con sfumature diverse, tutti questi elettori – milioni di italiani, davvero tanti – erano accomunati da un’unico bisogno: la necessità di rimettere la politica al di sopra della finanza. Com’è finita, lo si è visto: prima l’inconcludente governo gialloverde, poi l’altrettanto inutile esecutivo giallorosso, identico al precedente, con la sola variante (meramente estetica, cosmetica) dell’assenza del “cazzaro”. Stessa politica: austerity, in ossequio al super-potere di Bruxelles. Fino al magico V-Day, non più grillino ma cinese: l’avvento dell’Era del Virus. Il piano prevedeva precisamente il pandemonio, e infatti eccolo all’opera: niente sarà più come prima. Se i cittadini rassegnati (ieri al lockdown e oggi alla museruola) pensano ancora che l’incubo si dissolverà, forse non hanno capito quello che è successo davvero.Sarà proprio la ferocia della crisi – dicono alcuni osservatori – ad aprire gli occhi ai dormienti, spingendoli a fare l’unica cosa sensata: unire le forze, mettendo da parte l’odio tribale che serve solo a chi ha interesse a dividere gli ex cittadini, trasformati in sudditi in soli due mesi, a colpi di decreti, da parte di un premier mai eletto da nessuno. La strada però è ancora lunga: lo dice la stima di cui tuttora gode il peggior primo ministro della storia nazionale. C’è chi lo ama, addirittura: perché osò sfidare il “cazzaro”. Non sembra avere fine, l’autolesionismo italiota: si riverbera magnificamente nell’imbecillità di chi demonizza i ragazzi che si assiepano all’aperitivo, dopo quasi tre mesi di clausura. Imbecillità criminosa, a questo punto: perché in tempo di guerra gli idioti diventano un pericolo pubblico. Guardare di traverso chi non indossa la museruola significa essere essere complici, oltre che cretini: complici di chi censura la verità, di chi tace i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (tra le vittime classificate Covid, solo il 3,7% non affetto da gravi patologie pregresse). Complici, soprattutto, di chi finge che il Covid sia tuttora un male incurabile: complici, quindi, dei censori che oscurano De Donno. Un medico di cui tutti gli italiani dovrebbero andare fieri, compresi quelli che lo ignorano: e anche in questo, Matteo Salvini e i suoi odiatori sono tristemente identici.(Giorgio Cattaneo, “I pericolosi dementi che ancora odiano Salvini (e ignorano De Donno)”, dal blog del Movimento Roosevelt del 23 maggio 2020).Strano paese, questo: il governo fa come se non esistesse, il medico di Mantova che ha scoperto come annullare la minaccia del coronavirus. Mezzo mondo fa la corte al professor Giuseppe De Donno, che ha trovato l’uovo di Colombo: se nelle vene di un malato si inietta il plasma di un soggetto guarito, il male scompare alla velocità della luce. Grosso guaio, per chi aveva scommesso sulla Peste Bubbonica 2.0, di durata pressoché infinita. Un flagello abbastanza spaventoso da trasformare i cives in pecore, dispostissime domani a subire un vaccino di massa, obbligatorio (che grandi virologi ritengono perfettamente inutile, dato il carattere mutante dei virus Rna). Ma il Covid-19 è perfetto, per lanciare il vaccino come rimedio ineludibile. E a sua volta, sostiene il criminologo Alessandro Meluzzi, la vaccinazione non è che la premessa del vero obiettivo: il microchip universale da inserire sottopelle, che trasformerebbe gli esseri umani in unità sorvegliate h-24, attraverso lo strettissimo monitoraggio che registrerebbe in tempo reale ogni loro mossa. Tutto questo, grazie a infrastrutture informatiche invasive e forse anche pericolose per la salute, come la misteriosa rete 5G che avanza incontrastrata, in Italia, grazie al Movimento 5 Stelle ora al governo con il Pd, l’euro-partito “tedesco” del Rigor Montis.
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Patto franco-tedesco, Magaldi: minacciamoli di lasciare l’Ue
«Il governo gialloverde non fa paura a nessuno, in Europa: abbaia, ma non morde. Ecco perché l’oligarchia europea non ha alcun interesse a farlo cadere, men che meno per instaurare un esecutivo “tecnico” come quello di Monti, oggi improponibile all’elettorato italiano». Secondo Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, l’allarme lanciato da Gianfranco Carpeoro (Cottarelli al posto di Conte, in attesa di Draghi) ha un significato «sottilmente apotropaico», quello cioè di evocare un pericolo – l’ennesimo complotto – proprio allo scopo di scongiurarlo, “bruciandolo”. Per Magaldi, in fondo, la realtà è persino peggiore di quella tratteggiata da Carpeoro: perché «gli spaventapasseri Di Maio e Salvini non hanno nemmeno saputo approfittare della rivolta francese dei Gilet Gialli per pretendere, come avrebbero dovuto, il rispetto delle legittime istanze del governo italiano». Mazziati e cornuti, ma senza ammetterlo: «Bravi ad alzare la voce sui migranti e magari su Battisti, e invece zitti di fronte ai diktat della Commissione Europea», peraltro dominata da due paesi – Germania e Francia – che adesso, con lo scandaloso Trattato di Aquisgrana, «rifilano un ceffone plateale a tutti i cantori, anche italiani, della mitica Unione Europea, finora in realtà mai esistita e mai davvero nata».Chiamiamola Disunione Europea: è una cupola di oligarchi affaristi, impegnati a svuotare le nostre democrazie impoverendo i popoli. Di fronte a questo, «l’Italia dovrebbe minacciare di sospendere la vigenza dei trattati europei». Il dado è tratto, avverte Magaldi: ormai, i gruppi di potere (privatistici) che sostengono la Merkel e Macron hanno gettato la maschera. «Odiano a tal punto la democrazia, da stipulare un accordo smaccatamente egoistico, in danno degli altri paesi europei». Oltre all’incredibile “Consiglio dei ministri congiunto, franco-tedesco”, c’è anche «la barzelletta dei “due sederi” che si alternerebbero al seggio, attualmente solo francese, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». Parigi è disposta a cedere il 50% di quella poltrona a Berlino? «Curioso: da Francia e Germania, non una parola sul penoso stato in cui è ridotta l’Onu, ormai incapace di far rispettare i diritti umani nel mondo». Quanto alla Francia, «persino Di Maio, meglio tardi che mai, si è premurato di ricordare l’incredibile atteggiamento predatorio e neo-coloniale che i francesi impongono a 14 paesi africani, quelli da cui provengono molti dei migranti diretti in Italia, su cui poi il signor Macron si permette di fare lo spiritoso».Una denuncia che il presidente del Movimento Roosevelt anticipa in una video-chat su YouTube con Marco Moiso, ribadendola poi nel web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”: l’Italia, semplicemente, non può accettare che una cricca di faccendieri oligopolisti decida – per giunta, parlando a nome del popolo tedesco e di quello francese – di prendere a calci i partner europei per tentare di ipotecare all’infinito il loro potere, finora affidato ai burattini Merkel e Macron. La verità è un’altra: la cancelliera è al tramonto, mentre l’Eliseo è assediato dalla rivolta di strada: 8 francesi su 10 voterebbero contro l’attuale presidente. E in queste condizioni i governi di Francia e Germania pensano di poter dichiarare guerra, impunemente, al resto d’Europa? I fatti potrebbero dar loro ragione, commenta Magaldi con amarezza, solo se il governo italiano continuasse la sua indecorosa manfrina: proclami altisonanti, per poi lasciarsi regolarmente umiliare. Sembra proprio che tutto sia cominciato il 27 maggio 2018, quando Lega e 5 Stelle hanno accettato di subire il “niet” di Mattarella sull’incarico a Paolo Savona come ministro dell’economia.Da lì in poi, gli oligarchi devono aver capito che il nascituro governo gialloverde si sarebbe rassegnato a ingoiare qualsiasi rospo, rinunciando alle grandi promesse della campagna elettorale: reddito di cittadinanza, Flat Tax, rottamazione della legge Fornero sulle pensioni. Per invertire la rotta e bocciare l’Europa del rigore serviva un deficit di almeno il 4%, capace di stimolare l’economia già nel 2019. Ma l’esecutivo Conte non è andato oltre la proposta del 2,4%, restando al di sotto della soglia (artificiosa, ideologica e dannosa) sancita dal famoso 3% di Maastricht. Salvo poi perdere definitivamente la faccia, facendosi limare un altro mezzo punto di deficit, sotto la minaccia della procedura d’infrazione. Risultato: accorciata ulteriormente la coperta, tutte le promesse gialloverdi sono evaporate. L’irrisorio reddito grillino appare condizionato da intricatissimi vincoli burocratici, mentre la riforma delle pensioni (quota 100) è ridotta a puro ecloplasma. E non s’è vista nessuna vera riduzione del carico fiscale. Anche per questo, dice Magaldi, i gialloverdi alzano il volume su questioni secondarie e irrilevanti, come l’arresto di Cesare Battisti, estradato solo perché in Brasile è salito al potere l’imbarazzante Bolsonaro.Un avviso a Salvini: non basta cambiare felpa, tutti i giorni, per nascondere la bancarotta politica del “governo del cambiamento”, che si sta rivelando una colossale presa in giro. «Che bisogno c’è di farlo cadere, un governo così docile? E’ perfetto, per lasciare tutto com’è». Con in più il vantaggio di dare agli italiani, per ora, l’illusione di un’inversione di rotta. «Ma attenzione: le cose possono cambiare in tempi rapidissimi». Se n’è accorto Matteo Renzi, «altro campione di chiacchiere», passato in pochi mesi dal 40% al ruolo di profugo politico. Anche per questo, sottolinea Magaldi, è necessario dare fiato a una nuova prospettiva, quella del “partito che serve all’Italia”, i cui promotori – tra cui Ilaria Bifarini, Nino Galloni e Antonio Maria Rinaldi – torneranno a riunirsi a Roma il 10 febbraio. Orizzonte: costruire un vero Piano-B per uscire dall’autismo dell’Europa degli oligarchi. Se ne parlerà anche a Londra il 30 marzo, in un forum sull’economia europea indetto dal Movimento Roosevelt, al quale parteciperanno personalità come Guido Grossi, già supermanager Bnl.E’ il momento di parlar chiaro, ribadisce Magaldi: oggi, l’Italia ha il dovere di convocare i partner europei – Francia e Germania in testa – per obbligarli a riscrivere le regole dell’Unione. Ovvero: una Costituzione democratica e un governo continentale finalmente eletto dal Parlamento Europeo, espressione diretta degli elettori. E quindi: una politica economica unitaria, la fine dello spread, il sostegno al debito mediante gli eurobond. Addio al Trattato di Maastricht e al suo ignobile 3%. O si disegna un New Deal, come invocato dallo stesso Savona nel suo discorso al Senato, o l’Europa è morta. E se Parigi e Berlino pensano di fare da sole, a maggior ragione: l’Italia le fermi. «Dica chiaramente, il nostro governo, che se la linea è quella del Trattato di Aquisgrana, il nostro paese sospende la vigenza di tutti i trattati europei». In questo modo, aggiunge Magaldi, l’Italia parlerebbe anche a nome degli altri partner Ue, esercitando un ruolo autorevole: «Un governo italiano realmente europeista, che denunciasse come anti-europeisti i difensori di questa Europa così com’è, dovrebbe dire a tutti gli altri partner che è giunta l’ora di sciogliere il patto».E questo, peraltro, «vorrebbe dire assumersi la leadership di un processo di riconversione democratica dell’Europa». Se invece Francia e Germania rifiutassero di ascoltare l’Italia, a quel punto «l’eventuale uscita dai trattati avrebbe ben altra legittimazione, anche internazionale». Certo, aggiunge Magaldi, lo schiaffo franco-tedesco deve bruciare soprattutto sulle guance «di tutti quegli imbecilli, anche italiani», che hanno fatto del mantra “ce lo chiede l’Europa” un dogma di fede, «credendo che il sogno europeo dovesse passare per l’imposizione di una governance post-democratica». Una sonora lezione anche per i velleitari “eroi” del nuovo sovranismo, ambigua bandiera «da sventolare in campagna elettorale, per poi ammainarla una volta al governo». Prendete Salvini: la sua ipotetica alleanza tra nazionalismi contava soprattutto su Ungheria e Polonia, «cioè proprio i due paesi che, per primi, hanno bocciato la manovra del governo Conte».Per Magaldi, in sostanza, «dobbiamo essere abili, e anche leali verso gli altri popoli europei». Illusorio rifugiarsi entro i confini nazionali: chi rimpiange l’Italia della lira, che stava certamente assai meglio di quella dell’euro, «dimentica sempre di ricordare che il nostro paese beneficiava innanzitutto del supporto internazionale degli Usa». Ovvero: «Con gli “assi” fondati sugli egoismi nazionali non si va da nessuna parte: fare da soli è impossibile, in un mondo sempre più interconnesso. E qualunque idea di una nazione isolata che possa resistere all’urto dei poteri globali è pura follia». L’alternativa? Semplice, in teoria: «Per contrastare le reti sovranazionali private, cementate da interessi inconfessabili, bisogna costruire reti sovranazionali pubbliche e finalmente democratiche». L’Italia di eri – fino a Monti, Letta, Renzi e Gentiloni – era «subalterna, imbelle e servile». Quella di oggi, gialloverde, preferisce «il piagnisteo velleitario, i proclami muscolari a cui poi non seguono i fatti». Serve un’altra Italia, «sovrana e democratica, orgogliosa di sé», capace di alzarsi in piedi e proporre la democrazia come modello imprescindibile, «non solo in Europa ma anche alle Nazioni Unite».«Il governo gialloverde non fa paura a nessuno, in Europa: abbaia, ma non morde. Ecco perché l’oligarchia europea non ha alcun interesse a farlo cadere, men che meno per instaurare un esecutivo “tecnico” come quello di Monti, oggi improponibile all’elettorato italiano». Secondo Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, l’allarme lanciato da Gianfranco Carpeoro (Cottarelli al posto di Conte, in attesa di Draghi) ha un significato «sottilmente apotropaico», quello cioè di evocare un pericolo – l’ennesimo complotto – proprio allo scopo di scongiurarlo, “bruciandolo”. Per Magaldi, in fondo, la realtà è persino peggiore di quella tratteggiata da Carpeoro: perché «gli spaventapasseri Di Maio e Salvini non hanno nemmeno saputo approfittare della rivolta francese dei Gilet Gialli per pretendere, come avrebbero dovuto, il rispetto delle legittime istanze del governo italiano». Mazziati e cornuti, ma senza ammetterlo: «Bravi ad alzare la voce sui migranti e magari su Battisti, e invece zitti di fronte ai diktat della Commissione Europea», peraltro dominata da due paesi – Germania e Francia – che adesso, con lo scandaloso Trattato di Aquisgrana, «rifilano un ceffone plateale a tutti i cantori, anche italiani, della mitica Unione Europea, finora in realtà mai esistita e mai davvero nata».
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Magaldi: che delusione, l’esperienza gialloverde sta fallendo
«Diciamocelo: l’esperienza gialloverde sta fallendo. Lega e 5 Stelle rischiano grosso, di fronte alla cocente delusione degli elettori che avevano creduto nella loro scommessa». Parola di Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014), che svela la natura supermassonica del vero potere, che in Europa si nasconde dietro la tecnocrazia di Bruxelles e le cancellerie che contano, Berlino e Parigi in primis. Spettacolo penoso, la retromarcia tattica del governo Conte di fronte alle minacce dell’euro-establishment, «come se il problema fosse davvero il deficit al 2,4%», che ora peraltro il governo si sta preparando a “sacrificare”. Linea perdente, dice Magaldi: guai, a cedere al ricatto. Perché siamo di fronte a una colossale farsa: tutti sanno benissimo che Bruxelles non ha affatto a cuore il benessere del sistema-Italia. L’unico vero obiettivo dei nostri censori – Moscovici e Juncker, Macron e Merkel – è stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di rovesciare il paradigma neoliberista dell’austerity, propagandato e difeso “militarmente” a colpi di spread. Sul piano contabile non può far paura a nessuno, l’esiguo incremento del deficit inizialmente previsto dal Def per il 2019. Lo sanno Di Maio e Salvini, ma lo sanno anche i signori di Bruxelles. A inquietare gli oligarchi, semmai, è la bandiera della ribellione, sventolata dall’Italia per qualche settimana.L’orgogliosa rivendicazione post-keynesiana del governo Conte, sottolineata dal richiamo al New Deal rooseveltiano da parte di Paolo Savona, poteva innescare un benefico contagio europeo, basato sulla richiesta di sovranità democratica. Se invece ora l’Italia fa retromarcia e dice “abbiamo scherzato”, per Lega e 5 Stelle può essere l’inizio della fine, sostiene Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Una riflessione a tutto campo, quella del presidente del metapartitico Movimento Roosevelt, nato per rigenerare la politica italiana scuotendola dal torpore conformistico dell’equivoca Seconda Repubblica, durante la quale la finta alternanza dei partiti al potere – centrodestra e centrosinistra – ha costretto l’Italia a imboccare la via del declino, tra delocalizzazioni e privatizzazioni improntate alla “teologia” neoliberale che demonizza la spesa pubblica al solo scopo di trasferire potere e ricchezza ai grandi oligopoli privati. Magaldi è stato uno sponsor del governo Conte, che ha lungamente supportato e incoraggiato – a patto però che rompesse l’incantesimo che vieta all’Italia di riappropriarsi della sua sovranità, a cominciare da quella monetaria.L’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, invoca il ricorso a una moneta parallela. Proprio la gestione dell’euro – monopolizzata dal cartello finanziario che detiene il controllo della Bce – è uno dei punti strategici su cui farà leva il “partito che serve all’Italia”, cantiere politico roosveltiano che il prossimo 22 dicembre a Roma comincerà a costruire un’agenda concreta. Le delusione di fronte al cedimento all’Ue non impedisce a Magaldi di continuare a considerare Lega e 5 Stelle gli unici interlocutori potenzialmente credibili: certo, se si alza bandiera bianca sul deficit 2019, la partita è destinata a slittare al 2020, dopo le europee, traguardo al quale il governo intende presentarsi senza avere sulle spalle il peso dell’eventuale procedura d’infrazione per eccesso di debito. Ma così, obietta Magaldi, non si può sperare di andare lontano. Per un motivo essenziale: è perdente, sempre e comunque, piegarsi a un ricatto. E quello degli oligarchi Ue è un ricatto ipocrita, travestito da economicismo: il rigore viene spacciato per strada maestra, quando gli stessi ideologi dell’austerity sanno perfettamente che il taglio della spesa produce solo recessione e disoccupazione.La stessa manovra gialloverde non è certo impeccabile, annota Magaldi: non c’è ancora la più pallida idea di come applicare l’eventuale reddito di cittadinanza sbandierato da Di Maio, mentre – sul fronte leghista – siamo lontani anni luce dal decisivo sgravio fiscale promesso alle elezioni. «E’ di quello che hanno bisogno come il pane gli ambienti imprenditoriali che avevano sostenuto Salvini: cosa importa, alle aziende, del “decreto sicurezza” appena approvato? Oltretutto, quel decreto – davvero pessimo – potrebbe anche configurare pesanti e inaccettabili limitazioni alle libertà personali». Neppure nella versione con il deficit al 2,4%, insiste Magaldi, la manovra mostrava sufficienti investimenti nei settori in grado di rilanciare l’economia: un impegno troppo esiguo, non certo adeguato a garantire quel “moltiplicatore economico” di cui il paese ha bisogno. Premessa: «Aumentare il deficit è doveroso, per rimettere in moto l’economia, purché però si investa nei settori che garantiscano la crescita dell’occupazione». Si corre il rischio di fare «la stessa figura di Tsipras, che ha tradito i greci per piegarsi all’Ue». Altro paragone increscioso, quello con Matteo Renzi: «Era andato a Bruxelles facendo il fanfarone, annunciando svolte epocali per uscire dall’austerity di Monti e Letta, ma poi ha ceduto su tutta la linea».Tsipras e Renzi sappiamo che fine hanno fatto. A Salvini e Di Maio, un analogo scivolone costerebbe l’osso del collo. Anche perché ormai l’opinione pubblica italiana ha preso le misure, ai padreterni di Bruxelles: oggi, a Mario Monti ed Elsa Fornero l’italiano medio non stenderebbe più il tappeto rosso. S’è messo in moto qualcosa di profondo, nel paese, anche grazie alla politica pre-elettorale della Lega e dei 5 Stelle, carica di aspettative. Ora, come dire, sarebbe folle rimangiarsi la parola data. Guai ad arretrare, di fronte alle minacce dei burattini di quella che resta una cupola finanziaria supermassonica, la stessa che ha insediato all’Eliseo il micro-oligarca Macron, contro il quale oggi la Francia stessa si sta sonoramente ribellando. E l’Italia che fa, resta a guardare? Si lascia intimidire da uno spaventapasseri come Juncker dopo aver promesso cataclismi epocali? Grave errore, sottolinea Magaldi, aver usato toni irridenti con l’Ue, se poi ci si prepara a genuflettersi a Bruexelles come Renzi e Gentiloni. Meglio un dialogo franco e leale, giusto per dire: cari amici, che ne direste di farla davvero, l’Europa?Sottinteso: questo obbrobrio di Ue va cestinato, perché ha disastrato l’economia del continente seminando crisi su crisi. Da dove ripartire? Ovvio, dall’inizio: la parola chiave è antica, si chiama “democrazia”. E in questa pseudo-Europa, purtroppo, oggi è sinonimo di “rivoluzione”. Magaldi preferisce il termine “radicalismo”, ma il senso è quello: radere al suolo l’impalcatura (marcia dalle fondamenta) dell’attuale Disunione Europea, dove la Germania – come segnala l’imprenditore Fabio Zoffi – bacchetta l’Italia per il suo 130% di debito, mentre quello di Berlino (occulto) veleggia verso il 300% del Pil. Negli ultimi anni, a scuotere l’opinione pubblica hanno provveduto celebri “whistleblower” come Julian Assange (Wikileaks) e Edward Snowden (la disinvoltura della Nsa nella gestione dei Big Data, in termini di spionaggio di massa). Dal canto suo Magaldi – altro “insider”, se vogliamo, ma proveniente dal mondo delle Ur-Lodges – ha scoperchiato il vaso di Pandora delle quasi onnipotenti superlogge sovranazionali. Obiettivo: consentire al pubblico di aprire gli occhi, imparando a riconoscere la vera identità dei tanti oligarchi che si spacciano per guide illuminate.L’Ue? Un loro prodotto. Movente: confiscare diritti, sovranità e democrazia, per organizzare il più grande trasferimento di ricchezza della storia, dal basso verso l’alto. Narrazione mainstream: è giusto tagliare lo Stato. Risultato scontato: sofferenze sociali. Parla da solo il caso italiano: 25 anni di decandenza ininterrotta, presentata come fisiologica. Una farsa colossale, abilmente inscenata da partiti “comprati” e disinformatori di corte. Poi è arrivato l’inciampo elettorale dei gialloverdi. E ora che fanno, tornano a casa con la coda tra le gambe? Sappiano, ribadisce Magadi, che non possono farlo: l’Italia non li perdonerebbe. Perché la vera sfida è solo all’inizio. E tutti i falsi dogmi del dominio – rigore, austerity, pareggio di bilancio – saranno spazzati via, il giorno che l’Europa nascerà davvero, con la sua Costituzione democratica e il suo governo federale, finalmente eletto dagli europarlamentari votati dai cittadini europei. Utopia? Non per Gioele Magaldi, intenzionato a incalzare «gli amici gialloverdi» senza fare sconti a nessuno, avendo chiaro «quello che serve davvero all’Italia». Non la diplomazia, con Bruxelles, ma il confronto (durissimo) che in tanti avevano sperato potesse essere inaugrato proprio da Salvini e Di Maio.«Diciamocelo: l’esperienza gialloverde sta fallendo. Lega e 5 Stelle rischiano grosso, di fronte alla cocente delusione degli elettori che avevano creduto nella loro scommessa». Parola di Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014), che svela la natura supermassonica del vero potere, che in Europa si nasconde dietro la tecnocrazia di Bruxelles e le cancellerie che contano, Berlino e Parigi in primis. Spettacolo penoso, la retromarcia tattica del governo Conte di fronte alle minacce dell’euro-establishment, «come se il problema fosse davvero il deficit al 2,4%», che ora peraltro il governo si sta preparando a “sacrificare”. Linea perdente, dice Magaldi: guai, a cedere al ricatto. Perché siamo di fronte a una colossale farsa: tutti sanno benissimo che Bruxelles non ha affatto a cuore il benessere del sistema-Italia. L’unico vero obiettivo dei nostri censori – Moscovici e Juncker, Macron e Merkel – è stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di rovesciare il paradigma neoliberista dell’austerity, propagandato e difeso “militarmente” a colpi di spread. Sul piano contabile non può far paura a nessuno, l’esiguo incremento del deficit inizialmente previsto dal Def per il 2019. Lo sanno Di Maio e Salvini, ma lo sanno anche i signori di Bruxelles. A inquietare gli oligarchi, semmai, è la bandiera della ribellione, sventolata dall’Italia per qualche settimana.
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Magaldi: coraggio, e l’Italia non sarà più preda di stranieri
Vietato farsi intimorire dagli spaventapasseri a guardia del bunker europeo, ormai assediato da più parti: un po’ di fegato, e gli ometti del racket finanziario smetteranno di abbaiare. Juncker, Dombrovkis, Moscovici, Oettinger: «I frontman di queste istituzioni europee sono personaggi molto friabili e molto deboli: per fronteggiarli basta avere un po’ di forza, un po’ di dignità e un po’ di schiena diritta». Gioele Magaldi incoraggia il governo Conte: non si lasci intimidire dalle minacce di questi personaggi, peraltro «in scadenza», e per giunta di caratura modesta: «Non è che abbiano grande autorevolezza e prestigio per potersi imporre». Insiste, il presidente del Movimento Roosevelt: «Bisogna rompere il loro paradigma: occorre avere un po’ di coraggio, e poi si scopre, come nella vicenda del Mago di Oz, che la grande magia in realtà è fatta di cartapesta». Soltanto illusionismo, «giocato più sulla paura di chi è soggetto al timore di questa magia che non sulla forza reale di chi, questa magia, la costruisce». Forza e coraggio, dunque, di fronte ai ventilati sfracelli finanziari per il deficit al 2,4%, peraltro già smentiti da Standard & Poor’s, segno di «probabili ripensamenti in corso» nella cabina di regia del potere neoliberista, non più così granitico. «Si tratta di restare sereni e tranquilli», visto che in palio c’è l’Italia: finora, il nostro paese è stato regolarmente depredato, in modo programmatico. Ecco il punto: questo film deve finire.«Bisogna abbandonare lo stile consueto dell’Italia», sottolinea Magaldi nella diretta web-streaming “Magaldi Racconta”, su YouTube, con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «L’Italia – dichiara Magaldi – ha ricevuto un ruolo: quello di essere una preda, pur essendo un paese forte e importante sul piano politico ed economico». Una preda: bottino da saccheggiare. Temi e rivelazioni che lo stesso Magaldi, massone progressista, ha concentrato nel bestseller “Massoni” (Chiarelettere), che svela ad esempio il ruolo della P2 di Gelli come terminale locale della potente superloggia sovranazionale “Three Eyes”, espressione della supermassoneria neo-feudale più reazionaria, incubatrice della globalizzazione universale fondata sulle privatizzazioni, sulla confisca dei diritti democratici e sulla precarizzazione del lavoro. L’Italia? Azzoppata dalla strategia della tensione affidata a operatori come Gladio, poi assaltata con la tabula rasa di Tangentopoli che aprì la strada al superpotere eurocratico. Risultato: declino industriale e svendita dei gioielli di famiglia. «La verità è che è stato disegnato per l’Italia un ruolo subalterno. Nessun altro grande paese sarebbe mai stato trattato così, e questo – aggiunge Magaldi – è stato fatto con la complicità delle classi dirigenti, centrodestra e centrosinistra, di questi ultimi decenni».Adesso, ribadisce il presidente del Movimento Roosevelt, «si tratta di cambiare passo». E naturalmente, aggiunge, «i media e tutta la filiera di cortigiani politici e burocratici continuano a muoversi come se l’Italia fosse ancora un’espressione geografica, più che un’entità statuale democratica e repubblicana, dotata di una sua dignità». Ringhia, l’establishment spiazzato dal governo gialloverde: «Tutti quelli che sono abituati a fare i proconsoli di poteri apolidi e predatori masticano amaro, e tutti i giorni propinano a reti unificate questa canzone stonata sull’Italia, sul governo populista e cialtrone che non vuole rispettare i patti. Ma è una menzogna: i patti verso la democrazia e verso la dignità del popolo – scandisce Magaldi – li hanno violati quelli che hanno spacciato questa pessima costruzione europea per il grande sogno di Altiero Spinelli e di altri illustri europeisti, da Victor Hugo a Mazzini e Garibaldi». Loro, gli usurpatori dell’ipotesi-Europa (in realtà mai nata), oggi prendono nota: persino le grandi testate, ovvero «il mondo finanziario che conta», iniziano a fare dei distinguo, sull’Italia. Dicono: ma chi l’ha detto che questa manovra è inaccettabile? Chi l’ha detto che quelle del governo Conte sono le proposte di una “cicala” che vuole mettere in crisi il risparmio, la tenuta dei conti, il futuro delle nuove generazioni?«E’ un segnale importante – rileva Magaldi – il fatto che queste voci inizino a venire da mondi che si sono troppo spesso allineati al coro globale, intonato al contenimento e quindi anche alla devastazione dell’economia italiana». Wall Street non è unanime nel suo giudizio sull’Italia, il governo Usa si mostra indulgente verso Conte, lo stesso Steve Mnuchin (il ministro del Tesoro di Trump) dichiara che la strada del “deficit spending” è la via maestra, intrapresa anche dagli States. Cattive notizie, insomma, per gli euro-tecnocrati che vorrebbero spegnere sul nascere il timido tentativo dei gialloverdi, la loro piccola insubordinazione sul rigore di bilancio. Peccato, aggiunge Magaldi, che Lega e 5 Stelle si limitino al piccolo cabotaggio sul deficit, rinunciando a fare da battistrada – come Italia – nel chiedere una drastica riforma dell’Unione, basata sulla richiesta di una vera Costituzione Europea, finalmente democratica. Non mancano gli ultra-pessimisti, che ritengono irriformabile l’Ue: «Sono frange comunque minoritarie, a livello di consenso: la maggioranza dei cittadini è delusa dal modo in cui l’Unione è gestita, ma certo resta favorevole all’idea di una integrazione europea». E quelli che vorrebbero farla finita, con Bruxelles? «Secondo me sbagliano, magari in buona fede», dice Magaldi: «Senza accorgersene, fanno il gioco degli avversari: gli uni dicono che l’Ue non può cambiare, gli altri sostengono che non deve cambiare. Risultato: ragionando così, niente cambierà».Magaldi propone un altro approccio: «Andiamo oltre la moderazione del governo Conte, in questa fase». Lo dice «agli amici del governo, alla maggioranza gialloverde» che nel futuro prossimo, alle europee e poi in Italia, dovrà affrontare un quadro politico mutevole. «Io dico: facciamo partire dall’Italia una radicale trasformazione del progetto europeo. Cioè: andiamo verso una Costituzione politica, a fondamento dello stare insieme in Europa. E’ un dogma di fede, l’irriformabilità di un’Unione nata male? Sembra speculare al dogma del potere, che oggi ci ripete che non si può cambiare nulla». L’Europa, Magaldi la ritiene «riformabilissima», gettando a mare «lo spirito compromesso con cui è stata costruita questa Ue, economicistica e tecnocratica». Storia: «I padri di questa costruzione post-democratica sono Jean Monnet e Richard Coudenhove-Kalergi. Monnet era un ex massone progressista, Kalergi un uomo ambivalente che prima ancora della Seconda Guerra Mondiale aveva radunato attorno al progetto paneuropeo personalità anche progressiste, non chiarendo però quale fosse la sua idea di Europa». E poi invece, di concerto con Monnet, proprio Kalergi «ideò e diede avvio a un progetto neo-feudale, quasi una sorta di nuovo Sacro Romano Impero».Un dominio pre-democratico, «dove il potere imperiale fosse nelle mani di alcune oligarchie apolidi, coi loro terminali (come vassalli e valvassori) incarnati in burocrati chiamati a occupare posti non elettivi di gestione della governance». E tutto, a partire dalla costituzione della Ceca (la comunità dell’acciaio e del carbone) è stato svolto in modo unilaterare, economicistico. Spinelli e gli europeisti, invece, volevano «qualcosa di armonioso, da costruire insieme ai cittadini, non al di sopra dei cittadini». Una Costituzione da scrivere insieme, «coinvolgendo la popolazione in consultazioni e referendum su ciascuno degli articoli». Di Costituzione Europea si era parlato ma poi non si è fatto nulla: «Ci sono solo dei trattati, in quella che è una posticcia costruzione continentale dove, mai come adesso, le nazioni sono una contro l’altra armate. E’ veramente una gabbia, dis-utile per l’interesse popolare ma utile per gli oligarchi globali». Rinunciare all’Europa e distruggere tutto per tornare alle nazioni? Falso problema, secondo Magadi: «Che sia globale, europea, nazionale, regionale o locale, la governance non cambia se il paradigma che la ispira non è democratico». Un esempio? I nostri Comuni: «Sono strangolati dal Patto di Stabilità, voluto in sede europea ma discendente da una visione neoliberista che pervade tutte le istituzioni politiche e economiche internazionali più importanti».Proprio il Patto di Stabilità «strangola le possibilità di intervento dei Comuni su un livello che è quello locale». In un mondo «ormai globalizzato perché interconnesso», si può scegliere «che tipo di globalizzazione si vuole». Disconettersi? Impossibile: le economie sono collegate, ogni decisione ha ripercussioni ovunque. «Puoi scegliere però come governarle, queste dinamiche: in nome della finanza e dei mercati, dell’interesse dei pochi a scapito dei moltissimi, oppure con un metodo finalmente democratico». Perché preoccuparsi se la governance è europea, italiana, regionale o cittadina? «Preoccupiamoci che a tutti i livelli vi sia una metodologia democratica», ovvero «che vi sia la primazia della politica sull’economia e sulla finanza, e la primazia della sovranità del popolo su qualunque altra forma di sovranità o di potere privato». Quel che conta, chiosa Magaldi, è che comunque il governo gialloverde abbia almeno manifestato la volontà di invertire la rotta suicida e autolesionistica degli ultimi decenni. Un possibile inizio, si spera, per cominciare a imporre la percezione di un’altra Italia, non più terra di conquista e facile preda, grazie alla complicità del vecchio establishment “collaborazionista”, al servizio di potentati economici stranieri.Vietato farsi intimorire dagli spaventapasseri a guardia dell’euro-bunker, ormai assediato da più parti: un po’ di fegato, e gli ometti del racket finanziario smetteranno di abbaiare. Juncker, Dombrovkis, Moscovici, Oettinger: «I frontman di queste istituzioni europee sono personaggi molto friabili e molto deboli: per fronteggiarli basta avere un po’ di forza, un po’ di dignità e un po’ di schiena diritta». Gioele Magaldi incoraggia il governo Conte: non si lasci intimidire dalle minacce di questi personaggi, peraltro «in scadenza», e per giunta di caratura modesta: «Non è che abbiano grande autorevolezza e prestigio per potersi imporre». Insiste, il presidente del Movimento Roosevelt: «Bisogna rompere il loro paradigma: occorre avere un po’ di coraggio, e poi si scopre, come nella vicenda del Mago di Oz, che la grande magia in realtà è fatta di cartapesta». Soltanto illusionismo, «giocato più sulla paura di chi è soggetto al timore di questa magia che non sulla forza reale di chi, questa magia, la costruisce». Forza e coraggio, dunque, di fronte ai ventilati sfracelli finanziari per il deficit al 2,4%, peraltro già smentiti da Standard & Poor’s, segno di «probabili ripensamenti in corso» nella cabina di regia del potere neoliberista, non più così granitico. «Si tratta di restare sereni e tranquilli», visto che in palio c’è l’Italia: finora, il nostro paese è stato regolarmente depredato, in modo programmatico. Ecco il punto: questo film deve finire.
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Il Mago ipnotizza l’Europa: votare non serve, decido solo io
Lucida follia: è tutto sotto i nostri occhi, eppure si nega l’evidenza. Del sistema capitalistico esistono due traduzioni pratiche: enormi fortune per pochi (neoliberismo) o relativo benessere per molti (keynesismo). Più lo Stato spende, a deficit, e più cresce il Pil. Ovvero: consumi, lavoro, risparmi. Di conseguenza: più gettito fiscale, più soldi per il welfare, la previdenza, le pensioni. E’ un fatto intuitivo, oltre che scientificamente e storicamente dimostrato: più si investe, utilizzando il debito pubblico, più la società cresce, nel suo insieme. Se viceversa si chiude il rubinetto pubblico, la situazione precipita: il 99% della popolazione perde terreno, e il restante 1% si arricchisce a dismisura, acquistando a prezzi di saldo beni e aziende, pubbliche e private; si rilevano servizi un tempo pubblici, insieme a imprese strangolate dalle tasse, imposte per pareggiare il bilancio statale. Il gioco della finanza è basato su scommesse truccate: compro oggi a poco prezzo i titoli che domani varranno di colpo moltissimo, visto che so in partenza che i miei complici li faranno “esplodere”, al momento opportuno, organizzando a tavolino una bella crisi. La Grecia è stata letteralmente spolpata, in questo modo, ma anche l’Italia – fatte le debite proporzioni – ha seguito la medesima sorte. Idem gli altri paesi europei, anch’essi governati dai prestanome di un’oligarchia del denaro che detiene tutti i mezzi monetari per manipolare l’economia. La politica è stata sfrattata dal palazzo: la democrazia, svuotata di ogni contenuto, è stata completamente neutralizzata.Di questo dovrebbero parlare, ogni giorno, i media italiani che si avventano come mastini rabbiosi contro il pallido governo gialloverde, scuoiato vivo a reti unificate solo per essersi permesso di innalzare il deficit, sia pure in modo irrisorio – ben al di sotto del tetto (artificioso, ideologico) sancito a Maastricht. Che razza di Europa è, quella di Maastricht? Per quale motivo, dopo un quarto di secolo, è ancora in vigore un trattato palesemente suicida, che ha “gambizzato” una potenza economica mondiale seconda solo agli Usa e alla Cina, seminando crisi e disperazione fino al punto da resuscitare i peggiori nazionalismi del Novecento? Come ragionano, i nostri post-giornalisti? Da dove pensano che provenga l’esasperazione di massa che sta letteralmente gonfiando l’esercito “rossobruno” dei cosiddetti sovranisti? Sta covando un vasto incendio, ormai, e i pompieri sono già al lavoro: l’oligarca Oettinger impone il bavaglio al web in vista delle prossime europee, mentre il collega Draghi minaccia ogni giorno il governo italiano (l’unico a rompere le righe, per ora, nel mortale ordoliberismo che i grassatori hanno imposto ai popoli europei). Impera un’ipocrisia disgustosa: il massimo rigore inflitto ai molti, per proteggere i privilegi di pochissimi, viene spacciato per virtù. Si racconta che il bilancio dello Stato è come quello di una famiglia – come se anche la famiglia potesse battere moneta. Salgono in cattedra economisti che hanno rinnegato il proprio mestiere: di professione, ormai, fanno i maghi.Lo stesso Draghi, prima di salire sul Britannia da cui partì la grande spartizione dell’Italia, era un economista keynesiano: sapeva perfettamente che, senza una robusta dose di deficit, l’economia collassa. Lo sapeva così bene che la sua tesi di laurea, realizzata sotto la guida dell’insigne Federico Caffè, dimostrava – letteralmente – l’insostenibilità tecnica di una eventuale moneta unica europea, che avrebbe inevitabilmente imposto un regime fiscale austeritario, mettendo in crisi il continente. Poi, si sa, il mago Draghi fu promosso: prima di conquistare la poltronissima della Bce aveva presidiato Bankitalia, e come stratega della peggiore banca d’affari del mondo, la famigerata Goldman Sachs, aveva contribuito in modo decisivo (insieme a Carlo Cottarelli, del Fmi) a rovinare la Grecia. Oggi, sempre Draghi – al servizio del grande monopolio finanziario privato che domina l’Europa – si permette di dare consigli al presidente Mattarella su come scoraggiare il governo Conte, regolarmente intimidito anche da Ignazio Visco, governatore di Bankitalia, teleguidato sempre dall’uomo di Francoforte. Questi signori agitano lo spettro dello spread, come se fosse un fenomeno naturale (e non invece la nota roulette scatenata a comando da poche mani). Chi sono, questi signori? Chi ha consegnato loro tanto potere? Chi ha dato loro la facoltà di annullare, sostanzialmente, il risultato democratico delle elezioni?Nello scenario odierno colpisce la dismisura tra la realtà e la sua narrazione virtuale. L’arma del mago – che manipola il pubblico – è sempre la stessa: la paura. Guai, se osate sforare i parametri della depressione collettiva programmata. Guai, se vi azzardate a espandere il benessere alla struttura sociale, ormai in stato di crescente sofferenza. Giornali e televisioni rilanciano lo stesso messaggio: è giusto avere paura. E’ saggio. Siamo nati, in fondo, per vivere nella paura. La paralisi generale che si ottiene è impressionante. E i maghi, innanzitutto, restano al loro posto. Oggi sono preoccupati, certo, dai primi rumorosi segnali di insofferenza. Se le vituperate masse dovessero malauguratamente svegliarsi, per loro sarebbe finita. Crocifìggono l’Italia per il suo debito pubblico, che viaggia attorno al 130% del Pil, ben sapendo che nessuno chiederà mai conto, a Draghi e ai suoi padroni, del successo di un sistema come quello del Giappone, arrivato al 250% di debito senza colpo ferire, senza disoccupazione, e senza subire nessun tipo di estorsione finanziaria (spread), essendo i giapponesi protetti da una vera banca centrale, che si comporta da prestatore di ultima istanza e garantisce in modo illimitato l’esposizione contabile della nazione.Sanno perfettamente, i maghi neri, che basterebbe la disobbedienza di un solo paese a far crollare l’incantesimo: investendo in modo coraggioso, con un super-deficit strategico (Keynes docet) l’economia si metterebbe automaticamente a volare. E un paese che scoppia di salute, ovvero di futuro, sarebbe preso d’assalto da tutti gli investitori del pianeta. Culmine della follia: i maghi neri trattano l’Italia come fosse il Burundi, e non un grande paese industriale del G8. Uno Stato con duemila miliardi di debito, ma quasi diecimila miliardi di patrimonio, tra risparmi e beni immobiliari. Stiamo parlando dell’Italia, il paradiso turistico tecnologicamente avanzato che detiene il 70% dei beni culturali del mondo. Solo una forma patologica di devastante ipnosi collettiva può consentire al mago e ai suoi compari di insolentire, minacciare, ricattare e derubare una comunità del genere, formata da 60 milioni di cittadini, condannandola a vivere – ancora e sempre – nella paura di perdere tutto. Ma chi è, davvero, Mario Draghi? Chi ce l’ha messo, alla guida della Bce? E chi è Jean-Claude Juncker? In nome di quale Europa questi signori parlano? Quale suffragio popolare ha mai sorretto gli spaventapasseri che a turno sputano minacce dagli uffici di una Commissione Europea che ignora deliberatamente qualsuasi indicazione provenga dall’Europarlamento, unica istituzione elettiva dell’Unione?Il Trattato di Lisbona non è una Costituzione europea, è uno statuto coloniale – con la differenza che, rispetto al colonialismo tradizionale, quello europeo non ha neppure il pregio della terribile visibilità della potenza dominante. Il vero vertice è rappresentato dal celeberrimo “pilota automatico”, che la cupola finanziaria privata utilizza per soggiogare i sudditi, spesso con la cortese collaborazione dei vari gauleiter franco-tedeschi, ai quali viene concesso il tristo privilegio del kapò. Risultato: mezza Europa oggi ce l’ha coi tedeschi, come popolo, per via degli immani crimini sociali commessi da Angela Merkel, mentre tanti italiani ormai detestano i francesi, in blocco, per colpa del loro impresentabile presidente, l’oltraggioso sbruffone Macron, a sua volta mal sopportato dai suoi stessi connazionali, in quanto servitore di poteri oligarchici nemmeno così oscuri. E questa sarebbe oggi l’Europa? Sarebbe questo il giusto habitat politico dove far vivere oltre mezzo miliardo di esseri umani, che ormai si guardano in cagnesco?In questi anni, il mago si è arricchito smisuratamente mentendo ai sudditi, raccontando loro che dovevano rassegnarsi a stare peggio, a rinunciare a crescere come un tempo. La protesta ribolle, in molti paesi, ma il mago non ha un Piano-B: non cambia ricetta, non prospetta alternative alla sua teologia dell’infelicità. Al limite, pensa a come depistare il pubblico, coi soliti sistemi: i media addestrati a ripetere menzogne, i governi frontalmente minacciati di terribili punizioni, i movimenti più irrequieti eventualmente infiltrati da agenti provocatori. Tutto questo accade, ancora, perché a valere sono le regole del mago: è stato lui a raccontare che, impoverendosi, ci si arricchisce. Austerity espansiva, l’ha chiamata. Che è come dire: tutti sappiamo che gli asini volano. Per quanto ancora, il mago, terrà in vita il suo maleficio? Quanto tempo impiegheranno, i popoli europei, a sfrattare i loro parassiti? L’impresa è molto ardua, vista la sproporzione delle forze in campo. Nel 2012, sotto il dominio del mago Monti, l’Italia scrisse nella sua Costituzione che la Terra è piatta, e non gira affatto attorno al Sole. Tecnicamente: pareggio di bilancio. Tradotto: è giusto auto-sabotarsi, amputare il futuro. Perché non viene rimosso, oggi, quel vincolo medievale? Perché non si torna a dire, tanto per cominciare, che la Terra è tonda?La superstizione neoliberista è stata fatta a pezzi dagli economisti democratici e, prima ancora, dalla realtà stessa: il bilancio del sistema neoliberale è una vera e propria catastrofe planetaria. Laddove si è tagliato lo Stato, è crollata anche l’economia privata. Unici beneficiari, gli immensi oligopoli finanziarizzati. Se si abbatte la spesa pubblica, frana l’intero paese. L’hanno capito tutti, ormai. E i primi a saperlo sono proprio loro, i grandi illusionisti: Juncker e Draghi, Merkel, Moscovici, Macron. Per chi lavorano, in realtà? Per quale nuovo ordine feudale? Troppa democrazia fa male, scrivevano negli anni ‘70 i maghi ingaggiati dalla Trilaterale: l’eccesso di democrazia – affermarono, testualmente – si cura restringendo gli spazi democratici, confiscando libertà e diritti. L’Europa è stato il loro grande laboratorio. C’erano ostacoli, al loro piano, ma sono stati rimossi – dall’italiano Aldo Moro allo svedese Olof Palme. Nemmeno i Craxi dovevano più essere in circolazione: diversamente, come riuscire a raccontare che, per ingrassare, bisogna saltare i pasti? Ci si domanda quand’è che torneranno in vigore le regole fisiologiche della vita, al posto di quelle – truccate – dell’illusionista. Per esempio: dove è scritto che l’Europa non possa avere una Costituzione democratica, validata dai suoi popoli? Chi ha stabilito che l’Unione Europea non possa essere affidata a un governo legittimo, regolarmente eletto? Chi l’ha detto che il continente non possa avere un’autentica banca centrale, anziché un istituto privatizzato e gestito da stregoni? Quanto a lungo sarà ancora sopportata, l’insolenza bugiarda del mago?Lucida follia: è tutto sotto i nostri occhi, eppure si nega l’evidenza. Del sistema capitalistico esistono due traduzioni pratiche: enormi fortune per pochi (neoliberismo) o relativo benessere per molti (keynesismo). Più lo Stato spende, a deficit, e più cresce il Pil. Ovvero: consumi, lavoro, risparmi. Di conseguenza: più gettito fiscale, più soldi per il welfare, la previdenza, le pensioni. E’ un fatto intuitivo, oltre che scientificamente e storicamente dimostrato: più si investe, utilizzando il debito pubblico, più la società cresce, nel suo insieme. Se viceversa si chiude il rubinetto pubblico, la situazione precipita: il 99% della popolazione perde terreno, e il restante 1% si arricchisce a dismisura, acquistando a prezzi di saldo beni e aziende, pubbliche e private; si rilevano servizi un tempo pubblici, insieme a imprese strangolate dalle tasse, imposte per pareggiare il bilancio statale. Il gioco della finanza è basato su scommesse truccate: compro oggi a poco prezzo i titoli che domani varranno di colpo moltissimo, visto che so in partenza che i miei complici li faranno “esplodere”, al momento opportuno, organizzando a tavolino una bella crisi. La Grecia è stata letteralmente spolpata, in questo modo, ma anche l’Italia – fatte le debite proporzioni – ha seguito la medesima sorte. Idem gli altri paesi europei, anch’essi governati dai prestanome di un’oligarchia del denaro che detiene tutti i mezzi monetari per manipolare l’economia. La politica è stata sfrattata dal palazzo: la democrazia, svuotata di ogni contenuto, è stata completamente neutralizzata.
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Frater Kronos: voi popolo siete bestie, tocca a noi guidarvi
Io credo nel diritto-dovere, da parte di chi sia un iniziato sostanziale e non soltanto virtuale alla libera muratoria, di autocostituirsi in élite di governo, per il bene stesso del cosiddetto “popolo”. Ma credo anche che tutto ciò, nel mondo contemporaneo, debba avvenire salvaguardando le forme esteriori della democrazia e della sovranità popolare. Potreste definirmi un neoaristocratico, come fa Frater Jahoel, oppure un demo-aristocratico, come preferisco io stesso. Ovvio che siano sempre state le oligarchie a dominare il resto della popolazione. Però, è bene che queste oligarchie siano composte non da ceti nobiliari inetti, ignoranti, bigotti e pelandroni, bensì da iniziati alle “philosophiae occultae”, da superuomini temprati in modo non superficiale sul piano spirituale, da saggi che si sappiano elevare, nietzschianamente, «al di là del bene e del male», curando e alimentando quanto va curato e alimentato del corpo sociale e amputando senza remore quello che va amputato. La maggior parte dei troppi miliardi di individui che abitano il pianeta, anche in Occidente, vive un’esistenza bestiale, anonima e senza senso. È importante che questi esseri semibestiali siano guidati da menti salde e mani energiche, anche se spesso devono rimanere invisibili, lasciando il “front office” a politicanti spaventapasseri e parafulmini.Tutto ciò deve avvenire secondo regole ben precise. Pena il caos e l’anarchia distruttiva a danno di coloro che meritano davvero l’appellativo di donne e uomini, che hanno un’anima e uno spirito, che non riducono il proprio orizzonte esistenziale al solo aspetto materiale. È giusto considerarmi un aristocratico, ma appunto “neo”. Nel senso che, al di là del mio retaggio familiare, considero positiva la distruzione dell’Ancien Régime da parte dei liberi muratori del Sette-Ottocento. E reputo apprezzabile e necessaria anche la distruzione del potere temporale diretto delle Chiese, di quella cattolica in primo luogo. Sarebbe stato assurdo, in un mondo progredito sul piano scientifico e tecnologico come quello occidentale, perpetuare un controllo teocratico invasivo sulla società e la convivenza civile. Lo sbaglio, semmai, è consistito nella pretesa di edificare delle società troppo democratiche, anarcoidi e massificanti, puntando in modo eccessivo sui diritti e poco sui doveri dell’uomo e del cittadino. Sarebbe stato più giusto sostituire le aristocrazie del lignaggio con demoaristocrazie dello spirito, calibrate sul grado di elevatezza iniziatica degli aspiranti governanti. L’errore storico gravissimo dei massoni progressisti è stato quello di pensare che fosse giusto e opportuno estendere la libertà, la fratellanza e l’uguaglianza a tutti gli esseri umani, anche a quelli indegni sul piano morale, intellettuale e spirituale.(Estratto di un intervento del misterioso “Frater Kronos”, presente con altre tre eminenze grigie della supermassoneria internazionale nell’appendice conclusiva dell’esplosivo volume “Massoni, società a responsabilità illimitata – La scoperta delle Ur-Lodges”, firmato da Gioele Magaldi e pubblicato nel 2014 da Chiarelettere, con prefazione di Laura Maragnani, redattrice di “Panorama”. Nel sito “Isola di Avalon”, Seyan Nagur ipotizza che “Frater Kronos” sia il miliardario super-speculatore George Soros, promotore di Open Society e finanziatore delle “rivoluzioni colorate” che hanno scosso l’Europa, inclusa la crisi ucraina. Grande sostenitore di Barack Obama, Soros è attualmente presidente del Soros Fund Management, dopo aver rivestito un ruolo di vertice nel Council on Foreign Relations, cuore del vero potere statunitense. Il suo appoggio al movimento sindacale polacco Solidarnosc, nonché il supporto all’organizzazione cecoslovacca per la tutela dei diritti umani “Charta 77”, ricorda il sito, contribuirono al crollo dell’Unione Sovietica. Gli si attribuisce un ruolo decisivo anche nella “Rivoluzione delle Rose”, costata poi alla Georgia la perdita dell’Ossezia del Sud, abitata da russi.Fortemente avversato dall’Ungheria, suo paese d’origine, oggi Soros è considerato tra i massimi finanziatori della “tratta dei migranti”, che nel Mediterraneo utilizza l’opaca rete delle Ong. Nel brano del libro di Magaldi (ove compare l’autore stesso, con lo pseudonimo di “Frater Jahoel”) emerge la visione apertamente sinarchica di “Frater Kronos”: secondo la dottrina ottocentesca del marchese Alexandre St-Yves d’Alveydre, medico francese e massone – la “sinarchia d’impero” – le élite sarebbero chiamate addirittura sul piano morale a governare le masse, ritenendo il popolo incapace di autogovernarsi. Da qui la diffidenza verso il sistema democratico promosso già nel Settecento dalla massoneria progressista attraverso l’Illuminismo. Diffidenza emersa in storici saggi come “La crisi della democrazia” che le superlogge reazionarie – guidate dalla “Three Eyes” di Kissinger, Brzezinski e Rockefeller – nel 1975 affidarono, per tramite della Commissione Trilaterale, a intellettuali come Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki.Una pietra miliare, che spiega l’involuzione oligarchica del potere finanziaerio globalista, neoliberista e privatizzatore, con il quale oggi l’umanità è costretta a fare i conti. Per contro, anche attraverso le rivelazioni contenute nel libro di Magaldi – cui seguirà nel 2019 un secondo volume, “Globalizzazione e massoneria” – si fa sempre più diffusa la percezione della vera natura del tornante storico che stiamo vivendo, con i suoi club esclusivi e i suoi inaccessibili protagonisti. Dunque, il “Frater Kronos” che parla in modo così apertamente franco e sconcertante, nel libro di Magaldi, è davvero George Soros, bestia nera di tutti i movimenti sovranisti che, per reazione, stanno sorgendo in Europa? Proprio Soros, scrive “Isola di Avalon”, è il tipico rappresentante di quella sedicente “sinistra” mondiale «che ha come unico scopo la destrutturazione degli Stati sociali e democratici per imporre il suo Totaler Staat Mondiale, quello degli autoreferenziali àristoi. Tra questi “neomalthusiani” ricordiamo Tony Blair, Bill Clinton, François Mitterrand, Jacques Attali, Gerhard Schröder, Christine Lagarde, François Hollande, non dimenticando il Pd italiano»).Io credo nel diritto-dovere, da parte di chi sia un iniziato sostanziale e non soltanto virtuale alla libera muratoria, di autocostituirsi in élite di governo, per il bene stesso del cosiddetto “popolo”. Ma credo anche che tutto ciò, nel mondo contemporaneo, debba avvenire salvaguardando le forme esteriori della democrazia e della sovranità popolare. Potreste definirmi un neoaristocratico, come fa Frater Jahoel, oppure un demo-aristocratico, come preferisco io stesso. Ovvio che siano sempre state le oligarchie a dominare il resto della popolazione. Però, è bene che queste oligarchie siano composte non da ceti nobiliari inetti, ignoranti, bigotti e pelandroni, bensì da iniziati alle “philosophiae occultae”, da superuomini temprati in modo non superficiale sul piano spirituale, da saggi che si sappiano elevare, nietzschianamente, «al di là del bene e del male», curando e alimentando quanto va curato e alimentato del corpo sociale e amputando senza remore quello che va amputato. La maggior parte dei troppi miliardi di individui che abitano il pianeta, anche in Occidente, vive un’esistenza bestiale, anonima e senza senso. È importante che questi esseri semibestiali siano guidati da menti salde e mani energiche, anche se spesso devono rimanere invisibili, lasciando il “front office” a politicanti spaventapasseri e parafulmini.
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Magaldi: l’Italia è salva, grazie a Grasso e ai D’Alema-boys
Sicché sarebbe Pietro Grasso, detto Piero, il formidabile anti-Renzi? O meglio l’anti-Renzusconi, l’eroe carismatico che si opporrà all’ennesimo inciucio che ci attende? Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò. Abbiate fede: prima o poi gli italiani avranno finalmente un Parlamento degno – non ancora nella primavera 2018, però. Parola di Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e promotore del Pdp, Partito Democratico Progressista, che ancora aspetta di nascere su base popolare, mediante assemblea costituente con libera adesione. Obiettivo: fare piazza pulita dei personaggi che hanno condannato il paese al declino, e che – lungi dal farsi da parte – animano l’imbarazzante farsa dell’ennesima campagna elettorale inutile. Nessuno dei tre poli osa raccontare la nuda verità, l’inaccettabile sottomissione ai poteri forti europei che hanno costretto il sistema-Italia a fare harakiri. Renzi e Berlusconi, in attesa di sedersi allo stesso tavolo, fanno a gara a chi le spara più grosse, in termini di promesse elettorali palesemente impossibili da mantenere, sotto il regime di euro-austerity. Mentre il grillino Di Maio – altrettanto lontano dalla realtà – fa il turista a Washington, evitando accuratamente la sponda progressista. E a Roma intanto chi spunta? Pietro Grasso, il nuovo campione degli indimenticabili Bersani e D’Alema, notoriamente amatissimi dagli italiani.«C’è da ridere per non piangere, se il rinnovamento deve partire da Grasso», dice Gioele Magaldi a David Gramiccioli di “Colors Radio” all’indomani della convention romana dei fuoriusciti dal Pd renziano, alleati degli ex-Sel e di gruppi ancora più esigui della sinistra, come quello di Civati. «Già magistrato dignitoso, Grasso è un signore di 72 anni che è stato miracolato da alcune poltrone, come la presidenza del Senato: si è dimesso, tra virgolette, dal Pd, ma non ricordo che si sia erto a difensore della democrazia e dei diritti quando tutti quanti, da destra a sinistra, avallavano il Fiscal Compact varato dal governo Monti, anche con i voti di Bersani, D’Alema, Speranza e compagni, tutti provenienti dalla filiera Pci». Insiste Magaldi: «L’aver pienamente sottoscritto le peggiori le politiche di rigore è davvero il peccato originale di questa sedicente sinistra italiana». E aggiunge: «Chi può pensare, davvero, che il rinnovamento del paese possa venire da un personaggio come Grasso? Non direi che sia stato un presidente del Senato memorabile: e oggi il popolo “de sinistra” dovrebbe entusiasmarsi, plaudire? Immagino quanta eccitazione e quanti fremiti, alla vista di Grasso che arringa le folle. C’è davvero da piangere, da singhiozzare».Per il dopo-elezioni, non c’è bisogno di profezie: sondaggi alla mano, Renzi e il Cavaliere saranno “costretti” a una riedizione del Patto del Nazareno. Larghe intese, ma dalla vita breve: Magaldi prevede «crisi parlamentari sempre più ravvicinate, nei prossimi tempi, perché la situazione è insostenibile: c’è una decadenza dell’Italia che ormai questa classe dirigente nel suo complesso non è in grado di fronteggiare», men che meno «gli spaventapasseri della convention romana della sinistra, vecchi notabili variamente riciclati, che oggi ci vengono a cantare questa canzone stonata: e sono più aristocratici loro, nei rapporti umani e anche nella visione politica, di altri che vengono collocati a destra». Magaldi pensa al futuro Pdp e ragiona da allenatore: «Basta con questa finzione, noi lavoriamo per un partito davvero popolare: non ci interessa la rappresentazione populista, demagogica e squinternata che fa del popolo una macchietta, vogliamo una politica finalmente all’altezza dell’Italia, fondata su sovranità, dignità e diritti». Si tratta di ripartire da zero, per una «credibile rigenerazione politica di un paese malgovernato per 25 anni dai sedicenti centrodestra e centrosinistra». Il punto si svolta? Dire no alla truffa del rigore, dogma ideologico imposto dall’élite finanziaria. E’ la parola d’ordine su cui, promette Magaldi, si costruirà il Pdp, già partire dalla prossima legislatura, parlando anche a parlamentari «disgustati» dello spettacolo in arrivo.Sicché sarebbe Pietro Grasso, detto Piero, il formidabile anti-Renzi? O meglio l’anti-Renzusconi, l’eroe carismatico che si opporrà all’ennesimo inciucio che ci attende? Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò. Abbiate fede: prima o poi gli italiani avranno finalmente un Parlamento degno – non ancora nella primavera 2018, però. Parola di Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e promotore del Pdp, Partito Democratico Progressista, che ancora aspetta di nascere su base popolare, mediante assemblea costituente con libera adesione. Obiettivo: fare piazza pulita dei personaggi che hanno condannato il paese al declino, e che – lungi dal farsi da parte – animano l’imbarazzante farsa dell’ennesima campagna elettorale inutile. Nessuno dei tre poli osa raccontare la nuda verità, l’inaccettabile sottomissione ai poteri forti europei che hanno costretto il sistema-Italia a fare harakiri. Renzi e Berlusconi, in attesa di sedersi allo stesso tavolo, fanno a gara a chi le spara più grosse, in termini di promesse elettorali palesemente impossibili da mantenere, sotto il regime di euro-austerity. Mentre il grillino Di Maio – altrettanto lontano dalla realtà – fa il turista a Washington, evitando accuratamente la sponda progressista. E a Roma intanto chi spunta? Pietro Grasso, il nuovo campione degli indimenticabili Bersani e D’Alema, notoriamente amatissimi dagli italiani.