Archivio del Tag ‘spietatezza’
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Coltan, stupri di guerra: donne abusate per i nostri telefoni
Leggere “Figlie ferite dell’Africa” di Denis Mukwege e “Denis Mukwege, L’uomo che ripara le donne” di Colette Braeckman sono esperienze devastanti per ogni essere capace di provare amore, dignità, umanità. Ascoltare le parole del dottore congolese Denis Mukwege (Premio Nobel per la Pace 2018) è una esperienza sconvolgente: oltre ogni immaginata scena di violenza… lui racconta il perché, il come, le conseguenze degli stupri sulle donne come tecnica di guerra. Spiega come lo stupro è diventato, in alcuni territori dell’Africa, un modo di fare guerra. Non si tratta di guerriglia fatta da organizzazioni improvvisate con saccheggi, uccisioni, soprusi di ogni tipo. Stuprare, deturpare le donne in modo collettivo e in pubblico, davanti ai famigliari e a tutto il villaggio significa distruggere la comunità intera, un modo efficace e senza ritorno per annientare il nemico. Le donne stuprate resteranno per sempre piagate e con gravi problemi psichiatrici; gli uomini che impotenti sono stati costretti a guardare senza poter intervenire non sopravvivono al dolore e alla vergogna e spesso se ne vanno, distruggendo tutto un tessuto sociale.Le donne, per ignoranza e paura, sono fortemente emarginate, i figli conseguenti allo stupro sono destinati ad una vita da emarginati. Ma quante donne ha visto, ha curato Mukwege? Una, poi dieci, cento… e in vent’anni cinquantamila donne stuprate davanti al marito, ai figli e al villaggio, perché tutti vedano; poi, orrendamente ferite e mutilate e spesso rese sterili. Restare senza fiato ascoltando dal vivo la testimonianza di Mukwege è solo per i più forti, perché ascoltare tutto ciò che non avresti mai voluto sentire è straziante, la coscienza si frantuma, nessun pensiero minimamente positivo sopravvive. Lo stesso medico ha confessato: mi sono ritrovato incapace di reggere i racconti delle pazienti. L’orrore mi sconvolgeva… e un chirurgo deve avere la mano ferma. Da allora affido ai collaboratori il compito di ascoltare, e io opero soltanto. Ricostruisco ciò che si può fisicamente ricucire… e cerco di non pensare. Per non essere distrutto che mi impedirebbe di fare ciò che ho scelto di fare.Leggere il libro “Figlie ferite dell’Africa” ma anche la biografia di Mukwege, “L’uomo che ripara le donne”, significa non nascondersi, non chiudere gli occhi, capire che la realtà è ben oltre ciò che possiamo immaginare… anche perché Denis Mukwege racconta ciò che sa, ciò che ha visto, non tralasciando particolari che al primo impatto possono sembrare sconvolgenti ma evitabili, perché non è così: proprio i particolari raccapriccianti faranno capire la devastazione definitiva per la società intera di un metodo bellico probabilmente mai applicato prima in modo così sistematico e coordinato. Ma perché tanta violenza, perché questa guerra politico-sociale, perché tanta spietatezza? Quasi nessuno lo sa, nessuno lo racconta, tutti pensano a guerre tribali per chissà quale motivazione etnica-religiosa… No! Il motivo è uno solo e si chiama: coltan…L’80% di coltan del pianeta si trova nelle miniere congolesi. Coltan è il nuovo oro! perché con lui si fanno microchip di cellulari e computer e in Congo ben 5 eserciti si combattono per il terra più ricca del mondo, lasciando sul terreno solo desertificazione sociale. Quando i soliti ignoranti mettono in azione i microchip dei loro cellulari per insultare e offendere una donna congolese che ha chiesto protezione internazionale in Italia… la violentano, abusano ancora una volta del suo corpo, della sua famiglia, dell’intera struttura sociale e affettiva in cui credeva di poter vivere dignitosamente la propria vita… esattamente come la devastarono gli uomini di qualche esercito congolese per appropriarsi della materia prima utile ai microchip dei cellulari.(Gianfranco Maccaferri, “Lo stupro pubblicamente esibito è l’arma da guerra per avere il coltan”, dal blog di Maccaferri del 5 luglio 2019).Leggere “Figlie ferite dell’Africa” di Denis Mukwege e “Denis Mukwege, L’uomo che ripara le donne” di Colette Braeckman sono esperienze devastanti per ogni essere capace di provare amore, dignità, umanità. Ascoltare le parole del dottore congolese Denis Mukwege (Premio Nobel per la Pace 2018) è una esperienza sconvolgente: oltre ogni immaginata scena di violenza… lui racconta il perché, il come, le conseguenze degli stupri sulle donne come tecnica di guerra. Spiega come lo stupro è diventato, in alcuni territori dell’Africa, un modo di fare guerra. Non si tratta di guerriglia fatta da organizzazioni improvvisate con saccheggi, uccisioni, soprusi di ogni tipo. Stuprare, deturpare le donne in modo collettivo e in pubblico, davanti ai famigliari e a tutto il villaggio significa distruggere la comunità intera, un modo efficace e senza ritorno per annientare il nemico. Le donne stuprate resteranno per sempre piagate e con gravi problemi psichiatrici; gli uomini che impotenti sono stati costretti a guardare senza poter intervenire non sopravvivono al dolore e alla vergogna e spesso se ne vanno, distruggendo tutto un tessuto sociale.
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Magaldi: gialloverdi al 70% se osano sfidare il Deep State
Primo round: il governo gialloverde fa qualcosa di veramente eretico, straordinario e rivoluzionario. Ovvero: annuncia un deficit del 7-8%, o anche del 10%. Secondo round: l’eurocrazia insorge, massacrando l’Italia con ogni mezzo. E quindi minacce, ritorsioni, spread a mille, bocciatura del bilancio (e assedio dei media pro-Ue, a reti unificate). Terza mossa: il governo si dimette, clamorosamente, appellandosi agli elettori. Magari indice un referendum, come quello voluto in Grecia da Tsipras. Poi affronta nuove elezioni, e incassa un plebiscito: gialloverdi al 70% dei consensi. A quel punto, finalmente, la resa dei conti: epurazione di tutti i burocrati infiltrati dal potere-ombra negli uffici che contano, cominciando dai ministeri. Un sogno? Per ora, sì. Ma se non si agisce in questo modo, sostiene il sognatore Gioele Magaldi, la rivoluzione non l’avremo mai. E attenzione: per come siamo ridotti, proprio una rivoluzione – pacifica, democratica – è l’unica soluzione possibile, l’unica via d’uscita dignitosa dall’euro-stagnazione inflitta a tutta l’Europa, e in particolare all’Italia, dai signori del neoliberismo. Sono i super-oligarchi che impongono regole di ferro agli altri, ma campano alla grande facendosi fare leggi su misura per il loro business, anche truccando i conti pubblici come fa la Germania (che dichiara un debito all’80% del Pil mentre quello reale è il triplo).Non se ne esce mai, dal trappolone europeo? Certo, e non se ne uscirà fino a quando il cosiddetto Deep State sarà saldamente radicato in tutti i gangli vitali dello Stato. Burocrati e tecnocrati, servizi segreti pubblici e privati, banca centrale, uffici ministeriali, Quirinale. Ne ha parlato apertamente un parlamentare pentastellato, Pino Cabras, il 30 marzo a Londra. Eletto alla Camera in Sardegna lo scorso anno, Cabras – storico collaboratore di Giulietto Chiesa – ha partecipato al convegno “Un New Deal per l’Italia e per l’Europa”, promosso dal Movimento Roosevelt, soggetto meta-partitico fondato da Magaldi per rigenerare in senso democratico la politica italiana, stimolando i partiti a fare di più per recuperare la perduta sovranità popolare. Decisamente fuori programma l’esplicita ammissione di Cabras: a unire Lega e 5 Stelle, alleati ma sostanzialmente divisi su tutto, è l’impegno a resistere insieme alle “mostruose” pressioni del Deep State, che si è attivato per frenare il cambiamento promesso: dare più soldi agli italiani, ampliando il welfare e tagliando le tasse. Ed è intervenuto sin dal primo giorno, lo “Stato profondo”, inserendo le sue pedine nell’esecutivo Conte. Postilla: senza i “controllori di volo” (esempio, Tria al posto di Savona), il governo non sarebbe mai nato.Di Maio e Salvini hanno accettato la sfida: meglio di niente, si sono detti, perché solo il governo gialloverde (benché azzoppato in partenza) avrebbe potuto almeno tentare di cambiare qualcosa, liberando l’Italia dall’incubo dell’austerity. Ce l’ha fatta? No, purtroppo. Si è visto bocciare persino la timida richiesta di portare il deficit al 2,4%, cioè ben al di sotto del famigerato tetto del 3% imposto da Maastricht (e che la Francia di Macron violerà, con l’alibi della protesta dei Gilet Gialli). Proprio i Gilet Jaunes, sostiene Magaldi, erano un regalo della massoneria progressista internazionale. Il piano: destabilizzare la Francia, sentinella dell’euro-rigore, proprio mentre l’Italia friggeva, per quel misero 2,4%, sulla graticola della Commissione Europea. Ma il governo Conte non ne ha saputo approfittare: raro caso di insipienza politica e di mancanza di coraggio, di assenza di visione. Ora i pericoli sono dietro l’angolo: senza la necessaria benzina finanziaria per mantenere le promesse, i 5 Stelle sono già in picchiata nei sondaggi. Regge la Lega, ma solo per ora, grazie alla muscolarità (verbale) di Salvini. Però il tempo vola: in soli due anni, Matteo Renzi è passato dal 40% all’estinzione politica.Si spera nelle europee, per erodere il potere dello “Stato profondo” neoliberista che utilizza come clava l’asse franco-tedesco? Pie illusioni: secondo Magaldi non cambierà proprio niente, fino a quando la bandiera della protesta sarà agitata dai sedicenti sovranisti, velleitari demagoghi delle piccole patrie. Per chi non se ne fosse accorto, impera la globalizzazione: tutto è fatalmente interconnesso. Nessun paese, da solo, può sperare di uscire indenne da una fiera diserzione. Parla per tutti la Grecia, che disse “no” all’euro-tagliola. Risultato: Tsipras fu intimidito e costretto a piegarsi, tradendo la volontà del popolo. Alla Grecia arrivarono aiuti finanziari, ma solo per soccorrere le banche tedesche e francesi esposte con Atene. Il paese è stato sventrato, svenduto e distrutto, riducendo i greci in povertà. E nessuno Stato europeo è intervenuto in suo soccorso. In Francia, era stato François Hollande a candidarsi come anti-Merkel, promettendo di allentare il rigore di bilancio imposto da Bruxelles. Esito inglorioso: blandizie e minacce, compresi gli attentati terroristici targati Isis. In pochi mesi, Hollande ha ceduto su tutta la linea, rassegnandosi al ruolo di docile esecutore dell’ordoliberismo Ue.Anni fa, proprio Magaldi sosteneva che solo l’Italia avrebbe potuto accendere la miccia del cambiamento. «L’Italia traccia le strade», diceva Rudolf Steiner, attribuendo al Belpaese un ruolo storico di battistrada. Una specie di destino: prima il “format” dell’Impero Romano, poi il Rinascimento e la democrazia comunale, le prime università, le prime banche. Italia caput mundi, nel bene e nel male: in fondo, Hitler si considerava allievo del maestro Mussolini. Proprio l’Italia primeggiò ancora una volta nel dopoguerra: fece il record mondiale di crescita, con il boom economico, anche se non tutti applaudivano. L’uomo-simbolo di quegli anni ruggenti, Enrico Mattei, fu disintegrato a bordo del suo aereo. Oggi, dopo mezzo secolo, l’Europa è ancora una volta alle prese con il “problema” Italia, grazie a un governo teoricamente non-allineato a Bruxelles. Esecutivo capace di firmare un memorandum d’intesa commerciale con la Cina, che irrita pericolosamente gli Usa e manda su tutte le furie Parigi e Berlino, ovvero i due maggiori nazionalismi anti-europeisti su cui si regge l’infame Disunione Europea, quella che ha lasciato morire impunemente i bambini greci, negli ospedali rimasti senza medicine.Non bastano più, dice Magaldi, le sole analisi degli economisti democratici che in questi anni hanno smascherato tutte le bugie del neoliberismo. La prima: tagliare il debito pubblico risana l’economia. Falso: lo dimostra la scienza economica, da Keynes in poi, e lo confermano Premi Nobel come Krugman e Stiglitz. Ovvero: il deficit strategico – a patto che sia massiccio, e investito con oculatezza – può valere anche il 400%, in termini di Pil. Tradotto: oggi spendo dieci, e domani incasserò quattro volte tanto (lavoro, salari, consumi, e infine anche tasse). Beninteso: lo sanno tutti, a cominciare da quelli che fingono di non saperlo. Come Mario Draghi, che fu allievo del maggior economista keynesiano europeo – italiano, tanto per cambiare: il professor Federico Caffè. Tesi di laurea del giovane Draghi: l’insostenibilità di una moneta unica europea. Farebbe ridere, se non ci fosse da piangere. Specie se si calcola che Draghi fu accolto a bordo del Britannia, all’epoca della grande spartizione della Penisola, alla vigilia delle privatizzazioni degli anni ‘90 che hanno sabotato la nostra florida economia. Lo stesso Draghi ha lasciato il segno anche in Grecia: prima come manager della Goldman Sachs, la banca-killer che gonfiava i bilanci di Atene, e poi – a disastro compiuto – come inflessibile censore della Bce, in seno alla spietata Troika europea.Ancora lui, Mario Draghi, è l’uomo a cui risponde, di fatto, il governatore di Bankitalia. E proprio da Ignazio Visco, il presidente Mattarella – con una mossa senza precedenti – spedì l’allora premier incaricato, Conte, a prendere appunti su come non attuarlo affatto, il cambiamento appena promesso agli elettori. Pino Cabras lo chiama “Stato profondo”, e difende la strategia di Di Maio e Salvini: accettare la logica di una guerra di logoramento, dice Cabras, è l’unica soluzione praticabile. Non la pensa così Gioele Magaldi: a suo parere, è una tattica perdente. Nel libro “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere, ridisegna la mappa del Deep State, presentandolo come interamente massonico. Un potere a due facce: quella progressista (da Roosevelt ai Kennedy, fino allo svedese Olof Palme) spinse avanti la modernità dei diritti sociali in senso democratico, nei decenni del grande benessere diffuso. L’altra faccia, oligarchica – Merkel e Macron, Prodi e D’Alema, lo stesso Draghi – ha chiuso i rubinetti della finanza pubblica, inaugurando la globalizzazione del rigore e quindi l’impoverimento generale della popolazione occidentale, fino alla quasi-sparizione della classe media (che infatti oggi in Italia vota Salvini e Di Maio).Contro questo regime, insiste Magaldi, non valgono più né le pregevoli rivelazioni dei tanti economisti onesti, né i recenti tatticismi dei gialloverdi. Serve una rivoluzione, a viso aperto. Un paese che dica: “Adesso sforiamo il tetto di Maastricht. E se non vi va bene, sospendiamo la vigenza dei trattati europei”. Addirittura? Certo, altra via non esiste. Se ci si piega al racket, l’estorsione continua all’infinito. Anche in politica: la molla su cui fa leva il prevaricatore è sempre la stessa, la paura. Se si smette di avere paura, tutto il castello crolla. Perché quel ricatto è basato su un sortilegio psicologico, come quello che rende misteriosamente tenebroso l’invisibile Mago di Oz, in apparenza invincibile: in realtà è soltanto una bolla, che può dissolversi in un attimo. E’ già successo, nella storia. Sotto la sferza della Grande Depressione, la destra economica consigliò a Roosevelt di tagliare il debito – pena, l’apocalisse. Ma il presidente, ispirato da Keynes, fece l’esatto contrario: espansione smisurata del deficit. Risultato: l’America, che era alle prese con l’incubo quotidiano della fame, divenne una superpotenza. Non è che siano cambiate, le regole: il sistema è sempre quello capitalista. Non solo: è diventato universale, incorporando anche Russia e Cina (che infatti, così come gli Usa e il Giappone, non hanno nessuna paura di fare super-deficit, sapendo che è il solo modo per alimentare il mercato interno dei consumi, e quindi l’occupazione).Il Mago di Oz ora si chiama Unione Europea, si chiama Eurozona. Una vergogna mondiale, senza più democrazia: comanda la Bce, insieme alla Commissione formata da tecnocrati non-eletti. Non c’è una vera Costituzione, e il Parlamento Europeo non può eleggere il governo europeo. Siamo precipitati nella barbarie di un neo-feudalesimo, una specie di Sacro Romano Impero. D’accordo, ma per volere di chi? Magaldi non ha esitazioni nell’indicare i responsabili: massoni reazionari. Militano nelle Ur-Lodges neoaristocratiche. Sono strutture segrete e trasversali, spregiudicate e apolidi, senz’altra patria che il denaro. Hanno deformato la stessa geopolitica: quando parliamo di Russia, Europa, Cina e Stati Uniti, dovremmo invece saper distinguere tra élite oligarchiche ed élite a vocazione democratica. Esistono anche quelle, infatti: sono di segno progressista. Negli ultimi decenni sono state costrette a cedere il passo alla plutocrazia neoliberista, ma adesso stanno rialzando la testa. Lo stesso Magaldi ammette di agire d’intelligenza con alcune di queste strutture, come la superloggia Thomas Paine. Problema pratico, innanzitutto: se è stata la supermassoneria a creare il problema, non può che essere la stessa supermassoneria (lato B, progressista) a contribuire a risolverlo.Magaldi non demonizza le Ur-Lodges, non ne fa una speculazione complottistica. Se la massoneria sa di aver fondato la modernità – Stato di diritto, laicità delle leggi, suffragio universale democratico – è umano che pensi (sbagliando) di poter fare quello che vuole, della sua “creatura”. La distorsione è cominciata negli anni ‘70, con il saggio sulla “Crisi della democrazia” commissionato dalla Trilaterale, potente entità paramassonica. La tesi: troppa democrazia fa male. Dove siamo arrivati, oggi? Lo si è visto: un certo signor Pierre Moscovici, non votato da nessuno, ha il potere di bocciare il bilancio del governo italiano regolarmente eletto. Lo si può subire in silenzio, un affronto simile? Nossignore: la verità va gridata. Lo stesso Moscovici sa benissimo che un deficit robusto farebbe volare l’economia. Una volta, lo sapeva anche la sinistra (che oggi tace). Lega e 5 Stelle? Si limitano a brontolare, ma poi ingoiano il rospo. Peggio: sparano a vanvera contro la massoneria, fingendo di non sapere che sono proprio i supermassoni oligarchici a ostacolare il loro governo. Cosa aspettano a vuotare il sacco?Magaldi è esplicito: le Ur-Lodges progressiste sono pronte ad aiutarli, se smetteranno di essere ipocriti sulla massoneria, come se non sapessero che persino il governo gialloverde pullula di massoni occulti, non dichiarati. Sperano nelle europee, leghisti e grillini? Errore grave: nessuno verrà in aiuto dell’Italia, se non sarà il nostro paese – per primo – ad alzare la testa. Come? Nell’unico modo possibile: una rivoluzione gandhiana, basata sull’obiezione ideologica. Può svanire in attimo, la grande paura del Mago di Oz, se solo qualcuno avrà l’elementare coraggio democratico che oggi ancora manca, ai gialloverdi. Una rivoluzione potrebbe spazzarli via in un amen, i mammasantissima del peggior Deep State. Restano invece al loro posto, i boiardi dello “Stato profondo”, proprio perché a proteggerli – prima di ogni altra cosa – è proprio la nostra stessa paura. Per Magaldi, scontiamo anche un vuoto culturale: da riempire, per la precisione, ricorrendo al socialismo liberale teorizzato da Carlo Rosselli. Una corrente di pensiero illuminante ma rimasta in ombra, schiacciata dal fascismo e dallo stesso socialismo massimalista, prima ancora che dal comunismo. Poi venne l’atroce neoliberismo, nelle due versioni: quella sfrontata, della destra economica reaganiana, e quella – più ambigua nella forma ma identica della sostanza – del “terzismo” di Anthony Giddens adottato dall’ex-sinistra occidentale, da Blair fino a D’Alema, grandi protagonisti dell’attuale post-democrazia.Il succo non cambia: Stato minimo. Il privato ha sempre ragione. Nei fatti, il neoliberismo è un imbroglio: santifica l’impresa, ma a spese dello Stato. E quando scoppia Wall Street, è il bilancio pubblico a tenere in piedi le banche-canaglia. Turbo-globablizzazione mercantile, e addio diritti. Delocalizzazioni, privatizzazioni. Parola d’ordine, per i non privilegiati: arrangiarsi. Dogma assoluto: demolire l’impresa pubblica, che era il cemento armato del boom italiano. In Svezia, Olof Palme impegnò lo Stato a salvare le aziende traballanti, a due condizioni: management statale, e lavoratori coinvolti come azionisti (con tanto di dividendi, a fine anno). Fu ucciso a Stoccolma nel 1986, all’uscita di un cinema. Tuttora sconosciuto il killer, ma non il mandante: possiamo chiamarlo Deep State. Con Palme, questa Europa cialtrona non sarebbe mai potuta nascere. Al leader svedese, il Movimento Roosevelt dedicherà un convegno a Milano il 3 maggio. Sul podio altri due giganti, lo stesso Rosselli e l’africano Thomas Sankara, anch’essi assassinati. Non difettavano di coraggio: sapevano di dover combattere, sfidando il potere ostile a viso aperto. E’ quello che dovrebbe fare anche l’Italia, ribadisce Magaldi. Sapendo che, da sole, le élite possono fare poco. Se però si sveglia il popolo, allora non c’è Deep State che tenga. E’ così che funzionano, le rivoluzioni che mandano avanti, da sempre, la storia dell’umanità.(Le riflessioni di Gioele Magaldi sono tratte dalla diretta web-streaming su YouTube “Gioele Magaldi Racconta” del 1° aprile 2019, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”).Primo round: il governo gialloverde fa qualcosa di veramente eretico, straordinario e rivoluzionario. Ovvero: annuncia un deficit del 7-8%, o anche del 10%. Secondo round: l’eurocrazia insorge, massacrando l’Italia con ogni mezzo. E quindi minacce, ritorsioni, spread a mille, bocciatura del bilancio (e assedio dei media pro-Ue, a reti unificate). Terza mossa: il governo si dimette, clamorosamente, appellandosi agli elettori. Magari indice un referendum, come quello voluto in Grecia da Tsipras. Poi affronta nuove elezioni, e incassa un plebiscito: gialloverdi al 70% dei consensi. A quel punto, finalmente, la resa dei conti: epurazione di tutti i burocrati infiltrati dal potere-ombra negli uffici che contano, cominciando dai ministeri. Un sogno? Per ora, sì. Ma se non si agisce in questo modo, sostiene il sognatore Gioele Magaldi, la rivoluzione non l’avremo mai. E attenzione: per come siamo ridotti, proprio una rivoluzione – pacifica, democratica – è l’unica soluzione possibile, l’unica via d’uscita dignitosa dall’euro-stagnazione inflitta a tutta l’Europa, e in particolare all’Italia, dai signori del neoliberismo. Sono i super-oligarchi che impongono regole di ferro agli altri, ma campano alla grande facendosi fare leggi su misura per il loro business, anche truccando i conti pubblici come fa la Germania (che dichiara un debito all’80% del Pil mentre quello reale è il triplo).
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Noi ciechi, nella caverna di Platone chiamata neoliberismo
Il neoliberismo, che è la base economica del moderno capitalismo assoluto (speculativo-finanziario), va necessariamente compreso per inquadrare le attuali dinamiche socio-politico-economiche e poiché costituisce quello che viene definito Pensiero Unico (che sostiene il primato dell’economia sulla politica). In parole povere si tratta della dottrina economica (cui corrisponde ovviamente un’inscindibile ideologia politica) all’origine di tutti i nostri problemi e, semplificando, altro non è che la coronazione di un progetto di restaurazione del potere di classe (risalente già agli anni Venti del Novecento ma iniziato ad attuarsi negli anni Settanta) da parte della “classe dominante”; è la reazione delle élite che, nell’età contemporanea, tanto avevano perso in termini di potere e di ricchezza (soprattutto nei “trenta gloriosi” successivi al secondo dopoguerra, quando le Costituzioni socialiste associate alle politiche economiche keynesiane avevano portato benessere ai popoli e forza alle democrazie, tanto che nello studio “Crisi della democrazia” del 1975, commissionato dalla Trilaterale, si parlava della necessità di apatia e spoliticizzazione delle masse e di indebolimento del sindacato a causa di un pericoloso “eccesso di democrazia” da risolvere anche con l’introduzione di tecnocrazie).Quindi, partendo dalle teorie di Von Hayek e con la Scuola di Chicago di Friedman, andò imponendosi in campo accademico questo nuovo pensiero (grazie, tra le tante, alla influente Mount Pelerin Society fondata già nel 1947 da Hayek con l’intento di aggregare varie personalità del mondo intellettuale al fine di ridiscutere il liberalismo classico della “mano invisibile” di Adam Smith). Essi misero in discussione il liberismo espansivo con intervento statale di tipo keynesiano (l’embedded liberalism della piena occupazione e della redistribuzione della ricchezza) e suggerirono di passare alla deregulation, a politiche di tagli alla spesa sociale, alle privatizzazioni (degli utili, e socializzazione delle perdite), alla finanziarizzazione dell’economia, alla deificazione del mercato e quindi alla definitiva sottomissione dello Stato e della politica agli interessi economici dei potentati privati. Il tutto andò in porto grazie alla diffusione a reti unificate del nuovo credo tramite le “categorie previane” del circo mediatico, del clero giornalistico e accademico e del ceto intellettuale (che, con la sintassi di Bourdieu, è da sempre il gruppo dominato della classe dominante).Tutto iniziò dal “test pilota” dopo il golpe di Pinochet in Cile del ’73, e poi dai governi occidentali di Thatcher, Reagan, Mitterrand e Kohl per arrivare al capolavoro degli arbitrari parametri di Maastricht (fulcro dell’ordoliberismo) e della moneta unica europea a cambio fisso con banca centrale indipendente (e sostanzialmente privata). Fin da allora la distribuzione di ricchezza avrà un’inversione di tendenza e andrà concentrandosi sempre più nelle mani di quella che è di fatto un’oligarchia finanziaria che non fa che portare avanti programmi a proprio vantaggio e a detrimento dei popoli (vedasi dati oggettivi sulla sperequazione crescente). Ciò che si è riassunto in poche righe va contestualizzato all’epoca ed è solo la lotta di classe dopo la lotta di classe (Gallino) ovvero la ribellione delle élite (Lasch); è l’operato di un gruppo, dell’1%, che fa i propri interessi a spese di un altro, quello del 99% (come è lecito, anche se non etico). Il problema è stata la mancata risposta delle classi subalterne e dei loro rappresentanti (politici e sindacali) che non hanno saputo interpretare e comprendere i fatti e tendono a non vederli o capirli tuttora (alcuni “stupidamente”, altri in malafede, sia a destra che a sinistra, con l’esaurimento della storica dicotomia).Bisogna liberarsi dei mantra del “There Is No Alternative” (Thatcher) e dell’ineluttabile “fine della storia” (Fukuyama) che abbiamo introiettato; in realtà tutto è frutto di scelte politiche ed economiche deliberate e pianificate; il sistema socio-economico nel quale viviamo non è un fatto naturale e irriformabile e, in quanto tale, non è necessario subirlo, basta pensare ed agire altrimenti (poiché, parafrasando Einstein, non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato). Purtroppo però le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti (Marx). Per giungere ad un cambiamento è necessario arrivare ad una “massa critica” di persone consapevoli, che comprendano che è in atto una “guerra” (la mai estinta contrapposizione hegeliana servo-signore) e che si compattino riconoscendo il “nemico” comune da combattere (che personalmente, credo a ragione, ho identificato nel neoliberismo e nelle sue ricadute politiche e sociali).Cerco di spiegarmi meglio: dal sistema economico vigente scaturisce l’onnipervaviso e catechizzante Pensiero Unico, nel quale si innervano tutte le esiziali logiche sociali hobbesiane della competizione, dell’homo homini lupus, del mors tua vita mea, del do ut des, del narcisismo individualista, dell’egoismo, dell’edonismo, del materialismo, del consumismo e della spietatezza di cui è malata la nostra società nichilistica egocentrata, e che ci rendono “schiavi” perfetti poiché, come abitatori della caverna di Platone, siamo incapaci di vedere le nostre “catene” e quindi impossibilitati a liberarcene. All’interno di quel coagulo di interessi economici e di valori culturali e morali (il blocco storico di gramsciana memoria) appare chiaro come il pensiero economico egemone abbia influito cambiando la società che, come propugnava la Thatcher, davvero non esiste più, esistono solo gli individui: non più una comunità di animali sociali (Aristotele) ma una massa di homines oeconomici, di imprenditori di sé, di monadi (da qui, complice il politicamente corretto, l’attenzione focalizzata con successo esclusivamente sui diritti civili a spese di quelli sociali).Perciò, dunque, occorre una rivoluzione culturale che può partire solo da chi ha una propria coscienza infelice (Hegel) rifuggendo dalla crematistica e ritornando all’equilibrio e quindi ai concetti di misura e limite (come ci insegnano gli antichi greci). Rimane un unico problema che il già citato Platone conosceva fin da 2400 anni fa: l’eventuale “liberatore” verrà dapprima deriso e finanche ammazzato da quelli in “catene”. È davvero eloquente ed attuale l’allegoria della caverna, in cui Platone descrive come una realtà mediata e manipolata viene invece percepita come “verità” dagli sventurati protagonisti che, poiché nati in cattività, non possono immaginare un’esteriorità rispetto alla caverna stessa e quindi, non sapendosi schiavi ingannati, tantomeno ambire alla libertà.(Enrico Gatto, “Il problema – contro il quale unirsi”, da “L’Interferenza” del 2 gennaio 2018).Il neoliberismo, che è la base economica del moderno capitalismo assoluto (speculativo-finanziario), va necessariamente compreso per inquadrare le attuali dinamiche socio-politico-economiche e poiché costituisce quello che viene definito Pensiero Unico (che sostiene il primato dell’economia sulla politica). In parole povere si tratta della dottrina economica (cui corrisponde ovviamente un’inscindibile ideologia politica) all’origine di tutti i nostri problemi e, semplificando, altro non è che la coronazione di un progetto di restaurazione del potere di classe (risalente già agli anni Venti del Novecento ma iniziato ad attuarsi negli anni Settanta) da parte della “classe dominante”; è la reazione delle élite che, nell’età contemporanea, tanto avevano perso in termini di potere e di ricchezza (soprattutto nei “trenta gloriosi” successivi al secondo dopoguerra, quando le Costituzioni socialiste associate alle politiche economiche keynesiane avevano portato benessere ai popoli e forza alle democrazie, tanto che nello studio “Crisi della democrazia” del 1975, commissionato dalla Trilaterale, si parlava della necessità di apatia e spoliticizzazione delle masse e di indebolimento del sindacato a causa di un pericoloso “eccesso di democrazia” da risolvere anche con l’introduzione di tecnocrazie).
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Frater Kronos: voi popolo siete bestie, tocca a noi guidarvi
Io credo nel diritto-dovere, da parte di chi sia un iniziato sostanziale e non soltanto virtuale alla libera muratoria, di autocostituirsi in élite di governo, per il bene stesso del cosiddetto “popolo”. Ma credo anche che tutto ciò, nel mondo contemporaneo, debba avvenire salvaguardando le forme esteriori della democrazia e della sovranità popolare. Potreste definirmi un neoaristocratico, come fa Frater Jahoel, oppure un demo-aristocratico, come preferisco io stesso. Ovvio che siano sempre state le oligarchie a dominare il resto della popolazione. Però, è bene che queste oligarchie siano composte non da ceti nobiliari inetti, ignoranti, bigotti e pelandroni, bensì da iniziati alle “philosophiae occultae”, da superuomini temprati in modo non superficiale sul piano spirituale, da saggi che si sappiano elevare, nietzschianamente, «al di là del bene e del male», curando e alimentando quanto va curato e alimentato del corpo sociale e amputando senza remore quello che va amputato. La maggior parte dei troppi miliardi di individui che abitano il pianeta, anche in Occidente, vive un’esistenza bestiale, anonima e senza senso. È importante che questi esseri semibestiali siano guidati da menti salde e mani energiche, anche se spesso devono rimanere invisibili, lasciando il “front office” a politicanti spaventapasseri e parafulmini.Tutto ciò deve avvenire secondo regole ben precise. Pena il caos e l’anarchia distruttiva a danno di coloro che meritano davvero l’appellativo di donne e uomini, che hanno un’anima e uno spirito, che non riducono il proprio orizzonte esistenziale al solo aspetto materiale. È giusto considerarmi un aristocratico, ma appunto “neo”. Nel senso che, al di là del mio retaggio familiare, considero positiva la distruzione dell’Ancien Régime da parte dei liberi muratori del Sette-Ottocento. E reputo apprezzabile e necessaria anche la distruzione del potere temporale diretto delle Chiese, di quella cattolica in primo luogo. Sarebbe stato assurdo, in un mondo progredito sul piano scientifico e tecnologico come quello occidentale, perpetuare un controllo teocratico invasivo sulla società e la convivenza civile. Lo sbaglio, semmai, è consistito nella pretesa di edificare delle società troppo democratiche, anarcoidi e massificanti, puntando in modo eccessivo sui diritti e poco sui doveri dell’uomo e del cittadino. Sarebbe stato più giusto sostituire le aristocrazie del lignaggio con demoaristocrazie dello spirito, calibrate sul grado di elevatezza iniziatica degli aspiranti governanti. L’errore storico gravissimo dei massoni progressisti è stato quello di pensare che fosse giusto e opportuno estendere la libertà, la fratellanza e l’uguaglianza a tutti gli esseri umani, anche a quelli indegni sul piano morale, intellettuale e spirituale.(Estratto di un intervento del misterioso “Frater Kronos”, presente con altre tre eminenze grigie della supermassoneria internazionale nell’appendice conclusiva dell’esplosivo volume “Massoni, società a responsabilità illimitata – La scoperta delle Ur-Lodges”, firmato da Gioele Magaldi e pubblicato nel 2014 da Chiarelettere, con prefazione di Laura Maragnani, redattrice di “Panorama”. Nel sito “Isola di Avalon”, Seyan Nagur ipotizza che “Frater Kronos” sia il miliardario super-speculatore George Soros, promotore di Open Society e finanziatore delle “rivoluzioni colorate” che hanno scosso l’Europa, inclusa la crisi ucraina. Grande sostenitore di Barack Obama, Soros è attualmente presidente del Soros Fund Management, dopo aver rivestito un ruolo di vertice nel Council on Foreign Relations, cuore del vero potere statunitense. Il suo appoggio al movimento sindacale polacco Solidarnosc, nonché il supporto all’organizzazione cecoslovacca per la tutela dei diritti umani “Charta 77”, ricorda il sito, contribuirono al crollo dell’Unione Sovietica. Gli si attribuisce un ruolo decisivo anche nella “Rivoluzione delle Rose”, costata poi alla Georgia la perdita dell’Ossezia del Sud, abitata da russi.Fortemente avversato dall’Ungheria, suo paese d’origine, oggi Soros è considerato tra i massimi finanziatori della “tratta dei migranti”, che nel Mediterraneo utilizza l’opaca rete delle Ong. Nel brano del libro di Magaldi (ove compare l’autore stesso, con lo pseudonimo di “Frater Jahoel”) emerge la visione apertamente sinarchica di “Frater Kronos”: secondo la dottrina ottocentesca del marchese Alexandre St-Yves d’Alveydre, medico francese e massone – la “sinarchia d’impero” – le élite sarebbero chiamate addirittura sul piano morale a governare le masse, ritenendo il popolo incapace di autogovernarsi. Da qui la diffidenza verso il sistema democratico promosso già nel Settecento dalla massoneria progressista attraverso l’Illuminismo. Diffidenza emersa in storici saggi come “La crisi della democrazia” che le superlogge reazionarie – guidate dalla “Three Eyes” di Kissinger, Brzezinski e Rockefeller – nel 1975 affidarono, per tramite della Commissione Trilaterale, a intellettuali come Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki.Una pietra miliare, che spiega l’involuzione oligarchica del potere finanziaerio globalista, neoliberista e privatizzatore, con il quale oggi l’umanità è costretta a fare i conti. Per contro, anche attraverso le rivelazioni contenute nel libro di Magaldi – cui seguirà nel 2019 un secondo volume, “Globalizzazione e massoneria” – si fa sempre più diffusa la percezione della vera natura del tornante storico che stiamo vivendo, con i suoi club esclusivi e i suoi inaccessibili protagonisti. Dunque, il “Frater Kronos” che parla in modo così apertamente franco e sconcertante, nel libro di Magaldi, è davvero George Soros, bestia nera di tutti i movimenti sovranisti che, per reazione, stanno sorgendo in Europa? Proprio Soros, scrive “Isola di Avalon”, è il tipico rappresentante di quella sedicente “sinistra” mondiale «che ha come unico scopo la destrutturazione degli Stati sociali e democratici per imporre il suo Totaler Staat Mondiale, quello degli autoreferenziali àristoi. Tra questi “neomalthusiani” ricordiamo Tony Blair, Bill Clinton, François Mitterrand, Jacques Attali, Gerhard Schröder, Christine Lagarde, François Hollande, non dimenticando il Pd italiano»).Io credo nel diritto-dovere, da parte di chi sia un iniziato sostanziale e non soltanto virtuale alla libera muratoria, di autocostituirsi in élite di governo, per il bene stesso del cosiddetto “popolo”. Ma credo anche che tutto ciò, nel mondo contemporaneo, debba avvenire salvaguardando le forme esteriori della democrazia e della sovranità popolare. Potreste definirmi un neoaristocratico, come fa Frater Jahoel, oppure un demo-aristocratico, come preferisco io stesso. Ovvio che siano sempre state le oligarchie a dominare il resto della popolazione. Però, è bene che queste oligarchie siano composte non da ceti nobiliari inetti, ignoranti, bigotti e pelandroni, bensì da iniziati alle “philosophiae occultae”, da superuomini temprati in modo non superficiale sul piano spirituale, da saggi che si sappiano elevare, nietzschianamente, «al di là del bene e del male», curando e alimentando quanto va curato e alimentato del corpo sociale e amputando senza remore quello che va amputato. La maggior parte dei troppi miliardi di individui che abitano il pianeta, anche in Occidente, vive un’esistenza bestiale, anonima e senza senso. È importante che questi esseri semibestiali siano guidati da menti salde e mani energiche, anche se spesso devono rimanere invisibili, lasciando il “front office” a politicanti spaventapasseri e parafulmini.