Archivio del Tag ‘svastica’
-
Barbero: pessima idea, equiparare il comunismo al nazismo
Pessima idea, equiparare il simbolo del comunismo – falce e martello – alla svastica hitleriana. A lanciare l’allarme è lo storico Alessandro Barbero, ospite dell’edizione 2019 del Festival Logos di Roma, il 24 ottobre. La tesi: il fascismo è riconducibile al faccione di Mussolini in Italia e l’orrore nazista della Germania è indentificabile in un periodo storico altrettanto circoscritto nel tempo e nello spazio. Al contrario, l’ideale comunista (poi tradito dal regime criminale dell’Urss stalinista) aveva infiammato i cuori di milioni di persone. E’ accaduto in ogni parte del pianeta, nell’arco di 150 anni, da Marx in poi, sulla base di un sogno: un mondo più giusto e migliore, per tutti. Barbero prende così le distanze dall’insidioso documento approvato il 19 settembre dal Parlamento Europeo: il testo condanna il comunismo in quanto sistema politico “totalitario”, equiparandolo al nazifascismo. Con 535 voti a favore, 66 contrari e 52 astenuti, la controversa risoluzione sulla “memoria europea” getta nella spazzatura della storia l’intera esperienza comunista internazionale. Pericolo in vista: «Nella dimensione pratica – riassume “Radio Onda d’Urto – la risoluzione impegna a eliminare qualunque simbologia presente in Europa relativa al movimento comunista internazionale, dai monumenti ai nomi delle strade».Il documento propone una ricostruzione storica più che discutibile, che vede nel patto Molotov-Ribbentrop del 1939 (la spartizione della Polonia con cui Stalin cercò di guadagnare tempo, prima di subire l’invasione hitleriana) l’espressione di un progetto egemonico sull’Europa da parte della Germania nazista e dell’Unione Sovietica. In sostanza, accusando la Russia di non avere fatto i conti con il proprio passato, il Parlamento Europeo dimentica di ricordare che fu proprio l’Urss – a Stalingrado – a fermare l’esercito nazista, permettendo all’Europa occidentale di liberarsi dal terrore totalitario con il successivo aiuto militare degli Usa. A favore del testo, che condanna anche genericamente «tutte le organizzazioni politiche accusate di promuovere l’odio e la violenza politica», hanno votato a favore gli europarlamentari di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Pd. Nel sanzionare «gli atti di aggressione, i crimini contro l’umanità e le massicce violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime nazista, da quello comunista e da altri regimi totalitari», si esprime «inquietudine per l’uso continuato di simboli di regimi totalitari nella sfera pubblica e a fini commerciali», ricordando che «alcuni paesi europei hanno vietato l’uso di simboli sia nazisti che comunisti».Attraverso il Parlamento Europeo sta dunque per calare sull’Europa una sorta di “post-verità orwelliana” destinata a mettere al bando, presto o tardi, il simbolo “falce e martello” clamorosamente equiparato alla svastica? A inquietare è il principio: la caccia alle streghe contro la simbologia comunista potrebbe essere l’antipasto di altre successive proibizioni. Vivaci, in Italia, le reazioni contrarie: lo storico dell’arte Tomaso Montanari parla di «squallore», perché è stato dimenticato il ruolo decisivo dell’Urss nella sconfitta del nazismo. Comunismo e nazismo posti sullo stesso piano? «Una falsificazione ignobile, quella della risoluzione votata dal Parlamento Europeo, come è ignobile che a votarla siano stati tanti sedicenti democratici nostrani», insorgono – come riporta “Repubblica” – Francesco Laforgia e Luca Pastorino, rispettivamente senatore e deputato di “Liberi e Uguali”. «Queste distorsioni – aggiungono – sono una pericolosa rilettura che finisce per sdoganare ideologie neo-fasciste». All’attacco anche il deputato Nicola Fratoianni, secondo cui siamo di fronte a «malafede, più che ignoranza».Protesta Massimiliano Smeriglio, eurodeputato Pd, a lungo braccio destro di Zingaretti: «Non si può costringere la storia dentro uno schema parlamentare al solo scopo di tirarla da tutte le parti, per poi finire in uno strano ecumenismo». Un altro eurodeputato Pd, Pierfrancesco Majorino, su Facebook parla di «banalizzazioni pericolose». L’equiparazione tra comunismo e nazismo «fa piangere, innanzitutto sul piano storico». Sulle barricate anche l’Anpi: «In un’unica riprovazione – afferma l’associazione partigiani – si accomunano oppressi e oppressori, vittime e carnefici, invasori e liberatori, per di più ignorando lo spaventoso tributo di sangue pagato dai popoli dell’Unione Sovietica (più di 22 milioni di morti) e persino il simbolico evento della liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa». Secondo l’Anpi, «davanti al crescente pericolo di nazifascismi, razzismi e nazionalismi, si sceglie una strada di lacerante divisione invece che di responsabile e rigorosa unità».Chissà cosa ne direbbe Primo Levi, se fosse vivo: le pagine di un memoriale come “La tregua” propongono un vivido ritratto della prorompente, caotica vitalità delle truppe sovietiche, consapevoli – a ogni livello – si essersi sacrificate non solo per difendere il territorio russo, ma anche per liberare l’Europa dalla barbarie. Dovunque poi sia andato al governo – ammette lo stesso Barbero, storico popolarissimo in Italia grazie anche alla sua presenza televisiva – il comunismo ha agito in modo inaccettabile, deludendo i suoi stessi sostenitori. Chi tende a dichiararsi al tempo stesso antifascista e anticomunista (liberali e socialisti) sottolinea: esattamente come il nazifascismo, anche il comunismo ha finito sempre per sopprimere la democrazia e imporre un’oligarchia autoritaria e spesso violenta, se non addirittura totalitaria come nel caso dello stalinismo. Avverte però il professor Barbero: attenti, a maneggiare la storia in modo frettoloso. Falce e martello, per centinaia di milioni di esseri umani – in tutto il mondo, e per un secolo e mezzo – hanno rappresentato ideali di fraternità e dignità, pace e giustizia sociale. Per Hitler, al copntrario, l’obiettivo supremo era lo sterminio razzista degli ebrei. Sicuri che sia saggio, gettare tutto questo nello stessa fogna dove la storia ha provveduto a relegare l’aberrante nazismo tedesco?Pessima idea, equiparare il simbolo del comunismo – falce e martello – alla svastica hitleriana. A lanciare l’allarme è lo storico Alessandro Barbero, ospite dell’edizione 2019 del Festival Logos di Roma, il 24 ottobre. La tesi: il fascismo è riconducibile al faccione di Mussolini in Italia e l’orrore nazista della Germania è identificabile in un periodo storico altrettanto circoscritto nel tempo e nello spazio. Al contrario, l’ideale comunista (poi tradito dal regime criminale dell’Urss stalinista) aveva infiammato i cuori di milioni di persone. E’ accaduto in ogni parte del pianeta, nell’arco di 150 anni, da Marx in poi, sulla base di un sogno: un mondo più giusto e migliore, per tutti. Barbero prende così le distanze dall’insidioso documento approvato il 19 settembre dal Parlamento Europeo: il testo condanna il comunismo in quanto sistema politico “totalitario”, equiparandolo al nazifascismo. Con 535 voti a favore, 66 contrari e 52 astenuti, la controversa risoluzione sulla “memoria europea” getta nella spazzatura della storia l’intera esperienza comunista internazionale. Pericolo in vista: «Nella dimensione pratica – riassume “Radio Onda d’Urto” – la risoluzione impegna a eliminare qualunque simbologia presente in Europa relativa al movimento comunista internazionale, dai monumenti ai nomi delle strade».
-
La fantasia al potere, per davvero: cent’anni fa, a Fiume
Vi propongo la trama di un film per celebrare un fantasioso centenario. Un poeta rimasto orbo, reduce da imprese eroiche e spettacolari come la trasvolata su Vienna o la Beffa di Buccari, marcia su Fiume con poeti, letterati, musicisti, donne e soldati. Il mondo lo osserva curioso. Lui progetta la marcia su Fiume dalla casetta rossa di Venezia, dove riceve donne e ufficiali, e poi arriva in Istria nel settembre del 1919 con un’auto scoperta, il monocolo e i legionari al seguito. La compagnia che lo segue è di personaggi straordinari. Giovani letterati come Giovanni Comisso, Henri Furst, Raffaele Carrieri, ufficiali come l’ebreo russo polacco Leòn Kochnitsky, di nascita belga, nordico affascinato dalla solarità mediterranea, musicista e letterato; o un ufficiale che ha compiuto imprese folli come Guido Keller che lanciò in una trasvolata un pitale su Montecitorio e fiori sul Vaticano e per la regina sul Quirinale; vive nudo e sfrenato a Fiume, defeca da un albero, ha una dieta assurda, fa amore di gruppo. A Fiume nasce lo Yoga, associazione trasgressiva di spiriti liberi, tra ladri, prostitute, tossicomani. Ha come simbolo la svastica ma nel verso tradizionale, opposta a quella che sarà poi del nazismo. E progetta il castello d’Amore, dove simulare feste medievali con donne e soldati.Il rituale politico-cameratesco annuncia il fascismo ma Mussolini è freddo e scettico sull’impresa fiumana perché la considera velleitaria; e il poeta lo attacca sul suo stesso “Popolo d’Italia”, lo accusa d’avere paura e di tradire la Vittoria. A Fiume arrivano un po’ tutti, Guglielmo Marconi a bordo del suo bianco yacht Elettra, e poi torna per divorziare, consigliato da Mussolini, perché a Fiume è facile separarsi: Toscanini con la sua orchestra fa concerti devolvendo gli incassi ai poveri; Filippo Tommaso Marinetti, accolto trionfalmente, si produce in vari discorsi show; arrivano ufficiali giapponesi, belgi e ungheresi che diventano legionari fiumani. Difende Fiume anche Gramsci da chi lo presenta come «un luogo di bestialità, prepotenza, possesso di donne»; anche Lenin è affascinato da Fiume. Per la prima volta partecipano all’impresa alcune donne, come Fiammetta, pseudonimo di una nobildonna milanese, Margherita Besozzi; o donna Ninetta, splendida moglie dell’aviatore Casagrande, bionda ed elegante contessa; ragazze in grigioverde e qualche prostituta. A Fiume si svolgono convegni suggestivi notturni al chiarore delle fiaccole, baccanali in spiaggia, feste dionisiache con vino, donne, sesso e cocaina, “la polvere folle” del Poeta.Battaglie simulate, orge in costume, soldati inghirlandati, che danzano e vestono in modo stravagante, si fanno crescere barba e capelli o se li rasano a zero, e fondano la Congregazione del Pelo. Lui guerrafondaio inventa lo slogan pacifista “mettete dei fiori nei vostri cannoni”, infilando un fiore nel moschetto e parlando di fiori e libero amore. Ci sono gli animalisti, un ufficiale gira con una volpe al guinzaglio, Keller vive con un’aquila e si presenta alla mensa con un pappagallo sul petto; una volta carica sul velivolo un asino… Spopola a Fiume un romanzo futurista, “L’isola dei baci”, ambientato a Capri, di Corra e Marinetti, dove si immagina il primo gay pride, un congresso di omosessuali il cui motto è “raffinati di tutto il mondo unitevi”. Importanti sono i diari fiumani, come quello di Comisso che descrive Fiume come «una città in amore», in cui «tutti si diedero a un godimento irruente». Il Comandante rimprovera gli eccessi sessuali dei legionari, ma ha varie avventure erotiche a Fiume (si auto-definì “porco con le ali”, antesignano di Lidia Ravera).Da una porticina segreta faceva entrare una canzonettista chiamata Lilì di Montresor, che poi ripartiva con ben 500 lire in borsetta; o una donna sensuale e selvaggia chiamata Barbarella nei suoi Taccuini, una quindicenne per lui 53enne, “Bianca, la piccola”, “Gr, Bruna e molle”, una maestrina di Merano. Nella sala del comando, racconta Nino d’Aroma, passarono «molte donne di tutta Europa, vecchi amori, spente fiamme e nuove conquiste». Leggendaria la nascita del profilattico a Fiume battezzato Habemus Tutorem, poi noto come Hatù (ma un’altra versione attribuisce il nome nientemeno che al cardinal Nasalli Rocca). Arrivano a Ronchi pure i frati modernisti, che disobbediscono alla chiesa per seguire il patriottismo del Comandante, espongono alla finestra del monastero il motto dannunziano “Hic manebimus optime” e alla fine sette cappuccini abbandonano il saio. L’amministratore apostolico di Fiume, don Celso Costantini, accusa il poeta di paganesimo. La reggenza del Carnaro, col sindacalista Alceste de Ambris, dura sedici mesi, da settembre al Natale dell’anno dopo. Poi sarà cannoneggiata.Provano prima con le trattative e le promesse – c’è anche Badoglio, mandato dal presidente del consiglio Nitti, detto dal Poeta il “Cagoja” – poi sarà Giolitti a far bombardare Fiume e costringere alla resa. L’ultimo discorso del Comandante a Fiume si conclude con un Viva l’Amore. Quasi un promo del ’68, degli hippy e un riassunto delle rivoluzioni, da quella fascista a quella sovietica, che allora il Vate ammirava (sognava un comunismo senza dittatura, libertario, aristocratico, anarchico e nazionalista). Insomma un microcosmo-manicomio di utopisti, sognatori e velleitari. Un film d’immaginazione, ma la storia è vera, come il mitico Comandante-Poeta. Cent’anni fa la fantasia andò davvero al potere, ma non vi restò molto. Ps: il poeta in questione, l’avrete capito, è Gabriele d’Annunzio, su cui ieri si è aperta una mostra al Vittoriale. Sulla sua impresa fiumana uscirà tra un paio di settimane un’opera ponderosa di Giordano Bruno Guerri. Anni fa Tinto Brass e Pasquale Squitieri mi proposero di scrivere la sceneggiatura di un film dedicato a D’Annunzio a Fiume. Eccone l’abbozzo postumo…(Marcello Veneziani, “La fantasia al potere, cent’anni fa”, da “La Verità” del 10 marzo 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani. Nell’appendice storiografica del romanzo “Il volo del pellicano”, pubblicato da Melchisedek nel 2016, Gianfranco Carpeoro svela la profonda motivazione dell’impegno civile di D’Annunzio, grande poeta e fine letterato: è stato il terz’ultimo “Ormùs” – gran maestro – dei Rosa+Croce, leggendaria confraternita sapienziale di natura iniziatica; i successori di D’Annunzio sarebbero stati l’artista francese Jean Cocteau e poi il genio surrealista spagnolo Salvador Dalì; poi i Rosa+Croce si sarebbero eclissati, in realtà per effetto di una decisione programmata già dai tempi della conferenza di Yalta, dove emersero i germi della futura guerra fredda e del conflitto israelo-palestinese, concepito per colonizzare militarmente il Medio Oriente petrolifero. L’ispirazione “rosacrociana” è evidente nella Carta del Carnaro, in vigore nell’effimera reggenza dannunziana di Fiume: a detta degli storici resta la Costituzione più avanzata – la più moderna, democratica e rivoluzionariamente libertaria che sia mai stata varata, nel mondo. Non è strano, sottolinea Carpeoro: i Rosa+Croce sono i progenitori culturali del socialismo, avendo “firmato” già nel ‘600 opere come “Christianopolis” di Johann Valentin Andreae, “Utopia” di Tommaso Moro e “La Città del Sole” di Tommaso Campanella, tutte ispirate dal sogno di un mondo più giusto).Vi propongo la trama di un film per celebrare un fantasioso centenario. Un poeta rimasto orbo, reduce da imprese eroiche e spettacolari come la trasvolata su Vienna o la Beffa di Buccari, marcia su Fiume con poeti, letterati, musicisti, donne e soldati. Il mondo lo osserva curioso. Lui progetta la marcia su Fiume dalla casetta rossa di Venezia, dove riceve donne e ufficiali, e poi arriva in Istria nel settembre del 1919 con un’auto scoperta, il monocolo e i legionari al seguito. La compagnia che lo segue è di personaggi straordinari. Giovani letterati come Giovanni Comisso, Henri Furst, Raffaele Carrieri, ufficiali come l’ebreo russo polacco Leòn Kochnitsky, di nascita belga, nordico affascinato dalla solarità mediterranea, musicista e letterato; o un ufficiale che ha compiuto imprese folli come Guido Keller che lanciò in una trasvolata un pitale su Montecitorio e fiori sul Vaticano e per la regina sul Quirinale; vive nudo e sfrenato a Fiume, defeca da un albero, ha una dieta assurda, fa amore di gruppo. A Fiume nasce lo Yoga, associazione trasgressiva di spiriti liberi, tra ladri, prostitute, tossicomani. Ha come simbolo la svastica ma nel verso tradizionale, opposta a quella che sarà poi del nazismo. E progetta il castello d’Amore, dove simulare feste medievali con donne e soldati.
-
A chi giovano le sconcertanti minacce rivolte a Mentana?
Tutto si può imputare, a Enrico Mentana, tranne che la mancanza di cordialità e di umana empatia. E’ un affabile surfer, il direttore del telegiornale de La7, nel mare tempestoso delle fake news ufficiali: magari dribbla le verità più scomode e sta ben attento a non uscire mai dalla cornice disegnata dagli spin doctor dell’establishment, ma almeno non partecipa alle crocifissioni rituali che il sistema infligge, con acrimonia, a questo e a quello, attraverso propagandisti con la bava alla bocca, travestiti da giornalisti. Di tutto si sentiva la mancanza, oggi in Italia, fuorché di un bel costume da martire, tagliato su misura per l’Enrico nazionale. Alla bisogna ha prontamente provveduto la mano (anonima, ovviamente) che gli ha indirizzato minacce mafiose, evocando l’oscura escatologia della forca che attenderebbe, un giorno, i malfattori della disinformazione. La minaccia è stata accolta così seriamente da mobilitare nientemeno che il primo ministro, dichiaratosi preoccupato per l’incolumità della libera informazione – che evidentemente nel nostro paese esiste ancora, secondo Giuseppe Conte.Par di sentire l’eco di antiche, orrende canzoni. Del tipo: negli anni di piombo, giornalisti come Indro Montanelli finirono all’ospedale “gambizzati” (mentre altri, come Walter Tobagi e Carlo Casalegno, non ebbero altrettanta fortuna). Nel saggio “Gli stregoni della notizia”, Marcello Foa – ora presidente della Rai – accusa frontalmente la categoria a cui appartiene: l’autocensura quotidiana, praticata in ossequio al potere, mina il giornalismo. Gli toglie prestigio e credibilità, e alla fine indebolisce il sistema democratico stesso, privandolo delle verità indispensabili alla buona salute dell’opinione pubblica. Oggi ci si mette a ridere, al solo ricordo della fialetta agitata da Colin Powell alle Nazioni Unite, per sembrare più convincente nel vendere la bufala delle armi di sterminio di Saddam. Ma il sorriso sparisce subito, se solo si prova a far presente – anche a Mentana – che architetti e ingegneri americani hanno dimostrato, in modo ormai incontrovertibile, che le Torri Gemelle non possono essere crollate in quel modo solo per l’impatto di aerei dirottati.Con Enrico Mentana ha ingaggiato una sorta di leale duello a distanza, a viso aperto, un personaggio come il regista e video-reporter Massimo Mazzucco, autore del primo documentario d’inchiesta sull’11 Settembre, “Inganno globale”, trasmesso proprio da Mentana nel 2006 in prima serata, su Canale 5. Bei tempi, dice Mazzucco, quando l’Enrico faceva ancora il giornalista, e quindi dava spazio anche all’altra campana, la versione non ufficiale dei fatti. Col tempo, non ha solo silenziato le indagini indipendenti sull’11 Settembre. Si è allineato all’establishment su tutto: dalla politica all’economia, sposando in modo acritico la teologia dell’austerity. Vale anche per il cosiddetto complottismo declassato a gossip. Invece di indagare giornalisticamente sulle scie che stranamente imbrattano i cieli da alcuni anni, suscitando interrogativi nella popolazione (e persino interrogazioni in Parlamento), si preferisce ridere di “quelli che credono alle scie chimiche”. Le famiglie italiane sono state terremotate dall’obbligo vaccinale per bambini e neonati? E certo, lo vuole “la scienza”. E la sanità della Regione Puglia, che ha scoperto che il 40% dei bimbi vaccinati ha subito reazioni avverse? E non è “scienza” l’ordine dei biologi, che ha scoperto vaccini “sporchi” e inefficaci, perché privi degli agenti immunizzanti?Mazzucco si occupa anche di vaccinazioni – come tanti, sul web – cercando di mettere insieme notizie e ragionamenti logici. Consultando i maggiori fotografi internazionali, nel documentario “American Moon” ha dimostrato che le immagini del mitico allunaggio del 1969 furono girate in studio. Si è occupato anche di cannabis, Mazzucco, scoprendo che c’era la lobby del petrolio dietro la storica decisione di criminalizzare di punto in bianco l’uso della canapa, oggi rivalutata in campo oncologico. E sempre a proposito di salute, lo stesso Mazzucco si è occupato anche di cancro, rivelando che – da cent’anni – i medici che avrebbero imparato a guarire i pazienti colpiti da tumori vengono semplicemente ignorati e silenziati, quando non messi all’indice. Milanese come Mentana, Mazzucco è nato come fotografo, assistente di Oliviero Toscani. Poi è passato al cinema, lavorando per anni – da regista e sceneggiatore – negli studios della De Laurentiis, a Hollywood. Fino a quel maledetto lunedì 11 settembre 2001, quando ha visto il seguente spettacolo: due aerei hanno potuto centrare le Torri Gemelle senza che nessun F-16 si fosse levato il volo, quantomeno nell’eternità di tempo trascorsa tra il primo e il secondo impatto.Quella mattina, a proteggere la superpotenza più armata del mondo c’erano solo due velivoli pronti a decollare, muniti di missili, più altri due di riserva. Tutti gli altri – centinaia – erano stati trasferiti per esercitazioni concomitanti, lontanissimo da New York. Una circostanza più che anomala: mai prima verificatasi, nella storia degli Usa (né mai più ripetutasi, infatti). Nel saggio “La guerra infinita”, uscito nel 2003, Giulietto Chiesa ricorda che l’ordine di attacco per l’Afghanistan era sulla scrivania di George W. Bush già il 9 settembre 2001, lo stesso giorno in cui i terroristi del “signore della guerra” Gulbuddin Hekmatyar uccisero l’unico legittimo leader agfhano, Ahman Shah Massoud. Troppo ingombrante, Massoud: campione della resistenza nazionale, prima contro l’Urss e poi contro i Talebani, sarebbe stato facilmente acclamato come nuovo presidente, una volta riconquistata Kabul. Gli assassini di Massoud – disse Benazir Bhutto – erano protetti dall’Isi, l’intelligence militare del Pakistan, succursale della Cia. «Mi candido alle elezioni», annuciò la Bhutto, «per ristabilire la verità». Saltò in aria in piena campagna elettorale, il 27 dicembre 2007, dilaniata da una bomba.Spesso, Enrico Mentana ha espresso nostalgia per il suo primo amore, la politica estera. Che fine ha fatto, dopo tanti anni, la voglia di scavare dietro la verità ufficiale della geopoltica? Mentana ha fatto la storia del giornalismo televisivo italiano: giovane esponente del Psi approdato in Rai grazie a Bettino Craxi, nel 1991 – a soli 37 anni – accettò la grande scommessa prospettatagli da Berlusconi: creando l’allora rivoluzionario Tg5, mandò in pensione il letargico e paludato Tg1, imponendo un nuovo tipo di informazione, brillante e fulminea, che già anticipava la velocità attuale del web, l’immediatezza istantanea dei social. Una volta approdato a La7, Mazzucco gli rinfaccia di essersi sprofondato nella nuova poltrona: poteva essere “il primo degli ultimi”, la maggiore delle voci indipendenti (in piena coerenza con la sua storia professionale) e invece si è rassegnato a essere “l’ultimo dei primi”, mestamente allineato al coro.Le residue illusioni sono cadute dando uno sguardo allo strombazzatissimo giornale online che Mentana ha aperto, in proprio, con il lodevole intento di dare spazio ai giovani giornalisti. Sulla nuova testata, “Open”, le notizie di apertura sono però di questo tenore: “Suoni e visioni: Google lancia l’Interpreter Mode, è l’inizio della fine degli interpreti umani?”. Ora, Mentre Mazzucco e gli altri ex estimatori augurano la buonanotte al fu Enrico Mentana, c’è però chi gli augura tutt’altro: “Presto vi puniremo, sappiamo tutto di voi, punirvi è un dovere”. Questo il messaggio che Mentana ha ricevuto, firmato “Boia chi molla”, con tanto di svastica. L’Italia ribolle di risentimenti, in parte fuori controllo: il governo gialloverde ha provato a metterci una pezza, ma con risultati deludenti. La stessa Europa sta franando, dai Gilet Gialli alle convulsioni post-Brexit. La tensione è in aumento ovunque, dopo gli opachi attentati domestici di marca Isis. Si avvicinano le europee, insieme alla temuta recessione. Cresce il caos? Manca solo il fantasma peggiore: quello del terrorismo. Qualcuno – non si sa chi – lo rianima prontamente, riuscendo a trasformare in quasi-eroe persino lo sbiadito, reticente Enrico Mentana.Mala tempora currunt: su pressione dell’oligarca tedesco Günther Oettinger, commissario Ue, il Parlamento di Strasburgo ha gettato le basi per un vero e proprio bavaglio del web, che impone il filtro dei contenuti sulle maggiori piattaforme (Google, Facebook, YouTube) e mette virtualmente fine alla libera circolazione dei link. E’ di questo che ha paura, il mainstream, dopo le ultime sconfitte subite: il referendum di Renzi e l’euro-diserzione del Regno Unito, la vittoria di Trump e quella dei gialloverdi. Comunque vada a finire, se mai dovesse sciaguratamente prendere corpo una reale minaccia di tipo terroristico contro la cosiddetta libera informazione, ci ritroveremmo di fronte a un copione già scritto: ancora più potere ai media mainstream, e un’ulteriore emarginazione dei media indipendenti, comodamente criminalizzabili in blocco. Come ha da poco ricordato lo stesso Mazzucco, l’imbecille di turno non manca mai. Il problema non è lui, ma chi poi lo manipolerà. Storia: le prime Br erano un fenomeno spontaneo. Quelle che uccisero Moro, non più.Di tutte le guerre striscianti in corso oggi, quella per l’informazione è la più cruciale: senza l’appoggio “militare” del mainstream, uno come Monti sarebbe stato preso a pesci in faccia, nel 2011. I vari Cottarelli e Moscovici possono sfilare tranquillamente in passerella davanti alle telecamere: nessun grande giornale e nessun telegiornale prenderà mai in seria considerazione le voci, anche molto autorevoli, che smontano ogni giorno le loro tesi. E’ una vera e propria emergenza democratica, quella dell’informazione manipolata. Lo dimostra, ogni giorno di più, il deficit di credibilità che oggi colpisce i giornalisti, una categoria di cui ormai la maggioranza della popolazione non si fida più. Attaccarli in modo sgangherato e proditorio non può che rafforzarli, puntellandone la pericolante attendibilità. Saranno ancora loro a scendere nell’arena delle prossime europee, ciascuno scrupolosamente “embedded”, precisamente istruito dai club come l’Aspen, il Bilderberg e la Trilaterale, sempre così premurosi nel fabbricare il consenso quotidiano attorno all’oligarchia neoliberista che ha silenziosamente svuotato le nostre democrazie, appaltate a politici di cartone trasformati in star da ex giornalisti che di tutto si occupano, tranne che delle vere ragioni della grande crisi.(Giorgio Cattaneo, “A chi giovano le sconcertanti minacce rivolte a Enrico Mentana?”, dal blog del Movimento Roosevelt del 17 gennaio 2019).Tutto si può imputare, a Enrico Mentana, tranne che la mancanza di cordialità e di umana empatia. E’ un affabile surfer, il direttore del telegiornale de La7, nel mare tempestoso delle fake news ufficiali: magari dribbla le verità più scomode e sta ben attento a non uscire mai dalla cornice disegnata dagli spin doctor dell’establishment, ma almeno non partecipa alle crocifissioni rituali che il sistema infligge, con acrimonia, a questo e a quello, attraverso propagandisti con la bava alla bocca, travestiti da giornalisti. Di tutto si sentiva la mancanza, oggi in Italia, fuorché di un bel costume da martire, tagliato su misura per l’Enrico nazionale. Alla bisogna ha prontamente provveduto la mano (anonima, ovviamente) che gli ha indirizzato minacce mafiose, evocando l’oscura escatologia della forca che attenderebbe, un giorno, i malfattori della disinformazione. La minaccia è stata accolta così seriamente da mobilitare nientemeno che il primo ministro, dichiaratosi preoccupato per l’incolumità della libera informazione – che evidentemente nel nostro paese esiste ancora, secondo Giuseppe Conte.
-
Akakor, Amazzonia: l’impero segreto dei Figli delle Stelle
Nel 13.000 avanti Cristo, «brillanti navi dorate» raggiunsero le foreste lussureggianti del Sudamerica. Ne scesero «maestosi stranieri con la carnagione bianca, il volto contornato dalla barba, folta chioma nera con riflessi blu». Avevano anche «sei dita alle mani e ai piedi», proprio come i Nephilim (giganti) di cui parla la Bibbia, il cui ultimo discendente, Golia, secondo il racconto biblico fu abbattuto dal mitico Davide. I personaggi comparsi in Amazzonia «dissero di provenire da Schwerta, una costellazione lontanissima con innumerevoli pianeti, che incrocia la Terra ogni 6.000 anni». Sconosciuta la tecnologia in loro possesso: «Pietre “magiche” per guardare ovunque nel mondo, arnesi che scagliano fulmini e incidono le rocce, la capacità di aprire il corpo dei malati senza toccarlo». Fiabe? Chissà. In ogni caso, si tratta di storie pericolose: spesso sono costate la vita ai ricercatori che tentarono di approfondirle, capirle, svelarle (compreso un vescovo cattolico, monsignor Giocondo Grotti). E’ un vero e proprio cimitero – sconosciuto ai più – quello dei “cercatori” dell’altro Eldorado, l’ipotetica civiltà dei Figli delle Stelle che, in Amazzonia, avrebbero fondato imponenti città-Stato (sotterrannee) tra piramidi sepolte nella giungla, rivelando all’umanità la sua vera origine. Prima vittima di questa leggendaria scoperta: un giornalista tedesco, Karl Brugger, stabilitosi nel dopoguerra a Manaus.La sua avventura inizia nel 1972, nell’ex capitale del caucciù alla confluenza tra l’Amazonas e il Rio Negro. Dopo tante esplorazioni tra gli indios, Brugger fa l’incontro che gli cambierà la vita: entra in contatto con Tatunca Nara, che si considera l’ultimo capo degli Ugha Mongulala, misteriosa Tribù degli Alleati Eletti. Da lui proviene un racconto straordinario, tratto direttamente dai “libri sacri” che costituiscono la cronistoria di un regno scomparso, Akakor. La “Cronaca di Akakor” racconta Dino Vitagliano sul blog “Acam”, ripreso da “La Crepa nel Muro”, si compone di vari testi: “Il Libro del Giaguaro”, “Il Libro dell’Aquila”, “Il Libro della Formica” e “Il Libro del Serpente d’Acqua”. C’è scritto che gli Alleati Eletti, provenienti dal cielo, «con infinito amore donarono agli indios il lume della civiltà e gettarono le basi di un impero vastissimo». Il reame comprendeva «Akakor, l’imprendibile fortezza di pietra nella vallata sui monti al confine tra Perù e Brasile», ma anche «Akanis in Messico e Akahim in Venezuela», senza contare «le grandiose città di Humbaya e Patite in Bolivia, Cadira, Emin sul Grande Fiume e maestosi luoghi sacri: Salazare, Tiahuanaco e Manoa sull’altopiano a sud». L’antropologo Samir Osmanagich, scopritore delle Piramidi di Visoko in Bosnia datate 28.000 anni, avverte: l’Amazzonia e l’America Centrale ospitano migliaia di antichissime piramidi, sepolte dalla vegetazione: costruite da chi?La disposizione delle piramidi, incluse quelle egizie – aggiunge Osmanagich – riproduce sempre il sistema stellare di qualche precisa costellazione. E’ il caso delle 13 “città invisibili” di Akakor, costruite nel sottosuolo per sfuggire alla vista degli intrusi: «La loro pianta riproduce fedelmente Schwerta, la dimora cosmica degli Antichi Padri». Secondo il racconto della “Cronaca di Akakor”, di sapore mitologico, «una luce innaturale» illumina le città dall’interno, mentre un ingegnoso complesso di canalizzazioni assicura l’afflusso di aria e acqua anche in profondità. Nella narrazione poi compaiono numeri precisi, per raccontare l’improvvisa scomparsa dei “padri celesti”: «Il potente dominio, che contava sotto di sé 362 milioni di individui, durò 3.000 anni». Poi, nell’Ora Zero – identificata nel 10.481 avanti Cristo – gli Antichi Padri «ripresero la via del cielo», sia pure «con la promessa di ritornare». Un viavai astronautico, che ricorda quello che Mauro Biglino ricava direttamente dalla rilettura letterale, in ebraico, dell’Antico Testamento (solitamente tradotto con un’infedeltà clamorosa, capace di trasformare in “gloria” l’inesplicabile “Khavod” con cui, si legge, l’Eohim chiamato Yahvè era solito volare, come su un’astronave capace di varcare le “porte del cielo” che conducono “le olàm”, nello spazio sconosciuto).La partenza dei Figli delle Stelle dall’Amazzonia, prosegue la sintesi offerta da Vitagliano, fu decisamente traumatica: «La Terra parve piangere la loro scomparsa e, 13 anni dopo, un’immane catastrofe si abbattè sul pianeta e sconvolse il suo aspetto, seminando ovunque morte e desolazione». Sapevano, gli “dei” precipitosamente partiti, che cosa sarebbe successo al nostro pianeta? Al che, gli uomini «persero la fede» in quelli che avevano cominciato a considerare “dèi”. La società umana degenerò, e gli individui presero a commettere «azioni crudeli», pessima abitudine protrattasi «nei millenni a venire». Ma non è tutto: «Seguì un seconda catastrofe: una stella gigantesca dalla coda rossa impattò la Terra, provocando un immane diluvio», altro “topos” narrativo citato in tutte le letterature antiche. Secondo le parole di quelli che, nel frattempo, erano diventati sacerdoti, «quando la disperazione avesse raggiunto il culmine, i Primi Maestri sarebbero tornati». Circa 6.000 anni dopo, infatti – nel 3.166 avanti Cristo – ricomparvero le “navi d’oro”. Un nuovo ciclo di regalità “illuminata”: «Lhasa, il Sublime, regnò ad Akakor». E attenzione: «Suo fratello Samon volò sul Nilo per fondare un secondo impero». In più, il nuovo potere egizio «approdava regolarmente in terra sudamericana», sempre «a bordo di immense navi».A che punto era, nel resto del mondo, la civiltà umana attorno al 3000 avanti Cristo? A Creta stava per nascere la cultura minoica, sulla sponda orientale del Mediterraneo sorgeva il villaggio da cui sarebbe nata Troia, mentre sul Nilo regnava la primissima dinastia di faraoni. Più avanzata la civiltà dei Sumeri in Mesopotamia, con importanti città come Ur e Uruk, mentre in Siria si stagliavano le mura di Aleppo. Grandi movimenti da oriente verso occidente: la Cina già molto sviluppata, i contatti con l’Iran, i primi stanziamenti indoeuropei in Ucraina e l’agricoltura che si affaccia sul Baltico, mentre in Inghilterra sorgono le prime tracce di Stonehenge. Legami con l’Amazzonia? Reperti di varia natura scoperti dagli archeologi confermano la presenza egiziana in Sudamerica, come la Roccia delle Scritture che l’antropologo statunitense George Hunt Williamson rinvenne sulle Ande nel 1957, istoriata da geroglifici simili a quelli egizi, venerata dai nativi e collegata alla discesa di antenati spaziali che dimoravano nel “Gran Paititi”. Fili non proprio invisibili, che collegano continenti lontani, fino al mitico impero delle Amazzoni.«Il principe di Akakor – prosegue la “Cronaca” del regno amazzonico – governò con saggezza riorganizzando l’impero distrutto ed eresse nuove città come Manu, Samoa e Kin in Bolivia, e Machu Picchu in Perù. Trecento anni rimase sulla Terra, finchè un giorno si diresse sulla Montagna della Luna, sopra le Ande, e disparve nel cielo in un fuoco». Partenza che riecheggia quella di Quetzalcoatl, misterioso personaggio messicano poi venerato come “divinità”. Millenni di guerre contro le tribù nemiche – aggiunge Vitagliano – videro Akakor cadere e risorgere più volte, stringendo anche alleanze con «stirpi straniere giunte da lontano». Attenzione: le tradizioni degli Ugha Mongulala parlano di «popolazioni bianche, come i Goti che visitarono le loro terre». Nientemeno: sarebbero gli antenati degli stessi Goti che, con Alarico, avrebbero tentato di ripristinare la perduta “regalità iniziatica” resuscitando quel che restava dell’Impero Romano.Ancora una volta, sottolineano i blog “Acam” e “La Crepa nel Muro”, questa citazione si rivela una notevole conferma delle antiche cronache medievali, nelle quali «navi vichinghe partite all’esplorazione di mondi lontani, dopo un naufragio, approdarono sulle coste del Sudamerica». Nella Sierra di Yvytyruzu, in Paraguay, l’archeologo franco-argentino Jacques de Mahieu negli anni ‘70 scoprì un masso istoriato di caratteri runici e disegni dei Drakkar, le navi nordiche, con anche un uomo barbuto protetto da un’armatura. «Le attuali popolazioni di quei territori possiedono la pelle bianca, un torace sviluppato e la barba». Ma un evento ancor più strano, «preconizzato nelle antiche scritture degli Antenati Divini», è l’arrivo ad Akakor di 2.000 soldati tedeschi: militari del Terzo Reich, che aiutarono gli indios ad armarsi contro i “barbari bianchi” (ma senza successo, perché la Germania stava ormai perdendo la Seconda Guerra Mondiale). «I nativi ricordano lo stemma cucito sulla giacche delle truppe, identico ai covoni di grano in foggia di svastica, che rotolavano dalle colline durante cerimonie sacre nel solstizio d’estate».Lo stesso Hitler era ossessionato a tal punto dalle tradizioni esoteriche da abbracciare le idee della società segreta Thule, che prendeva il nome di un vasto territorio esteso dal Mar del Gobi al Polo Nord, abitato dalla “civiltà degli Iperborei”, considerata custode di antiche conoscenze perdute. L’esistenza di una “razza antichissima” che viveva in cavità sotterranee in Amazzonia stimolò la sua curiosità, spingendo il capo del nazismo a inviare numerose spedizioni in tutto il globo per accertare la veridicità dei suoi studi occulti. In questo caso il contingente tedesco “atteso” dagli indios salpò da Marsiglia, a bordo di un sommergibile, per una missione segretissima: tentare di prendere contatto con la mitica Tribù degli Alleati Eletti, quella che – decenni dopo – Karl Brugger avrebbe intercettato, incontrando Tatunca Nara (cioè la fonte principale della leggendaria “Cronaca di Akakor”). Sempre secondo Dino Vitagliano, non fu casuale la scelta, da parte dei nazisti, di partire dal porto mediterraneo: «Un resoconto di viaggio del navigatore greco Pitea di Massalia, nel IV sec a.C., il “De Oceano”, narra la partenza da Massalia, l’antica Marsiglia, per giungere alla mitica Thule ubicata nei ghiacci remoti nel lontano Nord. Molto probabilmente la città francese custodisce segreti esoterici noti ai nazisti da lungo tempo».Sempre secondo la “Cronaca”, il Tempio del Sole di Akakor, vigilato da guardie armate, custodisce mappe segrete, vergate dagli Antichi Padri: mostrano il cosmo com’era millenni prima, con altre Lune, un’isola perduta ad Ovest e una terra in mezzo all’Oceano, «inghiottite dai flutti nel corso di un’epica battaglia stellare», combattuta tra due progenie di “dèi”, le cui conseguenze «investirono persino i pianeti Marte e Venere». A un certo punto, in questa favolosa cosmogonia, compare l’umanità: «I Signori del Cielo portarono l’uomo da un pianeta all’altro, fino a giungere sulla Terra». Già l’austriaco Hanns Hoerbiger, teorico nazista, aveva postulato l’esistenza di varie Lune nelle ère perdute della Terra. Poi c’è un’allusione diretta ai Vimana, le “astronavi” dei Deva (i paleo-astronauti indiani di cui si parla nei Veda, poi trasformati in “divinità” con la nascita dell’Induismo): le mappe di Akakor, citate da Brugger, si ricollegano alla carta astronomica del 4.000 avanti Cristo, appartenuta al compianto ricercatore britannico David Davenport sulle rotte dei Vimana verso il nostro pianeta, provenienti da sistemi stellari lontanissimi. Amazzonia, India, Palestina: è come se venisse raccontata sempre la stessa storia, sia pure in lingue diverse. Qualcuno sarebbe giunto sulla Terra dallo spazio profondo, dando origine all’uomo.Nella foresta pluviale amazzonica, questa “conoscenza” sarebbe stata preservata secondo precise modalità: «Fedeli ai desideri dei Primi Maestri, i sacerdoti raccolsero tutto il sapere e la storia della Tribù Eletta in libri custoditi in una sala scolpita nella roccia all’interno delle dimore sotterranee. Nello stesso luogo gli enigmatici disegni dei Padri Divini sono incisi in verde e azzurro su di un materiale sconosciuto. Disegni che né l’acqua né il fuoco riescono a distruggere». Sempre nel Tempio del Sole, «nei sotterranei giacciono anche armi simili a quelle dei tedeschi appartenute agli “dèi”, l’astronave di Lhasa, un cilindro di metallo ignoto che volava senz’ali, e un veicolo anfibio che attraversava le montagne». Tatunca Nara raccontò a Karl Brugger di aver visto con i suoi occhi «una sala rischiarata da una luminosità azzurrina che mostrava in animazione sospesa quattro persone, tra cui una donna, con sei dita alle mani e ai piedi, entro contenitori di cristallo pieni di liquido». Fervida fantasia fantascientifica – decisamente fuori luogo, in un indio amazzonico degli anni ‘70 – o testimonianza semplicemente sconcertante, così come l’intera storia del regno sotterraneo di Akakor fondato dai Padri Celesti?Il ricercatore italiano Antonio Filangieri verificò le credenziali di Karl Brugger tramite il fratello, Benno, incontrato a Monaco. Benno Brugger rivelò a Filangieri che, dopo l’improvvisa morte di Karl, «colpito in circostanze misteriose da una pallottola nel 1984», il consolato tedesco aveva perquisito l’appartamento di Karl a Rio de Janeiro, confiscando tutta la documentazione relativa alla spedizione di Akakor. «In seguito, le casse con gli incartamenti furono oggetto di diversi tentativi di furto». Di punto in bianco, il console tedesco di Rio venne trasferito in Costa d’Avorio, con i documenti al seguito. Parte del materiale, infine, scomparve non appena giunse in Germania, dov’era arrivato su richiesta di Benno Brugger. Ma non tutto era perduto: «Quando Tatunca Nara avviò delle trattative con alti ufficiali bianchi per fermare lo sterminio indiscriminato degli indios, che prosegue tuttora indisturbato da parte delle autorità, ebbe modo di affidare alcuni scritti degli “dèi” a un vescovo cattolico». Si tratta di monsignor Giocondo Grotti. Dopo aver spedito i documenti in Vaticano, il prelato morì in uno strano incidente aereo, il 28 settembre 1971, durante il decollo dalla pista amazzonica di Sena Madureira, nello Stato dell’Acre, alla frontiera brasiliana con il Perù. Disgustato dai “barbari” bianchi, Tatunca Nara si dichiara orgoglioso delle sue origini: «Noi siamo uomini liberi, del Sole e della Luce. Non vogliamo gravare il nostro cuore del peso della loro fede errata e bugiarda».Con pazienza, conclude Vitagliano, il vecchio Tatunca Nara attende il ritorno degli “dèi”. O forse le “divinità”, tuttora nascoste negli impenetrabili recessi di Akakor, «attendono con pazienza che gli uomini tornino a loro stessi». In ogni caso, aggiunge il ricercatore su “Acam”, il Terzo Reich non fu il solo a interessarsi al mitico regno amazzonico. L’antica civiltà scomparsa, le cui colossali rovine sarebbero sepolte sotto le foreste del Sudamerica, è stato il sogno di numerosi avventurieri nel corso delle varie epoche. Già nel 1530 l’ufficiale di Pizarro, Francisco Orellana, favoleggiava di un reame pieno d’oro tra il Rio delle Amazzoni e il fiume Orinoco. La Chiesa ne sa qualcosa: «I gesuiti sono in possesso di antichi scritti di viaggio relativi a un’antica popolazione che dimora in una città maestosa nella giungla brasiliana». Un gruppo di sette uomini, guidato dal geografo americano Hamilton Rice, nel 1925 si spinse nella Sierra Parima, tra Venezuela e Brasile, alla scoperta di Ma-Noa, la capitale del leggendario El Dorado. Curiosamente, annota Vitagliano, il nome ricorda Manu, una delle 13 città costruite da Lhasa, detto il Sublime, che avrebbe regnato su Akakor 3.000 anni prima di Cristo.La documentazione più importante riguardo l’esistenza di scomparse civilizzazioni antecedenti a quelle conosciute – aggiunge sempre Vitagliano – proviene del colonnello britannico Percy Harrison Fawcett, cartografo della National Geographic Society. «In Sudamerica si dedicò alla consultazione del Manoscritto dei Bandeirantes, della prima metà del 1700», ora custodito al Museo dell’Indio a Rio de Janeiro. Il testo descrive l’esplorazione delle foreste amazzoniche da parte di un gruppo di venti uomini, e la loro clamorosa scoperta: una metropoli di pietra, ormai deserta, protetta da mura ciclopiche. Organizzata una spedizione del 1925 in Mato Grosso, Fawcett «si inoltrò con il figlio Jack lungo il Rio Araguaia, entrando in contatto con varie tribù di indios che conservavano nelle loro tradizioni il ricordo di una provenienza stellare». Proprio quando sembrava aver raggiunto «le vestigia di remote città illuminate da luci fredde», il cartografo inglese «scomparve misteriosamente, in estate, nell’alto Rio Xingu». Nel 1946 è la volta del connazionale Leonard Clark, che in un resoconto di viaggio (“I fiumi scendevano a Oriente”, edito nel 2000 da Tea), narra il ritrovamento di sei delle sette città dell’El Dorado nelle Ande Peruviane.Undici anni dopo, stimolato dai racconti del colonnello Fawcett, Antonio Filangieri ricalcò lo stesso itinerario e constatatò che molti luoghi collimavano. «Partì per un secondo viaggio, in modo da verificarne le scoperte archeologiche e raccogliere informazioni sulla sua scomparsa». Viaggio da cui però dovette desistere, come egli stesso riferisce, «per drammatici eventi sopraggiunti». Poco dopo, nel 1975, l’archeologo brasiliano Roldao Pires Brandao individuò una montagna tra il Brasile e il Venezuela, il Pico De La Neblina, attorno a cui – quattro anni dopo – scoprì tre piramidi di 150 metri, accanto a un complesso urbano nascosto dalla foresta. Ma la ricerca non è finita, aggiunge Vitagliano: ai giorni nostri, il ricercatore Marco Zagni si è assunto il compito di svelare l’esistenza di scomparse civiltà pre-incaiche. Zagni ha organizzato una spedizione in Perù, nelle zone di Pantiacolla, del fiume Pini Pini e di Pusharo, basandosi sulle testimonianze di una spedizione francese smarritasi nel 1979: in quella regione esisterebbero «indios di due metri», che vivono in mezzo a «strane formazioni piramidali, fotografate dal satellite LandSat», in un’area attraversata da una fitta rete di cavità sotterraneee, chiamate Soccabones. Ultime tracce del mitico Akakor?Anche gli archeologi, conclude Vitagliano, ormai sono propensi a riconoscere che – tra il 6.000 e il 4.000 avanti Cristo – sia fiorita una civiltà amazzonica, quella dei Mogulalas, formata da numerose città-Stato. Un dominio estremamente vasto, che si estendeva dal Venezuela alle Ande Peruviane. «Una conferma esoterica giunge anche dal libro di Leo e Viola Goldman, “I Misteri del Tempio” (Edizioni Synthesis, 1998)», che descrive «il cammino iniziatico di una donna nella città nascosta di Ibez, all’interno della montagna sacra del Roncador in Mato Grosso». Una montagna popolata da Maestri Divini che, «scampati alla distruzione di Atlantide con i Vimana», cioè le loro potenti astronavi, crearono le civiltà degli Inca, dei Maya e degli Atzechi. Una storia affascinante, ma costellata da troppe strane morti: non porta fortuna, a quanto pare, inoltrarsi in Amazzonia alla ricerca degli Splendenti, i Padri Celesti come Lhasa il Sublime. Chi erano, dunque, gli esseri “superiori” che, secondo Tatunca Nara (e il suo interlocutore tedesco, Karl Brugger, ucciso misteriosamente) avrebbero addirittura “importato” la vita sul pianeta Terra, trasportandola sin qui da pianeti sconosciuti, fino a dare origine alla stessa presenza dell’uomo?Nel 13.000 avanti Cristo, «brillanti navi dorate» raggiunsero le foreste lussureggianti del Sudamerica. Ne scesero «maestosi stranieri con la carnagione bianca, il volto contornato dalla barba, folta chioma nera con riflessi blu». Avevano anche «sei dita alle mani e ai piedi», proprio come i Nephilim (giganti) di cui parla la Bibbia, il cui ultimo discendente, Golia, secondo il racconto biblico fu abbattuto dal mitico Davide. I personaggi comparsi in Amazzonia «dissero di provenire da Schwerta, una costellazione lontanissima con innumerevoli pianeti, che incrocia la Terra ogni 6.000 anni». Sconosciuta la tecnologia in loro possesso: «Pietre “magiche” per guardare ovunque nel mondo, arnesi che scagliano fulmini e incidono le rocce, la capacità di aprire il corpo dei malati senza toccarlo». Fiabe? Chissà. In ogni caso, si tratta di storie pericolose: spesso sono costate la vita ai ricercatori che tentarono di approfondirle, capirle, svelarle (compreso un vescovo cattolico, monsignor Giocondo Grotti). E’ un vero e proprio cimitero – sconosciuto ai più – quello dei “cercatori” dell’altro Eldorado, l’ipotetica civiltà dei Figli delle Stelle che, in Amazzonia, avrebbero fondato imponenti città-Stato (sotterrannee) tra piramidi sepolte nella giungla, rivelando all’umanità la sua vera origine. Prima vittima di questa leggendaria scoperta: un giornalista tedesco, Karl Brugger, stabilitosi nel dopoguerra a Manaus.
-
Sacrifici umani, ariosofia nazista: ieri Auschwitz, oggi l’Ue
Sacrifici umani: chi li compie è convinto che il sangue della vittima abbia il potere di rendere più forti, invincibili, quasi immortali. E’ sempre accaduto, nell’antichità ma non solo. Ad Auschwitz, per esempio: «Perché sterminare gli ebrei? Al regime nazista erano più utili da vivi, come schiavi», osserva Francesco Maria Toscano. Tanta brutale ferocia, infatti, non si spiega se non illuminando il buio retroterra dell’ideologia stragista germanica, basata proprio sul culto del sacrificio. Ne sa qualcosa anche la Grecia di oggi, a cui è stata inflitta – con crudeltà gratuita – la tortura infinita dell’austerity, la distruzione di massa della struttura sociale di un intero paese, senza nessuna pietà per anziani e bambini. Niente a che vedere coi deliri di Himmler? La stessa Angela Mergel, secondo l’esplosivo libro “Massoni” di Gioele Magaldi, fa parte di una superloggia segreta che si chiama “Walhalla”, esattamente come la sinistra cripta iniziatica del capo delle SS. Il paradiso nibelungico e il mito di Parsifal. La guerra come vocazione, la violenza come prassi. Cosa lega l’anima oscura del nazismo alla ferocia tecnocratica dell’Ue a guida tedesca? Si chiama ariosofia. E’ una corrente sotterranea, che percorre l’Europa per decenni, legittimando i superuomini e incoraggiandoli a compiere “sacrifici umani”.Fascismo e nazismo, scrive Toscano recensendo il libro di Magaldi sul blog “Il Moralista”, furono segretamente aiutati, nella loro ascesa, da segrete forze massoniche: «Tanto il Duce quanto il Führer giunsero al potere grazie all’aiuto di alcuni “apprendisti stregoni” in grembiulino, desiderosi di imprimere una svolta autoritaria e oligarchica al mondo occidentale». Certo, Roma e Berlino avevano ufficialmente messo al bando la “libera muratoria”. Ma Mussolini «fece del fascismo una specie di Gran Loggia di Stato, affidando non a caso al massone Alberto Beneduce il ruolo di supervisore dell’intera economia fascista». Parallaelamente, «dopo avere smantellato le logge tedesche “ordinarie”», Hitler delegò al massone Hjalmar Schacht il compito di riportare in auge il vecchio sistema industriale e finanziario germanico, basato sul mercantilismo padronale. Non è solo politica: gli uomini del Führer, aggiunge Toscano, traevano ispirazione dalla loro famigerata dottrina segreta, l’ariosofia, «corrente occulta ben presto entrata in rotta di collisione con i massimi rappresentanti di un esoterismo di tipo “tradizionale”».Cos’è l’ariosofia? «E’ una gnosi, coltivata specialmente all’interno delle SS di Himmler, capo supremo del culto dell’Ordine Nero». Nel suo dirompente libro, che denuncia il ruolo segreto delle “Ur-Lodges” nella storia del Novecento, Magaldi cita un saggio di Pierluigi Tombetti che rievioca il “cuore nero” dell’esoterismo nazista delle SS: «Nella campagna a poca distanza da Paderborn, in Vestfalia, si erge maestoso su una collina che domina il territorio il castello Wewelsburg, dove Heinrich Himmler creò l’Omphalos, o ombelico del mondo, il centro spirituale del suo personale impero». Proprio a Wewelsburg, i migliori scienziati tedeschi si riunivano per dedicarsi alla “ricerca pura”. I cultori dell’Ordine Nero rielaboravano il mito di “Thule”, l’iperborea ariana, il Polo Nord, l’antica patria in cui la maggioranza delle tradizioni germaniche posizionavano l’Eden ariano, «cioè il luogo in cui, nella notte dei tempi, una stirpe di uomini-dei ariani vivevano in perfetta armonia con le forze della natura, essendone essi stessi una manifestazione». Uomini dotati di poteri divini. Tra il 1939 e il 1944, Himmler stravolse la struttura del castello, ricavando una cripta che divenne il sancta sanctorum delle SS. Cripta che Himmler battezzò il “Wahlalla”.«Per inciso – scrive Toscano – proprio “Wahlalla” è il nome di una delle tre Ur-Lodges frequentate da Angela Merkel». Un tuffo ancestrale nell’irrazionale? Solo in apparenza: è proprio una certa ideologia esoterica a spiegare, a posteriori, certe manifestazioni storiche altrimenti incomprensibili. L’Olocausto, per esempio. Perché quella strage così metodica e fanatica? «La risposta va ricercata sempre nell’ambito della filosofia occulta», sostiene Toscano. «Molte dottrine sapienziali antiche, assorbite e riattualizzate dalle élite esoteriche naziste, auspicavano la consumazione di “sacrifici umani” indispensabili per liberare “energie positive” a vantaggio dei sacrificatori». Ed eccoci al 2014: «Anche oggi, sebbene in chiave soft, riveduta e corretta, Angela Merkel, iniziata presso una loggia dal nome evocativo e ambiguo (“Walhalla”), inneggia di continuo alla retorica del “sacrificio”. Per queste ragioni, al netto delle evidenti differenze di metodo, l’Olocausto greco attuale è paragonabile a quello ebraico di allora, figli entrambi della stessa identica “gnosi”, quella stessa che insegnava a Himmler ieri e a Merkel oggi come i “sacrificatori” traggano energia e forza versando il sangue delle vittime».Giusto per completare la panoramica “esoterica”, continua Toscano, è giusto ricordare come la Merkel risulti affiliata pure alla “Parsifal”, una “Ur-Lodge” frequentata in passato anche da Helena Petrovna Blavatsky, madrina di quella “teosofia” che tanto influenzò l’armamentario ideologico caro alle élite con la svastica. «E quindi, con riferimento alla biografia della Merkel, le “coincidenze” in grado di far tornare alla mente l’esperienza nazista guarda caso aumentano». Anche l’atroce capitolo del nazismo, secondo Magaldi, non è perfettamente leggibile se si trascura il ruolo-chiave dell’ideologia occulta e dei circoli segreti di allora, accomunati dallo stesso inconfessabile obiettivo: far sparire dall’Europa i cittadini, trasformandoli in sudditi. La Germania e l’Ue stanno riuscendo, oggi, nell’impresa tentata ieri da Hitler? Suggestioni inquietanti, tra le mille sfaccettature della storia e dell’attualità. Un panorama che il libro di Magaldi arricchisce di inediti e sbalorditivi indizi, inserendo nomi e cognomi del “terzo livello” del supremo potere. Un network mondiale di grandi oligarchi, rispetto ai quali i politici sono soltanto mediocri esecutori. Un potere smisurato e “nemico”, il cui pensiero retrostante è aristocratico, feudale, autoritario, persino tenebroso. Secondo questa tesi, i “sacrifici umani” non sono affatto un incidente socio-economico. Sono espressamente voluti, come se si trattasse di un rito: perché le nostre sofferenze sono il “loro” trionfo.(Il libro: Gioele Magaldi, “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere, 656 pagine, 19 euro).Sacrifici umani: chi li compie è convinto che il sangue della vittima abbia il potere di rendere più forti, invincibili, quasi immortali. E’ sempre accaduto, nell’antichità ma non solo. Ad Auschwitz, per esempio: «Perché sterminare gli ebrei? Al regime nazista erano più utili da vivi, come schiavi», osserva Francesco Maria Toscano. Tanta brutale ferocia, infatti, non si spiega se non illuminando il buio retroterra dell’ideologia stragista germanica, basata proprio sul culto del sacrificio. Ne sa qualcosa anche la Grecia di oggi, a cui è stata inflitta – con crudeltà gratuita – la tortura infinita dell’austerity, la distruzione di massa della struttura sociale di un intero paese, senza nessuna pietà per anziani e bambini. Niente a che vedere coi deliri di Himmler? La stessa Angela Merkel, secondo l’esplosivo libro “Massoni” di Gioele Magaldi, fa parte di una superloggia coperta che si chiama “Walhalla”, esattamente come la sinistra cripta iniziatica del capo delle SS. Il paradiso nibelungico e il mito di Parsifal. La guerra come vocazione, la violenza come prassi. Cosa lega l’anima oscura del nazismo alla ferocia tecnocratica dell’Ue a guida tedesca? Si chiama ariosofia. E’ una corrente sotterranea, che percorre l’Europa per decenni, legittimando i superuomini e incoraggiandoli a compiere “sacrifici umani”.
-
Verità proibita in Europa, la vergogna dell’arresto di Chiesa
Sbattuto in cella e tenuto in arresto per sette ore, rilasciato solo grazie al tempestivo intervento dell’ambasciatore italiano a Tallinn e del ministero degli esteri di Roma, che ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore estone chiedendo spiegazioni: com’è possibile che un cittadino europeo – per giunta giornalista ed ex europarlamentare – venga improvvisamente arrestato nella capitale dell’Estonia senza che abbia commesso alcun reato? Le autorità di Tallinn – imbeccate dai loro “custodi” atlantici o convinte di render loro un servizio? – hanno balbettato dichiarazioni che non spiegano nulla, citando un decreto che considera Giulietto Chiesa “persona non gradita”, documento di cui però non c’è traccia. Il provvedimento sarebbe datato 13 dicembre 2014, cioè il giorno dopo il meeting internazionale organizzato a Roma proprio da Chiesa, con grandi giornalisti e autorevoli politologi russi e americani, tra cui Paul Craig Roberts, già viceministro di Regan, tutti critici con la gestione Usa della crisi ucraina. Chiesa è stato arrestato a Tallinn, dov’era invitato per un convegno, poco dopo aver rilasciato un’intervista a una televisione estone.E’ abbastanza evidente, dice, il maldestro tentativo di impedire a un cittadino europeo di esprimere le proprie idee e raccontare le verità che conosce. «Questa – aggiunge Giulietto Chiesa dopo il rilascio – non è certo l’Europa che sognava Altiero Spinelli». Il “decreto di espulsione” dall’Estonia, scrive Pino Cabras su “Megachip”, il newsmagazine web fondato da Chiesa, sarebbe stato «emanato ad personam» dal governo di un paese membro dell’Unione Europea, «senza nessuna accusa formulata in nome di una qualche fattispecie di reato». Quindi, «si è voluto colpire un cittadino di quella stessa Unione Europea, una personalità pubblica nel pieno dei suoi diritti politici e di parola, da sempre proclamati come il miglior primato dell’Europa». In teoria, aggiunge Cabras, tutti hanno quei diritti, «ma vengono usati poco e sempre meno», anche perché «per i diritti funziona al contrario dei vestiti: meno li usi più si sgualciscono». Giulietto? «Indossa invece tutte le sfumature del diritto di parola e perciò mostra la veste integra della libertà, che spicca in mezzo a un sistema dell’informazione ormai agli stracci».Vent’anni prima che diventasse popolare la denuncia della disinformazione di massa organizzata in modo sistematico del mainstream, Giulietto Chiesa ne ha fatto una ragione di vita: «Non sappiamo nulla di quanto avviene attorno a noi, perché non ce lo dicono, e se non sappiamo nulla potrebbe accadere di tutto, al riparo dalla verità». Durissime le denunce sulla Guerra del Golfo, costruita con le false accuse contro Saddam, e sui crimini di Israele verso i palestinesi. E poi la mattanza nei Balcani, i bombardamenti “umanitari” per il Kosovo, le atrocità della guerra in Cecenia: tra i pochissimi, Giulietto Chiesa, a denunciare la Russia per la guerra nel Caucaso, “organizzata” direttamente dal Cremlino per creare un fronte interno in grado di fabbricare consenso a beneficio del pericolante “zar” privatizzatore Boris Eltsin. In contatto con Gino Strada e la struttura di “Emergency”, Giulietto Chiesa è stato il primo giornalista italiano – tra i primi al mondo – a entrare a Kabul nella primavera 2002, durante la “liberazione” dai Talebani, nel corso dell’offensiva dell’Alleanza del Nord scatenata per “punire” Al-Qaeda all’indomani del super-attentato dell’11 settembre 2001, rispetto al quale – oggi è accertato – il network terroristico di Bin Laden non ebbe alcuna responsabilità.«Giulietto Chiesa mente», scrisse l’agenzia sovietica “Tass” ai tempi dell’Urss, sperando di liberarsi dell’allora corrispondente de “L’Unità”, ritenuto scomodo perché sincero, non allineato al potere. Fu Berlinguer in persona, ricorda Chiesa, a chiarire al Cremlino che il giornale non lo avrebbe sostituito. Un’autorevolezza, quella di Chiesa, che gli ha consentito di collaborare per lunghi anni coi maggiori organi d’informazione italiani, da “La Stampa” ai telegiornali Rai e Mediaset. Stretto collaboratore di Mikhail Gorbaciov a partire dagli anni ‘90, Chiesa ha condiviso l’impegno del “padre della perestrojka” per sviluppare una visione multipolare del mondo, archiviata la guerra fredda. Ma la storia s’è rimessa a correre in direzione contraria: la “guerra infinita”, innescata proprio dall’11 Settembre, ci ha regalato un conflitto dopo l’altro. «La peggiore arma di distruzione di massa è la menzogna», dice Chiesa. «Proprio sulla manipolazione della verità si basa la preparazione di ogni guerra di aggressione: tutte guerre asimmetriche, ormai, particolarmente sanguinose, non più tra eserciti contrapposti ma tra milizie e popolazioni civili». In crisi, Giulietto Chiesa, anche con la sinistra, da cui pure proviene: «La sinistra – dice – non ha “visto” il rivolgimento epocale in corso, l’affermarsi delle grandi oligarchie finanziarie che hanno piegato la politica al loro volere. E se la politica democratica sparisce, non abbiamo più difese».Le ultime grandi battaglie civili l’hanno condotto, ancora una volta, nell’ex Unione Sovietica. Prima nell’Ossezia del Sud, aggredita dalla Georgia armata dalla Nato su ordine di Bush. E poi nell’Ucraina sfigurata dal golpe di Kiev, orchestrato da Washington e affidato alla manovalanza neonazista che ha sparato sulla folla di piazza Maidan e assassinato più di cento inermi alla “casa dei sindacati” di Odessa, provocando la secessione della Crimea. Poi, a seguire, i bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile del Donbass “ribelle”. Tutti episodi documentati e filmati, ma oscurati dal mainstream occidentale secondo cui l’aggressore è il vecchio nemico, l’Orso russo, incarnato oggi da quel Putin a cui non si perdona di non volersi “arrendere” al dominio occidentale. «Il mondo sta cambiando e cambierà sempre più in fretta», ha avvertito Pepe Escobar di “Asia Times” al simposio organizzato a Roma da Giulietto Chiesa il 12 dicembre. «Il problema – ha aggiunto Marcello Foa, opinionista del “Giornale” e a allievo di Indro Montanelli – è che l’opinione pubblica occidentale non se rende conto, perché i media non la informano».L’attività più recente di Giulietto Chiesa, la direzione della web-tv “Pandora Tv”, impegnata a svelare i torbidi retroscena della crisi ucraina, gli è probabilmente costata l’inaudito arresto a Tallinn, in quel Baltico dove il risentimento contro l’ex “padrone imperiale” sovietico è ancora così forte da armare violente discriminazioni contro le minoranze russe, fino al punto da applaudire i “rivoluzionari” di Kiev che sfilano sotto bandiere con la svastica. Non è un caso, osserva Pino Cabras, che nel punire con metodi squadristici gli scomodi portatori di verità «si cominci da uno dei paesi baltici, quelli in cui, assieme alla Polonia e all’Ucraina, con la benedizione della Nato, si sta formando un cuore nero dell’Occidente: lì, in piena Europa, si sta “normalizzando” un modo di concepire l’Occidente alla maniera dell’America Latina degli anni Settanta». Per essere chiari: «È un sistema in cui le strategie militari e finanziarie le decide Washington, gli apparati repressivi sono in mano a manovalanza di ispirazione nazista, i simboli storici sono manipolati con ogni mezzo, si rimuove con la forza ogni memoria antifascista e si recuperano segni, monumenti, cimeli legati al peggiore nazionalismo. Per le idee diverse c’è la repressione».Anche in questo caso, Giulietto Chiesa aveva fiutato il pericolo con largo anticipo: si era candidato al Parlamento Europeo in una lista creata per tutelare la minoranza russa della Lettonia. E nel 2009, nel libro “Il candidato lettone”, scriveva: «Mi rendevo conto, nonostante fossi lontano, che si stava preparando un focolaio, che avrebbe presto potuto trasformarsi in un incendio. E avvertivo anche che l’informazione che arrivava da Tallinn era – per usare un eufemismo – incompleta, inadeguata, e che, per capirci qualche cosa, si doveva integrarla con le notizie che venivano da Mosca. L’esperienza mi diceva che le crisi non nascono per caso. Anche se appaiono all’improvviso, hanno sempre una gestazione lunga ed è quella che bisogna scandagliare. Sono come corsi d’acqua, che escono dagli argini all’ultimo momento. Ma è evidente che la questione non è soltanto se gli argini siano sufficientemente alti; bisogna capire perché tanta acqua sia scesa dai monti». L’acqua baltica dell’ultimo decennio, aggiunge Cabras, è quella del recupero della memoria delle SS, della persecuzione dei russi, delle ondate repressive in stile G8 di Genova, tutte raccontate nel libro, «che ancora non poteva descrivere gli sviluppi che invece nel 2014 ha poi raccontato “Pandora Tv”: la guerra ucraina, la veloce e drammatica militarizzazione Nato dell’Est europeo; l’oltranzismo dei leader di quell’area, sempre più organici ai loro burattinai d’Oltreoceano, al punto che cedono platealmente i ministeri chiave e la finanza a ministri stranieri, come in Ucraina; le stragi naziste e i villaggi bombardati dall’artiglieria, le centinaia di migliaia di profughi, l’Europa delle sanzioni autolesioniste».Su questo fiume di eventi, conclude Cabras, c’è l’alba cupa dell’Europa che va incontro alla guerra da Est, non trattenuta dall’altra Europa più a Ovest, a sua volta devastata dall’austerity del regime europeo. «Solo in un contesto simile potevano eleggere il polacco Donald Tusk come presidente del Consiglio Europeo: ai piani alti vogliono quanta più russofobia possibile». L’incredibile arresto intimidatorio e illegale cui è stato sottoposto Giulietto Chiesa a Tallinn «ci dice che il regime europeo non solo emargina le voci dissidenti ma non vuole più tollerarne l’esistenza». Per Pino Cabras, evidentemente, «il silenzio mediatico su notizie importanti non basta più alle correnti atlantiste che dominano il continente. Vedono che c’è chi non si rassegna al silenzio, mentre avverte – qui e lì per l’Europa – che bisogna fare molto chiasso, e urlare che la guerra non sarà in nostro nome». Per Giulietto Chiesa, l’arresto è anche «una lezione da imparare», perché «ci aiuta a capire che razza di Europa è quella che ci troviamo davanti ora, e che battaglia dovremo fare per cambiarla, per rovesciarla come un calzino, se non vogliamo che questa gente rovesci noi».Sbattuto in cella e tenuto in arresto per sette ore, rilasciato solo grazie al tempestivo intervento dell’ambasciatore italiano a Tallinn e del ministero degli esteri di Roma, che ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore estone chiedendo spiegazioni: com’è possibile che un cittadino europeo – per giunta giornalista ed ex europarlamentare – venga improvvisamente arrestato nella capitale dell’Estonia senza che abbia commesso alcun reato? Le autorità di Tallinn – imbeccate dai loro “custodi” atlantici o convinte di render loro un servizio? – hanno balbettato dichiarazioni che non spiegano nulla, citando un decreto che considera Giulietto Chiesa “persona non gradita”, documento di cui però non c’è traccia. Il provvedimento sarebbe datato 13 dicembre 2014, cioè il giorno dopo il meeting internazionale organizzato a Roma proprio da Chiesa, con grandi giornalisti e autorevoli politologi russi e americani, tra cui Paul Craig Roberts, già viceministro di Regan, tutti critici con la gestione Usa della crisi ucraina. Chiesa è stato arrestato a Tallinn, dov’era invitato per un convegno, poco dopo aver rilasciato un’intervista a una televisione estone.
-
Roberts: mentecatti europei, pagati per portarvi in guerra
Pagliacci pericolosi, pagati per mentire. Dal portoghese José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea prima del degno sostituto Juncker, fino al danese Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato. Obbediscono agli ordini di chi li ha piazzati al vertice: gli Stati Uniti. E l’ordine è semplice: raccontare il contrario della verità, in modo da “orientare” l’opinione pubblica grazie ai media mainstream, anch’essi “zerbini” del super-potere come i loro editori, per nulla indipendenti. E’ la dura accusa lanciata sul blog “Counterpunch” da Paul Craig Roberts, già editor e viceministro di Reagan, indignato per la criminale manipolazione delle notizie sul fronte ucraino, orchestrata dallo staff di Obama. E perché gli europei non si ribellano, visto che hanno tutto da perdere in caso di un’escalation con la Russia? Perché noi americani li paghiamo, scrive Roberts: tutti i leader europei sono stati elevati a ruoli di comando dallo Zio Sam. Grazie agli Usa hanno fatto carriera e ricevuto denaro a palate. Per questo, sono pronti a dire (e fare) qualsiasi cosa. Anche la guerra, persino contro una superpotenza nucleare.«Herbert E. Meyer, un pazzo che per un periodo aveva occupato il ruolo di assistente speciale del direttore della Cia durante l’amministrazione Reagan, ha scritto un articolo invitando all’assassinio del presidente russo Vladimir Putin», riferisce Craig Roberts in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. Dice l’ex uomo Cia: «Se dobbiamo farlo uscire dal Cremlino con i piedi in avanti e un foro di proiettile nella nuca, non avremmo problemi». Assassinare Putin? «Come il folle Meyer spiega – ribatte Roberts – il delirio che Washington ha diffuso nel mondo non ha limiti». Lo provano, su un altro piano, le bugie di Barroso, «messo alla presidenza della Commissione Europea come burattino degli Usa». Dopo una recente telefonata con Putin, Barroso ha raccontato ai media che il capo del Cremlino avrebbe espresso la seguente minaccia: «Se volessi, potrei prendermi Kiev in due settimane». C’è da mettersi a ridere, dice Roberts: «Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la disparità tra le forze russe e ucraine sa più che bene che alla Russia basterebbero 14 ore, e non 14 giorni, per prendersi l’Ucraina».Basta ricordarsi cosa accadde all’armata georgiana «addestrata e armata da Usa e Israele quando Washington aveva piazzato i suoi bambolotti georgiani nell’Ossezia del Sud». Le forze georgiane, precisa Roberts, sono collassate sotto il contrattacco russo in appena 5 ore.In ogni caso, «Putin non ha minacciato nessuno: una minaccia non sarebbe coerente con l’intero approccio attendista di Putin alla minaccia strategica che Washington e i suoi burattini della Nato hanno mosso alla Russia in Ucraina». Il rappresentante permanente della Russia all’Ue, Vladimir Chizhov, ha detto che se la menzogna di Barroso non verrà ritrattata, la Russia divulgherà la registrazione dell’intera conversazione. «La bugia che la marionetta di Washington Barroso ha raccontato non è degna di una persona rispettabile», scrive Roberts. «Ma dove, in Europa, c’è qualcuno di rispettabile al potere? Da nessuna parte. Le poche persone serie sono del tutto fuori dai centri di potere».Al vertice c’è gente come Rasmussen: era solo il premier della piccola Danimarca, e un giorno capì che «avrebbe potuto salire oltre, diventando una marionetta degli Usa». Come? Per esempio supportando l’invasione illegale dell’Iraq. E quindi, mentendo: «Sappiamo – disse – che Saddam Hussein possiede armi di distruzione di massa». Il danese conosceva le regole: «Chi serve Washington fa carriera, e Rasmussen ne ha fatta». Osserva Craig Roberts: «Il problema del mettere in certe posizioni dei mentecatti è che essi rischierebbero il mondo per la loro carriera». Ora, secondo l’ex viceministro di Reagan, il segretario della Nato ha «messo a rischio la sopravvivenza di tutta l’Europa, occidentale e orientale», annunciando al vertice di Newport la creazione di una forza speciale di attacco capace di operazioni-lampo in Russia. Ciò che «il burattino di Washington chiama “piano di azione immediata”» è giustificato come una risposta al quello che viene definito «l’atteggiamento aggressivo della Russia in Ucraina». Tutto falso, ovviamente. Inoltre, la “forza d’attacco fulminea” di Rasmussen «verrà spazzata via così come ogni capitale europea». Aggiunge Roberts: «Che tipo di idiota provoca in questo modo una superpotenza nucleare?». Risposta: un “idiota” prezzolato, riempito di dollari e quindi ricattabile.Racconta Craig Roberts: «Il mio professore di dibattito all’università, che è diventato un alto ufficiale del Pentagono con il compito di terminare la guerra in Vietnam, in risposta alla mia domanda su come Washington faccia sempre fare all’Europa ciò che vuole ha detto: “Soldi, diamo loro soldi”. “Aiuti stranieri?”, ho chiesto. “No, diamo ai politici europei un sacco di soldi. Loro sono in vendita. Noi li compriamo, e loro ci rendono conto”. Forse – aggiunge Roberts – questo spiega i 50 milioni di dollari guadagnati da Blair, in un anno, con il suo ufficio». Facile prendersela con Mosca, inventando di sana pianta ogni accusa: «La Russia se ne è stata in disparte mentre il governo-marionetta di Kiev ha accerchiato e bombardato insediamenti civili, ospedali, scuole, e lanciato una serie costante di bugie». Putin ha persino respinto le richieste delle province ora indipendenti del Sud e dell’Est dell’Ucraina, in passato territori russi, di venire nuovamente annesse. La verità è esattamente opposta: «Sono le milizie naziste ucraine ad attaccare i civili nei territori che appartenevano alla Russia». Infatti, «molti militari ucraini hanno disertato a favore delle repubbliche indipendenti».A quei soldati disertori non piaceva l’idea di bombardare civili inermi e di combattere accanto a dei neonazisti, alcuni ripresi con la svastica stampata sull’elmetto. «L’Ucraina dell’Ovest – ricorda Craig Roberts – è la dimora delle divisioni ucraine delle SS che combatterono al fianco di Hitler. Oggi le milizie organizzate dal “Right Sector” e altri partiti politici di destra indossano la divisa delle divisioni ucraine delle SS. Queste sono le persone che Washington e l’Ue sostengono. Se i nazisti ucraini potessero vincere contro la Russia, e non possono, si rivolterebbero all’Occidente. Esattamente come l’Isis, creato da Washington, e che Washington ha sguinzagliato contro Siria e Libia. Ora l’Isis sta ricreando un Medio Oriente unito, e Washington non sembra in grado di reagire. William Binney, un ex ufficiale dell’Nsa, ha scritto alla cancelliera tedesca Angela Merkel avvertendola di difendersi dalle menzogne di Obama al summit della Nato in Galles. Gli ufficiali dell’intelligence statunitense avvertono la Merkel di ricordarsi delle “armi di distruzione di massa” irachene e di non farsi ingannare nuovamente, entrando stavolta in conflitto con la Russia».La domanda è: chi rappresenta la Merkel? Washington o la Germania? «Fino ad ora», nella vertenza con Mosca sull’Ucraina, la cancelliera «ha rappresentato Washington, non gli interessi dell’economia tedesca, non il popolo tedesco, non la Germania come nazione», sostiene Roberts, ricordando che in una manifestazione di protesta, a Dresda, una folla ha ostacolato il discorso della Merkel gridandole “kriegstreiber” (guerrafondaia), “bugiarda” e “nessuna guerra contro la Russia”. Nulla, comunque, che abbia perforato il muro dei media mainstream, silenzio e menzogna. «I media occidentali, la più grande casa chiusa del mondo, agognano la guerra». Craig Roberts denuncia il “Washington Post”, «un giornale-trofeo nelle mani del proprietario miliardario di “Amazon.com”», divenuto «un zimbello mondiale» per «le bugie di Washington» su Putin, «sbrodolate» in editoriali come quello del 31 agosto. Putin avrenne «resuscitato la tirannia» per ricostituire l’impero russo. «Come ex editore del “Wall Street Journal” – replica Paul Craig Roberts – posso dire con assoluta certezza che una propaganda di questo tipo, spacciata per editoriale, sarebbe conseguita nell’immediato licenziamento di tutte le persone coinvolte».I nostri media evitando persino di riferire quello che Kiev racconta al Fmi: e cioè che l’Ucraina non è mai stata invasa. In caso di invasione, infatti, la guerra sarebbe conclamata. E una Ucraina ufficialmente in guerra con un paese straniero non potrebbe neppure ricevere le agognate sovvenzioni del Fondo Monetario. «Ma i media occidentali non si interessano ai fatti: bastano le bugie, solo le bugie. Il “Washington Post”, il “New York Times”, la “Cnn”, “Fox News”, “Die Welt”, la stampa francese e quella inglese pregano in coro: “Per favore, Washington, dacci altre bugie sensazionali da sbandierare. La nostra circolazione ne ha bisogno. Chissenefrega della guerra e della razza umana, se in cambio possiamo avere stabilità finanziaria”». Siamo seri, aggiunge Roberts: se unità militari russe fossero davvero in azione nell’Est del paese, l’Ucraina «non esisterebbe più» e sarebbe di nuovo «parte della Russia, come secoli prima che Washington sfruttasse il crollo dell’Unione Sovietica per separarla».Piuttosto, c’è da domandarsi «quanto durerà la pazienza russa di fronte alle continue bugie e provocazioni dell’Occidente», visto che «le menzogne di Washington, insieme a quelle dei suoi bambolotti europei e dei media occidentali, rendono inutili gli sforzi della Russia per risolvere la situazione con la diplomazia e un comportamento non aggressivo». Per Roberts, «non c’è nulla che la Nato possa fare se la Russia decide che un’Ucraina nelle mani di Washington è una minaccia strategica troppo grande per i propri interessi». Niente da fare, se Mosca decissere davvero di “reincorporare” Kiev: «Qualsiasi forza d’intervento della Nato inizierebbe una guerra che non potrebbe vincere. E la popolazione tedesca, memore delle conseguenze della guerra contro la Russia, ribalterebbe il governo burattino di Washington». A quel punto, «la Nato e la Ue crollerebbero, se la Germania si staccasse dall’assurdo costrutto asservito agli interessi di Washington a spese dell’Europa». Solo allora, finalmente, «il mondo avrebbe pace».Pagliacci pericolosi, pagati per mentire. Dal portoghese José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea prima del degno sostituto Juncker, fino al danese Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato. Obbediscono agli ordini di chi li ha piazzati al vertice: gli Stati Uniti. E l’ordine è semplice: raccontare il contrario della verità, in modo da “orientare” l’opinione pubblica grazie ai media mainstream, anch’essi “zerbini” del super-potere come i loro editori, per nulla indipendenti. E’ la dura accusa lanciata sul blog “Counterpunch” da Paul Craig Roberts, già editor e viceministro di Reagan, indignato per la criminale manipolazione delle notizie sul fronte ucraino, orchestrata dallo staff di Obama. E perché gli europei non si ribellano, visto che hanno tutto da perdere in caso di un’escalation con la Russia? Perché noi americani li paghiamo, scrive Roberts: tutti i leader europei sono stati elevati a ruoli di comando dallo Zio Sam. Grazie agli Usa hanno fatto carriera e ricevuto denaro a palate. Per questo, sono pronti a dire (e fare) qualsiasi cosa. Anche la guerra, persino contro una superpotenza nucleare.
-
Gli imbecilli del golpe nazista in un paese pieno di russi
«Io sono russa, noi non odiamo ucraini, noi odiamo fascismo, perché non c’è una famiglia russa che non ha perso familiari nella Seconda guerra mondiale (anche io tre fratelli di mio nonno). Ora Pravy Sektor, Settore Destro, fa strage di innocenti in Ucraina, col consenso di Ue e America!» (Svetlana, commento su Facebook). Chiunque abbia organizzato a tavolino il golpe in Ucraina è un imbecille. Le menti raffinatissime che pianificano con mesi di anticipo i colpi di Stato, che decidono chi contattare, chi spingere, chi armare, a chi consegnare poi il potere, ebbene costoro non hanno letto neppure un libro di storia di terza media. In che mani è il pianeta. Se si fossero degnati di chinarsi su un bignamino di storia recente per un paio d’ore, questi geni che decidono le sorti del mondo probabilmente non avrebbero fatto la cazzata di consegnare un paese pieno di russi in mano a dei nazisti.Magari avrebbero usato, per il loro cambio di governo eterodiretto con finta rivoluzioncina annessa, il partito cattolico, o quello filoeuropeo, o i repubblicani, i liberali, gli ambientalisti, insomma chiunque altro. Ma non i fascisti. Perché anche un tredicenne sa che i russi combatteranno sempre i nazisti e i fascisti fino al loro ultimo respiro. Come spiega più sopra Svetlana con la massima semplicità, qui si tratta di famiglie, di nonni e zii, di dieci milioni di morti ammazzati in un tempo ancora troppo recente perché la ferita sia rimarginata. Davanti a un saluto nazista o a una svastica un russo reagisce, specialmente se costoro pensano di comandare in casa sua.Pianificare un golpe in questo modo è da idioti completi. A meno che non desiderassero ardentemente una guerra civile nel cuore dell’Europa, o peggio un intervento russo, hanno commesso l’ennesimo errore strategico. Frutto, ancora una volta, di ignoranza mista a supponenza e a pretesa superioritá, che finiscono col creare il solito inestricabile casino. Certa gente, altro che destino manifesto: manifesta incapacitá. Levateje er fiasco, e levateli dalla stanza dei bottoni prima possibile.(Debora Billi, “Ucraina, Odessa: pianificano golpe senza aver letto i libri di storia”, dal blog “L’Estremista” del 3 maggio 2014).«Io sono russa, noi non odiamo ucraini, noi odiamo fascismo, perché non c’è una famiglia russa che non ha perso familiari nella Seconda guerra mondiale (anche io tre fratelli di mio nonno). Ora Pravy Sektor, Settore Destro, fa strage di innocenti in Ucraina, col consenso di Ue e America!» (Svetlana, commento su Facebook). Chiunque abbia organizzato a tavolino il golpe in Ucraina è un imbecille. Le menti raffinatissime che pianificano con mesi di anticipo i colpi di Stato, che decidono chi contattare, chi spingere, chi armare, a chi consegnare poi il potere, ebbene costoro non hanno letto neppure un libro di storia di terza media. In che mani è il pianeta. Se si fossero degnati di chinarsi su un bignamino di storia recente per un paio d’ore, questi geni che decidono le sorti del mondo probabilmente non avrebbero fatto la cazzata di consegnare un paese pieno di russi in mano a dei nazisti.