Archivio del Tag ‘terapia’
-
Terziano: la mente è un paracadute, se si apre ci guarisce
Ho un amico che ha avuto un’emorragia celebrale, tre giorni fa, e a mie piace stare con lui. Non so se lo sto accompagnando verso la morte. Se io riesco a interagire con queste persone le faccio “uscire in astrale”: si vedono da sopra, si rendono conto del fatto che c’è una parte di noi che non muore. Con questo sistema comunicano con i loro cari, defunti, e si rasserenano. Questo, per me, è “accompagnare”. Una volta sola, mi è capitata una guarigione “miracolosa”: ce l’ho ancora nel cuore, nella testa. Gli altri però muoiono tutti: purtroppo non ho il potere di evitargli la morte (e penso che prima o poi toccherà anche a me, tra le altre cose). Per me, quindi, l’accompagnare ha questo significato: stare vicino, e fare quello che il tuo sapere – di testa e di cuore – in quel momento ti suggerisce di fare. La rabdomanzia? Non tutti nasciamo rabdomanti. Io lo sono diventato. La si può allenare, la mente, a percepire le radiazioni della Terra. Tanti anni fa sono stato in Egitto, nel Tempio di Luxor, a fare delle sperimentazioni. E ho visto che molte persone, vicino all’altare, cascano per terra. Pensate alla Sacra di San Michele, in valle di Susa: se andate lassù nella chiesetta, a sinistra dell’altare, potreste cadere; lì c’è un incrocio delle due “vie sincroniche”. Il fatto che i luoghi sacri come la grotta di Lourdes abbiano un’elevata energia è positivo, ma non è prudente sostarvi troppo a lungo, altrimenti ci si “frigge”.Io sono un medico, con alle spalle una lunga esperienza ospedaliera. Nel frattempo mi sono occupato di agopuntura, quando era ancora considerata stregoneria pura. Ho studiato medicina tradizionale cinese, omeopatia, radioestesia, Reiki. Pratico l’ipnosi, che è ottima coi malati gravi. Poi ho scoperto la fisica quantistica. Mi sono affidato alla medicina complementare, senza mai rifiutare nulla della medicina ufficiale. A proposito: riusciremo mai a sentir parlare semplicemente di “medicina”, senza dover aggiungere aggettivi come “ufficiale” e “alternativa”? Avevo bisogno di darmi una risposta scientifica a fenomeni che vivevo, e che non riuscivo a spigarmi. Per esempio: ci sono luoghi che producono benessere, altri malessere. Sentiamo dire: «Non dormivo bene, e ho risolto il problema girando il letto». A volte proviamo una strana empatia, immediata, con persone che vediamo per la prima volta: perché? Oppure: come fa il rabdomante a sentire la vena d’acqua? Come può funzionare un rimedio omeopatico, se non contiene chimica? E come fa a funzionare l’acqua “informata”? Come fanno a funzionare i trattamenti a distanza dei gruppi di preghiera, come confermato da studi scientifici americani su reparti ospedalieri verso cui era stata indirizzata la preghiera? E come fanno a funzionare i trattamenti di Reiki a distanza e quelli della medicina vibrazionale, di cui mi occupo io?Ancora: com’è possibile interagire con l’identità spirituale di un defunto? Cosa che avviene, sapete: ed è un’altra delle realtà profonde della nostra vita, che ci neghiamo. Che significato possiamo dare, al cosiddetto paranormale, inclusi quelli che chiamiamo miracoli? Io a tutti questi fenomeni ho dato un significato quando ho cominciato a studiare fisica quantistica seriamente. Della quantistica ho trasferito i principi fondamentali nella mia vita quotidiana. In questo momento è diventata la mia verità – la mia, beninteso, e non ho nessuna intenzione di imporla agli altri. Rimane la gioia di poterne parlare, tutto qui. Il grande fisico Nils Bohr, Premio Nobel, diceva che chi si avvicina alla meccanica quantistica, se non viene sconvolto, significa che non l’ha capita. Io ne sono rimasto affascinato. Fonda le sue radici nell’infinitamente piccolo. E l’ho sperimentata con successo nella vita, la mia e quella delle persone che mi ruotano accanto. La fisica di Newton stabilisce che è sempre una forza esterna a far muovere un oggetto. E’ il fondamento della nostra tecnologia: siamo andati sulla Luna, con Newton.La quantistica comincia con Einstein (”la materia è energia”) e dimostra che l’energia è dentro la materia, e che questa energia si espande. Ecco il concetto di vibrazione, e il concetto di risonanza: un segnale che parte a va a collegarsi a entità che vibrano alla sua stessa frequenza, perché queste forze – nel loro espandersi nell’universo – rispettano le leggi della fisica (possiedono frequenza, ampiezza e lunghezza d’onda). Sappiamo che l’uomo emette frequenze elettromagnetiche: facciamo l’elettrocardiogramma, l’elettroencefalogramma. Ma prima che ci fossero questi “giocattoli” come facevamo, a sapere che c’erano queste onde? La mente dell’uomo è come un paracadute: funziona solo se si apre. Il problema è farla aprire. Proviamo allora a immaginare che esistano frequenze che l’uomo riceve e manda, e che però nessun apparecchio riesce ancora a evidenziare. In realtà un “apparecchio” fatto così ce l’abbiamo tutti: è la nostra mente.Se ci mettiamo uno di fronte all’altro e tendiamo i palmi delle mani, dopo un po’ avvertiamo una sorta di formicolio: si può sentire, quello che l’essere umano trasmette. Questo a cosa mi serve, nell’atto terapeutico? Mi aiuta a interagire, guidando il paziente (con il suo aiuto, indispensabile), per recuperare quei conflitti interiori che sa rilevare anche l’ipnosi, impiegando però moltissimo tempo. Poi, una volta individuato il conflitto, occorre comunque che a risolverlo sia la persona, non certo il terapeuta. La mente dell’uomo è in grado di concentrarsi su tantissime frequenze: è possibile sentire le energie della Terra, è possibile percepire le Onde di Schumann, le energie stupende che abbondano nei siti celtici. Possiamo sentire le geopatie, sintonizzarci con gli effetti negativi dei telefoni cellulari. Le possibilità sono infinite. In questo momento storico stiamo passando dalla biochimica alla biofisica, che speriamo superi rapidamente la biochimica.Io sono abituato a interagire con la materia, da tantissimi anni. Coi vegetali, per esempio: se si stimolano con le frequenze giuste, le piante germogliano prima, crescono meglio. Lo dimostrano gli amici con cui collaboro, che si occupano di agricoltura biologica. Ho provato a proporre questo intervento nella crescita delle cellule staminali, in una università. Obiettivo: riuscire a sollecitare le cellule con uno stimolo biofisico – e ci si riesce benissimo, con la mente, a inviare un’onda destinata a informare le cellule: “informare”, cioè “formare dentro”, inserire una forma. Oggi sono state inventate delle macchine che sfruttano la cosiddetta bio-risonanza, che riescono a leggere le frequenze delle cellule. Le nostre cellule sono dei “dipoli” che emanano comunque una corrente, e la stessa cosa fanno i neuroni quando creano i pensieri. E creano onde elettromagnetiche che possono interferire pesantemente, sul fisico.La kinesiologia, una scienza che pochi medici conoscono, è in grado di testare l’azione delle forze esterne verso di noi. Qualsiasi cosa: un barattolo di Nutella, il telefonino. Le macchine a bio-risonanza sono eccezionali, registrano queste frequenze e le possono cambiare. Unico handicap, sono costose. E allora ho imparato a usare la mia mente, e a utilizzare dei cristalli che io “informo” con delle onde particolari, che sono in grado poi si trasmettere alle persone alcune frequenze. Guardate che è molto semplice, può farlo chiunque. Un evento scientifico che ha validato queste cose è l’esperimento Epr di Einstein con Podolsky e Rosen, quello che ha stabilito l’efficacia dell’entanglement. Ci sono due elettroni che girano nello stesso senso; se ne prende uno e lo si trasporta a chilometri di distanza; poi con la macchina si dà un impulso a far girare un elettrone al contrario (”spin inverso”) e simultaneamente – cosa che mise in crisi Einstein – dall’altra parte del mondo, anche l’altro elettrone si mette a girare nel senso inverso. Questo dimostra che la velocità della luce non è più fondamentale, nel calcolo delle dinamiche della materia.Pensate agli innumerevoli input biologici che arrivano alle nostre cellule, ai nostri organi: se viaggiassero solo degli impulsi biochimici, come faremmo a funzionare così bene? Non avete mai visto uno stormo di uccelli fare le sue evoluzioni, virando di colpo? Tutti si muovono in sincrono. Com’è pensabile che il capostormo fischi all’ultimo della fila? Si mandano i segnali di cui parlo. E come fanno le termiti, che sono cieche, a fare così rapidamente e in modo così perfetto il loro nido? Tra l’altro, il termitaio sorge sempre su un Nodo di Hartmann, geopatico. Col suo Principio di Indeterminazione, Heisenberg ha dimostrato che, nell’infinitamente piccolo, di una sostanza non si possono valutare due caratteristiche contemporaneamente. Possiamo “misurare” un elettrone, ma non la sua velocità. Non lo capivo, fino a quando non mi è venuto in mente l’esempio del minestrone: se voglio misurarne la quantità è facile, peso il mio piatto di minestra; ma se – contemporaneamente – voglio anche sapere se la minestra è buona o no, non posso farlo: assaggiandola, altererei una delle sue qualità (il peso, appunto).Se io guardo la realtà, come osservatore, posso condizionarla. Ma cos’è la realtà? Se reggo in mano un microfono e lo vedo grigio, un daltonico lo vedrà giallo. La realtà è dunque quello che il nostro cervello immagina che sia reale. Ma se la realtà è la malattia, e noi abbiamo la possibilità di vederla come una realtà diversa, perché non impariamo a farlo? E questo lo si può fare, non è difficile. Lo si può fare da soli, oppure aiutando la persona a passare dal subconscio (l’area dove sussistono i conflitti spirituali) al super-conscio. E dal super-conscio vi assicuro che parte la guarigione. Io lo trovo bellissimo. Questo, in sintesi, è il mio pensiero sulla fisica quantistica. Non è così complicata, ed è affascinante. Io mi sono limitato a riportarla nella pratica quotidiana.(Emilio Terziano, dichiarazioni rilasciate alla “Giornata dei guariti” il 19 dicembre 2019 allo Spazio Uno di Torino. Ginecologo ed esperto in “medicina energetica vibrazionale”, il dottor Terziano è il co-fondatore – con il figlio Andrea, ingegnere – dell’azienda Pentater, che produce dispositivi “quantistici” che proteggono il corpo da elettrosmog, geopatie e dolore fisico).Ho un amico che ha avuto un’emorragia celebrale, tre giorni fa, e a mie piace stare con lui. Non so se lo sto accompagnando verso la morte. Se io riesco a interagire con queste persone le faccio “uscire in astrale”: si vedono da sopra, si rendono conto del fatto che c’è una parte di noi che non muore. Con questo sistema comunicano con i loro cari, defunti, e si rasserenano. Questo, per me, è “accompagnare”. Una volta sola, mi è capitata una guarigione “miracolosa”: ce l’ho ancora nel cuore, nella testa. Gli altri però muoiono tutti: purtroppo non ho il potere di evitargli la morte (e penso che prima o poi toccherà anche a me, tra le altre cose). Per me, quindi, l’accompagnare ha questo significato: stare vicino, e fare quello che il tuo sapere – di testa e di cuore – in quel momento ti suggerisce di fare. La rabdomanzia? Non tutti nasciamo rabdomanti. Io lo sono diventato. La si può allenare, la mente, a percepire le radiazioni della Terra. Tanti anni fa sono stato in Egitto, nel Tempio di Luxor, a fare delle sperimentazioni. E ho visto che molte persone, vicino all’altare, cascano per terra. Pensate alla Sacra di San Michele, in valle di Susa: se andate lassù nella chiesetta, a sinistra dell’altare, potreste cadere; lì c’è un incrocio delle due “vie sincroniche”. Il fatto che i luoghi sacri come la grotta di Lourdes abbiano un’elevata energia è positivo, ma non è prudente sostarvi troppo a lungo, altrimenti ci si “frigge”.
-
Una famiglia greca su 2 campa della pensione di un parente
Tagli a sangue la spesa pubblica, imponi tasse folli, elimini la moneta sovrana. E ottieni, esattamente, la Grecia: dove, si apprende, un cittadino su due sopravvive, lottando contro la fame, solo grazie alla piccola pensione percepita da un membro della famiglia. E’ la fotografia perfetta del rigore “germanico” imposto all’Europa con la moneta unica, che impedisce allo Stato di proteggere la comunità nazionale e promuovere investimenti vitali per il lavoro. Gli ultimi dati su Atene sono spaventatosi. Li pubblica “Keep Talking Greece”, in un aggiornamento sulla situazione finanziaria dei nuclei familiari in Grecia. «Quasi la metà delle famiglie vive della sola pensione di un familiare, i tre quarti hanno subìto un peggioramento delle proprie condizioni economiche, e quasi altrettanti si aspettano ulteriori peggioramenti nell’anno in corso, a testimonianza di un paese che ha perso ogni speranza nel futuro», scrive “Voci dall’Estero”, che ha tradotto il report statistico, secondo cui, appunto, «la metà dei nuclei familiari in Grecia dichiara che l’unica fonte di reddito di cui dispone è la pensione di un membro della famiglia».Secondo il sondaggio, condotto a novembre 2016 dall’associazione piccole imprese (Ime Gsevee) su un campione di mille nuclei familiari distribuiti in tutto il paese, il 49,2% delle famiglie non ha alcuna altra fonte di reddito, a parte la (piccola) pensione di un familiare. I greci sono letteralmente allo stremo: tre su quattro hanno «subìto un declino significativo del proprio reddito nel corso dell’anno 2016». Dati impietosi: il 37,1 % dei nuclei familiari dice di vivere con meno 10.000 euro all’anno; il 37,9 % campa del proprio magro salario, e il 9 % dipende principalmente dai redditi provenienti da attività commerciali. Attenzione: un nucleo familiare su tre ha almeno un componente della famiglia disoccupato, ciò significa una stima di 1,1 milioni di famiglie. E i disoccupati di lungo periodo contano per il il 73,3 % di tutti i senza lavoro. Se il lavoro c’è, è poca cosa: il 22,4 % dei nuclei familiari ha un componente occupato della famiglia che guadagna meno del salario mensile minimo, pari a 586 euro lordi. Intanto, in una famiglia ogni dieci, un parente ha già lasciato il paese. E il futuro è nero: il 73,5 % degli intervistati si aspetta un peggioramento ulteriore della propria situazione finanziaria, fra tasse arretrate che non potrà pagare e mutui bancari troppo salati.Il report suggerisce che «La crisi finanziaria di lungo periodo, la cui vittima principale è la classe media, non sta portando solo a un ulteriore declino dei redditi e a un ampliamento delle disuguaglianze, ma minaccia apertamente la coesione sociale». In compenso i conti pubblici sarebbero in via di risanamento? Certo, come nel vecchio adagio “l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto”. «La cosiddetta terapia, che consiste nel continuo aumento delle tasse, dirette e indirette, può anche portare a un avanzo fiscale primario, ma questo – sintetizzano gli autori del report – non si riflette in alcun beneficio per i contribuenti in termini di qualche forma di servizio pubblico, e anzi al tempo stesso viene ridotta la spesa per la sanità e l’istruzione». Questo è l’orrore su cui si specchia, in Grecia, l’Europa delle élite oggi affidata all’ordoliberismo della Merkel: strangolato lo Stato, a sua volta costretto a strangolare i cittadini (più tasse, meno servizi vitali), l’imposizione dell’euro si manifesta per quello che è: un’operazione senza anestesia, inflitta a un’Europa senza futuro. Pagano tutti, a cominciare dai più deboli.Tagli a sangue la spesa pubblica, imponi tasse folli, elimini la moneta sovrana. E ottieni, esattamente, la Grecia: dove, si apprende, un cittadino su due sopravvive, lottando contro la fame, solo grazie alla piccola pensione percepita da un membro della famiglia. E’ la fotografia perfetta del rigore “germanico” imposto all’Europa con la moneta unica, che impedisce allo Stato di proteggere la comunità nazionale e promuovere investimenti vitali per il lavoro. Gli ultimi dati su Atene sono spaventatosi. Li pubblica “Keep Talking Greece”, in un aggiornamento sulla situazione finanziaria dei nuclei familiari in Grecia. «Quasi la metà delle famiglie vive della sola pensione di un familiare, i tre quarti hanno subìto un peggioramento delle proprie condizioni economiche, e quasi altrettanti si aspettano ulteriori peggioramenti nell’anno in corso, a testimonianza di un paese che ha perso ogni speranza nel futuro», scrive “Voci dall’Estero”, che ha tradotto il report statistico, secondo cui, appunto, «la metà dei nuclei familiari in Grecia dichiara che l’unica fonte di reddito di cui dispone è la pensione di un membro della famiglia».
-
Medicina ribelle, contro Big Pharma che fabbrica malattie
“Big Pharma”, l’industria farmaceutica mondiale, impiega un terzo dei ricavi e un terzo del personale per collocare nuovi medicinali sul mercato. Pionieri di questo nuovo approccio verso la salute sono gli Stati Uniti, dove tra il 1996 e il 2001 il numero dei venditori di farmaci è cresciuto del 110%, passando da 42.000 a 88.000 agenti. Per promuovere i suoi nuovi prodotti, questo settore spende ogni anno da 8.000 a 13.000 euro per ogni singolo medico. Sono le cifre di un big business, che si trasforma in guerra ai pazienti: si specula sulla loro pelle. Lo scrive, senza giri di parole, un giovane giornalista come Andrea Bertaglio, nel suo ultimo libro, “Medicina ribelle”. Racconta gli abusi del sistema, ma anche le prime clamorose ribellioni. Come quella della dottoressa Patrizia Gentilini, oncologo di Forlì: «Sono un medico, ho lavorato per più di trent’anni in un reparto di oncologia. Sono qui avendo nel cuore la sofferenza, la disperazione, le lacrime – quelle versate e quelle nascoste – dei miei pazienti, delle mogli, dei mariti, dei figli e dei genitori». Domanda: «Perché tanto dolore? Era proprio ineluttabile? Davvero la ricerca e le terapie sempre più mirate e “intelligenti” risolveranno il problema del cancro?».No, purtroppo: «Ancora una volta abbiamo imboccato la strada sbagliata», sostiene la dottoressa. Perché la medicina ufficiale, quella degli ospedali, è tragicamente orientata dal mercato farmaceutico. Un sistema che inquina la conoscenza, a cominciare dalle università e dai centri di ricerca. E’ sempre “Big Pharma” a indirizzare gli investimenti, pensando ai profitti prima che alla salute e all’efficacia delle cure. Clamoroso il capitolo degli psicofarmaci: un mercato virtualmente senza limiti, rivelatosi particolarmente redditizio. «Secondo alcune stime – scrive Bertaglio – psichiatri e produttori di psicofarmaci hanno una fetta di mercato da cui incassano 80 miliardi di dollari ogni anno (sono più di 150.000 dollari al minuto)». Cifre da capogiro. «Le industrie farmaceutiche spendono a questo proposito oltre 22 miliardi di dollari all’anno per convincere ad aumentare le loro prescrizioni, un incredibile 90% del loro budget di marketing», conferma la “Citizens Commission on Human Rights”. Nel 1997, le lobby delle industrie farmaceutiche hanno fatto pressione sul Congresso degli Usa per permettere la pubblicità degli psicofarmaci nelle Tv americane, e questo ha aperto le porte a un torrente di pubblicità. Dai 595 milioni di dollari del 1996 ai 4,7 miliardi di dollari del 2009: un aumento di quasi il 700%.«Non sorprende, quindi, che i conglomerati dei media aborriscano l’idea di mordere la mano di chi li nutre», scrive l’autore di “Medicina ribelle”. «Dalla Seconda Guerra Mondiale in avanti, sempre negli Stati Uniti, il numero delle malattie psichiche diagnosticate è passato da 26 a 395». Psicofarmaci dati come caramelle anche ai bambini: «È bene ricordare come oltreoceano abbiano superato l’impressionante numero di 14 milioni i bambini in terapia con psicofarmaci per il controllo delle più svariate sindromi del comportamento: dal miglioramento delle performance scolastiche, al controllo dell’iperattività sui banchi di scuola, alle lievi depressioni adolescenziali». Un problema non solo americano, però: «In Germania, sono stati rilasciati lo scorso anno i dati dei bambini diagnosticati iperattivi e quindi probabilmente destinati a terapie farmacologiche: sono 750.000. E il problema non è solo tedesco: se nella vicina Francia quasi il 12% dei bimbi inizia la scuola elementare avendo già assunto una pastiglia di psicofarmaco, abbiamo un problema».La logica, continua Bertaglio, è la stessa che domina in generale nella società dei consumi. Dalla produzione di merci per il loro consumo non siamo forse passati al consumo fine a se stesso per continuare a produrre merci? Bene, allo stesso modo «si è passati dall’invenzione di nuove medicine per la cura delle malattie all’invenzione di nuove malattie per produrre nuovi farmaci». E fabbricare malattie rende moltissimo. «Il caso più eclatante si è probabilmente verificato nel 2004, quando una commissione di “esperti” negli Stati Uniti ha riformulato la definizione di “ipercolesterolemia”», cioè l’eccesso di colesterolo nel sangue. «In pratica, riducendo i livelli ritenuti necessari per autorizzare una terapia medica, hanno letteralmente triplicato da un giorno all’altro il numero di persone che potevano avere bisogno di cure farmacologiche». Dettaglio importante: «Otto dei nove membri di quella commissione lavoravano a quel tempo anche come relatori, consulenti o ricercatori proprio per le case farmaceutiche coinvolte nella produzione di farmaci ipocolesterolemizzanti». E questa, assicura Bertaglio, è solo la vetta dell’iceberg.Già nel 2002, infatti, secondo uno studio pubblicato sul “Journal of the American Medical Association”, l’87% degli autori delle linee-guida cliniche aveva conflitti d’interesse a causa di legami con l’industria farmaceutica. «Di questi, il 59% aveva rapporti diretti con i produttori dei farmaci relativi alle patologie per cui era chiamato a stilare le linee-guida». Qualcosa però sta cominciando a cambiare: a opporsi a “Big Pharma” c’è infatti un numero crescente di sanitari, protagonisti della “medicina ribelle” che rifiuta la logica industriale dei “fabbricanti di malattie”. «Sempre più medici iniziano a sentirsi stanchi di essere indotti a mettere il guadagno delle grandi case farmaceutiche davanti alla vita dei pazienti», sintetizza Bertaglio, in un libro che fotografa un diverso approccio con il concetto di salute. Il volume, inoltre, «si interroga su quello che ci può capitare con l’eccessiva americanizzazione (che va oltre la semplice privatizzazione) del sistema sanitario».“Medicina ribelle” non è ovviamente un manuale scientifico, né una mera raccolta di interviste, ma un insieme di punti di vista alternativi. Lungi dal rifiutare il progresso medico-farmacologico, «sarebbe altrettanto sbagliato non iniziare a reagire ai continui tentativi di venderci, a caro prezzo, un sacco di porcherie di cui non solo non abbiamo bisogno, ma che addirittura ci portano a vivere peggio». Anche in un sistema come il nostro, basato sul profitto, stanno aumentando i medici che non hanno più intenzione di sottostare a certe dinamiche di mercato. Questa è la loro storia, la loro missione. «Io sono qui per dire che rifiuto una “scienza” per la quale un veleno non è mai abbastanza veleno per essere dichiarato tale», dichiara la dottoressa Gentilini. «Sono qui perché rifiuto una medicina per la quale i morti che si contano non sono mai abbastanza per decidersi ad affermare che è il caso di prendere provvedimenti. E sono qui perché rifiuto un mondo accademico che celebra come grande epidemiologo sir Richard Doll, colui che trent’anni fa attribuì a cause ambientali solo il 2% dei tumori, dimenticando che Doll era sul libro paga della Monsanto».Non solo: Doll «era pagato in percentuale in base alla quantità di sostanze chimiche annualmente prodotte da tutta l’industria chimica mondiale». E oggi, «sia chiaro, nulla è cambiato». L’oncologa di Forlì “rifiuta” una scienza e una medicina che non hanno celebrato e ricordato un ricercatore come Lorenzo Tomatis, insigne scienziato sconosciuto al grande pubblico: ignorato dai media, «ha posto le basi scientifiche e metodologiche della cancerogenesi, identificando e classificando gli agenti inquinanti e le loro conseguenze per la salute umana». Per il medico romagnolo, Tomatis «rappresenta la vera faccia della scienza e della medicina: schierata, senza ambiguità alcuna, a difesa della salute e della dignità dell’uomo». Un uomo che si è sempre strenuamente battuto per la prevenzione primaria, ovvero per la tutela della salute pubblica attraverso la riduzione dell’esposizione (ambientale, professionale) a sostanze tossiche cancerogene o comunque nocive.Nel suo lavoro di ricercatore, ricorda Gentilini, Tomais incontrò inaudite difficoltà. Addirittura definì la prevenzione primaria del cancro come «una corsa a ostacoli, in cui l’identificazione di un agente fisico o chimico come cancerogeno viene troppo spesso vista con scetticismo, se non con aperta ostilità». Alcune sostanze sono ritenute cancerogene in alcuni paesi e non in altri. Quando riconosciute, i limiti consentiti variano a paese a paese, «come se il loro effetto cancerogeno potesse modificarsi passando i confini». Invitato in audizione sul problema dell’incenerimento dei rifiuti al Comune di Forlì il 24 novembre 2005, Tomatis esordì dicendo: «Le generazioni a venire non ci perdoneranno i danni che noi stiamo loro facendo», e spiegò che centinaia di sostanze chimiche, tossiche e pericolose, molte delle quali emesse anche dagli inceneritori, ormai si ritrovano nel cordone ombelicale. «Tutto ciò compromette non solo lo sviluppo fetale, ma comporta un crescente, inesorabile aumento nell’incidenza del cancro nell’infanzia nonché disturbi neuropsichici e cognitivi, e condiziona quello che sarà lo stato complessivo di salute anche da adulti, creando danni che addirittura possono trasmettersi, attraverso le cellule germinali, nelle generazioni successive».Giornalista freelance specializzato sui temi cruciali della sostenibilità ambientale, dopo anni di impegno al “Fatto Quotidiano”, ora Bertaglio collabora con “La Stampa”. Ha alle spalle una stretta collaborazione con Maurizio Pallante, nonché libri sul tema della decrescita, sulla scomparsa del futuro per i giovani, sul fardello inquietante delle scorie nucleari italiane di cui nessuno parla mai. Dalla salute dell’ambiente a quella della persona, il passo è breve. «Ho scritto questo libro – racconta Andrea – perché mi sono reso conto, nell’arco degli anni, di essere entrato in contatto con parecchi medici e realtà del settore sanitario molto a disagio con quello che è ormai diventato il loro campo». Con un certo stupore, Bertaglio si è accorto tempo fa che «ci sono sempre più medici che non hanno più intenzione di sottostare a certe dinamiche di mercato, che non sopportano più di vedere l’interesse economico venire prima della salute». Medici “ribelli”, «stanchi di dover mettere il guadagno delle grandi case farmaceutiche davanti alla vita dei pazienti, magari bambini».Così, Andrea Bertaglio ha raccolto le loro testimonianze, mettendo a fuoco «l’insano intreccio fra profitto e salute», in quest’Europa su cui incombe la progressiva e minacciosa “americanizzazione” del sistema sanitario. «Che cosa ho imparato? Moltissime cose, a partire dalla mole enorme di soldi che ruota intorno al settore farmaceutico», confessa. «Mi ha impressionato l’arbitrarietà con cui si decide se le persone sono malate o meno (cosa che avviene soprattutto in ambito psichiatrico). Mi ha disgustato la semplicità con cui, soprattutto negli Usa ma tendenzialmente anche in Europa, si preferisce dare uno psicofarmaco a un bambino, piuttosto che educarlo o amarlo. E mi ha colpito come molta gente, oggi, persa nel paradosso di una società che si crede molto informata, sia convinta di sapere anche più del proprio medico cosa sia opportuno prescrivergli».(Il libro: Andrea Bertaglio, “Medicina ribelle”, Edizioni L’Età dell’Acquario, 146 pagine, 12 euro).“Big Pharma”, l’industria farmaceutica mondiale, impiega un terzo dei ricavi e un terzo del personale per collocare nuovi medicinali sul mercato. Pionieri di questo nuovo approccio verso la salute sono gli Stati Uniti, dove tra il 1996 e il 2001 il numero dei venditori di farmaci è cresciuto del 110%, passando da 42.000 a 88.000 agenti. Per promuovere i suoi nuovi prodotti, questo settore spende ogni anno da 8.000 a 13.000 euro per ogni singolo medico. Sono le cifre di un big business, che si trasforma in guerra ai pazienti: si specula sulla loro pelle. Lo scrive, senza giri di parole, un giovane giornalista come Andrea Bertaglio, nel suo ultimo libro, “Medicina ribelle”. Racconta gli abusi del sistema, ma anche le prime clamorose ribellioni. Come quella della dottoressa Patrizia Gentilini, oncologo di Forlì: «Sono un medico, ho lavorato per più di trent’anni in un reparto di oncologia. Sono qui avendo nel cuore la sofferenza, la disperazione, le lacrime – quelle versate e quelle nascoste – dei miei pazienti, delle mogli, dei mariti, dei figli e dei genitori». Domanda: «Perché tanto dolore? Era proprio ineluttabile? Davvero la ricerca e le terapie sempre più mirate e “intelligenti” risolveranno il problema del cancro?».
-
Omeopatia, a rischio i farmaci per 11 milioni di italiani
Dal Parlamento al Tar, si consuma in queste settimane la battaglia per salvare centinaia di medicinali omeopatici dalla scomparsa. Il casus belli? Le modalità con cui il legislatore italiano ha recepito la direttiva europea che prevede la “schedatura” dei medicinali omeopatici in commercio e la valutazione sulle modalità produttive per garantirne la qualità. Il cosiddetto “decreto Balduzzi”, poi convertito in legge, ha imposto tariffe di registrazione per le specialità medicinali 700 volte superiori a quelle precedenti e questo ha gettato nel panico le aziende, soprattutto quelle medio-piccole che si troverebbero costrette a chiudere o a fare tagli drastici per poter andare avanti. Peraltro, la procedura, nella distorsione italiana, come ha spiegato anche Omeoimprese (l’associazione industriale italiana dei produttori di rimedi omeopatici), impone che i medicinali omeopatici vengano registrati come se fossero nuovi, mentre sono sul mercato da decenni.
-
Niente chemio, e l’oncologo salva la moglie dal cancro
Sidney Winawer, oncologo di fama planetaria, dirige il laboratorio di ricerca sul cancro al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di NewYork, uno dei centri più importanti del mondo. Per decenni ha praticato la chemioterapia a tutti i pazienti, metà dei quali però sono deceduti. Un giorno, la diagnosi è toccata a sua moglie, Joanna. Ben consapevole gravi dei danni collaterali della terapia chimica, e per nulla convinto della sua efficacia, il professor Winawer non ha sottoposto la consorte né alla “chemio” né alla radioterapia. E, sorpresa: l’ha guarita. Come? Il luminare newyorkese si è affidato alla somatostatina, quella del controverso medico italiano Luigi Di Bella, accusato di suscitare speranze illusorie. Ma l’illusione peggiore è quella della chemioterapia, come lo stesso Winawer ha sostenuto nel libro “Dolce è la tua voce”, pubblicato da “Positive Press” nel 1998.
-
Venite a visitare il mare di gioia che non riuscite a vedere
E’ difficile raccontare il mare senza mai staccarsi da terra. Può succedere solo se il mare ce l’hai dentro di te, senza neppure saperlo: e allora i prati in fiore diventano fondali rigogliosi, i cieli scogliere ventose, i rami degli alberi trame intricate di corallo. E’ un mare di stagioni, quello dipinto dai ragazzi che dipingono sulla riva del grande fiume, proprio là dove il fiume si rassegna a salutare gli argini erbosi e ad entrare nella prigione di cemento della città. La città è Torino e la riva dei pittori coraggiosi, poeti del mare, si chiama Moncalieri: i ragazzi arrivano puntuali ogni mattina, si fanno compagnia, pranzano insieme. E poi, si mettono in ascolto: fanno silenzio, e lasciano scrosciare tutto il mare che hanno dentro. E’ un mare segreto, incontaminato. E loro lo dipingono, sfiorando un viaggio che i comuni mortali, semplificando, a volte chiamano con un nome misterioso: felicità.
-
Berlusmonti e il Pd: lacrime gratis, sangue a pagamento
Finalmente conosciamo la terapia, la condanna e il tipo di morte certificata dal governo tecnico del sig. Monti Mario che doveva essere la discontinuità, mentre, al contrario, toglie la maschera di quello che è: il governo “Berlusmonti”. Una sola sintesi: se Berlusconi dice: «Monti ci ascolta» e lo appoggia solo con la fiducia, è segno che questo governo è la protesi meccanica (governo tecnico) di Berlusconi che continua a manovrare da dietro e davanti le quinte. Tutte le misure, all’80% e passa, sono tasse sui redditi (si fa per ridere!) bassi e medio-bassi. Il resto sono pennellate di vasellina per mettere a tacere il genio del Pd che si è impiccato da solo nella casa del boia, portando la corda. Logico, per senso di responsabilità.
-
Maoz: non c’è perdono, la guerra ci trasforma in assassini
In una situazione tra la vita e la morte, in cui la seconda è tangibile quanto la prima, non si può avere un codice etico. In guerra ogni morale sparisce. Se fai questioni morali, i tuoi soldati muoiono. Le persone normali non uccidono, ma la guerra crea una formula perché questo possa accadere. E’ facile: metti un soldato in una situazione di pericolo di vita e lui inizierà ad ammazzare, perché l’istinto di sopravvivenza è più forte di tutto. Al mondo ci sono buoni e cattivi, in guerra ci sono solo cattivi. Ma tutti sono vittime.