Archivio del Tag ‘topi’
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Siamo lo 0,01% della vita sulla Terra, e la stiamo uccidendo
E’ ufficiale: siamo la peste della Terra. Lo si sapeva già, ma ad aggravare il quadro provvede una sconvolgente ricerca statistica: i 7,6 miliardi di umani rappresentano solo lo 0,01% di tutti gli esseri viventi. Eppure, dagli albori della civiltà, l’umanità ha provocato la scomparsa dell’83% di tutti i mammiferi selvatici e della metà delle piante viventi. Su tutto domina il bestiame destinato alle nostre tavole: il 60% dei mammiferi terrestri è ormai costituito da bovini e suini d’allevamento, mentre il pollame rappresenta il 70% degli uccelli viventi sul pianeta. Lo afferma il professor Ron Milo, del Weizmann Institute of Science di Israele, che ha diretto il lavoro, pubblicato negli atti del National Academy of Sciences. Questa ricerca, scrive Damian Carrington sul “Guardian”, è la prima stima completa sul peso percentuale esercitato da ciascuna classe di creature viventi. Lo studio ribalta i presupposti che finora ci avevano sempre accompagnato. In sintesi: dopo i batteri (il 13% del totale) la forma di vita più importante sono le piante: la vetegazione costituisce l’82% di tutta la materia vivente. Tutto il resto – insetti, funghi, pesci, specie terrestri – arriva appena al 5% della biomassa mondiale. Altra sorpresa: gli oceani ospitano solo 1% della vita sulla Terra. Il problema? L’uomo: stiamo divorando tutto, alla velocità della luce.«Non avrei mai creduto che non esistesse ancora una valutazione completa e ufficiale di tutte le diverse componenti della biomassa», ammette il professor Milo. «Spero che questo studio permetta alla gente di prendere coscienza della vera prospettiva del ruolo tanto vessatorio che l’umanità sta giocando sulla Terra». Impressionante, ad esempio, l’impatto ambientale che ha il semplice consumo quotidiano di carne. La trasformazione del pianeta per effetto delle attività umane, ricorda il “Telegraph” in un articolo tradotto da “Come Don Chisciotte”, ha portato gli scienziati ad essere vicini a dichiarare una nuova era geologica: l’Antropocene. «Un segnale di questo cambiamento lo possiamo vedere nei resti delle ossa di pollo domestico, che ormai sono sparse per tutto il mondo». Un quadro desolante: gli uccelli in libertà sono appena il 30%, mentre la quota di mammiferi selvatici si riduce ad appena il 4% (al 60% rappresentato dal bestiame, infatti, bisogna aggiungere i “mammiferi umani”, che sono il 36% del totale). Attenzione: «La distruzione dell’habitat selvaggio prodotta dall’agricoltura, dal disboscamento e dallo sviluppo (industriale) ha portato all’inizio di quella che molti scienziati considerano la sesta estinzione di massa della vita che si sta producendo nella storia della Terra da quattro miliardi di anni».Si è valutato che circa la metà degli animali esistenti sulla Terra si sia estinta negli ultimi 50 anni, aggiunge il “Telegraph”, citando lo studio israeliano. Ma solo il confronto del risultato di queste nuove stime con quello che esisteva prima che gli umani diventassero contadini stanziali, e che poi cominciasse la rivoluzione industriale, rivela la vera portata di questo enorme declino. «E’ stata una sorpresa anche per gli scienziati rendersi conto che solo un sesto dei mammiferi selvatici sono sopravvissuti, dai topi agli elefanti. E dopo tre secoli di caccia alle balene sono rimasti, negli oceani, solo un quinto dei mammiferi marini». Da quando è cominciata la civiltà umana, si è estinto l’83% dei mammiferi selvatici, l’80% dei cetacei, il 50% delle piante e il 15% dei pesci. «È qualcosa di veramente sorprendente, la sproporzione del posto che occupa l’uomo sulla Terra», dice Milo. «Quando faccio un puzzle con le mie figlie, di solito trovo un elefante accanto a una giraffa e accanto un rinoceronte. Ma se provo a rendere più realistico il modo di guardare il mondo, dovrei trovare una mucca accanto a una mucca accanto a una mucca e poi accanto a un pollo».Nonostante la supremazia assunta dall’umanità, in termini di peso, l’Homo Sapiens sulla Terra è ben piccola cosa. I virus, da soli, messi insieme hanno un peso percentuale combinato di tre volte superiore a quello degli esseri umani e così pure i vermi. I pesci sono 12 volte più delle persone e i funghi sono 200 volte di più. Le piante rappresentano l’82% di tutte le biomasse del pianeta – 7.500 volte di più degli esseri umani. Comparando il totale della massa degli umani – aggiunge il “Telegraph” – troviamo che i virus sono tre volte di più, i vermi sono tre volte di più, i pesci 12 volte di più e insetti, ragni e crostacei 17 volte di più. Ma l’impatto dell’uomo sul mondo della natura rimane immenso – insiste Milo – soprattutto per le nostre scelte alimentari, «che hanno un enorme effetto sull’habitat di animali, piante e altri organismi». Lo scienziato si augura che il pubblico prenda coscienza delle dimensioni, sconcertanti, del fenomeno: per esempio, cominciando a mangiare meno carne. Oggi non possiamo più fingere di non sapere. Paul Falkowski, della Rutgers University statunitense, conferma: quella di Milo «è la prima analisi completa sulla distribuzione della biomassa di tutti gli organismi viventi sulla terra, inclusi i virus». La sorpresa? Il virus di gran lunga più pericoloso, sulla Terra, siamo proprio noi.E’ ufficiale: siamo la peste della Terra. Lo si sapeva già, ma ad aggravare il quadro provvede una sconvolgente ricerca statistica: i 7,6 miliardi di umani rappresentano solo lo 0,01% di tutti gli esseri viventi. Eppure, dagli albori della civiltà, l’umanità ha provocato la scomparsa dell’83% di tutti i mammiferi selvatici e della metà delle piante viventi. Su tutto domina il bestiame destinato alle nostre tavole: il 60% dei mammiferi terrestri è ormai costituito da bovini e suini d’allevamento, mentre il pollame rappresenta il 70% degli uccelli viventi sul pianeta. Lo afferma il professor Ron Milo, del Weizmann Institute of Science di Israele, che ha diretto il lavoro, pubblicato negli atti del National Academy of Sciences. Questa ricerca, scrive Damian Carrington sul “Guardian”, è la prima stima completa sul peso percentuale esercitato da ciascuna classe di creature viventi. Lo studio ribalta i presupposti che finora ci avevano sempre accompagnato. In sintesi: dopo i batteri (il 13% del totale) la forma di vita più importante sono le piante: la vegetazione costituisce l’82% di tutta la materia vivente. Tutto il resto – insetti, funghi, pesci, specie terrestri – arriva appena al 5% della biomassa mondiale. Altra sorpresa: gli oceani ospitano solo 1% della vita sulla Terra. Il problema? L’uomo: stiamo divorando tutto, alla velocità della luce.
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Fame, paura e morte: dove è nato l’uomo d’acciaio Putin
Oggi, Vladimir Vladimirovic Putin, detto Volodja, compie 65 anni. Molti sanno della sua vita politica e il recente film di Oliver Stone ne sta mettendo in luce gli aspetti più interessanti. Pochissimi sanno però della sua incredibile infanzia. A fronte di leader politici vissuti da bambini in ville con piscina, tra lussi e scuole di prestigio come Obama, Trump e Macron, Putin ha vissuto la povertà, quella vera. Per questo, oggi lo omaggiamo con alcuni significativi riferimenti alla sua infanzia travagliata. Quando nel 1952 Putin viene al mondo, la sua città natale, Leningrado, è un cumulo di macerie. L’odierna San Pietroburgo, infatti, ha subito il più terribile assedio della seconda guerra mondiale: tre anni di fame, paura e morte durante i quali persero la vita un milione di cittadini russi. Putin perse un fratello, Viktor, morto durante l’assedio a 9 anni, e che il presidente non ha mai conosciuto. Un altro, Oleg, era morto alla nascita. La mamma soffre di denutrizione e il padre, ex combattente, è un ferito di guerra. Da bambino era piccolo e di statura e gracile, ma fin dall’età infantile si rivelò un avido lettore, uno degli elementi che fin da subito mi sorpresero di più e che mi portarono ad affrontare i libri letti da Putin e l’ambito filosofico che più lo formò.A 12 anni lesse “Lo scudo e la spada”, bestseller ove si narrano le gesta di una spia sovietica. Suggestioni che lo porteranno da adulto ad intraprendere una carriera nel servizio segreto dell’Urss, il famigerato Kgb. Il primo serio tentativo della Russia di resistere all’americanizzazione e alla globalizzazione viene da queste esperienze, perchè la scuola del Kgb non era una scuola come le altre. Ma se il Kgb ha forgiato Volodja, anche la Kommunalka lo ha forgiato. Eccome. Di cosa si tratta? La kommunalka è una sorta di condominio, ma gestito in modo comunitario tra diverse famiglie: stanze scarsamente illumintate, androni desolati, rampe di scale fatiscenti, pavimenti bucati, immondizia abbondante dentro i palazzi. In quei cortili, tra risse con i coetanei e vendette, Volodja ha passato la sua giovinezza. Il padre si era arruolato come fuciliere dell’85esimo battaglione d’assalto dell’Armata Rossa e fu costretto a combattere casa per casa nella celeberrima “sacca della Neva”. Come in un film, Spiridonovic Putin fu un vero sabotatore, per miracolo sopravvissuto ad una missione suicida con un manipolo di coetanei.Ferito nella periferia della città qualche mese dopo l’impresa, il papà di Putin rischiò seriamente la morte. La mamma Maria per molto tempo non seppe che fine avesse fatto il marito. Quando, per puro caso, lo ritrovò la loro vita era in gran parte segnata perché entrambi deformati da denutrizione e ferite. Grazie a vecchie competenze acquisite sul campo, il padre di Putin troverà lavoro come operaio specilizzato nelle officine Yegorov, che trattavano materiale ferroviario, la madre Maria farà la facchina ai mercati e poi verrà impiegata in una sorta di ospizio. La maggior parte del tempo, comunque, la donna lo passava a cercare cibo da mettere in tavola. E la Kommunalka? Più famiglie in coabitazione, ove ogni nucleo disponeva di una sola stanza con bagno in comune e cucina in comune. Dunque, per mangiare a pranzo e a cena, occorreva fare i turni e le fila, con tutte le litigate, a volte anche furibonde, che possiamo immaginarci. Inutile dire che una vita come questa fu caratterizzata da degrado e amici teppisti di strada, tra scazzottate e bevute.I topi erano onnipresenti nella Leningrado anni Cinquanta e Sessanta, e non era affatto raro, per Putin, affrontarli nelle staze del palazzo in cui viveva per ucciderli con mezzi di fortuna. Anche la vita scolastica non fu delle più facili e Putin tra i banchi si dimostrò intelligente, ma sovente ribelle, spesso punito ed escluso dai circoli studenteschi che contavano. Senza pena di smentita posso affermare che una vita come questa, segnata dalla povertà e dalle ristrettezze, ha forgiato il carattere dell’uomo più degli studi di giurisprudenza e dei corsi specializzati del Kgb. Certamente, ha reso il presidente russo maggiormente temprato alle difficoltà, alla strategia e alla freddezza decisionale dei numerosi figli di papà che caratterizzano la nostra classe dirigente, pubblica o privata che sia.(Massimo Bordin, “L’infanzia di Volodja, alias Vladimir Putin”, dal blog “Micidial” del 7 ottobre 2017).Oggi, Vladimir Vladimirovic Putin, detto Volodja, compie 65 anni. Molti sanno della sua vita politica e il recente film di Oliver Stone ne sta mettendo in luce gli aspetti più interessanti. Pochissimi sanno però della sua incredibile infanzia. A fronte di leader politici vissuti da bambini in ville con piscina, tra lussi e scuole di prestigio come Obama, Trump e Macron, Putin ha vissuto la povertà, quella vera. Per questo, oggi lo omaggiamo con alcuni significativi riferimenti alla sua infanzia travagliata. Quando nel 1952 Putin viene al mondo, la sua città natale, Leningrado, è un cumulo di macerie. L’odierna San Pietroburgo, infatti, ha subito il più terribile assedio della seconda guerra mondiale: tre anni di fame, paura e morte durante i quali persero la vita un milione di cittadini russi. Putin perse un fratello, Viktor, morto durante l’assedio a 9 anni, e che il presidente non ha mai conosciuto. Un altro, Oleg, era morto alla nascita. La mamma soffre di denutrizione e il padre, ex combattente, è un ferito di guerra. Da bambino era piccolo e di statura e gracile, ma fin dall’età infantile si rivelò un avido lettore, uno degli elementi che fin da subito mi sorpresero di più e che mi portarono ad affrontare i libri letti da Putin e l’ambito filosofico che più lo formò.
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L’élite a caccia di sangue giovane, pare ritardi la vecchiaia
Sangue umano? Buono, ottimo. Specie se giovane. «Quella che una volta era solo una delle fantasie dei teorici della cospirazione – i ricchi ingerivano il sangue dei giovani per favorire la longevità – è ormai una realtà e un vero e proprio business negli Stati Uniti», scrive il blog “La Crepa nel Muro”, rivelando che diversi miliardari oggi ammettono di essere interessati ad esso. «Hanno scoperto che il sangue di topi giovani, iniettato in topi anziani, ha un enorme effetto ringiovanente», ha detto Peter Thiel, co-fondatore di PayPal, alla rivista “Inc Magazine”: «Penso che ci siano un sacco di queste cose, che sono state stranamente sottovalutate». Ma non è più un esperimento che riguardi solo i topi: la società startup di Jesse Karmazin, Ambrosia, sta facendo la stessa cosa con gli esseri umani. E molti “paperoni” sono in coda per ricevere il sangue dei giovani. Come riporta “Vanity Fair”, Ambrosia acquista liquido biologico dalle banche del sangue e ha già circa 100 clienti paganti: alcuni sono tecnologi della Silicon Valley, come Thiel. Ma i compratori non si servono solo da Ambrosia. E comunque, chi ha più di 35 anni ha diritto alle trasfusioni.Un recente studio pubblicato su “Science” e “Nature Medicine” ha rivelato che trasfondere il sangue di un giovane topo in esemplari più anziani può limitare l’apparire dei sintomi dell’invecchiamento. Questa scoperta rivoluzionaria potrebbe portare a progressi medici e allo sviluppo di nuovi farmaci, aggiunge “La Crepa nel Muro”. Tuttavia, la rivista medica “Vice Tonic” suggerisce l’esistenza di applicazioni molto più sinistre: scrive che «le élites che invecchiano usano il sangue dei giovani come una sorta di siero di giovinezza». Una richiesta simile è stata fatta dal giornalista Jeff Bercovici l’anno scorso, dopo aver condotto diverse interviste con gli aristocratici della Silicon Valley, tra cui Peter Thiel, e aver imparato a conoscere questa procedura trasfusionale, chiamata “parabiosis”, in cui viene utilizzato il sangue dei giovani per prevenire l’invecchiamento. «Ci sono voci diffuse nella Silicon Valley, dove la scienza per l’estensione della vita è un’ossessione popolare». Si racconta che vari boss dell’hi-tech abbiano già cominciato a praticare la “parabiosis”, spendendo decine di migliaia di dollari per ottenere il sangue, anche perché ripetono la pratica varie volte l’anno.Nel suo articolo, Bercovici esprime preoccupazione per lo sviluppo di un mercato nero per il sangue dei giovani. «Mentre non v’è nulla di sbagliato se giovani maggiorenni consenzienti vendono del sangue all’élite, il tema di fondo di questa pratica ha forti radici nell’occulto», avverte “La Crepa nel Muro”. «Nella maggior parte delle culture moderne, omicidi di massa e sacrifici umani si verificano ancora a cielo aperto sotto la copertura della guerra, e il cannibalismo è un’altra pratica diffusa». Addirittura: «E’ solo nelle ultime centinaia di anni che le pratiche di cannibalismo non ricevono più pubblicità. In Europa, intorno al periodo della Rivoluzione Americana, la “medicina dei cadaveri” era molto popolare tra la classe dirigente, Charles II anche ne ha usufruito». Il dottor Richard Sugg, della Durham University, ha condotto approfondite ricerche nella pratica della “medicina cadavere” tra i reali. «Il corpo umano è stato ampiamente usato come agente terapeutico con i trattamenti più popolari con carne, ossa e sangue», afferma il medico. «Il cannibalismo è stato trovato non solo nel Nuovo Mondo, come si credeva, ma anche in Europa», aggiunge Sugg.Una cosa che ci viene raramente insegnata a scuola, ma che è presente in testi letterari e storici del tempo, è questa: Giacomo I rifiutò la “medicina cadavere”, mentre Carlo II ne fece largo uso. E anche Carlo I ha fatto ricorso alla “medicina cadavere”. «Insieme a Carlo II, vi sono eminenti pazienti che hanno usufruito di tale tipo di medicina, tra cui Francesco I, il chirurgo di Elisabetta I John Banister, Elizabeth Gray, contessa di Kent, Robert Boyle, Thomas Willis, Guglielmo III e la Regina Maria», sostiene il dottor Sugg. Se questo non fosse abbastanza strano, aggiunge “La Crepa nel Muro”, l’attuale famiglia reale d’Inghilterra sostiene di essere discendente diretta del principe Vlad III Dracula di Valacchia (moderna Romania): «Il folle e depravato Vlad l’Impalatore, che era conosciuto come un macellaio e che alla fine divenne l’ispirazione per la più famosa storia di vampiri». A parte il contesto storico e occulto raccapricciante di tali pratiche, continua il blog, v’è una mancanza di dati che suggerisce che il procedimento possa funzionare: nonostante le dichiarazioni di Karmazin, il fondatore di Ambrosia, secondo cui «il sangue giovane sembra invertire il processo di invecchiamento», gli scienziati devono ancora trovare il legame tra una trasfusione di sangue giovane ed eventuali, tangibili benefici per la salute.Non c’è ancora nessun evidenza clinica che il trattamento sia benefico, sostiene un neuroscienziato come Tony Wyss-Coray della Stanford University, che ha condotto uno studio nel 2014 sul giovane plasma sanguigno nei topi, presentato sulla rivista “Science. Secondo Wyss-Coray, si sta sostanzialmente abusando della fiducia dei “pazienti”. Anche secondo un altro scienziato, Bradley Wise, è ancora troppo presto per raccomandare trasfusioni di sangue da persone giovani a persone anziane, raccontando loro che potrebbero “disinfiammare” il sistema circolatorio intervenendo in modo positivo nel prevenire gravi patologie come Alzheimer, malattie cardiache, diabete, ictus e cancro. Ma non tutti la pensano così. Tra i possibilisti figura Rudolph Tanzi, professore di neurologia a Harvard e direttore dell’Unità di ricerca sulla genetica e l’invecchiamento del Massachusetts General Hospital. «Sono rimasto davvero a bocca aperta leggendo questi risultati», dichiara a “National Geographic”. Secondo Tanzi, gli studi sul sangue dei topi potrebbero segnare una svolta nella medicina: «In qualche modo il sangue giovane ferma l’infiammazione nel corpo e nel cervello, che è uno dei problemi principali che conducono al deterioramento prodotto dalla vecchiaia». Vuoi vedere che certe élite lo “sapevano” da sempre? E che il romanzo di Bram Stoker sul tenebroso succhia-sangue dei Carpazi alludeva a qualcosa di più sinistramente vicino a noi?Sangue umano? Buono, ottimo. Specie se giovane. «Quella che una volta era solo una delle fantasie dei teorici della cospirazione – i ricchi ingerivano il sangue dei giovani per favorire la longevità – è ormai una realtà e un vero e proprio business negli Stati Uniti», scrive il blog “La Crepa nel Muro”, rivelando che diversi miliardari oggi ammettono di essere interessati ad esso. «Hanno scoperto che il sangue di topi giovani, iniettato in topi anziani, ha un enorme effetto ringiovanente», ha detto Peter Thiel, co-fondatore di PayPal, alla rivista “Inc Magazine”: «Penso che ci siano un sacco di queste cose, che sono state stranamente sottovalutate». Ma non è più un esperimento che riguardi solo i topi: la società startup di Jesse Karmazin, Ambrosia, sta facendo la stessa cosa con gli esseri umani. E molti “paperoni” sono in coda per ricevere il sangue dei giovani. Come riporta “Vanity Fair”, Ambrosia acquista liquido biologico dalle banche del sangue e ha già circa 100 clienti paganti: alcuni sono tecnologi della Silicon Valley, come Thiel. Ma i compratori non si servono solo da Ambrosia. E comunque, chi ha più di 35 anni ha diritto alle trasfusioni.
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L’Ue imbroglia: ok al glifosato della Monsanto, cancerogeno
L’Unione Europea aiuterà la Monsanto ad avvelenarci per altri 15 anni con un micidiale diserbante come il glifosato. E’ un rischio concreto, denunciato da “Sustainable Pulse”, network di scienziati e attivisti impegnati sul fronte dell’agricoltura sostenibile e contro gli Ogm, dopo la recente decisione dell’agenzia europea per le sostanze chimiche di non considerare il controverso diserbante come un probabile cancerogeno. Tutto ciò, rileva “Voci dall’Estero”, nonostante diversi studi indipendenti – esaminati anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – abbiano suggerito che si dovrebbe considerarlo tale, quantomeno in via precauzionale. «La Ue ha chiaramente calpestato la propria prassi per la sicurezza alimentare». In più, anche se «la cosa ovviamente non ci sorprende», per “Voci dall’Estero” c’è anche «il sospetto di conflitto di interessi nella commissione incaricata della valutazione», che potrebbe «spianare la strada a un rinnovo di 15 anni dell’autorizzazione».Seguendo quanto già fatto dall’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare – scrive “Sustainable Pulse” – anche l’Echa, l’agenzia per la chimica, «ha respinto l’evidenza scientifica che mostrava che il controverso diserbante chiamato glifosato potrebbe essere cancerogeno». Si tratta di uno dei diserbanti più diffusi al mondo, che la Iarc (l’agenzia per la ricerca sul cancro, una costola dell’Oms) aveva già classificato come “probabile” causa di tumori. Per arrivare alla sua conclusione, Bruxelles «ha rifiutato lampanti prove scientifiche raccolte in laboratorio sugli animali, ha ignorato gli avvertimenti lanciati da oltre 90 ricercatori indipendenti e si è basata su studi non pubblicati commissionati dagli stessi produttori di glifosato». La denuncia è firmata Greenpeace, la cui direttrice dell’unità europea per la politica alimentare, Franziska Achterberg, protesta: «L’agenzia si è spinta molto in là nel momento in cui ha rifiutato tutte le prove che il glifosato potrebbe causare il cancro: le ha nascoste come la polvere sotto il tappeto».«I dati a disposizione – aggiunge la Achterberg – superano di gran lunga il limite legale necessario perché la Ue sia tenuta a bandire l’uso del glifosato, eppure l’agenzia ha preferito guardare dall’altra parte». Se pretende di rispettare le risultanze scientifiche, l’Unione Europea «non può distorcere l’evidenza dei fatti». E attenzione: «Se la Ue non opera come sarebbe tenuta a fare, le persone e l’ambiente continueranno a essere le cavie da laboratorio dell’industria chimica». Come per la valutazione dell’autorità europea per la sicurezza alimentare, anche il parere dell’agenzia per le sostanze chimiche si è basata su un dossier iniziale preparato dal Bfr, l’istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi, che però – a detta di Ong e scienziati indipendenti – contraddice l’evidenza scientifica, sottolinea “Sustainable Pulse”. E dire che l’Echa è responsabile della classificazione Ue sulla pericolosità della chimica: ogni sostanza va classificata come “presumibilmente” cancerogena quando almeno due studi indipendenti dimostrano che causa un aumento dell’incidenza del cancro in una stessa specie. La Iarc (Oms) ha provato la proliferazione di tumori in due studi sui topi sottoposti al glifosato, ma l’Ue li ha ignorati.L’agenzia europea, aggiunge “Sustainable Pulse”, ha inoltre respinto altri indizi di una possibile cancerogenicità del glifosato negli esseri umani, nonché le prove sulla presenza, nel glifosato, di due caratteristiche associate alle sostanze cancerogene, tutte cose documentate dalla Iarc. «Secondo le leggi Ue sui pesticidi, le sostanze classificate come “presumibilmente” cancerogene non possono essere utilizzate, a meno che il rischio per l’uomo non sia “trascurabile”». Le organizzazioni ambientaliste e per la salute sollevano preoccupazioni per possibili conflitti d’interessi all’interno della commissione responsabile della valutazione del glifosato, e criticano la scelta dell’agenzia stessa di basarsi su studi non pubblicati condotti dalle stesse industrie chimiche. A febbraio, associazioni e cittadini hanno lanciato un appello alla Commissione Europea affinché proibisca l’uso del glifosato e riformi il processo Ue di approvazione dei pesticidi, stabilendo obiettivi vincolanti per la loro riduzione. Quasi mezzo milione di persone hanno già firmato la petizione.L’Unione Europea aiuterà la Monsanto ad avvelenarci per altri 15 anni con un micidiale diserbante come il glifosato. E’ un rischio concreto, denunciato da “Sustainable Pulse”, network di scienziati e attivisti impegnati sul fronte dell’agricoltura sostenibile e contro gli Ogm, dopo la recente decisione dell’agenzia europea per le sostanze chimiche di non considerare il controverso diserbante come un probabile cancerogeno. Tutto ciò, rileva “Voci dall’Estero”, nonostante diversi studi indipendenti – esaminati anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – abbiano suggerito che si dovrebbe considerarlo tale, quantomeno in via precauzionale. «La Ue ha chiaramente calpestato la propria prassi per la sicurezza alimentare». In più, anche se «la cosa ovviamente non ci sorprende», per “Voci dall’Estero” c’è anche «il sospetto di conflitto di interessi nella commissione incaricata della valutazione», che potrebbe «spianare la strada a un rinnovo di 15 anni dell’autorizzazione».