Archivio del Tag ‘viceré’
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Renzi, l’azzardo: negare a Conte i pieni poteri sul Recovery
Stavolta Matteo Renzi vestirà i panni del Rottamatore, mandando il mal sopportato Conte, o invece indosserà quelli del Bomba, che la spara grossa ma poi non esplode mai il colpo mortale? Se lo domanda il direttore di “Libero”, Pietro Senaldi, di fronte all’escalation polemica di Renzi nei confronti di Conte, anche all’indomani del voto sul Mes al quale si sono piegati i grillini, tradendo anche l’ultima delle loro promesse (ostacolo superato in aula anche grazie alle provvidenziali assenze dei parlamentari di Forza Italia). Ricapitolando: sarà Renzi a licenziare Conte? «La politica gira intorno a tale amletico interrogativo, e ormai lo farà almeno fino a gennaio inoltrato». Prima di allora, ricorda Senaldi, c’è da approvare la legge di bilancio, evitare figuracce in Europa e tenere gli italiani in casa a Natale, scopo per il quale è necessario che la maggioranza conservi un minimo di contegno. «Se si fa vedere infatti ai cittadini che i governanti pensano prima alle beghe loro che al paese, poi chiedere e ottenere rigore e disciplina dalla gente diventa complicato». Conte è volato a Bruxelles forte del successo incassato alle Camere, «dove quasi tutto il gregge è rientrato all’ovile: i voti dei grillini dissidenti sono stati ampiamente compensati dalle assenze tattiche dei berlusconiani, più numerose dei parlamentari pentastellati anti-governo».Dopo che i 5 Stelle hanno approvato persino il Mes, «il trattato Ue contro il quale hanno combattuto da sempre, è ancora più evidente che i problemi al premier non verranno dalla banda di Di Maio, bensì dai renziani». Anche Italia Viva ha votato il sì al trattato, consentendo a Conte di «portare in dono alla Merkel e l’ennesimo atto di sottomissione dell’Italia». Ma non è sul Mes che Renzi gioca la sua partita, charisce Senaldi: quello che interessa all’ex premier (e anche al Pd) è sapere chi gestirà i soldi del Recovery Fund per la ripartenza post-Covid. «Si parla di 209 miliardi, anche se 87 in realtà sono già spariti», perché il governo ha deciso di destinarli a progetti già in cantiere, che inizialmente si pensava di finanziare coi titoli di Stato. «Saranno pagati dal Recovery, in un’operazione che sostituisce il debito con il mercato con quello con la Ue». La torta resta comunque ghiotta, osserva Senaldi: ed è normale, come predisse il vicepresidente del Pd, Orlando, che in tanti ci vogliano mettere le mani. «Quelle più lunghe e rapaci appartengono al premier», sostiene sempre il direttore di “Libero”. «Giacché non si fida, né umanamente né tecnicamente, della maggioranza che lo sostiene, Conte vuol gestire il malloppo come una sorta di monarca».Conte infatti vorrebbe agire in solitaria, «coadiuvato da sei viceré di sua nomina e un codazzo di trecento esperti, tutti rigorosamente fuori dai partiti, i quali sarebbero rappresentati solo dai ministri economici Gualtieri (Pd) e Patuanelli (M5S) nel ruolo di attendenti del grande capo». Ovvio che Renzi si ribelli: le sue ministre minacciano le dimissioni. «Ma lui stesso si è speso, riservando al premier l’insulto per lui peggiore, quello di voler fare come Salvini, mirando ai pieni poteri». La questione, ora – aggiunge Senaldi – è se il Rottamatore terrà il punto o, come fatto altre volte, lascerà che lo scontro finisca a tarallucci e vino. «L’intenzione del premier di risolvere il problema con un accordo di massima per presentarsi dalla Merkel con una situazione di pace è franata». Il braccio di ferro si annuncia ancora lungo: «L’avvocato pugliese vuole escludere i partiti perché teme l’immobilismo. La maggioranza sta in piedi con lo scotch, unita solo dal timore del voto anticipato. Sconta il peccato originale di essere nata non da un progetto politico comune, ma solo come un’alleanza di fortuna per fermare il centrodestra. Conte ne ha beneficiato, ma ora ne paga il prezzo: l’immobilismo che lo ha retto, adesso lo affonda».Circola con insistenza «la voce che sia stata l’Europa, a indirizzarlo verso la scelta dei super-commissari che di fatto esautorano Parlamento e governo». Ed è proprio per questo – ragiona Senaldi – gli è difficile tornare indietro: «Anche perché, se lo fa, si mostra ai partiti debole come non mai». Dall’altra parte c’è Renzi, «che dopo essersi inventato il Conte-bis non può accettare di fare solo lo spettatore». L’ex premier conosce le piaghe dove rigirare il coltello: «Denuncia le forzature della Costituzione operate dal presidente del Consiglio in senso autoritario ed è tornato aggressivo nell’inchiodare Palazzo Chigi alle sue responsabilità nella disorganizzazione con la quale è stata gestita la pandemia. È arrivato anche ad accusare il capo dell’esecutivo di spargere terrore tra la gente, attraverso i suoi scienziati di fiducia, al Comitato Tecnico Scientifico e fuori». Tutte argomentazioni sensate, osserva Senaldi, che non a caso arrivano ora: evidentemente, il leader di Italia Viva non crede alle ventilate minacce di un voto anticipato, in caso di crisi di governo. E’ convinto che, piuttosto che portare l’Italia alle urne, alla fine il capo dello Stato sarebbe disposto ad accettare soluzioni abborracciate.Stavolta Matteo Renzi vestirà i panni del Rottamatore, mandando il mal sopportato Conte, o invece indosserà quelli del Bomba, che la spara grossa ma poi non esplode mai il colpo mortale? Se lo domanda il direttore di “Libero“, Pietro Senaldi, di fronte all’escalation polemica di Renzi nei confronti di Conte, anche all’indomani del voto sul Mes al quale si sono piegati i grillini, tradendo anche l’ultima delle loro promesse (ostacolo superato in aula anche grazie alle provvidenziali assenze dei parlamentari di Forza Italia). Ricapitolando: sarà Renzi a licenziare Conte? «La politica gira intorno a tale amletico interrogativo, e ormai lo farà almeno fino a gennaio inoltrato». Prima di allora, ricorda Senaldi, c’è da approvare la legge di bilancio, evitare figuracce in Europa e tenere gli italiani in casa a Natale, scopo per il quale è necessario che la maggioranza conservi un minimo di contegno. «Se si fa vedere infatti ai cittadini che i governanti pensano prima alle beghe loro che al paese, poi chiedere e ottenere rigore e disciplina dalla gente diventa complicato». Conte è volato a Bruxelles forte del successo incassato alle Camere, «dove quasi tutto il gregge è rientrato all’ovile: i voti dei grillini dissidenti sono stati ampiamente compensati dalle assenze tattiche dei berlusconiani, più numerose dei parlamentari pentastellati anti-governo».
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Conte, dittatore a sorteggio: cabaret, nel paese in rovina
In effetti aveva ragione lui, Giuseppe Conte. Passerà alla storia. L’Italia sarà un caso da studiare, unico, speciale, da manuale. Abbiamo inventato un modello senza precedenti: un regime monocratico, para-dispotico, semi-dittatoriale, in cui l’uomo solo al comando, l’autocrate, non è un dittatore venuto da un golpe militare, non è il capo di un partito o un movimento che conquista il potere, non è un duce salito su dal popolo che marcia sulla capitale e dispone di un consenso popolare e una milizia agguerrita, non è il discendente di una dinastia che decide di incoronarsi monarca assoluto, non è un tecnocrate andato al potere come Massimo Esperto che poi sospende la democrazia per governare coi pieni poteri e non è nemmeno il viceré, il proconsole, il governatore insediato da una potenza straniera alla guida di un paese colonizzato. Ma è un signore chiamato in fretta e furia a Palazzo Chigi per sostituirne un altro che non piaceva a Mattarella e all’Establishment, uno rimediato sull’agendina del capetto di un partito. Così venne sorteggiato un professoricchio di terza fila dal curriculum taroccato, un avvocaticchio subappenninico mai notato nella vita della repubblica, uno che non è mai passato dalle urne, da governi dei tecnici, da commissioni di garanti, da riconoscimenti, da selezioni di miss Italia.Uno arrivato lì per caso, un paio d’anni fa, con una borsa da travet, e insediatosi prima semplicemente come mimo e figurante, prestanome di un’alleanza. E poi giusto un anno fa, con una giravolta che fa impallidire tutti i traditori della storia, insediatosi come Ponte Girevole, come Zelig, come Buono per Tutte le Stagioni. E infine assurto al ruolo di Autocrate grazie a un virus che ha colpito il mondo. Fu allora che approfittando della disgrazia, aggirando il parere dei comitati tecnico-scientifici, snobbando il Parlamento, facendo slalom tra i poteri, giocando di sponda tra due intronati capi-delegazione del governo, più un furbetto giocoliere fiorentino che voleva stupire coi suoi poteri speciali seppur malefici, fu allora, dicevo, che il Passante di Daunia, variante umana del passante di Mestre, si insinuò, si insediò, s’impose. Eccolo, lo Zar Vanesio di tutte le Italie, assistito solo dal suo gran ciambellano cubalibre RoccoCasalino; cominciò a sparare decreti a raffica, istruzioni per l’uso della vita pubblica e privata, soldati e forze armate per le strade d’Italia al fine di arrestare il virus, che si rendeva inafferrabile; ordinò sequestri di intere nazioni in casa, rivolse messaggi diretti alla nazione tutta, appelli da Comandante Unico della Nave Italia a tutti i passeggeri, sparò promesse fantasmagoriche assolutamente prive di fondamento di soldi, benefici, godurie varie, più una selva di autoincoronamenti, autoincensamenti, autoacclamazioni.Da ultimo piegò persino i servizi segreti alla sacra corona dauna, cioè a se stesso. Tutto questo nel mutismo istituzionale di Mattarella, nel balbettamento fesso dei suoi alleati, nella disattenzione dell’Europa, mentre il suo governo dava spettacolo di cabaret dell’assurdo coi suoi ministri tirabusciò e sottosegretari da cancan che mostravano le giarrettiere della loro estrosa ignoranza a scuola, in tribunale, in storia e geografia, in lavoro ed economia, e in ogni altro settore. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo una Dittatura per Caso, dove il premier ha vinto la presidenza a tombola e poi si è impossessato del tombolone; un presidenzialismo senza voto, col gratta e vinci, un potere nato dall’allineamento di tre testicoli alle slot machine. E la beffa aggiuntiva è che il livello della classe politica è così basso, a cominciare dai suoi alleati e protettori istituzionali, che il sorteggiato, il coniglio dauno uscito dal cilindro di Mattarella, fa la sua figura, sembra perfino più serio e affidabile dei politici, arraffa consensi, si mette i partner nel taschino, appare se non brillante almeno in brillantina, impomatato e fiabesco come un Mago Zurlì delle Istituzioni.Ma intanto può spacciarsi per un Taumaturgo in quanto è attorniato da ministri che possono concorrere solo allo Zecchino d’oro. Io ci scherzo perché è agosto, perché ho voglia di essere leggero e vacanziero, perché non ho voglia di occuparmi di questo miserabile teatrino chiamato politica, perché non saprei come e con chi esercitare la lettura “politologica” e attraverso quali categorie della politica. Sono saltati tutti i parametri e ogni residua decenza. Ma il paese rispecchia il premier per caso, l’autocrate vinto con la schedina. Siamo in un paese in cui laqualunque può ereditare venti milioni di euro in un colpo solo, una megacasa milionaria, un appannaggio di un milione all’anno (pari a cento appannaggi di olgettine), affittarsi uno yatch da sessantamila euro a settimana per scorrazzare lei e la sua fidanzata. E così sputare in faccia alla miseria degli italiani. Tutta questa fortuna non perché imprenditrice, inventrice, scienziata, e nemmeno attrice, cantante, indossatrice, femme fatale o almeno mamma dei figli di un nababbo, moglie di un sultano, amante-prostituta di gran lusso (Pascà, pigghia a scopa e scop i’ scaal! Direbbero a Napoli).Non mi interessa polemizzare col lesbo-animalismo della suddetta, sindacare sui suoi gusti sessuali o insinuare che chi la paga tanto vuole che tenga la bocca cucita. Ma no, fatti loro. È che non riesco a sopportare che milioni di persone debbano vivere nel momento peggiore della loro vita, tra incertezza sul lavoro, sulla casa, sulla famiglia, e nessuno abbia nulla da obiettare, da criticare “fortune” di questo tipo e vetrine annesse. E se lo fai, è moralismo o invidia… Ma non vi un po’ schifo tutto questo? Ma quando in un paese uno per caso diventa dittatore, una per casa diventa milionaria, una comitiva di scappati di casa si fa chiamare governo, poi capite dove va a finire un paese, la sua fiducia nel futuro, negli altri, in se stesso… E che scala di priorità, di valori, di stimoli può coltivare un ragazzo che vive nell’era casalina. Benvenuti nell’Italia per caso, dove tutto va a caso di cane.(Marcello Veneziani, “La dittatura a sorteggio, il paese a caso”, da “La Verità” del 9 agosto 2020).In effetti aveva ragione lui, Giuseppe Conte. Passerà alla storia. L’Italia sarà un caso da studiare, unico, speciale, da manuale. Abbiamo inventato un modello senza precedenti: un regime monocratico, para-dispotico, semi-dittatoriale, in cui l’uomo solo al comando, l’autocrate, non è un dittatore venuto da un golpe militare, non è il capo di un partito o un movimento che conquista il potere, non è un duce salito su dal popolo che marcia sulla capitale e dispone di un consenso popolare e una milizia agguerrita, non è il discendente di una dinastia che decide di incoronarsi monarca assoluto, non è un tecnocrate andato al potere come Massimo Esperto che poi sospende la democrazia per governare coi pieni poteri e non è nemmeno il viceré, il proconsole, il governatore insediato da una potenza straniera alla guida di un paese colonizzato. Ma è un signore chiamato in fretta e furia a Palazzo Chigi per sostituirne un altro che non piaceva a Mattarella e all’Establishment, uno rimediato sull’agendina del capetto di un partito. Così venne sorteggiato un professoricchio di terza fila dal curriculum taroccato, un avvocaticchio subappenninico mai notato nella vita della repubblica, uno che non è mai passato dalle urne, da governi dei tecnici, da commissioni di garanti, da riconoscimenti, da selezioni di miss Italia.
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Il giorno che il cielo tornerà ad essere blu, anche per l’Italia
Il pubblico italiano è frastornato da continue notizie sulla Siria, la Russia e la Turchia, ma sulle schede elettorali non troverà né la Russia né la Siria, né il Baltico o l’Ucraina. Niente a che fare con la Turchia e la Nato, nemmeno dopo che i turchi hanno messo in fuga nell’Egeo una nave italiana della Saipem, nel silenzio di Roma, di Bruxelles e di Washington. “Ma il cielo è sempre più blu”, cantava Rino Gaetano, all’epoca in cui il cielo era ancora blu: adesso è a strisce, rigato ogni giorno da scie permanenti rilasciate dagli aerei. I cosiddetti complottisti le chiamano “scie chimiche”, mentre tutti gli altri non le chiamano in nessun modo, come se non esistessero proprio: come se il cielo fosse ancora blu come ai tempi di Rino Gaetano. Sul tema, ripetute interrogazioni in Parlamento sono rimaste senza risposta, e nessun partito in lizza alle elezioni del 4 marzo 2018 si azzarda ad accennare alla “geoingegneria” teorizzata in anni lontani dallo scienziato Edward Teller, il profeta dell’aerosol atmosferico concepito per condizionare il clima. Nell’ultimo anno le famiglie italiane sono state letteralmente travolte dall’isteria collettiva sui vaccini, imposti di colpo senza che vi fosse una sola emergenza sanitaria, senza uno straccio di epidemia davvero allarmante. Ma anche i vaccini sono quasi scomparsi dalla campagna elettorale, come se gli italiani fossero chiamati a decidere su qualsiasi cosa, tranne quelle importanti per la loro vita quotidiana.Si parla e straparla di tasse, come se Roma avesse l’ultima parola, in materia. Come se tutti non sapessero, perfettamente, che qualsiasi proposta del futuro governo dovrà essere strettamente conforme ai voleri indiscutibili di un’avida e inflessibile oligarchia finanziaria privatizzatrice. Diktat trasformati in legge da oscuri burocrati non-eletti, infinitamente più potenti di qualsiasi governo regolarmente eletto. La situazione è drammatica, ma non seria: le liste-contro, che in ordine sparso gridano che le regole del gioco sono truccate, hanno ben poche possibilità di raggiungere la soglia minima del 3%, quella della pura testimonianza, mentre i tre grandi blocchi che si contendono Palazzo Chigi hanno tutti rinunciato a smascherare l’impostura capitale su cui si regge la recita dell’attuale non-democrazia europea. Per tutti loro, il cielo è sempre più blu: si apprestano a governare una sotto-libertà come quella dei governatori delle colonie, sottoposti al potere superiore dell’autorità imperiale. Con la differenza che, almeno, il viceré dell’India non si sognava di accreditarsi come autorità sovrana e democratica. Si presentava ai sudditi onestamente, per quello che era: un fedele, scrupoloso esecutore degli ordini di sua maestà.Poi, incidentalmente, esistono anche gli italiani. Lo ha ricordato di recente l’economista Nino Galloni: la notizia è che 4 milioni di aziende (su 4,5) non hanno chiuso né delocalizzato l’attività. Semplicemente, sopravvivono rinunciando al profitto e puntando alla tutela del lavoro. Questo spiega, anche, la sorprendente ripresa dell’export “made in Italy”, che ha guastato la festa a quei poteri europei che avevano scommesso sulla capitolazione industriale del Belpaese. C’è di più: nel silenzio generale, dice sempre Galloni, 2,3 milioni di giovani sono tornati all’agricoltura: e il loro lavoro vale 40 miliardi di euro, in termini di cibo che l’Italia non deve più importare. Intervistata da Claudio Messora, la saggista Enrica Perucchetti (che ha firmato libri su neo-terrorismo “false flag” e neo-propaganda formato “fake news”) fornisce un’analisi inquietante della manipolazione senza precedenti cui è sottoposta l’opinione pubblica. Ma aggiunge un ragionamento: “Se ci manipolano tanto, significa che ancora ci temono. Hanno paura che i cittadini si sveglino”. Non a caso, comunque, il “risveglio” non è ancora previsto per le elezioni del 4 marzo: nessuna vera soluzione è sul tappeto, oggi. Ma domani? Il cielo tornerà a essere più blu?(Giorgio Cattaneo, “Il giorno che il cielo tornerà ad essere blu”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 marzo 2018).Il pubblico italiano è frastornato da continue notizie sulla Siria, la Russia e la Turchia, ma sulle schede elettorali non troverà né la Russia né la Siria, né il Baltico o l’Ucraina. Niente a che fare con la Turchia e la Nato, nemmeno dopo che i turchi hanno messo in fuga nell’Egeo una nave italiana della Saipem, nel silenzio di Roma, di Bruxelles e di Washington. “Ma il cielo è sempre più blu”, cantava Rino Gaetano, all’epoca in cui il cielo era ancora blu: adesso è a strisce, rigato ogni giorno da scie permanenti rilasciate dagli aerei. I cosiddetti complottisti le chiamano “scie chimiche”, mentre tutti gli altri non le chiamano in nessun modo, come se non esistessero proprio: come se il cielo fosse ancora blu come ai tempi di Rino Gaetano. Sul tema, ripetute interrogazioni in Parlamento sono rimaste senza risposta, e nessun partito in lizza alle elezioni del 4 marzo 2018 si azzarda ad accennare alla “geoingegneria” teorizzata in anni lontani dallo scienziato Edward Teller, il profeta dell’aerosol atmosferico concepito per condizionare il clima. Nell’ultimo anno le famiglie italiane sono state letteralmente travolte dall’isteria collettiva sui vaccini, imposti di colpo senza che vi fosse una sola emergenza sanitaria, senza uno straccio di epidemia davvero allarmante. Ma anche i vaccini sono quasi scomparsi dalla campagna elettorale, come se gli italiani fossero chiamati a decidere su qualsiasi cosa, tranne quelle importanti per la loro vita quotidiana.