Archivio del Tag ‘webcam’
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Recovery-Conte: tutti prigionieri, via il cash e 5G dal cielo
«Abbiamo trovato e analizzato il documento che contiene le linee-guida del governo su come utilizzare i soldi del Recovery Fund», annuncia Massimo Mazzucco, su “Contro Tv“. Scopriamo così che i nostri stessi soldi verranno, fra le altre cose, utilizzati per «facilitare la transizione verso una cashless community» (cioè: abolizione del contante), e soprattutto per «potenziare i sistemi di video-sorveglianza sui cittadini». Non solo: i soldi in arrivo dall’Ue sarebbero impiegati per «mettere in orbita una costellazione di satelliti 5G» (senza alcuna garanzia per la nostra salute, aggiunge Mazzucco). Si va verso un regime di polizia sanitaria permanente: il Recovery verrebbe usato per «realizzare la schedatura sanitaria dei cittadini». L’esecutivo dell’ex “avvocato del popolo” intendere «studiare differenti stili di vita delle persone», e ovviamente «impostare politiche di prevenzione, quando la gente dovesse decidere di non seguirli». Il governo Conte propone inoltre di «potenziare il contrasto alle “fake news”» (ovvero, secondo Mazzucco, «regalare altri soldi ai delatori di regime»). E c’è anche un miliardo di euro per il Vaticano: «Noi abbiamo le scuole che crollano, però diamo un miliardo alla Chiesa per rimettere a posto le sue strutture».
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Ponte Morandi, petizione: fateci vedere il video del crollo
Perché insistono nel non rendere pubblico il video integrale del crollo del viadotto Morandi? Dalla catastrofe di Genova sono passati più di tre mesi, osserva Massimo Mazzucco, e ancora non c’è la possibilità di visionare quelle drammatiche immagini. Quell’assurdo black-out informativo, sostiene Mazzucco in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, non fa che alimentare le più fantasiose “teorie del complotto”, dando fiato a chi ipotizza che, alla vigilia di ferragosto, il viadotto austradale genovese possa esser stato addirittura “sabotato”, magari con l’impiego di esplosivi. L’unico grande complotto in questione, dice Mazzucco, consiste semmai nell’aver regalato le autostrade italiane al gruppo Atlantia della famiglia Benetton, che ha intascato proventi miliardari senza provvedere a un’adeguata manutenzione. Se solo gli inquirenti mostrassero finalmente quel video, insiste Mazzucco in un post su “Luogo Comune”, l’impatto emotivo suscitato da quelle immagini renderebbe più complicato coinvolgere la società Autostrade per l’Italia nella ciclopica e ricchissima operazione di ricostruzione. Per questo, Mazzucco ha lanciato una petizione su “Change.org”, con raccolta di firme: fateci vedere il video integrale del crollo.Il 31 agosto 2018, si legge nel testo della petizione, il procuratore di Genova Francesco Cozzi ha dichiarato al “Fatto Quotidiano” di essere in possesso del video integrale del crollo del Ponte Morandi, ma di non poterlo mostrare al pubblico «per non influenzare eventuali resoconti dei testimoni oculari». Ora che si presume che le deposizioni di questi testimoni siano finite, recita la petizione, «chiediamo che il video venga mostrato pubblicamente nella sua interezza, senza tagli e senza manipolazioni di alcun tipo». Gli stessi cittadini che percorrono ogni giorno le nostre strade, e pagano il pedaggio ai caselli autostradali, «hanno pieno diritto di sapere esattamente come e perchè il ponte sia crollato». Tanto più, aggiunge Mazzucco, «hanno il diritto di conoscere la verità tutti i parenti delle vittime che quel giorno hanno perso la vita nel crollo del ponte». Aggiunge Mazzucco: «Mantenere il segreto su quelle immagini serve solo ad alimentare sospetti di vario tipo, che vanno dall’idea che si voglia in qualche modo favorire la società Autostrade, ritardando il più possibile la rivelazione “plastica” delle loro responsabilità oggettive, fino a vere e proprie “teorie del complotto”, che vogliono il ponte demolito intenzionalmente con uso di esplosivi».Conclude la petizione: «Si ritiene quindi, in qualunque caso, che sia interesse stesso delle nostre istituzioni il fare chiarezza al più presto su quanto accaduto quel giorno nella valle del Polcevera». Un’idea, comunque, Mazzucco se l’è fatta: dalle immagini finora circolate, si può notare il pietoso stato di manutenzione dell’infrastruttura collassata, con gli stralli d’acciaio “marciti” all’interno delle “camicie” di calcestruzzo. E’ stata la saldedine marina a erodere i tiranti del ponte? La colpa del disastro va dunque imputata all’insufficiente manitenzione? In un video su “Luogo Comune”, Mazzucco traccia un paragone impietoso con il Tacoma Bridge, crollato nel lontano 1940 nello Stato di Washington. Fu ripreso in diretta da una telecamera dell’epoca e diffuso in televisione. Niente immagini ufficiali, invece, dal viadotto Morandi – che pure era monitorato 24 ore su 24 da decine di sofisticate webcam. Nel frattempo, nelle ultime settimane è praticamente scomparsa, dai giornali, la famiglia Benetton. Gianfraco Carpeoro, altro ospite fisso delle dirette web-streaming di “Border Nights”, ricorda che, dietro ai Benetton (vicini ai Clinton e alla superloggia “Three Eyes”), in Atlantia è rappresentato un grande gruppo del massimo potere finanziario, con società britanniche, francesi e soprattutto statunitensi, incluso il maggior fondo d’investimento al mondo, BlackRock.Perché insistono nel non rendere pubblico il video integrale del crollo del viadotto Morandi? Dalla catastrofe di Genova sono passati più di tre mesi, osserva Massimo Mazzucco, e ancora non c’è la possibilità di visionare quelle drammatiche immagini. Quell’assurdo black-out informativo, sostiene Mazzucco in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, non fa che alimentare le più fantasiose “teorie del complotto”, dando fiato a chi ipotizza che, alla vigilia di ferragosto, il viadotto austradale genovese possa esser stato addirittura “sabotato”, magari con l’impiego di esplosivi. L’unico grande complotto in questione, dice Mazzucco, consiste semmai nell’aver regalato le autostrade italiane al gruppo Atlantia della famiglia Benetton, che ha intascato proventi miliardari senza provvedere a un’adeguata manutenzione. Se solo gli inquirenti mostrassero finalmente quel video, insiste Mazzucco in un post su “Luogo Comune”, l’impatto emotivo suscitato da quelle immagini renderebbe più complicato coinvolgere la società Autostrade per l’Italia nella ciclopica e ricchissima operazione di ricostruzione. Per questo, Mazzucco ha lanciato una petizione su “Change.org”, con raccolta di firme: fateci vedere il video integrale del crollo.
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Che sollievo, scoprire la dinamite nel viadotto di Genova
Che meraviglia, se il viadotto Morandi fosse stato davvero abbattuto, magari da terroristi, con una bella carica esplosiva. Staremmo tutti più tranquilli – tutti o, comunque, i tantissimi di noi che, ormai, hanno sempre bisogno di immaginare un complotto, per ridurre tutti i problemi all’azione di un nemico: il comodissimo Uomo Nero, unico colpevole delle nostre sciagure. Fabbricare ogni volta un nemico, dice Gianfranco Carpeoro, fa molto comodo, al potere: ci aiuta infatti a non vedere mai la verità. E cioè che l’unico, vero “nemico” che ci minaccia, purtroppo, è lo stesso sistema nel quale viviamo: sempre meno equo e democratico, sempre meno accettabile, responsabile e sostenibile. Non capire che è ora di finirla con la “supercazzola” dell’ipotesi-bomba, per tentare di spiegare il disastro di Genova, significa non voler vedere che è tutta l’Italia che sta ormai crollando: «Crollano i ponti, crollano le chiese, crollano le scuole: è già successo, e magari tra un po’ crollerà un altro istituto scolastico, ammazzando un altro po’ di bambini», dichiara Carpeoro, in web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Cosa aspettiamo a dedurre che, così, non si può andare avanti? Quando finirà di crollare anche il lavoro, finalmente, capiremo che l’Italia è un paese nel quale è sempre più difficile vivere, se non invertiamo radicalmente la rotta».Tanti gli interrogativi sulla catastrofe di Genova, da parte del pubblico della diretta “Carpeoro Racconta” del 1° settembre: molti insistono – ancora – sulla evidente presenza di “bagliori” poco prima del drammatico schianto, preceduto da un rombo chiaramente udibile. Clamorose le dichiarazioni dell’ingegnere padovano Enzo Siviero, già docente universitario a Venezia: a “Reteveneta” ha detto che le modalità del crollo lasciano aperta, almeno al 50%, la possibilità (teorica) di un attentato. Ipotesi che la magistratura di Genova liquida con le parole del procuratore Francesco Cozzi: «Puro delirio». Già, ma la storia delle immagini scomparse causa “guasto” delle webcam di Autostrade per l’Italia? Carpeoro taglia corto: «Non sono un tecnico e non mi intendo di ponti – premette – ma sono certo che gli inquirenti siano in possesso di tutte le immagini inerenti il crollo, peraltro riproposte continuamente anche in televisione». Bagliori? «Appunto: la presenza di un bagliore non significa automaticamente “esplosione”». Il botto? Idem: «Ogni crollo è preceduto da un cedimento, da un collasso strutturale evidentemente anche rumoroso. In ogni caso: di che siamo parlando? La magistratura è al lavoro, sta indagando. Scoprirà quello che è successo. Tenendo conto del fatto, ormai accertato, che non sono state rinvenute tracce di esplosivo: e le esplosioni ne lasciano sempre».Massone, esoterista, studioso di simbologia e autore di “Summa Symbolica”, opera in più volumi sul significato dei simboli che ci circondano e che il più delle volte subiamo passivamente, non sapendoli “leggere”, Carpeoro – esponente del Movimento Roosevelt presieduto da Gioele Magaldi – invita spesso il suo pubblico a stare in guardia, rispetto al “pensiero magico” di cui è imbevuta la società, e del quale il potere si serve sempre per depistarci, ogni volta, dal vero obiettivo. «Seriamente: riguardo a Genova, l’unico vero beneficiario teorico dell’ipotesi complottista chi sarebbe? Lei, la società autostradale oggi sotto accusa: sarebbe comodissimo, per Autostrade, potersi assolvere grazie all’ombra di un attentato. Ma evidentemente non c’è il minimo presupposto per poter sfruttare questa possibilità». Si parla di ponti, dopotutto: «E’ ormai appurato che le attuali infrastrutture hanno una durata media di cinquant’anni: dopodiché occorre mettervi mano, pena il rischio che vengano meno gli standard di sicurezza. Ed è quello che, in tutta Italia, non sta più succedendo: per questo crollano ponti, viadotti, scuole e persino le chiese antiche, che avrebbero a loro volta bisogno di frequenti interventi di restauro e consolidamento».Il vero complotto, dice Carpeoro, è consistito nell’aver “regalato” la nostra rete autostradale, all’epoca delle privatizzazioni “allegre” varate dal centrosinistra, con il patrimonio nazionale elargito a imprenditori “amici”, non vincolati a rigorosi obblighi. Il dramma di Genova? «Dovuto, evidentemente, a incuria criminosa». Da parte dei Benetton? Attenzione, avverte sempre Carpeoro: nel gruppo Atlantia, che controlla Autostrade, sono presenti grandi poteri internazionali, anche massonici: dalla superloggia neoliberista “Three Eyes”, «cui fa riferimento l’ambiente paramassonico frequentato dai Benetton, notoriamente finanziatori dei Clinton», all’altra famigerata superloggia ultra-reazionaria, la “Hathor Pentalpha” fondata dai Bush, a cui – secondo Magaldi – è collegato Larry Fink, il patron dell’immenso fondo d’investimento BlackRock, azionista di Atlantia. Non sarà facile togliere a questa gente la gallina dalle uova d’oro rappresentata dalle autostrade italiane: «Vedrete che arriverà una telefonata dall’America e la concessione non verrà affatto revocata, o magari si farà un’altra gara, aperta allo stesso gruppo».Questa è la sostanza, ribadisce Carpeoro, e le leggende sulla demolizione controllata del viadotto genovese – con fantomatiche cariche esplosive – servono proprio a non vedere la tragica realtà dei fatti: è sempre l’Uomo Nero a far sparire la verità, mettendo al riparo – ancora una volta – il sistema, che è marcio. In questo caso, l’esasperazione complottistica rischia di lasciae in ombra uno scandalo storico e colossale, come quello delle privatizzazioni-omaggio fatte sulla pelle degli italiani. Siamo infatti prigionieri di un paese che (grazie all’euro e al rigore imposto da Bruxelles) sta letteralmente crollando, non potendo più ricorrere alla spesa pubblica. Non bastassero i censori della Commissione Europea è pronta la minaccia dello spread alle prime avvisaglie di aumento del debito, teoricamente pubblico ma ormai di fatto privatizzato anche quello, essendo denominato in euro anziché in moneta sovrana. Magari la colpa fosse dell’Uomo Nero, in questo caso travestito da bombarolo: sarebbe un sollievo, scoprire che la colpa è di un unico delinquente. «In realtà, a questo ci ha portato l’evoluzione spirituale degli ultimi anni», ripete Carpeoro: «Ci serve sempre un nemico immaginario, che in fondo è rassicurante. Fa molta più paura scoprire che l’unico vero nemico è proprio il sistema».Che meraviglia, se il viadotto Morandi fosse stato davvero abbattuto, magari da terroristi, con una bella carica esplosiva. Staremmo tutti più tranquilli – tutti o, comunque, i tantissimi di noi che, ormai, hanno sempre bisogno di immaginare un complotto, per ridurre tutti i problemi all’azione di un nemico: il provvidenziale Uomo Nero, unico colpevole delle nostre sciagure. Fabbricare ogni volta un nemico, dice Gianfranco Carpeoro, fa molto comodo, al potere: ci aiuta infatti a non vedere mai la verità. E cioè che l’unico, vero “nemico” che ci minaccia, purtroppo, è lo stesso sistema nel quale viviamo: sempre meno equo e democratico, sempre meno accettabile, responsabile e sostenibile. Non capire che è ora di finirla con la “supercazzola” dell’ipotesi-bomba, per tentare di spiegare il disastro di Genova, significa non voler vedere che è tutta l’Italia che sta ormai crollando: «Crollano i ponti, crollano le chiese, crollano le scuole: è già successo, e magari tra un po’ crollerà un altro istituto scolastico, ammazzando un altro po’ di bambini», dichiara Carpeoro, in web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Cosa aspettiamo a dedurre che, così, non si può andare avanti? Quando finirà di crollare anche il lavoro, finalmente, capiremo che l’Italia è un paese nel quale è sempre più difficile vivere, se non invertiamo radicalmente la rotta».
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Spyware di Stato: è italiano il software con cui ci spiano
È tutto italiano lo spyware usato da governi e forze di polizia per violare Pc, smartphone e tablet. Le vicende relative allo spionaggio da parte dei governi emerse negli ultimi anni, dai documenti pubblicati da Wikileaks nel 2011 sino al più recente Datagate, hanno una cosa in comune: danno l’impressione di aver coinvolto l’Italia soltanto in qualità di vittima. Eppure, proprio dal nostro paese, e per la precisione da Milano, provengono dei software largamente adoperati da governi e forze di polizia per spiare i cittadini: si tratta del Remote Control System di Hacking Team e dei moduli per dispositivi mobili ad esso collegati. Nonostante il nome inglese, Hacking Team è un’azienda italiana che sviluppa software di controllo e spionaggio destinato alle forze dell’ordine: lo commercializza come Rcs DaVinci e, più di recente, Rcs Galileo. Hacking Team va ripetendo che la sua attività è perfettamente legale; non c’è ragione di dubitarne, semmai è la legittimità dell’uso di questi spyware a essere dubbio.Ma i software hanno attirato l’attenzione delle aziende che si occupano di sicurezza e, negli ultimi tempi, sia CitizenLab sia Kaspersky Labs hanno pubblicato dei rapporti contenenti informazioni interessanti. Dai rapporti emerge come di recente l’attenzione dell’azienda italiana si sia concentrata su smartphone e tablet, e in particolare sui software di spionaggio per iOS e Android, che vanno ad aggiungersi ai “trojan” già realizzati per Windows, Linux e Mac OS X (oltre che per Symbian, Windows Mobile e Blackberry). Tali software sono in grado di prendere il controllo dei moduli Wi-fi e Gps, registrare tutto ciò che il microfono capta (attivandolo anche da remoto), controllare le fotocamere a distanza, leggere le email, gli Sms e gli Mms, consultare l’intera cronologia di navigazione e il calendario, fungere da “keylogger” e accedere alle note e agli appunti.In più, il loro codice è offuscato e sono presenti diversi accorgimenti per far sì che l’utente non si accorga della loro presenza, come accendere il microfono solo in determinate occasioni per evitare che l’eccessivo consumo della batteria faccia insospettire il proprietario dello smartphone o del tablet. La minaccia è, fortunatamente, per certi versi limitata: la versione per iOS funziona solo su quei dispositivi ai quali è stato praticato il “jailbreak” e, in ogni caso, chi vuole installare il software deve avere accesso fisico al dispositivo-bersaglio: non basta, come nel caso di “malware” comune, navigare nel web. Tuttavia, c’è un altro dato dal quale si possono ricavare le preoccupanti dimensioni del fenomeno costituito dallo spionaggio condotto dai governi.“SecureList” ha infatti realizzato una lista dei server dotati di Remote Control System, verso i quali i software di Hacking Team inviano le informazioni raccolte, e gli Stati in cui essi si trovano, cercando di stabilirne anche i proprietari. «Diversi indirizzi Ip», spiega “SecureList”, «sono collegati a entità governative, stando alle informazioni “Whois”». Scopriamo così che gli Usa sono degli utenti particolarmente fedeli di Rcs con 64 server sul suolo nazionale; dietro di loro ci sono Kazakistan (49 server), Ecuador (35 server), Regno Unito (24 server), Cina (15 server) e Polonia (7 server). In questa peculiare classifica l’Italia si trova piuttosto in basso, ma è comunque presente: nel nostro paese ci sono (almeno) 2 server con Remote Control System.(“Spyware di Stato: le app spione del governo”, da “Zeus News” del 1° luglio 2014).È tutto italiano lo spyware usato da governi e forze di polizia per violare Pc, smartphone e tablet. Le vicende relative allo spionaggio da parte dei governi emerse negli ultimi anni, dai documenti pubblicati da Wikileaks nel 2011 sino al più recente Datagate, hanno una cosa in comune: danno l’impressione di aver coinvolto l’Italia soltanto in qualità di vittima. Eppure, proprio dal nostro paese, e per la precisione da Milano, provengono dei software largamente adoperati da governi e forze di polizia per spiare i cittadini: si tratta del Remote Control System di Hacking Team e dei moduli per dispositivi mobili ad esso collegati. Nonostante il nome inglese, Hacking Team è un’azienda italiana che sviluppa software di controllo e spionaggio destinato alle forze dell’ordine: lo commercializza come Rcs DaVinci e, più di recente, Rcs Galileo. Hacking Team va ripetendo che la sua attività è perfettamente legale; non c’è ragione di dubitarne, semmai è la legittimità dell’uso di questi spyware a essere dubbio.