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Università dell’Alaska: 11 Settembre, l’Edificio 7 fu demolito
Un gruppo di ricerca del dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’università dell’Alaska, guidato dal dottor Leroy Hulsey e dal collega Zhili Quan, insieme al professor Feng Xiao dell’università di Nanchino (dipartimento di ingegneria civile) ha dato la fatale notizia in modo ufficiale: non sono state le fiamme sprigionatesi dalle Twin Towers, l’11 Settembre, a causare il collasso dell’Edificio 7, la terza torre di Manhattan crollata su se stessa in pochi secondi. «La versione ufficiale è ora ridotta a un cumulo di macerie», prende nota Paul Craig Robers, popolare analista statunitense, già vice-ministro di Reagan, commentando quella che a tutti gli effetti è «la prima indagine scientifica» sulla stranissima fine del Building 7, schiantatosi al suolo senza neppure esser stato colpito da aerei, l’11 settembre 2001. «La principale conclusione del nostro studio – scrivono, all’università dell’Alaska – è che il fuoco non ha causato il crollo del Wtc 7». E questo, «contrariamente alle conclusioni del Nist», la commissione d’indagine governativa, «e delle società di ingegneria private che hanno studiato il crollo». E’ stato «un collasso globale, che ha comportato il cedimento quasi simultaneo di tutti i pilastri dell’edificio». In gergo tecnico si chiama: demolizione controllata.Sul suo sito, Craig Roberts fa notare che «ci sono voluti 18 anni per ottenere una vera indagine sulla distruzione di un edificio di cui erano stati accusati dei terroristi musulmani». Inoltre, «l’unico modo in cui si può verificare il “cedimento quasi simultaneo di tutti i pilastri dell’edificio” è attraverso una demolizione controllata». E questo straordinario risultato, certificato dai tecnici universitari, non è stato riportato dai grandi media. «In altre parole – aggiunge Roberts – lo studio è già stato destinato al Buco della Memoria: questo è il modo in cui opera “The Matrix”». Accusa l’ex sottosegreario al Tesoro: «L’unico scopo dei notiziari stampati e televisivi è quello di programmarvi in modo che seguiate pedissequamente l’agenda di chi vi governa: quelli che seguono i notiziari della Tv, ascoltano la National Public Radio o leggono i giornali vengono programmati per essere automi senza cervello». Richiamandosi al clamoroso rapporto fornito poche settimane fa dai vigili del fuoco di New York – che confermano la tesi della “demolizione controllata” delle Torri Gemelle e chiedono alle autorità giudiziarie di riaprire il caso – Craig Roberts invoca giustizia: stabilita finalmente la verità sul disastro, è ora che i responsabili vengano trascinati in tribunale.L’immane tragedia ha causato circa 15.000 vittime: quasi 3.000 nei crolli, più almeno 12.000 persone morte nei mesi e anni seguenti, per i tumori provocati dalla nube di amianto su Manhattan (numeri accertati dalle autorità, che hanno riconosciuto gli ingenti indennizzi). Molti sospetti caddero da subito sul proprietario del World Trade Center, Larry Silverstein, che aveva appena assicurato le Torri Gemelle e l’Edificio 7 contro un “incidente” come quello poi verificatosi. Mentre però le Twin Towers furono colpite da aerei di linea (o almeno, in apparenza da dei Boeing), l’Edificio 7 collassò senza essere colpito né da velivoli, né dal fuoco. Per Massimo Mazzucco, autore dei documentari “Inganno globale” (trasmesso da Canale 5 nel 2006) e “La nuova Pearl Harbor”, è probabile che gli aerei che colpirono le torri fossero dei droni militari: la stessa Boeing ha escluso che i suoi velivoli possano compiere manovre così precise, a bassa quota, viaggiando a quella velocità: a 800 chilometri orari, le ali dei Boeing si staccherebbero. Ma se non c’erano viaggiatori, su quegli aerei-bomba, dov’erano finiti i passeggeri imbarcati?Mazzucco ricorda che l’Operazione Northwoods del 1962 (memorandum “Justification for Us Military Intervention in Cuba”) prevedeva che i passeggeri di un volo di linea – da far esplodere nei cieli cubani per poi incolpare Fidel Castro – fossero fatti segretamente sbarcare in una base militare, prima che l’aereo (telecomandato) proseguisse per la sua missione suicida. Come accettare l’idea mostruosa di eliminare centinaia di ignari passeggeri? In un solo modo possibile, osserva Mazzucco: «Certa gente non ragiona come noi: di fronte opzioni come quella, le persone diventano semplici dettagli». Ragionando in grande: senza il bagno di sangue delle Twin Towers, il Deep State che dominava il governo Usa non sarebbe mai riuscito a far accettare, all’opinione pubblica americana, la “guerra al terrorismo” che comportò le disastrose invasioni militari dell’Afghanistan e dell’Iraq. Nel libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014), Gioele Magaldi scrive che fu la superloggia “Hathor Pentalpha”, del clan Bush, a concepire l’attacco alle Torri, dopo aver affiliato Osama Bin Laden. Lo stesso Abu-Bakr Al Baghdadi, “califfo” del sedicente Isis, sarebbe stato poi affiliato alla “Hathor”.«Entro un paio d’anni emergerà la verità sull’11 Settembre», annunciò tempo fa Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”. A quanto pare, importanti rivelazioni stanno ora affiorando. Il russo Dimitri Khalezov, veterano dell’intelligence nucleare sovietica, ricorda che la costruzione del World Trade Center fu autorizzata dal Comune di New York solo dopo che i costruttori ebbero fornito le istruzioni per la demolizione degli edifici, come prevedeva la prassi a Manhattan: tutti i grattacieli dovevano poter essere demoliti, all’occorrenza. Solo che per demolire le Torri Gemelle – considerate indistruttibili – i progettisti calcolarono che sarebbe stata indispensabile la bomba atomica. E infatti, osserva Khalezov, dai documenti dell’ufficio edilizia della città emerge che, nelle fondamenta, furono appositamente ricavati dei bunker nei quali ospitare, nel caso, delle “mini-nukes” destinate a “fondere” le torri, dal basso. Questo spiegherebbe anche le folli temperature sprigionatesi nel rogo, che trasformò il sottosuolo in una specie di vulcano arroventato, per mesi. Per contro, i vigili del fuoco raccontarono di aver udito precise esplosioni, molto di sotto del punto di impatto degli aerei: esplosioni peraltro confermate dallo strano scoppio (verso l’esterno) delle vetrate, non spiegabile dall’urto degli aerei decine di metri più in alto.In attesa di accertare la verità integrale, i pompieri di New York certificano l’inattendibilità della versione ufficiale. Il distretto di Franklin Square e Munson, dei vigili del fuoco, riconosce «la natura significativa e convincente della petizione posta all’attenzione del procuratore degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York riferentesi a crimini federali non perseguiti commessi presso il World Trade Center l’11 settembre 2001», e invita il procuratore «a presentare tale petizione ad uno speciale Gran Giurì ai sensi della Costituzione degli Stati Uniti». Il dossier dei vigili del fuoco aggiunge che «le prove schiaccianti presentate in detta petizione dimostrano oltre ogni dubbio che esplosivi e/o materiali incendiari pre-impiantati – non solo gli aerei e gli incendi conseguenti – avevano causato la distruzione dei tre edifici del World Trade Center, uccidendo la stragrande maggioranza delle vittime». Conclude Paul Craig Robers: «Le vittime dell’11 Settembre, le loro famiglie, la popolazione di New York City e la nostra nazione meritano che ogni crimine relativo agli attacchi dell’11 settembre 2001 sia indagato con il massimo rigore e che ogni persona responsabile sia portata di fronte alla giustizia».Cosa fu, davvero, ad abbattere le Twin Towers e l’Edificio 7 «non lo sappiamo, né spetta a noi l’onere di stabilirlo», sintetizza Mazzucco: «L’unica cosa ormai certa è che a far crollare le torri non furono quegli strani Boeing, capaci di manovre estreme (da jet militari) e a velocità folle, a bassissima quota, senza che si smembrassero in volo prima dell’impatto». Droni senza pilota? Per Mazzucco, è l’unica spiegazione logica: velivoli telecomandati, “truccati” da Boeing e super-rinforzati, probabilmente col muso imbottito di esplosivo. A csa erano dovute le esplosioni che i pompieri dicono di aver udito distintamente nella parte bassa delle torri? Cariche di nano-termite? Mini-atomiche? Tutte queste cose insieme? Magaldi ricorda che le Twin Towers rappresentavano Jachin e Boaz, le colonne del tempio massonico: chi le ha distrutte ha voluto dichiarare guerra, simbolicamente, all’ideologia massonico-progressista di Roosevelt, che trasformò gli Usa nella superpotenza leader dell’Occidente prospero, del benessere diffuso. La “prova del nove” è imbarazzante: lo scenario al quale oggi siamo abituati (conflitti ovunque, dalla Libia alla Siria, con escalation sanguinose) prima dell’11 Settembre non sarebbe stato neppure lontanamente pensabile.Un gruppo di ricerca del dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’università dell’Alaska, guidato dal dottor Leroy Hulsey e dal collega Zhili Quan, insieme al professor Feng Xiao dell’università di Nanchino (dipartimento di ingegneria civile) ha dato la fatale notizia in modo ufficiale: non sono state le fiamme sprigionatesi dalle Twin Towers, l’11 Settembre, a causare il collasso dell’Edificio 7, la terza torre di Manhattan crollata su se stessa in pochi secondi. «La versione ufficiale è ora ridotta a un cumulo di macerie», prende nota Paul Craig Robers, popolare analista statunitense, già vice-ministro di Reagan, commentando quella che a tutti gli effetti è «la prima indagine scientifica» sulla stranissima fine del Building 7, schiantatosi al suolo senza neppure esser stato colpito da aerei, l’11 settembre 2001. «La principale conclusione del nostro studio – scrivono, all’università dell’Alaska – è che il fuoco non ha causato il crollo del Wtc 7». E questo, «contrariamente alle conclusioni del Nist», la commissione d’indagine governativa, «e delle società di ingegneria private che hanno studiato il crollo». E’ stato «un collasso globale, che ha comportato il cedimento quasi simultaneo di tutti i pilastri dell’edificio». In gergo tecnico si chiama: demolizione controllata.
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I pompieri di New York: le Torri Gemelle erano state minate
Il 24 luglio scorso, 18 anni dopo la tragedia dell’11 Settembre a New York, nel silenzio totale dei grandi media americani (e italiani), cinque uomini non “qualunque” si sono riuniti nel distretto di Piazza Franklin e Munson, a un passo dal Queens di New York, per approvare, all’unanimità, una risoluzione. Il cui testo proclama l’«incontrovertibile evidenza» del dato che «esplosivi preventivamente collocati» all’interno delle «tre torri» del World Trade Center, «ne hanno provocato la distruzione». Chiunque abbia seguito un poco le polemiche che da 18 anni ruotano attorno alla spiegazione dell’11 settembre 2001, si renderà conto immediatamente che una tale dichiarazione cancella in un colpo solo l’intero impianto della inchiesta ufficiale, contenuta nel famigerato “9/11 Commission Report”. Dunque è importante sapere chi sono questi cinque uomini. Sono i membri della Commissione dei vigili del fuoco del distretto di piazza Franklin e Munson: un distaccamento di “volontari” (come lo sono i pompieri americani) che subì gravi perdite mentre portava aiuto nei primi momenti del dramma. I pompieri della contea di Nassau che morirono nelle torri furono 24, ai quali si aggiunsero quattro residenti nel quartiere.La Commissione dei cinque (composta da uomini che 18 anni fa parteciparono a quelle operazioni e ne uscirono vivi) ha l’incarico di tenere viva la memoria di quell’evento. I loro nomi vanno ricordati: Philip F Melloy, Dennis G. Lyons, Joseph M. Torregrossa, Christopher L. Gioia, Les Saltzman. Non perché siano famosi. Né probabilmente lo diventeranno. Ma sono importanti perché videro con i loro occhi, sentirono con le loro orecchie. Sono i primi esperti, sanno di che si tratta, portano i segni nei loro corpi. Tuttavia non furono ascoltati, nemmeno interrogati dalla Commissione. E se lo furono, le loro testimonianze vennero taciute o ignorate. Ci sono voluti 18 anni perché potessero trovare la forza e il coraggio di rendere pubblico, solennemente, quello che sanno. Ovviamente i grandi media americani e occidentali non diranno una parola di tutto ciò, ma questo non basterà per fermare la notizia. Non lo impedisce a noi in questo momento.Questi cinque testimoni, pompieri di New York, cittadini americani, si sono mossi dopo che il Comitato degli Avvocati per una nuova inchiesta sull’11 settembre è riuscito a far arrivare una precisa richiesta sul tavolo del procuratore del distretto Sud di New York, Geoffrey S. Berman. La richiesta era esattamente quella di riconoscere l’evidenza che il World Trade Center era stato preventivamente riempito di esplosivi, prima dell’arrivo degli aerei che colpirono due delle tre torri. Il fatto nuovo fu che l’ufficio del procuratore rispose (nel novembre scorso) riconoscendo che la petizione aveva il diritto di essere portata sul tavolo di un Gran Jury, cioè di fronte a un tribunale dello Stato. Il tempo passa, gli ostacoli ci sono e cresceranno, i ritardi si accumuleranno. Ma adesso ci sono testimoni e esperti che dichiarano pubblicamente di voler sostenere «ogni sforzo di altre istituzioni governative che vorranno investigare e scoprire la verità – che continua a essere ostacolata – sugli eventi di quell’orribile giorno».Così dice la risoluzione dei pompieri di New York, contea di Nassau. Il commissario Gioia ha detto: «Noi siamo il primo distretto che approva questa risoluzione. Non saremo gli unici». Ma allora risorge potente un interrogativo: chi piazzò quelle cariche esplosive nelle tre torri? Chi poteva condurre in porto una tale operazione? Non certo i 19 terroristi “islamici” che sarebbero stati (e non c’erano) a bordo degli aerei. Ci volevano squadre di specialisti ben protetti, per farlo. Tutte cose di cui la commissione ufficiale neppure si è occupata, negando poi l’esistenza “inoppugnabile” delle esplosioni dal basso, che precedettero e accompagnarono i crolli. Dunque la commmissione ufficiale ha mentito. Ricordiamo che a capo dell’Fbi in quel momento c’era (pura coincidenza?) colui che è al centro dell’inchiesta sul Russiagate, Robert Mueller.(Giulietto Chiesa, “11 Settembre, le torri del Wtc erano minate? Una commissione di vigili del fuoco lo sostiene e per me è giusto ascoltarli”, dal “Fatto Quotidiano” del 18 agosto 2019. Fonte: “Global Research”, “Call for New 9/11 Investigation: New York Area Fire Commissioners Make History”).Il 24 luglio scorso, 18 anni dopo la tragedia dell’11 Settembre a New York, nel silenzio totale dei grandi media americani (e italiani), cinque uomini non “qualunque” si sono riuniti nel distretto di Piazza Franklin e Munson, a un passo dal Queens di New York, per approvare, all’unanimità, una risoluzione. Il cui testo proclama l’«incontrovertibile evidenza» del dato che «esplosivi preventivamente collocati» all’interno delle «tre torri» del World Trade Center, «ne hanno provocato la distruzione». Chiunque abbia seguito un poco le polemiche che da 18 anni ruotano attorno alla spiegazione dell’11 settembre 2001, si renderà conto immediatamente che una tale dichiarazione cancella in un colpo solo l’intero impianto della inchiesta ufficiale, contenuta nel famigerato “9/11 Commission Report”. Dunque è importante sapere chi sono questi cinque uomini. Sono i membri della Commissione dei vigili del fuoco del distretto di piazza Franklin e Munson: un distaccamento di “volontari” (come lo sono i pompieri americani) che subì gravi perdite mentre portava aiuto nei primi momenti del dramma. I pompieri della contea di Nassau che morirono nelle torri furono 24, ai quali si aggiunsero quattro residenti nel quartiere.
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Torri Gemelle minate con l’atomica: previsto dagli anni ‘60
«Nessuno riuscirà mai a farmi dire che cosa, esattamente, abbia fatto crollare le Torri Gemelle: sarebbe troppo facile smentirmi, se parlassi di un esplosivo piuttosto che di un altro. Potrei sbagliarmi, e così si metterebbe a tacere la verità sull’11 Settembre, cioè la “demolizione controllata” delle Twin Towers». Lo ripete Massimo Mazzucco, autore di documentari come “La nuova Pearl Harbor”, che rivelano le menzogne diffuse sull’attentato più importante della nostra storia (menzogne che Mazzucco ha riassunto in un magistrale video, appena pubblicato su YouTube). Ma c’è dell’altro che ora emerge, a 17 anni dalla strage di Manhattan costata quasi tremila vittime. Sapevate, per esempio, che il World Trade Center era previsto che fosse “minato” alle fondamenta fin dalla sua costruzione? Niente di strano, o di segreto: era richiesto espressamente dalle autorità di New York, preoccupate di poter comunque “smontare” i grattacieli, una volta divenuti ingombranti oppure obsoleti. Problema: le Twin Towers erano d’acciaio: resistenti agli esplosivi convenzionali. Per questo, le torri furono progettate in modo da essere “minate preventivamente” con ordigni atomici da 150 chilotoni. Chi lo dice? Dimitri Khalezov, all’epoca capo dell’intelligence nucleare sovietica. Ma, di nuovo, niente di eccezionale: a Mosca, la notizia fu semplicemente archiviata tra le news ordinarie della guerra fredda. Nessuno poteva immaginare che un giorno quelle torri sarebbero state fatte esplodere con dentro quasi tremila persone.A rilanciare le rivelazioni di Khalezov, autore di accurati studi sull’11 Settembre, è il blog “La Crepa nel Muro”. La versione dell’ex stratega russo è semplicemente sconvolgente: tutti (al Pentagono, al Cremlino) sapevano, da sempre, che le Twin Towers sorgevano su fondamenta predisposte per essere “minate” con potenti cariche termonucleari. E così anche il quasi altrettanto imponente Edificio 7, sempre in acciaio, crollato su se stesso senza neppure l’alibi dell’impatto con qualche aereo. «A fine anni ‘80 – scrive Khalezov – mi è stato comunicato che esisteva un cosiddetto “regime di demolizione nucleare di emergenza” costruito nelle torri gemelle del World Trade Center di New York». Lo schema di demolizione, aggiunge il russo, era basato su enormi cariche termonucleari di quasi 150 chilotoni, collocate a circa 50 metri sotto le fondamenta di ciascuna delle torri (cioè 70 metri sotto la superficie). Per l’esperto russo, nessuno aveva mai pensato di farle davvero esplodere, quelle cariche: era solo «un modo per evitare qualche problema burocratico». Ovvero: un sistema di demolizione nucleare come quello non doveva servire «per demolirle», ma semplicemente «per ottenere il permesso di costruirle».A quel tempo, infatti, il codice edilizio di New York (così come quello di Chicago) non permetteva al Dipartimento di Costruzioni di autorizzare l’edificazione di un grattacielo «a meno che il produttore non fornisse un modo soddisfacente, per il futuro o in caso di emergenza, di demolire un edificio di quella portata». Dalla fine degli anni ‘60 (quando il progetto delle Torri Gemelle era stato proposto), quel tipo di costruzione – con telaio in acciaio – rappresentava un concetto costruttivo completamente nuovo, «cosicché nessuno aveva idea di come trattarlo, in termini di demolizione». E visto che i metodi di demolizione convenzionali erano applicabili solo ai grattacieli più vecchi, in muratura, «qualcosa di nuovo era stato inventato per le robuste torri d’acciaio», in modo da convincere l’ufficio edilizo a concedere il permesso per costruire le formidabili, “inaffondabili” Twin Towers. «E questo “qualcosa” è stato senza dubbio inventato: la demolizione nucleare». Nessuno se ne stupì più di tanto, neppure a Mosca, visto che la “demolizione nucleare” è regolarmente prevista, dagli strateghi militari americani e russi, per abbattere in condizioni d’emergenza palazzi, infrastrutture, ponti e dighe. Quanto a New York, «nessuno poteva costruire un grattacielo che non potesse essere demolito in futuro: questo è il punto principale nella demolizione dei grattacieli».La ricostruzione di Khalezov, sottolinea “La Crepa nel Muro”, finisce per superare – di gran lunga – anche i peggiori sospetti avanzati dagli oltre tremila tecnici statunitensi (architetti e ingegneri) impegnati a smontare, prove alla mano, l’insostenibile verità ufficiale: mastodonti di acciaio non possono in nessun caso crollare, men che meno su stessi, per effetto dell’impatto con aerei di linea, leggerissimi. Di suo, Khalezov aggiunge le sue competenze in ambito militare: «Credere che un Boeing 767 di alluminio sia capace di penetrare il perimetro ed il nucleo di colonne eccezionalmente spesse, con doppia parete in acciaio, è lo stesso che credere che, improvvisamente, le leggi della fisica si siano prese una vacanza, quell’11 settembre 2001». Quei jet volavano a quasi 500 miglia orarie? Perfetto: pensare che un impatto di quel genere possa sfondare l’acciaio è semplicemente ridicolo, sostiene l’ex dirigente dell’arsenale nucleare sovietico. Che spiega: la velocità di un proiettile penetrante scagliato da un cannone anticarro è quasi il triplo della velocità del suono. Si tratta di almeno 1.000 metri al secondo, mentre la velocità di un Boeing è subsonica, cioè meno di 250 metri al secondo. E attenzione: i proiettili perforanti sono fabbricati con materiale più robusto della corazza che devono perforare: spesso questo materiale è il Wolfram, mentre gli Usa ricorrono generalmente al meno costoso Uranio-238.Domande: che tipo di arei hanno colpito le Torri Gemelle? E com’è possibile che siano stati “inghiottiti” dagli edifici, anziché finire disintegrati nell’impatto? Alcuni – tra cui Massimo Mazzucco – ritengono che i velivoli-bomba non fossero gli aerei di linea dirottati, ma altri. C’è chi ipotizza che i Boeing dell’11 Settembre fossero solo “immaginari”, mentre Kalezhov sostiene che sarebbero potuti penetrare nei grattacieli – senza frantumarsi sulle pareti esterne – grazie a simultanee brecce (secondo lui, evidenti) provocate da esplosivi convenzionali disposti sulle pareti. Ma la rivelazione centrale – largamente ignorata persino dalla “comunità alternativa” che non crede alla versione ufficiale – è proprio quella della “demolizione nucleare”. Eppure, scrive Khalezov, a suggerirla è lo stesso nome dell’area della tragedia: Ground Zero. Non è strano, si domanda il russo, che il luogo dove sorgevano le Twin Towers sia stato immediatamente ribattezzato in quel modo? Soltanto dopo l’11 Settembre, fa notare l’ex analista sovietico, i vocabolari hanno cominciato ad attribuire all’espressione Ground Zero anche altri significati, accanto a quello originario. E cioè: il punto in cui esplode un ordigno nucleare.Per il dizionario encliclopedico Webster’s, Ground Zero significa “punto, sulla superficie della terra o dell’acqua, direttamente sotto, o sopra, nella quale esplode una bomba atomica o all’idrogeno”. Oppure: “Zona Zero: punto nella terra, direttamente sotto l’esplosione di un’arma nucleare” (dizionario della terminologia militare, Peter Collins Publishing, 1999). Idem il dizionario americano Longman, del 2000: Ground Zero, “luogo dove una bomba nucleare esplode, dove succede il danno più grave”. Poi, dal 2001, i maggiori dizionari contemplano, per Ground Zero, anche l’altro significato: luogo del devastante attentato alle Torri Gemelle di New York l’11 Settembre. Sulla dinamica dell’esplosione – con la “misteriosa” fusione dell’acciaio anche nel sottosuolo, protrattasi per giorni e giorni – Dimitri Khalezov fornisce tutti i dettagli di cui è al corrente un ex stratega nucleare: il post su “La Crepa nel Muro”, con disegni e video, illustra nel modo più preciso la dinamica che si innesca quando viene adottato il protocollo denominato “demolizione nucleare”: come può cadere un grattacielo d’acciaio, in che modo si “scioglie”. L’importante, ribadisce Khalezov, è la si smetta di parlare del ridicolo impatto di quei fantomatici aerei d’alluminio, a cui nessuno – sano di mente – può credere.(Dimitri Khalezov è stato un alto funzionario incaricato della cosiddetta Unità Militare 46179, chiamata anche Servizio di Controllo Speciale del 12° Dipartimento del ministero della difesa dell’Urss, per gli addetti ai lavori “intelligence atomica”. Khalezov ha diretto l’unità militare segreta incaricata della rilevazione di esplosioni nucleari (compresi i test atomici sotterranei) di vari avversari dell’ex Urss, ed è stato anche responsabile del controllo e dell’osservazione di diversi trattati internazionali relativi ai test nucleari sperimentali. Dopo l’11 settembre 2001 ha condotto una ricerca approfondita, sostenendo di poter dimostrare che le Torri Gemelle furono demolite, insieme all’Edificio 7, dalle esplosioni di tre cariche termonucleari sotterranee, da cui il nome Ground Zero attribuito al punto della demolizione).«Nessuno riuscirà mai a farmi dire che cosa, esattamente, abbia fatto crollare le Torri Gemelle: sarebbe troppo facile smentirmi, se parlassi di un esplosivo piuttosto che di un altro. Potrei sbagliarmi, e così si metterebbe a tacere la verità sull’11 Settembre, cioè la “demolizione controllata” delle Twin Towers». Lo ripete Massimo Mazzucco, autore di documentari come “La nuova Pearl Harbor”, che rivelano le menzogne diffuse sull’attentato più importante della nostra storia (menzogne che Mazzucco ha riassunto in un magistrale video, appena pubblicato su YouTube). Ma c’è dell’altro che ora emerge, a 17 anni dalla strage di Manhattan costata quasi tremila vittime. Sapevate, per esempio, che il World Trade Center era previsto che fosse “minato” alle fondamenta fin dalla sua costruzione? Niente di strano, o di segreto: era richiesto espressamente dalle autorità di New York, preoccupate di poter comunque “smontare” i grattacieli, una volta divenuti ingombranti oppure obsoleti. Problema: le Twin Towers erano d’acciaio: resistenti agli esplosivi convenzionali. Per questo, le torri furono progettate in modo da essere “minate preventivamente” con ordigni atomici da 150 chilotoni. Chi lo dice? Dimitri Khalezov, all’epoca capo dell’intelligence nucleare sovietica. Ma, di nuovo, niente di eccezionale: a Mosca, la notizia fu semplicemente archiviata tra le news ordinarie della guerra fredda. Nessuno poteva immaginare che un giorno quelle torri sarebbero state fatte esplodere con dentro quasi tremila persone.
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Ground Zero, caccia all’uomo che filmò la verità
New York, 11 settembre 2001, la protezione civile interviene subito. Le Torri non sono state colpite ancora, ma loro, le squadre di soccorso sono lì “già da ieri”, 10 settembre, per una delle tante strane esercitazioni che punteggiano lo scenario della giornata destinata a cambiare il mondo. Alle squadre viene aggregato Kurt Sonnenfeld, un cameraman molto specializzato. Una storia pazzesca, la sua, che parte dai miasmi di Ground Zero, passa per un dramma terribile in Colorado e approda in un esilio a Buenos Aires. Una storia che in Italia è quasi ignota. Lui l’ha raccontata in un libro pubblicato in Argentina, El Perseguido, ossia “il perseguitato”.