Archivio del Tag ‘Carlo Cottarelli’
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Bizzi: aiuti Usa, ma solo se l’Italia torna alla democrazia?
Riuscirà Matteo Salvini a inceppare il programma sempre più spaventosamente repressivo del governo Draghi, magari costringendo Mattarella a mettere in piedi un Draghi-bis, dal respiro cortissimo in attesa delle elezioni anticipate e necessariamente limitato alla sola materia economica, quindi senza più l’autorità per imporre restrizioni legate alla campagna vaccinale? Se lo domanda Nicola Bizzi nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi” (di seguito, gli estratti testuali) interrogandosi sull’improvviso irrigidimento dell’ex capo della Bce: sembrava dovesse accingersi ad allentare la stretta, e invece ha evocato addirittura l’introduzione dell’obbligo vaccinale. Alludendo a fonti di intelligence, Bizzi (che vede nell’azione di Draghi l’ombra del Vaticano) riferisce di uno scontro che sarebbe avvenuto tra Palazzo Chigi e potenti entità finanziarie Usa, legate al Quantum Financial System, di cui si sa ancora pochissimo: il nuovo sistema di credito, vincolato al valore dell’oro, taglierebbe le unghie alla finanza speculativa. Ebbene: l’Italia avrebbe (per ora) rifiutato cospicui aiuti, visto che gli americani – secondo Bizzi – avrebbero preteso, in cambio, il ritorno alla democrazia e allo Stato di diritto, smantellando cioè l’intera narrativa Covid e i relativi decreti autoritari.
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Democrazia e liberazione: il memorabile 25 aprile 2020
Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Greta Thunberg, Giuseppe Piero Grillo detto Beppe, Romano Prodi, Vittorio Colao, Massimo D’Alema, Henry Kissinger, Giorgio Napolitano, Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Wolfgang Schäuble, Paolo Gentiloni, Eugenio Scalfari, Marco Travaglio, Antonio Di Pietro, Mark Carney, William Henry Gates III detto Bill, Giuliano Amato, Emmanuel Macron, Josè Maria Aznar, Matteo Renzi, Enrico Letta, Gianni Letta, Fabio Fazio, Dietlinde Gruber detta Lilli, Gerhard Schröder, Alexis Tsipras, Vittorio Grilli, Corrado Formigli, Ray Dalio, Milena Gabanelli, Jeff Bezos, Laurence Fink detto Larry, Ronald O’Hanley, Giovanni Floris, Elsa Fornero, Mortimer Buckley, John David Rockefeller, Federico Fubini, Antonio Martino, Marcello Dell’Utri, Beatrice Lorenzin, Virginia Raggi, Carlo Cottarelli, Carola Rackete, Franco Bassanini, Vittorio Grilli, Barack Hussein Obama.
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Guerra per la Terra: l’Italia e i poteri oscuri dietro al virus
Lo spettacolare, drammatico collasso dell’Italia farà crollare l’Ue, che è la succursale europea della tirannide finanziaria messa in piedi dal famigerato Deep State, statunitense ma in realtà mondiale. Previsioni di sapore quasi millenaristico, che si rincorrono da anni. A ignorarle (ma non è una notizia) è il mainstream media, che le notizie ha smesso di darle da un bel pezzo, preferendo la dose quotidiana di fake news ufficiali, governative. Due anni fa, quando nacque il precario e innocuo governo gialloverde – quasi una parodia, fatta di populismo parolaio e “sovranista” – il grande potere entrò in agitazione come se a Roma, anziché Di Maio e Salvini, avessero preso il potere Fidel Castro e Nelson Mandela. Volarono streghe: lo spread alle stelle e le pressioni su Mattarella, via Bce e Bankitalia, per silurare l’autorevole Paolo Savona (e per buon peso, anche le minacce mafiose del tedesco Günter Oettinger, «saranno “i mercati” a insegnare agli italiani come votare»). Bruxelles chiuse la porta in faccia ai “rivoluzionari” gialloverdi, che peraltro avevano osato chiedere soltanto spiccioli: bocciata persino la richiesta di un mini-deficit al 2,4%. Tradotto: vi negheremo i fondi per attuare le politiche che avete promesso.Al che, ritirata generale: i 5 Stelle si sfilarono subito da ogni impegno elettorale, e Salvini a sua volta ripiegò sul solo problema-migranti, permettendo così all’opposizione-fantasma (storicamente complice dell’eurocrazia post-democratica) di trasformare il leader della Lega nell’unico, vero problema italiano. Amnesie prodigiose: come se il consenso tributato inizialmente ai grillini, e poi il boom dell’ex Carroccio alle europee, non fossero dovuti all’esasperazione crescente, ma a una curiosa patologia psichiatrica dell’elettorato, curabile dalle Ong e dal Quirinale, da qualche magistrato, dalla professoressa Greta Thunberg e dalle Sardine prodiane. Poi, a cancellare tutto, è arrivato il maledetto coronavirus. Grillo e Di Maio s’erano già riallineati all’establishment, alleandosi con il Pd e votando Ursula von der Leyen alla guida della Disunione Europea a trazione anti-italiana. Ma, sotto la pressione dell’emergenza sanitaria, lo stesso Salvini s’è accodato alla linea “cinese” del massimo rigore: quarantena e coprifuoco per tutti, anche se la strage non accenna a ridursi. La polmonite indotta dal misterioso virus, forse prodotto in laboratorio (sotto gli occhi dell’Oms?), provoca infatti una carneficina, nell’Italia devastata dall’austerity: tagli da 37 miliardi firmati da Monti, drastica carenza di terapia intensiva e 70.000 posti letto in meno.L’ipocrisia nazionale trasforma in “eroi” i medici e gli infermieri – martiri al macello, senza protezioni e sfiniti dalle carenze di personale – mentre i servizi segreti avvisano Palazzo Chigi dell’altro pericolo: la possibili rivolte, innescate dalla rabbia popolare contro un governo che ha chiuso tutti in casa, disastrando l’economia, senza dare garanzie su come sopravvivere a una crisi che si annuncia eterna. Mentre in paesi come la Germania e il Regno Unito è il governo ad accreditare gli indennizzi direttamente sul conto corrente dei “reclusi ai domiciliari”, in Italia – un mese dopo il blocco – non s’è ancora visto un soldo: si lotta per prenotare i primi pietosi 600 euro, combattendo contro il server dell’Inps (andato subito in tilt, nemmeno fosse quello dell’ente previdenziale del Burundi). «Non è possibile che sia un caso, un disastro simile», sospetta l’avvocato Paolo Franceschetti a “Forme d’Onda”: «Proprio in questi giorni abbiamo regalato 50 milioni alla Tunisia». E’ solo l’infernale “lentocrazia” burocratica a inceppare tutto – mascherine, medicinali, fondi salva-vita?Non scherziamo, dicono ormai in molti: siamo di fronte a un piano preciso, che punta esattamente a far esplodere l’Italia (per poi far crollare l’intero sistema neoliberista, cominciando dall’Ue). Sempre su “Forme d’Onda”, lo storico Nicola Bizzi avverte: si stanno verificando, una dopo l’altra, quasi tutte le mosse annunciate – da tre anni – dalla misteriosa sigla Q-Anon, che il mainstream (persino in questi giorni di follia) continua a ridicolizzare, come fosse una semplice barzelletta complottistica. La tesi di Q-Anon: si starebbe dispiegando una controffensiva storica, mondiale, contro il sistema che ci ha portati a questo, cioè a crepare di polmonite (in mancanza di rianimazione), mentre la micidiale eurocrazia nega all’Italia persino gli aiuti alimentari per non impazzire di angoscia, chiusi in casa come topi, «grazie a decreti che lo stesso Conte, fine giurista – secondo Franceschetti – sa benissimo che sono sgangherati e incostituzionali».L’Italia è sprangata: serrande abbassate in ristoranti e negozi, aziende ferme, tribunali chiusi, Parlamento vuoto, governo sbaraccato. Tu chiamalo, se vuoi, colpo di Stato? Di questo si accusa Orban, che però ha avuto almeno il via libera del Parlamento ungherese. Da noi, invece, nessuna legittimazione esplicita. E’ Conte a gestire in solitudine lo stato d’eccezione, i famosi “pieni poteri” che fecero gridare al golpe quando a evocarli fu l’improvvido Salvini. Domanda: chi c’è, dietro a Conte? «Lo stesso network vaticano che gestì Andreotti, allora guidato dal cardinale Achille Silvestrini», sostiene Fausto Carotenuto, allievo di Mino Pecorelli e a lungo analista dell’intelligence. E il Vaticano che fa? Tace, per ora: silenzio assordante. Da che parte sta, il grande potere (finanziario) che Gianluigi Nuzzi chiama Vaticano SpA? Cosa c’e, esattamente, dietro alla solitudine siderale di Papa Francesco? E’ lo stesso Bizzi a parlare del Vaticano, citando il formidabile libro-denuncia “L’altra Europa”, in cui Paolo Rumor (nipote del più volte premier Mariano Rumor) racconta che suo padre, Giacomo, allora plenipotenziario della Santa Sede su incarico di monsignor Montini, futuro Paolo VI, trattò in segreto – mentre ancora infuriava la Seconda Guerra Mondiale – il ridisegno dell’Europa post-nazifascista, con già ben chiaro il progetto dell’attuale, oligarchica Unione Europea.«Realizzeremo il sogno di Comenio», si dicevano i grandi architetti occulti del futuro, sapendo in anticipo che fine avrebbero fatto Hitler e Mussolini. «Comenio visse nel Cinquecento», fa notare Franceschetti: «E’ evidente che una costruzione come l’Ue non si improvvisa in pochi decenni, viene da lontanissimo. Rumor, citando le carte le padre, parla di un’unica reggenza addirittura dinastica, chiamata “La Struttura”, che gestirebbe il mondo in modo ininterrotto, da migliaia di anni». Per questo, conclude Franceschetti, è altamente improbabile che una soluzione alla crisi attuale – resa esplosiva dalla pandemia – venga risolta dalla politica “visibile”. Logico dedurre che lo spettacolo a cui stiamo assistendo (inclusa la crocifissione dell’Italia, senza nessuna anestesia europea) sia il frutto di una colossale operazione planetaria di manipolazione. Una chiave interpretativa la fornisce, a “Border Nights”, un osservatore eretico come Alessandro Sieni, disposto a credere alla narrazione di Q-Anon: ipotetici militari “lealisti” del Pentagono, pretoriani di Trump «impegnati a “bonificare” il pianeta dalla vera infezione mortale, il dominio criminale dell’élite finanziaria, col suo corredo di depravazione: in pochi hanno capito la portata del decreto presidenziale straordinario con cui la Casa Bianca ha trasformato la pedofilia in un problema di “sicurezza nazionale”, un pretesto che a Trump conferisce poteri straordinari».Secondo Sieni, in questi tre anni una parte dell’intelligence militare avrebbe messo insieme non meno di 28.000 dossier. Obiettivo: disarticolare la “piovra” che, da quarant’anni, si è impadronita del mondo. Alleati strategici: paesi come la Russia di Putin, che in Italia (contro il Covid-19) ha inviato aiuti imbarcati su 14 aerei – numero che fa pensare al 14 Luglio francese, la rivoluzione. Fantasie? Non per Sieni: aprite gli occhi, è il suo invito. La spiegazione: «E’ stato il nemico a scatenare il virus, e la rete di Q-Anon ne ha approfittato per ribaltare la situazione». In altre parole: volete la guerra? Bene: useremo contro di voi proprio quei poteri speciali che ora ci costringete ad adottare, e così trasformeremo lo sconquasso mondiale della “vostra” pandemia in un’occasione storica per sbarazzarci di voi parassiti, ridefinendo le regole della politica, dell’economia e della finanza. «Lo stress inflitto all’Italia farà saltare questa Europa, ora che gli italiani vedono finalmente di cosa è capace», aggiunge Sieni. «Ma il primo obiettivo sono i grandi media, principale braccio operativo del potere criminale che tuttora ci domina. E la strategia di Q-Anon è chiara: dissimulare, confondere, non far capire chi sta con chi, né quale sarà la prossima mossa». Facile, da noi: per un anno e mezzo, alle televisioni è bastato fare a pezzi Salvini, a reti unificate, mentre ora è l’Unione Europea a fare a pezzi l’Italia, in mondovisione.Comunque, se così fosse, a vincere non sarebbero “i buoni”, avverte Bizzi: domani, finita la tempesta, potremmo trovarci a fare i conti con “i meno peggio”. Come Mario Draghi, per esempio, che ha clamorosamente disertato dalle fila del grande potere neoliberista: rinnegando la sua stessa storia, oggi si è schierato dalla parte dei keynesiani, intenzionati a distruggere il monopolio privatistico della moneta, causa di ogni male. Lo dimostra la nuda verità del virus: in quanti sarebbero davvero morti di polmonite, se per ogni paziente fosse stato disponibile un letto in terapia intensiva? Di male in peggio: «C’è chi sogna di trasformare l’emergenza sanitaria in una condizione permanente: questa nuova aberrante normalità, mostruosa come il dispotismo di Pechino, relegherebbe la nostra vita in un limbo senza più libertà». E’ la tesi di Gioele Magaldi, che nel bestseller “Massoni” ha svelato le trame della supermassoneria reazionaria, che nel 1975 – attraverso la Trilaterale – avviò la compressione progressiva dei diritti. In Europa siamo arrivati alla post-democrazia dell’Ue. E ora il terrorismo di massa innescato dal coronavirus punta a fare della Cina un modello per l’Occidente: il paradiso degli oligarchi.E’ contro questo incubo distopico, drammaticamente reale nelle sue premesse che si vanno dispiegando, che si è mossa – al contrattacco – quella che Bizzi chiama «la fazione ostile alla Cabala del coronavirus, la “mafia khazariana” che vorrebbe un nuovo ordine mondiale definitivo, targato Rothschild». Magaldi preferisce parlare di superlogge, e avverte: «Ha rotto il silenzio politico persino Bob Dylan, col suo messaggio in codice del 27 marzo. La canzone “Murder Most Foul” parla di Kennedy, evocato contestualmente all’emergenza coronavirus». Come dire: dietro al dramma sanitario c’è la peggior politica. Magaldi, che milita nella supermassoneria progressista, fa una rivelazione clamorosa: «E’ giunto il momento di dare ufficialmente la notizia: anche Bob Dylan è un massone progressista, e non è per nulla casuale la sua scelta di parlare, oggi, dell’omicidio di John Kennedy, proprio mentre Mario Draghi, sul “Financial Times”, annunciava la necessità di cambiare le regole del mondo, gettando a mare 40 anni di “dittatura” finanziaria neoliberista». Aggiunge Magaldi: «Nulla, in questi giorni, avviene per caso». Parole consonanti con quelle che lo stesso Dylan ha scritto sul sito Internet: tenete gli occhi aperti, e mettetevi al riparo. E’ davvero in corso una specie di “guerra dei mondi”, per il controllo della Terra?Si fa un gran parlare di alieni, da quando – mesi fa – la Us Navy ha sdoganato ufficialmente gli Ufo. A “Border Nights”, Tom Bosco riferisce di voci che parlano di strane apparizioni, nei cieli: sciami di luci, bagliori. «Qualche anno fa – ricorda Franceschetti – la Russia ha cambiato improvvisamente la dicitura che compare sui suoi velivoli militari: non più “forze aeree”, ma “forze aerospaziali russe”». L’altro ieri, in modo altrettanto strano, Trump ha varato la sua “Space Force”. «La sua funzione – profetizza Sieni – emergerà col tempo: oggi, nessuno accetterebbe la spiegazione». L’ipotesi: quello che avviene sulla Terra è il riflesso di uno scontro extraterrestre? Il biblista Mauro Biglino non deride certo le tesi della paleostranutica. E ricorda: «Autori antichi, tra cui Giuseppe Flavio e lo stesso Tacito, hanno parlato di battaglie tra “carri celesti” nei nostri cieli, da Gerusalemme all’Umbria». Cos’erano, Ufo dell’antichità? Nel 1200, il fenicio Sanchuniathon – accreditato da Eusebio di Cesarea, Padre della Chiesa, tramite Filone di Biblo – scrive che gli dei dell’epoca non erano affatto incorporei, ma presenti tra noi in carne e ossa: sono state poi le religioni a velarne l’identità, spiritualizzandoli, dopo la loro scomparsa. Domanda: abbiamo quindi scambiato per divinità quelli che erano antichi astronauti, giunti sul nostro pianeta per impiantare un potere terrestre? Dunque sarebbero ancora loro, a svolazzare sulle nostre teste?Monsignor Loris Capovilla, cameriere segreto di Giovanni XXIII, raccontò che lui e Roncalli si imbatterono in un disco volante, atterrato nel parco di Castel Gandolfo nell’estate del 1961. Dall’astronave sbarcò un individuo in tutto simile a noi, che si appartò col pontefice. Dopo l’addio e il decollo del velivolo, il Papa andò incontro a Capovilla, rimasto in disparte, terrorizzato. «Il Papa era commosso. Mi disse solo questo: i fratelli dello spazio sono dappertutto». Sempre ai cieli guardano gli studiosi di astrologia – quelli che esaminano i cicli celesti, non gli autori degli oroscopi televisivi. «L’attuale configurazione planetaria – dice Bizzi – coincide, in modo sconcertante, con quella che si configurò durante la peste di Firenze all’epoca di Dante e poi durante la peste manzoniana di Milano, nel ‘600». Lo stesso Magaldi, a “Border Nights”, avverte: «Nel 2024, Plutone entrerà in Acquario e ci resterà per vent’anni: esattamente come per lo straordinario periodo che, nel Settecento, si aprì con la Rivoluzione Francese e si concluse con la Rivoluzione Americana». Due eventi da niente, che hanno plasmato il mondo in cui viviamo oggi.Fake news spaziali? Impossibile che ne parlino i Mentana, le Gruber e tutto il mainstream che sguazza tra le bufale terrene, ipnotizzando l’audience con pseudo-notizie e polemichette irrilevanti, parrocchiali, fino all’impudenza lunare dei Fazio, dei Floris, che ancora danno la parola agli zombie di ieri, i Bersani e i Cottarelli, le Fornero, le Marie Antoniette rinchiuse nei loro palazzi. Salvo il fatto che, “grazie” al virus, non stia per collassare anche il sistema delle news: su La7, è l’europeista Cacciari a prendere atto che, ormai, questa Unione Europea è indifendibile. E se lo dice persino Cacciari, figurarsi. Mancano le parole – le sintassi – ogni volta che il mondo precipita in una crisi sistemica. Crollano le narrazioni, di fronte all’enormità inesorabile che sta inghiottendo gli italiani. Toccherà a loro, dunque, il battesimo del fuoco? Sarà l’Italia, cioè, la trincea politica destinata a fare da detonatore, smascherando l’impostura finanziaria dell’Ue, a sua volta specchio (spietato) del sistema “usuraio” che ha sventrato la Terra negli ultimi decenni? La vita umana al servizio della tecno-finanza: salterà tutto, davvero, per via dello choc devastante provocato da uno strano virus dotato di “corona”? Ancora non si sa da dove venga, ma forse avrà il sadico potere di svegliare milioni di dormienti. Scopriremo, un giorno non lontano, che nella primavera del 2020 si svolse dietro le quinte una battaglia inimmaginabile, destinata a rivoluzionare la Terra?Lo spettacolare, drammatico collasso dell’Italia farà crollare l’Ue, che è la succursale europea della tirannide finanziaria messa in piedi dal famigerato Deep State, statunitense ma in realtà mondiale. Previsioni di sapore quasi millenaristico, che si rincorrono da anni. A ignorarle (ma non è una notizia) è il mainstream media, che le notizie ha smesso di darle da un bel pezzo, preferendo la dose quotidiana di fake news ufficiali, governative. Due anni fa, quando nacque il precario e innocuo governo gialloverde – quasi una parodia, fatta di populismo parolaio e “sovranista” – il grande potere entrò in agitazione come se a Roma, anziché Di Maio e Salvini, avessero preso il potere Fidel Castro e Nelson Mandela. Volarono streghe: lo spread alle stelle e le pressioni su Mattarella, via Bce e Bankitalia, per silurare l’autorevole Paolo Savona (aggiungendo, per buon peso, anche le minacce mafiose del tedesco Günter Oettinger, «saranno “i mercati” a insegnare agli italiani come votare»). Bruxelles chiuse la porta in faccia ai “rivoluzionari” gialloverdi, che peraltro avevano osato chiedere soltanto spiccioli: bocciata persino la richiesta di un mini-deficit al 2,4%. Tradotto: vi negheremo i fondi per attuare le politiche che avete appena promesso.
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Soldi gratis: il mondo vuole la Mmt, e l’Italia ignora Draghi
Finire impiccati dagli interessi passivi sul debito pubblico: succede, se si impedisce allo Stato di rimediare, emettendo liquidità a costo zero. Non a caso, l’Italia è in avanzo primario da decenni: in termini di servizi, lo Stato spende meno di quanto incassi dai cittadini sotto forma di tasse. E allora perché nessuno dà retta a Mario Draghi, che nella sua ultima esternazione da presidente della Bce ha evocato il ricorso alla Modern Money Theory di Warren Mosler, cioè il finanziamento teoricamente illimitato da parte dello Stato mediante immissione di liquidità? Se lo domandano Paolo Becchi e Giovanni Zibordi su “Milano Finanza”, ricordando che la Mmt è oggi sostenuta persino da Jan Hatzius, capo-economista di Goldman Sachs, e da Stefanie Kelton, “mente” economica del candidato democratico Bernie Sanders. Con Trump, il debito pubblico Usa aumenterà di altri 1.200 miliardi di dollari, sforando i 23.000 miliardi, proiettando l’America nel decimo anno consecutivo di espansione «senza avere problemi di inflazione o di debolezza del dollaro». Il debito del Giappone rappresenta il 250% del Pil, e Tokyo ha appena lanciato un altro piano di espansione fiscale, con tassi d’interesse vicini allo zero, «continuando a smentire gli economisti che si preoccupavano del livello del suo debito pubblico».Anche nell’Eurozona si è “stampato moneta”, ricordano Becchi e Zibordi, nel senso che la Bce ha triplicato il suo bilancio (da 1.300 a 4.700 miliardi in pochi anni) comprando più di un terzo dei titoli di Stato sul mercato, e finanziando banche italiane e spagnole che a loro volta ne hanno comprati. «Il risultato è stato che i tassi di interesse sono scesi più o meno a zero o persino sotto zero, e il mercato e lo “spread” è stato addomesticato». A livello globale il debito pubblico negli ultimi dieci anni è più che raddoppiato, aggingono i due analisti, ma i tassi d’interesse sono scesi ai livelli più bassi della storia: un risultato che è più in accordo con la Mmt che con i testi di macroeconomia più diffusi. «La tesi centrale di Warren Mosler è appunto che la politica ottimale sarebbe non emettere titoli di Stato (Treasury o Btp) e tenere i tassi a zero», riassumono Becchi e Zibordi. «I deficit verrebbero finanziati con un misto di finanziamento da parte della banca centrale ed emissione di titoli a breve come i Bot o i T-Bills a cui applicare un limite di rendimento molto basso (0,5% ad esempio)». Da settembre, la Fed sta comprando 60 miliardi di T-Bills al mese, aiutando (pur senza ammetterlo, e dando una motivazione diversa) a finanziare gli enormi deficit pubblici Usa. E non è un caso che Trump le chieda insistemente di portare i tassi a zero.Negli ultimi anni, archiviato l’orrore della Grecia – paese svenduto, licenziamenti in massa, stipendi dimezzati e pensioni decurtate, ospedali senza medicine per i bambini – negli ultimi anni «il mondo assomiglia più a quello che descriveva la Mmt che a quello dei Cottarelli & Company, per i quali invece l’aumento del debito pubblico porta a rischi di default e, se monetizzato, porta a inflazione e svalutazione senza freni». Quello che è stato vietato alla Grecia (e che avrebbe salvato la società allenica, che oggi ha “i conti in ordine” e quindi la peggiore economia europea) viene invece praticato largamente: si smette di considerare lo Stato “una famiglia” e si torna alla verità, cioè alla funzione salvifica del potere di emissione monetaria a costo zero. «Se ora applichiamo la Mmt alll’Italia – scrivono i Becchi e Zibordi su “Milano Finanza” – dobbiamo ricordare che dai primi anni ‘80 lo Stato ha pagato in totale 4.000 miliardi di interessi su Bot, Cct e Btp, per cui si può senz’altro dire che il debito pubblico, di 2.300 miliardi, sia dovuto solo agli interessi cumulati», e dunque «ad un caso, se vogliamo, di “macro-usura”». Se l’Italia avesse applicato la ricetta Mmt di finanziare in parte tramite la banca centrale e in parte con Bot a rendimento limitato – aggiungono i due analisti – avrebbe potuto risparmiare qualcosa come 3.000 miliardi di interessi ed evitare l’austerità, cioè gli “avanzi primari” a cui è obbligata dal 1995.E’ curioso, continuano Becchi e Zibordi, che si finga di non vedere che a salvare il mondo occidentale da una crisi sistemica (e non solo quello, perché la Cina ha aumentato da 7.000 a 40.000 miliardi di dollari i suoi aggregati monetari) sia stato il massiccio intervento di creazione di moneta. Solo la povera Italia, dopo la Grecia, deve restare esclusa dalla soluzione che tutto il mondo pratica da tempo? Dal 1862 al 1980 lo Stato italiano ha finanziato il 54% dei suoi deficit con moneta emessa dalla banca centrale. «Il cuore del problema è la famigerata creazione di moneta da parte dello Stato, che nel mondo moderno è affidata alla banca centrale quando finanzia i deficit pubblici». Un raddoppio dei debiti pubblici nel mondo come quello occorso dalla crisi di Lehman in poi, finanziato in parte da creazione di moneta della banca centrale, «non ha avuto conseguenze negative, anzi: ha consentito di salvare i sistemi bancari e aumentare la spesa (fuori dall’Eurozona), riducendo le tasse e quindi sostenendo l’economia. «Se si guarda a Spagna e Francia, che hanno raddoppiato il debito pubblico dal 2007 tenendo deficit elevati, si vede che hanno potuto riprendersi molto meglio dell’Italia», che invece «ha continuato a tassare più di quello che spendeva».I 60 o 70 miliardi di interessi l’anno, infatti, «ritornavano solo in piccola parte alle famiglie», per cui il deficit del 2% medio italiano, in realtà, «non stimolava l’economia», e le tasse, comunque, «finivano per aumentare sempre». In più, «il vincolo di bilancio ha impedito allo Stato di intervenire a sostegno delle banche italiane in crisi dopo il 2008», come invece è accaduto negli altri paesi. E così, si è lasciato che si tagliasse in modo indiscriminato il credito alle imprese italiane (-25% in dieci anni). «La soluzione – scrivono Becchi e Zibordi – è invece proprio quella di andare avanti sulla strada della monetizzazione del debito, come ha fatto il Giappone dove la banca centrale ne possiede oggi il 44% e una cifra pari al 100% del Pil nipponico». Da trent’anni il Sol Levante ha altissimi deficit primari, «perché ha tenuto la tassazione molto più bassa di noi», e così «il reddito pro capite giapponese è aumentato quanto quello medio dell’Eurozona, mentre il nostro è collassato del -7% dal 2007». Dopo trent’anni (e dopo aver pagato 4.000 miliardi di interessi sui titoli di Stato), secondo Becchi e Zibordi è insensato non ricorrere alla Mmt: significa «continuare a paralizzare per sempre il popolo italiano». Servirebbe «una soluzione una tantum per monetizzare parte di questo debito, che è poi quello che, sotto false spoglie, sta facendo Bankitalia, che ha ora 400 miliardi di debito pubblico».La Mmt, concludono i due analisti, ha il pregio di inquadrare questa soluzione in una teoria della moneta moderna in cui la politica ottimale sarebbe quella di non emettere più Btp, e di finanziare i deficit per metà tramite la banca centrale e per metà con Bot a tasso prefissato. «Un’altra possibilità è emettere debito permanente a cui dare la caratteristica di moneta, cioè tramite cui consentire al pubblico di spendere come da un conto corrente». Attenzione: i Btp decennali non sono sempre esistiti; sono un’invenzione recente, dei primi anni ‘90, e avevano lo scopo di attirare investitori e banche straniere sul nostro debito, che all’epoca era in mano alle famiglie e alle banche (pubbliche) italiane. «Bisogna riconoscere che è stato un errore estromettere le famiglie italiane e affidarsi al mercato estero, anche se non si vuole ammetterlo nonostante l’evidenza delle banche centrali che sono costrette a stampare moneta per ritirare dal mercato titoli, sia in Europa, che in America che in Giappone». La Mmt di Mosler? «Aveva previsto quello che è successo negli ultimi dieci anni». La sua teoria «aiuta a capire che si può uscire dalla paralisi attuale tornando a dare allo Stato il controllo del suo finanziamento». In tutto il mondo, oggi, si discute finalmente della Modern Money Theory, «e persino Draghi l’ha presa in seria cosididerazione». In Italia, invece, «se ne parla solo per screditarla». Nel 2018, Mattarella stoppò Paolo Savona perché, secondo il capo dello Stato, “i mercati” non lo avrebbero gradito, al ministero dell’economia. Eppure, con la Mmt, i “mercati” di cui parla Mattarella – i signori dello spread – sarebbero fuori gioco: neutralizzati dall’emissione di moneta.Finire impiccati dagli interessi passivi sul debito pubblico: succede, se si impedisce allo Stato di rimediare, emettendo liquidità a costo zero. Non a caso, l’Italia è in avanzo primario da decenni: in termini di servizi, lo Stato spende meno di quanto incassi dai cittadini sotto forma di tasse. E allora perché nessuno dà retta a Mario Draghi, che nella sua ultima esternazione da presidente della Bce ha evocato il ricorso alla Modern Money Theory di Warren Mosler, cioè il finanziamento teoricamente illimitato da parte dello Stato mediante immissione di liquidità? Se lo domandano Paolo Becchi e Giovanni Zibordi su “Milano Finanza“, ricordando che la Mmt è oggi sostenuta persino da Jan Hatzius, capo-economista di Goldman Sachs, e da Stephanie Kelton, “mente” economica del candidato democratico Bernie Sanders. Con Trump, il debito pubblico Usa aumenterà di altri 1.200 miliardi di dollari, sforando i 23.000 miliardi, proiettando l’America nel decimo anno consecutivo di espansione «senza avere problemi di inflazione o di debolezza del dollaro». Il debito del Giappone rappresenta il 250% del Pil, e Tokyo ha appena lanciato un altro piano di espansione fiscale, con tassi d’interesse vicini allo zero, «continuando a smentire gli economisti che si preoccupavano del livello del suo debito pubblico».
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Cile, miracolo economico privatizzato (e violenza di Stato)
Lo stipendio medio di un cileno non arriva ai 350 euro mensili, mentre in poco tempo il biglietto della metro è quadruplicato, arrivando a costare 1 euro (come da noi). La crisi che sta attraversando il Cile in questi giorni non si può racchiudere tutta nei due numeri appena citati, però rendono bene l’idea del “miracolo” economico liberista in Sudamerica. Non so voi, ma a me ogni volta che discuto di economia latinoamericana, viene rifilata la solita manfrina del virtuoso Cile, nazione che al contrario degli altri paesi sudamericani avrebbe abbracciato la libera economia di mercato con continuità. “E’ il paese più stabile del Sudamerica”; “almeno in Cile non ci sono sacche di socialismo reale”; “in Cile sembra di stare in Europa”. Queste, più o meno, le considerazioni che sentiamo ripetere da anni. Di solito, vengono pronunciate come considerazioni di tipo politico, magari riferite al dittatore Pinochet, ai diritti umani, alla tortura e all’amicizia del caudillo cileno con l’utraliberista inglese Margaret Thatcher. In altre parole, se tutti riconoscono in Pinochet un dittatore, molti sono pronti ad attenuarne le responsabilità giocandosi la carta del “miracolo” economico del Cile, della crescita del Pil a ritmo del 6 per cento annuo.Nelle immagini di questi giorni, con le autoblido dei carabineros che si accaniscono sulla folla spappolando i femori dei manifestanti, abbiamo finalmente modo di accorgerci di questo “miracolo” con i nostri occhi. Occhi che almeno in Europa continuiamo a preservare, mentre secondo le testimonianze di Santiago i manifestanti perdono l’uso della vista a causa dei lacrimogeni. Le donne che vanno in pensione, nella stragrande maggioranza, non arrivano ai 250 euro mensili, mentre gli uomini pochi centesimi di più. Ma non è tanto questo: in molti paesi del Sudamerica gli stipendi sono questi o anche più bassi, ma è la sproporzionalità col costo dei servizi e l’abuso del credito a fare la differenza, e ciò accade perchè i servizi essenziali in Cile – contrariamente ad altre parti del Sudamerica – sono privati, non pubblici. Ecco allora che la situazione (tremenda!) di Cuba, dove gli statali hanno uno stipendio mensile che non arriva ai 30 euro al mese, può apparire persino migliore di quella cilena. All’Avana un biglietto di sola andata costa 8 centesimi e l’abbonamento mensile dei trasporti 2 euro; quindi la situazione non è migliore del Cile, ma almeno a Cuba l’accesso a scuola e sanità sono gratuiti, mentre sotto il regime di Piñera, no.In Cile, in questi anni, la gente comune è andata avanti facendo debiti con le banche, anche solo per fare la spesa al supermercato: altro che crescita del Pil al 6 per cento! In Cile, comunque, la protesta sul costo dei servizi era iniziato tranquillamente, ma la polizia, in solito stile Sudamericano, si è comportata in modo terrificante, come se un banale flash-mob fosse sinonimo di colpo di Stato. Ma come già detto non è solo una questione di trasporti. La situazione antidemocratica del Cile si trascina ormai da decenni. In buona sostanza, dopo l’omicidio di Salvador Allende, cos’è successo in Cile da un punto di vista pratico (cioè senza scomodare grafici e tabelle)? Che Pinochet ha creato due paesi diversi: uno per i ricchi, ed uno per i poveri. In quello per i poveri, se ti ammali, puoi tanquillamente crepare prima di essere curato. Se, invece, appartieni alla classe ricca, allora puoi permetterti un servizio privato e salvarti. Non è difficile da capire. Non occorre scomodare la curva di Laffer, le supercazzole di Michele Boldrin, la scuola austriaca, Polanyi, Cottarelli, Esa Fornero e Carlo Marx. Il liberismo è questa roba qua. E solo un cretino o una persona in malafede non lo vuole capire. Spesso, tuttavia, cretinismo e disonestà intellettuale coincidono.(Massimo Bordin, “Il ‘miracolo’ economico del Cile”, dal blog “Micidial” del 22 dicembre 2019).Lo stipendio medio di un cileno non arriva ai 350 euro mensili, mentre in poco tempo il biglietto della metro è quadruplicato, arrivando a costare 1 euro (come da noi). La crisi che sta attraversando il Cile in questi giorni non si può racchiudere tutta nei due numeri appena citati, però rendono bene l’idea del “miracolo” economico liberista in Sudamerica. Non so voi, ma a me ogni volta che discuto di economia latinoamericana, viene rifilata la solita manfrina del virtuoso Cile, nazione che al contrario degli altri paesi sudamericani avrebbe abbracciato la libera economia di mercato con continuità. “E’ il paese più stabile del Sudamerica”; “almeno in Cile non ci sono sacche di socialismo reale”; “in Cile sembra di stare in Europa”. Queste, più o meno, le considerazioni che sentiamo ripetere da anni. Di solito, vengono pronunciate come considerazioni di tipo politico, magari riferite al dittatore Pinochet, ai diritti umani, alla tortura e all’amicizia del caudillo cileno con l’utraliberista inglese Margaret Thatcher. In altre parole, se tutti riconoscono in Pinochet un dittatore, molti sono pronti ad attenuarne le responsabilità giocandosi la carta del “miracolo” economico del Cile, della crescita del Pil a ritmo del 6 per cento annuo.
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Mazzucco: dacci oggi il nostro anestetico quotidiano, il Tg
E’ vero che nel Paese della Libertà ci sono decine di reti televisive teoricamente indipendenti e commerciali. Ma anche l’informazione locale – in ogni Stato della confederazione più potente del mondo – fa comunque capo agli unici 4 grandi network che dispensano il Vangelo secondo il Potere. Lo ricorda Massimo Mazzucco, nella sua video-chat settimanale con Fabio Frabetti di “Border Nights”: gli Usa non sfuggono alla legge delle news precotte dal medesimo, supremo cervello. «Puoi guardare la Tv dell’Alabama o quella del Wisconsin, ma il risultato è lo stesso: per le notizie nazionali e internazionali, ascolterai addirittura le stesse parole, le stesse espressioni, come se i dispacci fossero stati fotocopiati». Succede anche in Italia, ovviamente: «Se segui un telegiornale e poi l’altro, in parallelo – Rai, Mediaset, La7 – scopri che le prime sette notizie sono sempre uguali, recitate nello stesso modo. A cambiare è solo la nota di colore, in coda: il gattino salvato dai pompieri». Risultato: «Il telegiornale è un grande anestetico: ti dà l’illusione di avere il controllo di quello che succede. Anche se ovviamente non è vero, ti convince di essere messo al corrente dell’essenziale».Non è neppure il caso di demonizzare sempre i giornalisti, avverte Marcello Foa nel saggio “Gli stregoni della notizia”: per come è costruita oggi l’industria dell’informazione, dall’alto verso il basso, le redazioni non riescono a uscire dal “frame” imposto loro, a monte, dagli spin doctor governativi. Autocensura spontanea, preventiva e sistematica: «I primi a praticarla – ricorda Mazzucco – sono i direttori: non sarebbero su quelle poltrone, se uscissero dal seminato». In pratica, ogni notizia deve restare recintata nella sua precisa, rassicurante cornice tematica: inammissibile fare collegamenti trasversali, deduzioni, analisi vere e proprie. Un’omissione ormai storica, secondo il severo giudizio del Premio Pulitzer statunitense Seymour Hersh, che oggi licenzierebbe 9 colleghi su 10. Motivo: «Se non avessero smesso di fare il loro mestiere, in questi anni avremmo seppellito meno vittime innocenti: troppe guerre, protette da menzogne non smascherate dalla stampa». Bugie ufficiali, silenzi omertosi: le agenzie di informazione (giornali e Tv) vengono ormai chiamate “presstitutes”, con un gioco di parole, da un ex politico americano che nella “press” credeva, eccome: Paul Craig Roberts, sincero liberale, già viceministro dell’economia con Reagan.Dal canto suo, Mazzucco – fotografo con Toscani e video-reporter, per 15 anni al lavoro come regista e sceneggiatore a Hollywood – incarna la resistenza quotidiana contro l’impero delle favole in mondovisione: ha messo a nudo prima e meglio di altri la scomodissima verità sull’11 Settembre, finendo addirittura in prima serata su Canale 5 grazie a Mentana. Impresa che gli è valsa la patente di complottista, e la messa al bando dagli aventi diritto di parola: «La mia stessa pagina su Wikipedia è controllata dai “debunker”: sono loro a scrivere quello che vogliono, sul mio conto. Se provo a correggere le loro falsità, l’indomani ricompaiono». Indovinato: «Ho rinunciato a fare in modo che Wikipedia dica la verità, riguardo alla mia stessa biografia». Autore di video-inchieste imbarazzanti (sulle cure alternative per il cancro e sulla crociata dell’industria della plastica contro la marijuana, sul vero autore dell’omicidio di Bob Kennendy, sulla manipolazione terrestre dei filmati del mitico allunaggio), Mazzucco è l’ossessione dei disinformatori ufficiali. Contro di lui, hanno intrapreso una lunghissima battaglia mediatica i professori del Cicap e personaggi come Paolo Attivissimo, solerte megafono italiano della Nasa.Mazzucco non ha perso il gusto per il gioco: “Ulisse, il piacere della menzogna” era il titolo di un video realizzato per smascherare le “inesattezze” diffuse da Alberto Angela. La tesi: divulgazione scientifica parziale e tendenziosa, spesso addirittura basata su notizie false. «Ognuno è libero di dire quello che vuole, intendiamoci: a patto però – obietta Mazzucco – che non usi i soldi della Rai, cioè i nostri, per raccontare fandonie». E vogliamo parlare di Piero Angela? «Tempo fa fece un’intera puntata della sua trasmissione per sostenere che tutti gli avvistamenti Ufo fossero sempre spiegabili come fenomeni terrestri: a smentirlo ha ora provveduto ufficialmente la Us Navy. Gli italiani che pagano il canone Rai, sentitamente, ringraziano». Oggi, Mazzucco è seguito da una comunità di almeno cinquantamila cittadini, sulle pagine del blog “Luogo Comune”. Ha anche aperto una sua mini-televisione su web, “Contro Tv”, che non si avvale dello streaming su YouTube: «E’ sempre più sfrontata la censura su Internet che può oscurare pagine Facebook, “bannare” canali video e orientare i motori di ricerca in modo da rendere invisibili le voci scomode: per questo – dice Mazzucco – è meglio prepararsi al peggio, essendo autonomi anche nello streaming».L’esperimento di “Contro Tv” è stato lanciato insieme a Giulietto Chiesa, altra bestia nera dei “debunker”: il suo bestseller “La guerra infinita”, sull’11 Settembre, macinò 70.000 copie in pochi mesi. Non una recensione, sui giornali, nonostante fosse editato da Feltrinelli. «Di tutti i giornalisti italiani famosi – scrisse Paolo Barnard – Chiesa è stato l’unico a rinunciare ai suoi privilegi, mettendo a rischio tutto quello che si era guadagnato sul campo pur di restare fedele alla ricerca della verità». Per la cronaca: fondatore di “Report” con la Gabanelli, Barbard è finito fuori dalla Rai per la sua intransigenza: gli negarono un servizio sugli abusi di Big Pharma. Dopo anni di impegno solitario e titanico – la denuncia del “golpe” di Monti, il saggio “Il più grande crimine” e il lancio della Mmt in Italia con Warren Mosler – oggi Barnard (espulso dal sistema mediatico nazionale) è sparito anche dal web. Nel frattempo, la Exor di John Elkann s’è comprata il gruppo Espresso: un solo editore controlla il grosso della carta stampata, in Italia. L’altra voce (non esattamente alternativa) è quella di Urbano Cairo, patron del “Corriere” e de La7, la rete che affida a Lilli Gruber, Giovanni Floris e Corrado Formigli la guerra santa contro Matteo Salvini, mentre Enrico Mentana dal suo telegionale finge di essere ancora il Mentana di un tempo, simpaticamente indipendente.«Poteva essere il primo degli ultimi, invece ha scelto di essere l’ultimo dei primi», si rammarica Mazzucco, pensando alle recenti sortite del direttore del telegiornale di Cairo. L’accusa: si è allineato al peggiore mainstream. Ovvero: «Nelle sue comode invettive, associa cretinate assolute come la teoria della Terra Piatta a cose ben più serie, come le strane scie persistenti oggi rilasciate dagli aerei e naturalmente l’11 Settembre: la verità ufficiale è crollata, architetti e ingegneri negli Usa hanno dimostrato la demolizione controllata delle Torri e i pompieri di New York si sono rivolti alla magistratura chiedendo di far riaprire i processi, ma Mentana si rifiuta di prenderne atto». Peggio: nella scorsa primavera ha firmato (con Grillo e Renzi) lo sconcertante “Patto per la Scienza” promosso dal vaccinista Claudio Burioni, che di fatto propone che venga lasciata senza fondi la ricerca medica sugli effetti collaterali delle vaccinazioni. «Quello che Mentana evita di ricordare – sottolinea Mazzucco – è che la Puglia ha scoperto che 4 bambini su 10 hanno subito reazioni avverse anche gravi, dopo la somministrazione neonatale dei nuovi vaccini polivalenti». Non solo: «La7 non si premura di ricordare che gli Stati Uniti (dove la Corte Suprema ha dichiarato impossibile avere garanzie sulla sicurezza dei vaccini) hanno finora sborsato 4 miliardi di dollari per indennizzare i danneggiati da vaccino».Ovviamente, di fronte a queste osservazioni, il mainstream bolla come No-Vax (scellerato troglodita) chiunque sollevi dubbi, invocando il “prinicipio di precauzione” citato dalla Costituzione. Con questo risultato, negli Usa: i cittadini sono gli unici a pagare, anche due volte (come contribuenti, ed eventualmente anche come pazienti danneggiati dalle vaccinazioni), mentre Big Pharma è formalmente impunita, per legge, avendo messo le mani avanti. Obiezione: ma se sei certo che i tuoi vaccini siano “sicuri”, perché chiedi allo Stato di coprirti le spalle? Forse perché sai benissimo che le somministrazioni polivalenti – come dicono molti medici, alcuni prontamente radiati – non sono affatto privi di rischi, per neonati ancora sprovvisti dei necessari anticorpi? Mazzucco alza le mani: «Io non sono un medico, né un ricercatore. Non ho competenze scientifiche, non posso trarre conclusioni tecniche. Dico però che c’è un deficit, enorme, di trasparenza e informazione. Viene meno un diritto fondamentale: quello di essere decentemente informati, anche in questa delicata materia che preoccupa tante famiglie». Statistica: per la prima volta nella storia, quest’anno 130.000 bambini italiani (nel dubbio, non vaccinati) sono stati esclusi dai nidi e dalle materne.In prima linea nell’informazione indipendente, con Mazzucco (insieme allo stesso Giulietto Chiesa e alla sua “Pandora Tv”) c’è un video-blogger come Claudio Messora, pionieristico creatore di “ByoBlu”, ora impegnato addirittura di una striscia pre-serale quotidiana: un talskow giornalistico davvero unico. In tandem con Francesco Maria Toscano, Messora riassume le notizie-chiave della giornata, sottoponendole sia alle migliori voci “eretiche” che a personaggi abitualmente televisivi, da Carlo Cottarelli a Edward Luttwak, per una volta alle prese con vere domande. Problema: benché “ByoBlu” sia seguito da una comunità di trecentomila iscritti, da quando ha esordito il suo freschissimo #TgTalk le visualizzazioni dei singoli video sono misteriosamente scese a cinquantamila, almeno stando al report ufficiale del gestore web. Per Mazzucco – che con Messora collabora – c’è il sospetto che sia in atto una censura-ombra, tecnologica, tendente appunto a minimizzare l’inidicizzazione dei contenuti politicamente problematici. Anni fa, l’area critica del web in Italia era quotata attorno ai due milioni di utenti. Oggi, la platea di chi usa Internet per informarsi è aumentata a dismisura. Anche per questo, forse, l’Ue è corsa ai ripari con la sua leggina-bavaglio, nascosta dietro il paravento della tutela del copyright.Nel frattempo, qualcosa sta cambiando in profondità: lo smartphone ti consente di ricevere news in tempo reale (incluse quelle diffuse da Messora, Mazzucco e Chiesa) e i quotidiani italiani sono al capolinea. John Elkann potrà pure comprarsi “Repubblica” e “l’Espresso”, ma intanto i quotidiani – tutti, messi assieme – ormai vendono meno di 600.000 copie. Vorrà pur dire qualcosa, sottolinea un veterano come Gigi Moncalvo, costretto a smerciare tramite il suo sito gli scottanti libri-inchiesta sulla dinastia Agnelli, letteralmente spariti dalle librerie. «Semplicemente – dice Moncalvo – i giornali hanno smesso di raccontare quello che succede, e i lettori se ne sono accorti». Tiene ancora banco il telegiornale, soprattutto come abitudine, ma la fiducia verso la categoria giornalistica è ai minimi storici. In Italia, del resto, vent’anni fa erano ancora in circolazione Biagi, Bocca, Montanelli e Zavoli, insieme a Gianni Minà e Oriana Fallaci. Lo stesso Barnard, per dire, scriveva sul “Corriere della Sera”. Giulietto Chiesa firmava corrispondenze da Mosca per il Tg5. Uno dei pochissimi reporter italiani scomodi, Gianni Lannes, è quasi scomparso dai radar. Siamo in un torbido Tempo di Mezzo, in cui niente è come sembra. La differenza la fanno quelli come Mazzucco: intanto, dicono tutto quello che sanno. E spesso poi il mainstream, sempre reticente, è costretto a tenerne conto, anche se affila le sue armi per silenziare il più possibile le voci che smontano e ridicolizzano la patetica verità ufficiale.E’ vero che nel Paese della Libertà ci sono decine di reti televisive teoricamente indipendenti e commerciali. Ma anche l’informazione locale – in ogni Stato della confederazione più potente del mondo – fa comunque capo agli unici 4 grandi network che dispensano il Vangelo secondo il Potere. Lo ricorda Massimo Mazzucco, nella sua video-chat settimanale con Fabio Frabetti di “Border Nights”: gli Usa non sfuggono alla legge delle news precotte dal medesimo, supremo cervello. «Puoi guardare la Tv dell’Alabama o quella del Wisconsin, ma il risultato è lo stesso: per le notizie nazionali e internazionali, ascolterai addirittura le stesse parole, le stesse espressioni, come se i dispacci fossero stati fotocopiati». Succede anche in Italia, ovviamente: «Se segui un telegiornale e poi l’altro, in parallelo – Rai, Mediaset, La7 – scopri che le prime sette notizie sono sempre uguali, recitate nello stesso modo. A cambiare è solo la nota di colore, in coda: il gattino salvato dai pompieri». Risultato: «Il telegiornale è un grande anestetico: ti dà l’illusione di avere il controllo di quello che succede. Anche se ovviamente non è vero, ti convince di essere messo al corrente dell’essenziale».
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Il Mes e i Miserabili: come siamo caduti in basso, e perché
Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari leghisti e un emissario del grillino Fraccaro.«Non firmiamo niente», conclusero, dopo aver solo potuto guardare da lontano quelle 40 pagine, scritte in inglese, senza la possibilità di fotocopiarle. Alla faccia della sovranità parlamentare. L’ha ripetuto, Borghi, nella diretta web-streaming su ByoBlu con Claudio Messora e Francesco Toscano, poche ore dopo l’infuocata assise delle Camere: la bozza di revisione del micidiale Mes, i cui funzionari si pongono al di sopra di qualsiasi legge, non punibili in nessun caso, ha seguito la stessa procedura clandestina del Ttip, il trattato-fantasma concepito per scavalcare i governi e lasciare alle multinazionali l’ultima parola sui contenziosi con gli Stati. Qui è ancora peggio, rincara Borghi: almeno, l’accesso formale al testo del Ttip (sempre in inglese, non fotografabile neppure con lo smartphone) era previsto dall’agenda. Invece, quei 40 fogli del Mes-2 sarebbero stati esibiti la scorsa estate solo per gentile concessione di Conte, in imbarazzo con i suoi azionisti di riferimento, Lega e 5 Stelle. Uno strappo alla regola: in base al rigido protocollo, le informazioni riservatissime sul rinnovato Meccanismo Europeo di Stabilità, in teoria, si sarebbero dovute limitare unicamente al premier, assistito d’ufficio dal solo ministro dell’economia (all’epoca, Giovanni Tria).Citato da Salvini nella sua requisitoria in aula contro Conte, l’esperto Guido Salerno Aletta, di “Milano Finanza”, conferma l’allarme già lanciato da Antonio Patuelli dell’Abi e, ancor più autorevolmente, dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. E cioè: se l’Italia fosse costretta a ricorrere al Mes, il nuovo Fondo potrebbe chiedere in cambio pesantissime “condizionalità”, inclusa la “ristrutturazione” del debito. Tradotto: le banche, detentrici dei titoli di Stato, potrebbero attingere direttamente ai conti correnti degli italiani. In alternativa, il governo dovrebbe imporre una patrimoniale. Lo conferma, sempre a “ByoBlu”, un tecnocrate come Carlo Cottarelli: per l’Italia il rischio è serio, visto l’attuale sistema di finanziamento (titoli di Stato, con moneta non sovrana) e un debito che galleggia oltre il 130% del prodotto interno lordo. Il documento, infatti, prevede che tutto vada liscio solo per i paesi con un debito non superiore al 60% del Pil, in linea con la “teologia” di Maastricht. Problema: le regole del rigore, pensate trent’anni fa per un’Europa in crescita, si sono scontrate con la realtà della stagnazione, riuscendo solo ad aggravare la crisi e condannare intere economie. E oggi, nel 2019, ancora si insiste con una ricetta perversa e socialmente devastante, votata alla rovina generale?“Non venitemi a dire che non lo sapevate”, è la fragile autodifesa di Conte, che tenta di coinvolgere Salvini e Di Maio, entrambi vicepremier all’epoca dell’incubazione del Mes-2. Vero a metà, a quanto pare: da un lato, il capo della Lega e il portavoce dei 5 Stelle non hanno mai rigettato, a prescindere, la prospettiva dell’ex Fondo salva-Stati. Dall’altro, però, si erano riservati di analizzarlo in modo approfondito. Salvo scoprire, oggi, che il Mes avrebbe viaggiato in clandestinità: un piatto avvelenato, da servire ai Parlamenti solo a cose fatte. E qui, Conte traballa. Accusato frontalmente da Salvini e Giorgia Meloni, è isolato dalla freddezza di Di Maio: i 5 Stelle potrebbero ribellarsi e staccare la spina al governo, pur di bloccare il fondo “ammazza-Stati”? Se il Pd e i renziani fanno quadrato attorno all’attuale titolare dell’economia, cioè il tecnocrate Roberto Gualtieri (creatura di Buxelles), dalla sinistra si sfila “Liberi e Uguali”: per Stefano Fassina, già viceministro di Enrico Letta, l’Italia deve rispedire al mittente, rifiutandosi di approvarlo, questo pericoloso congegno a orologeria.Conte avrebbe già dato il suo ok, all’insaputa di tutti? Malissimo: proprio su questo sembra giocarsi la sopravvivenza del professor-avvocato a Palazzo Chigi, incalzato dalla Lega che si prepara alla mobilitazione popolare, a suon di firme, prima ancora di valutare una mozione di sfiducia, nel caso in cui una frangia dei 300 parlamentari grillini prendesse le distanze da quello che, sulla carta, si presenta come il più insidioso attentato alle tasche degli italiani. Mesi fa, un ex analista dell’intelligence come Fausto Carotenuto aveva confessato: «Temo il Conte-bis, la sua debolezza politica ne farà lo strumento perfetto per l’élite europea intenzionata a farci del male». Oggi, di fronte alla rissa parlamentare sull’ipotetico Fondo Monetario Europeo, un osservatore privilegiato come Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, allarga decisamente l’orizzonte: ma ci rendiamo conto, dice, di cosa stiamo parlando? Lo capiamo, per quale motivo siamo finiti così in basso? Vogliamo deciderci a vederlo, il problema? Alzi la mano chi sa spiegarsi, precisamente, per quale motivo la moneta (europea) è diventata qualcosa da mendicare, da prendere in prestito a caro prezzo, lasciando in pegno interi paesi (e ora, magari, anche il patrimonio di milioni di cittadini).Chiarisce l’economista Nino Galloni, che del Movimento Roosevelt è vicepresidente: ci rendiamo conto che l’Italia ha sì un enorme debito pubblico, ma in compenso vanta un debito privato irrisorio e un ingentissimo patrimonio fatto di risparmi, di capitali e immobili, a garanzia del sistema economico nazionale? E perché allora il rating delle agenzie, adottato da Bruxelles come unico parametro, considera solo il debito contabile dello Stato? Chiedetelo a Prodi, taglia corto un altro “rooseveltiano” come Gianfranco Carpeoro: fu il professore di Bologna, osannato come salvatore della patria dopo aver sfasciato l’Iri che sorreggeva l’industria italiana, a genuflettersi ai signori dell’euro, rinunciando a far pesare il valore reale dell’Italia. Quanto agli eurocrati, un grande imprenditore come Fabio Zoffi, che opera in Germania, ha avuto il coraggio di sbugiardare i guardiani dell’austerity altrui: al “Giornale” ha ricordato che Berlino, mediante svariati artifici contabili, omette enormi cifre nel computo del deficit. Il debito tedesco (quello reale) sarebbe il doppio di quello italiano. Attenzione, avverte Zoffi: proprio grazie al super-debito, sia pure occulto, la Germania funziona meglio dell’Italia. Ergo: anziché tagliare la spesa, perché non allargarla? Il famoso tetto del 3% non è certo una legge economica: è solo un diktat politico-ideologico, che ha finora depresso l’economia.Né si creda che sia intelligente prendersela col signor Franz, dice da parte sua il comunista Marco Rizzo, consultato sempre da Messora: il popolo tedesco non ha idea di quello che combina, alle sue spalle, l’élite che lo governa. Vale per tutti gli altri, inclusi i francesi. La soluzione? Sincronizzare i popoli, coalizzarli contro questa oligarchia che ha privatizzato la moneta. Da tutt’altro versante, quello social-liberale, Gioele Magaldi (in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”), punta il dito contro lo scandaloso dumping fiscale, su cui nessuno fiata: «Che Europa è mai questa, dove si consente che in paesi come l’Olanda e il Lussemburgo sia più conveniente pagare le tasse?». Risultato: l’emorragia di entrate fiscali (Fiat docet), grazie alla fuga delle grandi aziende. Su questo, niente da ridire? Meglio la piccola crociata, vagamente infame, contro l’idraulico che lavora in nero? E i media che fanno, continuano a dormire? Marco Travaglio, addirittura, s’è messo ad incensare Conte: «Saprebbe indicare, Travaglio, un solo illuminante atto di governo che abbia contraddistinto il premier, da quando è a Palazzo Chigi, con l’unica evidente intenzione di restarvi il più a lungo possibile, non importa come, obbedendo ai politici che contano in Europa, anche a scapito degli italiani?».Mai stato tenero, Magaldi, nemmeno con Lega e 5 Stelle. L’accusa: dovevano almeno avviare il cambiamento promesso. «Invece si sono limitati alle chiacchiere: esattamente come Renzi, proprio per questo scaricato a suo tempo dagli elettori». Renzi s’era rimesso in pista, ma ora è stato speronato dalle inchieste sul finanziamento della fondazione Open. «Giusto che la magistratura indaghi, ma senza far politica su questo: ipocrita pensare che i partiti vivano d’aria. Ma sopprattutto: Renzi va bocciato politicamente, perché per l’Italia non ha fatto nulla». Oggi, il mostro ha le sembianze del Mes. E prima ancora: Trattato di Maastricht e Trattato di Lisbona, Fiscal Compact, pareggio di bilancio in Costituzione. «Io sono ultra-europeista», dice Magaldi, «ma intendiamoci: un’Unione Europea non è mai esistita». Chi l’ha detto, ad esempio, che a decidere tutto sia la Bce, non controllata da politici, a loro volta tenuti a rispondere agli elettori? Ora siamo all’apice dell’aberrazione: anziché un ente prestatore di ultima istanza, deputato a finanziare gli Stati in modo virtualmente illimitato, si darebbe vita allo strozzinaggio istituzionale di un organismo ancora meno democratico, super-bancario, abilitato a ricattare popoli scavalcando definitivamente i governi.Al di là di come andrà a finire la miserabile vicenda Mes, incluso lo scaricabarile tra politici, Magaldi sintetizza: tutta quella robaccia va stracciata e riscritta da zero. E’ che ora di svegliarsi, tutti, ma per davvero. Le piccole Sardine? Si decidano: chiedano conto della situazione a chi comanda davvero, in Italia. I sovranisti? Vicolo cieco: a che serve trincerarsi entro i confini, quando è Bruxelles che detiene le leve strategiche, le regole che condizionano l’economia? Vale anche per i rossobruni di Vox Italia: l’oligarchia non ha nulla da temere, da chi rifiuta la battaglia continentale. La risposta? Democrazia, da imporre ai gerarchi dell’Ue. In pillole: «L’Italia sta crollando: viadotti che cadono, scuole a pezzi. Disoccupazione, tasse altissime, aziende che non vengono pagate. Servono 200 miliardi, per rimettere in corsa il paese». E si pensa di elemosinarli al Mes, mettendosi al collo il cappio degli usurai? Non è questione di virgole o di percentuali, insiste Magaldi: c’è da far saltare tutto. Cambiare le regole, da cima a fondo. Primo: «Un’Europa democratica, con la sua Costituzione, e un governo federale finalmente eletto dal Parlamento Europeo». Secondo: «Una banca centrale che emetta eurobond, e sostenga in modo illimitato i debiti pubblici, mettendo fine al ricatto dello spread». O così, o moriremo: malati di Mes, o si qualsiasi altro morbo letale fabbricato in provetta, nei laboratori segreti che hanno sabotato la democrazia per dare vita a questo morto vivente, questo zombie travestito da Sacro Romano Impero, senza più cittadini ma soltanto sudditi.Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari (di cui due leghisti) e un emissario del grillino Fraccaro.
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Mes: grazie a Conte, l’Europa farà fuori le nostre banche
Si chiama Mes, normalmente viene detto fondo salva-Stati, l’acronimo sta per Meccanismo Europeo di Stabilità. Ed è improvvisamente tornato sotto i riflettori dopo che in un seminario Bankitalia-Omfif il governatore Visco ha lanciato l’allarme. «I piccoli e incerti benefici di una ristrutturazione del debito devono essere ponderati rispetto all’enorme rischio che il mero annuncio di una sua introduzione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default», ha detto il governatore. Proprio così: enorme rischio. Federico Ferraù, sul “Sussidiario”, ne ha parlato con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano. «Ci rendiamo conto di quello che vorrebbe dire per il sistema bancario nazionale una ristrutturazione forzata del debito italiano?». Giampaolo Galli, vicedirettore dell’Osservatorio sui conti pubblici presieduto da Cottarelli, lo ha spiegato in una audizione alla Camera: «Sarebbe un colpo di pistola a sangue freddo alla tempia dei risparmiatori, una sorta di bail-in applicato a milioni di risparmiatori». Il Mes è un fondo comune di credito che ricapitalizza Stati e banche in difficoltà. Un benefattore europeo? Tutt’altro: il Mes non elargisce a costo zero. Lo fa alle sue condizioni: totale controllo sulle politiche di bilancio dello Stato richiedente. Anche a costo di impoverire tutti.Sulla riforma del Mes, ricorda Ferraù, hanno richiamato l’attenzione Alberto Bagnai e Claudio Borghi fin da quando la Lega era al governo. Allarme inascoltato, fino alle attuali parole di Visco. «Era già tutto scritto», afferma il professor Mangia. Per stare nel Mes «abbiamo pagato molto, negli anni – cifre dell’ordine di qualche decina di miliardi – e solo adesso ci si accorge di che cosa sia». Ovvero? «Il Mes è il figlio di una stagione di crisi, è stato generato da una crisi, e adesso vuole consolidarsi fino a diventare parte integrante del diritto dell’Unione. Fino ad oggi è un Trattato internazionale che ha dato origine a quello che, asetticamente, si definisce un “veicolo finanziario”». In realtà, spiega Alessandro Mangia, il Mes è un soggetto di diritto internazionale «che esercita attività bancaria avvalendosi, però, dello statuto e delle garanzie di un soggetto sovrano». Quindi può rifinanziare singoli Stati o singoli sistemi bancari, però sotto “stretta condizionalità”. «Non so se ci si rende conto delle implicazioni politiche dell’adozione di meccanismi propri del diritto commerciale e bancario a regolare i rapporti fra Stati: si è un po’ in ritardo se ci si preoccupa adesso di cosa sia il Mes».Che Bankitalia (non certo antieuropeista) abbia manifestato profonde preoccupazioni al riguardo dovrebbe dirla lunga. «Il punto è che probabilmente i buoi sono già usciti dalla stalla anni fa, e solo adesso ci si accorge che la stalla è vuota». In altre parole: «Si vuole far diventare il Mes un Fondo Monetario Europeo, che integri il ruolo della Bce sul versante dell’essere “prestatore di ultima istanza”». La Bce non può esserlo, ricorda Mangia: quelle funzioni sono state surrogate dal programma Omt (Outright monetary transactions) di Draghi, su cui c’è stato contenzioso presso la Corte di Giustizia. «E adesso, in una fase di crisi bancaria incipiente – si pensi solo all’esposizione di Deutsche Bank sul mercato dei derivati, pari a 20 volte il Pil tedesco – si ha fretta di chiudere il cerchio, creando un prestatore di ultima istanza. Intanto si riforma il Mes, poi si penserà al suo inserimento nell’intelaiatura istituzionale dell’Unione». Secondo Mangia, «Bankitalia ha capito che rischi corre con l’approvazione delle modifiche che due anni fa chiedeva Schäuble, e che sono state oggetto di una dichiarazione congiunta franco-tedesca nel giugno 2018. A stretto giro quella dichiarazione è stata ripresa – sempre in giugno – dall’Eurogruppo, che è un altro organo misterioso e non previsto dai Trattati, e da un Eurosummit cui ha partecipato il governo italiano, nella sua versione Conte-1».Del Mes ha parlato anche Salvini su Facebook: «Pare che, nei mesi scorsi, Conte o qualcuno abbia firmato di notte e di nascosto un accordo in Europa per cambiare il Mes, ossia l’autorizzazione a piallare il risparmio degli italiani. Non lo lasceremo passare. Sarebbe alto tradimento, se qualcuno – senza interpellare il Parlamento – avesse trasformato il fondo salva-Stati in un fondo ammazza-Stati». Insomma, abbiamo dormito? Avverte Mangia: «Il caso del Mes è stato totalmente sottovalutato dalla stampa, nonostante Borghi e Bagnai si siano spesi fin da allora per portarlo all’attenzione dei media». La verità è che «la gente non sa cos’è il Mes e a cosa serve». Accusano ora Bagnai e Borghi: «Abbiamo sempre denunciato il sospetto segreto con cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e l’ex ministro dell’economia Giovanni Tria, hanno condotto le trattative senza mai informare il Parlamento, pur essendone obbligati per legge. La loro reticenza ci aveva indotto persino ad interrogazioni parlamentari addirittura quando eravamo parte della stessa maggioranza».Se ci si stupisce di questo, ribatte Mangia, vuol dire che non si è letto o non si è capito l’attuale Trattato Mes e le clamorose anomalie che conteneva fin dall’inizio. «Il Mes e i suoi funzionari godono di piena e perfetta immunità da ogni giurisdizione. Non possono essere oggetto di perquisizioni, ispezioni o altro da chicchessia. I suoi documenti sono secretati. Gli organi di vertice non sono perseguibili per gli atti adottati nell’esercizio delle loro funzioni. I governatori – e cioè i ministri economici degli Stati aderenti al trattato: in poche parole Tria o chi per lui – sono tenuti (ripeto, tenuti) – al segreto professionale nel momento in cui operano all’interno del Mes, tanto durante quanto dopo l’esercizio delle loro funzioni (articolo 34). Questa è legge dello Stato, non è aria fritta». Una norma simile, dice Mangia, ha perfettamente senso dentro una banca. Cosa succede se invece la logica del segreto professionale la si colloca nel rapporto tra governo e Parlamento? «Ci sta o non ci sta che un ministro debba tacere di fronte al Parlamento? Ci si rende conto di cosa si è fatto approvando una norma del genere nel 2012? E di quanto si è alterato il meccanismo di responsabilità politica disegnato in Costituzione tra ministro e Parlamento?».Se a questo si aggiunge che l’esercizio di potere estero sfugge, per sua natura, al controllo delle Camere, tranne che in certi casi tassativamente indicati dall’articolo 80, si capisce quanto fantasiose siano certe rappresentazioni del lavoro parlamentare. Basti pensare ai trattati segreti o ai trattati adottati in forma semplificata. «Si dice che non tutti i cammelli possono passare per la cruna dell’ago. In realtà ci si dimentica di dire che certi cammelli non hanno neanche bisogno di passarci, per la cruna dell’ago». Il testo della riforma, aggiunge Mangia, è arrivato prima su Internet che in Commissione: «Diciamo che Conte e Tria sono stati tutt’altro che solerti nell’informare le Camere dell’esito di quegli incontri». Possono essere accusati di alto tradimento, come ha ipotizzato Salvini? Assolutamente no, visto in carattere più che anomalo del trattato: l’articolo 34 del Mes «è fatto per interrompere gli obblighi di comunicazione e responsabilità tra Parlamenti nazionali e ministri», spiega Mangia. «Certo, nel caso di Tria non si applica l’articolo 34 sul segreto professionale, ma quello è il principio. Che pone un enorme problema costituzionale di ministri legittimati a mentire o a tacere di fronte alle Camere».Secondo Mangia, è assolutamente «ridicolo», oggi, parlare di legittimazione democratica del Mes, come fa Giampaolo Galli: «È come parlare di legittimazione democratica di una banca, perché la legge la legittima a fare la banca. Sarebbe tutto molto divertente, non fosse che rischia di essere tragico per le sue conseguenze». E cioè? «Per le stesse ragioni messe in chiaro da Galli nel suo intervento, e che hanno fatto muovere Bankitalia». Mangia sottolinea la marginalizzazione del ruolo della Commissione Europea nel valutare l’opportunità di rilasciare finanziamenti ai singoli Stati in caso di bisogno: «La Commissione viene ritenuta ormai un organo troppo “politico” già nella burocrazia di Bruxelles, che rivendica un suo ruolo contro la Commissione», rispetto a molti obiettivi: la scelta di condizionare il rilascio di finanziamenti a una ristrutturazione preventiva del debito, ma anche l’inclusione di clausole di azione collettiva nelle emissioni di debito pubblico dal 2022 in poi, costruite per facilitare quelle operazioni di ristrutturazione del debito che sembrano essere il cuore di questa riforma.Sintetizza Mangia: «Se un bel giorno si arrivasse ad una situazione di crisi dello spread, tale da precludere l’accesso dell’Italia al finanziamento dei mercati, e si dovesse chiedere l’intervento del Mes – del quale saremmo comunque i terzi contributori – sarebbe il Mes, e non la Commissione, a valutare sulla base di meccanismi automatici l’opportunità di chiedere una ristrutturazione del debito pubblico». In altre parole «sarebbe il Mes a determinare le “condizionalità” – e cioè le politiche economiche “lacrime e sangue” da praticare – per ottenere questo finanziamento». E sarebbe sempre il Mes, alla fine, a determinare il contenuto di questa ristrutturazione. «Peccato che il debito pubblico italiano sia detenuto per il 70% da banche nazionali». E quindi? «Vuol dire che una ristrutturazione di quel debito inciderebbe in modo pesantissimo sui bilanci di banche che hanno comunque sostenuto – oggi assai più che in passato – il debito pubblico nazionale», conclude Mangia. «Ci rendiamo conto di quello che vorrebbe dire per il sistema bancario nazionale una ristrutturazione forzata del debito italiano? E perché si parli di questa riforma come di una pistola puntata alla tempia dei risparmiatori italiani?».Si chiama Mes, normalmente viene detto fondo salva-Stati, l’acronimo sta per Meccanismo Europeo di Stabilità. Ed è improvvisamente tornato sotto i riflettori dopo che in un seminario Bankitalia-Omfif il governatore Visco ha lanciato l’allarme. «I piccoli e incerti benefici di una ristrutturazione del debito devono essere ponderati rispetto all’enorme rischio che il mero annuncio di una sua introduzione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default», ha detto il governatore. Proprio così: enorme rischio. Federico Ferraù, sul “Sussidiario“, ne ha parlato con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano. «Ci rendiamo conto di quello che vorrebbe dire per il sistema bancario nazionale una ristrutturazione forzata del debito italiano?». Giampaolo Galli, vicedirettore dell’Osservatorio sui conti pubblici presieduto da Cottarelli, lo ha spiegato in una audizione alla Camera: «Sarebbe un colpo di pistola a sangue freddo alla tempia dei risparmiatori, una sorta di bail-in applicato a milioni di risparmiatori». Il Mes è un fondo comune di credito che ricapitalizza Stati e banche in difficoltà. Un benefattore europeo? Tutt’altro: il Mes non elargisce a costo zero. Lo fa alle sue condizioni: totale controllo sulle politiche di bilancio dello Stato richiedente. Anche a costo di impoverire tutti.
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Il cinismo della disperazione: Di Maio svuota la democrazia
Lo scellerato auto-affondamento del Parlamento, voluto da un Di Maio ridotto alla disperazione, produrrà danni incalcolabili al sistema democratico italiano. Prossimo colpo, magari: il divieto di cambiare casacca, riducendo il parlamentare a burattino. La primogenitura dell’attacco alla rappresentanza popolare «va molto più in là del governo gialloverde». Secondo Federico Ferraù «arriva fino ai “politici ladri” degli anni di Tangentopoli, passando per la “casta”, indimenticata bandiera antipolitica che tanto senso comune ha prodotto negli anni novanta e duemila». Gioele Magaldi va ancora più indietro: evoca il Piano di Rinascita Democratica della P2 e, prima ancora, il “dimagrimento” delle Camere voluto da Mussolini. «Ovvio: se i parlamentari sono pochi, il potere oligarchico nemico della democrazia li controlla più facilmente». Secondo il professor Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, è penoso lo spettacolo dei parlamentari che corrono a decurtare le proprie file: «Siamo al cinismo della disperazione», all’autoliquidazione di chi non è più classe politica e pertanto non ha più ragione di esistere. Perché mantenerlo in vita, un Parlamento, se è solo un peso?Ci rimette anche la Lega, rimasta «imbottigliata per una anno e mezzo sullo scambio tra autonomia differenziata e riduzione del numero dei parlamentari». Già, l’autonomia per il Nord-Est: «Per mesi è stata avvolta da una nebbia fittissima», e oggi «non se ne vede nemmeno l’ombra». Innanzitutto, osserva Mangia nella sua analisi offerta a Ferraù sul “Sussidiario”, si dovrebbe aver capito che il taglio dei parlamentari «è un modo per bloccare il funzionamento del sistema elettorale, rendere impossibili elezioni a breve e creare le premesse per un dialogo infinito sulla legge elettorale prossima ventura». Che dovrà essere infinito, «perché altrimenti questa situazione di democrazia sospesa, che permette di evitare le elezioni, finisce». E se Lega e Pd assecondano il populismo di Di Maio, a “vincere” è il Movimento 5 Stelle: «Il dato veramente incredibile è che i 5 Stelle siano riusciti, in momenti diversi, e per una serie di casi fortunati, a portare prima la Lega e poi il Pd su un progetto tanto inutile e pretestuoso rispetto agli obiettivi dichiarati». Di Maio parla di un risparmio di 100 milioni all’anno. «Appunto: roba che uno Stato con un bilancio di 800 miliardi nemmeno se ne accorge», sottolinea Mangia. L’Osservatorio di Cottarelli, poi, parla di un risparmio reale di appena 57 milioni all’anno, cioè la metà di quanto propagandato.Ma il vero pericolo è più serio: «Se il parlamentare oggi si concepisce come uno schiacciabottoni, tanto da dirlo apertamente – osserva il professore – significa che il problema non è il taglio dei parlamentari, ma l’involuzione della classe politica nel suo complesso, tanto da arrivare per prima a concepirsi come inutile. Tanto da credere di potersi rigenerare attraverso un’automutilazione». È un atteggiamento che ricorda da vicino la riforma delle immunità del 1993 votata in piena Tangentopoli, sotto la pressione di Mani Pulite. «Anche allora si pensava che spogliando il parlamentare dell’immunità, e denudandolo di fronte alla magistratura, la classe politica si sarebbe rigenerata». E invece, «quell’automutilazione non solo ha cambiato gli equilibri tra i poteri dello Stato, ma ha spianato la strada alla dissoluzione di una classe politica, dopo la quale non ce ne è mai stata un’altra». Ma a quel punto, allora, «perché non risolvere tutto in un vertice tra segretari di partito, dove ciascuno pesa in ragione del pacchetto di azioni che rappresenta, come in un’assemblea degli azionisti?».Qualcuno potrebbe dire: sapete quanti soldi continuano a costare 400 deputati e 200 senatori? «Se si sfonda una linea, trovare poi un limite davanti al quale fermarsi diventa difficile», avverte Mangia. «Tant’è vero che da allora, e cioè da Tangentopoli, si è sempre andati avanti nella stessa direzione in un gioco di delegittimazioni reciproche». Una classe politica «ha coscienza di sé e del suo ruolo, e la coscienza del ruolo ha un implicito effetto di legittimazione». Non a caso, in altri tempi, «i re non tagliavano la testa agli altri re, perché se no passava l’idea che ai re si poteva tagliare la testa e il sistema crollava». Se manca la consapevolezza di un ruolo – dice il costituzionalista – alla fine di quel ruolo manca anche la percezione tra chi lo deve rispettare. Dunque: parlamentari tagliati «non perché siano troppi, ma perché, tutti assieme, non fanno una classe politica». Fermare lo scempio con un referendum? Il professor Mangia è scettico: «Dopo 25 anni di delegittimazione della classe politica, chi andrebbe oggi a dire ai cittadini che lasciare il Parlamento così com’è non sarebbe affatto un male? Ci si esporrebbe alla solita obiezione del voler salvare le poltrone».Secondo il professore «si congelerà la situazione per un po’ e ci si sposterà sulla legge elettorale». Su quella non c’è accordo, perché i leader «si sono accorti che il proporzionale enfatizzerebbe a dismisura quanto sta accadendo: l’imperversare di Renzi e forse, un domani, dell’amico-nemico Di Maio». Cosa fare? «Non lo sa nessuno. Qualcuno vuole un proporzionale puro; altri lo vogliono con lo sbarramento “alto” per mettere in difficoltà Renzi; altri lo sbarramento alto con la sfiducia costruttiva; qualcuno parla di doppio turno da vent’anni e continua a farlo oggi». Per prendere tempo «si allargherà il campo e si giocherà sull’abbassamento dell’età per votare, sulla base regionale per l’elezione del Senato, sui regolamenti parlamentari». Secondo Mangia, «è il solito armamentario delle riforme che gira da vent’anni senza però riuscire a cambiare granché, se non in peggio». Perché quell’armamentario «è il figlio dell’illusione che basti cambiare le regole per cambiare la politica: un’illusione che ha guidato la fase dello sperimentalismo costituzionale». Adesso è solo «materiale per una tattica parlamentare che usa spregiudicatamente la Costituzione per comprare tempo. È il cinismo della disperazione», sintetizza il professore.Alessandro Mangia inquadra con precisione il disegno politico dei 5 Stelle: «Ridurre il peso politico del Parlamento, spostare quel peso sulle consultazioni dirette – e cioè Twitter, referendum e Rousseau: tanto nella loro ottica è tutto uguale». In questo modo, si finisce per cambiare il funzionamento delle istituzioni. «Non a caso le due riforme, taglio dei parlamentari e riforma del referendum, sono sempre andate di pari passo». Tant’è vero che ora se n’è ricominciato a parlare: «Sarà la prossima frontiera». Altra mina, i cambi di casacca: il vincolo di mandato. Limitazioni che i 5 Stelle erano già riusciti a inserire nel “contratto di governo” con la Lega, e che hanno cercato di introdurre con le sanzioni ai dissidenti che abbandonano il gruppo. Il tribunale di Roma le ha già dichiarate nulle, «come è nullo ogni contratto contrario a norme imperative». Ma il rischio è dietro l’angolo: «Credete che sarebbe difficile, volendo, far partire una campagna contro i parlamentari voltagabbana che si staccano e fanno un loro gruppo o che passano da una maggioranza all’altra? È la stessa tecnica usata per il taglio ai parlamentari». Fatto quello, a che serviranno deputati e senatori? «Più a nulla. Nemmeno a schiacciare il bottone. Basterà il palmare o il telecomando». Del resto, chiosa Mangia, se è vero che se “uno vale uno”, allora “uno vale l’altro”, a prescindere dalla volontà degli elettori.Lo scellerato auto-affondamento del Parlamento, voluto da un Di Maio ridotto alla disperazione, produrrà danni incalcolabili al sistema democratico italiano. Prossimo colpo, magari: il divieto di cambiare casacca, riducendo il parlamentare a burattino. La primogenitura dell’attacco alla rappresentanza popolare «va molto più in là del governo gialloverde». Secondo Federico Ferraù «arriva fino ai “politici ladri” degli anni di Tangentopoli, passando per la “casta”, indimenticata bandiera antipolitica che tanto senso comune ha prodotto negli anni novanta e duemila». Gioele Magaldi va ancora più indietro: evoca il Piano di Rinascita Democratica della P2 e, prima ancora, il “dimagrimento” delle Camere voluto da Mussolini. «Ovvio: se i parlamentari sono pochi, il potere oligarchico nemico della democrazia li controlla più facilmente». Secondo il professor Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, è penoso lo spettacolo dei parlamentari che corrono a decurtare le proprie file: «Siamo al cinismo della disperazione», all’autoliquidazione di chi non è più classe politica e pertanto non ha più ragione di esistere. Perché mantenerlo in vita, un Parlamento, se è solo un peso?
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Lo spread cala? Pessimo segno: il governo farà austerità
Lo spread in queste ore è crollato. L’indice che misura la differenza tra i Btp decennali e il Bund tedesco si ferma a quota 243 ma, soprattutto, ha ceduto quasi un 5%o rispetto a ieri. L’Italia cresce? Qualcuno è venuto a sapere che nel Belpaese si stanno riversando migliaia di finanziatori internazionali? Nonna Abelarda ha comparto il debito italiano e lo sta bruciando nel caminetto? Naaa, mentre i media raccontano che lo spread scende perchè Draghi ha tutto sotto controllo (che è come dire che fino a ieri non ce l’aveva…), i mercati scoprono il segreto di Pulcinella, e cioè che il governo italiano sta facendo austerità, cioè che non sta spendendo per i cittadini. Com’è noto, i mercati vanno pazzi per queste cose e voilà, ecco che miracolosamente torna fiducia sull’Italia, paese che è in avanzo primario dai tempi di Ottaviano Augusto. Secondo quanto riferito alla stampa finanziaria internazionale dal ministro del Mef Giovanni Tria, «l’Italia taglierà la spesa pubblica per rispettare gli obiettivi di deficit di bilancio quest’anno ed è in grado di raggiungere un accordo con la Commissione Europea sul debito».Anche se Tria dopo l’imitazione di Crozza è diventato simpatico a tutti, sostenere che l’Italia taglierà la spesa pubblica significa fare le stesse cose che avrebbe fatto un Cottarelli qualsiasi e come già fatto da Tremonti e da Monti, con i pessimi risultati che tutti conosciamo: stagnazione economica, aumento debito del pubblico, alta disoccupazione, deindustrializzazione. Ma la dichiarazione che ha fatto commuovere chi specula sul mercato obbligazionario è stata un’altra, molto più chiara ed esplicita della precedente: «Puntiamo a un deficit del 2,1% (del Pil). Faremo meglio di quanto concordato lo scorso anno». Il Ragionier Filini dell’ufficio contabilità Italia, insomma, non smentisce il suo vero capo, tale Mattarella, che lo ha piazzato lì “perché tutto cambi affinchè nulla cambi”. Parafrasando il satirico Corrado Guzzanti quando sfotteva Bertinotti, questo governo si è mosso in modo interessante e alternativo sulla protezione di “alcune felci”. Per migranti, riforma pensionistica e reddito di cittadinanza, il governo ha provato strade discutibili, ma originali. Sul bilancio non è solo un governo come quelli – pessimi – che lo hanno preceduto, ma è pure peggio.Quelli che tutti si sbracciano a definire “populisti” e “sovranisti” in realtà, finora, hanno fatto più austerità (e non meno) di quelli che li hanno preceduti, Berlusconi, Monti e Renzi. Alcuni numeri, facilmente riscontrabili da qualsiasi sito uffficiale: con Monti il deficit, cioè lo sforamento fu un anno del 3,7, l’altro del 2,9. Con Letta del 2,9; con Renzi per un anno del 3 e l’altro del 2,6. Gentiloni fece il 2,5. Poi arrivano i gialloverdi: dopo il 2,1 tanto sofferto (doveva essere 2,4) si arriverà nel 2019 al deficit dell’1,8. Se non è austerità questa non saprei come altro chiamarla, visto che siamo abbondantemente sotto del già imbecille parametro fissato dall’Ue al 3%. Da questi dati di fatto, misurabili perché trattasi di quantità, si ricava la lezione per la quale se non tutto il male vien per nuocere, il male chiamato spread sì. Lo spread, infatti, non ha alcuna importanza per un paese sovrano, mentre ne ha tantissima per una colonia. La pressione esercitata da questo inutile e demenziale strumento viene usata come una clava per fare semrpe più austerità, così da arrivare ben presto ad eliminare l’unica cosa per cui uno Stato ha un minimo di senso, che è il welfare.(Massimo Bordin, “Se lo spread scende vuol dire che fanno austerità”, dal blog “Micidial” del 18 giugno 2019).Lo spread in queste ore è crollato. L’indice che misura la differenza tra i Btp decennali e il Bund tedesco si ferma a quota 243 ma, soprattutto, ha ceduto quasi un 5%o rispetto a ieri. L’Italia cresce? Qualcuno è venuto a sapere che nel Belpaese si stanno riversando migliaia di finanziatori internazionali? Nonna Abelarda ha comparto il debito italiano e lo sta bruciando nel caminetto? Naaa, mentre i media raccontano che lo spread scende perchè Draghi ha tutto sotto controllo (che è come dire che fino a ieri non ce l’aveva…), i mercati scoprono il segreto di Pulcinella, e cioè che il governo italiano sta facendo austerità, cioè che non sta spendendo per i cittadini. Com’è noto, i mercati vanno pazzi per queste cose e voilà, ecco che miracolosamente torna fiducia sull’Italia, paese che è in avanzo primario dai tempi di Ottaviano Augusto. Secondo quanto riferito alla stampa finanziaria internazionale dal ministro del Mef Giovanni Tria, «l’Italia taglierà la spesa pubblica per rispettare gli obiettivi di deficit di bilancio quest’anno ed è in grado di raggiungere un accordo con la Commissione Europea sul debito».
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I 5 Stelle fanno affondare l’Italia (e Salvini) di fronte all’Ue
Sebbene dimezzato da continue sconfitte elettorali, il Movimento 5 Stelle continua a imporre al governo una serie di misure economiche che danneggiano l’economia, scompensano i conti pubblici, alzano lo spread, provocano sanzioni europee e, con la loro demagogica balordaggine, discreditano l’Italia e il suo governo proprio mentre questo dovrebbe difenderci dalle sanzioni e contemporaneamente criticare e far modificare le dannose regole finanziarie europee vigenti. Così i proprietari del Movimento stanno preparando il terreno a un nuovo colpo di Stato europeista e a un nuovo governo tipo Monti (con premier Draghi o Cottarelli o lo stesso Conte), quindi a una nuova mazzata di tasse e di recessione. A quel punto la Lega sarà distrutta nella sua immagine e nella sua leadership. E magari l’ala sinistra del Movimento potrà sguazzare in un clima di fiscalismo pauperista e pseudo-socialista, alleandosi alla sinistra, mentre Conte progetta una carriera sotto l’ombrello del Quirinale, e con una Lega non più competitiva perché segata.La spesa pubblica più necessaria e produttiva per il paese era quella dell’Industria 4.0, ossia dell’innovazione tecnologica, che aveva avviato una piccola ripresa già da sé, e in prospettiva preparava il recupero della gradualmente perduta produttività dell’industria nazionale, punto cruciale per la ripresa e quindi per il risanamento dei conti pubblici. Ebbene, i proprietari del Movimento 5 Stelle sono riusciti a imporre nella ultima legge di bilancio di togliere fondi all’Industria 4.0 per darli al cosiddetto reddito di cittadinanza, un provvedimento demagogico, assistenzialista, che va a beneficio in buona parte di persone che non dovevano ottenerlo e che in generale al lato pratico risulta favorire il parassitismo anche grazie agli esempi di soggetti che lo hanno ottenuto pur avendo redditi e proprietà nascosti. Ma si poteva fare di peggio, e i grillini lo hanno fatto adesso: hanno imposto di togliere altri soldi all’Industria 4.0 per finanziare il provvedimento salva-Comuni, ossia un provvedimento che pone a carico dello Stato il dissesto di numerosi Comuni italiani male amministrati storicamente, a cominciare da Roma, dando così l’opportunità agli amministratori inefficienti e corrotti di evitare la dichiarazione di dissesto e le connesse ispezioni della Corte dei Conti, con le conseguenze anche penali per loro stessi.Il messaggio che i proprietari del Movimento hanno così dato è chiarissimo: continuate pure a sprecare, ad amministrare male, a fare buchi, tanto poi faremo pagare il Pantalone, cioè il contribuente. Questo è il meridionalismo del Movimento, mentre il 96% dei Comuni lombardi ha chiuso i bilanci in attivo. In conclusione, hanno tolto i soldi da dove erano massimamente benefici per metterli là dove saranno massimamente dannosi. Aggiungiamo a queste folli operazioni economiche il Decreto Dignità e il Reddito Minimo, dannosi per l’occupazione, e sommiamoli agli effetti della Quota 100, e avremo una finanza pubblica destabilizzata congiunta a un’economia in recessione e a una dimostrazione di incapacità e demagogia davanti agli occhi del mondo intero. Dopo tali prove di incapacità, il governo non sarà qualificato per obiettare e resistere e controbattere agli attacchi della Commissione Europea, la quale, come ricordato recentemente da Federico Rampini, ha una storia di doppio standard, ossia di applicazione rigorosa delle regole, anche le più irragionevoli, ai paesi deboli, e di sistematica esenzione da quelle regole dei paesi forti, cioè Francia e Germania.Il confronto con la Commissione Europea e con le errate e arbitrarie regole che essa impone faziosamente si può affrontare solo con un governo di ministri credibili e competenti e che abbia fatto una politica economica scientificamente razionale e moralmente sana, mentre ciò che questo governo ha fatto in economia consentirà alla controparte franco-germanica di screditare e delegittimare ogni sua obiezione e rivendicazione, liquidandola come piagnisteo di chi non sa amministrarsi, rinforzando lo stereotipo negativo dell’Italia. Qualora Salvini e la Lega non smettano subito di inseguire il Movimento sul piano suicida della demagogia e della velleità (come col condono sul contante); qualora non denuncino e non fermino immediatamente l’azione dei capi del Movimento (meglio se con la persuasione, ma occorrendo anche a costo di una crisi di governo); e qualora non disinneschi la mina della procedura di infrazione comunitaria (dato che non vi è il consenso popolare per rompere e uscire), allora il risultato a breve sarà un’Italia messa in ginocchio dalla cosiddetta Europa, con un probabile colpo di Stato per mettere su un altro governo tipo Monti, con ulteriori cessioni di sovranità e con ulteriori tasse, fallimenti e saccheggi dei migliori asset nazionali. Altro che governo del cambiamento! E a quel punto, con che faccia si presenteranno Salvini e la Lega agli elettori quando sarà concesso nuovamente di votare?(Marco Della Luna, “Movimento mortale per Lega e Italia”, dal blog di Della Luna del 13 giugno 2019).Sebbene dimezzato da continue sconfitte elettorali, il Movimento 5 Stelle continua a imporre al governo una serie di misure economiche che danneggiano l’economia, scompensano i conti pubblici, alzano lo spread, provocano sanzioni europee e, con la loro demagogica balordaggine, discreditano l’Italia e il suo governo proprio mentre questo dovrebbe difenderci dalle sanzioni e contemporaneamente criticare e far modificare le dannose regole finanziarie europee vigenti. Così i proprietari del Movimento stanno preparando il terreno a un nuovo colpo di Stato europeista e a un nuovo governo tipo Monti (con premier Draghi o Cottarelli o lo stesso Conte), quindi a una nuova mazzata di tasse e di recessione. A quel punto la Lega sarà distrutta nella sua immagine e nella sua leadership. E magari l’ala sinistra del Movimento potrà sguazzare in un clima di fiscalismo pauperista e pseudo-socialista, alleandosi alla sinistra, mentre Conte progetta una carriera sotto l’ombrello del Quirinale, e con una Lega non più competitiva perché segata.
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Cremaschi: questo governo è a pezzi, come e più del paese
Matteo Salvini vuol far cadere il governo: e non per calcoli elettorali o di alleanze, ma perché «non vuole precipitare in una finanziaria da trenta miliardi gestita da Tria con alle spalle Mattarella». Secondo Giorgio Cremaschi, il capo della Lega ha di fronte la foto di Renzi, che gli ricorda che se alle europee si può vincere “uno contro tutti”, poi si può perdere “tutti contro uno”. Quindi, secondo Cremaschi, Salvini «vuol andare al voto e fare campagna contro i vincoli Ue, che poi se vincesse le elezioni sicuramente rispetterebbe, come fanno tutti i sovranisti reazionari nella Ue». Però – aggiunge su “Contropiano” l’ex sindacalista Fiom, ora esponente di “Potere al Popolo” – Salvini non può semplicemente staccare la spina a Conte, per altro abbastanza “scarico” di suo. Per farlo, il leader leghista deve trovare una ragione “di programma”, come suol dirsi: deve cioè «dimostrare che il governo non vuole realizzare ciò che serve agli italiani, soprattutto a quelli che per lui vengono prima degli altri». Qui però Salcvini incontra una grossa difficoltà, vale a dire i 5 Stelle, «che hanno deciso di restare attaccati come cozze al governo, accettando tutto».Intanto, i grillini hanno accolto la sospensione del codice-appalti in punti di fondo, sostituendolo con la normativa europea, «ben più permissiva per un paese come il nostro che ha caporali, mafie e record di morti sul lavoro». Aggiunge Cremaschi: «La Lega quando si tratta di affari è europeista ultrà». Nei prossimi giorni, continua l’analista, i pentastellati «accetteranno il decreto sicurezza bis, copiato da Bolsonaro che a sua volta copia da Pinochet». Non solo: «Poi diranno sì all’autonomia differenziata, alla Flat Tax e infine anche al Tav in valle di Susa». A quel punto Salvini sarebbe in difficoltà: quali pretesti potrebbe trovare per rompere l’alleanza? «Dovrà inventarsi altri “programmi”, il ripristino del gatto a nove code sulle navi e delle punizioni corporali nelle scuole, l’indipendenza di Treviso, un tunnel sotto San Pietro, l’abolizione delle tasse e delle leggi sulla sicurezza sul lavoro». Secondo Cremaschi, «Salvini sparerà richieste idiote persino per lui», sperando che i 5 Stelle finalmente si arrendano e gettino la spugna. «E invece accetteranno, come sempre», ovvero: «Spiegando che era esattamente ciò che volevano».Che farà allora il povero Salvini? «Probabilmente andrà piangendo da Mattarella e chiederà consiglio a lui: scusi presidente, sono disperato, come si fa a far votare a settembre?». Cremaschi, giustamente critico coi grillini e spesso feroce con Salvini, non cita però il Piano-B che sarebbe in stato di avanzato sviluppo, e che il leader leghista non può non conoscere: l’avvento di Draghi a Palazzo Chigi, su pressione dei soliti poteri forti europei con la collaborazione dei consueti “terminali” italiani. Obiettivo: scongiurare le elezioni anticipate, “annullare” Salvini, sottoporre l’Italia a una super-austerity “lacrime e sangue”, col pretesto dell’aggravarsi della crisi (solito schema: spread, agenzie di rating, “letterine” della Commissione Europea). Draghi potrebbe smarcarsi, per non bruciarsi la possibilità di raggiungere il Quirinale dopo Mattarella? Il piano potrebbe ripiegare su un Cottarelli qualsiasi, per congelare l’Italia nel freezer peggiore della storia recente (tra i surgelati ovviamente i 5 Stelle, la salma del Cavaliere e l’anonimo Pd). Salvini e la Meloni – gli unici vincitori delle europee – resterebbero fuori. Sembra un film già visto.Matteo Salvini vuol far cadere il governo: e non per calcoli elettorali o di alleanze, ma perché «non vuole precipitare in una finanziaria da trenta miliardi gestita da Tria con alle spalle Mattarella». Secondo Giorgio Cremaschi, il capo della Lega ha di fronte la foto di Renzi, che gli ricorda che se alle europee si può vincere “uno contro tutti”, poi si può perdere “tutti contro uno”. Quindi, secondo Cremaschi, Salvini «vuol andare al voto e fare campagna contro i vincoli Ue, che poi se vincesse le elezioni sicuramente rispetterebbe, come fanno tutti i sovranisti reazionari nella Ue». Però – aggiunge su “Contropiano” l’ex sindacalista Fiom, ora esponente di “Potere al Popolo” – Salvini non può semplicemente staccare la spina a Conte, per altro abbastanza “scarico” di suo. Per farlo, il leader leghista deve trovare una ragione “di programma”, come suol dirsi: deve cioè «dimostrare che il governo non vuole realizzare ciò che serve agli italiani, soprattutto a quelli che per lui vengono prima degli altri». Qui però Salvini incontra una grossa difficoltà, vale a dire i 5 Stelle, «che hanno deciso di restare attaccati come cozze al governo, accettando tutto».