Archivio del Tag ‘deficit’
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La Germania sta spolpando le nostre migliori aziende
«Si chiama Spirale della Deflazione Economica Imposta. Ne ho scritto per la prima volta 4 anni fa ne “Il Più Grande Crimine”», ricorda Paolo Barnard. «Dissi che la Germania e la Francia avevano progettato la distruzione dei paesi industrializzati del sud Europa con l’adozione dell’euro, in particolare dell’Italia, perché era la Piccola Media Impresa italiana che aveva stroncato quella tedesca, al punto che nel 2000, prima dell’euro, l’Italia era il maggior produttore e la Germania l’ultimo (dati Banca d’Italia)». Oggi lo scenario si è ribaltato, puntualmente. E le imprese tedesche vengono a fare shopping da noi, perché «in quel comparto industriale abbiamo il miglior sapere al mondo». E, grazie alla trappola dell’euro, che ha «deprezzato l’economia italiana a livello albanese», i tedeschi comprano le aziende italiane a prezzi stracciati. Lo conferma un recente report del “Financial Times”: «Le piccole medie imprese tedesche si sono gettate in un’abbuffata trans-alpina, rendendole le più attraenti acquirenti straniere in Europa di aziende italiane».«Aziende della base industriale del Mittelstand tedesco ottengono accesso al sapere tecnologico di aziende italiane in difficoltà, mentre in alcuni casi spostano i loro quartieri generali oltr’alpe», scrive il quotidiano finanziario il 27 gennaio, sottolineando l’importanza del “sapere tecnologico italiano”. «Le aziende tedesche stanno afferrando opportunità d’espansione mentre la recessione sospinge verso il basso il prezzo degli affari nel sud Europa in difficoltà». Per Barnard, è esattamente «la Spirale della Deflazione Economica Imposta, per comprarci con due soldi» grazie alle restrizioni promosse dal sistema Ue-Bce. Marcel Fratzscher, direttore dell’istituto economico tedesco Diw, ammette che il terreno di caccia del business tedesco è soprattutto l’area in crisi, dove i tedeschi possono “aiutare” le piccole e medie aziende italiane, che «spesso faticano a ottenere credito». Ovvio: «A noi la Germania ha proibito di avere una “banca pubblica” come la tedesca Kfw», protesta Barnard. Una banca che, «barando sui deficit di Stato tedeschi, ha versato miliardi in crediti alle aziende tedesche».«Le acquisizioni – continua il “Financial Times – sono spesso descritte come accordi strategici, ma degli insider ci dicono che il linguaggio nasconde una serie di acquisizioni aggressive». Di fatto, è la “conquista” di aziende italiane, contro la volontà dei proprietari italiani costretti a vendere. «In alcuni casi gli accordi sono strutturati in modo che il marketing e il management sono esportati dall’Italia, spogliando l’azienda acquistata fino alle sue strutture produttive». Carlos Mack, di Lehel Invest Bayern, dice al “Financial Times” che la logica dietro al trasferimento delle sedi delle aziende italiane «è di avere sia i beni di valore che il marketing e il management in Germania, perché così si ha accesso più facile al credito bancario da banche non italiane». Sempre Mack dice che le aziende tedesche «non sono interessate al mercato italiano, ma solo al prodotto italiano». Ovvero, «sono interessate a vendere il prodotto italiano altrove». Per Barnard, è «la conferma che noi abbiamo le più straordinarie piccole medie imprese del mondo, e ora ci portano via i gioielli della nostra produzione».«A differenza delle aziende italiane – continua il “Financial Times” – le tedesche hanno poche difficoltà a trovare crediti». Una ricerca ha evidenziato che «le banche italiane lavorano bene con le succursali tedesche in Italia, facendogli credito, per proteggersi dai loro investimenti nelle aziende italiane in difficoltà». Ma come, non erano in difficoltà le nostre banche? «Perché prestano ai tedeschi e non a noi?». E’ un “trucco”, innescato dalla Deflazione Economica Imposta dall’euro: «Le nostre aziende affogano, quindi le banche italiane strangolano le aziende italiane perché sono in difficoltà, e arrivano i tedeschi a papparsi i nostri marchi di prestigio a 2 soldi, e le banche italiane ci fanno affari». Norbert Pudzich, direttore della Camera di Commercio Italo-Tedesca a Milano, dice che anche prima della recessione le aziende italiane avevano difficoltà a trovare crediti, perché ad esse manca lo stretto rapporto con le banche “di casa”, che invece le aziende tedesche del Mittelstand hanno. Infatti, osserva Barnard, la stessa Kfw «ha versato miliardi di euro di spesa pubblica sottobanco alle aziende tedesche, barando, mentre costringevano noi a rantolare senza un centesimo dal governo».«Tutto questo – conclude Barnard – io lo denunciai 4 anni fa, e mi davano del pazzo. Questa è la distruzione pianificata di una civiltà, quella italiana, delle nostre famiglie, dei nostri ragazzi. Questo è un crimine contro l’umanità, perché lo stesso accade in altri paesi europei. Questo è nazismo economico». I tedeschi? «Non cambieranno mai», sono «sterminatori nell’anima», andrebbero «commissariati dall’Onu per sempre». Barnard l’ha ripetuto in decine di conferenze, mostrando una slide dell’“Economist”: ora, con la nostra economia retrocessa a condizioni da terzo mondo «proprio a causa dell’Eurozona voluta da Germania e Francia», la Germania e altre potenze vengono a rastrellare aziende italiane pagandole quattro soldi. Tutto previsto: era un piano preciso. Se cessi di immettere denaro nel sistema, proibendo allo Stato di spendere, vince chi bara – in questo caso la Germania, in cu lo Stato finanzia (di nascosto) le aziende, creando un enorme vantaggio competitivo, completamente sleale. La politica italiana? Non pervenuta. E’ per questo che i “predatori” hanno campo libero. E il paese precipita.«Si chiama Spirale della Deflazione Economica Imposta. Ne ho scritto per la prima volta 4 anni fa ne “Il Più Grande Crimine”», ricorda Paolo Barnard. «Dissi che la Germania e la Francia avevano progettato la distruzione dei paesi industrializzati del sud Europa con l’adozione dell’euro, in particolare dell’Italia, perché era la Piccola Media Impresa italiana che aveva stroncato quella tedesca, al punto che nel 2000, prima dell’euro, l’Italia era il maggior produttore e la Germania l’ultimo (dati Banca d’Italia)». Oggi lo scenario si è ribaltato, puntualmente. E le imprese tedesche vengono a fare shopping da noi, perché «in quel comparto industriale abbiamo il miglior sapere al mondo». E, grazie alla trappola dell’euro, che ha «deprezzato l’economia italiana a livello albanese», i tedeschi comprano le aziende italiane a prezzi stracciati. Lo conferma un recente report del “Financial Times”: «Le piccole medie imprese tedesche si sono gettate in un’abbuffata trans-alpina, rendendole le più attraenti acquirenti straniere in Europa di aziende italiane».
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Ghigliottina esangue: perché la Boldrini deve dimettersi
Dev’essere tutta colpa del nipote di Magozurlì, quel tal Carloconti che imperversa la sera su Rai-uno trainando l’ascolto del Tiggì più caro agli italiani con un programma – l’eredità – in cui una ghigliottina cala sul gruzzolo dei concorrenti che si sono sudati la vincita rispondendo a domande impegnative sostenendo che Hitler salì al cancellierato di Germania nel 1970… Il ritorno di moda di una “invenzione” talmente micidiale che ne finì vittima persino il suo ideatore deve aver affascinato una predestinata ad alte cariche istituzionali come la presidente protempore della Camera dei deputati. La butto sull’ironico perché ho letto attentamente e con rispetto una lunga e profonda discussione che alcuni “amici” si sono scambiati sul mio “profilo facebook” scatenata da un post che a mia volta avevo condiviso dal social network.Dico subito che stimo molto coloro che conosco (al di la dell’“amicizia virtuale”) e che altrettanta stima ritengo si debba accordare anche a chi non conosco personalmente ma vedo che si appassiona a ragionare – (oggi!) – di democrazia a rischio! Ma francamente non immaginavo di provocare tanta rovente discussione, raccogliendo la segnalazione di un pezzo uscito su un blog dichiaratamente caustico nei confronti di tutto ciò che pretende di essere “politicamente corretto”. Qualunque commento rischia quindi di essere inadeguato, ma se non lo si fa nell’arena virtuale – potendosi sbagliare e correggere senza aver provocato danni irreparabili – non vedo come si possa auspicare che ciò possa avvenire nelle assemblee elettive di ogni ordine e grado. In tali consessi infatti tutti, anche i migliori, devono difendere la propria squadra non fosse altro in quanto strumento per lavorare al conseguimento dei più nobili obiettivi.Io non conosco la Boldrini se non attraverso la stima di persone che ci hanno avuto direttamente a che fare nella delicata esperienza legata alla sorte degli “ultimi”, dei migranti vittima di tante tragedie consumatesi nella indifferenza quando non nell’ostilità di buona parte dell’opinione pubblica. Ma a maggior ragione chi ha alle spalle quel tipo di storia non può permettersi di “dare scandalo” quando cambia mestiere: io non so e non mi permetto di dire che meglio sarebbe stato se si fosse legata una pietra al collo piuttosto che azionare – per la prima volta in Italia – la lama di una ghigliottina. E non è possibile cavarsela dicendo che non è corso sangue e nessuna testa è caduta nella cesta.Io sto ai fatti perché, mentre “la cosa” stava succedendo, quello che lei ha fatto passare stroncando l’“abominevole ostruzionismo grillino” (ma anche di alcuni suoi “ex compagni” di Sel e degli eletti di Fratellid’italia) è un provvedimento incoerente come tutti i decreti che lo hanno preceduto, un pezzo del quale poteva anche aver requisiti di “necessità e urgenza”, quello relativo alla soppressione dell’Imu, giusta o sbagliata che sia, ma l’altro – il grazioso regalo alle peggio banche italiane e non (vedi Unicredit) – oltre ad essere a dir poco discutibile era sicuramente rinviabile (e proprio con lo scopo di poterne discutere fino in fondo). E’ di queste stesse ore la notizia dell’apposizione di una sorta di segreto di Stato sulla richiesta di Bruxelles che il Monte dei Paschi di Siena restituisca 3 dei 4 miliardi di aiuti ottenuti dal Governomonti…Ora, mentre quel che arriva dalla Commissione Ue diventa sacro e immediatamente esecutivo se si tratta di tagliare pensioni, rientrare dal deficit eccessivo o rinunciare alla italianità della mozzarella, ecco che su questa “trascurabile raccomandazione” cala il più classico dei silenzi assordanti. Che le banche siano importanti (che sia fondamentale che tornino a svolgere la funzione del credito per cui si può considerare un bene da difendere anche la loro “italianità” alla faccia della globalizzazione) è fuor di dubbio. Ma quale uso sia meglio fare di sette miliardi e mezzo di riserve valutarie della Banca d’Italia deve essere materia su cui l’opposizione possa esercitare il diritto regolamentarmene disciplinato ad opporsi. Differentemente tale decisione, come quella su Mps o l’acquisto degli F-35 diventano prerogativa dell’Abi o una scelta insindacabile dell’esecutivo, o materia del Comitato per la Difesa Nazionale presieduto da un post-comunista che si è fatto monarca!Cose ognuna delle quali rappresenta un delitto contro la democrazia assai più grave di turpiloquio, sessismo, e – secondo me – persino delle più volgari e vergognose minacce. Che condanno, sia chiaro, come hanno fatto anche molti eletti a 5stelle – nonostante l’“obbligo di difesa della casamadre” cui ho fatto cenno. Ma che sono il sintomo, non la causa della malattia. Come lo è il tentativo (sin qui fallito) dei forconi che magari (come qualcuno paventava) credevano di avere dalla loro poliziotti e camionisti, ma non sapevano che i primi si sono tolti il casco per ravviarsi i capelli e i secondi erano garantiti da Palenzona & Lupi che di banche, pedaggi autostradali e rimborsi delle accise sul gasolio sono da sempre “razzapadrona”.Ora io credo che se la Boldrini non perde occasione per rincarare la dose affermando (virgolettato) che quello dei parlamentari 5stelle è stato un “attacco eversivo”, farebbe bene a dimettersi senza bisogno che glielo chieda nessuno, perché non può non sapere che sta seduta su una polveriera incomparabilmente più destabilizzante, i cui fuochisti sono quelli che hanno manovrato i pentiti per depistare i magistrati dallo scoprire chi sono stati se non i mandanti almeno i complici “istituzionali” dalle stragi di Capaci e via d’Amelio; perché è circondata da lobbysti che decidono indisturbati in che modo usare le risorse pubbliche per i loro affari privati e quali emolumenti attribuirsi.Allora delle due l’una: o ammetti di essere inadeguato per un ruolo imparziale e ne trai le conseguenze o sei complice di un disegno che è eversivo (quello sì) di quella stessa Costituzione su cui hai giurato. E siccome di spergiuri è piena la lista di attesa, meglio se a compiere (o avallare) le inevitabili nefandezze prossime venture saranno persone dal curriculum politico spregevole e riconoscibili come tali. Spiacente, ma di difensori della classe operaia che passavano da una festa all’altra della nobiltà romana ne abbiamo gia avuto uno, e non era neanche una donna, per cui chi – giustamente – lo attaccava, se non altro, non poteva essere tacciato di sessismo.(Claudio Giorno, “La ghigliottina esangue”, dal blog di Giorno del 2 febbraio 2014).Dev’essere tutta colpa del nipote di Magozurlì, quel tal Carloconti che imperversa la sera su Rai-uno trainando l’ascolto del Tiggì più caro agli italiani con un programma – l’eredità – in cui una ghigliottina cala sul gruzzolo dei concorrenti che si sono sudati la vincita rispondendo a domande impegnative sostenendo che Hitler salì al cancellierato di Germania nel 1970… Il ritorno di moda di una “invenzione” talmente micidiale che ne finì vittima persino il suo ideatore deve aver affascinato una predestinata ad alte cariche istituzionali come la presidente protempore della Camera dei deputati. La butto sull’ironico perché ho letto attentamente e con rispetto una lunga e profonda discussione che alcuni “amici” si sono scambiati sul mio “profilo facebook” scatenata da un post che a mia volta avevo condiviso dal social network.
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Rampini: il grande ritorno dei Padroni dell’Universo
C’é un fondo d’investimento che si compra un’intera città della California in bancarotta, c’è quello che controlla da solo il 7% di tutta la ricchezza mondiale, 15.000 miliardi di dollari, e c’è il finanziere d’assalto che sfida Apple. I “Masters of the Universe” sono tornati, osserva Federico Rampini: i giganti della finanza americana rinascono più forti che mai. «Il crac sistemico del 2008, che sembrava averli spezzati, è ormai un ricordo lontano: se ne accorge anche Hollywood, con il duo Martin Scorsese-Leonardo Di Caprio» che proprio a loro dedica a “The Wolf, il Lupo di Wall Street”, alla fine di un 2013 che ha visto Wall Street polverizzare ogni record, con l’indice Standard & Poor’s in rialzo del 30%. rispetto al primo gennaio. L’“Economist” dedica una copertina a Blackrock, il fondo d’investimento più grande del mondo, il primo azionista in metà delle 30 maggiori multinazionali del pianeta. E lo raffigura come una roccia nera che incombe su sfondo di cielo azzurro, «un’immagine che evoca Magritte oppure il monolito di Stanley Kubrick».“Time Magazine” invece sulla copertina di dicembre mette Carl Icahn, un nome che rievoca le prime grandi scalate degli anni Ottanta: «L’epoca in cui il romanziere Tom Wolfe coniò, nel “Falò delle vanità”, quel termine arrogante e superbo, inquietante e gonfio di hubris: i Padroni dell’Universo, appunto», scrive Rampini su “Repubblica” in un’analisi ripresa da “Micromega”. Il fondo che possiede una città si chiama Marathon Asset Management, non è neppure uno dei maggiori colossi, amministra “solo” 11 miliardi di dollari. Ha rilevato l’intera Scotia, città californiana a 250 km a nord di San Francisco, dopo la bancarotta municipale. «È un precedente che potrebbe far scuola per metropoli ben più grandi come Detroit, dove il liquidatore dei beni comunali sta mettendo all’asta fallimentare anche i musei cittadini». Intanto, “Time” saluta il ritorno di Icahn, 77 anni e un patrimonio di 20 miliardi che lo colloca al 18esimo posto della classifica “Forbes” dei Paperoni d’America, con questa presentazione: «È il singolo investitore più ricco di Wall Street, e il più temuto raider di grandi imperi industriali».La sua carriera, ricorda Rampini, cominciò con la scalata alla compagnia aerea Twa nel 1985, un anno prima che i rivali di Kkr lo battessero nella conquista alla Nabisco (raccontata in un altro celebre romanzo-realtà sulla finanza Usa, “Barbari alle porte”). Oggi Icahn fa notizia soprattutto per il braccio di ferro che lo oppone a Tim Cook, il chief executive di Apple nel dopo-Steve Jobs. «E qui viene la sorpresa: invece di assalire Apple con una delle solite scorribande finanziarie mordi-e-fuggi, Icahn si fa il paladino di interessi generali», perché «Apple non è una banca». Icahn vuole che la regina degli iPhone e iPad la smetta di accumulare cash inutilizzato (ben 150 miliardi di dollari, una montagna di liquidità tanto impressionante quanto assurda) e lo distribuisca a tutti gli azionisti – lui incluso, ovviamente, che nel capitale di Apple ha investito due miliardi. Ma l’operazione che Icahn pretende da Apple distribuirebbe benefici anche ai piccoli risparmiatori. «I Padroni dell’Universo si sono convertiti come dei Robin Hood? Tutt’altro. Ma almeno il loro è un capitalismo vero, un’economia di mercato non ingessata».Blackrock è un campione che gioca in una categoria a parte: la sua. «È il King Kong dell’investimento moderno, nessun altro può competere per dimensioni». Fondata nel 1988, oggi Blackrock amministra direttamente 4.100 miliardi di dollari dei suoi clienti. Inoltre fornisce piattaforme tecnologiche e software per la gestione di altri 11.000 miliardi. E quei fondi sotto la sua influenza crescono al ritmo frenetico di 1.000 miliardi all’anno. «Naturalmente compra anche bond, materie prime, immobili. La sua vera specialità però resta l’investimento azionario. Ritrovi Blackrock come primo azionista delle tre regine hi-tech americane: Apple, Google, Microsoft. È il primo azionista anche di due colossi petroliferi (Exxon, Chevron), di due tra le maggiori banche Usa (Jp Morgan Chase, Wells Fargo), sempre primo azionista anche in conglomerati industriali come General Electric, Procter & Gamble». Una peculiarità di Blackrock la distingue da altri protagonisti di epoche precedenti nella storia di Wall Street: «Questo maxi-fondo investe soprattutto attraverso strumenti detti “passivi” come gli exchangetraded funds (Etf) che riproducono esattamente l’andamento di indici di Borsa». Soprattutto, Blackrock investe capitali che le vengono affidati anche dai piccoli risparmiatori, per esempio attraverso fondi pensione. «Dunque, a differenza della famigerata e defunta Lehman Brothers o di altre banche d’affari che si rivelarono fragilissime, un investitore istituzionale come Blackrock ha poco “rischio sistemico”».In un certo senso, continua Rampini, la Blackrock ha obbedito anticipatamente alla nuova regola varata solo da poche settimane dall’amministrazione Obama, quella Volcker Rule che vieta ai banchieri di fare speculazioni rischiose coi propri capitali. «È un altro caso di Padrone dell’Universo che può aiutare l’economia di mercato a evitare catastrofi come quella del 2008? Di certo l’universo capitalistico in cui si muove Blackrock dista anni-luce dalla realtà italiana. Per quanto sia un colosso, e grosso azionista di gruppi come Apple, Google, Shell e Nestlè, Toyota e Novartis, in nessuna di queste aziende la sua quota configura una “minoranza di blocco”. Né fa parte di patti di sindacato, che generalmente non esistono a Wall Street e nei mercati più evoluti. Blackrock può usare la frusta verso un management che giudica inefficiente, ma non ha poteri di veto né si può permettere di paralizzare una grande azienda».Il ritorno dei Padroni dell’Universo, aggiunge Rampini, è un fenomeno dalle molte facce. «L’aspetto negativo lo sottolinea chi teme che la crescita americana sia ripartita su basi vecchie, cioé con gli stessi squilibri che generarono la grande crisi del 2008», in particolare «la finanziarizzazione dell’economia e la dilatazione delle diseguaglianze sociali che le è strettamente legata». Larry Summers, ex consigliere economico di Obama, in un importante discorso al Fmi ha evocato il rischio di una «stagnazione secolare», tra i cui sintomi vi sarebbe la deflazione. Uno studio della Washington University lancia l’allarme sulle disparità nel risparmio: il 5% delle famiglie più ricche sta accumulando troppi risparmi e in questo modo deprime i consumi; mentre il 95% rimanente è costretto a dilapidare lentamente i propri patrimoni per contrastare il peggioramento del tenore di vita.Il “lato positivo” di Wall Street, se esiste, forse lo vedono meglio di tutti gli italiani: per contrasto con la loro realtà nazionale. Il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni, in una recente visita a New York in cui ha incontrato proprio i dirigenti di Blackrock, oltre agli uomini di Citigroup e George Soros, ha potuto misurare i benefici della loro intraprendenza: «Diversi attori della finanza Usa si sono offerti di liquidare in fretta le sofferenze e i crediti incagliati delle banche italiane, un’operazione che consentirebbe alle aziende di credito di tornare a prestare fondi all’economia reale». Dietro un’economia americana che cresce del 3% e genera 200.000 nuovi posti di lavoro al mese, c’è anche questa finanza “flessibile”, che «ha liquidato in tempi record le scorie tossiche della crisi del 2008, ed è tornata a fare il suo mestiere». La storia di come le banche americane si sono rimesse in piedi, nel corso degli ultimi quattro anni, è lo specchio riflesso — all’incontrario — di tutto quel che non accade nel sistema bancario italiano. «Quando le banche Usa sembravano stremate, al tracollo, sul punto di affondare sotto il peso di investimenti sbagliati e crediti inesigibili, la prima mossa è stata la svendita a prezzi di liquidazione di tutta la “monnezza” che poteva impedire la riemersione».In seguito o in parallelo, ci sono state le grandi ricapitalizzazioni. Le banche hanno cercato capitali freschi sul mercato aperto. Una delle prime operazioni la fece un personaggio emblematico del capitalismo Usa, Warren Buffett, con il suo investimento “salvifico” in Goldman Sachs, fatto in un’epoca in cui sui mercati ancora regnava una sfiducia quasi disperata. Una volta ricapitalizzate, anche con l’intervento dei Padroni dell’Universo, le banche hanno riguadagnato la fiducia dei mercati, sono apparse sufficientemente solide da superare gli “stress test” degli organi di vigilanza. E hanno ripreso a fare credito all’economia reale, famiglie e imprese, alimentando la ripresa attuale. Niente blindature degli assetti azionari, niente “foreste pietrificate” dei soliti noti. Questo è il capitalismo americano, conclude Rampini: è la “macchina del mercato” che, negli Usa, «ha ripreso a girare a pieno ritmo».C’è un fondo d’investimento che si compra un’intera città della California in bancarotta, c’è quello che controlla da solo il 7% di tutta la ricchezza mondiale, 15.000 miliardi di dollari, e c’è il finanziere d’assalto che sfida Apple. I “Masters of the Universe” sono tornati, osserva Federico Rampini: i giganti della finanza americana rinascono più forti che mai. «Il crac sistemico del 2008, che sembrava averli spezzati, è ormai un ricordo lontano: se ne accorge anche Hollywood, con il duo Martin Scorsese-Leonardo Di Caprio» che proprio a loro dedica a “The Wolf, il Lupo di Wall Street”, alla fine di un 2013 che ha visto Wall Street polverizzare ogni record, con l’indice Standard & Poor’s in rialzo del 30%. rispetto al primo gennaio. L’“Economist” dedica una copertina a Blackrock, il fondo d’investimento più grande del mondo, il primo azionista in metà delle 30 maggiori multinazionali del pianeta. E lo raffigura come una roccia nera che incombe su sfondo di cielo azzurro, «un’immagine che evoca Magritte oppure il monolito di Stanley Kubrick».
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Lira più euro: terza via, per evitare la morte dell’Italia
Mantenere lo scudo dell’euro come valuta internazionale di scambio, ma tornare subito alle monete sovrane nazionali: è l’unica via per salvare l’economia dei paesi rovinati dalla moneta unica europea, cioè tutti tranne la Germania. Per Enrico Grazzini, si tratta semplicemente di recuperare lo storico progetto del Bancor, avanzato da Keynes a Bretton Woods. Prima, però, le forze politiche devono capire – una volta per tutte – che l’attuale euro-sistema non è che sia “in crisi”: al contrario, è stato progettato esattamente per funzionare così, cioè premiando solo i tedeschi a danno di tutti gli altri. Obiettivo finale evidente: indebolire l’Europa sulla scenario geopolitico. «Oggi perfino Romano Prodi, l’uomo politico che ha fatto entrare l’Italia nell’euro, riconosce che l’Europa è un disastro, una minaccia». La Germania «impone all’Europa una sorta di nuovo Trattato di Versailles». Neoliberismo sfrenato, estremistico. Risultato: milioni di famiglie sul lastrico, aziende in crisi, catastrofe sociale ed economica.Innanzitutto, scrive Grazzini su “Micromega”, occorre «riconoscere che questa Ue è diventata esattamente il contrario di quella auspicata dai padri costituenti». Ovvero: «Non è più un progetto di libertà, di democrazia, di cooperazione e di pace tra i popoli, ma il preciso disegno di centralizzare rigidamente l’economia dei paesi europei sotto la guida tedesca per imporre politiche neoliberiste di smantellamento delle economie nazionali a favore del capitale del nord Europa, Germania in testa». La dimostrazione più recente del miope disegno egemonico tedesco? «E’ il progetto fasullo di “unione bancaria”», appena approvato dai ministri delle finanze dell’Unione. Grazie all’intervento del tedesco Wolfgang Schäuble, che ha rifiutato ogni meccanismo di mutualizzazione dei rischi con copertura di fondi pubblici, il progetto peggiora drasticamente la situazione: «I privati (azionisti, obbligazionisti e i correntisti con più di 100.000 euro) si faranno carico in prima persona delle difficoltà delle banche in crisi, poi interverranno i fondi nazionali creati grazie a nuove tasse da applicare alle banche stesse, e infine tra dieci anni interverrà anche in ultimissima istanza un minuscolo fondo europeo sempre di origine bancaria».In questo modo, cioè «senza alcuna copertura pubblica di livello europeo», secondo Grazzini «appena una banca sarà percepita come in difficoltà, i correntisti, gli azionisti e gli obbligazionisti fuggiranno, creando una spirale perversa di fuga. Il caso Cipro insegna». Così, in modo deliberato, «si incentiva il meccanismo di panico che condanna le banche dei paesi deboli a vantaggio delle banche dei paesi forti». Wolfgang Münchau, prestigioso editorialista del “Financial Times”, considera l’accordo per unione bancaria «un esercizio per prolungare il congelamento del credito bancario» in Europa. Con questo accordo – che secondo Münchau non avrebbe dovuto neppure essere siglato dai governi dell’Eurozona, come del resto anche quello del Fiscal Compact, perché è suicida – i governi del sud Europa «si sottomettono senza condizioni ai desiderata tedeschi». Sicché, l’unione bancaria «rischia di diventare un boomerang pericolosissimo e di fare precipitare le crisi bancarie».Anche le cosiddette “riforme strutturali” peggioreranno ulteriormente la situazione, continua Grazzini. La neoeletta premier Angela Merkel vuole imporre il suo progetto di austerità grazie ad accordi di programma per rendere “più competitiva” l’Europa – con lo smantellamento della sanità, dell’istruzione, la drastica compressione degli interventi pubblici, dei salari e delle pensioni, la diminuzione delle tasse per le corporations. «Gli accordi per le dolorose riforme strutturali, impopolari e del tutto inutili, verranno addirittura finanziati dalla Ue. Chi però non farà i “compiti a casa” andrà incontro a sanzioni automatiche imposte dalla Ue e dalla Troika – Ue, Bce, Fmi. In questa maniera si vuole imporre la sottomissione dei paesi europei». Di fronte a questo, si erge un ostacolo scoraggiante: la totale inconsistenza della politica, che in Italia non ha ancora “capito” quello che sta succedendo. «Puntare a riformare l’Unione Europea cedendo ancora quote di sovranità in campo istituzionale, finanziario ed economico, costituisce un errore madornale: significa stringere la corda alla quale gli europei si sono impiccati».Il sistema dell’euro, aggiunge Grazzini, «non è riformabile in queste condizioni politiche e in tempi compatibili con l’avanzare della crisi e della disoccupazione». Ma purtroppo – ed ecco il nostro grande problema – sembra che il ceto politico dirigente della sinistra «non sia all’altezza di comprendere la nuova realtà». Vendola «sogna ancora gli eurobond e la mutualizzazione dei debiti», e punta ad aderire (ancora senza risposta) al gruppo dei partiti socialisti europei che, a suo tempo guidati da Tony Blair e Gerhard Schröder, sono proprio quelli che più di altri «hanno promosso la deregolamentazione dei mercati finanziari e del lavoro». A sinistra di Sel, anche in Italia si tenta coraggiosamente di creare una lista di sostegno ad Alexis Tsipras, il dirigente di Syriza candidato della sinistra radicale europea alla presidenza della Commissione Ue. «Il gruppo della sinistra europea di opposizione è molto più realistico e critico verso l’euro, la Ue e le larghe intese italiane, tedesche e greche. Tuttavia anche la sinistra europea sembra orientata a mantenere la moneta unica, ovviamente riformata».Così però l’opposizione alla politiche di austerità potrebbe diventare poco credibile agli occhi di una opinione pubblica sempre più esasperata dalla crisi, obietta Grazzini. «Beppe Grillo e il “Movimento 5 Stelle” attaccano frontalmente la Ue e l’euro ma poi non sanno ancora quale soluzione realmente proporre, a parte il referendum: in effetti il M5S sembra sicuro che prima o poi l’euro si spaccherà e che l’Italia sarà comunque costretta a uscire dalla moneta unica». Il grande pericolo è che «mentre la sinistra non capisce il dramma in cui si sta ficcando l’Europa – e, anche quando è al governo, come in Francia, fa infuriare la sua base elettorale popolare imponendo tagli al welfare e al lavoro – la destra, e soprattutto la destra estrema, quella peggiore e razzista, guadagna milioni di voti protestando contro l’euro e il capitalismo finanziario». Scenario prevedibile: «Silvio Berlusconi e Matteo Salvini punteranno astutamente la loro campagna elettorale soprattutto contro l’euro. Non è difficile ipotizzare che grazie alla protesta contro l’euro e le tasse potrebbero rivincere le elezioni. E’ quindi urgente che la sinistra riconosca finalmente che questa Ue e questo euro non hanno sbocco».Per Grazzini, l’unica soluzione è il ritorno – immediato – alla sovranità monetaria. Per evitare un’uscita improvvisa dall’euro, che secondo l’analista metterebbe ulteriormente a rischio le nostre disastrate economie, basterebbe mantenere anche l’euro «come moneta comune di fronte alle altre valute internazionali, come il dollaro e lo yen». Un po’ come il Bancor di Keynes. Il recupero della sovranità monetaria? «E’ ovviamente un’operazione non facile, ma sarebbe meno dolorosa che continuare su questa strada senza sbocchi dell’euro attuale». La Germania ovviamente si opporrebbe. Ma poi, rinunciando all’euro come moneta unica, «non dovrebbe più temere di pagare per le altre nazioni, e l’opinione pubblica europea ne sarebbe felice». In sostanza, «si tratterebbe di convenire un sistema di cambi fissi aggiustabili tra le monete nazionali, avendo come riferimento l’euro come moneta comune (l’euro-lira, l’euro-marco, l’euro-peseta)». La Germania «potrebbe così ritornare al suo beneamato marco gestito dalla arcigna Bundesbank», ma anche gli altri paesi europei «potrebbero ritrovare la loro autonomia in campo economico».Si tratta di una soluzione decisiva e risolutiva, perché «i paesi più deboli potrebbero inizialmente svalutare la loro moneta per riequilibrare la bilancia dei pagamenti, rilanciare l’occupazione e ridurre i debiti, e i governi europei potrebbero decidere politiche espansive per uscire dalla crisi e abbassare il rapporto debito-Pil». Moneta sovrana: benzina necessaria per uscire dalla gabbia dell’euro, che produce soltanto la tragica spirale di contrazioni – consumi, redditi, credito – nella quale stiamo precipitando. Grazzini vede strategico, di fronte a un simile scenario, il ruolo della futura Bce: la banca centrale farebbe da «camera di compensazione per le transazioni europee», come la Clearing Union progettata da Keynes, e metterebbe in piedi un meccanismo per penalizzare «sia i paesi con eccessivi surplus commerciali – come la Germania – che quelli con deficit strutturali delle bilance commerciali, come l’Italia e i paesi del sud Europa». Deficit e surplus sarebbero tassati in proporzione alla loro dimensione e alla loro durata. Obiettivo: «Ridurre le posizioni creditrici e debitrici della bilancia dei pagamenti, fino ad ottenere tendenzialmente un saldo zero».Quello è ovviamente il punto contro cui la Germania «sparerebbe a zero». Ma, grazie al meccanismo di compensazione con penalità simmetriche, «il commercio nell’area euro potrebbe aumentare in maniera equilibrata per tutti». Il nuovo euro, insomma, «funzionerebbe come una unità di conto», proprio come il Bancor di Keynes, e «non come riserva di valore». Sarebbe una “moneta virtuale” e un “paniere” delle monete nazionali europee. «La valuta comune sarebbe gestita dalla Bce e utilizzata per tutte le operazioni con i paesi extraeuropei», con l’impegno a mantenere tassi finanziari stabili. Il “nuovo euro” «rappresenterebbe la barriera comune di fronte alla speculazione del mercato monetario internazionale: questo sistema garantirebbe la necessaria flessibilità interna e la stabilità monetaria verso il resto del mondo, dal momento che un “paniere di valute” è certamente più stabile di una moneta unica».Secondo analisti come Daniela Palma e Guido Iodice, questo tipo di “euro del futuro” «salva il mercato unico e la possibilità di una costruzione politica più solida dell’Unione Europea». Inoltre, la “moneta virtuale europea” «non richiede trasferimenti fiscali o unificazioni dei debiti dei singoli Stati, superando le principali obiezioni oggi poste alle soluzioni di tipo “federale”». Enrico Grazzini torna a rivolgersi direttamente alla politica, cioè all’unica leva democratica a nostra disposizione per tentare di salvare l’economia dall’euro-catastrofe: «Perché le forze della sinistra europea e il “Movimento 5 Stelle” non propongono questa soluzione?». Già, perché? Persino Prodi, massimo “padre” dell’euro, oggi si mostra “pentito” e propone un asse con Francia e Spagna per fronteggiare la Germania. Ma senza ancora riconoscere che il passaggio obbligato resta quello del ritorno alla moneta sovrana, a disposizione dello Stato (e senza limiti) per affrontare le emergenze e dare ossigeno all’economia.Mantenere lo scudo dell’euro come valuta internazionale di scambio, ma tornare subito alle monete sovrane nazionali: è l’unica via per salvare l’economia dei paesi rovinati dalla moneta unica europea, cioè tutti tranne la Germania. Per Enrico Grazzini, si tratta semplicemente di recuperare lo storico progetto del Bancor, avanzato da Keynes a Bretton Woods. Prima, però, le forze politiche devono capire – una volta per tutte – che l’attuale euro-sistema non è che sia “in crisi”: al contrario, è stato progettato esattamente per funzionare così, cioè premiando solo i tedeschi a danno di tutti gli altri. Obiettivo finale evidente: indebolire l’Europa sulla scenario geopolitico. «Oggi perfino Romano Prodi, l’uomo politico che ha fatto entrare l’Italia nell’euro, riconosce che l’Europa è un disastro, una minaccia». La Germania «impone all’Europa una sorta di nuovo Trattato di Versailles». Neoliberismo sfrenato, estremistico. Risultato: milioni di famiglie sul lastrico, aziende in crisi, catastrofe sociale ed economica.
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Giulietto Chiesa: con Tsipras, contro questa infame Ue
Ok a una una lista civica italiana per candidare il capo di Syriza, Alexis Tsipras, alla guida della Commissione Europea: la proposta di Barbara Spinelli, intervistata dal giornale greco “Avgì”, ci permette di «andare alle elezioni del prossimo maggio meno disarmati», sostiene Giulietto Chiesa. Tsipras sarà alla guida di una coalizione “di sinistra”, e nello stesso tempo «alla testa di un partito che potrebbe aspirare al governo della Grecia martoriata dalla violenza neo-liberista». Attenzione, Tsipras è anche «un simbolo della resistenza europea contro le politiche di austerità imposte dalla Trojka». Ha ragione la Spinelli: «In questo momento non c’è candidato migliore e meglio rappresentativo delle istanze popolari e democratiche europee», mentre la politica italiana offre lo sconfortante spettacolo delle “larghe intese”, promosse da un presidente come Napolitano che «è uscito ripetutamente dalle sue prerogative costituzionali», perseguendo un disegno di sostanziale obbedienza ai diktat di Bruxelles, con risultati catastrofici: economia ko, Italia costretta a svendere tutto.Per Giulietto Chiesa, fondatore del laboratorio politico “Alternativa”, Barbara Spinelli coglie nel segno anche quando avverte che i «vecchi partiti della sinistra radicale» non dovranno essere l’architrave della proposta-Tsipras, perché «abbiamo bisogno di qualcosa di più grande, qualcosa per scuotere la coscienza della società», superando i margini molto esigui dei rottami della sinistra “arcobaleno”. Se il Partito della Sinistra Europea ha lanciato anch’esso, nel suo congresso costitutivo di Madrid, la candidatura Tsipras, al di là delle migliori intenzioni – secondo Chiesa – il perimetro storico della sinistra rischia di essere un limite invalicabile, un vicolo cieco. Ne è convinto anche il direttore di “Micromega”, Paolo Flores D’Arcais: «La parola sinistra rischia di essere equivoca, oggi: paradossalmente, non usarla è meno equivoco che usarla», dal momento che “sinistra”, per molti, è ormai in contrapposizione con gli ideali di giustizia e libertà.La parola “sinistra” ricorda l’esperienza fallitmentare del socialismo reale, nonché «la catastrofe politica e ideale che ha seguito la sparizione del Pci». E richiama alla mente «i partitini che si definiscono neocomunisti e che sono una parodia», non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa. Rimettere in piedi qualcosa a tutti i costi, ripartendo sempre da quel disastro storico, per Aldo Giannuli ha tutta l’aria di un «accanimento terapeutico». Insistere con l’idea della “ricostruzione della sinistra”, aggiunge Giulietto Chiesa, significa anche restare fuori dalla realtà, prigionieri della logica degli steccati. E oltretutto «taglia fuori, in linea di partenza, ogni rapporto con gli otto milioni di elettori del “Movimento 5 Stelle”», cioè «l’unico insediamento istituzionale di una opposizione in Italia». Vero, il movimento diretto da Grillo e Casaleggio resta refrattario a qualsuasi alleanza. Ma perché «tagliarlo fuori dal dialogo che potrebbe condurre ad una lista civica nazionale come quella che noi proponiamo»?A differenza della sinistra in Italia, in Grecia Syriza è una forza politica in forte ascesa. Valide alcune istanze del Partito della Sinistra Europa, così come del “Movimento 5 Stelle”, ma la forma-partito «è un evidente ostacolo a ogni convergenza, ed è dunque prodromo di sconfitta». Barbara Spinelli propone un’alleanza civica «di cittadini attivi, di persone della società civile», disposti a mobilitarsi per Tsipras. «La strada è quella dei contenuti», continua Chiesa. «Se si sceglie Tsipras come candidato comune, sarà necessario fare riferimento alla sua intelligenza politica e alle sue posizioni: che non sono quelle del rifiuto dell’Europa, ma che la vogliono radicalmente cambiata». Un’Europa che sia una “unione”, diversa dall’attuale “equilibrio di potenze”, basato sugli egoismi nazionali, che si è trasformato nel dominio dei più forti sui deboli, senza meccanismi di riequilibrio economico e sociale.Giulietto Chiesa scende nei dettagli: serve un’Europa democratica e solidale, pacifica e non imperiale. Un’Europa «che cancelli i trattati di Maastricht e di Lisbona, fino al Fiscal Compact e a quel mostro intollerabile che è la costituzione, in corso, di Eurogendfor», la temuta super-gendarmeria europea (sostanzialmente antisommossa) non sottoposta a nessuna magistratura. Serve un’Europa non più ostile, «con una banca centrale interamente pubblica, i cui soci sono le banche centrali interamente pubbliche dei paesi membri». Una nuova Bce, che sia «prestatore in ultima istanza» e «abbandoni la linea dell’austerità». E infine «un’Europa che svolga un ruolo autonomo e sovrano nel contesto internazionale, interlocutrice non più subalterna degli Stati Uniti, propugnatrice di una partnership strategica con la Russia». Questo è Tsipras, «e con questo noi siamo in perfetta sintonia». Ma, aggiunge Chiesa, «occorre verificare chi, in Italia, lo è. E trovare un punto di convergenza che sia comprensibile per le grandi masse popolari di questo paese».Attenzione: l’interlocutore potenziale è costituito da milioni di elettori, a una condizione: «Questo programma non lo si può fare con l’illusione di trasformare il Partito Democratico. La sua dirigenza (non necessariamente i suoi elettori) non è riconducibile ai valori della Costituzione. Infatti è da lì che viene l’attacco a quei valori, impersonato dal presidente della Repubblica». Meglio dunque «riflettere seriamente», anche «per evitare di rimanere intrappolati su posizioni anti-europee che si stanno rapidamente diffondendo a partire dalle destre più o meno estreme», come dimostra l’appello del 27 dicembre, indirizzato ai “maggiordomi” italiani ed europei da parte di un gruppo di intellettuali guidati da Etienne Balibar. Un cambio di rotta per l’Europa? «Si tratta ora di vedere se e quante personalità indipendenti sono pronte ad assumersi la responsabilità di questo passo, rappresentato dalla creazione di una lista civica nazionale». I movimenti che lottano per i “beni comuni” saranno pronti a rispondere all’appello? Per Giulietto Chiesa serve «un programma sintetico, da proporre a milioni di italiani, comprensibile a tutti ed espresso in pochi punti». “Alternativa” nel propone uno, lapidario: «L’Italia non parteciperà più a nessuna azione militare fuori dai suoi confini».Ok a una una lista civica italiana per candidare il capo di Syriza, Alexis Tsipras, alla guida della Commissione Europea: la proposta di Barbara Spinelli, intervistata dal giornale greco “Avgì”, ci permette di «andare alle elezioni del prossimo maggio meno disarmati», sostiene Giulietto Chiesa. Tsipras sarà alla guida di una coalizione “di sinistra”, e nello stesso tempo «alla testa di un partito che potrebbe aspirare al governo della Grecia martoriata dalla violenza neo-liberista». Attenzione, Tsipras è anche «un simbolo della resistenza europea contro le politiche di austerità imposte dalla Trojka». Ha ragione la Spinelli: «In questo momento non c’è candidato migliore e meglio rappresentativo delle istanze popolari e democratiche europee», mentre la politica italiana offre lo sconfortante spettacolo delle “larghe intese”, promosse da un presidente come Napolitano che «è uscito ripetutamente dalle sue prerogative costituzionali», perseguendo un disegno di sostanziale obbedienza ai diktat di Bruxelles, con risultati catastrofici: economia ko, Italia costretta a svendere tutto.
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Il Grillo no-euro pensa ai giovani: non emigrate, cospirate
Non c’è ancora una ricetta precisa – sull’euro “solo” un referendum – ma il nemico è finalmente messo a fuoco: la vera casta, quella di Bruxelles, che emana i peggiori diktat (Fiscal Compact e pareggio di bilancio) per volontà della Commissione Europea, cioè di un governo-fantasma e onnipotente, che nessuno ha mai eletto. E’ la svolta genovese di Grillo, quella del terzo V-Day: la colpa principale della nomenklatura italiana non è più la sua endemica corruzione, ma l’accondiscendenza criminosa verso il potere “nemico” che ha usurpato l’orizzonte europeo per trasformare l’Unione in una sorta di dittatura, ben decisa a rovinare un paese come l’Italia. Balza agli occhi il dato generazionale della piazza grillina, osserva Anna Lami: il popolo di Grillo ha un’età media di trent’anni, è fatto di giovani coppie, studenti, famiglie con bambini. «A differenza delle primarie del Pd, delle convention berlusconiane e della gran parte dei ritrovi di quello che resta della sinistra anticapitalista, i pensionati nella piazza pentastellata sono una sparuta minoranza».«Chi negli anni a venire porterà sulle spalle il peso dei disastri che questo sistema sta producendo – aggiunge Anna Lami nel suo reportage su “Megachip” – attualmente guarda ai 5 Stelle con speranza». E il V-Day di Genova segna un salto significativo nel profilo politico del movimento grillino: si riducono i meri attacchi alla casta politica e crescono quelli all’Europa dell’austerità e dell’euro. «Si tenta anche di delineare i primi tratti che dovrebbero caratterizzare in positivo la società del futuro (citati gli esempi di Correa, Morales e Maduro), in maniera a tratti confusa, ma indice di un significativo progresso che, probabilmente, Grillo e Casaleggio intendono innestare nella coscienza del “loro” popolo». Parole dirette, emergenze stringenti: povertà («ci sono 8 milioni di poveri, non possiamo continuare a far finta che non esistano»), precarietà occupazionale («c’è troppa gente costretta ad accettare qualsiasi ricatto per sopravvivere»), allargamento del divario tra ricchi e poveri. Napolitano? Merita l’impeachment: «Rimarrai solo», tuona Grillo, rivolto all’uomo del Colle. «La tradirai da solo, l’Italia».“Oltre”, la parola chiave del meeting, è soprattutto «andare oltre il concetto di quest’Europa, a cui non credono più neanche i bambini». In sette punti, ecco delineata la politica estera europea del “populista arrabbiato”. Innanzitutto un referendum sull’euro: «Siamo stati truffati quando siamo entrati, e ora ci troviamo a competere in un mercato schizofrenico». Deve pur esserci un piano-B, perché di questo passo c’è solo il collasso dell’Italia. Gli eurobond, per imporre alla Bce di sostenere i debiti sovrani? «Non li accetteranno mai, ma li chiederemo lo stesso». Come? Stringendo un’alleanza coi paesi mediterranei: «Non dobbiamo parlare con la Merkel, ma con i paesi simili a noi, con problemi simili ai nostri». Cioè Francia, Spagna, Grecia, Portogallo. «Gli economisti mi criticheranno? Sono loro la rovina di questo paese, in cinquant’anni non ne hanno azzeccata una». Il resto sono conseguenze, ben esplicitate. Come il no al pareggio di bilancio: «Vedremo noi se e come sforare, e non per diritto costituzionale. Abbiamo perso la sovranità monetaria, quella economica, quella dei nostri figli». Idem per il Fiscal Compact, da abolire: «Non possiamo accettare un contratto per il quale dovremo tagliare 50 miliardi l’anno per vent’anni». Ai giovani, protagonisti della piazza, un’esortazione forte: «Non dovete emigrare, dovete cospirare!».Non c’è ancora una ricetta precisa – sull’euro “solo” un referendum – ma il nemico è finalmente messo a fuoco: la vera casta, quella di Bruxelles, che emana i peggiori diktat (Fiscal Compact e pareggio di bilancio) per volontà della Commissione Europea, cioè di un governo-fantasma e onnipotente, che nessuno ha mai eletto. E’ la svolta genovese di Grillo, quella del terzo V-Day: la colpa principale della nomenklatura italiana non è più la sua endemica corruzione, ma l’accondiscendenza criminosa verso il potere “nemico” che ha usurpato l’orizzonte europeo per trasformare l’Unione in una sorta di dittatura, ben decisa a rovinare un paese come l’Italia. Balza agli occhi il dato generazionale della piazza grillina, osserva Anna Lami: il popolo di Grillo ha un’età media di trent’anni, è fatto di giovani coppie, studenti, famiglie con bambini. «A differenza delle primarie del Pd, delle convention berlusconiane e della gran parte dei ritrovi di quello che resta della sinistra anticapitalista, i pensionati nella piazza pentastellata sono una sparuta minoranza».
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Amoroso: via l’euro, se vogliamo democrazia in Europa
Monete sovrane svalutabili, o sarà la fine: dobbiamo uscire immediatamente dall’euro, per salvare la nostra economia e ripristinare la democrazia in Europa. Lo sostiene l’economista italo-danese Bruno Amoroso: l’euro non è che un dogma smentito dai fatti, mentre in realtà rappresenta un fattore devastante di disgregazione. Prima ha spaccato l’Europa in due, opponendo i 17 paesi dell’Eurozona ai 10 rimasti fuori, e ora ha diviso la stessa Eurozona, scavando un solco incolmabile tra nord e sud. La disastrosa moneta della Bce? Con la sua rigidità «è la causa prima dell’attuale situazione di crisi del progetto europeo». Un piano oligarchico, i cui gestori oggi hanno “gettato la maschera”: il rigore promosso dalla Troika formata da Bce, Fmi e Ue non è altro che l’esecuzione, in Europa, dell’ideologia neoliberista imposta dalla globalizzazione, che comprime i diritti del lavoro e mortifica lo Stato sovrano, disabilitandolo come garante dei cittadini. Fiscal Compact, Patto di Stabilità: sono gli strumenti con cui l’oligarchia finanziaria ha deciso di metterci in crisi.
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Truce Germania smemorata: noi le condonammo i debiti
Strana, pericolosa Germania: è risorta dalla vergogna mondiale del nazismo ricorrendo alla “politica della memoria” che l’ha riabilitata, beneficiando di un colossale taglio del debito accordatole nel ’53 (per motivi geopolitici, certo) da ben 65 paesi, tra cui l’Italia. Ma ora pare vittima di un’amnesia capitale, pretendendo che il debito altrui venga saldato, costi quel che costi, foss’anche la morte per fame dei poveri greci o la devastazione economica di un grande paese come il nostro. Per Barbara Spinelli, rischia di tornare in scena il peggio della storia europea: proprio i tedeschi stanno infliggendo al resto d’Europa la stessa “punizione” che furono i primi a subire, per mano della Francia, che dopo la Prima Guerra Mondiale demolì la Repubblica di Weimar spianando la strada alle camicie brune. Stessa ricetta degli “austeritari” di allora: deflazione spietata, super-export, crollo dei consumi interni, crescente irresponsabilità bellicosa verso i vicini.
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Un Comitato di Liberazione Nazionale contro le euro-tasse
Serve un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale, per respingere il “fascismo finanziario” dell’Unione Europea e imporre il ritorno della democrazia e della sovranità in Italia. Paolo Barnard lo spiega “verticalizzando” il problema senza giri di parole. I “sociopatici” trattati-capestro su cui si fonda l’Ue? «Esautorano Stati, Costituzioni e Parlamenti, quindi i cittadini sovrani», che non hanno mai votato né per Maastricht né tantomeno per il Fiscal Compact. Su Bruxelles il Parlamento Europeo non ha potere, i popoli europei non possono esprimersi democraticamente né difendersi. Imposizione fiscale, taglio dei deficit, austerità imposte dal regime europeo? «Sono strumenti del fascismo finanziario Ue per l’impoverimento delle masse e conseguente scadimento della democrazia». L’unica soluzione, secondo Barnard, sta nell’abolizione, «per legittima difesa», del reato di evasione fiscale. Inutile aspettarsi misure di salvezza dal governo: non le adotterà mai.«La tragedia dell’economia attuale, quella del tuo reddito, del tuo mutuo e del futuro di tuo figlio – scrive Barnard nel suo blog – è che una generazione di miserabili economisti prezzolati a suon di parcelle dal Potere ha fatto dimenticare a tutti il Dna dell’economia per l’Interesse Pubblico, quella che veramente creò la ricchezza moderna. Così ci hanno guadagnato quattro porci di speculatori, sulla pelle di milioni». Ed è successo. «Immaginate: è come se Maria De Filippi, il Gabibbo, Jovanotti e Mammuccari ci avessero fatto dimenticare che il Dna della lingua italiana sono Dante, Petrarca, Foscolo, Carducci o Pavese e Moravia – infatti è successo anche questo, e la lingua che parliamo è una cosa abominevole». Barnard cita un economista democratico di 70 anni fa, Michal Kalecki: «Basterebbe ricordare che razza di genio illuminato era costui e che cuore aveva per l’interesse della gente». Meglio si capirebbe che «la penicillina della salvezza delle nostre vite economiche è stata annientata, nascosta, con risultati orripilanti sulla vita di tutti noi».Nel 2013, l’Italia si ritrova un governo «illegittimo», sorretto da un uomo come Napolitano, accusato di “cestinare” la Costituzione. «Il potere deve tornare ai cittadini», dice Barnard, attraverso un nuovo Cln come quello sorto nel 1943. Obiettivo, abbattere il “fascismo finanziario” di Bruxelles. Come? Con una sorta di rivolta fiscale. «Azione numero 1: Il reato di evasione fiscale è abolito. Lo decidono gli italiani per legittima difesa. Evaderemo tasse fino al raggiungimento del 9% di deficit, poiché le identità macroeconomiche dimostrano oltre ogni dubbio che il deficit dello Stato è la ricchezza di cittadini e aziende per la salvezza nazionale. O l’alza il governo (unitamente a un taglio delle tasse), o l’alziamo noi con l’evasione. Vita o morte dell’Italia è in gioco». Un appello che Barnard considera patriottico: «Nel nome della patria e della Costituzione italiana, oggi la salvezza del paese passa per l’evasione fiscale delle tasse dell’Economicidio impostoci dal fascismo tecnocratico europeo».Serve un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale, per respingere il “fascismo finanziario” dell’Unione Europea e imporre il ritorno della democrazia e della sovranità in Italia. Paolo Barnard lo spiega “verticalizzando” il problema senza giri di parole. I “sociopatici” trattati-capestro su cui si fonda l’Ue? «Esautorano Stati, Costituzioni e Parlamenti, quindi i cittadini sovrani», che non hanno mai votato né per Maastricht né tantomeno per il Fiscal Compact. Su Bruxelles il Parlamento Europeo non ha potere, i popoli europei non possono esprimersi democraticamente né difendersi. Imposizione fiscale, taglio dei deficit, austerità imposte dal regime europeo? «Sono strumenti del fascismo finanziario Ue per l’impoverimento delle masse e conseguente scadimento della democrazia». L’unica soluzione, secondo Barnard, sta nell’abolizione, «per legittima difesa», del reato di evasione fiscale. Inutile aspettarsi misure di salvezza dal governo: non le adotterà mai.
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Potere massonico: Silvio e Giorgio, affinità e fratellanza?
«Berlusconi ha avuto molto, in passato, in termini di supporto e relazioni significative, dall’ambiente libero-muratorio. Per converso, sono stati proprio alcuni circuiti massonici sovranazionali a pretendere e a determinare la caduta politica del “fratello Silvio” nell’autunno del 2011, imponendo il collocamento del “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi». Un’affermazione forte, che il leader del “Grande Oriente Democratico” Gioele Magaldi ha rilasciato in un’intervista a Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara, autori del saggio “I panni sporchi della sinistra” (Chiarelettere). Ma l’obiettivo dei due autori non è tanto il Cavaliere, la cui militanza massonica è arcinota, quanto l’uomo del Colle: «Il complesso rapporto creatosi nel corso degli anni tra Berlusconi e Napolitano – scrivono – suggerisce sintonie che spesso vanno oltre la simpatia personale e il reciproco rispetto che può esistere tra figure che dovrebbero essere radicalmente lontane, sia per storia intellettuale e professionale sia per schieramento politico».Se di Berlusconi si ricorda l’iscrizione alla Loggia P2 di Licio Gelli nel 1978, da cui poi proseguì «il suo percorso massonico alla corte del Gran maestro Armando Corona dal 1982 al 1990», con accanto Marcello Dell’Utri – sempre secondo Magaldi – per tessere la rete di relazioni alla base di Forza Italia, per Pinotti e Santachiara è «molto più complesso il discorso che riguarda Napolitano», come affermano nel loro libro, di cui “Affari Italiani” pubblica un’anticipazione. «È possibile che le sintonie con Berlusconi siano state facilitate da comuni vicinanze su questo terreno? Secondo Magaldi – che lo ha affermato in numerose interviste – non vi sono dubbi sul fatto che il presidente della Repubblica sia un “fratello”». Dichiarazioni certamente insufficienti, ammettono i due giornalisti, intenzionati ad “approfondire” il tema con «un’autorevole fonte», che però «ha chiesto di rimanere anonima». Si tratta di «un avvocato di altissimo livello, cassazionista, consulente delle più alte cariche istituzionali, massone con solidissimi agganci internazionali in Israele e negli Stati Uniti». L’avvocato sarebbe «figlio di un dirigente del Pci, massone, e lui stesso molto vicino al Pd». Secondo il legale, già il padre di Napolitano è stato «una delle figure più in vista della massoneria partenopea».Avvocato liberale, poeta e saggista, Giovanni Napolitano avrebbe trasmesso al figlio Giorgio (notoriamente legatissimo al padre, che ammirava profondamente) non solo l’amore per i codici ma anche quello per la “fratellanza”? «A rafforzare la connotazione “muratoria” dell’ambiente in cui è nato Giorgio Napoletano c’è un altro massone, amico fraterno del padre: Giovanni Amendola, padre di Giorgio, storico dirigente del Pci e figura fondamentale per la crescita intellettuale e politica dell’attuale presidente della Repubblica», scrivono Pinotti e Santachiara. «Va detto che l’appartenenza alla massoneria non è un reato, anzi, molto spesso figure a essa legate sono diventate protagoniste di rivoluzioni innovatrici e progressiste». Certo, il legame massonico «rappresenta una modalità di gestione del potere di cui poco si conosce». Modalità che «è spesso determinante per capire i fatti più recenti della politica italiana e internazionale». Per molti aspetti, sostiene la “fonte” dei due reporter, «Napolitano è assimilabile a Mitterrand, che era anche lui massone», ed è stato il politico più decisivo nell’imporre in Europa sia il regime dell’euro che l’asfissia del rigore come “virtù” neoliberista, oggi simboleggiata dal tetto del 3% deficit-Pil per la spesa pubblica. Un vincolo fatale, che sta mettendo in croce le democrazie europee e demolendo il nostro tessuto socio-economico.Sempre secondo l’anonimo avvocato napoletano citato da Pinotti e Santachiara, la visione di Napolitano è identica a quella della “république” incarnata da Mitterrand, «un monarchico travestito da socialista» secondo un ex consulente dell’Eliseo come l’economista Alain Parguez, nemico giurato dell’euro-regime di Bruxelles. «L’appartenenza massonica di Napolitano è molto diversa da quella di Ciampi, fa riferimento a mondi molto più ampi», continua “l’avvocato”. «Ciampi inoltre è un cattolico. Napolitano si muove in un contesto più vasto». La massoneria italiana, dal canto suo, ha sempre espresso grande simpatia verso l’attuale presidente della Repubblica, sostengono i due autori del libro. «Il Gran maestro del Grande Oriente d’Italia (Goi), avvocato Gustavo Raffi, si è rivolto più volte pubblicamente a Napolitano, esprimendo simpatia e deferenza». Il 10 maggio 2006, dopo la prima elezione alla presidenza della Repubblica, Raffi esultava indicando la scelta di Napolitano come «uno dei momenti più alti nella vita democratica del paese», ed esprimeva felicitazioni «a nome dei liberi muratori del Grande Oriente d’Italia».Stesso entusiasmo nel marzo del 2010, per la rielezione di Napolitano al Quirinale, di fronte all’agonia del Parlamento tramortito dall’exploit di Grillo dopo la micidiale “cura dimagrante” affidata a Monti e Fornero. E il 13 giugno 2010, lo stesso Raffi si è spinto «sino alla soglia di pesanti rivelazioni, rispondendo a una domanda non casuale di Lucia Annunziata», nella trasmissione Rai “In mezz’ora”. Domanda: «Napolitano potrebbe essere un massone sotto il profilo dei valori?». Netta la risposta di Raffi: «A mio avviso sì, per umanità, distacco, intelligenza, per avere levigato la pietra, per averla sgrezzata, lo dico in linguaggio muratorio, in questo senso sì». Anche nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, aggiungono Pinotti e Santachiara, si registrano convergenze tra la spinta celebrativa del Colle e i momenti pubblici organizzati dalla massoneria italiana, artefice forte del Risorgimento. Il 7 gennaio 2011 Raffi apre le danze dichiarando: «Come ci ricorda con il suo esempio altissimo il capo dello Stato Giorgio Napolitano, abbiamo il compito di ritrovare fiducia, unità e coesione nazionale, capacità di risolvere i problemi, insieme a progetti che indichino la strada al di là di ogni polemica di parte e del cortile degli interessi».«Berlusconi ha avuto molto, in passato, in termini di supporto e relazioni significative, dall’ambiente libero-muratorio. Per converso, sono stati proprio alcuni circuiti massonici sovranazionali a pretendere e a determinare la caduta politica del “fratello Silvio” nell’autunno del 2011, imponendo il collocamento del “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi». Un’affermazione forte, che il leader del “Grande Oriente Democratico” Gioele Magaldi ha rilasciato in un’intervista a Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara, autori del saggio “I panni sporchi della sinistra” (Chiarelettere). Ma l’obiettivo dei due autori non è tanto il Cavaliere, la cui militanza massonica è arcinota, quanto l’uomo del Colle: «Il complesso rapporto creatosi nel corso degli anni tra Berlusconi e Napolitano – scrivono – suggerisce sintonie che spesso vanno oltre la simpatia personale e il reciproco rispetto che può esistere tra figure che dovrebbero essere radicalmente lontane, sia per storia intellettuale e professionale sia per schieramento politico».
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Cremaschi: mentono sulla ripresa, ci vogliono rassegnati
Dopo la pubblicazione degli ultimi dati Istat, che aggravano la portata della crisi rispetto alle previsioni del governo, è legittimo chiedersi se i nostri governanti siano soprattutto incompetenti o soprattutto bugiardi. Per me sono soprattutto bugiardi, perché è davvero difficile credere che dopo tre anni nei quali l’intreccio tra crisi e austerità ha prodotto il disastro sociale in cui viviamo, essi possano ancora sbagliarsi nelle previsioni e nelle decisioni. Secondo l’Istat anche quest’anno avremo una recessione di quasi due punti, che sommata a quella degli anni precedenti porta la caduta complessiva della nostra economia a sfiorare il 10% del Pil. L’anno prossimo, sempre secondo l’istituto di statistica, si dovrebbe crescere dello 0,7%. Quindi, ammesso che il dato sia vero e che segni una svolta duratura, abbiamo di fonte a noi una dozzina di anni prima di tornare ai livelli di Pil del 2007-2008.D’altra parte già oggi ci si dice che in ogni caso questa crescita non riassorbirà la disoccupazione provocata dalla crisi, anche perché nel frattempo chi ha la fortuna di mantenere un lavoro opera molto più intensamente e per più ore di prima. Quindi tra dodici anni, ammesso che davvero si sia recuperato il Pil perduto, la disoccupazione sarà più o meno quella di oggi e la precarietà di chi lavora ancora maggiore. Possibile che Letta e Saccomanni, non discuto di Alfano che magari è davvero incompetente, non sappiano nulla di tutto ciò e credano sul serio che agganciando non si sa quale mitica ripresa internazionale, attirando misteriosi investitori finanziari, si riduca la disoccupazione? Perché questo si avverasse, l’economia italiana dovrebbe crescere del 4% all’anno: solo così potrebbe riassorbire almeno in parte la disoccupazione e continuare a fare fronte ai vincoli di bilancio imposti dalla Troika europea e finanziaria. Ma simili tassi di crescita sono pura fantascienza non solo per il nostro paese, ma persino per la vincente Germania.E allora? Ripeto, è possibile che Letta e Saccomanni, pieni di titoli e riconoscimenti sulle competenze economiche, non sappiano ciò che è ovvio per uno studente ai primi anni di economia? Non ci credo e dunque avanzo l’ipotesi che essi sappiano benissimo che dalle loro politiche di austerità sortiscono gli effetti che vediamo, ma che con le loro bugie vogliano farceli accettare. Le chiacchiere sulla ripresa, sul miglioramento inesistente della economia, sui frutti della stabilità, servono soprattutto a prendere tempo e a farci abituare a vivere così. Più ci adattiamo a vivere nella recessione e nella disoccupazione di massa, più ci sembreranno un risultato le 14.000 assunzioni di giovani che Letta vanta all’attivo, mentre al passivo, ce lo ricorda ancora l’Istat, ci sono un milione e duecentomila licenziamenti. Letta e Saccomanni, e tutti i governanti che si ispirano all’austerità europea, sanno perfettamente che quello che fanno ha prodotto, produce e produrrà disoccupazione di massa, ma vogliono solo, con chiacchiere e vane promesse, abituarci ad essa e indurci alla rassegnazione. Speriamo che sulla rassegnazione sociale abbiano sbagliato i conti, come rispetto ai dati dell’Istat.(Giorgio Cremaschi, “Ma ci fanno o ci sono?”, da “Micromega” del 4 novembre 2013).Dopo la pubblicazione degli ultimi dati Istat, che aggravano la portata della crisi rispetto alle previsioni del governo, è legittimo chiedersi se i nostri governanti siano soprattutto incompetenti o soprattutto bugiardi. Per me sono soprattutto bugiardi, perché è davvero difficile credere che dopo tre anni nei quali l’intreccio tra crisi e austerità ha prodotto il disastro sociale in cui viviamo, essi possano ancora sbagliarsi nelle previsioni e nelle decisioni. Secondo l’Istat anche quest’anno avremo una recessione di quasi due punti, che sommata a quella degli anni precedenti porta la caduta complessiva della nostra economia a sfiorare il 10% del Pil. L’anno prossimo, sempre secondo l’istituto di statistica, si dovrebbe crescere dello 0,7%. Quindi, ammesso che il dato sia vero e che segni una svolta duratura, abbiamo di fonte a noi una dozzina di anni prima di tornare ai livelli di Pil del 2007-2008.
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Krugman: complotto contro Hollande, che sfida la Troika
Un piano per stroncare Hollande, che avrebbe osato tener testa alla Troika. Il killer incaricato: l’agenzia di rating “Standard & Poor’s”, pronta a declassare la Francia nonostante abbia i bilanci in ordine. Certo, il presidente socialista non si è spinto fino al punto da denunciare Bruxelles, contestando il Fiscal Compact e il meccanismo oligarchico del tritacarne europeo (tagli per tutti, tranne che per i super-ricchi). Ma a irritare gli eurocrati è bastato che Parigi scegliesse di “interpretare” il rigore in modo meno feroce, puntando a proteggere i francesi. Lo rivela un peso massimo dell’economia mondiale, Paul Krugman, sceso in campo dalle pagine del “New York Times” in favore del capo dell’Eliseo: proprio mentre i sondaggi bocciano Hollande e lanciano Marine Le Pen, che minaccia l’uscita dall’euro e addirittura dall’Ue, il Premio Nobel vicino ad Obama sostiene che il livello di intolleranza della Troika è tale da mettere al bando, ricorrendo addirittura a un complotto, l’unico governante europeo che abbia osato anche solo negoziare l’adozione dell’austerity.Per Krugman, il declassamento della solvibilità francese è una «manovra politica destabilizzante»: Wall Street punisce Hollande per aver “osato” salvaguardare il welfare francese. «E’ la prima volta che un economista di punta americano, nonché consulente della Casa Bianca, professore e maestro di colei che andrà a guidare la Federal Reserve Usa, sbugiarda i rating americani denunciandone l’uso politico», scrive Sergio Di Cori Modigliani nel suo blog. Per il “maestro” di Janet Yellen, erede di Benanke alla Fed, «la Repubblica di Francia e monsieur Hollande sono vittime di un complotto del mondo della finanza e delle oligarchie politiche europee perché la Francia è l’unica nazione d’Europa che sta diminuendo il proprio disavanzo pubblico, sta migliorando i propri conti, è perfettamente in linea con i parametri europei, ma ha un difetto grave che nessuno gli perdona: ha salvato, sta salvando e intende salvare lo Stato Sociale della sua nazione».Black out totale, in Italia, sulle enormi ripercussioni dello scontro: da noi, scrive Di Cori Modigliani, si è sorvolato sull’incontro tra Hollande e la Troika nel corso del quale il presidente francese ha chiesto (e ottenuto) il permesso di sforare il tetto del 3% della spesa pubblica «fino alla cifra che riterremo opportuna per gli interessi della Francia», rimandando il pareggio di bilancio al 2015. «L’ha fatto Hollande, lo potevano fare Mario Monti ed Enrico Letta: sarebbe stato sufficiente convocare la Troika, un mese fa – invece che farsi convocare – pretendere di rimandare la scadenza europea al 2015 avvalendosi del precedente francese e sostenere “o ci date una deroga e ci consentite quindi di investire 100 miliardi di euro per pagare i debiti alle piccole e medie imprese immediatamente oppure noi usciamo dall’euro domattina”». Per il blogger, «la Troika si sarebbe arresa». Ma, ovviamente, sarebbero stati necessari «attributi solidi, non quelli di plastica di cui è fornita la nostra classe dirigente», in realtà perfettamente organica (Bilderberg, Goldman Sachs) al “cerchio magico” del super-potere mondiale.In un incontro pubblico all’università di New York, lo stesso Krugman ha rivelato con dovizia di particolari i retroscena del «tragico incontro» che, circa due mesi fa, François Hollande ha avuto con Herman Van Rompuy e Olli Rehn, due sbiaditi politici europei (Belgio, Finlandia) trasformati in “serial killer politici” dal potere non-democratico di Bruxelles. La Francia aveva appena presentato i propri conti alla famigerata Commissione Europea: erano tutti a posto e in linea con le richieste. Ma sia Van Rompuy che Olli Rehn, rispettivamente presidente del Consiglio d’Europa e super-commissario all’economia Ue, contestarono le misure “per come erano state fatte”. Perché Hollande, dice Modigliani, «aveva alzato le tasse ai super-ricchi e quelle sulle rendite finanziarie, aveva dimezzato i costi della politica, aveva aggredito (decurtandoli) gli stipendi dei grossi manager pubblici». E il risparmio così ottenuto, «invece di investirlo per rifinanziare le proprie banche lo aveva dirottato nell’istruzione pubblica, nella ricerca scientifica, nella salvaguardia e cura del patrimonio artistico nazionale, avviando un piano di recupero del territorio e di sostegno per la disoccupazione intellettuale, quest’ultima (per la Francia) una priorità assoluta di cui occuparsi». Attenzione alla perversa sottigliezza della Troika: «Non vennero contestati i conti, che erano a posto, ma venne contestato il principio sulle modalità usate per ottenere il beneplacito della Commissione Europea».Per la Troika «non era accettabile l’idea che lo stato sociale venisse salvaguardato, addirittura implementato». Quindi, non c’entra lo stato di salute del bilancio: quello che davvero importa è che i conti siano a posto «solo e soltanto se contemporaneamente aumenta la disoccupazione e le risorse non vengono investite nei campi dell’istruzione pubblica, della sanità pubblica, della ricerca scientifica». In Italia il Movimento 5 Stelle spiega come e dove trovare in soldi per i 600 euro mensili del “reddito di cittadinanza”? Una proposta sicuramente indigesta, per figuri come Rehn e Van Rompuy: ecco perché Letta & colleghi non la prendono nemmeno in considerazione. «La vera guerra in corso – conclude Modigliani – è tra gli oligarchi del privilegio e la cittadinanza che lavora: il mondo ormai si divide tra chi fa la guerra contro i poveri e chi fa la guerra contro la povertà». Hollande sa che i francesi non accetterebbero di veder cancellato il proprio welfare? E allora la Troika lo fa “bastonare” dalle agenzie di rating. Ora lo difende Krugman, ben sapendo che in panchina si sta già scaldando madame Le Pen: in viste delle europee, il Front National annuncia che, di questo passo, per rimettere piede in Francia, personaggi come Rehn e Van Rompuy dovranno esibire i loro documenti alla polizia di frontiera.Un piano per stroncare Hollande, che avrebbe osato tener testa alla Troika. Il killer incaricato: l’agenzia di rating “Standard & Poor’s”, pronta a declassare la Francia nonostante abbia i bilanci in ordine. Certo, il presidente socialista non si è spinto fino al punto da denunciare Bruxelles, contestando il Fiscal Compact e il meccanismo oligarchico del tritacarne europeo (tagli per tutti, tranne che per i super-ricchi). Ma a irritare gli eurocrati è bastato che Parigi scegliesse di “interpretare” il rigore in modo meno feroce, puntando a proteggere i francesi. Lo rivela un peso massimo dell’economia mondiale, Paul Krugman, sceso in campo dalle pagine del “New York Times” in favore del capo dell’Eliseo: proprio mentre i sondaggi bocciano Hollande e lanciano Marine Le Pen, che minaccia l’uscita dall’euro e addirittura dall’Ue, il Premio Nobel vicino ad Obama sostiene che il livello di intolleranza della Troika è tale da mettere al bando, ricorrendo addirittura a un complotto, l’unico governante europeo che abbia osato anche solo negoziare l’adozione dell’austerity.