Archivio del Tag ‘emissioni’
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Noi ex cittadini, ora sudditi del Trattato Transatlantico
C’era una volta lo Stato di diritto. Con il Ttip, il Trattato Transatlantico in via di approvazione semi-clandestina da parte degli Usa e dell’Unione Europea, nessun governo avrà più il potere di tutelare liberamente i diritti dei cittadini: scuola, sanità, ambiente, economia, sicurezza alimentare. L’ultima parola spetterà a tribunali speciali, chiamati a tutelare gli interessi del business contro quelli del cittadino. Allo Stato “colpevole” di difendere il suo popolo, con leggi a garanzia del lavoro e del welfare pubblico, non resterà che pagare salatissime sanzioni. E’ chiaramente eversivo il carattere del super-trattato che potrebbe entrare in vigore tra due anni, scritto sotto dettatura delle maggiori multinazionali e delle grandi lobby americane ed europee, col placet dell’Unione Europea. In pratica, a diventare legge – contro l’interesse pubblico dei cittadini – sarà il profitto dei “padroni dell’universo”. Un super-diktat, il loro, che sembra voler azzerare in un colpo solo due secoli di democrazia occidentale.I nuovi “tribunali” orwelliani dotati di poteri speciali, accusa Lori Wallach su “Le Monde Diplomatique” in un intervento ripreso da “Micromega”, riconosceranno anche il diritto del capitale ad acquistare sempre più terre, risorse naturali, strutture, fabbriche, e senza alcuna contropartita: le multinazionali non avranno alcun obbligo verso gli Stati e potranno avviare delle cause dove e quando vorranno. Per capire quello che succederà basta sfogliare i giornali: società europee hanno già avviato contenziosi legali contro l’aumento del salario minimo in Egitto o contro la limitazioni delle emissioni tossiche in Perú, grazie alla protezione di trattati come il Nafta. Altro esempio: il gigante delle sigarette Philip Morris, contrariato dalla legislazione anti-tabacco dell’Uruguay e dell’Australia, ha portato i due paesi davanti a un tribunale speciale. E il gruppo farmaceutico americano Eli Lilly intende farsi giustizia contro il Canada, “colpevole” di aver varato un sistema di brevetti che rende alcuni medicinali più accessibili. E ancora: il fornitore svedese di elettricità Vattenfall esige diversi miliardi di euro dalla Germania per la sua “svolta energetica”, che norma più severamente le centrali a carbone e promette un’uscita dal nucleare.«Non ci sono limiti alle pene che un tribunale può infliggere a uno Stato a beneficio di una multinazionale», continua Lori Wallach. Un anno fa, l’Ecuador si è visto condannato a versare la somma record di 2 miliardi di euro a una compagnia petrolifera. E anche quando i governi vincono il processo, essi devono farsi carico delle spese giudiziarie e di varie commissioni, che ammontano mediamente a 8 milioni di dollari per caso, dilapidati a discapito del cittadino. «Calcolando ciò, i poteri pubblici preferiscono spesso negoziare con il querelante piuttosto che perorare la propria causa davanti al tribunale». Lo ha appena fatto il Canada, «abrogando velocemente il divieto di un additivo tossico utilizzato dall’industria petrolifera». A partire dal 2000, il numero di questioni sottoposte ai tribunali speciali è decuplicato, creando un fiorente vivaio di consulenti finanziari e avvocati d’affari. E’ il vivaio in cui sguazzano le super-lobby dei poteri forti, come il Trans-Atlantic Business Dialogue. Le stesse che dettano le loro regole – da anni – alla Commissione Europea, la quale poi le trasforma puntualmente in direttive comunitarie.Creata nel 1995 con il patrocinio della Commissione di Bruxelles e del ministero del commercio Usa, la super-lobby Tabd non è altro che «un raggruppamento di ricchi imprenditori», impegnato in un “dialogo” «altamente costruttivo» tra le élite economiche dei due continenti, l’amministrazione di Washington e i commissari di Bruxelles. Il Tabd «è un forum permanente che permette alle multinazionali di coordinare i loro attacchi contro le politiche di interesse generale che restano ancora in piedi sulle due coste dell’Atlantico». Il suo obiettivo, pubblicamente dichiarato, è di eliminare quelle che definisce come «discordie commerciali» (trade irritants), vale a dire di operare sui due continenti secondo le stesse regole e senza interferenze da parte dei poteri pubblici. Di fatto, archiviati i tradizionali strumenti di pressione, le super-lobby oggi si apprestano a ricattare gli Stati con minacce estorsive, dettando direttamente le nuove leggi. La Camera di Commercio Usa e la potente lobby “Business Europe”, ovvero «due tra le più grandi organizzazioni imprenditoriali del pianeta», hanno espressamente richiesto ai negoziatori del Ttip di riunire attorno a un tavolo di lavoro un campionario di grossi azionisti e di responsabili politici affinché questi «redigano insieme i testi di regolamentazione» che avranno successivamente forza di legge negli Stati uniti e in Unione Europea.Di fatto, aggiunge Lori Wallach, le multinazionali mostrano una notevole franchezza nell’esporre le loro intenzioni: sugli Ogm, ad esempio, la Monsanto auspica che «il baratro che si è scavato tra la deregolamentazione dei nuovi prodotti biotecnologici negli Stati uniti e la loro accoglienza in Europa» sia presto colmato, proprio grazie al Trattato Transatlantico che imporrebbe agli europei il loro catalogo di organismi geneticamente modificati. E l’offensiva non è meno vigorosa sul fronte della privacy. La Coalizione del commercio digitale (Digital Trade Coalition, Dtc), che raggruppa industriali del Net e del hi-tech, preme sui negoziatori del Ttip per togliere le barriere che impediscono ai flussi di dati personali di riversarsi liberamente dall’Europa verso gli Stati Uniti. E l’Us Council for International Business (Uscib), un gruppo di società che ha massicciamente rifornito la Nsa di dati personali, «l’accordo dovrebbe cercare di circoscrivere le eccezioni, come la sicurezza e la privacy, al fine di assicurarsi che esse non siano ostacoli cammuffati al commercio».Anche le norme sulla qualità nell’alimentazione sono prese di mira. L’industria statunitense della carne vuole ottenere la soppressione della regola europea che vieta i polli disinfettati al cloro. All’avanguardia di questa battaglia, il gruppo “Yum!”, proprietario della catena di fast food Kentucky Fried Chicken (Kfc), può contare sulla forza d’urto delle organizzazioni imprenditoriali. Un gruppo di pressione come l’Istituto Americano della Carne, deplora «il rifiuto ingiustificato [da parte di Bruxelles] delle carni addizionate di beta-agonisti, come il cloridrato di ractopamina», un medicinale utilizzato per gonfiare il tasso di carne magra di suini e bovini. A causa dei rischi per la salute degli animali e dei consumatori, la ractopamina è stata bandita in 160 paesi, tra cui gli stati membri dell’Unione Europea, la Russia e la Cina. Per la filiera statunitense del suino, invece, il divieto di impiegare quella sostanza «costituisce una distorsione della libera concorrenza a cui il Ttip deve urgentemente porre fine». Avvertono i produttori americani di suino: «Non accetteremo altro risultato che non sia la rimozione del divieto europeo della ractopamina».Nel frattempo, dall’altra parte dell’Atlantico, gli industriali raggruppati in “Business Europe”, denunciano le «barriere che colpiscono le esportazioni europee verso gli Stati uniti, come la legge americana sulla sicurezza alimentare». Dal 2011, essa autorizza infatti i servizi di controllo a ritirare dal mercato i prodotti d’importazione contaminati. Anche in questo caso, i negoziatori del Ttip sono pregati di fare tabula rasa. Si ripete lo stesso con i gas a effetto serra. L’organizzazione “Airlines for America” (A4A), braccio armato dei trasportatori aerei statunitensi, ha steso una lista di «regolamenti inutili che portano un pregiudizio considerevole alla [loro] industria» e che il Ttip, ovviamente, ha la missione di cancellare. Al primo posto di questa lista compare il sistema europeo di scambio di quote di emissioni, che obbliga le compagnie aeree a pagare per il loro inquinamento a carbone. Bruxelles ha provvisoriamente sospeso questo programma; A4A esige la sua soppressione definitiva in nome del «progresso». Se nessuno fermerà il Trattato Transatlantico, il destino della nostra civiltà è praticamente segnato.C’era una volta lo Stato di diritto. Con il Ttip, il Trattato Transatlantico in via di approvazione semi-clandestina da parte degli Usa e dell’Unione Europea, nessun governo avrà più il potere di tutelare liberamente i diritti dei cittadini: scuola, sanità, ambiente, economia, sicurezza alimentare. L’ultima parola spetterà a tribunali speciali, chiamati a tutelare gli interessi del business contro quelli del cittadino. Allo Stato “colpevole” di difendere il suo popolo, con leggi a garanzia del lavoro e del welfare pubblico, non resterà che pagare salatissime sanzioni. E’ chiaramente eversivo il carattere del super-trattato che potrebbe entrare in vigore tra due anni, scritto sotto dettatura delle maggiori multinazionali e delle grandi lobby americane ed europee, col placet dell’Unione Europea. In pratica, a diventare legge – contro l’interesse pubblico dei cittadini – sarà il profitto dei “padroni dell’universo”. Un super-diktat, il loro, che sembra voler azzerare in un colpo solo due secoli di democrazia occidentale.
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La Marina Usa: estate 2016, Artico senza più ghiacci
Il pack polare in dissoluzione libera enormi quantitativi di metano ed entro l’estate del 2016 scomparirà il ghiaccio dell’Artico: con l’attuale tasso di riduzione della banchisa, lo scioglimento avverrà con 84 anni di anticipo su tutte le previsioni precedenti. Lo sostiene il professor Wieslaw Maslowski, ricercatore della Marina Usa coinvolto in un progetto del ministero americano per l’energia. Sostenuto dal dipartimento di oceanografia della scuola post-universitaria della Us Navy, il progetto utilizza modelli all’avanguardia, che offrono proiezioni allarmanti. «L’Artico si sta riscaldando più velocemente del resto del pianeta», rivela lo stesso Maslowki, e quindi «i processi e le ricadute di un tale aumento sono una priorità non secondaria». Per la precisione, «si calcola che nei prossimi decenni i ghiacciai dell’Artico e del Greenland Ice Sheet cambieranno significativamente e contribuiranno all’innalzamento globale delle acque». Questo avrà «ricadute significative sull’innalzamento del livello marino globale, sulle grandi correnti oceaniche e sul livello di riscaldamento, sulle comunità autoctone, sull’esplorazione delle risorse naturali e sui trasporti commerciali».Si tratta di anticipazioni che Maslowski ha pubblicato sulla rivista scientifica “Annual Review of Earth and Planetary Sciences”, come riferisce Nageez Ahmed in un servizio del “Guardian” ripreso da “Come Don Chisciotte”. L’articolo critica fortemente i modelli climatici globali, che ignorerebbero la reale evoluzione dello scioglimento della calotta artica. Non stupisce il ruolo del Dipartimento americano per l’energia nel sostenere la ricerca, alla luce della strategia nazionale per l’Artico, lanciata a maggio dal presidente Obama e focalizzata sulla protezione degli interessi commerciali e delle corporation. Obiettivo, il controllo dei grandi giacimenti ancora non sfruttati di petrolio, gas e minerali pregiati. L’allarmante aggiornamento fornito da Maslowksi, continua il “Guardian”, si riallaccia alle previsioni di numerosi studiosi come Peter Wadhams, capo del dipartimento di fisica polare oceanica presso la Cambridge University. Secondo Wadhams, potremmo dover fronteggiare il costo economico di un cambiamento climatico basato su uno scenario apocalittico: 50 giga-tonnellate di metano rilasciate in questo secolo nello scioglimento del permagelo del Bassopiano della Siberia Orientale.Questo scenario fu ipotizzato per la prima volta da Natalia Shakhova e Igor Semiletov, del Centro Internazionale di Ricerca Artica (Iarc) dell’Università dell’Alaska a Fairbanks. Nel 2010 il gruppo della Shakhova rese noti i risultati, che rivelavano come annualmente, in quella regione, traboccavano 7 tera-grammi di metano dalla superficie. Dati confermati da recenti misurazioni, effettuate con l’impiego di sottomarini. La scoperta: la temperatura dell’acqua più in profondità è aumentata negli ultimi 14 anni, correlata ad una perdita di 17 tera-grammi (17 milioni di tonnellate) di metano all’anno, accentuati dalle tempeste. «Questa stima prudenziale è oltre il doppio della precedente valutazione», sottolinea il “Guardian”. «Dunque, la sorgente di queste emissioni di metano rimane sconosciuta». La comunità scientifica è divisa: si tratta della perdita improvvisa di un grande deposito sommerso o una lenta fuoriuscita che dura da centinaia di anni? Secondo il Centro nazionale americano per la neve e il ghiaccio (Nsidc), le osservazioni eseguite dalle navi rivelano che le concentrazioni anomale di metano nell’area artica sono quasi il doppio della media mondiale: il metano emerso con lo scioglimento dei ghiacci «ha un potenziale nel surriscaldamento globale pari a 86 volte quello del biossido di carbonio».Molti scienziati, aggiunge Ahmed, concordano nel ritenere che ci sia bisogno di ulteriori ricerche per localizzare con precisione la sorgente di queste pericolose emissioni di metano, sapendo comunque che un Artico senza ghiacci in estate «porterebbe a serie conseguenze per il clima globale». Inoltre, alcune ricerche associano il riscaldamento dell’Artico ai cambiamenti delle correnti, che hanno già portato negli ultimi anni a mutamenti ambientali senza precedenti: fenomeni “estremi”, che «hanno colpito in maniera forte il paniere produttivo delle nazioni». Lo confermano recenti ricerche pubblicate da “Nature Climate Change”: lo scioglimento del ghiaccio marino negli ultimi 30 anni ad un ritmo dell’8% ogni dieci anni è direttamente correlato con estati estremamente calde, che non solo negli Usa si sono presentate sotto forma di siccità e ondate di calore. Identiche conclusioni dal capo-ricercatore (scienze geografiche e risorse naturali) di Pechino, Quihang Tang: «Come le alte latitudini si riscaldano più velocemente delle medie latitudini, per via dell’effetto amplificato dello scioglimento dei ghiacci, così il vento delle correnti a getto che partono da Ovest verso Est si è attenuato. Di conseguenza, il cambio di circolazione atmosferica tende a favorire sistemi climatici persistenti e stagioni estive estreme».Gli approfondimenti al nuovo studio pubblicato sul “Geophysical Research Letters” hanno dimostrato un collegamento tra la diminuzione dei ghiacci nel mare Artico e le stagioni estreme, in particolare l’estate e l’inverno, che includono prolungati periodi di “siccità, inondazioni, ondate di freddo e di caldo”. Secondo il professor Carlos Duarte, direttore dell’Ocean Institute all’Università della Western Australia, ci stiamo avvicinando ad un «punto critico» che potrebbe portare ad un «effetto domino», una volta che sarà finito il ghiaccio estivo. Per Duarte, «se il movimento prende avvio, può generare profondi cambiamenti climatici, che mettono l’Artico al centro e non alla periferia del sistema-Terra. E’ evidente che queste forze stanno per mettersi in moto. Ciò ha maggiori conseguenze sul futuro del genere umano, man mano che avanzano i cambiamenti climatici».Il pack polare in dissoluzione libera enormi quantitativi di metano ed entro l’estate del 2016 scomparirà il ghiaccio dell’Artico: con l’attuale tasso di riduzione della banchisa, lo scioglimento avverrà con 84 anni di anticipo su tutte le previsioni precedenti. Lo sostiene il professor Wieslaw Maslowski, ricercatore della Marina Usa coinvolto in un progetto del ministero americano per l’energia. Sostenuto dal dipartimento di oceanografia della scuola post-universitaria della Us Navy, il progetto utilizza modelli all’avanguardia, che offrono proiezioni allarmanti. «L’Artico si sta riscaldando più velocemente del resto del pianeta», rivela lo stesso Maslowki, e quindi «i processi e le ricadute di un tale aumento sono una priorità non secondaria». Per la precisione, «si calcola che nei prossimi decenni i ghiacciai dell’Artico e del Greenland Ice Sheet cambieranno significativamente e contribuiranno all’innalzamento globale delle acque». Questo avrà «ricadute significative sull’innalzamento del livello marino globale, sulle grandi correnti oceaniche e sul livello di riscaldamento, sulle comunità autoctone, sull’esplorazione delle risorse naturali e sui trasporti commerciali».
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Srm, scudo solare chimico: l’alibi per la guerra climatica
«Se partiamo dal presupposto che nel 2025 la nostra strategia di sicurezza nazionale includerà la modificazione del clima, il suo uso nella nostra strategia militare nazionale sarà la naturale conseguenza». Modificare il clima: era l’orizzonte a cui già nel lontano 1996 puntava la Air University, una dépendance dell’aviazione Usa con sede nella base aerea di Maxwell, in Alabama. A quanto pare, avvertono Giulietto Chiesa e Paolo De Santis citando fonti delle Nazioni Unite, la “conquista” del clima è già cominciata: per l’Ipcc, il panel scientifico dell’Onu sul clima, la creazione di uno “scudo termico” per proteggere la Terra dall’irraggiamento del sole sarebbe l’unica possibilità di scongiurare la catastrofe del surriscaldamento globale. Lavori già in corso da tempo? «Nessuno di noi ne deve sapere nulla, perché evidentemente la missione è stata interamente delegata ai militari». E mentre i “debunker” tentano di ridicolizzare chi parla di “scie chimiche”, il Palazzo di Vetro squarcia un velo sulle nuove frontiere della geo-ingegneria. E ammette: nessuno è in grado di valutarne gli “effetti collaterali” sul pianeta.
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Generazione decrescente, costretta a reinventarsi la vita
«Faccio parte di un generazione formata da moltissimi individui che vogliono più dei propri avi, pur essendo meno (o per nulla) in grado di accontentarsi di poco». Giovani che spesso «vogliono ottenere troppo senza sforzarsi molto», ma allo stesso tempo «hanno meno mezzi a livello caratteriale per ottenere ciò che vogliono». Più che “bamboccioni” troppo viziati durante l’infanzia e l’adolescenza, sono ragazzi che «hanno la sfortuna di vivere in un momento storico in cui le maggiorate esigenze non combaciano con un’economia che non può crescere all’infinito». Fine corsa: il sistema «non può dare le stesse possibilità di guadagno e di gratificazione dei decenni passati». Così Andrea Bertaglio tratteggia la sua “generazione decrescente”, quella che – per la prima volta – sa che non potrà avere a disposizione più risorse di quella che l’ha preceduta. Ormai è ufficiale: la Grande Crisi non fa sconti. Ma proprio la sua durezza suggerisce una soluzione: imparare a consumare meno (e meglio) per vivere un’altra vita, lontano dalla solitudine della pulsione consumistica.
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Bce pubblica, liberare l’Europa dai boss della finanza
I maggiordomi europei dei “proprietari universali” hanno inventato e messo in atto di una vera e propria “repressione finanziaria” contro i popoli europei. Essa – dicono e ripetono da cinque anni – ha lo scopo di ridurre il debito, tanto pubblico quanto privato. Ma questo debito è in gran parte il frutto di una truffa ben congegnata. E dunque va respinto come tale a coloro che hanno, per questa via, accumulato immensa ricchezza. In secondo luogo, la riduzione del debito non può essere realizzata con l’ossessiva imposizione di tagli alla spesa pubblica, e con la parallela creazione di maggiori entrate fiscali. Questa linea di presunta austerity è fallita e sta producendo aumento del debito e recessione dovunque si è tentato di imporla. Il taglio del valore reale del debito avviene solo trasferendo risorse dai creditori ai debitori. L’alternativa è tra immolare la vita di centinaia di milioni di persone o sacrificare una categoria di redditieri: il discrimine passa attraverso le regole che prevarranno in questa fase di transizione.
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Haarp-Muos, guerra climatica: prove tecniche di apocalisse
Inondazioni, siccità, terremoti e tsunami: dopo le “guerre stellari”, i cataclismi telecomandati? Bomba climatica, un fantasma si aggira per l’Europa: si scrive Muos, si legge Haarp. Antenne potentissime, in grado di “bombardare” la ionosfera e pilotare “rimbalzi” devastanti su scala mondiale? Per l’economista canadese Michel Chossudovsky, il sistema installato in Alaska è una vera e propria arma di distruzione di massa: oltre a interferire sulle comunicazioni, le sue antenne possono influenzare i circuiti elettrodinamici delle aurore, correnti naturali di elettricità da un milione di megawatt. «E’ possibile utilizzare il vento solare per danneggiare i satelliti e le apparecchiature installate sui sistemi missilistici dei paesi nemici». Radiazioni ad alta frequenza: il programma di ricerca più controverso al mondo s’incrocia con le attività dell’Nrtf di Niscemi, il sistema “Naval Radio Transmitter Facility” che da più di vent’anni assicura le comunicazioni con navi e sottomarini nucleari. Cui ora si affianca il “Mobile User Objective System”, l’eco-mostro di cui la Sicilia ha paura.
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Foa: attenti, ora possono confiscarvi i Btp senza preavviso
Non solo i tagli al welfare, grazie al regime dell’Eurozona e al Fiscal Compact, con l’obbligo del pareggio di bilancio. In pericolo sono anche i risparmi: dal 1° gennaio 2013, lo Stato – ridotto in bolletta – può confiscare per decreto anche i Btp, e senza alcun preavviso. Lo scrive Marcello Foa nel suo blog sul “Giornale”, citando l’analista Maurizio Mazziero che sul web propone analisi finanziarie originali e molto chiare: «Mazziero ha fatto quel che avrebbe dovuto fare la grande stampa italiana, ovvero verificare le indiscrezioni apparse su alcuni blog, secondo cui esiste una norma che consente la confisca automatica dei Bot in caso di crisi». Il responso è semplice e spaventoso, rivela Foa: chi ha recentemente investito in titoli di Stato può correre il rischio venir “alleggerito” d’autorità, proprio come in Grecia.
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Vergogna Ilva: quanti morti, ancora, per salvare lo spread?
Il decreto del governo salva-Riva ha ottenuto un consenso di unità nazionale, compresi Camusso e Landini. Vediamo prima di tutto il fatto. All’Ilva è in corso d’opera un grave reato contro la salute dei cittadini e dei lavoratori: la magistratura interviene per fermarlo e il governo interviene per fermare la magistratura. Questa la sostanza giuridica del decreto di cui speriamo la Corte Costituzionale rilevi la palese incostituzionalità: in un paese in cui tutta la classe politica si riempie la bocca delle parole “regole” e “legalità”, un decreto come questo si iscrive alla più pura tradizione berlusconiana di cambiare la legge per fermarne l’applicazione quando sono colpiti interessi potenti. In questo caso si giustifica l’atto affermando che gli interessi in campo non sono quelli del padrone, ma dei lavoratori che rischiano il posto e del paese che rischia di perdere una azienda strategica. Naturalmente si afferma che la salute viene comunque salvaguardata e che quindi conflitto non c’è con l’iniziativa della magistratura, che viene invitata a “capire”.
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Lester Brown: presto non ci sarà più da mangiare per tutti
Il mondo è in una fase di transizione, da un’epoca dominata dal surplus, ad una dominata dalla scarsità. Sono in atto varie tendenze, che interessano sia la domanda che l’offerta e che portano ad un impoverimento delle scorte alimentari mondiali e ad un aumento dei prezzi. Questa situazione non è temporanea, si tratta piuttosto di una transizione di lungo periodo dall’abbondanza alla scarsità. Sotto il punto di vista della domanda c’è l’aumento della popolazione; non è una novità, negli ultimi decenni siamo cresciuti al ritmo di ottanta milioni l’anno. In pratica significa che stasera ci saranno 219.000 persone sedute a cena che ieri sera non c’erano, e che domani ce ne saranno altre 219.000 in più. La crescita della popolazione è continua e non accenna a diminuire. Il secondo elemento che crea l’aumento della richiesta di cibo è l’aumento della ricchezza. Aumentando il reddito, la gente, indipendentemente da dove si trovi, sale nella catena alimentare, e consuma più carne e pollame.
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Tav senza soldi: la verità, dietro al bluff di Monti e Hollande
Secondo il professor Marco Ponti del Politecnico di Milano, autorevole “trasportista” italiano, il celebrato vertice di Lione tra Hollande e Monti – già costato l’inaudita aggressione dei manifestanti No-Tav ad opera della polizia francese – a conti fatti si riduce quasi a una barzelletta: se da un lato Italia e Francia giurano solennemente (come tante altre volte) che la grande opera “si farà”, ovviamente “auspicando” finanziamenti europei di cui non c’è ancora traccia, l’avvio dei cantieri – già slittato prima al 2013 e poi al 2014 – verrebbe ora ulteriormente ritardato, a causa di forti resistenze francesi, da parte dei Verdi alleati di Hollande e della Corte dei Conti di Parigi, che reputa l’opera troppo costosa e non necessaria. Nel dubbio, a rimetterci sono come sempre i valsusini: a cui si racconta che la nuova “autostrada ferroviaria” toglierebbe i Tir dall’asfalto, in una valle che è stata già devastata, di recente, proprio da un’autostrada, quella del Fréjus, che doveva servire a “togliere i Tir dalle strade statali”. Poi si lamentano se i valsusini, nel loro piccolo, s’incazzano.
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Pallante: scordiamoci questi partiti, non lavorano per noi
Per favore, lasciamo perdere i partiti: con loro è tempo perso. Sanno solo ripetere la fiaba della crescita, che si sta frantumando giorno per giorno sotto i nostri occhi. Di loro non c’è da fidarsi: sono alleati, da sempre, con la grande industria, la finanza e le multinazionali, comprese quelle degli armamenti, necessari per dominare il pianeta allo scopo di garantirsi il monopolio delle risorse planetarie. Il mondo si è rotto, e non saranno certo loro a ripararlo: serve una nuova alleanza sociale, che metta insieme movimenti liberi, cittadini attivi, sindacati indipendenti, piccole imprese, artigiani e agricoltori. Un patto, per invertire la rotta verso l’unica soluzione possibile: la “decrescita selettiva” della produzione di merci, creando occupazione “utile” fondata sui territori, tagliando gli sprechi. «Solo per l’energia, l’Occidente butta via il 70% di quello che produce». Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita, lancia un appello: uniamo le forze, da subito, per riscrivere l’agenda dell’Italia.
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Acciaio, ladri di Stato e tumori: il triste presepe di Taranto
Non conosco la Giudice delle Indagini Preliminari di Taranto. Di Patrizia Todisco è avaro di immagini persino Google: fate la prova: scrivete il suo nome e vi compariranno un sacco di Ministroclini, Prefettoferrante, Governatorevendola, persino qualche Stefanofassina (chi era costui? Ah:…il responsabileeconomico di D’Alema & Bersani). E in mezzo a questa folla di occhi puntati in camera, menti volitivi e nasi penetranti, poche rare immagini di una donna con gli occhiali seri di chi ha consumato un po’ della sua vista sui monumentali libri di diritto romano e nella lettura di migliaia di pagine di indagini e perizie. Quasi sempre ritratta di tre quarti, come capita solo a chi non vuole apparire. Ecco: non la conosco, ma me la immagino così. Proprio come dovrebbe essere un giudice che parla con le sentenze, senza microfoni griffati cacciati in gola in mezzo a un ronzante alveare di telecamere e cronisti.